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materiali/17.33.49_Corporate Giving e Cause Related Marketing
Relazioni istituzionali e Gestione della responsabilità
sociale d’impresa
Le attività esterne di CSR
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Stefano Scarcella Prandstraller
Relazioni istituzionali e
Gestione della responsabilità
sociale d’impresa
Le attività esterne di CSR
• Ci sono una serie di attività esterne attraverso le
quali l’azienda può dimostrare con fatti concreti, di
diretto impatto su “buone cause” di rilievo sociale,
il proprio impegno in termini di CSR.
• Tali attività hanno lo scopo specifico di
comunicare il disegno etico dell’impresa e sono:
• 1) il corporate giving;
• 2) il marketing sociale;
• 3) le sponsorizzazioni sociali;
• 4) il cause related marketing o CRM.
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Stefano Scarcella Prandstraller
Relazioni istituzionali e
Gestione della responsabilità
sociale d’impresa
1.Il Corporate giving
• In senso stretto:
• sinonimo di Corporate philanthropy,
• indica tutte quelle iniziative di beneficienza o assistenza
privata nelle quali l’impresa dona beni, servizi o somme di
danaro a fondo perduto, per fini sociali o umanitari.
• I primi programmi di corporate giving hanno avuto luogo negli
Stati Uniti, dove dal 1950 ad oggi, si è assistito ad una
evoluzione continua delle modalità di intervento a sostegno
di una causa sociale e delle motivazioni di tali azioni.
• Oggi esistono modalità diverse e con cui un’impresa può dare
il proprio contributo ad una good cause, sociale o umanitaria,
e il corporate giving ha assunto varie forme che consentono
un’integrazione tra obiettivi etici ed imprenditoriali.
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Stefano Scarcella Prandstraller
Relazioni istituzionali e
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sociale d’impresa
Il Corporate Giving nel paradigma del
Corporate Social Committment
• In senso ampio:
• definisce una categoria di attività ricollegabili all’approccio
detto Corporate Social Committment, che rappresenta un
modello di comportamento per cui le imprese scelgono:
• A) di rispondere alle esigenze informative degli stakeholder,
• B) di dimostrare la loro capacità effettiva di sviluppare
politiche sociali attive nel mercato e sul territorio
• Ricomprende diverse forme in cui le imprese donano come
veicolo sia di obiettivi sociali, che di obiettivi di business.
• Il corporate giving non è più solo un dare a fondo perduto da
parte dell’impresa, ma piuttosto un promuovere e finanziare
iniziative capaci di contribuire al benessere sociale da una
parte e di perseguire fini di business dall’altra.
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Stefano Scarcella Prandstraller
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I modelli di corporate giving
• 1) Corporate philanthropy, attività che comprende
esclusivamente le donazioni di pura beneficenza da parte
di un’azienda, generalmente a favore di un’organizzazione
non profit, eseguite senza alcuna finalità per l’impresa; è
la forma più semplice di corporate giving, che non
necessita di un accordo preventivo tra le parti;
• 2) Strategic corporate philanthropy o global corporate
philanthropy; la donazione dell’azienda non è del tutto
disinteressata, ma è parte integrante di una più vasta
strategia imprenditoriale, con l’obiettivo di bilanciare il
dare altruistico con la donazione strategica;
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Stefano Scarcella Prandstraller
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I modelli di corporate giving
• 3) Sponsorship o sponsorizzazioni sociali, supporto fornito ad
un’organizzazione non profit in termini di risorse (finanziarie,
organizzative e manageriali) per la realizzazione di iniziative di
raccolta fondi o di sensibilizzazione verso tematiche sociali.
• 4) Cause Related Marketing (CRM), attività d’impresa a
supporto di una causa sociale, in cui la donazione, da parte
dell’azienda, è subordinata all’acquisto di un prodotto o
servizio da parte del consumatore.
• 5) Licensing o concessione del logo, che implica da parte di
una organizzazione non profit la concessione ad una azienda
profit del proprio marchio in cambio di un corrispettivo
stabilito.
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I modelli di corporate giving
• 6) Joint promotion, con cui vi è un trasferimento di risorse
dall’azienda all’organizzazione non profit, in cui avviene
l’utilizzo del prodotto come mezzo per la trasmissione del
messaggio o della causa sostenuta dall’ente non profit;
l’azienda non sostiene la causa con un contributo economico
diretto, ma offre la sua disponibilità a veicolare il messaggio.
• 7) Joint fund raising, con cui l’azienda garantisce il sostegno
alla causa non profit ponendosi come intermediario tra i propri
clienti e l’azienda non profit (es. esposizione dei pieghevoli per
la raccolta fondi presso gli sportelli bancari o i supermercati).
• 8) Concorsi a premio e raccolte a punti, in cui viene inserito
nel catalogo della raccolta punti anche una donazione, diretta
o indiretta, a favore di una organizzazione non profit;
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I modelli di corporate giving
• 9) Volunteer programs o time per charity, in cui l’impresa
invita ufficialmente i suoi dipendenti a dedicare in tutto o in
parte la retribuzione di alcune ore di lavoro al
finanziamento della good cause, ovvero alcune ore del loro
orario lavorativo ad attività di volontariato;
• 10) Payroll giving, in cui l’organizzazione si fa portavoce nel
raccogliere le offerte dei dipendenti, che possono scegliere
o di effettuare una donazione mensile, o di donare una o
più ore di permesso retribuito;
• 11) No Gadget promotion, che prevede, come modalità di
contribuzione ad una causa sociale, di sostituire i regali di
Natale o i gadget che normalmente vengono realizzati in
certe occasioni con una donazione a favore di
un’organizzazione non profit.
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Stefano Scarcella Prandstraller
La diffusione del Corporate Giving
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• In quanto alla diffusione delle pratiche di corporate
giving in Italia, dalle ricerche condotte dai principali
istituti di ricerca, emerge un netto incremento del
numero delle aziende impegnate in una causa sociale.
• nel 2000 appena il 44% delle grandi aziende italiane ha
realizzato iniziative a carattere sociale;
• oggi circa il 93% attua azioni di corporate giving;
• Le principali motivazioni sono:
• dare attenzione ai valori sociali e culturali (21,6%);
• favorire le relazioni esterne (20%),
• valorizzare la componente sociale e culturale (10,5%);
• favorire il posizionamento etico dell’azienda (11%).
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2. Il marketing sociale
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• È una tecnica finalizzata ad aiutare alcune categorie di
soggetti, a modificare i loro comportamenti, ritenuti
nocivi o pericolosi;
• si fonda sull’impiego dell’apparato persuasivo delle
tecniche di marketing (comunicazione di tipo push) per
indurre non l’acquisto di un prodotto, ma un
comportamento socialmente desiderabile;
• vi rientrano le campagne contro il fumo, l’uso di
droghe, l’abuso di alcool in discoteca, la violenza
domestica, l’abbandono di animali, la prevenzione degli
incidenti stradali;
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Stefano Scarcella Prandstraller
Il marketing sociale
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• le imprese non si limitano a legare la loro
immagine alla tutela di valori radicati e
consolidati nel sistema culturale, ma piuttosto
associano il loro nome a valori sociali
emergenti , in modo da precorrere le mode e
fare tendenza (Kotler, 2001);
• di particolare rilievo è riuscire ad ancorare le
iniziative di marketing sociale a valori
specifici del codice etico e della cultura
dell’impresa, che ne esce in tal modo
rafforzata come istituzione sociale.
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Stefano Scarcella Prandstraller
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3. Le sponsorizzazioni sociali
• costituiscono strumenti attraverso i quali le imprese
possono associare il proprio nome a quello di un ente o
associazione non profit;
• l’impresa si impegna a finanziare in modo diretto una o più
attività di queste organizzazioni;
• in cambio riceve la possibilità di affiancare il proprio
marchio o logo a quella dell’associazione non profit in tutti
gli ambiti e le fasi in cui questa attività viene svolta e
comunicata al pubblico;
• la sponsorizzazione ha luogo in genere attraverso la
partecipazione ad eventi di solidarietà ed altre attività
umanitarie, che divengono per l’azienda altrettante
occasioni per sviluppare la propria immagine sociale.
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4. Il cause related marketing o CRM.
Una definizione tradizionale.
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• È il “processo di formulazione e
implementazione di un’attività di marketing
caratterizzata dall’offerta dell’azienda di
contribuire con una specifica somma per una
causa stabilita nel momento in cui un
consumatore si impegna in uno scambio
economico che genera profitto all’impresa e
che soddisfa gli obiettivi dell’organizzazione e
dell’individuo”.
• (Varadarajan e Menon, 1988)
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Il cause related marketing o CRM.
Una definizione più moderna.
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• è “una strategia disegnata per promuovere il
raggiungimento di obiettivi di marketing attraverso il
sostegno dell’azienda a cause sociali”, il cui successo
“presumibilmente si riflette almeno in parte, nel
carattere favorevole della risposta dei consumatori al
sostegno della causa da parte dell’azienda, che
culmina nella scelta da parte loro dei prodotti o dei
servizi dell’azienda, e questi risultati sono coerenti con
la convinzione che il CRM possa essere un importante
strumento per differenziare un marchio dai suoi
competitori e quindi aumentare le probabilità che sia
acquistato (dai consumatori)”.
• (Barone, Miyazaki e Taylor, 2000).
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Stefano Scarcella Prandstraller
Il cause related marketing o CRM.
Definizioni più recenti.
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sociale d’impresa
• significa letteralmente “attività di marketing
collegata ad una causa sociale”
• in particolare “si tratta di una partnership tra
un’azienda profit ed un’organizzazione non profit per
realizzare un progetto di interesse sociale finalizzato
al tempo stesso al perseguimento degli obiettivi
commerciali dell’azienda”;
• come tale “si inserisce appieno nelle attuali
dinamiche di mercato, che vedono l’azienda come
soggetto integrato nel tessuto sociale, il cui operato è
considerato determinante dalla collettività per gli
effetti che esplica in ambito economico, sociale e
ambientale”. (Mirabile, 2008)
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Stefano Scarcella Prandstraller
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Il cause related marketing o CRM.
Definizioni più recenti.
• costituisce una tecnica che permette all’organizzazione di
attivare programmi a sostegno di specifiche iniziative sociali;
• le aziende legano la loro immagine i loro prodotti o i loro
servizi attraverso un rapporto di partnership, a una good
cause, promossa da una organizzazione non profit;
• è una attività commerciale in cui imprese, organizzazioni non
profit e cause di utilità sociale formano una partnership al
fine di promuovere un’immagine, un prodotto o un servizio,
traendone reciprocamente beneficio (Mariano, 2008);
• l’utilizzo del cause related marketing garantisce alle imprese
la possibilità di posizionarsi sul mercato in modo distintivo e
di realizzare innovative forme di collaborazione.
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Il cause related marketing o CRM
• è sicuramente da considerarsi una strategia di marketing,
ma anche una di attuazione e di comunicazione della CSR
• È a tale sua duplice natura che è dovuta l’enorme
diffusione globale che ha avuto nell’ultimo decennio.
• Rappresenta una modalità esplicita per la manifestazione
dell’impegno sociale delle aziende, che assumono così un
carattere sempre più “istituzionale”.
• È un potente strumento comunicativo dell’azienda, che si
aggiunge agli altri tipici below the line, quali le relazioni
pubbliche, la promozione e il direct response.
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Stefano Scarcella Prandstraller
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I benefici del CRM per le aziende
(Mariano 2008)
• rappresenta una grande opportunità di avvicinamento tra
importanti attori sociali altrimenti distanti:
• 1) offre alle imprese la possibilità di posizionarsi in modo
distintivo sul mercato;
• 2) offre ai consumatori, clienti o utenti elementi per qualificare le
loro scelte di acquisto;
• 3) offre alle organizzazioni non profit una cassa di risonanza per
le loro cause e un’importante fonte per accedere a nuove risorse;
• tra i vantaggi diretti e indiretti delle imprese, va compreso:
• A) il miglioramento tanto dell’immagine, attraverso una sua
connotazione come positiva e responsabile, quanto della
reputazione grazie agli effetti dell’azione concretamente
intrapresa a sostegno della good cause;
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I benefici del CRM per le aziende
(Mariano 2008)
• B) un aumento della legittimazione, che deriva dalle
benemerenze conquistate presso le comunità di riferimento;
• C) un’affermazione di leadership e di prestigio in aree diverse
da quelle consuete;
• D) la generazione di motivazione e senso di appartenenza nel
proprio personale, che si trova, grazie all’iniziativa, a
condividere ed a farsi portatore di valori etici e sociali forti.
• E) l’acquisto delle credenziali del marchio sociale del partner;
• F) il conseguimento di un aiuto nella costruzione della strategia
comunicativa;
• G) l’utilizzo di una collaudata macchina di fund raising e delle
risorse di supporters e volontari della organizzazione non profit
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I benefici del CRM per le organizzazioni non
profit (Steckel, 1998)
• Possono essere efficacemente riassunti con le tre M di Steckel:
• Money: più entrate finanziarie per le loro attività;
• Message: una maggiore diffusione di messaggi chiave relativi
alla propria mission tra il pubblico, che coincide spesso con la
ragione stessa dell’esistenza dell’organizzazione; inoltre, con il
sostegno delle risorse di un’impresa, le non profit possono
raggiungere molte più persone di quante potrebbero con le
loro normali attività istituzionali;
• Members: vale a dire la possibilità di moltiplicare il numero dei
propri associati e dei propri sostenitori, che sono la vera linfa
vitale delle associazioni, e che è insita in una campagna in cui i
messaggi possono raggiungere migliaia di persone in più.
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I benefici del CRM per il cliente
(Mariano, 2008)
• il modello del CRM pone al centro delle operazioni il cliente,
perché è dal suo eventuale acquisto che dipenderà
l’erogazione di un contributo alla causa;
• l’acquirente non subisce nessun sacrificio economico, ma
anzi ottiene un pacchetto all’interno del quale vi è la
ricompensa motivazionale di aver partecipato al sostegno di
una causa sociale;
• l’azienda profit è in grado di offrire ai propri clienti la
possibilità di manifestare il loro commitment tramite
l’acquisto di prodotti social friendly;
• il semplice atto di acquisto è il modo per esprimere la
propria adesione a certi valori e per segnalare il proprio
impegno nei confronti delle tematiche sociali emergenti.
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Stefano Scarcella Prandstraller
1) la transaction-based promotion
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• è la prima forma di CRM teorizzata da Andreasen nel
1996;
• è noto anche come CRM di transazione;
• che consiste nella forma classica di collaborazione
commerciale in cui:
• l’impresa profit offre un contributo alle attività
istituzionali, ovvero alla realizzazione di uno specifico
progetto di un’organizzazione non profit,
• l’impresa profit eroga risorse materiali o finanziarie in
quantità proporzionale al fatturato derivante dalla
collaborazione.
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2) la joint-issued promotion
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• è la seconda forma di CRM teorizzata da Andreasen nel
1996;
• è noto anche come CRM di promozione;
• si caratterizza per l’utilizzo di un determinato prodotto
dell’azienda profit come strumento per la trasmissione
del messaggio o della causa sostenuta
dall’organizzazione non profit,
• l’operazione può comportare o meno il trasferimento di
risorse materiali o finanziare dall’azienda profit
all’organizzazione non profit;
• è la forma decisamente più simile alla sponsorizzazione;
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3) il licensing
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• è la terza forma di CRM teorizzata da Andreasen nel
1996;
• consiste nella concessione alla azienda profit, da
parte della organizzazione non profit, del proprio
logo, comprensivo quindi di nome e immagine grafica
• in cambio di un corrispettivo in risorse materiali o
finanziarie,
• per cui l’azienda profit ha la possibilità di qualificare
e valorizzare un determinato prodotto, che viene in
tal modo associato al logo della organizzazione non
profit;
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4) il joint fund raising
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• è la forma di CRM teorizzata da Manfredi nel 2000;
• con essa l’azienda profit e l’organizzazione non profit
attuano una raccolta fondi congiunta per una good
cause,
• cui contribuiscono i clienti o utenti dell’azienda
profit,
• ed in cui l’azienda profit garantisce il proprio sostegno
alla good cause,
• ponendosi come intermediario tra i propri clienti o
utenti e l’organizzazione no profit.
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le più recenti tendenze del CRM
(Mariano, 2008)
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• le imprese oggi ricercano la massima coerenza tra
prodotto e causa sostenuta, con un abbinamento
stabile e facilmente riconoscibile tra il loro marchio e
l’associazione non profit
• le aziende che realizzano campagne sociali negli ultimi
anni sono passate da un atteggiamento attivo a un
atteggiamento interattivo e proattivo nei confronti
del sociale;
• si è passati dalla semplice donazione a fondo perduto
al finanziamento di un progetto specifico.
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Le linee guida per il CRM (1998)
• Sono state realizzate nel 1998 da Business in the Community,
organizzazione non profit britannica che rappresenta oltre 600
imprese, unite nel proposito di migliorare la qualità della vita
nella comunità e raggiungere l’eccellenza, integrando la CSR
come elemento essenziale delle loro attività;
• I principi chiave da seguire nel cause related marketing sono:
• Integrità, e cioè onesta adesione ai principi etici;
• Trasparenza verso i partner in ogni aspetto della collaborazione;
• Sincerità nel sostegno verso la causa di utilità sociale;
• Mutuo rispetto tra i partner della collaborazione nelle relative
specificità;
• Partnership, nel senso di condivisione equa di rischi e vantaggi;
• Mutuo beneficio della relazione, che deve essere costruita per
durare nel lungo periodo.
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Le fasi di un’iniziativa di CRM
• Le fasi del processo relativo ad una iniziativa di CRM sono:
• 1) Pianificare e preparare il programma, fase che comprende la
ricerca di un partner adeguato alla realizzazione dell’iniziativa e
la definizione dei principali apporti della propria organizzazione
e di quelli della controparte;
• 2) Negoziare la partnership, fase che include la definizione
degli obiettivi dell’iniziativa, delle risorse finanziarie, materiali
e umane da impiegare e delle attività da svolgere per il loro
conseguimento, nonché l’analisi di rischi e opportunità;
• 3) Realizzare l’accordo formale, vale a dire arrivare alla
definizione e alla stipula dello strumento contrattuale, che
copra l’assetto delle responsabilità legali, gli obblighi delle parti
tra loro e verso i terzi, in primo i clienti che partecipano
all’iniziativa acquistando il prodotto, i termini e le garanzie;
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Stefano Scarcella Prandstraller
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Le fasi di un’iniziativa di CRM
• 4) Gestire il programma, che comprende la puntuale previsione
e lo svolgimento delle attività di carattere manageriale e
operativo necessarie alla realizzazione dell’iniziativa;
• 5) Comunicare il programma, con l’eventuale ricorso alle
diverse aree della comunicazione, quelle below the line, quali le
relazioni istituzionali, la promozione e il direct response, e
quelle above the line, e cioè la pubblicità, nonché la scelta e la
definizione del ruolo di media, terze parti e opinion leader;
• 6) Monitorare e valutare il programma, prevedendo strumenti
e indicatori idonei alla rilevazione dei risultati delle varie attività
e dell’iniziativa nel suo complesso.
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L’efficacia del CRM
• è dimostrata da una serie di ricerche empiriche svolte a
partire dalla fine degli anni ’90 in diversi Paesi;
• la ricerca condotta negli USA da Cone Communications e
Roper Starch Worldwide ha messo in evidenza che quasi
due terzi del campione si è dimostrato disponibile a
passare all’acquisto di un prodotto di una marca associata
ad una good cause, a parità di qualità e di prezzo;
• ricerche simili condotte in Italia, Belgio e Australia hanno
confermato questa tendenza, con ciò ribadendo che un
comportamento socialmente responsabile da parte delle
imprese e l’adozione di programmi di CRM influenza il
comportamento e la percezione dei consumatori.
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Stefano Scarcella Prandstraller
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