Presentazione di PowerPoint - Università degli Studi di Milano
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L’ARATURA L’aratro • Aratro a vomere e versoio Tipi di aratri a vomere e versoio • Organi fondamentali - Organi operatori - Organi di collegamento, sostegno e guida - Organi di regolazione • Sistemi accessori 3. Aratura 3.1 Lavorazione ordinaria principale del terreno: ordinaria perché si ripete ogni anno, principale perché è una lavorazione necessaria per riformare la struttura del terreno, persa durante la precedente coltivazione, e permettere lo sviluppo ottimale delle colture. Scopo 3.2 Lo scopo dell’aratura è di tagliare delle fette di terreno e rivoltarle, in modo da: - rompere il terreno compattato esponendolo il più possibile all’azione degli agenti atmosferici, che continueranno l’amminutamento delle di zolle; è la condizione perché l’acqua e i gas possano essere immagazzinati e circolare nella zona che verrà occupata dagli apparati radicali delle piantine che saranno coltivate; - interrare la sostanza organica (corica erbosa, residui colturali, fertilizzanti) e, viceversa, portare in superficie e distruggere apparati radicali di erbe infestanti e parassiti. 3.3 Tecnica 3.3.1 Operazioni da compiere: - taglio verticale ed orizzontale di una fetta continua di terra dalla zona non ancora lavorata; - suo sollevamento e rivoltamento, facendole compiere una rotazione di 135° e depositandola inclinata di 45°. La fetta risulta di sezione rettangolare e, per massimizzare il volume d’aria immagazzinato al di sotto di essa, il rapporto ottimale tra altezza e lunghezza è di 1:1,4. In pratica il risultato ottenuto si discosta sempre da queste schematizzazioni, in quanto la fetta tende a sfaldarsi originando zolle di varie dimensioni e terra fina, in dipendenza da numerosi fattori come tipo e umidità del terreno, massa di radici presenti, profondità di lavoro, numero di corpi lavoranti, velocità di avanzamento, tipo di versoio utilizzato. LL’azione dell’aratro può interessare uno strato di terra compreso fra minimi di 10 e massimi di 60 cm: aratura superficiale < 25 cm, media 25-40 cm, profonda 40-60 cm, > 60 cm si parla di scasso, normalmente per l’impianto di colture arboree. La lavorazione può essere eseguita secondo tre schemi principali: colmando, scolmando, alla pari. 3.3.2 Aratura colmando, scolmando, alla pari: - Aratura colmando: si ha il trasporto di una striscia di terra da ciascuno dei due bordi laterali del campo verso la parte centrale, ottenendo una leggera baulatura; adatto per terreni non sistemati o in casi di ristagno di acqua nel periodo invernale. - A. scolmando: si spostano due strisce di terra dal centro del campo verso i lati, riducendo la baulatura. Quando si è raggiunta la sistemazione desiderata si ara in genere alternativamente colmando e scolmando, in modo da mantenere la baulatura nei limiti voluti. - A. alla pari: in entrambe le direzioni di lavoro le fette vengono rivoltate dalla stessa parte, non modificando (se ci si trova in piano) la curvatura del terreno; è necessario un aratro reversibile. 3.4 Svantaggi e alternative - Si tratta di una lavorazione molto dispendiosa in termini energetici, in quanto richiede un’elevata potenza che però, soprattutto nel caso di trattrici a ruote, è scarsamente sfruttata; - non esaurisce la preparazione del letto di semina, essendo necessari altri passaggi con macchine diverse; - provoca la formazione della suola di aratura, cioè di uno strato profondo compatto ed impermeabile, che periodicamente si è costretti a rompere per permettere lo scolo dell’acqua; - può interrare la sostanza organica a profondità eccessive. Ciò vale soprattutto per le arature profonde; si tende quindi a: - ridurre la profondità di aratura (30-40 cm per il mais e altre colture da rinnovo) o, se possibile, sostituirla o alternarla con lavorazioni più superficiali (minima lavorazione), - utilizzare aratri polivomeri, che danno migliore stabilità nel lavoro fuorisolco, - eseguire lavorazioni veloci (8-10 km/h), dotandosi di versoi elicoidali, per aumentare il rendimento della trattrice, - lavorare solo strisce di terreno (mais e soia), - combinare l’aratura con altre lavorazioni (ripuntatura, erpicatura), in modo da diminuire il numero dei passaggi necessari alla preparazione del letto di semina. 4.L’aratro Gli aratri delle aziende della nostra zona, così come in tutti i Paesi “ricchi”, sono macchine moderne e relativamente sofisticate, sia per la tecnologia di cui fanno uso che per i materiali di cui sono costituite; non bisogna però considerarle “scontate”, dimenticando che in gran parte del mondo si utilizzano ancora gli aratri a chiodo, cioè gli stessi attrezzi inventati presumibilmente dalle civiltà assire e babilonesi migliaia di anni fa. L’evoluzione che ha portato agli aratri moderni risale agli ultimi due secoli ed ha originato macchine raggruppabili in diverse categorie. Aratro a vomere e versoio Si distinguono prima di tutto aratri a vomere-versoio oppure a dischi; non si tratterà tuttavia la descrizione dei secondi, visto che il loro uso è molto limitato dalla scarsa profondità raggiungibile (dato che al massimo metà del disco può affondare nel terreno, e che per motivi tecnici di resistenza dei materiali e struttura della macchina non è conveniente che il diametro sia eccessivo - max 50 cm - può essere usato solo per lavorazioni che non superino i 20-25 cm di profondità) e dalla minore capacità di interramento della sostanza organica, caratteristiche che li rendono inadatti per la lavorazione del terreno destinato al mais. 4.1 Classificazione: 4.1.4 N° organi lavoranti: mono/polivomere (fino a decavomere e più). I polivomeri aprono più solchi contemporaneamente, ed è spesso possibile aggiungere o rimuovere alcuni corpi utilizzando il medesimo telaio; sono convenienti se l’appezzamento da lavorare è grande e regolare, in modo da ridurre al minimo i tempi accessori per il montaggio della macchina. Con una maggior numero di corpi la profondità di lavoro ottenibile diminuisce, perché sono necessarie forze di trazione molto maggiori, soprattutto in terreni pesanti. Per aratri particolarmente ingombranti si rendono necessari dei sistemi di ripiegamento e rotazione, così da poter circolare su strada. 4.1.2 Tipo di accoppiamento al trattore: Portati, semiportati e trainati. Fino ad un massimo di 4 corpi l’aratro può essere portato, cosa che consente la regolazione della sua altezza attraverso l’attacco a tre punti per arature medio-profonde. Con l’aumentare delle dimensioni il trattore non è più in grado di sostenere la macchina: è necessaria una ruota d’appoggio per la regolazione della profondità; generalmente già un trivomere è semiportato. I ruotini d’appoggio possono avere uno pneumatico per permettere anche il trasporto su strada oppure essere metallici, di spessore e dimensioni diversi a seconda della grandezza della macchina da sostenere; se l’aratro è grande la ruota non può essere troppo sottile, altrimenti sprofonderebbe nel terreno. Gli aratri trainati, in Italia, sono impiegati per lavorazioni profonde su terreni pesanti ed accoppiati a trattrici cingolate. In aratri con più di 6 vomeri può essere conveniente un accoppiamento anteriore al trattore, per una migliore distribuzione del peso. 4.1.3 Possibilità di lavorare in solco o fuori solco: lavorando fuorisolco si evita di far gravare sulla fascia lavorata il peso della trattrice del terreno, cosa che aggrava la formazione della suola. Poiché però la forza di trazione applicata non è in linea con il trattore, se questo non è cingolato non è in grado di aderire sufficientemente al terreno, e diventa difficile mantenere la direzione di marcia. Possibilità di lavorare sia entro che fuori solco Esistono aratri la cui bure può essere spostata su di una slitta in modo da garantire entrambi i tipi di lavorazione e facilitare le operazioni di fine campo. 4.1.4 Possibilità o meno di lavorare alla pari: si parla di aratri doppi (o reversibili, o voltaorecchio), provvisti cioè di corpi montati simmetricamente sopra e sotto la bure, che deve quindi poter ruotare. Possono anche essere presenti due buri unite anteriormente, che lavorano alternativamente tramite una rotazione del punto di attacco. Recentemente sono stati realizzati aratri in cui i corpi sono singoli ma la rotazione della bure permette il loro utilizzo in entrambe le direzioni di lavoro, in modo da alleggerire e semplificare la macchina. 4.2 Organi fondamentali 4.2.1.1 Coltro: opera il taglio verticale del terreno. Può essere a coltello o a disco: il coltro a disco riduce notevolmente l’attrito ed è quindi migliore in terreni erbosi. . Esso è costituito da un cuneo a sezione triangolare, con filo tagliente nella direzione di avanzamento e resistente all’usura (acciaio; è comunque previsto che possa essere fissato e tolto agevolmente così da poterlo sostituire quando necessario); termina in alto con un elemento di aggancio alla bure. Per facilitare l’avanzamento, il taglio di radici e l’espulsione di sassi o altri ostacoli è inclinato rispetto alla verticale, con angolo variabile a seconda del tipo di suolo: per i terreni pesanti, in cui l’avanzamento è più difficoltoso, l’inclinazione è maggiore.. La punta del coltro è sopraelevata e spostata in avanti di qualche cm rispetto a quella del vomere, con distanza minore se il terreno è pesante. L’angolo di apertura dei due lati del tagliente è diverso per bilanciare le differenti forze di attrito opposte dal terreno lavorato e da quello intatto: l’angolo è minore dal lato del terreno sodo, che oppone una maggiore resistenza all’avanzamento del coltro. Se il terreno è molto sciolto può essere sufficiente il taglio effettuato dal vomere, eventualmente fornito di un’appendice verticale, considerabile come un coltro incorporato, e che può anche essere unita al versoio. Coltro incorporato per impedire che pietre possano bloccarsi tra coltro e vomere. 4.2.1.2 Vomere: opera il taglio orizzontale. È costituito da una piastra di acciaio di forma trapezoidale leggermente ricurva ed inclinata sia rispetto alla direzione di avanzamento che rispetto al piano del terreno, per facilitare il taglio. Allo stesso scopo, alla punta possono essere uniti dei rinforzi. Per garantire il completo interramento dei residui colturali e dei fertilizzanti, localizzati nello strato più superficiale, si può installare anteriormente al vomere, sostituendo il coltro se questo non è incorporato al vomere e al versoio, un avanvomere: si tratta di un piccolo utensile posto 15-20 cm sopra il vomere stesso, che solleva la cotica e la rovescia nel solco aperto in precedenza. Gli altri organi provvedono a tagliare la parte profonda della fetta. Diversi sono i tipi di avanvomeri, piatti oppure ricurvi a seconda della quantità di sostanza organica da interrare, e studiati in modo da avere sempre una superficie il più possibile libera da incrostazioni. La regolazione può essere più o meno fine, comprendendo solo l’altezza e la distanza dal vomere oppure anche l’inclinazione; i sistemi di fissaggio alla bure possono essere più o meno rinforzati. Anche vomere e avanvomere sono soggetti a usura; è opportuno cambiarli relativamente spesso, per garantire prestazioni ottimali 4.2.1.3 Versoio: rovescia di lato la fetta tagliata dal vomere e dal coltro. Generalmente è costruito in Triplex, acciaio a tre strati di cui quello interno più elastico e gli altri più resistenti all’usura. È strettamente connesso al vomere, così da formare un’unica superficie. La parte principale opera la prima rotazione di 90°, l’appendice la completa con i successivi 45°. Quanto maggiore è l’angolo che il versoio forma con la direzione di avanzamento, tanto maggiore è l’impatto con il suolo e l’azione di sgretolamento. Ogni terreno richiederebbe, in teoria, una diversa forma e lunghezza di versoio per ottimizzare il rovesciamento e lo sminuzzamento, ma per esigenze commerciali le varianti fondamentali sono due: il versoio cilindrico è adatto ai terreni piuttosto leggeri in lavorazioni vicine alla semina e a velocità elevata (6-9 km/h) perché ha la proprietà di frantumare la terra più che di rovesciarla; l’altezza è calcolata in modo da lasciarlo sporgere anche alla massima profondità di lavoro, per evitare che le zolle ricadano nel solco appena aperto, anche con l’aiuto di una “trashboard” fissata sulla parte superiore. L’aratro doppio in figura ha versoi cilindrici, che tendono quindi a sgretolare il terreno; questa operazione è resa difficile dalla natura argillosa del suolo, ma il fatto che l’aratura sia autunnale può ovviare a questo inconveniente, lasciando che l’inverno provveda a ridurre le dimensioni delle zolle. Il versoio elicoidale è pensato per terreni più pesanti e lavorazioni autunnali a bassa velocità (3-5 km/h), perché essendo più lunghi e diversamente ricurvi svolgono soprattutto un efficace rivoltamento della fetta. È il caso dell’aratro in figura, che presenta un unico grande versoio elicoidale; è ben visibile il diverso rapporto tra l’altezza della piastra e la sua lunghezza. Esistono poi versoi universali (cilindrici anteriormente ed elicoidali posteriormente), che combinano le due azioni. I versoi a losanga, in sostanza cilindrici accorciati, appiattiti e dotati di vomere a punta, tagliano le fette risultanti romboidali e con due lati ricurvi. I vantaggi sono la riduzione della ricaduta delle zolle nel solco, il migliore rivoltamento, la minore forza di trazione richiesta (migliore sfruttamento della potenza del trattore) e la maggiore maneggevolezza. Versoio fenestrato: per ridurre gli attriti vengono studiate diverse possibilità, di cui la più comune è costituita dai versoi fenestrati, che hanno una superficie minore (riduzione attrito 8-15% a seconda del terreno). Le diverse ditte non forniscono un versoio fisso per ogni modello: ogni agricoltore sceglie quello più adatto al tipo di suolo che deve lavorare. Può inoltre scegliere una serie di da fissare sul versoio: punte, rinforzi, taglienti e quanto possa garantire un più facile avanzamento ed una minore richiesta di forza di trazione. 4.2.2 Organi di collegamento, sostegno e guida 4.2.2.1 Bure: robusta trave, rettilinea o ricurva verso il basso, alla cui estremità posteriore è applicato il corpo dell’aratro, mentre anteriormente è sistemato il dispositivo di accoppiamento al trattore. Il collegamento della bure agli organi lavoranti (vomere e versoio) è realizzato in genere mediante una suola (piastra d’acciaio a sezione rettangolare che stabilizza orizzontalmente; da qui il termine suola di aratura), un tallone (opzionale; appoggio al terreno e protezione della suola stessa) ed una muraglia o petto (montante anteriore curvilineo, che ha la vera funzione di collegamento fra suola, corpo dell’aratro e bure). 4.2.2.2 Telaio di accoppiamento: unito alla parte anteriore della bure. Per gli aratri trainati è costituito da un semplice gancio di traino; in questo caso la bure appoggia su un carrello avantreno rigido a due ruote metalliche, di cui quella destinata a lavorare in solco ha diametro maggiore. Per gli aratri portati la bure termina con un telaio triangolare i cui vertici si accoppiano con l’attacco a tre punti. 4.2.3 Organi di regolazione: meccanismi che presiedono all’interramento e il sollevamento degli organi di lavoro, alla regolazione della profondità della lavorazione stessa, nonché all’inclinazione del corpo dell’aratro per un miglior rivoltamento della fetta (in funzione del tipo di suolo e dell’inclinazione del campo stesso). 4.2.3.1 Interramento e sollevamento, profondità di lavoro: per gli aratri trainati, il sollevamento e l’interramento dipendono da un martinetto collegato all’impianto idraulico del trattore che agisce sulle braccia del carrello portante; per le macchine portate, invece, il sistema idraulico interagisce con l’attacco a tre punti. La regolazione della profondità prevede, come sopra, l’applicazione di una coppia che abbassa il vomere e la suola durante il lavoro, inclinandoli verso il basso o verso l’alto. Per gli aratri portati si agisce sul dispositivo di sollevamento (è possibile scegliere la modalità profondità controllata oppure forza controllata), per quelli trainati si varia la posizione del punto di attacco del tiro. 4.3 Sistemi accessori 4.3.1 Sistema di sicurezza “non stop”: prevede un’articolazione mobile fra telaio e organi lavoranti in modo da permettere il loro sollevamento se incontrano un ostacolo, evitando sia l’interruzione del lavoro per liberare l’aratro sia l’eventuale rottura dell’organo. I movimenti devono essere morbidi, in modo da evitare eccessive sollecitazioni delle parti in gioco che logorerebbero velocemente gli organi; in figura un sistema che prevede delle molle che assorbano la forza dello spostamento del corpo che ha urtato l’ostacolo, e poi la rilascino gradualmente riportando gli organi alla posizione di lavoro. 4.3.2 Larghezza di lavoro variabile: la distanza tra i corpi non è più fissata meccanicamente prima di iniziare la lavorazione, ma è comandata attraverso l’impianto idraulico e può essere cambiata durante il lavoro. I corpi lavoranti formano con la bure degli ideali parallelogrammi che possono essere allungati o accorciati aumentando o diminuendo la distanza tra gli organi, ognuno dotato di un martinetto idraulico. Questa possibilità permette di regolare l’aratro senza dover meccanicamente smontare e rimontare i corpi a seconda delle condizioni del terreno (una maggiore larghezza di lavoro richiede maggiori forze di trazione, che possono rendere il lavoro difficile se per esempio il suolo è umido); inoltre rende più facili le operazioni a fine campo. 4.3.3 Accoppiamento di un ripuntatore: robusta ancora triangolare con lati taglienti, unita lateralmente al corpo lavorante dell’aratro per una lavorazione a due strati; l’ancora apre la suola senza sollevare il terreno, nella zona in cui cadrà la fetta rivoltata dal passaggio successivo dell’aratro.