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Distretti industriali italiani

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Distretti industriali italiani
Politiche Economiche Regionali
Prof.ssa Cristina Brasili
Corso di laurea magistrale COSDI- A.A 2012-2013
Distretti Industriali Italiani:
evoluzione e caratteristiche
Modello di sviluppo endogeno
In Italia gli studiosi dello sviluppo endogeno
privilegiano lo studio dei sistemi locali di piccola e
media impresa e cioè dei Distretti industriali
Perchè?
“Paradosso strutturale dell’Italia” (Signorini, in Lo
sviluppo locale, 2000)
•Piccole e piccolissime imprese nei settori tradizionali
•Pronunciato dualismo Nord-Sud
Produzioni a bassa intensità di capitale e a basso
contenuto tecnologico
I Distretti Industriali
Nel 1919 nei Principles of Economics, Marshall afferma che un’area ad alta concentrazione di
piccole imprese si può definire distretto quando sussistono le caratteristiche:
•La produzione è flessibile e cerca di venire incontro alle diverse necessità dei clienti e, se il cliente è
un grossista, è in grado di realizzare l’intera gamma della serie produttiva richiesta dal grossista;
•ci sono molte imprese piccole e molto piccole in un dato territorio, tutte con lo stesso tipo di
produzione flessibile;
•fra queste imprese piccole, molto piccole o medie, alcune vendono i loro prodotti direttamente sul
mercato, mentre altre eseguono processi particolari o producono componenti di un prodotto;
•la separazione delle imprese che vendono i loro prodotti e quelle che operano come sub fornitrici
d’altre imprese non è rigida; una piccola impresa può, in un dato momento, essere sub fornitrice e, in
un altro un venditore;
•le relazioni tra imprese che vendono sul mercato assumono la forma di un intreccio fra competizione
e cooperazione; ciò significa che le imprese non combattono tra loro, ma cercano di trovare spazi nel
mercato per nuove produzioni senza creare effetti distruttivi all’interno del distretto industriale;
•il luogo è così definito perché si riferisce ad un’area geografica molto limitata che è specificatamente
caratterizzata da una data produzione dominante;
•c’è una forte interconnessione fra il distretto come realtà produttiva e come ambiente di vita
familiare, politica e sociale.
I Distretti Industriali
Dal distretto marshalliano come categoria di
analisi
……...
alla sintetica definizione di distretto di Becattini
(1979),
“un’entità
socio-territoriale
caratterizzata dalla presenza attiva di una
comunità di persone e da una popolazione di
imprese in uno spazio geografico e storico
determinato”
……..
Viaggio nell’economia italiana, Saggine, Donzelli Ed. 2004
di Pierluigi Bersani e Enrico Letta
La struttura produttiva dei paesi europei
(distribuzione percentuale degli addetti per classe)
Paesi
0-9
Classi di addetti
10-49
50-249
Belgio
Danimarca
Germania
Grecia
Spagna
Francia
Italia
Lussemburgo
Olanda
Austria
Portogallo
Finlandia
Svezia
Regno Unito
Islanda
Unione
Europea
Fonte: Eurostat.
17.7
12.6
7.3
16.2
22.5
13.1
25
6.2
13.5
13.7
17.5
9.6
10.8
12.8
21.5
13.7
18.1
20.3
14.3
28.4
26.9
18.1
31
12.3
16.1
18.9
27.2
13.8
15
14.9
31
19.4
20.1
25.8
16
28.3
20.8
20
18.1
20.6
20.3
29.3
29
20.8
21
20.2
16
19.5
>250
44.1
41.4
62.4
27.1
29.8
48.7
25.8
60.9
50.1
38.1
25.6
55.9
53.2
52.1
31.4
47.4
Il declino della grande impresa in Italia
(quota percentuale occupati nelle grandi imprese)
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1961
Fonte: Censimenti Istat
1971
1981
1997
2001
I Distretti Industriali
I Distretti Industriali nello sviluppo economico italiano
(Giacomo Becattini )
Prima peculiarità del sistema economico italiano
Il modello di specializzazione industriale italiano NON è dominato
da settori industriali tecnologicamente impegnativi e/o intensivi di
capitale ma predominano settori ad alta intensità di know-how, di
design, di “fantasia” e poco qualificati tecnologicamente.
Ad esempio:
mobili, calzature, pelli, cuoio, gioielli, articoli da regalo.
L’Italia si trova in questo modo a competere negli stessi mercati dei
paesi in via di sviluppo piuttosto che con i principali paesi
industrializzati.
I Distretti Industriali
I Distretti Industriali nello sviluppo economico italiano
(Il Sole 24 ore, 1992 )
Propone una mappa dei distretti:
maggior numero al Nord, in embrione al Sud, pochi al Centro
Non sono rilevanti le analisi settoriali.
Esistono tre gruppi di prodotti:
•Beni durevoli per le persone le relative materie prime e i macchinari per
produrli
•Beni durevoli per la casa e le macchine per produrli
•Prodotti alimentari e dei macchinari annessi
I Distretti Industriali
“Made in Italy” e distretti industriali
(Becattini, 1998 )
E’ una risposta a bisogni specializzati
•Il Made in Italy distrettuale è composto da un Made in Italy diretto di
beni di consumo e da un made in Italy indiretto dei beni strumentali
complementari ai primi
I Distretti Industriali
Local Production Systems in Europe: Rise or Demise?
Luigi Burroni Carlo Trigilia
Oxford University Press ,2001
Organizzazione territoriale e cambiamenti negli anni Novanta
• Ci si chiede come reti locali si rapportano alla globalizzazione, come
reagiscono
• La globalizzazione porta ad una de-regionalizzazione delle attività
produttive?
Ci sono tre possibili risposte:
1. De-localizzazione in Paesi a più bassi costi
2. De-localizzazione di solo alcuni fasi produttive
3. Alcuni distretti maturi diventano “distretti terziari” e la fase produttiva
viene de-localizzata
Non necessariamente la globalizzazione aumenta l’indeterminatezza dei
sistemi locali
La concentrazione territoriale della produzione continua ad essere
importante anche negli anni ’90 con la globalizzazione
I Distretti Industriali
Local Production Systems in Europe: Rise or Demise?
Luigi Burroni Carlo Trigilia
Oxford University Press ,2001
Organizzazione territoriale e cambiamenti negli anni Novanta
Anno
Sistemi locali di % di addetti al
Quoziente
produzione
manifatturiero
locale per gli
negli SLP sul
SLP
totale nazionale
1991
1996
280
292
60,7
61,2
L’analisi si basa sugli SLL
Censimento Intermedio dell'Industria e dei Servizi
Quoziente di Localizzazione
1.335
1.385
I Distretti Industriali
Local Production Systems in Europe: Rise or Demise?
Luigi Burroni Carlo Trigilia
Oxford University Press ,2001
Sistemi locali di produzione per tipo di impresa
SLP PMI
SLP di grandi
imprese
Nord Ovest
SLP di
piccole
imprese
14.0
51.6
34.4
Nord Est
19.2
51.9
28.8
Centro
42.4
39.2
18.6
Sud
30.0
24.0
46.0
I Distretti Industriali
Local Production Systems in Europe: Rise or Demise?
Luigi Burroni Carlo Trigilia
Oxford University Press ,2001
% di SLP Italiani che registrano un aumento dell’occupazione tra il
1991 e il 1996
SLP PMI
Nord Ovest
SLP di piccole
imprese
6.5
64.5
SLP di grandi
imprese
29.0
Nord Est
13.3
53.4
33.3
Centro
32.4
35.1
32.4
Sud
22.2
25.9
51.9
Italia
19.2
44.8
36.0
I Distretti Industriali
Sistemi Locali del Lavoro. Censimento 2001.
L’Istat ha diffuso le informazioni sui Sistemi Locali del
Lavoro individuati in base ai dati relativi agli
spostamenti quotidiani per motivi di lavoro, rilevati in
occasione del 14° Censimento generale della
popolazione.
E’ appena cominciata la rilevazione del 15° Censimento
dell’industria.
I Sistemi Locali del Lavoro (SLL) rappresentano i luoghi
della vita quotidiana della popolazione che vi risiede e
lavora.
I Distretti Industriali
I distretti nella legislazione italiana
All’importanza delle analisi territoriali in Italia non ha fatto riscontro per più di
venti anni una politica volta ad un più esatto riconoscimento delle peculiarità
positive dei sistemi locali di piccole e medie imprese ed in particolare dei distretti
industriali.
•Solo nel 1991 si è avuto il riconoscimento nominalistico con l’articolo 36
della legge n. 317. E’ del 21 Aprile 1993 il Decreto attuativo della legge 317,
che detta i parametri per l’identificazione dei distretti. Entrambi i
provvedimenti legislativi sono stati indirizzati verso una definizione
schematicamente marshalliana del distretto. L’individuazione del distretto
non è però un processo meccanico e coinvolge specifici interessi locali come
è stato sottolineato nel 3° Rapporto CNEL/Ceris-Cnr, 1997.
•L’applicazione dei criteri per l’individuazione dei distretti implica una
approfondita analisi del territorio e non tutte le Regioni hanno messo in atto
analisi in grado di sviluppare tali competenze. Inoltre, i criteri per la
definizione dei distretti, individuati nel decreto del 1993, sono cinque e
devono essere rispettati tutti congiuntamente.
I distretti nella legislazione italiana
•Nel 1991 si è avuto il riconoscimento nominalistico dell’esistenza dei distretti industriali con l’articolo 36 della legge
n. 317.
•Il 21 Aprile 1993 il Decreto attuativo della legge 317, che detta i parametri per l’identificazione dei distretti.
“Determinazione degli indirizzi e dei parametri di riferimento per l’individuazione, da parte delle regioni, dei distretti
industriali:
Le zone da prendere a riferimento per la definizione sono una o più aree territoriali contigue caratterizzate
come sistemi locali del lavoro così come individuati dall’ISTAT. In tali zone devono essere verificate
contestualmente le seguenti condizioni:
•Un indice d’industrializzazione manifatturiera calcolato in termini di addetti, come quota percentuale di
occupazione nell’industria manifatturiera locale, che sia superiore del 30% dell’analogo dato nazionale.
Le regioni nelle quali l’indice di industrializzazione manifatturiera risulta inferiore a quello nazionale
possono assumere come valore di riferimento il dato regionale;
•Un indice di densità imprenditoriale dell’industria manifatturiera, calcolato in termini di unità locali in
rapporto alla popolazione residente superiore alla media nazionale;
•Un indice di specializzazione produttiva calcolato in termini di addetti come quota percentuale di
occupazione in una determinata attività manifatturiera rispetto al totale degli addetti al settore
manifatturiero, superiore del 30% dell’analogo dato nazionale. L’attività manifatturiera posta a
riferimento deve essere riferita alla classificazione delle attività economiche dell’ISTAT e corrispondere
alla realtà produttiva della zona considerata nelle sue interdipendenze settoriali;
•Un livello di occupazione nell’attività manifatturiera di specializzazione che sia superiore al 30% degli
occupati manifatturieri dell’area;
•Una quota di occupazione nelle piccole imprese operanti nell’attività manifatturiera di specializzazione
che sia superiore al 50% degli occupati in tutte le imprese operanti nell’attività di specializzazione
dell’area.”
I distretti nella legislazione italiana
L’articolo 317 e il Decreto ministeriale accolgono e ripropongono
in pieno la metodologia d’identificazione dei distretti proposta da
Sforzi (1987), che già sulla base dei dati del 12° Censimento della
Popolazione (ISTAT) del 1981 e del 6° Censimento generale
dell’Industria, del Commercio, dei Servizi e dell’Artigianato
(ISTAT) del 1981 aveva proposto una mappa di 61 distretti
industriali marshalliani sulla base dei sistemi locali del lavoro. Il
Prof. Sforzi definisce il distretto industriale una “categoria di
analisi economica alternativa al settore industriale e all’impresa”,
inoltre esso “possiede una sua scala territoriale definita e
delimitata con riferimento al sistema di interdipendenze fra
imprese congregate, e fra queste e la comunità locale, che
coinvolgono un'industria localizzata e una popolazione insediata”.
I distretti nella legislazione italiana
La legge “Norme in materia di attività produttive” (Articolo
6.8) dell’11 maggio 1999 supera supera le difficoltà legate ai 5
criteri del Decreto del 1993 nell’identificare
i distretti
industriali, e toglie il “potere” agli indici statistici
nell’individuazione delle aree produttive locali. Tale legge
libera le Regioni dai rigidi vincoli statistici, nella speranza che
concedendo maggiore libertà nell’individuazione delle aree
produttive le regioni dimostrino effettiva volontà politica di
sostenere le economie locali. Inoltre la legge definisce i sistemi
produttivi locali come contesti produttivi omogenei
caratterizzati da un’elevata concentrazione di imprese. Mentre
definisce distretti industriali quei sistemi che hanno anche
un’elevata specializzazione produttiva.
I distretti nella legislazione italiana
Negli scorsi anni il tema dei distretti torna alla ribalta
Sylos Labini: riformiamo le norme sui distretti
industriali
La riforma delle norme sui distretti industriali, in
modo da creare un ambiente più favorevole alle
imprese e contribuire alla rifondazione della base
industriale italiana. E' questo il nucleo della
proposta avanzata attraverso un disegno di legge
dall'economista Paolo Sylos Labini e sviluppata
nell'articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 15
luglio 2005.
Per la riforma dei distretti e della base industriale
Bozza di un disegno di legge fondato sulle proposte emerse nel gruppo di
lavoro costituito nell’ottobre 2004 dal Cnel e che lo stesso Cnel potrebbe
presentare in Parlamento.
Articolo 1 Riorganizzazione del sistema dei distretti
Il sistema dei distretti, disciplinato dalla legge del 1991, viene
riorganizzato nei modi e nei termini stabiliti nella presente legge.
Le norme si applicano alle imprese che operano nei distretti
esistenti. Possono essere applicate, previo parere favorevole
dell’organo di cui all’articolo 2, alle imprese che si costituiscono
presso i distretti nuovi e delle imprese che operano fuori dai
distretti, con particolare riguardo alle imprese inserite in filiere
produttive.
Articolo 2 Organo distrettuale di coordinamento e d’indirizzo
In seno a ogni distretto viene istituito un organo distrettuale di
coordinamento e di indirizzo, d’ora in poi definito “organo
distrettuale”. Le modalità del funzionamento di tale organo
verranno definite per mezzo di un protocollo d’intesa fra le parti
sociali – associazioni di industriali, artigiani e commercianti e
sindacati – e le Regioni, cui spetta un ruolo di grande rilievo. Il
criterio fondamentale, non derogabile, è di utilizzare lavoratori o
tecnici già operanti in ciascun distretto o comandati da enti di
ricerca e da Università, sulla base di rapporti indicati nell’articolo
6.
L’organo distrettuale promuove i rapporti diretti fra le imprese
del distretto al livello orizzontale nelle filiere produttive e i rapporti
verticali, fra le imprese e gli enti che si occupano di ricerca e di
formazione e promuove, in ciascun distretto, la creazione di scuole
e istituti professionali e, d’intesa con le università, corsi di laurea e
master post-laurea.
Articolo 4 Mansioni dell’organo distrettuale
All’organo distrettuale sono attribuite cinque
mansioni fondamentali. Esecuzione per conto delle imprese
di tutti gli adempimenti amministrativi necessari per l’avvio
e l’attività delle imprese, fornendo servizi d’informazione e
di consulenza legale, amministrativa, tecnica, finanziaria e
fiscale. Servizi di consulenza e di promozione delle
innovazioni provenienti dal sistema della ricerca pubblica.
Promozione dei rapporti con l’Unione europea. Sostegno
organizzativo, anche d’intesa con gli organi di altri distretti
o con organismi europei, per progetti innovativi di speciale
rilevanza. Infine, dovrà collaborare con le imprese e gli
organi del governo centrale per favorire gli sbocchi dei
prodotti locali sia nel mercato interno ed in quelli esteri.
Articolo 6 Riorganizzazione della ricerca applicata
L’organo distrettuale promuoverà la riorganizzazione e
lo sviluppo della ricerca applicata, tenendo conto della
vocazione dominante in ciascun distretto e promuovendo un
centro di ricerca per la gestione dei laboratori e per regolare i
rapporti fra il Centro, di cui al primo comma, gli altri organi
distrettuali, gli enti di ricerca, come l’ENEA e il CNR, le
Università e i centri di ricerca e gli organi europei. L’organo
distrettuale favorirà la collaborazione con gli organi
professionali, a cominciare con quello degli ingegneri.
Articolo 9 Formazione dei lavoratori
L’organo distrettuale è autorizzato a promuovere,
d’intesa coi sindacati, con gli industriali e con le Regioni,
il rafforzamento e lo sviluppo della formazione di
lavoratori, anche specializzati, e di amministratori. Può
inoltre sostenere i sindacati qualora intendessero
rafforzare ed integrare, sulla base delle leggi esistenti, il
sistema della protezione dei lavoratori contro gli
infortuni.
Articolo 10 Norme volte a favorire il rafforzamento delle
infrastrutture specifiche
L’organo distrettuale, d’intesa con le Regioni e coi
ministeri competenti, prenderà le misure utili a facilitare la
costruzione o l’ampliamento delle infrastrutture utili per i
distretti.
Articolo 11 Norme relative agli appalti
L’organo distrettuale studierà, insieme con le
imprese, le modalità adatte a evitare catene eccessivamente
lunghe e complicate di appalti e subappalti, che aggravano i
costi e favoriscono il lavoro nero.
Articolo 12 Il problema dell’energia al livello
distrettuale
L’organo distrettuale individuerà le forme più
adatte
per rendere efficiente ed
economico
l’approvvigionamento dell’energia per le imprese.
Una politica per i distretti?
E’ possibile mettere in atto politiche per estendere un simile modello ad
altre aree?
La performance superiore nei distretti non significa che siano
miracolosi.
Non sembra che si sia finora trovato un meccanismo, singolo, ben
definito
e
riproducibile
capace
di
generare
distretti.
La legge 317/91 prevedeva varie forme di sostegno, per i distretti,
prevalentemente affidate alle regioni.In Italia esiste un’ampia gamma di
strumenti e sovvenzioni che privilegiano le piccole imprese in quanto
tali. Tale sistema di sovvenzioni ha contribuito a rendere la struttura
produttiva italiana polverizzata.
Fondamentale il ruolo degli enti locali
Un quadro normativo correttamente orientato non basta
L.F. Signorini in Lo sviluppo locale, 2000
I Distretti Industriali
Una metodologia per l’individuazione dei sistemi locali di
produzione alimentare di Cristina Brasili
Proponiamo una metodologia di analisi che consenta una localizzazione
sufficientemente precisa e convincente dei principali sistemi locali di
produzione alimentare. A tal fine sono stati definiti ed utilizzati sei indici
specifici per l’industria di trasformazione alimentare, calcolati a livello
comunale. Gli indici si riferiscono sostanzialmente alle caratteristiche
delle unità locali e degli addetti delle industrie alimentari nel complesso,
e agli otto comparti di cui è costituita.
Una prima analisi a livello disaggregato molto dettagliato può essere fatta
utilizzando gli indici di localizzazione, specializzazione e concentrazione
riportati di seguito. Si tratta di indici strutturale di carattere generale che
dovrebbero essere integrati con informazione di carattere socioeconomico sulle relazioni distrettuali.
I Distretti Industriali
Una metodologia per l’individuazione dei sistemi locali di
produzione alimentare di Cristina Brasili
I sei indicatori proposti sono i seguenti:
U. L.hi
I 1 = Pi
U. L.h0
Po
AddU
. . L.hi
Pi
I2 =
AddU
. . L.h0
Po
I3 =
I4 =
U. L.hi
U. L.h0
Add.U . L. hi
Add.U . L. h0
indice di localizzazione
imprenditoriale
indice dilocalizzazione
occupazionale
indice di concentrazione
imprenditoriale
indice di concentrazione
occupazionale
I Distretti Industriali
Una metodologia per l’individuazione dei sistemi locali di
produzione alimentare di Cristina Brasili
dove
U. L. hi
I 5 = U. L. aa. i
U. L. h0
U. L. aa.0
indice di specializzazione
imprenditoriale
AddU
. . L. hi
. . L. aa. i
I 6 = AddU
AddU
. . L. h0
AddU
. . L. aa.0
indice di specializzazione
occupazionale
U.L. = numero di Unità Localiproduzione
di
numero di addetti alle Unità Locali di produzione
Add.U.L. =
=numero
P = popolazione residente nel comune
h = comparto del settore alimentare
i = comune
aa = settore alimentare
0 = totali nazionali
I Distretti Industriali
Il criterio operativo adottato per caratterizzare i singoli comuni è basato
sulla regola:
iis =  1 se Iis >= is is ; 0 altrimenti  per s = 1, 2, ..., 6.
La scelta di is is come soglia di decisione è scaturita dalla necessità di
utilizzare un metodo omogeneo e uniforme, si è inoltre scelto di
attribuire la medesima importanza, mediante lo stesso peso s, a tutti
gli indicatori, infatti s = 1 s
Ogni indicatore è stato quindi trasformato in una variabile dicotomica e per
ogni comune si dispone ora di sei variabili dummy (ii1 ,..., ii6 )
provenienti dalla trasformazione dei sei indicatori utilizzati (Ii1 ,...,Ii6 ).
Bibliografia sullo Sviluppo Locale e i Distretti Industriali
P.E.R. COSDI 2012-2013
da studiare e disponibile in Biblioteca tra il materiale del corso
1) IL DISTRETTO INDUSTRIALE MARSHALLIANO COME CONCETTO
SOCIO-ECONOMICO, Giacomo Becattini, in Stati & Informazioni,
Rivista Trimestrale sul Governo dell’Economia, 1991
2) L’“EFFETTO DISTRETTO”: MOTIVAZIONI E RISULTATI DI UN
PROGETTO DI RICERCA, Introduzione di L. Federico Signorini, in Lo
Sviluppo Locale a cura di L. Federico Signorini, Meridiana Libri, 2000.
3) POLITICHE ECONOMICHE E SVILUPPO LOCALE: ALCUNE
RIFLESSIONI, Gianfranco Viesti, Sviluppo Locale, VII, 14, 2000 pp. 5581
4) I distretti industriali del terzo millennio a cura di Fabrizio Guelpa e
Stefano Micelli, il Mulino, 2007, Cap. 1 pp. 29-78 e Cap. 7 pp. 321-356
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