La riforma della legge 241/90 ad opera della legge 69/09
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La riforma della legge 241/90 ad opera della legge 69/09
PERCORSO FORMATIVO NORMATIVA COMUNITARIA: IMPRESA IN UN GIORNO II MODULO:La ricaduta della Direttiva Servizi sugli Albi e Ruoli ed Elenchi camerali anche alla luce delle modifiche dell’art. 19 della L. 241/90 introdotte dalla L. 69/09 e successive norme La legge 241 nei suoi mutamenti storici Seminario 27 maggio 2010 Marco Maceroni – Direttore Divisione XXI Mi.S.E. C.M. Universitas Mercatorum - Roma PIANO DEI LAVORI La legge 241 nei suoi mutamenti storici Provvedimento espresso, silenzio assenso e DIA Le novità della legge 69 L’autotutela La nuova DIA e le iscrizioni abilitanti (la circolare ministeriale 3625/C) La nuova 241 e gli albi e ruoli camerali LA LEGGE SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO La legge sul procedimento amministrativo La codificazione del diritto amministrativo Il diritto al giusto procedimento Il diritto all’esito del procedimento Il diritto alla motivazione del provvedimento (negativo) Le formule diverse dal provvedimento “tipico” MM LA STORIA DELLA LEGGE La legge è oggetto di numerose rivisitazioni parziali e settoriali (CdS) La prima riforma organica arriva solo con la legge 15/2005 Seguita a ruota da altra riforma “semi”organica DL 35/05 convertito in Legge 80/05 Le due norme riscrivono integralmente la disciplina del procedimento amministrativo in punti strategici MM GLI ULTERIORI INTERVENTI La legge è oggetto di ulteriori interventi normativi Leggi finanziarie Leggi di settore (legge Bersani) Fino all’ultimo integrale: legge 69/09 MM ESISTE UN’ORGANICITÀ DELLE MODIFICHE? Non sempre le modifiche seguono un filo comune chiaro ed evidente Talora (il caso è lampante nel 2005) il Parlamento ed il Governo intervengono nel giro di due mesi sulla stessa materia perseguendo finalità completamente differenti Talora il legislatore reinterviene più volte per affermare il medesimo concetto, senza alcuna sostanziale variazione (CdS telematica) MM ESISTE UN’ORGANICITÀ DELLE MODIFICHE? Talora tuttavia sembra seguirsi un filo generale e gli interventi sulla 241 sono solo anticipatori di riforme più generali DIA Ex art. 19 dopo la legge 80 Ex art. 38 DL 112/08 Ex direttiva 123/06/CE (direttiva servizi) Ex art. 19 dopo la legge 69/09 Ex art. 85 del decreto legislativo 59/2010 MM LA LEGGE 241 TRA ITALIA E EUROPA La legge 241 nasce buon’ultima tra le leggi sul procedimento amministrativo dei grandi paesi UE di diritto comune Germania ed Austria hanno addirittura una “super 241” che è la legge del diritto amministrativo La 241 nasce perché in Italia il diritto amministrativo era sostanzialmente “prassi” nel senso deteriore del termine. MM LA LEGGE 241 TRA ITALIA E EUROPA L’UE punta invece ad un rapporto di parità tra cittadino e p.a., ed invita a fissare i paletti di tale rapporto Noi recepiamo l’invito della UE alla parità, come necessità di normare il procedimento. Perciò la legge 241 appare come la disciplina dei rapporti tra p.a. e cittadino e come legge sui diritti del cittadino/impresa “utente” e non più suddito. MM LA LEGGE 241 TRA ITALIA E EUROPA Questo è quello che l’UE, nel tentativo di ravvicinamento tra i paesi a diritto amministrativo e quelli di common law, richiedeva negli anni 80/90. Ma oggi l’UE chiede ben altri avanzamenti. Prima ancora però l’OCSE invitava l’Italia a rendere più snelli i rapporti “burocratici”, semplificando i procedimenti e liberalizzando determinate attività di impresa MM SEMPLIFICAZIONI E LIBERALIZZAZIONI Se spostiamo lo sguardo dalla legge 241 alla materia: procedimento amministrativo (amministrato dalle CCIAA – in specie registro delle imprese e albi e ruoli) gli interventi in tal senso sono numerosi: Dalla legge 340/00 Alle leggi di semplificazione (558, 247…) Alla liberalizzazione (Commercio, Bersani I – soppressione Commissioni mediatori e ARC – REC…) Alla liberalizzazione (Bersani II – pulizie e facchinaggio) Alla liberalizzazione (Bersani III – albi e ruoli camerali) MM TORNIAMO ALLA LEGGE 241 TRA ITALIA E EUROPA Tale è dunque l’ambito (almeno che ci interessa) alla vigilia della legge 69 (peraltro ampiamente anticipata dal progetto Nicolais della scorsa legislatura). Interviene però un elemento dirompente che impone da fuori una brusca sterzata La direttiva servizi (123/2006/CE) e il decreto 59 MM IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Questo era ed è l’incipit della legge 241. IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO L’obbligo si configura come norma di principio: il legislatore ha inteso canonizzare l'efficacia dell'obbligo di provvedere, già esistente nell'ordinamento, con esclusione di ogni forma di insabbiamento di procedimenti, anche nelle fasi subprocedimentali, dando, così, applicazione generale a regole che sono attuazione, sia pure non esaustiva, del principio costituzionale di buon andamento dell'amministrazione negli obiettivi di trasparenza, pubblicità, partecipazione e tempestività dell'azione amministrativa, quali valori essenziali in un ordinamento democratico IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO Il Consiglio di Stato Sez. V, Sent. n. 5499 del 22-10-2007 afferma che ai sensi degli artt. 2 e 3 della L. n. 241/90, la P.A. ha il dovere di pronunciarsi sull'istanza del privato, indipendentemente dalla pretesa sostanziale dedotta dal medesimo. IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO La Cassazione Sez. I, sent. n. 7472 del 20-04-2004 ha affermato che in tema di immigrazione, la conclusione negativa della procedura di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, di cui al decreto legge 9 settembre 2002, n. 195 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222), non può ritenersi avverata "per facta concludentia", occorrendo che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazione formale, l'esito negativo della stessa; in difetto di tale comunicazione, la quale non conosce equipollenti, la procedura non può ritenersi conclusa e il prefetto non può riassumere l'esercizio del suo potere espulsivo nei confronti dello straniero privo del permesso di soggiorno. IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO La mancata emanazione di un provvedimento espresso è sanzionata penalmente, ovviamente se si è in presenza di procedimento Il reato di rifiuto di atti di ufficio, di cui all'art. 328, comma 2, cod. pen., nel caso di mancata apertura di un procedimento amministrativo, non sussiste in presenza di qualsiasi domanda che prospetti la competenza dell'ufficio cui è rivolta, ma solo quando - in base alle fonti che disciplinano l'attività amministrativa - sussista un obbligo di procedimento derivante dall'idoneità della domanda. (Fattispecie in cui il Sindaco di un Comune, al quale erano state rivolte istanze e diffide volte ad ottenere la regimentazione di una strada interpoderale e a conoscere l'iter ed il responsabile del procedimento è stato assolto dal reato di cui all'art. 328, comma 2, cod. pen. citato, non sussistendo la competenza del Comune a provvedere sulla richiesta in questione). Cassazione Penale Sez. VI, sent. n. 11515 del 15-12-1997 IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO Dunque nella struttura originaria il provvedimento espresso esplicita il cd. diritto al provvedimento (motivato) fondamento della intera “nuova” disciplina sul procedimento amministrativo, e rappresenta lo “standard”, il modello tipico dell’agire dell’amministrazione, che ad istanza deve rispondere con il provvedimento, che in quanto atto (scritto) è impugnabile. IL SILENZIO Se dunque la regola è il provvedimento, il silenzio della p.a. come va valutato? Silenzio rifiuto (inadempimento) Silenzio rigetto Silenzio accoglimento (assenso) IL SILENZIO Se dunque la regola è il provvedimento, il silenzio della p.a. come va valutato? Silenzio rifiuto (inadempimento) Silenzio rigetto Silenzio accoglimento (assenso) IL SILENZIO RIFIUTO La p.a. non si esprime pur avendone l’obbligo: è una situazione patologica di inerzia della p.a. Il silenzio è “impugnabile” La p.a. non perde il potere di pronunziarsi IL SILENZIO RIGETTO La p.a. non si esprime pur avendone l’obbligo, ma l’inerzia della p.a. è prevista dalla norma come esito “normale “ del procedimento Il silenzio è “impugnabile” La p.a. non perde il potere di pronunziarsi IL SILENZIO ASSENSO La p.a. non si esprime pur avendone l’obbligo: è una situazione fisiologica di inerzia della p.a. La p.a. perde il potere di pronunziarsi perché il silenzio è (rectius: vale) provvedimento (ma può agire in autotutela). IL SILENZIO ASSENSO Trova applicazione tutta la disciplina (della 241) comunemente applicabile al provvedimento espresso Ad es art. 18 Ad es art. 10-bis È impugnabile “l’autotutela della p.a.” e da parte dei controinteressati il silenzio IL SILENZIO ASSENSO In sostanza l’elemento più importante è che il silenzio assenso è una modalità semplificata di conseguimento dell’autorizzazione, vale a dire un’altra faccia della medaglia rispetto al provvedimento espresso, del quale ha la natura e col quale condivide tutti i principi. IL SILENZIO ASSENSO E il provvedimento espresso, che nella legge 241 originaria era la regola, dopo il 2005 diviene la eccezione, giacchè il sil-ass è la regola dell’agire amministrativo. LA DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ È l’istituto che più esce rivoluzionato dalle continue modifiche alla legge 241. Da denuncia a dichiarazione Da contestuale a preventivo Da preventivo a “anche” contestuale … a contestuale “ove non”… LA DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ ART. 3 DEL DL 35/05 1. L'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente: «Art. 19. Dichiarazione di inizio attività. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. LA DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ ART. 3 DEL DL 35/05 2. L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente. 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all'interessato. 4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti. LA DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ ART. 9 LEGGE 69/09 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni 2. L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente LA DICHIARAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ ART. 9 LEGGE 69/09 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all'interessato 4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti. 5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20 LA NATURA DELLA DIA Sulla natura giuridica della d.i.a due sono le tesi che si contendono il campo. a) Tesi della natura di atto amministrativo abilitativo tacito. La d.i.a è considerata una fattispecie a formazione successiva, configurabile come un atto amministrativo tacito che si forma in presenza di alcuni presupposti formali e sostanziali e per effetto del decorso del termine assegnato all’amministrazione per esercitare il potere inibitorio. Argomentazioni: dato letterale dell’art. 19 (prima della sua riscrittura da parte della L. n. 80/2005) nella parte in cui afferma che "l’atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio attività" (l'espressione è intesa nel senso che la dichiarazione del privato è equiparata ad un atto amministrativo di consenso ed è fonte della legittimazione del soggetto a svolgere l’attività) (T.A.R Veneto, Sez. II, 20 giugno 2003, n. 3405; T.A.R. Veneto,10 settembre 2003,n. 4722; T.A.R. Lombardia, Brescia, 1 giugno 2001, n. 397); innovazione introdotta dalla L. 80/2005: esercizio da parte della PA di poteri in autotutela (l'attribuzione alla PA del potere di intervenire in autotutela sembra qualificare la d.i.a. come atto amministrativo di primo grado sul quale sono destinati ad incidere i provvedimenti di revoca e annullamento, quali atti di secondo grado) (TAR Abruzzo Pescara 1 settembre 2005, n. 494; TAR Piemonte 19 aprile 2006, n. 1885) LA NATURA DELLA DIA b) Tesi della natura di atto privato. La d.i.a è considerata un atto formalmente e soggettivamente non amministrativo, in quanto non proveniente da una PA. Si afferma che in tal caso non viene in rilievo l'esercizio di una potestà pubblicistica, né un provvedimento amministrativo in forma tacita (cd. silenzio-assenso). Gli unici provvedimenti rinvenibili nella fattispecie sono quelli, meramente eventuali, che la PA può emanare, nel termine di legge, per impedire la prosecuzione dell'attività o per imporre la rimozione degli effetti, ovvero quelli adottati in autotutela anche successivamente alla scadenza di tale termine. Secondo tale tesi, la legittimazione all’esercizio dell’attività non si fonda su un atto di consenso della PA, bensì direttamente nella legge. Argomentazioni: - ratio dell'istituto: introduzione di un regime di liberalizzazione di determinate attività presentanti un minor impatto sugli aspetti pubblicistici (quale per esempio, l'assetto del territorio), con la conseguenza che per l'esercizio delle stesse non è necessaria l'emanazione di un titolo provvedimentale di legittimazione. (Cons. Stato, Sez. IV 3916/2005; TAR Campania-Napoli Sez. III 27 gennaio 2006 n. 1131; T.A.R. Marche, 3 febbraio 2004, n. 58;Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2002, n. 4453) LA NATURA DELLA DIA La DIA si configura come un atto di iniziativa privata e la legittimazione all’esercizio dell’attività non è fondata su un atto di consenso della P.A., ma trova la propria fonte direttamente nella legge. Secondo un altro orientamento, invece, la DIA costituirebbe una fattispecie complessa o a formazione successiva, che vede un atto amministrativo tacito formarsi in presenza di alcuni presupposti formali e sostanziali e per effetto del decorso del tempo assegnato all’amm.ne per l’esercizio del potere inibitorio. Aderire all’uno o all’altro indirizzo interpretativo comporta alcune rilevanti conseguenze in punto di tutela per il terzo danneggiato. Muta, in particolare, l’oggetto del giudizio: la giurisprudenza, alquanto divisa sul punto, ha individuato l’oggetto del giudizio di impugnazione ora direttamente nella DIA, ora nel comportamento inerte tenuto dall’amm.ne dopo la presentazione della dichiarazione, ora nel silenzio sulla richiesta di intervento in autotutela, ora nel silenzio sulla richiesta di esercizio del potere sanzionatorio. Consiglio di Stato, sentenza 3586 del 19 giugno 2006 LA NATURA DELLA DIA Ma CdS 5 aprile 2007 n. 1550 La d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell’attività, come da molti sostenuto, ma rappresenta una semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di un termine (30 giorni) dalla presentazione della denuncia; la liberalizzazione di determinate attività economiche è cosa diversa e presuppone che non sia necessaria la formazione di un titolo abilitativo. LA DIA DOPO LA LEGGE 80 (MODELLO TRADIZIONALE) DIA La p.a. è in una posizione di inerzia ex lege Trenta giorni Inizio attività CIA La p.a. opera i controlli (30 giorni) assegna eventualmente un termine per conformarsi Si consolida La P.a. inibisce autotutela POSSIBILI APPLICAZIONI: AVANZATA Il problema è come gestire la fase DIA e collegarla alla CIA, considerato che l’art. 19 non dice “entro 30 gg.”, ma “decorsi 30 gg.”, quindi anche dieci anni dopo. Una soluzione potrebbe essere la seguente, che parte dall’art. 19, ma applica l’intera 241. La CCIAA, accetta le dichiarazioni ex comma 1, protocollandole. Secondo il proprio modello organizzativo almeno una volta ogni 30 gg. fa un provvedimento espresso, per ognuna delle dichiarazioni presentate nei 30 gg. precedenti. Il provvedimento espresso lo inserisce in una sorta di alboelenco non istituzionale, al quale si assocerà, mano mano che pervengono, le comunicazioni di cui al comma 2, che possono arrivare al 31° giorno, come al giorno xy. POSSIBILI APPLICAZIONI: AVANZATA L’utilità del provvedimento espresso, che certo non è contemplato nel 1 comma, risiede in ciò, che in primo luogo si ha sempre l’autotutela, in secondo luogo si può gestire uno pseudo albo – elenco. C’è però soprattutto un valore aggiunto: il problema maggiore della compatibilità art. 19 – 558 è data dai regimi assolutamente differenti delle interdizioni. Con il provvedimento espresso sopra citato la CCIAA si toglie una volta per tutte il problema, salva sempre l’autotutela richiamata dalla legge e comunque principio inevitabile dell’azione amministrativa. In questo modo si supera anche quello che a mio avviso era il maggior scoglio d’applicazione della “nuova” disciplina dell’art. 19, e cioè il fatto che non solo non semplificava, ma ritardava l’avvio dell’attività almeno di trenta giorni. Torniamo momentaneamente alla prima fase. Se ad es. la CCIAA, prende come periodo di riferimento il mese civile, partendo dal 1 di ogni mese, avrà dichiarazioni presentate nell’arco del mese stesso. Anche considerando che si decida (ogni camera poi secondo le proprie dimensioni e organizzazione disporrà se la decisione avvenga in “camera di consiglio” o solo da parte del responsabile del procedimento) una volta al mese e cioè il trenta, ci saranno soggetti che vedranno “riconosciuti i propri requisiti” dopo 30 gg., ma anche chi se li vede riconosciuti dopo 1 giorno. Il provvedimento espresso, infatti, a nostro modo di vedere si sostituisce al termine dei 30 gg. del secondo comma, che diventa suppletivo, nel senso che scatta solo in assenza di un provvedimento, concretizzando una fattispecie atipica di silenzio assenso. La regola è quella dettata dal comma 1 dell’art. 2 (della 241), e non dal comma 3 . Inoltre la disciplina appare realmente semplificatoria (per le imprese) nel senso che risulterebbe bypassata (in quanto sostituita dal provvedimento) anche la normativa del 558 in tema di verifiche d’ufficio del possesso dei requisiti, con la doppia iscrizione provvisoria – definitiva. POSSIBILI APPLICAZIONI: AVANZATA PARERE A CCIAA PZ 7-NOV-2008 “Ad avviso di questa Amministrazione, d'altra parte, ciò non impedisce che, al fine di garantire la continuità dell'attività svolta per il tramite del compendio oggetto di conferimento, codesta Camera di commercio, cui la normativa in riferimento rimette la titolarità del procedimento in parola, valuti, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, la possibilità di emettere prima dello scadere del termine di trenta giorni previsto dall'art. 19, c. 2, della legge n. 241, un provvedimento espresso con cui si constati il possesso dei requisiti dichiarati. Siffatta applicazione della norma, nell'ottica di una interpretazione evolutiva ed indirizzata ad un favor nei confronti della libertà di impresa e della concorrenza, appare in linea con i principi generali dell'attività amministrativa indicati nell'art. 1 della medesima legge n. 241, e particolarmente opportuna, in casi quali quello in esame, in cui risulta importante garantire la continuità dell'attività pur nella discontinuità dei soggetti che esercitano la stessa”. LA DIA DOPO LA LEGGE 80 (MODELLO EVOLUTO) DIA La p.a. è in una posizione proattiva Entro trenta giorni (al massimo) Provvedimento CIA Atto dovuto La p.a. ha già operato i controlli Si consolida La P.a. inibisce autotutela IL NUOVO ARTICOLO 19 I commi da 4 a 6 dell’articolo 9 della legge n. 69 del 2009 hanno introdotto rilevanti novità nella struttura della procedura nota come “dichiarazione di inizio attività” di cui all’articolo 19 della legge n. 241 del 1990. IL NUOVO ARTICOLO 19 COMMA 2 «Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente». IL NUOVO ARTICOLO 19 COMMA 3 «L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni». L’ART. 19 E LE ISCRIZIONI ABILITANTI La Circolare 3625/C in modo chiaro e netto afferma che: Non sembrano sussistere dubbi sull’applicabilità dell’art. 19 novellato alle attività regolamentate sopra richiamate, sembrando pacifica la loro riconducibilità alla “prestazione di servizi” di cui alla direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 (v., in particolare, articolo 2, “Campo di applicazione”, della direttiva). L’ART. 19 E LE ISCRIZIONI ABILITANTI Circa poi la concreta articolazione della procedura “Dichiarazione inizio attività” relativamente alle ripetute attività regolamentate, a seguito delle evidenziate novità normative, sembra evidente che intendimento del legislatore fosse quello di rendere detta procedura più adattabile alle esigenze delle imprese, pur nella conferma del principio della contestualità della “comunicazione” rispetto al concreto avvio dell’attività. L’ART. 19 E LE ISCRIZIONI ABILITANTI Così, se l’articolazione ordinaria resta quella che prevede la presentazione in via prioritaria della “dichiarazione” della volontà di intraprendere una determinata attività e di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge, e la successiva presentazione della “comunicazione” di concreto e contestuale avvio dell’attività, per presentare la “comunicazione” l’impresa non è più tenuta ad attendere 30 giorni dalla presentazione della “dichiarazione”: potrà infatti presentare la “comunicazione” in un qualsiasi momento successivo alla “dichiarazione”. L’ART. 19 E LE ISCRIZIONI ABILITANTI Ma la novità più rilevante consiste nella possibilità (c. 2, ultimo periodo) di iniziare l’attività contestualmente alla presentazione della “dichiarazione”. A tale riguardo, visto anche il tenore del primo periodo del comma 3, deve ritenersi che in tal caso l’impresa non sia tenuta a presentare una autonoma “comunicazione” di avvio attività, ma che l’intenzione di intraprendere l’attività contestualmente alla presentazione della “dichiarazione” possa essere manifestata nell’ambito della “dichiarazione” medesima. L’INIBITORIA Circa poi il termine per l’adozione da parte della CCIAA dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, il termine è di trenta giorni dalla presentazione della “comunicazione” ovvero della “dichiarazione”, nel caso in cui l’avvio dell’attività sia contestuale a quest’ultima. L’INIBITORIA Tale indicazione trova giustificazione, oltre che in ragioni di favore per le imprese, anche nella constatazione che le norme speciali regolanti tali procedimenti (v. artt. da 7 a 10 del D.P.R. n. 558/1999) sono strutturate sulla falsariga dell’articolo 19 cit. L’articolo 11, c. 1, del D.P.R. n. 558 cit. recita, infatti: «Alle procedure di cui agli articoli 7, 9 e 10 del presente regolamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241». FLOW CHART RIASSUNTIVO DIA La p.a. è in una posizione d’attesa Entro trenta giorni CIA La p.a. opera i controlli Si consolida La P.a. inibisce autotutela D.L. 7/07 e Legge 40/07 La norma riguarda espressamente le attività di pulizie e facchinaggio ma, ciononostante, introduce una locuzione dalla quale non si può prescindere “sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività” neanche per installazione e autoriparazioni. L’art. 3 del decreto ministeriale 37 3. Le imprese che intendono esercitare le attivita' relative agli impianti di cui all'articolo 1 presentano la dichiarazione di inizio attivita', ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241 e successive modificazioni, indicando specificatamente per quali lettera e quale voce, di quelle elencate nel medesimo articolo 1,comma 2, intendono esercitare l'attivita' e dichiarano, altresi', il possesso dei requisiti tecnico-professionali di cui all'articolo 4,richiesti per i lavori da realizzare. 4. Le imprese artigiane presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unitamente alla domanda d'iscrizione all'albo delle imprese artigiane per la verifica del possesso dei prescritti requisiti tecnico-professionali e il conseguente riconoscimento della qualifica artigiana. Le altre imprese presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unitamente alla domanda di iscrizione, presso l'ufficio del registro delle imprese. Ma conferma il principio DIA + CIA pertanto La scelta del legislatore è chiarissima Il nuovo art. 19 si applica in luogo del precedente art 11 del decreto del Presidente della Repubblica 558/99 e si applica come modello procedurale al decreto 37/08 SVILUPPI DECRETO 59/2010 Il comma 2 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e‘ sostituito dal seguente: "2. L'attivita' oggetto della dichiarazione puo' essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente; contestualmente all'inizio dell'attivita', l'interessato ne da‘ comunicazione all'amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attivita' abbia ad oggetto l'esercizio di attivita' di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, l'attivita', ove non diversamente previsto, puo' essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente Il quesito della CCIAA di ASTI la procedura relativa alle attività in questione non prevede autorizzazioni o simili ma solo un semplice atto di assenso al fine dell’inizio attività non rientra pertanto nella disciplina di cui al nuovo art. 19 Legge 241/1990, in cui si parla espressamente solo di “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli … ” il D. Lgs. n° 112/1998 in tema di semplificazione amministrativa prevede l’avvio di queste attività tramite una semplice denuncia di inizio attività, senza meglio specificarla non essendoci nessun rimando all’art. 19 della Legge 241/1990, è da qualificare come denuncia di inizio attività generica; il D.P.R. n° 558/1999 prevede una particolare procedura per le denunce di queste attività, con un proprio iter procedimentale e propri termini il nuovo art. 19, comma 4, Legge 241/1990 prevede espressamente che “Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi …” IL PARERE ALLA CCIAA DI ASTI 24 NOVEMBRE 2009 Gli articoli 7 e 10 del D.P.R. n. 558 del 1999 hanno provveduto a disciplinare la fase di avvio di tali attività sulla falsariga dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, nel testo allora vigente, che prevedeva la presentazione della “denuncia di inizio attività”. Poiché i procedimenti erano “disegnati” seguendo la fattispecie “generale” non si è ritenuto necessario richiamare tutti gli aspetti della procedura prevista dall’articolo 19 all’epoca vigente (fase dell’avvio dell’attività; fase della verifica dei requisiti; fase inibitoria in caso di verificata assenza dei requisiti di legge), ma si sono delineate solo quelle fasi (fase dell’avvio dell’attività e fase della verifica dei requisiti) per le quali si rendeva necessario un coordinamento con le procedure di iscrizione nel registro delle imprese. IL PARERE ALLA CCIAA DI ASTI La fase cosiddetta “inibitoria” è stata, pertanto, semplicemente disciplinata mediante un rinvio (valido per tutti e due i richiamati procedimenti) contenuto nell’articolo 11, comma 1, dello stesso D.P.R. n. 558 del 1999, che recita: «Alle procedure di cui agli articoli 7, 9 e 10 del presente regolamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241». Ove, di conseguenza, volesse adottarsi il punto di vista di codesta Camera, ci si troverebbe nella difficile situazione di dovere utilizzare un procedimento esemplato, per la fase di avvio dell’attività, sull’articolo 19 nel testo vigente nel 1999, ma che, nella fase inibitoria, dovrebbe fare riferimento all’articolo 19 del testo attualmente vigente, con insormontabili problemi ricostruttivi. IL PARERE ALLA CCIAA DI ASTI Sembra allora più coerente con il quadro normativo sopra esposto, ritenere che il citato articolo 19, c. 4, della legge n. 241 del 1990 possa trovare applicazione nei casi in cui un procedimento amministrativo è compiutamente disciplinato; non, quindi, in casi quali quelli in parola, nei quali una parte del procedimento è ricostruibile per relationem, facendo riferimento, cioè, ad una norma (lo stesso articolo 19) che nel corso degli anni ha mutato il suo testo. INOLTRE: si può fare riferimento, in primo luogo, alla disciplina dell’impiantistica al servizio degli edifici recata dal decreto n. 37 del 2008. Qui, all’articolo 3, c. 3, è detto: «Le imprese che intendono esercitare le attività relative agli impianti di cui all’articolo 1 presentano la dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni [ ... ]». IL PARERE ALLA CCIAA DI ASTI Nessun termine procedimentale è qui espressamente indicato, limitandosi la norma al rinvio all’articolo 19 che diviene, pertanto, norma che integra, nel testo evidentemente di volta in volta vigente, il procedimento per l’avvio dell’attività di impiantistica. Si può richiamare, in secondo luogo, l’articolo 9, c. 3, del decreto-legge n. 7 del 2007: «le attività di pulizia e disinfezione, di cui al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 7 luglio 1997, n. 274, e successive modificazioni, e di facchinaggio di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività ai sensi della normativa vigente [ ... ]»; disposizione che, evidentemente, implica il rinvio all’articolo 19, ancora una volta, nel testo vigente nel momento della sua applicazione. CONCLUSIONI Se si volesse perseguire questa via: per la disciplina delle attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione: si avrebbe che le imprese di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione utilizzerebbero la procedura, prevista dal 558 (cioè la vecchia “denuncia di inizio attività”, seppure privata, come sopra illustrato, della sua fase inibitoria), mentre le imprese di pulizia e disinfezione seguirebbero la strada della nuova “dichiarazione di inizio attività”, ai sensi dell’articolo 9, c. 3, del decreto-legge n. 7 del 2007.