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Progetto Latino 2015
ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE SERINO Corso di latino "Alle origini della nostra lingua" Un tuffo nella civiltà romana: L’educazione e l’istruzione dei figli nell’antica Roma “Latine docere et discere” ANNO SCOLASTICO 2014/2015 L’educazione e l’istruzione dei figli nell’antica Roma Discimus exemplis Impariamo dagli esempi Longum iter est E lungo il percorso per praecepta, attraverso i precetti, breve et efficax breve ed efficace per exempla. attraverso gli esempi. (Seneca a Lucilio) “Epistola 6” Prius de severitate ac Per prima cosa accennerò disciplina maiorum brevemente alla severità circa educandos formandosque ed alla disciplina degli liberos pauca praedīcam. antichi riguardo all’educazione ed alla formazione dei figli. Tacito : “Dialogo degli oratori” 28(vv.1-2) Iam pridem filius, Nel passato il figlio, nato da natus ex casta parente, gremio ac sinu matris educabatur,cuius praecipua laus donna virtuosa, veniva educato nel grembo della madre, il cui vanto erat tueri domum et inservire liberis. Tacito: “ Dialogo degli oratori” (vv. 3-4) principale consisteva nel custodire la casa ed accudire i figli. Accanto alla figura della madre appare quella insostituibile del padre o di un parente insigne ed anziano. Suus cuique parens Ognuno aveva per maestro pro magistro (erat) il proprio padre et e cui parens non erat chi maximus quisque et padre prendeva come padre vetustissimus pro suo parente (erat). anziano dei parenti o amici. Plinio il Giovane ( “Ep. 8 -14 - 6”) non aveva il più insigne e il più Presso un’altra fonte rinveniamo l’usanza di scegliere una donna anziana : Eligebatur autem maior aliqua natu propinqua, … coram quā neque dicere fas erat quod turpe dictu neque facere quod inhonestum factu videretur ac (nutrix) non studia modo curasque sed remissiones etiam lususque puerorum sanctitate quodam ac verecundia temptabat. Tacito: “Dialogo degli oratori” (28 - 6) D’altro canto si sceglieva una parente anziana dinanzi alla quale non era lecito pronunziare né qualcosa di vergognoso a dirsi né fare qualcosa che sembrasse sconveniente a farsi e (la nutrice) regolava non solo le occupazioni serie ma anche i momenti di ozio e i giochi dei fanciulli con un senso di religioso rispetto. Sotto la vigilanza del padre e della madre, il fanciullo imparava tante cose. Dal padre apprendeva i primi rudimenti del sapere: a leggere, a scrivere, a fare i conti e prendeva i primi contatti con la vita pubblica dove: Exemplis docebantur quae ceteris libertas quod silendi tempus quis dicendi modus. Con gli esempi gli venivano insegnati quale fosse la libertà per gli altri quale fosse il tempo di tacere quale fosse il modo di parlare. Plinio il Giovane “Epistola 8,14,6” Per evitare, però,gravi inconvenienti come la corruzione dei costumi dei giovani, provocata dalla scarsa affidabilità dei maestri, si raccomandava di : Et praeceptorem eligere sanctissimum quemque et disciplina quae maxime severa fuerit, licet et nihilo minus amicum gravem virum aut fidelem libertum lateri fili sui adiungere. Quintiliano (“Institutio oratoria 2,1-5”) Scegliere come precettore la persona più rispettabile ed il metodo educativo (che sarebbe dovuto essere) il più severo possibile, aggiungere a fianco di suo figlio, come amico autorevole, un uomo o un fedele liberto. I Romani, per indicare la scuola elementare, usavano la parola “ludus”, ritenendola un luogo di “geniale occupazione” che nello stesso tempo istruiva e divertiva; il termine “schola” (di origine greca) era impiegato gradi d’insegnamento, media La di preferenza corrispondenti alla per gli nostra altri scuola e superiore. “Schola” era, dunque, un’istituzione antichissima; essa era considerata come un tempio sacro destinato alla scienza e al miglioramento dei costumi. Apuleio scrive che essa aveva tre gradi e, quindi, tre denominazioni: -ludus litterarius, -ludus grammatici, -ludus rethoris. Il “ludus litterarius” (scuola elementare) era destinata ai fanciulli dai 7 ai 12 anni per imparare a leggere, a scrivere e a fare i conti. Quella era la scuola dei poveri. Gli scolari erano poveri e, dice Giovenale: “era povero anche il maestro, con la barba incolta e con la toga che portava con sé lo splendore di una rilucente vecchiezza”. Ludus grammatici, simile ad una scuola secondaria, destinata ad impartire la cultura. L’insegnante si chiamava “litteratus” (uomo di lettere), godeva di somma reputazione, ma era mal retribuito. Quintiliano afferma che frequentavano questa scuola i figli di ricchi o benestanti per cui scrivevano sulla “charta” che si toglieva dalla corteccia sottile del papiro (papyrus). Ludus grammatici Scuola di grammatica Primus in eo qui scribendi In colui che avrà acquistato la legendique adeptus erit capacità di leggere e di facultatem grammaticis scrivere c’è posto per gli studi di est locus. (Non refert de grammatica. ( Non interessa se Graeco an de Latino parlo di Latino o di Greco, loquar, quamquam sebbene piace che la prima Graecum esse priorem lingua sia il Greco, per entrambe placet; utrique eadem le lingue il metodo è lo stesso). via est). Haec professio Questa cum brevissime in duas molto brevemente, si divide in partes dividatur, recte due parti: l’arte del parlare loquendi scientiam et ed il commento ai testi poetici; poetarum enarrationem, comprende in fondo più di plus habet in recessu quanto promette in apparenza. quam fronte promittit. disciplina, sebbene Ludus rethoris, destinata a pochi privilegiati che, all’età di 17 anni, entravano retore come uditori nella scuola di qualche per apprendere l’eloquenza o entravano nella scuola di qualche filosofo per studiare i grandi problemi della natura e della vita. Puer…tradendus eius artis Il fanciullo, dovrà essere affidato magistris erit, quorum in primis ai maestri di quell’arte(oratoria), inspici mores oportebit… dei quali per prima cosa sarà …ideaque maior adhibenda opportuno guardare i costumi… tum cura est, ut et teneriores e perciò bisogna prendersi annos ab iniuria sanctitas maggiore cura affinché la serietà docentis custodiat et dell’insegnante custodisca gli ferociores a licentia anni giovanili dall’offesa e gravitas deterreat. l’autorità distolga i più baldanzosi dalla sfrenatezza. Con il tramonto dell’età imperiale, l’amore per il lusso e la raffinatezza portarono i Romani ad affidare la sorveglianza e l’educazione dei figli ad uno schiavo o liberto tenuto in casa (scuola privata) o a mandarli presso la scuola pubblica. Per molti era preferibile la scuola pubblica: Domi ea sola discere potest, A casa sua, (lo scolaro) può quae ipsi praecipiuntur, imparare quelle sole cose che in schola etiam quae aliis. saranno insegnate a lui soltanto, nella scuola anche quelle che saranno insegnate agli altri. Quintiliano (“Institutio Oratoria 1,2”) Quali erano le qualità di un buon maestro? Nel trattare i discepoli di età diversa si richiedeva al precettore di: 1) Rivelare animo paterno: Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum ac succedere se in eorum locum, a quibus sibi liberi tradantur, existimet. Assuma dunque(il precettore) nei riguardi dei suoi discepoli innanzitutto i sentimenti di un padre e faccia conto di prendere il posto di coloro dai quali i fanciulli sono spesso affidati alle sue cure. 2) Mostrare una giusta autorità e confidenza: Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur. Egli stesso non abbia vizi né li tolleri. La sua severità non sia esagerata, la sua cordialità non sia eccessiva affinché non derivi di là antipatia,di qua la mancanza di riguardo. 3) Consigliare l’onestà e la bontà: Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit nam quo saepius monuerit hoc rarius castigabit. Parli molto di ciò che è onesto e di ciò che è bene ed utile. 4) Correggere quando è necessario: Minime viracundus, nec tamen eorum quae emendanda sunt dissimulator. Simplex in docendo, patientis laboris, adsiduus potius quam immodicus. Per nulla irascibile nè tuttavia passi sopra a quei difetti che dovranno essere corretti. Privo di ostentazione nell’insegnamento, resistente al lavoro,instancabile più che troppo esigente. 5) Elogiare entro un giusto limite: In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. Nel lodare le declamazioni degli allievi, non si mostri troppo parco, nè troppo largo (di elogi) poiché l’un eccesso genera un senso di disgusto per lo studio, l’altro eccessiva fiducia in sé. 6) Adattare l’insegnamento alle capacità degli allievi: … sed hunc disertum praeceptorum prudentem quoque et non ignarum docendi esse oportebit summittentem se ad mensuram discentis. …ma occorrerà che questo maestro eloquente sia anche assennato ed esperto nell’insegnamento, abbassandosi al livello dell’alunno. 7) Usare un metodo efficiente: deinde quia plurimum in praecipiendo, valet ratio quae doctissimo cuique plenissima est… poi, perché grandissima efficacia ha nell’insegnamento il metodo, che è tanto più ricco di risorse quanto più uno è colto… 8) Usare un metodo individualizzato: sunt quidam, nisi institeris remissi, quidam imperia indignantur, quosdam continet metus, quosdam debilitat, alios continuatio extundit, in aliis plus impetus facit. Quintiliano “Institutio Oratoria” (1, vv. 3 - 6) alcuni, se non li segui attentamente, sono indolenti, altri non tollerano le imposizioni; alcuni sono inibiti dal timore, altri scoraggiati, la cura assidua del maestro plasma ed affina alcuni, in altri giova di più lo slancio naturale. I doveri dei discenti si possono riassumere in: 1) Affetto verso il maestro Discipulos id unum interim moneo, ut praeceptores suos non minus quam ipsa studia ament et parentes esse non quidem corporum, sed mentium credant. Raccomando ai discepoli di amare i loro precettori non meno degli studi stessi ed a considerarli(non genitori dei corpi) padri non fisicamente ma spiritualmente(delle loro menti). 2) Desiderio di somigliare al maestro Multum haec pietas conferet studio; nam ita et libenter audient et dictis credent et esse similes concupiscent. Una tale devozione filiale sarà molto utile allo studio; così infatti non solo ascolteranno con piacere e presteranno fede a quanto verrà loro detto ma vorranno anche rassomigliargli. 3) Disponibilita’ ad apprendere Nam ut illorum officium est docēre, sic horum praebēre se dociles: alioqui neutrum sine altero sufficit. Infatti come è dovere dei maestri insegnare, così è dovere degli alunni mostrarsi disponibili ad apprendere: altrimenti nessuno dei due(doveri) senza l’altro può bastare. 4) Intesa cordiale e reciproca dell’insegnante e dell’alunno Et sicut hominis ortus ex utroque gignentium confertur, ita eloquentia coalescere nequit nisi sociale tradentis accipientisque concordia. Quintiliano “Institutio Oratoria” (9, vv.1 - 3) E come alla nascita dell’ uomo concorrono ambedue i genitori, cosi l’eloquenza non si può formare se non dalla reciproca e cordiale intesa dell’insegnante(tradentis) e dell’alunno (accipientis). Fu l’imperatore Vespasiano ad istituire la figura dell’insegnante dipendente dello Stato e di conseguenza la scuola pubblica in senso “moderno”. GLI ALUNNI CLASSE 2^ B 01 02 03 04 05 06 CARRATU’ MARIAFRANCESCA CETRARO GAIA CIRINO GRAZIA ELISABETTA IALLONARDO MARIAPIA INGINO SIRIA LUCIANO PIERPAOLO CLASSE 2^ C 07 PIERRI 08 09 10 11 12 GIOVANNA CLASSE 3^ C ADDIVINOLA MICHELLE CAPPALONGA SIMONE IANNACCONE FRANCESCA SANTANIELLO MICHELA VIOLANO RICCARDO CLASSE 3^ D 13 DE FEO LUCIA La Docente responsabile del corso Prof.ssa Antonella Rapolla