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Presentazione di PowerPoint

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Presentazione di PowerPoint
Meselson and Stahl nel 1957 fornirono prove sperimentali che
ciascun filamento di DNA serviva da stampo per il nuovo
sintetizzato, un processo che fu chiamato duplicazione semiconservativa.
Coltivando cellule di E. coli in un terreno contenente solo azoto
pesante (15N) e centrifugandone il DNA in un gradiente di densità
di CsCl, si osserva un'unica banda corrispondente all'azoto pesante.
Le cellule trasferite in un terreno contenente solo azoto leggero
(14N) dopo la replicazione generano una banda di sedimentazione ad
un livello più alto (meno denso), risultato interpretato con la
formazione di un ibrido (14N/15N).
Continuando la replicazione per una generazione si producevano due
DNA ibridi e due DNA leggeri.
azoto pesante (15N)
ibrido (14N/15N).
50% ibrido (14N/15N) e 50% 14N
azoto leggero (14N)
Il metodo prevede la creazione di un gradiente di saccarosio
crescente dall’alto verso il basso e sfrutta la diversa velocità di
sedimentazione che acquistano le particelle in funzione del loro
peso molecolare: ogni particella sedimenta ad una velocità che
dipende dalla massa e dalla conformazione.
Le particelle più pesanti sedimentano più velocemente e si
muovono verso il fondo mentre quelle più leggere, migrando meno
velocemente, si dispongono in bande via via più vicine all’apice
della miscela.
Tecnica che viene usata per separare o stimare le
dimensioni di proteine e molecole di RNA.
Ciascuna subunità dei ribosomi è caratterizzata dal proprio coefficiente
di sedimentazione espresso in unità Svedberg (S).
Il coefficiente di sedimentazione dei ribosomi nei procarioti è 50S per
la subunità maggiore e 30S per la subunità minore; negli eucarioti è 60S
per la subunità maggiore e 40S per la minore.
Tecnica che consiste nel
vaporizzare una sostanza,
condensarne i vapori e
raccogliere il condensato
in un altro recipiente.
Permette di separare una
miscela i cui componenti
abbiano un differente
punto di ebollizione.
E’ il principale metodo per
purificare un liquido.
Obiettivi didattici:
Acquisizione di conoscenze relative alla
purificazione e separazione dei liquidi, mediante
le tecniche della distillazione.
Acquisizione di conoscenze delle tecniche di
laboratorio di chimica organica attraverso la
sperimentazione diretta della distillazione di
Acetato di Isopentile (essenza di banana).
Prerequisiti
Conoscenza di:
 soluto, solvente, solubilità e soluzione
 proprietà colligative
 gruppi funzionali dei composti organici
 diagrammi di stato
 legge di Raoult
 strumenti e vetreria di laboratorio
La distillazione
La distillazione consiste nel vaporizzare un liquido
riscaldandolo, condensarne i vapori e raccogliere il
condensato in un differente recipiente.
Il condensato raccolto si definisce distillato, mentre
il liquido rimasto è chiamato residuo di distillazione
Questa tecnica consente di separare una miscela i cui
componenti abbiano un differente punto di
ebollizione.
Tipi di distillazione
1. La distillazione semplice
2.La distillazione frazionata
3. La distillazione sotto vuoto
4.La distillazione in corrente di vapore.
Il punto di ebollizione di un liquido
Tensione di vapore (torr)
Il punto di ebollizione è la temperatura alla quale un liquido esercita una
tensione di vapore pari a 1 atm.
A questa temperatura, si formano bolle di vapore che raggiungono la superficie
del liquido, se esso si trova alla pressione atmosferica.
760
100
30
Temperatura (°C)
60
Quando si distilla un liquido puro
Esempio di distillazione semplice: la temperatura osservata durante la distillazione di una sostanza pura rimane costante finché liquido e vapore sono
presenti contemporaneamente.
Quando si distilla una miscela di liquidi
Quando si distilla una miscela di liquidi spesso la temperatura non rimane
costante ma aumenta durante la distillazione, perché la composizione del
vapore varia continuamente.
Diagramma di fase liquido – vapore per una
miscela a due componenti
In una miscela la composizione del vapore in equilibrio con la
soluzione bollente è diversa dalla composizione della soluzione stessa.
La fase vapore è più ricca nel componente più volatile
La fase liquida è più ricca nel componente meno volatile.
Distillazione semplice
La distillazione semplice permette la separazione dei vari componenti della miscela a un ragionevole livello di purezza se:
a) solo un componente della miscela da distillare è volatile, cosi
che il distillato è un composto puro.
b) la differenza dei punti di ebollizione dei vari componenti puri
della miscela è maggiore di 100 °C.
Distillazione semplice
La distillazione
semplice di una
miscela consiste in un
ciclo di vaporizzazione
– condensazione che
produce un distillato
che è sempre impuro .
Distillare il distillato’ ottenuto attraverso più cicli sequenziali di vaporizzazione – condensazione potrebbe produrre sostanze sempre più
pure, ma tale procedimento è dispendioso.
Distillazione frazionata
La distillazione frazionata viene utilizzata per separare componenti puri presenti
in una miscela nel caso in cui la differenza tra i punti di ebollizione è piccola.
In questo caso si usa una
colonna di frazionamento
che provoca una continua
serie di parziali condensazioni del vapore e di
parziale vaporizzazione del
condensato. L’effetto
complessivo è analogo a
quello di una serie di
distillazioni successive e
permette quindi una
separazione più efficace
delle diverse frazioni.
Condensazione in una
colonna di frazionamento
Diagramma di fase liquido – vapore per la distillazione
frazionata per una miscela a due componenti
Ogni singolo passaggio lungo il cammino rappresenta una singola distillazione ideale.
In ciascun ciclo lungo la colonna la composizione del vapore si arricchisce progressivamente del componente più volatile.
Efficienza della colonna
Una comune misura dell’ efficienza della colonna di frazionamento è data dal
numero dei piatti teorici.
Un piatto teorico è equivalente a una distillazione semplice o ad un ciclo di
vaporizzazione-condensazione.
Più piccola è la differenza del punto di ebollizione, più grande sarà il numero di
piatti teorici che la colonna di frazionamento deve avere per ottenere la separazione della miscela nei suoi componenti puri
Differenza dei punto di
ebollizione
Numero dei piatti
teorici
108
1
54
3
20
10
7
30
4
50
2
100
Distillazione sotto vuoto
La distillazione sotto vuoto o a pressione ridotta viene utilizzata quando i composti hanno un punto di ebollizione molto alto (> 200*C) e/o si decompongono alle alte temperature richieste per la distillazione a pressione atmosferica.
Il punto di ebollizione viene ridotto sensibilmente riducendo la pressione.
Spesso la separazione non è altrettanto buona
Distillazione in corrente di vapore
La distillazione in corrente di vapore viene usata per la separazione e la purificazione
di composti organici insolubili o quasi insolubili in acqua.
E’ largamente usata per
estrarre liquidi e solidi da
fonti naturali
Essa consiste nel passaggio di
un flusso di vapore attraverso
la miscela.
Il prodotto bolle a temperature inferiori a 100°C
evitando così fenomeni di
decomposizione per le sostanze termolabili o molto
altobollenti
Con la vaporizzazione, le sostanze si mescolano tra di loro e codistillano.
Quando si condensa il distillato, il componente desiderato, non essendo miscibile si
separa dall’acqua.
Distillazione in corrente di vapore esterno
Miscele non ideali
H20-etanolo
Il limonene è un terpene termolabile presente nelle bucce
degli agrumi e comunemente usato in profumeria.
• tagliare le bucce di agrumi in piccoli pezzi
• pesarle e porle in un pallone insieme all’acqua distillata
• porre il pallone in un mantello riscaldante in modo che il vapore
acqueo trasporti con sé il limonene
• raccogliere il condensato in un becker
• trasferire il distillato in un imbuto separatore a cui si aggiungerà
uno stesso volume di diclorometano (che legandosi col limonene lo
separa dall’acqua)
• utilizzare solfato di sodio che
idratandosi allontana l’eventuale acqua
residua
• filtrare il distillato e porre in un
rotavapor per separare il diclorometano
dal limonene
Il procedimento più noto è quello di distillazione di
miscele contenenti alcool per ottenere alcool ad
elevata concentrazione. Questo procedimento viene
anche impiegato per produrre liquori.
Distillatori –
GLI ALAMBICCHI
Tecnicamente il termine alambicco si riferisce
solamente al contenitore in cui si portano a
ebollizione i liquidi da distillare; nella maggior
parte dei casi, però, viene usato per indicare
l'intero apparato, costituito dalla colonna di
frazionamento, dal condensatore e dal
contenitore in cui viene raccolto il distillato.
Gli alambicchi utilizzati in laboratorio sono in
genere di vetro, mentre quelli adibiti a impieghi
industriali sono di ferro o d'acciaio
Distillazione frazionata
• La distillazione viene detta
frazionata quando viene
realizzata in più stadi,
sottoponendo le frazioni
che si formano nelle prime
fasi del processo a più
distillazioni successive.
QUESTO METODO VIENE
USATO INDUSTRIALMENTE
NON SOLO PER SEMPLICI
MISCELE DI DUE SOSTANZE
MA ANCHE PER SOLUZIONI
PIÙ COMPLESSE COME IL
PETROLIO.
LA LAVORAZIONE DEL PETROLIO
PRODOTTI DELLA DISTILLAZIONE
ESTRAZIONE
Processo di separazione di uno o più componenti
solidi o liquidi di una miscela o di una soluzione,
per dissoluzione in un solvente appropriato.
Il solvente deve essere miscibile soltanto con il
componente da estrarre; quest’ultimo può
essere recuperato, dopo una serie di operazioni,
per distillazione o evaporazione.
-estrazione di prodotti naturali: presenti in tessuti animali e
vegetali ad elevato contenuto di H2O, i prodotti possono essere
separati mediante estrazione da questi tessuti con solventi
immiscibili con l’acqua (oli essenziali).
-estrazione di una miscela organica con H2O: serve per separare
materiali altamente polari, quali sali inorganici, acidi e basi forti
e sostanze polari a basso peso molecolare come alcoli e ammine
dalla miscela di composti organici. E’ in genere utilizzata alla fine
di una sintesi organica
-estrazione con acidi o basi diluiti: serve per separare prodotti
organici sulla base delle loro proprietà acide e basiche
L’imbuto separatore
Quando una sostanza è posta a
contatto con due suoi solventi non
miscibili tra loro, si ripartisce in
misura tale che per una data
temperatura il rapporto tra le
concentrazioni nelle due soluzioni sia
costante.
In particolare, si definisce coefficiente
di ripartizione, R, il rapporto:
R = liquido estrattore / liquido da cui si effettua l'estrazione
Quando il composto organico è più solubile in acqua che nel
solvente organico occorrono quantità molto grandi di
solvente perfino per una moderata resa di estrazione.
Questo può essere evitato adoperando un'apparecchiatura
per estrazione in continuo di liquidi che richiede solo
volumi relativamente piccoli di solvente.
Liquidi più pesanti
Liquidi più leggeri
Estrazione di principi attivi da prodotti naturali
Il Soxhlet
Questo processo è in genere adoperato per isolare prodotti
naturali da tessuti secchi di piante, funghi, alghe, mammiferi,
ecc. I prodotti naturali volatili, come oli essenziali, alcoli, esteri,
vengono isolati per distillazione in corrente di vapore. I prodotti
non volatili possono essere estratti con un solvente in cui siano
solubili, con un processo continuo o discontinuo. Non di rado lo
studio completo delle sostanze organiche contenute in un
particolare tessuto richiede l'estrazione con una serie di solventi
a polarità crescente, a partire dall'etere, che rimuove i
componenti meno polari, e continuando con solventi sempre più
polari come acetone, metanolo e infine acqua.
L'estrazione discontinua richiede di macerare il tessuto e nel
porlo in grosso recipiente a contatto con il solvente prescelto per
l'estrazione per alcun ore. Dopodiché il solvente si filtra e si
svapora sotto pressione ridotta. Il processo va ripetuto almeno
tre volte con solvente fresco. Talvolta può essere necessario
riscaldare a ricadere il solido nel solvente.
L'estrazione in continuo di un solido con un solvente caldo si effettua
comunemente con un apparecchio Soxhlet.
MATERIALI
• calce spenta
• foglie di caffè o tè
• imbuto separatore
• cloroformio
•carbone vegetale
Preparazione
Le foglie si impastano con la calce spenta in acqua tiepida. La massa
pastosa si lascia asciugare e si estrae con cloroformio. Si lascia
evaporare il solvente (il cloroformio è un sospetto cancerogeno! Lasciare
all’aria aperta) e il residuo viene disciolto in acqua bollente, fatto bollire
con pochissimo carbone vegetale, filtrato a caldo e fatto cristallizzare.
La caffeina pura è tossica per ingestione, irritante per occhi, pelle e vie
respiratorie. Le polveri non vanno respirate ed è opportuno usare guanti di
lattice. Si raccomanda di NON ASSAGGIARE ASSOLUTAMENTE IL
COMPOSTO!
CENNI STORICI
Il termine cromatografia deriva dal greco e significa
"scrittura con il colore“
La cromatografia è la più versatile fra le tecniche di separazione.
Fu ideata nel 1906 dal botanico russo Mikhail Tswett
nell’affrontare lo studio dei carotenoidi. Egli immerse foglie verdi
in etere di petrolio e versò la miscela in un tubo di vetro (colonna)
riempito di carbonato di calcio. Mentre la soluzione percolava
attraverso la colonna, i vari componenti si spostavano a diverse
velocità, dando luogo a una successione di bande orizzontali di
diversi colori. In questo modo separò alcuni pigmenti delle piante.
Tecnica di separazione basata sulla diversa affinità che i
componenti di una miscela possono manifestare nei confronti
di determinate sostanze o materiali. I vari componenti di una
miscela tendono a ripartirsi in modo diverso tra due fasi.
Una fase rimane fissa (la fase stazionaria), ed è generalmente
un solido o un gel, un'altra fase, liquida o gassosa, (la fase
mobile) fluisce su di essa trascinando con sé in quantità
maggiore i componenti della miscela che le risultano più affini.
Si distinguono in base alla fase mobile eluente liquida (LC) o
gassosa (GC).
CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC)
GAS-CROMATOGRAFIA (GC)
Adsorbimento Liquido-Solido (TLC)
gas cromatografia gas-solido
GSC
Ripartizione Liquido-Liquido (HPLC)
gas cromatografia gas-liquido
GLC
Scambio Ionico
Gel - filtrazione
CROMATOGRAFIA
SU CARTA (strato sottile)
SU COLONNA
HPLC
PER GEL FILTRAZIONE
A SCAMBIO IONICO
CROMATOGRAFIA SU CARTA o STRATO SOTTILE
(TLC: Thin Layer Cromatography )
La cromatografia su carta permette di
separare i componenti di una soluzione
liquida. Essa sfrutta la differente
capacità che hanno i componenti di
aderire ad un mezzo poroso, come la
carta da filtro, quando sono trascinati da
un fluido, detto eluente (o effluente).
Il sistema è ascendente o discendente:
l’eluente liquido (la fase mobile) sale per
capillarità sulla fase fissa solida (carta,
silice o allumina supportata su vetro o
alluminio);
nel
suo
movimento
ascensionale scioglie, e quindi stacca
dall’interazione con la fase fissa,
preferenzialmente le sostanze più
solubili in esso, spostandole più in alto
nella “lastrina”.
CROMATOGRAFIA SU CARTA
APPLICAZIONI
Determinazione degli
amminoacidi nel sangue e nelle
urine
Separazione di piccole molecole
(Amminoacidi)
Mettendo su carta da filtro
più gocce in successione di
soluzione
alcolica
di
pigmenti fogliari ottenuti
rispettivamente da foglie
verdi, rosse e ingiallite, e
lasciando asciugare, si può
osservare
la
presenza
(tranne che nelle foglie
ingiallite) di pigmenti verdi
(clorofilla),
gialli
(xantofille)
e
arancio
(carotenoidi).
Cromatografia su colonna
La cromatografia su colonna è un sistema analogo alla TLC, ma
gravitazionale per cui le sostanze che “corrono” di più si trovano nel
basso della colonna e vengono eluite per prime. Si tratta di una
tecnica di ripartizione tra una fase solida ed una liquida.
CROMATOGRAFIA SU COLONNA
La miscela dei composti da separare
viene messa in cima ad una colonna di
vetro cilindrico riempita di gel di
silice.
L’assorbente viene continuamente
dilavato dal flusso di solvente.
Questo flusso continuo estrarrà
soluti dalla silice trascinandoli verso
il basso con velocità diverse in
dipendenza dalla loro affinità relativa
per l’assorbente.
Man mano che i componenti della
miscela si separano, iniziano a
formarsi bande che si spostano verso
il basso.
A questa fase segue la fase di
eluizione,
con
questo
termine
intendiamo l’allontanamento dalla
colonna e la raccolta delle sostanze
separate mediante uno o più solventi.
PARAMETRI CHE INFLUENZANO LA
PREPARAZIONE di una cromatografia
 Scelta dell’ assorbente
 Scelta della polarità del solvente
 Dimensioni della colonna (lunghezza e diametro) in relazione
alla quantità di materiale da cromatografare
 Velocità di eluizione, detta anche velocità di flusso
CROMATOGRAFIA a scambio ionico
Questa tecnica viene usata principalmente per la purificazione delle
proteine e si basa sull’attrazione che si instaura tra i gruppi carichi
positivamente o negativamente presenti su una resina e la molecola
d’interesse. Essa è condotta in colonne cromatografiche caricate con
scambiatori di ioni; tale supporto cromatografico è di solito la
cellulosa, la poliacrilammide o l’agarosio scelti in base alle proprietà
anioniche o cationiche per frazionare proteine che si trovano in
soluzione rispettivamente come cationi o come anioni.
Il fenomeno dello scambio ionico si verifica
quando una resina viene a contatto con una
soluzione di composti ionizzati: una parte degli
ioni presenti nella soluzione migrano verso la
sostanza scambiatrice e vanno ad occupare nella
sua struttura il posto di uno ione di uguale carica
che a sua volta migrerà nella soluzione.
Resina a scambio cationico:
Resina a scambio anionico:
CROMATOGRAFIA a scambio ionico
In definitiva le applicazioni della cromatografia a scambio ionico
riguardano:
1.
separazione
di
molecole
organiche
polisaccaridi, nucleotidi, aminoacidi)
cariche
(proteine,
2. separazione di ioni metallici (es. Ca2+ e Mg2+)
3. Impiego alternativo alla gel-filtrazione per rimuovere sali da
molecole piccole
4. Preparazione di H2O deionizzata.
GEL-FILTRAZIONE o
CROMATOGRAFIA per ESCLUSIONE
MOLECOLARE
Questa tecnica permette di separare le proteine in base alla
loro massa molecolare; il supporto cromatografico è costituito
da resine polimeriche come la poliacrilammide prodotte sotto
forma di microsfere idratate. Le catene di questi polimeri
formano una fitta rete tridimensionale.
VIENE USATA per:
•La separazione delle proteine dagli oligosaccaridi
•La determinazione del peso molecolare delle proteine e di altre
molecole
•La separazione dell’ormone prolattina dal plasma umano
CROMATOGRAFIA PER GEL FILTRAZIONE
Il termine gel filtrazione si
riferisce al fatto che le sfere di
resina impregnandosi di acqua,
acquistano una natura di gel e
ciascuna di esse si comporta
come un filtro molecolare
consentendo alle molecole più
piccole di penetrare nelle maglie
della
rete
mentre
la
penetrazione non è possibile per
le molecole più grandi delle
maglie.
Ad ogni contatto delle molecole proteiche con le sfere di gel esse vengono
selezionate: quelle che possono permeare le maglie della rete formata dalle
sfere vi penetrano, mentre quelle più grandi vanno oltre. Il tragitto delle
molecole più grandi che non penetrano nelle sfere di gel è più rapido di
quello delle molecole piccole ritardate dalle particelle di gel.
Cromatografia HPLC
(High Performance Liquid Chromatography o High
Pressure Liquid Chromatography)
L’HPLC permette di analizzare miscele difficilmente
risolvibili con le tradizionali cromatografie.
La fase stazionaria è posta in una colonna
cromatografica fatta con un materiale adatto per
sopportare pressioni elevate (generalmente sono
d’acciaio) e la colonna stessa deve essere inserita in una
camicia all’interno della quale sarà esercitata una
pressione tale da equilibrare la pressione esercitata
dalla fase mobile all’interno della colonna.
Cromatografia HPLC
(High Performance Liquid Chromatography o High
Pressure Liquid Chromatography)
Le colonne HPLC hanno una maggiore risoluzione dovuta
all’impiego di fasi stazionarie molto finemente suddivise allo
scopo di realizzare una superficie di interazione molto grande
ed un migliore impaccamento, questo comporta che la fase
mobile attraversi la fase stazionaria della colonna ad una
pressione molto alta per permettere una eluizione accettabile
nel tempo.
Per una simile tecnica cromatografica, la fase stazionaria, che
presenta una granulometria generalmente compresa tra 5-10
m, deve avere requisiti particolari per adattarsi al tipo di
separazione da effettuare ed inoltre deve avere come
requisiti indispensabili:
a) essere stabile idroliticamente e termicamente;
b) resistere all’azione meccanica del flusso dell’eluente
II solvente filtrato e depurato
viene inviato alla colonna tramite
una pompa. Un flussimetro,
posto dopo la pompa, regolerà la
quantità di eluente che sarà
immesso nella colonna.
Prima
della
colonna
cromatografica viene posto un
iniettore,
che
permette
l’inserimento
del
campione
sciolto in un solvente opportuno.
Per evitare di danneggiare la
fase stazionaria della colonna é
opportuno
eseguire
una
prefiltrazione, attraverso una
analoga colonna più piccola posta
in serie.
Alla
fine
della
colonna
cromatografia viene posto un
adatto
rivelatore
che,
attraverso il cromatogramma,
darà indicazioni sull’andamento
della separazione.
Cromatografia HPLC
Cromatografia HPLC
I vantaggi dell’HPLC possono essere cosi riassunti:
1.
tempi brevi d’esecuzione
2.
riproducibilità delle condizioni sperimentali
3.
le colonne possono essere usate più volte
4.
possono essere analizzate miscele di sostanze
termolabili, esplosive e non volatili.
5.
possono essere evidenziate piccolissime quantità di
sostanze grazie all’alta sensibilità dei rivelatori che si
utilizzano;
6.
semplicità d’uso
GASCROMATOGRAFIA
• Viene utilizzata per separare miscele di acidi
grassi e miscele di monosaccaridi sfruttando
il loro diverso punto di ebollizione.
• Attualmente si stanno sperimentando metodi
gas-cromatografici per la caratterizzazione
ed il controllo tossicologico dello yogurt.
GAS-CROMATOGRAFIA
• Esistono due tipi di gas cromatografia a
seconda della natura della fase fissa
utilizzata:
• Si parla di gas cromatografia gas-solido
GSC quando la fase fissa è costituita da un
adsorbente attivo.
• Si parla di gas cromatografia gas-liquido
GLC quando la fase fissa è costituita da un
liquido distribuito in uno strato sottile su
un materiale solido inerte.
La gascromatografia è una tecnica per l'analisi delle sostanze, di
larghissimo uso in quanto presenta notevoli vantaggi:
1.
tempi di analisi molto ridotti
2. possibilità di separare, operando nelle opportune condizioni,
qualsiasi miscela di sostanze
3. possibilità di effettuare analisi in serie, in quanto la stessa
colonna può essere rigenerata di continuo dal gas di trasporto
4. Quantità di sostanza analizzabile = 10-5 - 10
-12 g.
5. Le analisi gas-cromatografiche sono applicabili soltanto a
sostanze volatili o comunque rese tali e vengono realizzate con
ilgascromatografo.
Il gas cromatografo è costituito da una bombola che contiene gas che
costituisce la fase mobile. La colonna cromatografica contenente la
fase stazionaria è posta all'interno di una camera termostatata allo
scopo di tenere in fase gassosa i vari costituenti della miscela da
separare. Tramite l'iniettore s'introduce la miscela da analizzare in
colonna, questa può essere iniettata in fase gassosa, se la miscela è un
gas, oppure solubilizzata in un opportuno solvente se la miscela da
analizzare è liquida o solida. Alla fine della colonna viene posto un
rivelatore in grado di evidenziare le varie sostanze che fuoriescono in
tempi diversi emettendo un segnale con una intensità proporzionale alla
loro concentrazione, il segnale viene registrato da uno strumento che
darà così luogo al cromatogramma.
I gas più comunemente usati come fase mobile sono: azoto, elio, argon.
Per una questione di reperibilità e di costi, generalmente si usa l'azoto.
La gascromatografia permette di avere informazioni sia tipo qualitativo
che di tipo quantitativo sui componenti di un miscuglio di sostanze.
DIAGRAMMA SCHEMATICO DI UN GAS-CROMATOGRAFO
SCHEMA di Funzionamento
GASCROMATOGRAFO
Camera iniezione
Colonna (fase fissa)
Gas (fase mobile)
Rilevatore
Amplificatore
Registratore
Le sostanze che fuoriescono da una colonna cromatografica possono essere
evidenziate con diversi tipi di rivelatori, che hanno il compito di
trasformare in impulso elettrico il passaggio di ciascun componente della
miscela gassosa cromatografata, fra questi i più diffusi sono:
- rivelatori a fiamma;
- rivelatori a ionizzazione chimica;
- rivelatori a cattura di elettroni;
- rivelatori a conducibilità termica.
Questi rivelatori sono di tipo differenziale, cioè sono strutturati in
maniera tale che quando vengono attraversati dal gas di trasporto puro non
danno alcun tipo di risposta, mentre, quando sono attraversati da un
componente che fuoriesce dalla colonna cromatografica, danno una
risposta direttamente proporzionale alla quantità di quel componente.
Non appena il componente è passato, il rivelatore torna a dare una risposta
nulla perché attraversato di nuovo soltanto dalla fase mobile.
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