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L’AZIENDA 1 L’AZIENDA Art. 2555 c.c.: “L’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. AZIENDA = complesso di beni materiali (macchinari, mobili, veicoli …) e immateriali (brevetti, marchio, ditta, avviamento …) IMPRESA = attività economica esercitata dall’imprenditore per la produzione o lo scambio di beni e di servizi. 2 I BENI AZIENDALI BENI MATERIALI: MATERIE PRIME, MACCHINARI, BENI IMMOBILI BENI IMMATERIALI: MARCHI, BREVETTI, DIRITTI D’INVENZIONE CONTRATTI (CONTRATTI DI LAVORO, DI LOCAZIONE ECC.) CREDITI E DEBITI (VERSO CLIENTI, FORNITORI, BANCHE, DIPENDENTI ECC.) AVVIAMENTO: IDONEITA’ DELL’AZIENDA A PRODURRE RICCHEZZA 3 L'azienda comprende inoltre il cosiddetto avviamento. L'avviamento consiste nell'attitudine dell‘azienda a produrre un reddito. L'avviamento dipende da una molteplicità di fattori, quali il numero e la qualità dei clienti, il luogo in cui l’azienda è situata, l’efficienza organizzativa e la buona reputazione raggiunta dall’imprenditore. La legge tutela l'avviamento attraverso il divieto di concorrenza, in base al quale chi aliena (cioè vende) un'azienda deve astenersi per cinque anni dall'iniziare una nuova impresa che possa sviare la clientela dell'azienda ceduta. In caso di cessione dell'azienda la stima dell'avviamento può rivelarsi importante; in alcuni casi esso può addirittura rappresentare la parte più 4 significativa del prezzo. Può essere considerata come bene aziendale anche la licenza di esercizio, ossia il provvedimento dell'autorità amministrativa con il quale si concede la possibilità di esercitare attività commerciali medio-grandi (non è infatti più richiesta per le piccole attività la licenza comunale). Attraverso uno specifico atto amministrativo, infatti, la pubblica amministrazione certifica l'esistenza di tutti i requisiti formali previsti dalle norme per lo svolgimento di una determinata attività. 5 I SEGNI DISTINTIVI I segni distintivi sono considerati dalla legge beni immateriali. Sono considerati “segni distintivi” dell’azienda: la ditta, l’insegna e il marchio. I segni distintivi dell'azienda hanno la funzione di permettere l'individuazione e la distinzione, tra i molti presenti sul mercato, dell'imprenditore, dei locali in cui si svolge l'attività d'impresa, e del prodotto. Su di essi viene riconosciuto dalla legge, a determinate condizioni, un diritto all'uso esclusivo da parte dell'imprenditore. 6 1) La ditta è il nome sotto il quale l’imprenditore esercita l’impresa. Nella ditta di imprese individuali deve essere indicato il cognome dell'imprenditore (ad esempio “Il forno di Mario Rossi”). In casi di ditte simili o uguali, l'ultimo imprenditore che ha provveduto all'iscrizione nel registro delle imprese è tenuto ad apportare le necessarie modifiche. La ditta non può essere ceduta separatamente dal resto dell'azienda. 7 La ditta, in base all'art. 2563 c.c., deve contenere almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore, cui è possibile aggiungere l'indicazione dell'attività svolta o espressioni di fantasia. Nell'ipotesi in cui manchi il riferimento al cognome o alla sigla, essa costituisce un esempio di ditta irregolare e, come tale, non può vedersi riconosciuto il diritto all'uso esclusivo. 8 I requisiti della ditta Per poter essere tutelata legalmente la ditta deve rispondere ad alcuni requisiti: deve essere vera, nel senso che deve permettere l'individuazione corretta dell'imprenditore; deve essere lecita, cioè rispettosa della legge, dell'ordine pubblico e del buon costume; deve avere contenuto originale, essere cioè idonea a distinguere l'impresa da altre dello stesso settore o inserite nello stesso tipo di attività; deve essere nuova, diversa da altre già registrate da imprenditori diversi. 9 La ditta può essere originaria o derivata. È originaria se contiene il cognome o la sigla dell'imprenditore che la esercita attualmente; è invece derivata se la sigla o il cognome che la costituiscono appartengono ad un altro imprenditore, da cui quello attuale l’ha acquistata mediante contratto di vendita o per effetto di un'eredità. 10 Secondo l’art. 2564 c.c., quando la ditta è uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e può creare confusione nei consumatori, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla. Ciò comporta che l'impresa che per prima ha provveduto a iscrivere una determinata ditta nel Registro delle imprese (o, per gli imprenditori non soggetti a tale obbligo, chi per primo ne ha fatto uso) ne ottiene il diritto esclusivo all'uso; questo diritto consente all'imprenditore di agire contro chi indebitamente vi ricorra dopo di lui, ottenendo la proibizione all'uso della ditta identica alla sua e il risarcimento dei danni subiti. 11 La ditta può essere trasferita da un imprenditore a un altro, ma non separatamente dall'azienda. Ciò tuttavia non significa che ogni trasferimento di azienda determina automaticamente anche il trasferimento della ditta: occorre infatti che l'atto di cessione dell'azienda preveda espressamente il passaggio della ditta, dunque risulti il consenso dell’alienante (art. 2565 c.c.). 12 2) L’insegna è il segno distintivo che contraddistingue i locali in cui si esercita l'attività d'impresa. Essa, in relazione al suo contenuto, può essere: denominativa, se è formata da un nome di fantasia; figurativa o emblematica, se è formata da un disegno o da una figura; mista, se si compone sia di un nome sia di una figura. 13 All'insegna si applicano le disposizioni relative alla tutela della ditta; pertanto, chi fa registrare o adotta per primo una certa insegna acquista su di essa il diritto all'uso esclusivo e può agire giudizialmente contro chi usi un'insegna simile, idonea a generare confusione. Per quanto riguarda il trasferimento dell'insegna, questo avviene al momento della cessione aziendale, non richiedendosi un esplicito consenso dell'alienante. 14 L'insegna deve avere gli stessi requisiti esaminati per la ditta, con particolare rilievo per il carattere dell'originalità, in quanto essa non può consistere in una semplice denominazione dell'attività, ma deve ricorrere in qualche modo alla fantasia: l'insegna di un ristorante, in pratica, non può essere costituita semplicemente dalla scritta "ristorante", ma deve avere ulteriori riferimenti (ad esempio: "Ristorante da Alfonso"). 15 3) Il marchio è il segno distintivo dei prodotti, cioè dei beni o dei servizi offerti da un'impresa. Può essere denominativo (una scritta), emblematico o figurativo (un disegno), complesso o misto (una scritta più un un disegno). 16 Esistono diverse tipologie di marchio. Il marchio di fabbrica è quello apposto dal produttore. Il marchio di commercio è quello applicato dal rivenditore; la legge stabilisce che esso debba essere apposto in modo tale da consentire il riconoscimento del marchio di fabbrica. Il marchio di servizio contraddistingue, anziché prodotti in senso stretto, le prestazioni rese da imprese di servizi. Il marchio individuale distingue il prodotto di un singolo imprenditore. Il marchio collettivo si riferisce al prodotto di una data categoria di imprenditori, quale “pura lana vergine”. 17 Il marchio forte consiste in un'immagine o parola di fantasia, che si distingue nettamente dal tipo di prodotto cui si riferisce. Si tratta di marchi di difficile contraffazione, proprio perché non esiste un collegamento diretto tra il prodotto e il marchio adottato. Il marchio debole è invece più facilmente riconducibile al prodotto. Poiché la parola di uso comune non può essere oggetto di uso esclusivo, la tutela giuridica di questi marchi è più difficile da ottenersi. I marchi di rinomanza sono quei marchi che, a causa della loro notorietà, godono di tutela ultramerceologica. Il titolare di tali marchi può cioè impedirne l'uso ad altri per qualunque categoria di prodotti. Il marchio sonoro consiste in una sequenza musicale che identifica un determinato prodotto (ad esempio: la sigla di un programma televisivo). Il marchio di forma, o tridimensionale, identifica la forma dei prodotti o le loro confezioni, nei casi in cui tale forma risulti non consueta, arbitraria o di fantasia. 18 Il marchio, per essere valido, richiede la presenza di alcune condizioni. Deve infatti essere: lecito, cioè privo di immagini o espressioni contrarie a norme di ordine pubblico o al buon costume; veritiero, nel senso che non deve contenere in alcun modo messaggi tali da indurre in errore il pubblico; nuovo, in quanto deve differenziarsi da marchi registrati o utilizzati da altri; specifico, perché deve possedere un carattere distintivo rispetto al prodotto e non ridursi a una sua generica denominazione. 19 Mentre per acquistare il diritto all'uso esclusivo della ditta e dell'insegna si deve provvedere alla loro registrazione nel Registro delle imprese, per quanto riguarda il marchio occorre il brevetto. Esso deve infatti essere registrato presso: l'Ufficio centrale brevetti se si vuole ottenere una tutela a livello nazionale. La registrazione vale per 10 anni ma può essere rinnovata; l'Ufficio comunitario dei marchi per avere una tutela in ambito UE; l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale di Ginevra per una tutela internazionale. 20 Se il marchio non viene registrato, l’imprenditore è soggetto al rischio che altri lo brevetti e ne acquisisca il diritto all’uso esclusivo. Al primo titolare, tuttavia, viene riconosciuto il diritto di preuso, in base al quale egli può continuare a utilizzare il marchio limitatamente, però, alla zona territoriale in cui lo aveva utilizzato (art, 2571 c.c.). Se però il marchio, pur non registrato, fosse diventato molto noto, anche a livello nazionale o internazionale, nessun altro imprenditore potrebbe provvedere a registrarne uno identico, in quanto mancherebbe il requisito della novità. 21 LA DECADENZA DAL DIRITTO DI MARCHIO Il diritto all'uso del marchio si estingue nei seguenti casi: scadenza del brevetto e mancato rinnovo; mancato uso per cinque anni consecutivi; volgarizzazione, che si verifica quando il marchio perde il suo carattere distintivo, finendo con il diventare una denominazione generica del prodotto; . rinuncia da parte del titolare; trasferimento del marchio. 22 IL TRASFERIMENTO DEL MARCHIO A differenza della ditta, l'art. 2573 c.c. permette di cedere l'uso del marchio anche separatamente dall’azienda, sempre che ciò non si trasformi in una frode a danno del consumatori, nel senso che non deve derivare loro un inganno su quei caratteri del prodotto che risultano essenziali nell'apprezzamento del pubblico. Il marchio può essere dato ai terzi anche in concessione, mediante una specifica licenza di marchio, che ne consente l'utilizzo da parte del licenziatario per contraddistinguere i propri prodotti. La licenza può essere esclusiva o non esclusiva e relativa alla totalità o a parte del territorio dello Stato. 23 LA TUTELA GIURIDICA DEL MARCHIO Per quanto concerne la tutela del marchio sul piano giuridico, viene riconosciuto il diritto di esercitare l'azione di contraffazione, in sede sia civile sia penale. Sotto il profilo civile attraverso essa si richiede al giudice di condannare l'altra parte a non utilizzare più quel marchio e a eliminare gli effetti dannosi che si sono verificati per l'uso del proprio marchio da parte di altri, ottenendo il risarcimento dei danni. E’ meglio tutelabile il marchio forte, perché, se il marchio è debole, è sufficiente una sua piccola variazione per ritenerlo non confondibile. 24 IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA In caso di trasferimento l’atto deve essere iscritto nel registro delle imprese. Il trasferimento può avvenire con due modalità: o per atto tra vivi o mediante successione per causa di morte. Per la vendita di azienda la forma è libera, ma se vi sono beni immobili o a fini probatori è necessaria la forma scritta. Con l’alienazione automaticamente si trasferiscono tutti i beni che costituiscono l’azienda, a meno che le parti esplicitamente si accordino per escludere dal trasferimento alcuni di essi. Per è previsto il divieto di concorrenza: salvo patto contrario, non può esercitare lo stesso tipo di attività per cinque anni. Questo divieto è stato previsto per evitare che l’alienante, aprendo un’attività simile alla precedente, possa sottrarre all’acquirente una parte della clientela. 25 LA SUCCESSIONE NEI CONTRATTI AZIENDALI Quando un'azienda viene ceduta, rientra nell'interesse dell'acquirente, ma anche in generale degli altri soggetti con cui vi siano rapporti contrattuali in essere, mantenere integro il complesso aziendale. Ecco perché la disciplina legislativa del trasferimento aziendale deroga rispetto alla normativa generale del contratto. Infatti l'art. 2558 c.c. afferma che “se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale”. 26 L'acquirente dell'azienda subentra pertanto in tutti i contratti aziendali che non abbiano natura personale. Il diritto di recesso. La legge, d'altra parte, intende anche tutelare i contraenti ceduti e lo fa riconoscendo loro il diritto di recedere dal contratto, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, purché sussista una giusta causa, cioè una valida ragione che consenta loro di non mantenere più in vita il contratto. 27 I contratti personali. Se è previsto il passaggio automatico dei contratti in caso di trasferimento dell'azienda, questo principio non vale però per i contratti che abbiano natura personale. Si tratta, in sostanza, dei contratti in cui sono rilevanti le qualità personali di uno dei soggetti ed è basilare l'esistenza di un rapporto di fiducia tra le parti. 28 LA SUCCESSIONE NEI CREDITI E NEI DEBITI DISCIPLINA RELATIVA AI CREDITI. L'acquirente subentra nei crediti dal momento in cui il trasferimento di azienda viene iscritto nel registro delle imprese. Non è necessario il consenso del debitore, anche se è opportuno notificargli l'avvenuto trasferimento dall’azienda. E’ liberato il debitore che paga in buona fede all’alienante. DISCIPLINA RELATIVA AI DEBITI. L'acquirente subentra anche nei debiti (per un'impresa commerciale solo i debiti che risultano dai libri contabili obbligatori). Risponde in ogni caso per i debiti verso i lavoratori dipendenti. L'alienante rimane comunque obbligato in solido, a meno che i creditori espressamente non dichiarino di liberarlo. 29 LA CONCORRENZA TRA LE IMPRESE E LA NORMATIVA ANTITRUST La normativa tutela e favorisce la concorrenza tra le imprese, anche per salvaguardare gli interessi dei consumatori. La concorrenza, però, deve svolgersi in modo corretto e leale. Le imprese possono concludere tra loro accordi di non concorrenza. I patti di non concorrenza non possono superare i cinque anni di tempo, devono essere limitati ad una zona determinata o ad un certo settore di attività. 30 CARTELLI: patti con cui alcuni imprenditori si accordano per osservare regole comuni di comportamento (ad esempio accordi sul prezzo o sulla quantità di prodotto). TRUST: concentrazioni di più imprese sotto la direzione di un unico organismo. Tali concentrazioni sono soggette a specifici controlli da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. CONSORZI: contratti tramite i quali più imprenditori possono coordinare l’attività di produzione e di scambio al fine di razionalizzarla (ad esempio forme di acquisto comuni delle materie prime, accordi per realizzare in comune una fase del processo produttivo ecc.). 31 LA NORMATIVA ANTITRUST DIVIETI ACCORDI PER SPARTIZIONI DI MERCATO ACCORDI PER OSTACOLARE L’INGRESSO DI CONCORRENTI COSTITUZIONE E ABUSO DI POSIZINI DOMINANTI AUTORITA’ DI VIGILANZA AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO 32 LA CONCORRENZA SLEALE ATTI IDONEI A CREARE CONFUSIONE CON PRODOTTI ALTRUI ATTI DI DENIGRAZIONE ATTI NON CONFORMI ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE 33 LA CONCORRENZA SLEALE Se è importante tutelare il principio della libertà di concorrenza, risulta altrettanto importante fare in modo che tale libertà si manifesti in modo corretto e leale. La legge reprime una serie di comportamenti previsti dall'art. 2598, considerati atti di concorrenza sleale. Sono atti di concorrenza sleale i comportamenti con i quali un imprenditore è in grado di avvantaggiarsi in modo illecito a danno dei suoi concorrenti. 34 L'art. 2598 c.c. evidenzia come sleali i seguenti comportamenti: 1 gli atti idonei a creare confusione con i prodotti altrui: consistono nel ricorso a mezzi volti a far credere al pubblico che il proprio prodotto provenga da un'altra impresa, più nota presso i consumatori (come accade con la contraffazione di oggetti di moda). Essi si sostanziano essenzialmente nell'imitazione servile, consistente nell'imitare i segni distintivi altrui, oppure la forma o la confezione del prodotto; 35 2 gli atti di denigrazione dei prodotti di altre imprese: si sostanziano nella diffusione, anche attraverso i canali pubblicitari, di notizie sui prodotti altrui volti a determinarne il discredito. Atti di denigrazione potrebbero realizzarsi attraverso un uso scorretto della "pubblicità comparativa", con cui è possibile mettere a confronto le qualità positive del proprio prodotto con quelle negative dei prodotti concorrenti (qualità, prezzo ecc.). Questa forma di pubblicità è illecita qualora le informazioni fornite non corrispondano a un criterio di oggettività e possano creare confusione con i prodotti o l'attività di un'impresa concorrente o, ancora, producano discredito o denigrazione dei prodotti dei concorrenti. 36 3 gli atti non conformi alla correttezza professionale e idonei a danneggiare l'azienda di altri, quali lo spionaggio industriale o lo storno di dipendenti, cioè la pratica attraverso la quale vengono sottratti ai concorrenti i dipendenti più validi o più preparati in determinate tecniche, attirandoli con vantaggi economici o prospettive allettanti di carriera. 37 LA PUBBLICITA’ LA PUBBLICITA’ DEVE ESSERE: PALESE VERITIERA CORRETTA IN CASO CONTRARIO SI PARLA DI PUBBLICITA’ INGANNEVOLE VIGILANZA: AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO 38 I DIRITTI SULLE CREAZIONI INTELLETTUALI Le opere dell’ingegno che presentano carattere creativo (ad esempio nell’ambito letterario, scientifico, musicale ecc.) sono tutelate attraverso il diritto d’autore. Il diritto d'autore consiste nel diritto di affermare contro chiunque la paternità dell'opera prodotta (diritto morale) e nel diritto esclusivo di pubblicare e utilizzare economicamente l'opera (diritto patrimoniale). 39 Il diritto morale d'autore consente al suo titolare, oltre che di rivendicare la paternità dell'opera, di ritirare l'opera dal commercio per ragioni morali e di opporsi a qualsiasi modificazione dell'opera che possa pregiudicare l'onore o la reputazione dell'autore. Il diritto d'autore si acquista per il semplice fatto di avere prodotto una d e t e r m i n necessità di chiedere alcuna reg 40 Il diritto alla paternità è: di durata indefinita, cioè senza limiti di tempo, anche oltre la morte dell'autore; imprescrittibile, non si estingue cioè anche in caso di mancato esercizio; inalienabile, in quanto non può essere c e d u t o 41 Lo sfruttamento economico dell'opera non è solitamente realizzato direttamente dall'autore, che solitamente non dispone di mezzi economici adeguati per la sua commercializzazione, bensì concesso ad altri con uno specifico contratto e in cambio di un compenso. Per esempio l'autore di un libro conclude di solito un particolare contratto, chiamato contratto di edizione, con il quale concede a un editore di pubblicare una sua opera in cambio di un compenso percentuale (diritto o royalties) sul valore delle copie vendute. Esiste a questo scopo un ente apposito, la SIAE (Società italiana autori ed editori), che, in via esclusiva, controlla nell'interesse degli autori l'eventuale utilizzo delle loro opere da parte di terzi e concede le licenze e le autorizzazioni necessarie a tale scopo. 42 Per meglio tutelare il diritto patrimoniale d’autore la l. 18 agosto 2000, n. 248, stabilisce che i lettori possono riprodurre, ad esempio con fotocopie, al massimo il 15% di ogni volume o fascicolo di periodico solo per uso personale. A tutela del diritto d'autore possono essere esercitate: l'azione di accertamento, con cui l'autore dell'opera ne rivendica a pieno titolo la titolarità; l'azione inibitoria, che è diretta a impedire violazioni del diritto d'autore; l'azione di risarcimento del danno, che mira alla riparazione economica dei danni subìti in conseguenza di un comportamento illecito di altri. 43 IL DIRITTO D’INVENTORE DIRITTO D’INVENTORE TUTELA LE INVENZIONI INDUSTRIALI E TECNOLOGICHE Per il suo riconoscimento occorre il brevetto rilasciato dall’ufficio brevetti e marchi , se l’invenzione consente di realizzare nuovi prodotti industriali o nuovi procedimenti di fabbricazione. il brevetto consente la tutela morale e patrimoniale. Il brevetto ha la durata di venti anni e alla sua scadenza l’uso dell’invenzione diventa libero. 44 I DIRITTI SUL SOFTWARE E SULL’HARDWARE SOFTWARE Tutelato dal diritto d’autore Sono considerate opere dell’ingegno HARDWARE Tutelato dal diritto d’inventore 45 Tra le opere dell'ingegno e le invenzioni industriali la legge include il software e l’hardware. Il software è l'insieme dei programmi che rendono possibile il funzionamento di un computer o di altra apparecchiatura elettronica. L'hardware è l'insieme dei componenti materiali (meccanici, elettrici, magnetici ed elettronici) che costituiscono un computer o altra apparecchiatura. 46 Per Il software è considerato un'opera dell'ingegno e, come tale, è soggetto alle norme che disciplinano il diritto d'autore; sono quindi tutelati sia il diritto morale sia quello patrimoniale. Se un programma viene realizzato da un lavoratore dipendente nell'ambito delle proprie mansioni, egli ne acquista il diritto morale, mentre quello patrimoniale compete al datore di lavoro. Chi acquista un programma deve rispettare i diritti d'autore a esso relativi: diventa proprietario solo del "contenitore" esterno, cioè del supporto, quale un cd o un DVD, su cui è fisicamente registrato il software, e non acquisisce la proprietà del contenuto. 47 Questa regola si applica sia per il software di base che per i software applicativi. Il software di base comprende il sistema operativo (un programma che ha compito principale di verificare il corretto funzionamento dei dispositivi di input e di output del personal computer) e i programmi di utilità (come ad esempio (ad esempio l’antivirus). 48