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Diapositiva 1 - Medicina dei Trapianti

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Diapositiva 1 - Medicina dei Trapianti
PSICOPATOLOGIA DELL’OBESITA’
Secondo l'impostazione psicoanalitica ogni individuo, a
partire dalla nascita, percorrerebbe delle tappe, degli stadi,
ognuno dei quali caratterizzati da pulsioni sessuali parziali
dominanti, da sedi di eccitazione sessuale e da modalità di
appagamento del desiderio stesso.
Ogni stadio dello sviluppo psicosessuale ha in sé un
significato evolutivo e, a seconda delle gratificazioni o delle
frustrazioni ottenute durante le varie fasi dello sviluppo,
saranno presenti nella personalità dell'adulto dei tratti
riconducibili a fissazioni, regressioni o adeguato superamento
degli stadi stessi.
Durante il primo anno di vita (fase orale) il bambino, trova piacere ed entra in
contatto con il mondo principalmente mediante la bocca, zona erogena in quanto
sede di eccitazione sessuale, connessa alla funzione alimentare. Poppare,
succhiare sono le prime espressioni della pulsione sessuale e il seno
materno è il primo oggetto sessuale attraverso il quale procurarsi piacere. Durante
tale fase, la relazione con l'oggetto, la madre, è di tipo ambivalente, in quanto essa
è oggetto d'amore quando gratifica il bisogno di piacere, di odio quando lo nega.
Se il bambino in questa fase orale ha un piacere intenso e indisturbato nella
suzione e nel consumo del cibo, troverà nell'età adulta piacere nel ricevere e nel
dare senza per altro ricorrere, di fronte alle difficoltà della vita, a rapporti di forte
dipendenza da figure affettivamente significative.
Se invece l'appagamento orale è stato frustrato, la dipendenza e la regressione
saranno massicce, e favoriranno l'instaurarsi di comportamenti o sindromi nei quali
saranno rintracciabili delle modalità di funzionamento proprie della fase orale del
bambino quali il ricorrere al cibo come strategia di adattamento, di fronte a
situazioni problematiche ed emotivamente coinvolgenti.
L’OBESITA’ RAPPRESENTA IL FRUTTO DI UNA TIPICA MODALITA’
RELAZIONALE
OVE SONO STATI ACCUDITI I BISOGNI MATERIALI DEL
BAMBINO A SCAPITO DELE SUE ESIGENZE PSICHICHE SI
CREA UN MASSICCIO MECCANISMO DI INTROIEZIONE
GLI OBESI HANNO BISOGNO DI UN OGGETTO
RASSICURANTE CHE IDENTIFICANO CON IL CIBO
IL SOGGETTO, ATRAVERSO L’INTROIEZIONE, TENDE A MANTENERE
IL POSSESSO DELL’OGGETTO, OGGETTO DETERIORATO. CIRCOLO
VIZIOSO CHE SI PRESENTA COME DINAMICA TOSSICOFILICA CHE
NON HA POSSIBILITA’ DI ESSERE SODDISFATTA.
L‘obesità, così come i Disturbi del Comportamento Alimentare
in genere, sarebbe dunque la manifestazione di un mancato o
insoddisfacente superamento della fase orale dello sviluppo
psicosessuale e questo fa pensare all'individuo obeso come
- soggetto debole
- senza carattere
- eccessivamente bisognoso di affetto e di gratificazioni
immediate che, qualora non vengano immediatamente
soddisfatte, lo condurrebbero alla tristezza.
Secondo i principi del comportamentismo, ogni tipo di
comportamento è il risultato dell'interazione tra individuo e
ambiente, e la sua emissione sarà tanto più frequente quanto
più numerosi e frequenti saranno gli stimoli ambientali che la
favoriscono e le conseguenze immediatamente positive del
comportamento stesso.
Un comportamento sarà destinato ad estinguersi quando
verranno meno i rinforzi positivi al comportamento stesso o
quando, in presenza degli stessi stimoli elicitanti, verranno
emessi comportamenti alternativi più vantaggiosi.
A partire da questa impostazione, l'obesità, è considerata il risultato
di una ridotta attività fisica da un lato, e di una modalità di assunzione
del cibo eccessiva e persistente, appresa, e successivamente
mantenuta,
in
modo
pressochè
automatico
dall‘altro.
In particolare, lo stile alimentare dell'obeso è tale per cui:
-fornisce dei rinforzi positivi strettamente connessi con il cibo, quali il
soddisfacimento del gusto e la soddisfazione della fame
-fornisce altri rinforzi, non direttamente connessi con il cibo e la fame,
ma spesso più potenti, perpetuando il comportamento di ricerca ed
assunzione del cibo, quali la riduzione dell'ansia e della tristezza.
Hilde
Bruch,
facendo
propri
alcuni
presupposti
dell'impostazione psicodinamica ed integrandoli con osservazioni dirette
sulle famiglie dei bambini e degli adolescenti obesi, ha fornito un modello
patogenetico dell'obesità di grande interesse.
Non sempre i genitori riconoscono adeguatamente i bisogni del bambino.
Il cibo diventa l'unico o quantomeno il principale strumento per rispondere
alle esigenze infantili e il bambino, ricevendolo in modo del tutto
indipendente dai suoi bisogni diventerà da una parte incapace di
riconoscere le proprie sensazioni di fame e sazietà, dall'altro ricorrerà
passivamente al cibo ogniqualvolta provi sensazioni sgradevoli.
LA FAMIGLIA DELL’OBESO
Padre scialbo e debole, spesso sottomesso alla figura
materna.
Madre aggressiva e prepotente. Non riesce ad elargire
sicurezza ed affetto e compensa con iperalimentazione.
Non riconosce i bisogni del figlio e questo fa s’ che il figlio
non riconosca i suoi stimoli interni. Vive nel terrore
dell’allontanamento del figlio e gli impedisce qualsiasi
attività che possa renderlo più autonomo.
Ambiente ambivalente ed incoerente. Il figlio non riesce a
delineare la propria identità.
HILDE BRUCH (1973)
LA FAMIGLIA DELL’OBESO
Vari tipi di transazioni familiari che hanno in comune una
modalità: la presenza di legami fragili che scoraggiano lo
sviluppo dell’individuo e la sua autonomia.
Clima di pseudoarmonia che è l’espressione di una eccessiva
protezione e di una incapacità di risolvere i conflitti.
Estrema passività, scarsa stima di sé, forte paura di essere
respinti, grande bisogno di essere aiutati e riconosciuti dagli
altri.
S. MINUCHIN (1976)
Attraverso il cibo viene veicolato l'affetto dei genitori e, assumendo
cibo, si risponde ai bisogni e alle emozioni più diverse. Ogni richiesta
del bambino otterrebbe una risposta di tipo alimentare, generando, con il
tempo, insicurezza, passività, estrema dipendenza e suscettibilità alle
frustrazioni (molti genitori riversano sul figlio le proprie angosce e i
desideri inconsci di realizzazione di ambizioni non soddisfatte, caricando il
figlio di aspettative superiori alle possibilità del bambino iI quale, al pari dei
genitori,sarebbe assai esposto a sentimenti di incapacità e all'angoscia).
Il modello della Bruch è stato in seguito criticato, comunque, i suoi studi
hanno posto in rilievo un elemento centrale di riscontro assai frequente nei
soggetti obesi: la difficoltà a riconoscere adeguatamente le proprie
sensazioni corporee, ed in particolare, quelle della fame e della sazietà,
nonché a descrivere con il termine "fame" bisogni, sensazioni
o stati emotivi del tutto diversi tra loro.
HILDE BRUCH (1973)
La Bruch individua quattro tipi di obesità psicogena:
OBESITA’ EGOSINTONICA
OBESITA’ REATTIVA
OBESITA’ EVOLUTIVA
OBESITA’ SCHIZOIDE
OBESITA’ EGOSINTONICA
Persone che per una serie di eventi personali, familiari, culturali e
spesso anche genetici hanno sviluppato una tendenza all’obesità che
però vivono senza problemi.
Sono persone in genere estroverse, brillanti, che raggiungono posizioni
sociali anche molto importanti, hanno un buon senso della realtà e non
hanno problemi di immagine corporea.
A volte durante l’adolescenza hanno tentato di dimagrire, ma le difficoltà,
il malumore, l’irritabilità scatenata dalle restrizioni alimentari li hanno
convinti a desistere.
Sono persone psichicamente sane e se vengono incluse tra gli obesi
psicogeni è per indicare che all’origine non c’è una causa organica, ma
semplicemente una tendenza di fondo, una scelta, che nasce
sicuramente dall’introiezione di modelli culturali, ma soprattutto da
situazioni familiari dove il cibo è stato proposto come oggetto piacevole e
non colpevolizzante.
OBESITA’ REATTIVA
Tipica dell’età adulta. In questi casi l’aumento di peso segue
eventi di perdita o di fallimento materiali o affettivi. Si
tratterebbe, in definitiva, di una forma di depressione larvata,
in cui il vissuto di perdita stimola un bisogno compulsivo a
mangiare. I soggetti sono consapevoli dei loro eccessi e
vorrebbero fare qualcosa, ma non ci riescono.
La compulsione a mangiare spesso accade di sera o di notte quando i
pz si sentono più soli ed abbandonati. Cibo come elemento sedativo e
consolatorio.
Gli AA anglosassoni parlano di “mangiatori notturni”.
OBESITA’ REATTIVA
HILDE BRUCH (1973)
-BINGE EATING DISORDER
-NIGHT EATING SYNDROME
AJ. STUNKARD (1959)
OBESITA’ EVOLUTIVA
HILDE BRUCH (1973)
Caratterizzata da un più complesso intreccio di eventi familiari e psicologici che
l’autrice fa risalire ad un eccesso di gratificazioni materiali, tra cui il cibo, a scapito di
scarse gratificazioni psichiche, all’interno di una pseudoarmonia domestica dove,
nel contesto di una insanabile e perenne crisi di coppia, la rabbia ed il rancore
rimangono inespresse e quindi non riconoscibili dal bambino.
Il momento del pasto, quindi, assumerebbe un valore simbolico: bisogna “ingoiare”
tutto, mostrarsi estremamente passivi.
Il cibo viene vissuto come una panacea per tutti i problemi e tutti i conflitti. Il
bambino, posto di fronte ad una situazione di questo genere, svilupperebbe ansia,
rabbia ed un senso di frustrazione continua, che i genitori cercano di sedare con il
cibo.
Il bambino non riesce più a riconoscere i suoi reali bisogni e a sviluppare una
situazione di autonomia e individualità.
OBESITA’ SCHIZOIDE
HILDE BRUCH (1973)
Questi pazienti hanno una scarsa autonomia, un’identità molto labile, una
difficoltà a stabilire un confine tra il sé e il non sé, per cui hanno spesso la
sensazione di poter essere guidati da forze esterne.
L’isolamento è notevole e la soglia alle frustrazioni è molto bassa, spesso
tendono ad evitare qualsiasi contatto con gli altri, escluso il cerchio familiare,
entro il quale si rinchiudono.
A volte tentano una cura dimagrante, ma si fermano perché spesso sono
spaventati dalle reazioni di rabbia e di malessere da cui sono presi, vivono un
senso di inadeguatezza molto forte, sono convinti di non essere idonei ai
compiti, anche i più semplici, vi è una notevole abulia che è aggravata da una
fuga in un mondo interno di fantasticherie.
Sono soggetti che spesso tendono a scompensarsi e così evidenziare i
sottostanti processi psicopatologici, come succede, a volte, dopo cure
dimagranti.
ALESSITIMIA
Con il termine “ALESSITIMIA”, che letteralmente
significa “emozione senza parola”, si definisce l’incapacità di
identificare e di esprimere verbalmente le emozioni.
Normalmente il termine viene usato per definire
una serie di caratteristiche che includono l’incapacità di
riconoscere e/o elaborare emozioni, l’inibizione della funzione
simbolica e la riduzione della capacità fantasmatica.
Queste
caratteristiche
sembrano
essere
particolarmente presenti nei soggetti affetti da patologie
psicosomatiche, in cui l’espressione fisica diventa la via di
uscita per le situazioni conflittuali.
Pur non essendoci un accordo generale sulla definizione di A.,
essa può essere descritta da alcune principali caratteristiche:
1- una riduzione o una incapacità di sentire le emozioni
2- una difficoltà nell’identificare le emozioni
3- una riduzione o una incapacità di verbalizzare le emozioni4- una scarsa
tendenza a pensare alle proprie emozioni
(Larsen, 2003)
L’obesità viene considerata da numerosi autori come un disturbo
psicosomatico: infatti i soggetti obesi hanno più difficoltà dei soggetti
normali a descrivere e identificare le proprie risposte emozionali quando
vengono sottoposti a una serie di stimoli
H. Bruch afferma che l’esagerata assunzione di cibo sarebbe
dovuta al fatto che l’obeso ha grandi difficoltà nel distinguere tra stimoli
provenienti dall’interno e quelli provenienti dall’esterno, tra realtà e
fantasia, tra pensieri propri e pensieri degli altri.
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
È opportuno cercare di individuare alcune caratteristiche psicologiche e di
comportamento alimentare per capire se uno stile alimentare deve essere
corretto.
PARAMETRI
• Tempo, quantità e qualità dell’assunzione di cibo
• Contesto nel quale il cibo è assunto
• Piacere o sofferenza legata all’assunzione degli alimenti
• Tendenza a perdere o meno il controllo sul cibo
COMPORTAMENTI ALIMENTARI PSICOPATOLOGICI
GRIGNOTTAGE
IPERFAGIA PRANDIALE
ABBUFFATA
IPERFAGIA PRANDIALE
 PIACERE PER IL CIBO
 ASPETTO PREVALENTEMENTE CONVIVIALE
 MANTENIMENTO DEL CONTROLLO SULLE QUANTITA’
 ASSENZA DI MALESSERE PSICOLOGICO
ALL’ASSUNZIONE DEL CIBO STESSO
LEGATO
 RISULTATO DI CONSOLIDATE ABITUDINI FAMILIARI
GRIGNOTTAGE
Mangiucchiare piccole quantità di cibo, soprattutto dolci e
grassi durante buona parte della giornata
Mangiare lentamente e apprezzare ciò che si sta
mangiando
Mangiucchiare in risposta a noia o malesseri vari
Bassa autostima, tratti ansiosi, veri e propri disturbi
d’ansia e dell’umore
ABBUFFATA
Assunzione di cibo caratterizzta da:
- quantità enormi
- assunzione disordinata e caotica
- assunzione automatica e passiva
- bisogno di mangiare inarrestabile e veloce
- mancanza di controllo
- mancanza di piacere
- cessazione per dolore o per la fine del cibo
- sensi di colpa, di angoscia, vergogna
- assunzione di cibo in solitudine
OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE
BINGE EATING DISORDER (BED)
ASPETTO
SOGGETTIVO
ASPETTO
OGGETTIVO
SENSAZIONE
PERDITA
CONTROLLO
QUANTITA’ CIBO
INGERITA
Fairburn e Cooper, 1993
OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE
BINGE EATING DISORDER (BED)
- Caratterizzato dalla frequente comparsa di gravi abbuffate che si
verificano, in media, almeno due volte alla settimana in un arco di tempo di
almeno sei mesi.
- Le crisi di voracità, durante le quali il pz assume grandi quantità di cibo in
poco tempo, non sono seguite da comportamenti mirati a consumare le
calorie a non assorbire i nutrienti, quali il vomito o l’abuso di lassativi e
diuretici.
- In tale disturbo il piacere per il cibo è scomparso e l’unico parametro
considerato è quello quantitativo.
- L’aspetto conviviale è totalmente scomparso ed il cibo risulta essere un
grande problema attorno al quale ruota buona parte dell’esistenza e per
questo viene speso detestato dal soggetto che se ne sente schiavo.
OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE
FAMILIARITA’
PSICHIATRICA
POSITIVA
SOVRAPPESO
ESPOSIZIONE
EVENTI
TRAUMATICI
DIETA RESTRITTIVA
BED
Stice et al., 2002; Tanofsky-Kraff et al., 2004; Tanofsky-Kraff et al., 2006
NIGHT EATING SINDROME
Un altro quadro peculiare associato all’obesità è la NES non
ancora caratterizzata come un quadro sindromico indipendente
e non presente nel DSM.
Già nel 1955 Stunkard e coll. hanno descritto per la prima volta
l’associazione tra abbuffate serali e/o notturne, insonnia e
anoressia mattutina. Tali caratteristiche circadiane si
accompagnano a simili variazioni del tono dell’umore, essendo il
disturbo spesso associato all’Episodio Depressivo Maggiore con
caratteristiche atipiche.
La NES è poco frequente nella popolazione generale (circa
1,5%), mentre nelle casistiche cliniche la prevalenza oscilla tra il
7.9% ed il 43% dei soggetti obesi.
NIGHT EATING SINDROME
Birketvedt e coll. hanno riscontrato, fra le caratteristiche associate a NES,
insonnia iniziale e centrale, elevati livelli di cortisolo e una cronica attivazione
dell’Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, con ridotta risposta dell’ACTH e del
cortisolo al CRH. Questo particolare assetto endocrino può, secondo gli
autori, conseguire da un “esaurimento” delle capacità di risposta dell’asse
HPA per iperattivazione cronica e sarebbe coerente, quindi, con l’idea che la
NES sia una condizione correlata allo stress.
Diversamente dai “binge eaters”, i “night eaters” mangiano, in ogni episodio,
piccole quantità di cibo, in genere carboidrati e il numero di risvegli è di 1.7
per notte.
Le differenze fondamentali tra BED e NES sono, quindi, le dimensioni
dell’abbuffata, il momento in cui questa ha luogo e le caratteristiche di
comorbidità, in quanto la NES è associato più frequentemente al Disturbo
Depressivo Maggiore.
EATING EMOZIONALE
Situazione vissuta da quei soggetti che mescolano le
emozioni con l'assunzione di cibo e usano il cibo per far
fronte alle emozioni che ogni giorno incontrano.
L‘eating emozionale comprende vari stili alimentari e le
diverse motivazioni ed emozioni che accompagnano la
necessità di usare il cibo, spesso in grande quantità, con il fine
ultimo di affrontare situazioni di noia, di ansia, di rabbia o di
depressione.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI ANSIOSI
Il legame tra ansia e alimentazione è da tempo
riconosciuto.
Esso
è
frequentemente
sperimentato
quando si verifica un senso di apprensione o di
preoccupazione per un evento futuro che sarà spiacevole
o pericoloso.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI ANNOIATI
La noia è fortemente associata all’eating emozionale ed è forse la più
comune forma di mediazione emozionale nell’alimentazione. A volte il
cibo, per alcuni pazienti, può essere l’unica motivazione legittima per
interrompere un’attività noiosa. E’ molto frequente nelle casalinghe che
si ritrovano a non sapere cosa fare, perciò iniziano a cucinare e a
mangiare.
Poiché la noia non è associata a sintomi evidenti, talora può essere
difficile da identificare. Può essere utile, perciò, analizzare, insieme al
paziente, la registrazione del cibo consumato e verificare se i momenti
della giornata, in cui più frequentemente perde il controllo, si associano
a situazioni in cui egli non aveva niente di stimolante da fare.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI TRISTI
Una delle più comuni immagini che tutti hanno di un individuo affetto
da eating emozionale è quella di cercare di sconfiggere la tristezza
mangiando. La tristezza deve essere tenuta ben distinta dalla
depressione. In entrambi i casi c’è un’esperienza di perdita, ma
mentre la tristezza può essere considerata una risposta fisiologica
dell’organismo, la depressione no. La tristezza, infatti, può essere
una reazione desiderata che deriva da una realistica analisi di un
evento spiacevole di perdita o di delusione.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI SOLI
La solitudine è spesso associata all’eating emozionale
perché il cibo è usato come sostituto di qualcosa che
manca.
Tuttavia l’aumento di peso conseguente non fa altro che
accrescere le difficoltà di instaurare un’adeguata
relazione con gli altri. Nella definizione di solitudine si
contemplano sia la mancanza di contatto con gli altri che
contatti presenti ma superficiali.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI ARRABBIATI
E’ ampiamente dimostrato che in molte persone la rabbia, sotto forma di
risentimento, amarezza, gelosia, indignazione e frustrazione, è associata
all’Eating emozionale e al mangiare in eccesso. Assai spesso questi
sentimenti derivano dal fatto che non si riesce ad ottenere quello che si
desidera. Ci sono molti modi per scaricarla, tra i quali il mangiare è uno dei
più frequenti: numerosi studi hanno infatti evidenziato che esiste una
relazione molto stretta tra alimentazione in eccesso e rabbia repressa,
definibile come un sentimento vissuto ma non espresso manifestamente. Il
mangiare può essere per molte persone un modo per far fronte alla rabbia
che non sono in grado di esprimere apertamente.
EATING EMOZIONALE
MANGIATORI CELEBRATIVI
Sono quei soggetti che trovano impossibile gioire di qualcosa di positivo e
di importante senza abusare con il cibo. Il mangiare nella nostra cultura
gioca un ruolo primario in quasi tutte le relazioni sociali, perciò chi
abitualmente usa il cibo per rendere la propria vita sociale felice trova
molta difficoltà nel prendere parte ad un evento senza mangiare o bere in
eccesso.
Altri AA. hanno trovato altre tipologie di modelli alimentari:
1 – Emotional eating ( mangiare per gestire i sentimenti )
2 – Fresh food,fast food ( cibi precotti,ad alto contenuto calorico;
pochi alimenti freschi )
3 – Task snacking ( mangiare mentre si fanno altre cose )
4 – Sensory,spiritual nourishment ( insaporire al cibo con significati )
5 – Eating atmosphere (l’estetica e l’ambiente del pasto )
6 – Social fare ( mangiare da soli vs mangiare in compagnia)
Per concludere che.
SONO AUSPICABILI ALTRE RICERCHE PER VALUTARE IN CHE MISURA
PRATICARE E IMPLEMENTARE QUESTI “EATING STYLES” POSSONO
INTERAGIRE CON IL SOVRAPPESO E L’OBESITA’
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