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Diapositiva 1 - Mondadori Education

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Diapositiva 1 - Mondadori Education
La crisi del III secolo
Il tracollo dell’economia
Il III secolo segnò uno spartiacque nella storia antica: si delineò una situazione
di crisi e di instabilità che portò a profondi cambiamenti politici e sociali
Le ripetute invasioni di popolazioni germaniche e
orientali e la crescente insicurezza fecero
declinare il commercio
Le pesanti imposizioni fiscali e la continua
svalutazione della moneta determinarono una
gravissima inflazione
“Tondo Severiano”, pittura su
tavola raffigurante Settimio Severo
con la moglie e i figli (III sec.)
Molti contadini si videro costretti ad
abbandonare i propri campi per asservirsi ai
grandi latifondisti, causando un’ulteriore
decrescita del settore agricolo
La successione di Commodo
Con l’assassinio di Commodo, nel 192, si aprì una fase di profonda
instabilità politica
Venne proclamato imperatore il prefetto di Roma Elvio
Pertinace, che fu assassinato dopo solo due mesi
I pretoriani misero all’asta il titolo di imperatore: lo
ottenne l’anziano senatore Didio Giuliano
In varie province dell’Impero gli eserciti si
ammutinarono e proclamarono imperatori i loro generali
Alla fine prevalse il comandante delle truppe danubiane,
Settimio Severo, che nel 193 eliminò i rivali e occupò Roma
Commodo raffigurato
come Ercole (190 ca.)
Settimio Severo
Settimio Severo (193-211), di origine provinciale, impose un governo
autoritario basato sull’esercito, che fu favorito con donativi e privilegi
Allo scopo di ampliare la sua base di consenso e
ridurre il peso della classe senatoria, favorì le
province a scapito dell’Italia
Difese con efficacia i confini settentrionali
dell’Impero e sconfisse i Parti a oriente
Per far fronte all’aumento delle spese, dimezzò la
quantità di argento presente nelle monete in
modo da poterne emettere in maggiore quantità,
generando una forte inflazione
Arco di Settimio Severo a
Leptis Magna, Libia (III sec.)
I Severi: Caracalla
Per garantire la successione, Settimio Severo associò al governo i figli Geta e
Caracalla: dopo la morte del padre, Caracalla fece assassinare Geta e ottenne il
titolo imperiale (211-217)
Nel 212 promulgò la Constitutio Antoniana, che
concedeva la cittadinanza romana a tutti gli
abitanti dell’Impero di condizione libera
Caracalla (212 ca.)
L’editto di Caracalla ratificava il processo
storico di integrazione dei popoli che
facevano parte dell’Impero e poneva tutti
nelle stesse condizioni davanti al fisco,
per garantire allo Stato maggiori introiti
I Severi: Eliogabalo
Caracalla fu assassinato nel 217 dal prefetto del pretorio Macrino, che gli
succedette per pochi mesi alla guida dell’Impero
Nel 218 divenne imperatore un altro membro
della dinastia Severa, il quattordicenne Marco
Aurelio Antonino, detto Eliogabalo dal nome
della divinità solare di cui era sacerdote
Eliogabalo (III sec.)
Il potere effettivo era gestito dalle
donne della famiglia imperiale (Giulia
Mesa, Giulia Soemia e Giulia Mamea)
Eliogabalo assunse atteggiamenti tipici della regalità orientale,
alienandosi il Senato e l’esercito: nel 222 fu assassinato e condannato
alla damnatio memoriae («condanna della memoria»)
I Severi: Alessandro Severo
Alla morte di Eliogabalo, sua nonna Giulia Mesa impose il nipote Alessandro
Severo (222-235), di soli tredici anni, che cercò di governare in sintonia con il
Senato
Sotto il principato di Alessandro Severo si conservò il
clima di sincretismo orientaleggiante: nel suo sacrario,
l’imperatore venerava i busti di mistici e sapienti di ogni
epoca, tra i quali Apollonio di Tiana e Gesù di Nazareth
Giulia Mesa (218-224)
Perseguendo una politica filosenatoria, Alessandro
Severo si alienò l’appoggio del ceto militare: fu assassinato
nel 235, durante una campagna contro i Germani
L’esercito proclamò imperatore un semplice
centurione, Massimino il Trace (235-238), il
primo imperatore di origine plebea
L’anarchia militare
Il breve regno di Massimino segnò il trionfo dell’esercito e fu speso
soprattutto in estenuanti campagne militari a difesa dei confini settentrionali.
Massimino fu deposto e ucciso nel 238 in seguito a una congiura del Senato
Tra il 238 e il 285 il potere imperiale passò tra
le mani di ventuno imperatori, quasi tutti
assassinati: questo cinquantennio di gravissima
crisi è stato chiamato “anarchia militare”
perché i vari reparti dell’esercito proclamavano
imperatore il proprio comandante
Massimino il Trace (III sec.)
In questa fase storica i due poteri
fondamentali dello Stato, il Senato
e l’esercito, non riuscirono a
trovare un equilibrio
La minaccia dei Germani
Oltre all’instabilità interna, gli imperatori del III secolo dovettero affrontare
la crescente pressione militare sui confini settentrionali e orientali
Alle frontiere del Reno e del Danubio
premevano grandi masse di Germani, in
primo luogo di Goti, a loro volta spinte
dalle migrazioni di altre popolazioni
dell’Europa centrale
Battaglia tra Romani e Goti raffigurata
sul sarcofago Ludovisi (III sec.)
Mancando uomini in numero sufficiente a difendere i confini, l’Impero fu costretto a
ricorrere a soldati mercenari, soprattutto germanici, e all’arruolamento forzato
Per difendere Roma dalle invasioni che la minacciavano, nel 271 Aureliano fece
costruire una nuova cinta muraria, le cosiddette mura aureliane
La pressione sui confini orientali
Nel 224 il Regno dei Parti subì un profondo rivolgimento interno che portò al
potere la dinastia dei Sasanidi, i quali si dichiaravano discendenti degli antichi
sovrani persiani e miravano a ripristinarne l’Impero
I Parti costituirono da allora una minaccia
continua per la stabilità delle province orientali
Disponevano di un tipo di cavalleria
che li rendeva particolarmente temibili,
i catafratti (cavalieri corazzati)
Un trattato di pace con i Parti venne siglato
da Filippo l’Arabo (244-249), acclamato
in seguito imperatore dalle truppe
stanziate a difesa dei confini orientali
A sud, le province africane
subivano le scorrerie continue
delle popolazioni berbere
Decio, Valeriano e Gallieno
A Filippo l’Arabo, assassinato in una rivolta militare, subentrò Decio (249-251)
Richiamandosi alla tradizione degli imperatori adottivi,
cercò il consenso del Senato
Cercò di restaurare la religione romana promuovendo
una sistematica persecuzione dei cristiani
Nel 253 salì al trono Valeriano (253-260)
Attuò una divisione amministrativa dell’Impero,
affidando al figlio Gallieno il governo dell’occidente
Effigie di Valeriano su un aureus (III sec.)
Nel 261 salì al trono Gallieno (261-268)
Sancì la divisione tra carriere civile e militare, escludendo i
senatori dal comando delle formazioni militari
La crisi dell’unità dell’Impero
Durante i regni di Valeriano e Gallieno, alcune regioni dell’Impero si resero
indipendenti, talora con il beneplacito dello stesso governo centrale
In occidente (nelle Gallie, in Spagna e in
Britannia) si costituì l’Impero delle Gallie,
dove le legioni proclamarono imperatore
Postumo (260-269), che riuscì a fermare
la penetrazione dei Germani
In oriente il principe siriaco Odenato
organizzò la resistenza contro i Sasanidi
intorno alla città di Palmira (265)
Alla sua morte, il potere passò alla moglie
Zenobia, che estese il Regno di Palmira
dall’Egitto all’Eufrate
La ricostituzione dell’Impero
L’Impero ritrovò l’unità e un nuovo vigore grazie a due comandanti di origine
illirica: Claudio II (268-270) e Aureliano (270-275)
Sconfisse i Goti presso
Naisso, nell’odierna Serbia
Pose fine ai regni autonomi
delle Gallie e di Palmira
L’Impero venne riunificato e la frontiera
settentrionale fu riportata sul Reno e sul Danubio
Claudio II o Aureliano
(III sec.)
Aureliano cadde vittima di una congiura nel 275: dopo una serie di figure minori, il
potere giunse nel 284 a Diocleziano, artefice di una profonda riorganizzazione
politico-amministrativa dell’Impero
La crisi agricola del III secolo
Le distruzioni provocate da incursioni straniere, guerre civili e brigantaggio
ebbero come conseguenza una notevole diminuzione della produzione
agricola e un aumento della pressione fiscale
Le ragioni della crisi erano anche
sociali e culturali, e riguardavano
la divisione sempre più profonda
tra spazio urbano e spazio rurale
La coltivazione dei campi, mosaico a Cesarea Marittima (III sec.)
Le campagne sostenevano il peso economico e sociale delle città con
la tassazione e la leva militare, ma non ne condividevano i benefici
La situazione era aggravata dal sistema del colonato, che
vincolava i contadini-servi al fondo su cui lavoravano
La svalutazione della moneta
La crisi fu aggravata da una pesante e progressiva svalutazione della moneta:
l’inflazione che ne seguì colpì soprattutto i beni alimentari
Nel III secolo vennero coniate soprattutto monete
di rame o con ridottissime quantità di argento
Chi possedeva monete con alte percentuali di
metalli preziosi preferiva tenerle nascoste
Monete romane ritrovate in Inghilterra (253-293)
Molte aree dell’Impero tornarono al
baratto, ossia a un’economia
premonetaria fondata sullo scambio
In queste condizioni, anche
l’artigianato e il commercio
subirono una forte contrazione
La decadenza dell’Impero
A partire dall’inglese Edward Gibbon (1737-1794), il periodo storico che ha
avuto inizio con il III secolo è stato a lungo definito un’epoca di decadenza
Secondo le correnti storiografiche più
recenti, il problema non è da porsi in
termini di decadenza o di imbarbarimento
Il declino dell’Impero
T. Couture, I Romani della decadenza (1847)
coincise con l’ascesa di nuove entità politiche, come i regni
barbarici e la Chiesa cristiana
fu accelerato da cause economico-sociali: la debolezza e il
malgoverno del potere politico, lo stato continuo di guerra civile,
lo spopolamento delle campagne, l’eccessiva spesa pubblica
La legalità
Il principio di legalità è una conquista del mondo moderno: tutti gli organi dello
Stato sono tenuti ad agire secondo la legge
Nel mondo antico e nel diritto romano non esisteva un
principio simile, come dimostra la crisi del III secolo: il
potere pubblico non sottostava ad alcuna norma legale,
bensì all’arbitrio dei singoli o dell’esercito
Solo nel XIX secolo si è affermato il principio dello Stato
di diritto, secondo il quale i sudditi di un regno devono
diventare cittadini di uno Stato e titolari della sovranità
J.-J. Feuchère, La legge (1854)
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