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Monumento dei Quattro mori Il monumento dei Quattro
Monumento dei Quattro mori Il monumento dei Quattro mori è un celebre gruppo scultoreo che si innalza in piazza Micheli, a Livorno. Storia Sul finire del XVI secolo, per volontà di Francesco I de' Medici furono avviati i primi lavori per la realizzazione della nuova città fortificata di Livorno, secondo il progetto dell'architetto Bernardo Buontalenti; tuttavia fu Ferdinando I, salito al potere nel 1587, a dare maggior impulso al colossale cantiere, tanto da essere considerato il vero fondatore della città. Per celebrare questa impresa ed i trionfi riportati contro i pirati barbareschi dall'Ordine dei cavalieri di Santo Stefano, Ferdinando fece erigere un monumento in suo onore. La statua del granduca fu commissionata allo scultore Giovanni Bandini, che la realizzò a Carrara a partire dal 1595, per essere quindi trasportata per mare a Livorno nel 1601. Tuttavia l'imponente monumento restò ai margini della piazza della darsena per ben 16 anni, fino al 1617, quando fu innalzato su un piedistallo alla presenza di Cosimo II de' Medici, succeduto al padre Ferdinando nel 1609. Successivamente, nel 1621 fu dato incarico a Pietro Tacca di completare l'opera di Bandini con l'aggiunta, alla base del piedistallo, di quattro mori incatenati, che lo scultore portò a termine in più riprese, tra il 1623 ed il 1626. Un allievo del Tacca, Taddeo di Michele, eseguì un gruppo di trofei barbareschi che furono collocati intorno alla statua di Ferdinando: il monumento avrebbe dovuto essere completato da due fontane con mostri marini, realizzate dal Tacca intorno agli anni trenta del Seicento, che però non giunsero mai a Livorno, ma furono poste in piazza della Santissima Annunziata a Firenze. Il monumento dei Quattro Mori rischiò tuttavia di essere distrutto durante l'invasione francese di Livorno, nel marzo del 1799; l'esercito transalpino, apparentemente animato da ideali di libertà e uguaglianza sociale, vedeva nei mori incatenati un simbolo di oppressione e tirannide. Ciò nonostante l'opera riuscì ad essere salvata, ma i soldati francesi la depredarono dei trofei barbareschi. Nell'Ottocento, tramontata l'ipotesi di trasferire il gruppo scultoreo in piazza Grande, il monumento fu solamente arretrato al centro della piazza antistante la darsena del porto. Un'altra proposta per il suo trasferimento si registra negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, quando viene avanzata l'idea di collocarlo al centro della piazza delle adunate che sarebbe dovuta sorgere attorno al nuovo Palazzo del Governo. Lo scoppio della guerra portò alla sospensione di ogni piano, mentre, per salvare il monumento dai bombardamenti, fu deciso di trasferire la statua di Ferdinando nella Certosa di Calci, mentre i Quattro mori furono dapprima sistemati al Cisternino di Pian di Rota e successivamente nella Villa medicea di Poggio a Caiano. Nel giugno 1950, a seguito di accurati restauri, le opere tornarono a Livorno e furono ricollocate al loro posto, ai margini di una città ancora devastata dai bombardamenti. L'opera Il monumento si erge davanti alla piccola darsena che il granduca Ferdinando I de' Medici fece scavare sul finire del Cinquecento per ampliare il porto di Livorno; il gruppo scultoreo, posto nei pressi della possente cinta muraria, avrebbe così attestato l'autorità granducale agli occhi dei numerosi viaggiatori che avrebbero fatto scalo a Livorno. L'opera è costituita dai Quattro mori in bronzo incatenati alla base di un alto piedistallo, sopra il quale si innalza la statua del medesimo Ferdinando I. Il granduca è rappresentato con l'uniforme dell'Ordine dei cavalieri di Santo Stefano, l'istituzione militare fondata da Cosimo I de' Medici per combattere gli ottomani e la pirateria nel Mar Mediterraneo. I Quattro mori costituiscono comunque la parte più rilevante dell'opera: le accentuate torsioni e le smorfie di dolore ben rappresentano la condizione di prigionia dei soggetti, che si sublima in un insieme di grande realismo ed eleganza. Infatti Pietro Tacca prese a modello alcuni mori segregati nel Bagno dei forzati, la vasta prigione ubicata a breve distanza dalla Fortezza Vecchia. I modelli furono scelti per rappresentare le quattro età della vita dell'uomo e sono di diversa etnìa, tutti con espressione di sommesso dolore psicologico e rassegnazione. I primi due posti sul fronte del complesso monumentale rappresentano un uomo vigoroso, il più giovane degli altri, conosciuto col nome di Morgiano e forse di origine greca o ionica con lo sguardo rivolto verso il cielo. Gli fa coppia sull'angolo destro il vecchio corsaro, tradizionalmente conosciuto come Alì Melioco, forse di origine turca. La profonda attenzione ai particolari anatomici manifesta l'età avanzata del suo corpo muscoloso e possente, evidenziata in particolare dalle rughe che gli solcano il viso. La coppia di statue posteriori fu posta alla basa del monumento solo successivamente. Il primo corsaro, di etnia probabilmente nordafricana e conosciuto da alcuni col nome di Alì Salettino (forse dalla città di Salè), rappresenta la vigorìa dell'età matura, ancora con un fisico possente ed energico. Infine il quarto è di chiara origine africana. Pietro Tacca Pietro Tacca (Carrara, 6 settembre 1577 – Firenze, 1640) è stato uno scultore italiano, il maggior rappresentante in Toscana del gusto barocco. Biografia A soli quindici anni entrò nella bottega del Giambologna (1592), lo scultore più importante dell'epoca a Firenze, del quale divenne il primo aiutante dopo la partenza di Pietro Francavilla per Parigi nel 1601. Alla morte del maestro (1608), ebbe in usufrutto lo studio e l'abitazione in borgo Pinti e solo un anno dopo prese il suo posto come scultore granducale. Dopo aver portato terminato alcuni lavori incompiuti del maestro, come la statua equestre a Ferdinando I de' Medici per piazza Santissima Annunziata, quello al re di Francia Enrico IV, inviato a Parigi e distrutto durante la rivoluzione nel 1793, e quello a Filippo III di Spagna, oggi ancora collocato nella plaza Mayor di Madrid (1616). Tra il 1623 e il 1626 eseguì quello che viene considerato il suo capolavoro, i Quattro mori incatenati alla base del monumento a Ferdinando I de' Medici nella piazzetta della darsena a Livorno. Le statue rappresentano i pirati saraceni fatti prigionieri dall'Ordine di Santo Stefano, creato dal padre di Ferdinando, Cosimo I. Si dice che lo scultore avesse scelto come modelli alcuni schiavi prigionieri delle galere che attraccavano nel vicino porto di Livorno. Le due fontane in bronzo (1629) che oggi decorano superbamente piazza Santissima Annunziata a Firenze erano in origine anch'esse destinate a Livorno: sono caratterizzate da un disegno estremamente movimentato e ricco di dettagli fantasiosi a tema marino, che iniziano a segnare il passaggio dallo stile manierista a quello barocco. Due copie di queste fontane sono oggi in Piazza Colonnella a Livorno Sempre per Firenze, copiando un marmo ellenistico oggi conservato agli Uffizi, realizzò la celebre Fontana del Porcellino (1630) che andò a decorare la recentemente costruita Loggia del Mercato Nuovo. La scultura è attualmente sostituita da una copia. Tra il 1626 e il 1642 realizzò le statue dei granduchi Ferdinando I e Cosimo II per i rispettivi cenotafi nelle Cappelle Medicee. Ormai famosissimo per le sue opere in bronzo, realizzò numerosi bronzetti e una serie di Crocifissi per varie chiese, ai quali collaborò anche il figlio Ferdinando, anch'egli votato alla carriera di scultore. La sua ultima e travagliata impresa fu il grandioso monumento equestre a Filippo IV di Spagna, al quale lavorò dal 1634 fino alla morte nel 1640. Questo monumento è la prima statua equestre con il cavallo impennato sulle zampe posteriori: a prescindere dal vivido modellato e la fiera posizione del sovrano con in mano il bastone del comando, colpisce l'incredibile risultato statico, che nessuno scultore aveva mai tentato fino ad allora. Morì nel 1640, poco dopo che la statua di Filippo IV (dall'Ottocento in plaza de Oriente) era stata imbarcata per Madrid, e fu sepolto nella basilica della Santissima Annunziata.