Comments
Description
Transcript
Eppi,buongiorno!
Poste Italiane S.p.A. –– Spedizione in abbonamento postale –70% - Aut.MBPA/C/RM/04/2015 p Ap ! l’ um i a ic f ic a r pi d Sc i O POLITICA ECONOMIA WELFARE STORIE DI NOI Jobs Act per gli autonomi: ecco le misure che propone il Governo Renzi A Parigi si fanno i conti di quanto ci costa combattere il global warming Il contributo integrativo non è intoccabile: si può riversare sui montanti Per ricostruire le chiese distrutte dal terremoto all’Aquila arriva un siciliano Eppi, buongiorno! TUTTO MENO CHE UN CALL CENTER: se chiamate la Cassa vi risponde un consulente esperto di previdenza per costruire insieme certezze per il vostro futuro Gennaio-Febbraio ANNO 7, N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 20161 La rivista dei periti industriali 2 Gennaio-Febbraio Sommario 2-3Editoriali POLITICA 4 Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti Stanno lavorando per noi? 40 Che cosa sanno i periti industriali di se stessi Anatomia di una professione Se lo Stato ci imita El hombre vertical Un ragionamento vincente 24 Opificium risponde Quando un dipendente della PA può progettare 64 Lettere al direttore Alziamo quell’asticella! ECONOMIA 16Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi 500 miliardi di $ sul verde 52 Un censimento sulla libera iniziativa in Italia Laboratorio startup 27DOSSIER: EPPI, BUONGIORNO! 28 Consulenza in tempo reale 32 Al servizio degli iscritti WELFARE 10L’integrativo 2012 e 2013 è vostro Una partita è vinta STORIE DI NOI 46 All'Aquila dopo il terremoto L'alba della ricostruzione TECNICA 58 Come difendere la città dal global warming Contro lo squagliamento Professione & previdenza Direttore responsabile Giampiero Giovannetti Redazione Sergio Molinari (coordinatore), Gianni Scozzai (vice coordinatore), Andrea Breschi, Ester Dini, Ugo Merlo, Noemi Giulianella, Benedetta Pacelli, Andrea Prampolini, Massimo Soldati, Giorgio Viazzi Progetto grafico Alessandra Parolini Editori Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati – Via di San Basilio, 72 00187 Roma Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati – Via G. B. Morgagni 30/E – 00161 Roma Segreteria di redazione Raffaella Trogu tel. 06.42.00.84.14 fax 06.42.00.84.44 mail [email protected] Immagini Fotolia, Imagoeconomica Scarica l’App gratuita di Opificium da App store per IOS e da Google Play Store per Android Concessionaria di pubblicità Agicom srl Via Flaminia 20 - 00060 Castelnuovo di Porto (RM) tel. 069078285 fax 069079256 mail [email protected] skype agicom.advertising www.agicom.it CNPI, Consiglio Nazionale Giampiero Giovannetti (presidente), Giovanni Esposito (consigliere segretario), Claudia Bertaggia, Renato D'Agostin, Angelo Dell'Osso, Giuseppe Jogna, Sergio Molinari, Antonio Perra, Andrea Prampolini (consiglieri) Eppi, Consiglio d’Amministrazione Valerio Bignami (presidente), Paolo Bernasconi (vice presidente), Paolo Armato, Mario Giordano, Gianni Scozzai (consiglieri) Tipografia Postel SpA Via Campobello, 31 00040 Pomezia (RM) Chiuso in redazione il 12 febbraio 2016 Anno 7, n. 1 Registrazione Tribunale di Roma n. 60/2010 del 24 febbraio 2010 Editoriali Se lo Stato ci imita Un Ddl del Governo si occupa (finalmente!) di misure a favore del lavoro autonomo, ma al capitolo welfare noi siamo un passo avanti È un numero facile da ricordare: 2222. Ma che problema c’è stato fino ad ora perché i rappresentanti politici si dimostrassero così smemorati da non riuscire a tenere a mente quattro volte due? Probabilmente quello di un Paese legale incatenato negli ultimi quarant’anni a una politica del lavoro che considerava come suoi interlocutori solo Confindustria e sindacati (ricordate le liturgie della concertazione?). Così è finito nel dimenticatoio quel numero e insieme a quel numero buona parte dell’Italia che lavora. Perché, se andate a prendere il Codice civile, 2222 è il numero dell’articolo che definisce anche il nostro lavoro oltre che quello di milioni di partite Iva: «Colui che si obbliga a compiere, a prezzo di un corrispettivo, un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di un committente». Ora, su quel numero si è soffermato, meglio tardi che mai, il governo Renzi (ne parliamo nell’articolo a pag. 4) che ha predisposto un disegno di legge per tutelare il lavoro autonomo. E non si tratta della tutela di una minoranza, ma di una quota consistente (quasi il 24%) dei lavoratori 2 del nostro Paese. Che fino ad oggi hanno potuto contare soprattutto solo su se stessi, senza quel minimo di protezione sociale che un paese civile dovrebbe assicurare a tutti coloro che concorrono con il proprio lavoro a generare ricchezza per il benessere collettivo. Noi periti industriali, nel nostro piccolo, abbiamo cominciato a fare vent’anni fa quello che lo Stato prova a fare soltanto ora (e non è detto che ci riesca). Eravamo consapevoli dei limiti di un modello sociale caratterizzato da una sperequazione a favore del lavoro dipendente e abbiamo così, dopo una lunga battaglia, provveduto a dare vita al nostro Ente di previdenza, percorrendo una strada simile ma forse più sicura di quella che già altre professioni ordinistiche avevano scelto (non abbiamo dovuto pagare per le illusioni generate dal metodo retributivo). E oggi, siamo in grado di offrire ai nostri iscritti buona parte di quel che lo Stato promette ai lavoratori autonomi, poiché nella nostra pur breve vita non ci siamo limitati all’aspetto previdenziale. Così è nato e ha preso via via forma un modello di welfare che intende accompagnare la persona e la sua famiglia durante l’intero arco della sua vita professionale, assicurando almeno una parziale copertura per ogni evenienza. ◘ Gennaio-Febbraio M El hombre vertical aurizio Paissan, vice presidente del Cnpi, collega e amico, è scomparso dopo una grave malattia. Ricordarlo sulla rivista di cui si è preso cura con passione e intelligenza è molto più di un dovere, perché in questo momento ci guida solo il senso di gratitudine per aver percorso, noi del comitato di redazione, un tratto di strada assieme. Non era un tipo facile. Spigoloso, con idee forti e radicate, alieno ai compromessi. Ma formidabile nel gioco di squadra e nel difendere «Opificium» da ogni tentativo di invasione di campo. La sua parola era una e mai l’avrebbe tradita. Non è cosa da tutti. Per noi la tentazione della scorciatoia, un passaggio incoerente e infedele, un distogliere lo sguardo dal nostro dovere, sono fatti quotidiani con i quali misuriamo la nostra capacità di correggerci e di andare avanti – un po’ col rimorso, un po’ col pentimento. Lo sanno bene anche i Vangeli di che pasta siamo fatti, se ci ricordano che l’uomo incaricato di dare vita alla Chiesa cristiana tradì il suo Maestro. Ma non era questa la pasta di Maurizio. Per lui non c’era la possibilità di trucchi nella vita, le cose in cui credeva le portava avanti con piena dedizione, ma al tempo stesso, per piegare a suo favore le sorti della battaglia, mai venne meno a un’etica dell’assoluto rispetto per il suo prossimo. In spagnolo c’è un modo di dire per descrivere persone così rare: è il titolo che abbiamo dato al nostro commiato da chi ci ha reso meno orizzontali. ◘ È un periodo di buone notizie per noi (correte subito a leggere a pag. 10). Il Tar del Lazio si è di recente pronunciato contro il provvedimento del Ministero del lavoro che subordinava l’aumento del contributo integrativo a condizione che rimanesse invariato all’attuale 2% nei confronti della Pubblica amministrazione. Nel ricorso presentato dall’Epap (con intervento ad adiuvandum dell’Eppi) un’argomentazione sottile ma estremamente efficace ha rivelato la contraddizione insita nel ragionamento ministeriale. Nell’autorizzare con la legge 133/11 l’aumento dell’aliquota integrativa dal 2% a un massimo del 5% il legislatore si era preoccupato di inserire una clausola di salvaguardia così formulata «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti medesimi». Secondo il Ministero tanto bastava per rendere impraticabile l’aumento per chi aveva come cliente lo Stato. Ma il ragionamento del ricorrente ha fatto notare come tale restrizione possa pregiudicare l’equilibrio economico della Cassa causando per i professionisti iscritti all’ente previdenziale la privazione del trattamento economico spettante. Ciò comporterebbe, in conseguenza di un eventuale dissesto economico della gestione previdenziale di riferimento, il diritto alla pensione sociale dell’Inps. E quindi – così si chiude il cerchio del ragionamento – con «nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica». Insomma, chi di spada ferisce di spada perisce. ◘ Gennaio-Febbraio Un ragionamento vincente 3 Politica Stanno lavorando per noi? Di Benedetta Pacelli C on questo articolo vogliamo darvi conto di qualcosa che è successo ed è già in vigore (legge di Stabilità) e di qualcosa che comincia tra poco il suo viaggio parlamentare ma che è destinata a cambiare la vita del professionista (il Jobs Act parte seconda): il primo provvedimento riguarda l’accesso ai fondi europei, l'obbligo del Pos sotto i 30 euro, il regime dei minimi, il super ammortamento; il secondo è un disegno di legge approvato nell'ultimo Consiglio dei ministri di gennaio che si candida a diventare il primo testo normativo dedicato ai rapporti di lavoro differenti da quello subordinato e di contratti Cococo. «Se passiamo in rassegna le singole misure introdotte dalla legge di stabilità 2016 e poi al collegato sul lavoro autonomo» dice il presidente del Cnpi Giampiero Giovannetti, «dobbiamo rilevare che determinate disposizioni legislative vanno nella direzione di favorire una ripresa economica e occupazionale del comparto professionale. 4 Certo, forse in alcuni casi è indubbio che si tratta di misure a scadenza e che i nodi verranno al pettine a distanza di qualche anno, ma rappresentano anche un punto di partenza per rimettere in moto un settore, quello professionale, che negli ultimi anni ha vissuto un progressivo impoverimento sia in termini reddituali, che di tutele». Le novità volute dal Governo Renzi Una di queste è la modifica al regime forfettario o dei minimi, che era stato delineato con la manovra del 2015. In questo senso per il presidente del Cnpi la novità più importante riguarda l’innalzamento della soglia di reddito che ne determina l’ingresso, portata da 15 mila a 30 mila euro. Secondo la norma restano comunque invariati sia l’imposta sostitutiva al 15% che il coefficiente di redditività del 78% impiegato per il calcolo dell’imponibile. I professionisti possono farne parte se nell’anno precedente hanno conseguito ricavi per un importo non superiore al limite di 30 mila euro. Gennaio-Febbraio Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti Governo e Parlamento si interessano di lavoro autonomo. Spiegazione, interpretazione e giudizio sul più importante documento legislativo per il 2016 e sui suoi effetti sulla vita dei nostri colleghi. E in più un’anticipazione su quello che dobbiamo attenderci dal disegno di legge che dovrebbe cambiare il quadro di riferimento delle partite IVA: qualche garanzia in più e molte buone intenzioni. Ma il punto è che nessuno parla più di riduzione delle tasse La spesa in un anno per dipendenti e collaboratori non può superare i 5 mila euro lordi. Per entrare nel regime (e rimanerci), inoltre, bisogna non oltrepassare la soglia relativa all’acquisto di beni strumentali, fissata in 20 mila euro in un anno (non rientrano nel computo i beni immobili utilizzati per la professione). Per stimolare gli investimenti Imprese e professionisti che investono in beni strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 fino al 31 dicembre 2016 potranno portare in ammortamento, in un solo anno, un valore maggiorato del 40%. Ciò significa che, oltre all'ammortamento immediato il primo anno, avranno anche una deduzione fiscale extra del 40%. Nell’agevolazione sono inclusi mobili, computer, macchine da cantiere e auto aziendali, ma non gli immobili (ad esempio studi e capannoni) e software applicativi. L'agevolazione non produrrà effetti ai fini dei calcoli per gli studi di settore. La Stabilità prevede poi l’aumento degli importi deducibili dall’Irap per Snc, Gennaio-Febbraio Sas, imprenditori individuali, artisti e professionisti, mentre vengono introdotte invece esenzioni per coloro che operano nel settore agricolo, nella piccola pesca e nella silvicoltura. Rimandata infine al 2017 la riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24%. «L’aumento della deducibilità Irap e il super ammortamento per gli investimenti in beni strumentali» ha commentato Giovannetti, «si possono configurare come interventi tesi a stimolare la crescita, anche economica, degli studi, e vanno viste con favore». Per esasperare i controlli fiscali Una delle norme che ha fatto più discutere è l'estensione dell’obbligo per i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. «Certo» ha commentato Giovannetti «aspettavamo entro il 1° febbraio il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze che avrebbe dovuto definire le multe per chi non installa il Pos nel proprio studio,► 5 Politica ► i casi in cui sia giustificata l’impossibilità tecnica di installarlo e le nuove commissioni sui pagamenti. Ma del provvedimento non vi è ancora traccia, segnale che conferma come nel nostro Paese la distanza tra dire e fare è una questione ancora irrisolta». Per sperare che l’Europa sia un aiuto Dopo oltre un anno di discussione, la Stabilità ha sancito la definitiva estensione dei Fondi strutturali europei (quelli indiretti cioè) anche ai professionisti. I Piani operativi Por e Pon del Fondo sociale europeo (Fse) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), rientranti nella programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020, quindi d'ora in poi si intendono a disposizione anche dei liberi professionisti, in quanto equiparati alle piccole e medie imprese come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita. Si tratta, per il presidente del Cnpi «di un risultato storico, frutto del lavoro della Rete. Però non consideriamolo più di una vittoria di tappa. Da domani mattina ricomincia la battaglia per assicurare a tutti i liberi professionisti, senza alcuna distinzione, le risorse necessarie per competere ad armi pari sul mercato dei servizi professionali». Di che cosa parlavamo un anno fa 80 euro e dintorni Nella manovra economica 2015 l’azione del Governo si era concentrata su: taglio del cuneo fiscale (costo del lavoro) per imprese (sgravi Irap sulla componente lavoro) e dipendenti (bonus di 80 euro), la possibilità di anticipo del Tfr, assunzioni agevolate con azzeramento per tre anni dei contributi sui nuovi contratti a tempo indeterminato, cambiamenti in materia di Iva. ◘ Per aiutare la crescita Ci sono poi altre novità che interessano indirettamente i professionisti ma che possono andare a impattare sull’attività professionale, visto che prevedono agevolazioni e detrazioni in alcuni settori di attività propri delle professioni tecniche. Una di queste è la proroga fino al 31 dicembre 2016 della detrazione fiscale del 65% per gli interventi di efficientamento energetico e di adeguamento antisismico degli edifici. In tale senso sono detraibili le spese sostenute per interventi sull’involucro dell’edificio che consentano di ottenere una riduzione della trasmittanza termica, comprese schermature solari, la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti più efficienti e i lavori preventivi di adeguamento antisismico degli edifici adibiti a prima casa e ad attività produttive ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità. La detrazione sarà estesa anche all’acquisto, installazione e messa in opera degli impianti. Per i lavori di riqualificazione energetica delle parti comuni dei condomìni, i condòmini incapienti potranno cedere la loro quota di detrazione alle imprese che realizzano gli interventi. Le modalità operative saranno definite in dettaglio dall’Agenzia delle entrate. La seconda proroga riguarda la detrazione 50% sulle ristrutturazioni e Bonus Mobili prorogati al 2016. Confermati il tetto massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità 6 immobiliare e le 10 rate annuali per il rimborso. Sono detraibili le spese per lavori di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, lavori di ristrutturazione edilizia ed eliminazione delle barriere architettoniche. Il Jobs Act degli autonomi Il Consiglio dei ministri dello scorso 29 gennaio ha approvato l'atteso Ddl sul lavoro autonomo, battezzato «Jobs Act Autonomi», che comincia ora il suo iter parlamentare con un pacchetto di norme che riguardano circa 2 milioni di partite Iva e professionisti, compresi i collaboratori coordinati e continuativi. Deducibilità totale delle spese di formazione, maternità e malattia, pagamenti, clausole abusive, infortuni: questi gli ambiti principali entro cui il nuovo provvedimento che si compone di 21 articoli diffonderà i suoi effetti dopo la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale», prevista naturalmente dopo la discussione parlamentare. «È un primo passo verso un settore da troppo tempo penalizzato» ha dichiarato il presidente del Cnpi Giampiero Giovannetti. «Finalmente si avverte un timido segnale di attenzione verso le professioni ordinistiche dopo anni bui e di posizioni contrarie come per esempio quella contenuta nel Ddl concorrenza che punta a sanare la posizione delle società di ingegneria senza equiGennaio-Febbraio Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti UN PAESE DI AUTONOMI 15 20 25 L’Italia (con il 23,2%) è dopo la Grecia la nazione europea con la maggiore quota di lavoratori autonomi sul totale degli occupati pararle in tutto e per tutto alle società tra professionisti. Ma accanto al dato generale ci sono ancora molti nodi da sciogliere». Una delle prime novità è quella legata ai bandi pubblici aperti anche ai professionisti. Il Ddl conferma l’intento della Stabilità di aprire le porte di quei bandi pubblici, fino ad ora riservati esclusivamente alle aziende, anche ai professionisti imponendo alle amministrazioni pubbliche di non circoscrivere la partecipazione, ad esempio, richiedendo l’obbligatoria iscrizione alle Camere di Commercio. «Speriamo» ha aggiunto Giovannetti, «che la norma trovi riscontro nella realtà». Prevista poi una stretta contro le clausole abusive per evitare che la disparità di peso contrattuale tra committente e lavoratore autonomo si traduca in clausole vessatorie a danno di quest’ultimo. Ad esempio, sarà vietata la rescissione senza preavviso Gennaio-Febbraio e unilaterale dei contratti senza un adeguato risarcimento; così come si considererà abusivo il patto che riservi al solo committente la facoltà di modificare le condizioni del contratto; nonché il patto che disponga termini di pagamento superiori ai 60 giorni dalla data di ricevimento da parte del committente della fattura. Tra i nodi da sciogliere aggiunge invece il presidente del Cnpi c’è senz'altro quello della polizza assicurativa contro il ritardo nei pagamenti delle fatture da parte dei clienti. «L’idea che il professionista debba stipulare a proprie spese un’assicurazione per avere certezza dei pagamenti è una norma che ha dell'assurdo e che sembra l’ennesimo favore fatto a qualcuno. Si tratta di un diritto che dovrebbe essere tutelato dallo Stato, non da una nuova assicurazione a spese del creditore. Così come ritengo insensato ► 7 Politica Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti 10 secondi per sapere le 5 cose fondamentali Le norme che ci riguardano nella legge n. 208 del 28 dicembre 2015 ■■ Pos, tutto Pos, nient’altro che Pos – Obbligo ad accettare bancomat e carte di credito anche per importi inferiori a 30 euro ■■ Ammortamenti super – Professionisti che investono in beni strumentali nuovi fino al 31.12.2016 potranno effettuare un ammortamento maggiorato del 40% ■■ Fondi europei anche per noi – Possibilità di accedere ai crediti europei 2014-2020 fino ad ora riservati alle Pmi ■■ Un’agevolazione fiscale per chi comincia – Il regime fiscale ha una nuova soglia di ricavi: 30 mila euro ■■ Irap deducibile – Aumentati gli importi deducibili dall’Irap per Snc, Sas, imprese individuali e professionisti. ◘ ► che il sistema per agevolare la partecipazione ai bandi pubblici debba essere specificato da una norma piuttosto che affrontato in origine, modificando quindi il principio contenuto nel codice degli appalti». Un capitolo a parte, poi, è dedicato alla proprietà intellettuale con la previsione che (salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo retribuita) il lavoratore possa cedere anche a terzi i diritti di utilizzo economico relativo ad apporti originali e a invenzioni fatti nell’esecuzione o nell’adempimento del contratto stesso. Positivo il commento che riguarda la deducibilità integrale delle spese di formazione e le misure su malattia, infortuni e maternità. La norma prevista, invece, sulla detrazione delle spese per la formazione continua, ha sottolineato Giovannetti, «viene incontro alle richieste che come periti industriali e Rete delle professioni tecniche abbiamo avanzato da tempo». Si prevede la detrazione fino a 10 mila euro, delle spese sostenute per l'aggiornamento professionale di corsi di aggiornamento (obbligatori o facoltativi), master, convegni, Fad. Per favorire il lavoro autonomo, il Ddl prevede che presso i centri per l'impiego e gli organismi accreditati (agenzie per il lavoro) sia installato uno sportello dedicato al lavoro autonomo per la raccolta delle offerte e domande di lavoro autonomo, per fornire informazioni a professionisti e impre8 se, per fornire informazioni relative alle procedure per l'avvio di attività autonome e per le eventuali trasformazioni, per l'accesso a commesse e appalti pubblici, nonché sulle opportunità di credito e agevolazioni pubbliche nazionali e locali. Infine, è previsto un pacchetto di interventi significativi su malattia, maternità e congedi parentali. In caso di malattia di gravità tale da impedire lo svolgimento della professione per più di 60 giorni, si prevede la sospensione del versamento degli oneri previdenziali per l'intera durata della malattia fino a un massimo di due anni. Il periodo contributivo comunque non andrà perduto e al termine della malattia, il lavoratore potrà pagare il debito previdenziale relativo al periodo di sospensione in rate mensili nell'arco di un periodo pari a tre volte quello di sospensione. Altra novità riguarda l'indennità di maternità che, con una modifica al Testo unico sulla maternità (il Dlgs n. 151/2001), diventa di diritto erogabile alla lavoratrice, indipendentemente cioè da una effettiva astensione dall'attività di lavoro. In sostanza, basterà una domanda all'Inps per ricevere la liquidazione dell'indennità di maternità. Relativamente al congedo parentale, inoltre, il Ddl eleva (da tre) a sei mesi il periodo di tutela e allunga il periodo di fruizione (da un anno) fino ai tre anni di vita del bambino equiparando di fatto gli autonomi ai lavoratori dipendenti. ◘ Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 9 Una partita 10 Gennaio-Febbraio Welfare L’integrativo 2012 e 2013 è vostro è VINTA Per gli iscritti alla Cassa si profila un avvenire dove il proprio assegno pensionistico potrà avere un rapporto più congruo con il reddito prodotto. Arriva dal Ministero del Lavoro l’autorizzazione a spalmare il contributo integrativo sui montanti previdenziali. È la conferma che il sistema contributivo può funzionare a condizione che l’Ente previdenziale si dimostri più che virtuoso nella gestione economica. È il caso dell’Eppi Di Umberto Taglieri, dirigente dell’Ufficio contributi e prestazioni Eppi È ufficiale. Con una lettera del 14 gennaio scorso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali ha definitivamente approvato le delibere 88 e 89 con le quali l’Ente di previdenza a fine dicembre 2014 chiedeva di destinare – relativamente agli anni 2012 e 2013 – il contributo integrativo (quello a carico del cliente del libero professionista) sui montanti previdenziali dei propri iscritti. Per il presidente dell’Eppi Valerio Bignami è un importante passo in avanti per rendere maggiormente adeguate le pensioni: «Il sistema contributivo fino ad ora era sostenibile solo sotto un profilo “ragionieristico”: i conti tornavano, ma sembravamo condannati a offrire pensioni troppo basse. Oggi, dopo il via libera dei Ministeri vigilanti, possiamo dire che il sistema sta cominciando a essere sostenibile anche sul piano dell’equità nei confronti dei nostri assistiti. ► Gennaio-Febbraio 11 Welfare NON SOLO PREVIDENZA Negli interventi programmati a favore degli iscritti nel triennio 2014-2016 crescono gli stanziamenti per il welfare 2014 2015 2016 Contributo integrativo 23.910 30.000 30.000 Risultato della gestione finanziaria 22.182 23.790 22.821 Spesa per la gestione dell’Ente -6.803 -6.625 -7.197 39.289 47.165 45.624 1.581 3.150 6.154 Destinazione del contributo integrativo a favore delle pensioni 23.910 30.000 30.000 Totale interventi 25.491 33.150 36.154 65% 70% 79% 100% 100% 100% Totale risorse disponibili INTERVENTI Welfare socio-sanitario Percentuale di destinazione delle risorse disponibili Percentuale di destinazione del contributo integrativo a favore delle pensioni Dati: Valori espressi in migliaia di euro Un’altra strada per aumentare le pensioni Non si può e non si deve far leva solo sulle aliquote contributive. Esiste anche un’altra opzione che l’Ente intende esercitare nelle sedi competenti, intervenendo sulla rivalutazione dei montanti previdenziali. È all’esame dei Ministeri vigilanti la delibera con la quale il Consiglio d’amministrazione dell’Eppi ha chiesto di poter rivalutare i montanti al 31 dicembre 2012 applicando il tasso dell’1,2482%, contro quello di legge di appena lo 0,1643%. In proposito siamo in attesa di ricevere dai Ministeri vigilanti una risposta. ◘ 12 ► Inoltre il provvedimento premia la buona gestione dell’Ente e consente un’allocazione delle risorse derivanti dalla riduzione dei costi più in linea con la nostra mission. Migliorare l’adeguatezza delle pensioni, fino a ieri, dipendeva soltanto dall’andamento del Pil (ed è ovvio che dopo la crisi del 2008 il meccanismo previsto dal legislatore si è rivelato un’arma spuntata), ma dal 13 gennaio abbiamo un nuovo strumento per perseguire quell’obiettivo, e dipende solo dalle nostre capacità di amministrare con oculatezza il nostro Ente». Gennaio-Febbraio L’integrativo 2012 e 2013 è vostro Un po’ di storia Che la distribuzione della contribuzione integrativa fosse una strada obbligata per il raggiungimento di pensioni più adeguate, obiettivo da raggiungere senza gravare troppo sulle finanze degli iscritti, era evidente al legislatore già nel 2007. L’articolo 1, comma 12, della legge 247/2007 («Norme di attuazione del protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale»), parlando della costituzione di un’apposita commissione che avrebbe dovuto proporre delle modifiche ai criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione in rendita pensionistica dei montanti previdenziali, statuiva dei precisi parametri da seguire. La premessa era che andavano rispettati gli andamenti e gli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo, ma – ed è qui quello che ci interessa – la commissione avrebbe dovuto tener conto «dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse (…), nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all’aliquota prevista per i lavoratori dipendenti». In pratica il legislatore italiano è sempre stato consapevole che non si sarebbero più raggiunti i vecchi tassi di sostituzione del sistema retributivo (al massimo un 60% contro il precedente 80%), ma soprattutto era consapevole che un simile risultato non sarebbe mai stato possibile se non con un’aliquota di contribuzione del 33%. Era, quindi, di tutta evidenza che il committente del professionista avrebbe dovuto partecipare attivamente alla realizzazione di una previdenza più adeguata, perché chiedere al solo perito industriale di contribuire con il 33% del proprio reddito avrebbe significato metterlo in ginocchio. Del resto è lo stesso legislatore ad aver compreso che simili livelli di contribuzione non sono più immaginabili nemmeno nella gestione separata Inps. Alcune risoluzioni in discussione alla Camera dei Deputati (vedi ad esempio la 7/00590 o la 7/00634), ► SCACCO AL CONTRIBUTIVO Come e perché è accaduto l’impossibile e quali potrebbero essere i nuovi scenari previdenziali Di Vittorio Spinelli giornalista esperto di previdenza e welfare C ome ogni altro giorno, anche quella mattina del 20 gennaio del 2015 un furgone delle Poste recapita al Ministero del lavoro il consueto carico della corrispondenza. L’anonimo postino ignora però che quel giorno e quella consegna hanno un valore particolare e rappresentano l’inizio di una silenziosa rivoluzione nel mondo della previdenza. Fra le numerose lettere, una nota dell’Ente di previdenza dei periti industriali segnala al Ministero la necessità di incrementare le pensioni degli iscritti applicando un nuovo metodo, fino ad allora impensabile. È convinzione degli organi dell’Eppi, e ben documentata dai numeri dei bilanci, che i versamenti degli iscritti, trasformati in pensione con il calcolo contributivo, siano insufficienti per assicurare al termine della vita lavorativa un livello di vita appena dignitoso. Una previsione peraltro lontana anche dal dettato costituzionale che riconosce ad ogni lavoratore «il diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in Gennaio-Febbraio caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» (art. 38). Il calcolo contributivo delle pensioni ha infatti una rigida struttura, si propone di limitare la spesa pensionistica, senza privilegi per alcuno, e di fatto tende a restringere la quota del reddito personale del lavoratore che in seguito diventerà «pensione». Questa quota, in gergo tecnico «tasso di sostituzione», indica in definitiva quale sia in percentuale il rendimento finale dei contributi individuali. Per i periti questo tasso si aggira intorno al 25% del reddito professionale. Troppo poco per non paventare un concreto rischio di povertà a conclusione di una intensa attività lavorativa. L’Eppi tuttavia è in florida salute, grazie ad un’oculata gestione dei suoi investimenti. Di qui la mossa di dare «scacco» al contributivo con un’articolata proposta di modifica del sistema e, soprattutto, infrangendo la regola non scritta della sua inviolabilità. Aggiungere cioè al montante dei contributi soggettivi, regolarmente versati dal perito, una parte dei contributi integrativi che di regola l’Ente utilizza solo per fini assistenziali, diversi cioè da quelli strettamente pensionistici. Grazie a questa iniziativa, approvata dai Ministeri vigilanti lo scorso 14 ► Continua a pag. 14 13 Welfare Prosegue da pag. 13 ► gennaio, il tasso di sostituzione del reddito professionale potrebbe salire, in caso di conferma del provvedimento anche per gli anni successivi, dal 25% a circa il 50%. La spinta dell’Eppi di andare oltre il contributivo secco apre ora altri scenari. Nel campo degli enti privatizzati c’è poi da segnalare anche l’iniziativa assunta prima dall’Enpaia (la previdenza dei periti agrari e degli agrotecnici) e di recente anche dall’Epap (la cassa unica per i geologi, gli attuari, i chimici, i dottori agronomi e i dottori forestali). Quest’ultima, avendo registrato negli ultimi tempi risultati positivi dei suoi investimenti, ha deciso di riversare a favore degli iscritti una parte dei buoni rendimenti, attraverso una maggiore rivalutazione dei loro montanti contributivi. La decisione dell’Epap è stata in un primo momento bloccata dal Ministero del lavoro, ma il coraggio dell’ente è stato premiato dal tar del Lazio (sentenza n. 11801 del 7 settembre 2015) che a sua volta ha rimosso il blocco ministeriale. L’iniziativa dell’Eppi non è quindi un caso isolato e si dimostra così che nelle stanze ministeriali si ammette ora che il contributivo non sia più un sistema inviolabile. E se due Casse sono riuscite ad abbattere un tabù apparentemente insormontabile, si può presumere che sulla stessa strada si incammineranno anche altre gestioni professionali, ovviamente purché in grado di garantire la sostenibilità dei propri conti. Sembra anzi una via d’uscita, pressoché obbligata, di fronte al basso livello delle pensioni professionali, specchio del calo generalizzato dei redditi. Ma questo indirizzo genera anche altri effetti. Restando nell’ambito delle Casse, appare logico che, con un più alto rendimento dei contributi obbligatori, si affievolisca nell’iscritto la necessità, ed anche la propensione, a costruirsi un trattamento integrativo dell’assegno obbligatorio. Inoltre una applicazione di montanti contributivi maggiorati in tutto il settore delle professioni si traduce in una tutela previdenziale di maggiore livello, nel panorama generale, a beneficio di una platea di lavoratori composta da 1 milione e 200 mila soggetti – tanti i professionisti in Italia – e che rappresentano altrettanti nuclei familiari. Vale Un bel regalo per i primi vent’anni dell’Eppi La testimonianza di Florio Bendinelli, presidente dell’Eppi dal 2007 al 2014 14 Ho appreso con esultanza e con un pizzico di orgoglio la notizia dell’approvazione da parte dei Ministeri vigilanti delle delibere sul contributo integrativo. Ce l’abbiamo fatta, dopo un lavoro cominciato tanto tempo fa. Quando già eravamo consapevoli che il metodo contributivo – così come era stato varato dal legislatore – sarebbe stato assai poco generoso con il lavoratore. Così, partendo dall'indubbio «impoverimento» delle prestazioni pensionistiche, durante gli anni in cui ho avuto l'onore di presiedere il nostro Ente di previdenza abbiamo «rivoltato come un calzino» la legge di riforma e i suoi decreti attuativi per individuare uno spiraglio cui appellarsi per poter autonomamente intervenire. L'assurdità che non potevamo sopportare era che, a fronte di una gestione ottima del patrimonio, che garantiva annualmente dei rendimenti considerevoli ai quali si sommavano le eccedenze del contributo integrativo che era superiore e di molto alle spese di una gestione oculata, avevamo accumulato ricchezze e, quindi, un patrimonio netto di oltre 80 milioni di euro e non potevamo utilizzarlo a nostro favore. I Ministeri vigilanti, fedeli alla lettera della norma, non ci autorizzavano a distribuire le ricchezze che l'Ente portava in cascina, nonostante quelle stesse ricchezze fossero innegabilmente dei periti industriali e che avrebbero potuto, se correttamente ridistribuite, contribuire – almeno in parte – a migliorare le prestazioni pensionistiche. Così abbiamo pensato che fosse possibile proporre un emendamento legislativo che aumentasse l'aliquota del contributo integrativo e sempreGennaio-Febbraio per legge disciplinasse la L’integrativo 2012 e 2013 è vostro a dire, una qualificata parte della società civile che non utilizzerebbe il «normale» contributivo. Un fenomeno che la politica non potrebbe poi ignorare. E con quali effetti? Un recente «colpo d’occhio» dell’Ocse, a tutto il 2015, sui sistemi pensionistici di 26 Paesi sottolinea per l’Italia la necessità di ulteriori riforme per far fronte ad un rischio crescente di povertà fra i pensionati. In aggiunta, l’Inps ha documentato che la povertà è aumentata maggiormente tra i non-pensionati, a causa della riduzione dei redditi da lavoro, a sua volta effetto sia della crisi sia della interruzione e del frazionamento dei percorsi lavorativi (precariato). Per la previdenza in generale, una politica di contrasto alle basse pensioni contributive potrebbe essere avviata, come suggerito da alcuni studiosi, integrando l’importo dell’assegno con una somma aggiuntiva a carico della fiscalità, riesumando cioè la deprecata «integrazione al trattamento minimo» applicata alle vecchie ed impagabili pensioni retributive. Ma questa è un’altra storia. ◘ distribuzione dello stesso contributo sui montanti degli iscritti in modo da migliorare la prestazione pensionistica. La battaglia è stata lunga e difficile, condotta insieme alle altre Casse di previdenza che, come noi, comprendevano l'importanza e la forza dirompente di una simile norma. Finalmente nel luglio del 2011 la legge 133 è stata approvata. Anche se con una sorpresa poco piacevole: la maggiore aliquota del contributo integrativo non poteva essere applicata per prestazioni professionali rese nei confronti della Pubblica amministrazione. Avevamo però finalmente ottenuto la possibilità di scuotere l’albero e di cominciare a raccogliere i frutti per i nostri iscritti. Davvero un bel regalo per noi iscritti e per il nostro Ente che può così quest’anno festeggiare con orgoglio i suoi primi vent’anni di lavoro. ◘ Gennaio-Febbraio ► non solo propongono il blocco dell’aumento dell’aliquota contributiva per i professionisti senza cassa iscritti alla gestione separata Inps che dovrebbe salire (dal 2018) al 33,72%, ma propongono un sistema di determinazione dei contributi dovuti unico per gli iscritti alla gestione artigiani e commercianti e per quelli iscritti alla gestione separata, con eventuale eliminazione della contribuzione minima obbligatoria. Se la pressione contributiva dovesse seguire il suo corso aumentando sino ai livelli dei lavoratori dipendenti, si correrebbe il rischio di dare il colpo di grazia all’esercito delle partite Iva, già schiacciato da un sistema di imposizione fiscale non certo agevolativo. L’Eppi, quindi, con i provvedimenti approvati dai Ministeri percorre una strada che contempera i diversi interessi in campo: da un lato quello di assicurare trattamenti previdenziali più adeguati, dall’altro far sì che questo risultato non sia raggiunto solo tramite l’aumento della contribuzione soggettiva a carico degli iscritti, sempre in un’ottica di salvaguardia dei conti dell’Ente. Il provvedimento che consente di destinare il contributo integrativo nella misura, rispettivamente, del 67,248% e del 100% (in cifra assoluta rispettivamente 13,5 e 25 milioni di euro) sul montante previdenziale schiude finalmente le porte a una fondata possibilità di incrementare il reddito pensionistico. Obiettivo che l’Eppi sta perseguendo anche con la difficile decisione assunta nel 2011 di portare l’aliquota contributiva soggettiva, tramite aumenti di un punto percentuale l’anno, dal 10% del 2011 al 18% del 2019 (tra le più alte nel panorama previdenziale privato). È solo un’ipotesi, ma se... Se questo provvedimento fosse confermato anche per ogni anno a venire, grazie anche all’aumento dell’aliquota contributiva soggettiva, tramite aumenti di un punto percentuale l’anno, dal 10% del 2011 al 18% del 2019, il libero professionista iscritto alla Cassa potrebbe ottenere con un’anzianità di 40 anni un assegno pensionistico pari a circa il 50 per cento dell’ultimo reddito professionale, contro una previsione precedente che superava di poco il 25 per cento. Però, per il presidente dell’Eppi il miglioramento, per quanto significativo, non riporta il sistema pensionistico ai «fasti» del retributivo: «È indispensabile che ci rendiamo conto che dovremo lavorare sempre di più per ottenere probabilmente sempre di meno. Sistema previdenziale e welfare sono i due asset più penalizzati nelle economie occidentali. Noi faremo quanto è nelle nostre possibilità per contrastare questa tendenza e garantire il futuro dei nostri iscritti». ◘ 15 Economia Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi Il 12 dicembre 2015 è forse una data che un giorno finirà nei libri di storia: le nazioni di tutto il mondo hanno siglato un impegno comune per contenere il riscaldamento globale. Progetto ambizioso dove i rischi del fallimento sono più evidenti dell’obiettivo e dove non c’è certezza che, pur spendendo in cinque anni un quarto del Pil italiano, si ottengano gli effetti sperati. Ma alternative non ce ne sono... di Roberto Barbiero, Elisa Calliari, Cristina Dalla Torre e Paulo Lima*, * L’Agenzia di stampa giovanile è un progetto di media-attivismo e educomunicazione internazionale, promosso dall’Associazione In Medias Res in partenariato con Viraçao Educomunicaçao, con il sostegno dell’assessorato della Pat alla cooperazione internazionale e in collaborazione con l’Osservatorio trentino sul clima. I l nome – Cop21 – non significa molto, nemmeno se si prova a sviluppare l’acronimo (XXI Conference of Parties). Ma dietro la scarsa fantasia della burocrazia globale si cela la questione centrale del terzo millennio (almeno secondo l’opinione pubblica occidentale, ché Asia, Africa e paesi produttori di petrolio appaiono, per dirla con un eufemismo, riluttanti nell’affrontarla). Stiamo parlando di riscaldamento globale e di quello che è successo a Parigi lo scorso dicembre quando 195 Paesi, cioè praticamente tutti quelli esistenti, hanno sottoscritto un impegno comune per provare ad abbassare la febbre del pianeta e ridurre i suoi effetti deleteri. L’accordo prevede di contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C, perseguendo idealmente l’obiettivo di limitarlo ad un +1,5 °C. Non è un accordo perfetto, non è ambizioso come si chiedeva, non è vincolante come si sperava, ma segna senza dubbio una svolta verso un mondo che può e deve liberarsi dall’era dei combustibili fossili. Destinato a sostituire il protocollo di Kyoto (1997), entrerà in vigore nel 2020 a condizione che tra aprile del 2016 e aprile del 2017 sia ratificato come minimo da 55 Paesi che devono rappresentare almeno il 55% del totale delle emissioni dei gas serra a livello globale. Per la prima volta dovrà valere sia per i paesi più sviluppati, sia per quelli in via di sviluppo in base al principio di equità e di responsabilità comune. Nell'accordo di 31 pagine si prova a raggiungere un delicato equilibrio tra gli interessi e le proposte delle 195 nazioni. A partire dal lungo preambolo dove sono elencate importanti considerazioni di principio: la priorità di garantire la sicurezza alimentare 16 e la lotta alla fame, il rispetto dei diritti umani, il diritto alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità così come l'eguaglianza di genere, l'empowerment delle donne e l'equità intergenerazionale. Ma al dunque quali sono i principali punti su cui si è provato e si è registrato un apparente consenso? Il compromesso indispensabile L'accordo propone di limitare l'aumento della temperatura «bene al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali» e di fare «sforzi per limitare l'aumento a 1,5 °C» riconoscendo quindi che ciò ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti previsti. Naturalmente si tratta di un compromesso rispetto alla richiesta, portata avanti dai Paesi più vulnerabili e dai rappresentanti della società civile, di inserire subito il limite di 1,5 °C, ma va riconosciuto che il limite più restrittivo viene comunque incluso nell’accordo, seppure solo come obiettivo verso cui indirizzare gli sforzi. Il punto chiave tuttavia è come si intende contenere il riscaldamento globale e quindi come si intende agire sulle politiche di mitigazione. Nell’accordo si dice che «al fine di raggiungere l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura entro il limite stabilito, le parti mirano a raggiungere un picco globale delle emissioni di gas serra nel più breve tempo possibile, riconoscendo tuttavia che ci vorrà più tempo per i Paesi in via di sviluppo, per poi intraprendere un percorso rapido di riduzione in ► Gennaio-Febbraio 500 miliardi di $ sul verde Gennaio-Febbraio 17 Economia ► modo da raggiungere un equilibrio tra le emissioni di origine antropica e la capacità di assorbimento nella seconda metà di questo secolo». Non ci sono quindi precisi riferimenti né rispetto alle percentuali di riduzione, né rispetto ai tempi entro cui devono essere realizzati gli impegni, se non rimandando ad un generico obiettivo a «metà secolo» entro cui arrivare di fatto ad una stabilizzazione. Quello che non va Il punto di partenza degli impegni di mitigazio- «LA TERRA NON È UNA Per una volta sui risultati di Cop21 politica e scienza del nostro Paese sembrano d’accordo (almeno a grandi linee). Ne sono una conferma le opinioni che emergono dalle interviste realizzate con Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società meteorologica italiana, e con Di Ugo Merlo Luca Mercalli 18 Che voto dà alla Conferenza di Parigi? 6-. Spiego perché, ma faccio una premessa. Per me il 2015 può essere un anno segnato dal fato. Come lo sono stati il 1914 e il 1939, che hanno segnato l'inizio dei due grandi conflitti mondiali. E anche il 2015 potrebbe essere l’inizio di una nuova guerra, una guerra del tutto inusuale per gli uomini abituati da sempre ad un altro genere di conflitti. Questa è una guerra per salvare il pianeta e noi che lo abitiamo. Ma perché 6-? A Parigi qualche cosa è successo: hanno trovato un accordo. Il mondo della politica ha dato ragione alla scienza, si è capito, che le attività antropiche hanno influenza sul clima e se siamo in una certa situazione è per colpa dell'uomo. Ma parlare di clima e fermarsi alle temperature, non è sufficiente. Bisogna avere una visione sistemica. Quindi... Il primo dato che voglio analizzare è la popolazione che abita la terra. Siamo 7 miliardi e 300 milioni. Cresciamo al ritmo di circa 200 mila persone al giorno, in un anno poco più di 70 milioni. Se andiamo avanti di questo passo nel 2050 la popolazione mondiale sarà di circa 9 miliardi. Ci sarà da mangiare per tutti? Lei sostiene che la terra è un mondo finito che non può crescere all'infinito. Proprio così. Siamo in un mondo che ha dei limiti, non si può pensare di crescere all'infinito e non mi riferisco solo alla popolazione mondiale. Quando parliamo delle risorse della terra è noto che, negli anni ’70 del secolo scorso il bilancio terra-risorse era ancora pari a uno. Ovvero consumavamo tutto, ma non intaccavamo il capitale. Adesso sono più di 40 anni che ci mangiamo il capitale, ovvero consumiamo come se avessimo una terra e mezza. Dobbiamo invertire questo trend, altrimenti, continuando così, nel 2050 il consumo sarà tre volte quello attuale. Nel 2015 abbiamo iniziato a intaccare il capitale della Terra il 17 agosto. ► Gennaio-FebbraioContinua a pag. 22 Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi ne sono i contributi nazionali, Intended Nationally Determined Contributions (Incds), già espressi dalle parti e che sono elemento fondante dell'accordo anche per il futuro. Tuttavia, sembra che i contributi nazionali fino ad oggi dichiarati, secondo stime già disponibili, produrrebbero entro il 2100 un aumento delle temperature di circa 2,7-3,5 °C rispetto all’era pre-industriale. Risulterebbero quindi palesemente insufficienti, minando alla base il senso e l’obiettivo dell'accordo, che su questo specifico deficit degli Incds non si esprime se non richiamando l’impegno e la responsabilità ► MINIERA INESAURIBILE» Flavio Zanonato, attualmente parlamentare europeo eletto nelle liste del Partito democratico. Entrambi, moderatamente soddisfatti, comprendono le difficoltà politiche e anche i limiti della scienza attuale, ma pensano che i guai maggiori devono ancora arrivare… La conferenza di Parigi la possiamo considerare un successo o un fallimento? Indubbiamente è un successo sul piano degli ingenti impegni, anche finanziari, che i Paesi di prima e più avanzata industrializzazione hanno assunto verso i Paesi terzi, ma rimane debole sul piano della cose da fare contro il surriscaldamento del pianeta. È mia opinione che la Cop21 resterà nella storia come un punto di svolta nell’atteggiamento dei Paesi leader verso il resto del mondo, ma che da solo non basti a raddrizzare le sorti climatiche globali. È necessario un passo in più. Quali sono le cose buone dell’accordo? Le novità principali, a mio modo di vedere, sono essenzialmente due: la prima, dal 2020 i paesi di vecchia industrializzazione erogheranno cento miliardi l’anno destinati a promuovere in tutto il mondo tecnologie a basso impatto ambientale; la seconda, dal 2018 e con scadenza quinquennale verranno Gennaio-Febbraio monitorati ed adeguati trend e obiettivi generali. Perché sono così importanti? Bè, promuovere a livello planetario una corsia preferenziale per l’economia verde apre scenari rilevanti per ricerca scientifica e innovazione con ricadute virtuose su tutto il nostro sistema produttivo. Quanto al sistema di checkpoint previsti dall’accordo può solo favorire continuità e affidabilità del progetto. Flavio Zanonato E cosa c’è che non va? Non c'è dubbio che la materia è molto problematica e complessa, anche perché la prima revisione degli obiettivi finanziari è prevista solo nel 2025, e che i sottoscrittori, ovvero gli Stati, documenteranno la transizione dal fossile ad altre fonti energetiche attraverso autocertificazioni redatte nelle rispettive capitali piuttosto che sulla base delle verifiche da parte degli organi internazionali. Questa è la parte di compromesso che mi convince di meno. ► Continua a pag. 22 19 Economia UNA TERRA NON CI BASTA PIÙ 1960-2008 Impronta ecologica 2008-2050, scenari Numero pianeti Terra 3.0 Se la produzione e i consumi globali mantengono gli attuali tassi di crescita Solo in presenza di una forte decrescita sarebbe possibile ristabilire un rapporto di 1:1 tra risorse consumate e la loro rigenerazione 2.5 2.0 1.5 1.0 L'impronta ecologica misura l'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti. Utilizzando l'impronta ecologica è possibile stimare quanti «pianeta Terra» servirebbero per sostenere l'umanità, qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita. 0.5 0.0 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050 Fonte: Global Footprint Network, 2015 Una scena dal film Another Earth (2011) 20 Gennaio-Febbraio Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi VERSO I NOVE MILIARDI DI PERSONE Valori e proiezioni della popolazione mondiale per livello di sviluppo (1950-2050) 10 9 Popolazione paesi emergenti 8 Popolazione paesi in ritardo Popolazione mondiale 7 Popolazione paesi sviluppati 6 5 4 3 2 1 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050 Fonte: treccani.it Dati: valori espressi in miliardi ► volontaria dei paesi di esprimere proposte di contributo nazionale più ambiziose, chiedendo che queste siano passibili di revisione ogni cinque anni. Gli stanziamenti previsti L'accordo prevede che le azioni di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici vengano finanziate attraverso fondi messi a disposizione dagli Stati sviluppati. Si partirà da una quota minima di 100 miliardi di dollari annuali: già questa è una dichiarazione molto ambiziosa considerando che al momento il fondo si attesta a solo 10,5 miliardi di dollari. Tuttavia non risulta chiaro dal documento l’anno a partire dal quale questi fondi dovranno essere versati. La questione chiave è riuscire ad eliminare e impegnare diversamente i finanziamenti e sussidi ai combustibili fossili tutt’ora esistenti, che insieme vanno a contribuire per 470 miliardi di dollari all’anno. Un’altra strategia sarebbe quella di imporre una tassa sulle transazioni finanziarie che vada a colpire le azioni di speculazione favorendo la distribuzione delle Gennaio-Febbraio risorse tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. Perdite e danni Una delle questioni sulle quali si è proceduto a rilento durante i negoziati ha riguardato la questione Loss and Damage (L&D), espressione con la quale ci si riferisce agli effetti potenziali e reali associati ai cambiamenti climatici che riguardano i paesi in via di sviluppo. In particolare, con «perdite» si intendono effetti irreversibili (ad esempio, l’impoverimento delle sorgenti d’acqua dolce), mentre con «danni» le conseguenze di condizioni climatiche che possono essere sanate (le distruzioni provocate da un uragano). Le piccole isole in via di sviluppo, principali promotrici dell’inclusione di L&D come un articolo a sé (e non come parte dell’adattamento), portano a casa una vittoria importante. L’articolo 8 su L&D manca tuttavia di alcune richieste dei paesi in via di sviluppo, come la costituzione di un meccanismo ad hoc per gestire il fenomeno dei migranti generato dai cambiamenti climatici. Inoltre, nella decisione relativa all’articolo, ► 21 Economia Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi ► si specifica che quest’ultimo non potrà essere utilizzato come base giuridica per far valere richieste di compensazione per i danni derivanti da fattori climatici e dei quali i paesi industrializzati sono storicamente responsabili. Una postilla esplicitamente richiesta dagli Stati Uniti, e alla quale i paesi in via di sviluppo potrebbero aver ceduto per vedere l’obiettivo degli 1,5 °C menzionato nell’accordo. Molti restano i punti ancora da approfondire e chiarire rispetto a quanto espresso nel nuovo accordo e senza dubbio molta è la strada da fare, come non poca è l’attenzione che dovrà essere posta perché gli obiettivi dichiarati possano essere concretamente perseguiti, affinché sia chiara per tutti i popoli la consapevolezza che già da domani inizia una nuova tappa per l’umanità. ◘ ► E ogni anno si anticipa un pochino. Parliamo di clima e temperature, tema di Parigi. Il dato ormai noto è quello del CO2 in atmosfera, abbiamo valori di 400 ppm (parti per milione). E la tendenza è di una crescita di 2 ppm all'anno. Questo valore è il livello massimo mai raggiunto da 800 mila anni. La crescita di CO2 è andata aumentando con l'inizio dell'era industriale. È ora di invertire la tendenza. Anche perché tra un po’ sarà troppo tardi... A Parigi si sono trovati tutti d’accordo sul limitare l'aumento della temperatura: meno di 2 ° C rispetto alle medie della civiltà pre-industriale. Scelta condivisibile? È l'unica via possibile per evitare guai peggiori. Se le temperature continuano ad aumentare si scioglieranno i ghiacci dei Poli, il livello dei mari crescerà sommergendo buona parte delle coste. Mentre fenomeni naturali, come gli uragani, saranno destinati a sviluppare maggiore energia, quindi ad essere più devastanti e distruttivi. Qual è il compito dei tecnici? C'è tanta innovazione tecnologica che va tradotta e resa fruibile per il cittadino. Ed è nella mission del perito industriale aggiornarsi e suggerire al cliente la migliore soluzione, che non è solo la migliore soluzione economica o tecnologica, ma ora più che mai anche la migliore soluzione ambientale. Aggiungo un altro aspetto, quello della produzione dei rifiuti, non secondario. Che ha anche un diretto risvolto economico, meno si consuma energia e materie prime, meno soldi si buttano via. Ci costa di più limitare l'inquinamento e l'aumento delle temperature o non fare nulla lasciando che le cose vadano come vadano? Quando fai cassa subito, paghi dopo, con gli interessi. Lo abbiamo visto con l'uso del territorio, la cementificazione, la perdita di attrattiva turistica di certi luoghi. Ma in questo caso sarà anche peggio: se l'ambiente non funziona non funzionerà né l'economia, né la salute nostra, né quella dei nostri figli. Davvero vogliamo questo? ◘ ► Cosa possiamo fare noi periti industriali? Prosegue da pag. 18 22 Un contributo può essere quello di sviluppare progetti e piani industriali che tengano pienamente conto della dimensione di sostenibilità ambientale, non solo quella minima richiesta ma anche quella più ambiziosa e di prospettiva: energie rinnovabili, efficienza energetica, tutela e valorizzazione idrogeologica del suolo, protezione di flora e fauna e della qualità dell’aria. Ma ci costa di più lavorare per limitare l'aumento della temperatura entro i 2 ° C oppure non preoccuparci? Sarebbe irresponsabile non preoccuparsi: il pianeta è un bene comune e il nostro unico habitat. Ma da qui a gridare all’allarme ce ne corre. È importante che i costi di questa transizione ambientale non vengano distribuiti iniquamente, o che a pagare siano, nelle vecchie economie industriali, solo alcune categorie sociali. Io credo piuttosto che una volta scelta una strada, la si debba percorrere fino in fondo. E un accordo quadro infarcito di deroghe e autocertificazioni nazionali non è la soluzione. È e rimane, tuttavia, una pietra miliare nel contesto dei rapporti nord e sud del mondo e un tassello fondamentale per compiere il passo futuro verso obiettivi più ambiziosi. In questo senso, per indicare la direzione di questo passo in più, mi convince l’analisi fatta da Piketty in vista della Cop21 che collega climate change e diseguaglianze economiche. Oltre a guardare i Paesi che producono più emissioni, dovremmo considerare i Paesi dove c’è il maggior numero di persone che, con i loro consumi e grazie ai loro redditi, sono responsabili della maggiore quantità di emissioni di CO2. Per essere espliciti i Paesi ricchi fanno produrre nei Paesi poveri i beni che poi importano e consumano, di chi è la responsabilità delle emissioni? ◘ Prosegue da pag. 19 Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 23 Opificium risponde Quando un dipendente della PA può progettare Limiti e condizioni nelle quali operano i tecnici del pubblico impiego quando sono chiamati a redigere un progetto A cura dell'avv. Guerino Ferri (Ufficio legale Cnpi) e dell'avv. Umberto Taglieri (Ufficio contributi e prestazioni) Mi risulta che un dipendente dello Stato possa svolgere attività di progettazione senza essere iscritto all’ordine professionale. È veramente così? Lettera firmata Non proprio. La questione è più sottile e complicata. Ad ogni modo in linea generale possiamo dire che chi è dipendente a tempo pieno dell’amministrazione pubblica ed è inquadrato nell’area tecnica, disponendo dell’abilitazione professionale, ma non dell’iscrizione all’albo, può firmare i progetti interni all’ente di appartenenza e svolgere tutte le attività connesse alla progettazione. È quanto stabilito con il decreto legislativo 163/06 dall’art. 90, comma 4, dall’art. 91, comma 1, e dall’art. 253 che, al comma 16, definisce le condizioni per operare come progettista. Infatti, nel caso di progettazione interna – secondo quanto ribadito dalla Cassazione (Sezioni unite, sentenza n. 3386, del 2 aprile 1998) –, la relativa prestazione dei dipendenti, addetti ai competenti uffici per essere riferita direttamente alla amministrazione di appartenenza, è da considerare svolta «ratione offici» e non «intuitu personae» e si risolve «in una modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego», nell’ambito della cui disciplina normativa e sulla base della contrattazione collettiva ed individuale 24 vanno pertanto individuati i termini della relativa retribuzione. Tuttavia, il principio di cui all’art. 90, comma 4, Dlgs 163/2006, non è applicabile a «tutte» le attività tecnico-professionali. Restano escluse quelle sottoposte alla legislazione speciale in materia tecnica. Ad esempio, non si applica alla legislazione speciale in materia di progettazione degli impianti, nelle ipotesi tassative elencate al comma 2 dell’art. 5, Dm 37/2008, ove si stabilisce che: «Per l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g), è redatto un progetto. Fatta salva l'osservanza delle normative più rigorose in materia di progettazione, nei casi indicati al comma 2, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta, mentre, negli altri casi, il progetto, come specificato all'articolo 7, comma 2, è redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico dell'impresa installatrice». In conclusione, se il dipendente della Pubblica amministrazione vuole possedere al di là di ogni ragionevole dubbio l’abilitazione a progettare è bene che si iscriva all’ordine professionale di riferimento. ◘ Gennaio-Febbraio Le vostre domande vanno inviate via fax al numero 06.42.00.84.44 oppure via posta elettronica all’indirizzo [email protected] UN DEBITO VIRTUALE E PER ORA NON DOVUTO Nella sezione «Pagamento» della mia area riservata, trovo un debito di 900,85 euro. Questo importo è esattamente la differenza tra quanto richiesto dall’Eppi come primo acconto 2015 e quanto ho versato. Però io ho pagato sulla base di quanto è stato ricalcolato utilizzando l’«emulatore di acconti», dato che i redditi 2015 sono stati assai inferiori a quelli del 2014. Perché compare allora questa richiesta di pagamento? Lettera firmata In ragione della rideterminazione degli acconti sulla base dei redditi e volumi d'affari presunti prodotti nel 2015, inferiori rispetto al 2014, non dovrà preoccuparsi del debito attualmente esposto: quando presenterà la dichiarazione dei redditi 2015 (modello Eppi 03/15) gli acconti saranno determinati sulla base degli effettivi redditi e volumi d'affari professionali prodotti. L'estratto conto attualmente evidenzia il debito in ragione degli acconti istituzionali dovuti e non versati. Ciò in quanto l'Eppi non può sapere se il non integrale versamento dipende da una rideterminazione degli acconti, ovvero dall'impossibilità di adempiere puntualmente a quanto dovuto. Se i valori che ha inserito nell’emulatore per la rideterminazione degli acconti sono in linea con i redditi e volumi d’affari effettivamente prodotti, e sempre che ovviamente gli importi versati corri- Gennaio-Febbraio spondano al 45% dei contributi complessivamente dovuti, il suo estratto conto non evidenzierà più il debito né per capitale, né per interessi di mora e sanzioni. In occasione del versamento del secondo acconto (15 marzo 2016), avendo presumibilmente a disposizione dati più certi, la invitiamo ad utilizzare nuovamente l’emulatore degli acconti, per verificare l’importo effettivamente dovuto. RICALCOLARE LA PENSIONE È COMPITO DELL’ENTE Sono un pensionato Eppi dal marzo 2015. In ragione dell’autorizzazione dei ministeri vigilanti alla distribuzione della contribuzione integrativa 2012 e 2013 sui montanti previdenziali, devo fare richiesta per la rideterminazione della mia pensione? Lettera firmata No, sarà l'Ente a procedere d’ufficio alla rideterminazione della pensione a condizione, ovviamente, che la posizione documentale e contributiva risulti in regola. La quota di pensione determinata sulla contribuzione integrativa è, infatti, erogabile solo se risulta presentata la relativa dichiarazione reddituale e se non sussistono debiti di alcuna sorta per queste annualità. Non è sufficiente, cioè, che sia stato versato tutto l’integrativo ma deve essere stato pagato anche il soggettivo, nonché eventuali debiti maturati a titolo di interessi di mora e sanzioni per il tardivo pagamento dei contributi. ◘ 25 26 Gennaio-Febbraio DOSSIER Consulenza in tempo reale Da pag. 28 Al servizio degli iscritti Da pag. 32 A cura di Noemi Giulianella , I ! P o n P r Eongio u b Da quest'anno è possibile usufruire di nuovi strumenti per interagire con l'Ente e trovare risposte e pronta assistenza. In un'ottica di apertura e condivisione emerge il ruolo indispensabile dell'iscritto e il lavoro prezioso del personale dell'Eppi, vera linfa di un sistema virtuoso che punta a migliorarsi sempre di più Dossier Eppi, buongiorno! CONSULENZA IN TEMPO REALE «S olo ponendo al centro gli iscritti dell’Eppi, solo costruendo un sistema informativo chiaro e trasparente per il contribuente della Cassa, solo valorizzando le risorse interne per migliorare la qualità dei servizi offerti, noi assolveremo il compito del nostro mandato». Con queste parole Valerio Bignami, presidente dell’Eppi, ha presentato una serie di innovazioni che caratterizzeranno da quest’anno i rapporti dei periti industriali con la propria Cassa di previdenza. Frutto di un lungo lavoro di preparazione e implementazione svolto di concerto tra il Cda, il Cig e la struttura dell’Ente, da gennaio di quest’anno è possibile per l’iscritto usufruire di nuovi strumenti per trovare risposte e assistenza immediata, monitorare da casa l'avanzamento delle pratiche e, inoltre, esprimere contestualmente un giudizio sul funzionamento del servizio utilizzato. LA GESTIONE DELLE CHIAMATE Il servizio telefonico è stato ampliato e rinforzato con risorse che evadono direttamente le telefonate degli utenti. A rispondere al telefono non ci sono dei centralinisti che smistano le chiamate all'ufficio competente, ma dei consulenti, ognuno con una competenza specifica all'interno dell'ufficio, che si occupano direttamente delle richieste dei chiamanti. Ciò garantisce un'assistenza puntuale e pressoché immediata. Non solo, al termine della chiamata l'iscritto è invitato ad esprimersi con un voto, da 1 a 5, per indicare il livello di soddisfazione: il 5 è l'indicatore di maggior gradimento. ► 28 Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! Comunicazione veloce tramite il sito web e il telefono, monitoraggio online delle pratiche, attenzione costante al giudizio degli utenti. Sono alcuni degli strumenti di cui si è dotato l'Eppi per migliorare i servizi offerti ai contribuenti, per informarli correttamente e puntualmente e, allo stesso tempo, informarsi sulle loro esigenze. La parola d'ordine è partecipare Gennaio-Febbraio 29 Dossier Eppi, buongiorno! ► Le consulenze inoltre non si esauriscono alla cornetta ma, se necessario, continuano con corrispondenza mail tra chi segue la pratica e il diretto interessato, che ha quindi come riferimento un responsabile del procedimento. Questo sia per agevolare e semplificare la comunicazione che per responsabilizzare l'Ente. I DUBBI CHE SI SCIOLGONO ONLINE Anche il sito è stato potenziato. È infatti possibile formulare dalla propria area online domande a cui verrà data risposta in tempi brevi, sempre via web. Le risposte saranno memorizzate sul sito, quindi l'utente potrà sciogliere i suoi dubbi quando vuole, eseguendo l'accesso, e non perderà le informazioni acquisite, ma potrà gestirle nei modi e tempi che riterrà opportuni. Anche questo servizio di assistenza si sottoporrà alla valutazione degli users, che potranno cliccare su delle emoticon per esprimere il loro livello di soddisfazione. Tutto questo per favorire l’autonomia e il coinvolgimento dell'iscritto. A CHE PUNTO SIAMO? Se per controllare lo stato di avanzamento di una pratica prima si poteva telefonare o inviare mail con richieste di chiarimenti e delucidazioni, oggi l'iscritto può vedere autonomamente dal sito i tempi di lavorazione di tutta la documentazione che lo interessa. Può visualizzare anche il nome dell'operatore che si sta occupando della pratica. Tutto in modo semplice e trasparente. Ma i miglioramenti non finiscono qui: non basta controllare i tempi, bisogna verificare che siano rispettati: insomma, se si è in linea con il target o se si sta rinviando al di là dei tempi tecnici l’esame della pratica. È ancora l'iscritto che può verificare la regolarità della tempistica di evasione delle pratiche, sempre dal sito. Sono attivi quindi monitoraggi I nuovi strumenti dell'Eppi 1 2 3 Gli operatori che rispondono al telefono forniscono direttamente le consulenze senza dover smistare e ricontattare l'iscritto in un secondo momento Le domande poste attraverso il sito vengono prese in carico dall'operatore interessato, che darà risposte in tempi brevi. Le risposte resteranno memorizzate nella propria area online Dal sito è possibile controllare autonomamente lo stato di avanzamento delle richieste, consultare tutta la documentazione allegata e visualizzare il nome dell'operatore referente ASSISTENZA TELEFONICA DIRETTA 30 AIUTO ONLINE MONITORAGGIO DELLE PRATICHE Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! a 360 gradi per ricevere il feedback dagli iscritti in maniera sistematica e poter intervenire là dove ce ne fosse bisogno. DEVI PRESENTARE UNA RICHIESTA ALL’EPPI? Sono state, infine, ampliate le richieste di prestazioni che si possono presentare direttamente dall’area riservata. È infatti possibile – ad esempio – fare la richiesta di assegno di invalidità o pensione di inabilità allegando anche la documentazione medica necessaria per l’istruzione della pratica; così come la domanda di rimborso del montante previdenziale in caso di inabilità. «La parola che ci ha guidato nel progettare e realizzare i nuovi servizi è coinvolgimento» spiega Bignami. «È fondamentale ottenere la partecipazione di tutti gli attori coinvolti: non solo gli operatori dell’Ente, ma anche ogni iscritto. Ciascuno ha il suo ruolo, indispensabile per ottenere il risultato ed innescare un sistema virtuoso di miglioramento continuo. Se gli utenti si inseriscono attivamente nel lavoro dell'Ente, la moltiplicazione di scambi di informazione che ne consegue è linfa vitale per far crescere la qualità dei nostri servizi. In altre parole: insieme si va avanti». ◘ Agli utenti l'ardua sentenza L'iscritto è sempre chiamato ad esprimere un giudizio sul servizio di cui ha usufruito. • Dopo la chiamata con l'operatore può digitare un numero da 1 a 5 per indicare il livello di gradimento dell'assistenza ricevuta. Il 5 è l'indicatore di maggior soddisfazione • Dal sito può cliccare su delle emoticon per esprimere una valutazione negativa (colore rosso), non del tutto positiva (giallo), ampiamente positiva (verde). ◘ Gennaio-Febbraio 31 Dossier Eppi, buongiorno! AL SERVIZIO DEGLI ISCRITTI A nche se non si vedono si capisce subito quanto il loro lavoro sia prezioso per il funzionamento dell'Eppi. Il personale che si occupa di gestire le tante chiamate che provengono dagli iscritti è l'interfaccia dell'Ente e un notevole strumento di raccordo e contatto con il territorio. È anche attraverso questo canale che l'Ente monitora il gradimento dei servizi offerti e l’efficacia dell’iter am- ministrativo, in un'ottica sempre più inclusiva che vuole valorizzare non solo l’Ente e la sua struttura, ma anche e soprattutto gli iscritti, destinatari di servizi e non «semplici» fruitori passivi di una azione amministrativa autoreferenziale. Dopo aver passato in rassegna i nuovi strumenti di cui l'Eppi si è dotato per andare incontro agli iscritti, facciamo ora un passo oltre, presentando il personale che li fa funzionare concretamente. Molte delle risorse del settore Contributi e Prestazioni hanno partecipato, tra l'altro, agli Eppi Point, gli incontri sul territorio organizzati lo scorso anno, e ci offrono qui la loro lettura di quell'esperienza. Li abbiamo incontrati nella nuova sede di Via Morgagni, a Roma, e ci hanno raccontato di loro, del loro lavoro, dei «loro» iscritti. Già, perché ognuno ha i «suoi», quelli che segue e che, in fondo, è come se conoscesse. ◘ Walter Tomassi 36 anni, vive a Ceprano, in provincia di Frosinone e tutti i giorni raggiunge il luogo di lavoro in treno: a spaventarlo, più che il viaggio dal suo paese, è il traffico di Roma! Lavora nell'ufficio contributi e prestazioni e segue da vicino gli iscritti nella prima fase del percorso previdenziale: l'iscrizione all'Ente In cosa consiste nello specifico la tua attività? Osservo da vicino il momento della qualificazione, del vero e proprio obbligo contributivo, quello in cui il perito è chiamato ad iscriversi e a versare la contribuzione. Per questo c'è un monitoraggio specifico e condiviso con l’albo della professione. Noi seguiamo proprio tutto il percorso e lo status professionale dell’iscritto. Ci sono 60 giorni di tempo entro i quali il perito industriale può comunicarci che non esercita la libera pro32 fessione. Altrimenti si procede con l’iscrizione d’ufficio. Quindi ti rapporti con una fascia d'età abbastanza giovane? Diciamo di sì. C'è anche da considerare però quella parte di iscritti che ha il doppio lavoro: compatibilmente con il lavoro da dipendente hanno la possibilità di esercitare. Quindi ci sono anche iscritti contribuenti che iniziano l'attività professionale più tardi, magari a cinquant'anni. Mi occupo poi della branca delle prestazioni, e lavoro le domande di pensioni ► Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! Negli uffici di Via Morgagni, tra computer, scrivanie e grandi vetrate lavorano gli operatori dell'Eppi, coloro che ogni giorno rispondono alle domande degli iscritti, ne apprendono le preoccupazioni e li aiutano nelle tante difficoltà della vita burocratica e lavorativa. Ci sono loro dietro tutti i nuovi servizi messi a disposizione dall'Ente. Molti conosceranno già le loro voci, ecco anche i loro volti e le loro storie... Gennaio-Febbraio 33 Dossier Eppi, buongiorno! Noi seguiamo tutto il percorso e lo status professionale dell'iscritto. Cerchiamo di essere dei veri e propri assistenti morali, di semplificare e di trovare una soluzione alle varie problematiche 34 ► di vecchiaia, e lì la platea cambia ovviamente, basta pensare che il requisito regolamentare sono i 65 anni. Per questa fase interagiamo o via mail o telefonicamente. Che aria tira tra gli iscritti? La maggior parte degli iscritti vive quello che è il momento storico. Si parla della crisi, molti sono in difficoltà e ricorrono alla rateizzazione e temono anche di non rientrare. Hanno tante premure in questo senso e ci contattano ripetutamente. Tuttavia non si può parlare di lamentele. Noi cerchiamo di essere dei veri e propri assistenti morali, cerchiamo di semplificare e di trovare una soluzione per l'iscritto. C'è una percentuale degli iscritti comunque che sa essere molto ironica e positiva. In quali contraddizioni o equivoci possono più facilmente inciampare? Le norme che disciplinano la previdenza a volte appaiono agli iscritti come qualcosa di ostico quindi la maggiore difficoltà è tradurre in termini più semplici le norme previste dal regolamento che – in alcune circostanze – si coordinano necessariamente con la normativa fiscale. E così, ad esempio, in sede di dichiarazione dei redditi professionali (il modello Eppi 03), al professionista è chiesto anche di indicare in quale quadro della dichiarazione al Fisco ha denunciato i proventi della libera professione. Hai partecipato agli Eppi Point lo scorso anno? Sì, ho iniziato a Forlì, poi sono stato a Bologna, Brescia, ho partecipato alle Giornate nazionali della Previdenza a Napoli in piazza Plebiscito, ho girato molto. L'Eppi Point è un po' la prova del nove rispetto all'assisten- za telefonica. Al telefono puoi prendere del tempo, non c'è quel rapporto immediato che hai guardando in faccia una persona, quando viene letta ogni tua espressione, emozione o perplessità. Il face to face facilita moltissimo la comunicazione e permette di evitare incomprensioni. L'iscritto ha anche lui meno paura di non farsi capire, di non dare il giusto messaggio. Il contatto diretto ci aiuta anche a fornire un'immagine più rassicurante e presente. I «tuoi» iscritti come utilizzano il sito internet dell'Ente? Del nostro sito sono molto contenti. Loro comunicano con l'Eppi per tanti adempimenti con l'area online. Ogni iscritto contribuente ha un suo profilo al quale accede autenticandosi. Questo è un passaggio che curo io personalmente al momento dell'iscrizione. Effettivamente registro un feedback più che positivo. Quali sono i rapporti tra l'Ente, i collegi e l'albo? Su questo tema a volte si può fare un po' di confusione: i neoiscritti all'albo non associano subito l'obbligatorietà all'Eppi. A molti non è subito chiaro che si tratta di un ente di previdenza obbligatorio e non complementare, ma questo è anche comprensibile. Si può creare confusione, poi, quando decidono di cancellarsi dall'Eppi: pensano in automatico di cancellarsi dall'albo, quando invece sono due organi differenti. L'albo è propedeutico per l'esercizio della libera professione. La comunicazione di fine attività per esempio non comporta la cancellazione dall'Eppi, semplicemente si interrompe la contribuzione, ma si è sempre membri del collegio. C'è poi un'interazione molto importante durante le Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! scadenze reddituali: i Collegi inviano le dichiarazioni dei redditi per conto degli iscritti. Come l'Eppi ha un sito, l'albo professionale ha una piattaforma che gestiamo anche noi (la piattaforma albounico), un registro attivo. Noi da lì monitoriamo quali sono gli iscritti attivi e i nuovi inserimenti all'albo. C'è una sinergia tra i vari organi, uno scambio di informazioni. Quando finisci il turno cosa fai? Allora, la prima cosa è la corsa per prendere il treno! Poi riesco anche ad andare in palestra a volte. Sono amante delle attività di gruppo: mi piace molto lo spinning. E nel fine settimana una corsetta amatoriale. ◘ Domenica Tripodi 37 anni, si occupa di rimborsi, maternità e benefici assistenziali. Insieme a lei tocchiamo con mano le difficoltà più grandi degli iscritti e la soddisfazione che si prova nell'aiutarli A chiamare, nel tuo caso, sono iscritti uomini e donne. Quali sono le questioni che ti pongono le persone che segui al telefono? Mi relaziono con molte donne, sia lavoratrici iscritte all'Eppi, sia molto spesso, vedove di periti nostri iscritti. E curo tutta la parte assistenziale. Tutti da qualche anno temono la crisi, si lamentano principalmente di questo, non ce la fanno spesso a pagare i contributi. A volte ci chiedono degli aiuti, soprattutto in caso di malattia che non permetta di continuare a lavorare. La parte degli iscritti con cui ti relazioni riesce ad utilizzare i nuovi strumenti messi a disposizione dall'Ente? Per esempio hai un feedback dell'utilizzo del sito internet? Non ci sono grandi problemi. Dipende molto dall'età: gli iscritti più giovani lo usano speditamente, quelli più anziani hanno problemi con il computer in generale, ma grossi problemi con il sito non ci sono mai stati, se non forse quando lo abbiamo rinnovato. In quale Eppi Point sei stata, e che sensazione hai avuto di quell'esperienza? Sono stata a Torino. È stata un'esperienza positiva, ho notato che per gli Gennaio-Febbraio iscritti era molto meglio parlare con qualcuno di persona. Sono molto più tranquilli, è come se si sentissero seguiti di più guardandoti in volto piuttosto che dietro a un telefono. Ho potuto parlare anche con persone che avevo sentito spesso telefonicamente... In realtà però gli iscritti sono sempre seguiti molto da vicino, il vostro supporto non si esaurisce al telefono... No, spesso continua via mail, se occorre inviare documenti, fornire ulteriori spiegazioni, aiutarli a fare i versamenti. Si affidano parecchio, ai più anziani inviamo noi i modelli, spieghiamo cosa inviare insieme ai documenti ecc. E sono molto riconoscenti. In generale l'atteggiamento che prevale è la riconoscenza. C'è qualche storia particolare che ti è capitato di seguire? Beh, curando la parte assistenziale sento spesso storie davvero delicate, di quelle che ti toccano. In quei casi cerco di aiutarli il più possibile, per fargli ottenere qualcosa che possa rivelarsi utile per affrontare il momento. Quando ci riesco è una grande soddisfazione, si fa davvero qualcosa di concreto. ◘ Curando la parte assistenziale sento spesso storie davvero delicate. Quando riesco a dare un aiuto è una grande soddisfazione, si fa davvero qualcosa di concreto 35 Dossier Eppi, buongiorno! Laura Bellucci 43 anni, romana, si occupa di contributi e delle richieste di benefici assistenziali e segue la maggior parte della corrispondenza via mail. Amante dei libri e della compagnia, ci spiega la complessità del proprio ruolo, anello di congiunzione tra l'iscritto e l'Ente Siamo molto disponibili perché la filosofia dell'Ente è quella di cercare di venire incontro alle esigenze degli iscritti rispettando, però, i regolamenti e le leggi 36 In cosa consiste il tuo lavoro nello specifico? Seguo coloro che chiedono i benefici assistenziali, quindi concorso spese di mutuo, benefici per la famiglia (spese di studio per i figli, protesi se hanno avuto difficoltà, spese funerarie...). Questo per quanto riguarda l'erogazione da parte dell'Ente. Poi fornisco informazioni agli iscritti sull’obbligo contributivo in generale, aiutandoli ad individuare il comportamento corretto da seguire in caso di esercizio della libera professione in forma societaria. Mi occupo anche di contribuzione volontaria e di riscatto, ma sono minoritari rispetto alle richieste di benefici. Il tuo punto di vista sugli Eppi Point. Sono stata a Caserta. Gli iscritti hanno avuto piacere della nostra presenza, indubbiamente, hanno sperimentato il contatto diretto. Dal punto di vista dell'efficienza del servizio credo comunque che sia migliore quello che offriamo telefonicamente: siamo nella nostra postazione, con i pc e le pratiche a portata di mano, siamo in grado di soddisfare in meno tempo le richieste. Come state lavorando con il sito? Abbiamo una popolazione che inizia a muoversi con sicurezza nel sito e lo apprezza parecchio, un'altra parte della popolazione invece, più anziana, ancora non riesce a confrontarsi con questa realtà. Sicuramente il sito si può migliorare, noi ci stiamo lavorando, si possono creare più interattività, più agilità nell'uso... Come gestite le telefonate? Noi non facciamo call center, facciamo consulenza, prendiamo l'iscritto e lo seguiamo a 360 gradi, cercando di non limitarci all’aspetto previdenziale. Ovviamente non sono pratiche da cinque minuti, ripercorriamo tutta la posizione e studiamo la situazione dell'iscritto, ma iniziamo subito a lavorarci, la presa in carico è diretta. Qual è il vostro ruolo e le difficoltà maggiori che incontrate? Il nostro ruolo è quello di cercare di agevolare e supportare quanto possiamo l'iscritto. A volte poi ci sentiamo particolarmente coinvolti, ci sono storie che ti toccano di più, seguiamo da vicino situazioni delicate, anche contingenze drammatiche, quindi ci mettiamo a completa disposizione. Dobbiamo però sempre rispettare la professionalità e la distanza che questa impone: non si può prescindere dal fatto che nel momento in cui rispondo al telefono io sto rappresentando l'Ente. Cerchiamo di coniugare l'umanità e la partecipazione con il nostro ruolo «istituzionale». Siamo molto Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! disponibili perché la filosofia dell'Ente è quella di cercare di venire incontro alle esigenze degli iscritti rispettando – però – sempre i regolamenti e le leggi. Su quali questioni gli iscritti sono meno preparati? Beh, diciamo che la cosa più complessa da comprendere sono le tempistiche. Da fuori è fisiologico che non si colgano i tempi necessari per avviare le pratiche. Un iscritto aveva richiesto dei benefici il 15 dicembre scorso ed era convinto che li avrebbe ottenuti entro Natale. Ora questo è tecnicamente impossibile, perché c’è un iter disciplinato dai Regolamenti che richiede un’accurata disamina della richiesta. I tuoi hobby Laura? Quando stacco dal lavoro vado a prendere mia figlia, una bimba piccola di 5 anni e mezzo e seguo anche le sue di esigenze. Mi piace molto leggere, passare il tempo in compagnia, casa mia è sempre piena di gente. In questo momento sto leggendo Il responsabile delle risorse umane di uno scrittore israeliano, è molto interessante, parla di un attentato a Gerusalemme, l'ambientazione è particolare davvero. ◘ Alessandra Ascone calabrese, 36 anni, si occupa della gestione dei flussi bancari per quanto riguarda l'accredito dei contributi previdenziali e dell'elaborazione dei dati del settore e, anche lei, fornisce consulenza telefonica. Moglie e mamma, si sente ormai romana per metà Che tipo di servizio offrite? Noi rispondiamo direttamente al telefono e questa cosa è molto positiva perché assicuriamo assistenza immediata, ma quello dell'Eppi non si può definire un call center nell'accezione classica che immaginiamo tutti, noi forniamo consulenze. Siamo tutti in grado di fornire una prima assistenza, poi ovviamente ognuno ha una sua preparazione specifica e segue i suoi casi. Io mi occupo di flussi bancari e di modelli F24: può accadere che per alcuni dei nostri iscritti non tutto sia così immediatamente chiaro su come operare al momento delle scadenze o che cosa fare per risolvere un caso di morosità. Allora sono io ad intervenire, aiutandoli passo dopo passo e verificando insieme a loro la posizione che li riguarda. Qual è l'iter per versare i contributi e dove si possono incontrare difficoltà? Le scadenze sono fisse e noi calcoliamo la contribuzione, quindi da questo Gennaio-Febbraio punto di vista è tutto molto semplice e lineare. Gli iscritti che effettuano un pagamento, scaricando dal sito i modelli precompilati di bonifico o F24, dispongono poi di tutto lo «storico» dei loro contributi. All’inizio, è ovvio, qualche difficoltà di ambientamento c’è stata, ma ora direi che tutto funziona «liscio come l’olio». Resta, ogni tanto, lo scoglio iniziale di accedere alla propria pagina, ma noi siamo lì per quello: un po’ come Virgilio siamo la loro guida per visitare gironi che, almeno nel nostro caso, non hanno nulla di infernale. La sola cosa che continua a generare un po’ di confusione tra i nostri iscritti è il fatto che viviamo un «anno indietro»: nel 2015 si pagano i contributi previdenziali del 2014. Cosa fai quando finisci il turno? Quando stacco dal lavoro corro da mia figlia, ho una bimba piccola. Il viaggio più bello? A Bali, il viaggio di nozze... vale lo stesso? ◘ Quello dell'Eppi non si può definire un call center nell'accezione classica che immaginiamo tutti: noi forniamo consulenze, e siamo tutti in grado di prestare una prima assistenza 37 Dossier Eppi, buongiorno! Mara Marchione 39 anni, si occupa principalmente di rateizzazioni e, più in generale, di tutte quelle attività che richiedono controlli più approfonditi, dall'estratto conto al programma, alle varie anomalie che possono verificarsi nella situazione previdenziale di un iscritto Uno dei temi che sta più a cuore agli iscritti è capire se optare per la ricongiunzione o la totalizzazione. Questa attenzione è positiva, vuol dire che vogliono essere consapevoli e avere contezza del futuro 38 Quali sono le principali difficoltà che incontrano gli iscritti con cui parli al telefono? Nel mio caso emerge spesso un problema. Noi eroghiamo rateizzazioni che sono automatiche, il pagamento è diretto sul conto corrente dell'iscritto. Se l'iscritto non paga una rata il mese successivo si richiedono due rate insieme. Però se l'iscritto non paga queste due rate accorpate, la rateizzazione viene chiusa per inadempimento, decade completamente tutto e lo stesso si ritrova nuovamente con un debito nei confronti dell’Ente. Le lamentele che ricevo riguardo a questa situazione non sono poche, però ci sono delle regole che vanno rispettate: è questo che cerco di far capire a chi si ritrova in questa situazione. Come funziona? Come gestite le chiamate? Prima la segreteria prendeva le chiamate, le metteva in lista e noi del settore, mano a mano, attingevamo a questa lista informatica e le evadevamo. Ora rispondiamo direttamente noi dal settore, prendendo in diretta le chiamate. Quindi l'assistenza telefonica è immediata. Chi si è presentato agli Eppi Point lo scorso anno? Sono venute persone che vogliono fare conti, avere chiaro quanto prenderanno come assegno pensionistico, oppure che hanno posizioni aperte presso altri enti e quindi vogliono capire cosa conviene fare, se la ricongiunzione o la totalizzazione. Anche questa sembra una delle preoccupazioni principali degli iscritti, ed è positivo, perché così sono consapevoli e hanno contezza del loro futuro. E possono muoversi per tempo. Cosa corri a fare quando lasci gli uffici di Via Morgagni? Oggi porto mio figlio a basket, lo aspetto... faccio la mamma e un po' la moglie. E mi tocca fare pure la casalinga! Parli ogni giorno con molte persone, ma c'è un caso «del cuore»? Un iscritto che hai seguito particolarmente da vicino e per cui ti sei sentita davvero utile? Certo, ho il mio «iscritto del cuore», un perito anziano, sfortunatissimo. Ha avuto un incidente molti anni fa, è stato in fin di vita, però grazie a una dottoressa che lui chiama «il suo angelo» ce l'ha fatta e ha recuperato molto bene fisicamente. Lo abbiamo aiutato in un momento in cui si era ritrovato con una posizione irregolare. Da allora in corrispondenza di ogni scadenza lui mi chiama, «dottoressa Marchione!», mi racconta tutte le cose che gli succedono e mi tiene aggiornata sulla sua vita. ◘ Gennaio-Febbraio Dossier Eppi, buongiorno! Alessia Catinari 41 anni, romana, si occupa delle prestazioni pensionistiche, accompagna gli iscritti verso il pensionamento, passando per ricongiunzione e totalizzazione dei contributi. Amante della lettura, in estate la trovate a Pantelleria... Qual è il ritratto dell'iscritto Eppi? Gli iscritti Eppi, essendo dei tecnici, sono persone molto precise e concrete, la domanda è sempre diretta, non girano intorno al tema e vanno dritti al sodo. Questo ci aiuta molto. La domanda che a me arriva è sempre secca: «Quando vado in pensione?», «Ho dei contributi versati all'Inps, che ci faccio?». Come dicevo questo facilita i rapporti, mi consente di rapportarmi con schiettezza. Altra loro caratteristica che mi piace molto, sempre legata alla formazione tecnica, è questa: con i numeri non li imbrogli! Quando chiedono è sempre per conferma, hanno già chiara la loro situazione e sono molto attenti, sono abbastanza preparati. La platea alla quale mi rivolgo io parte dai 55 anni in su, perché parlo principalmente con chi si avvicina alla pensione. Sono persone che lavorano da tanto, sono iscritte all'Eppi da tanto, quindi magari i meccanismi li hanno già rodati. La tua platea di non giovanissimi utilizza comunque il sito? Sì, certamente. Essendo professionisti in piena attività il sito lo conoscono molto bene. Lavorando, loro devono costantemente utilizzare le vie telematiche. Gennaio-Febbraio Com'è il rapporto con gli iscritti e in quali modi si struttura? Riceviamo anche mail o comunicazioni scritte alle quali cerchiamo di dare evasione in uno o due giorni, quindi loro già conoscono i nostri nomi perché firmiamo le mail... a volte richiedono di parlare con uno di noi in particolare. Anche se noi cerchiamo comunque di offrire un servizio professionale e formale si crea poi un rapporto molto diretto con gli iscritti, informale, ci danno del tu. Anche tu hai partecipato agli Eppi Point lo scorso anno... Questi incontri sono stati organizzati dai collegi provinciali, noi con la nostra valigetta partivamo da Roma e andavamo nei vari posti sul territorio. Avevamo un tavolo a parte per ricevere personalmente gli iscritti. Questa cosa ha aiutato molto il rapporto. Io ne ho fatti tanti di incontri, soprattutto nel Nord-Est, mi sono trovata gente che conoscevo solo di nome ed è stato bello. Stancante ma bello. Anche gli iscritti erano contenti di associare un nome al nostro volto. Cosa ti piace fare fuori dall'orario di lavoro? Vado a correre! E mi piace leggere. Ultimamente ho letto Il rumore delle perle di legno di Antonia Arslan. ◘ Anche se noi cerchiamo di offrire un servizio professionale e formale, si crea poi un rapporto molto diretto con gli iscritti. Conoscono i nostri nomi e richiedono di parlare con uno di noi in particolare 39 Politica Anatomia di una professione Di Ester Dini, S Centro Studi Fondazione Opificium ono 43.240 i periti industriali iscritti ai collegi territoriali e distribuiti tra Nord Est (32,5%), Sud e isole (26,6%) Nord Ovest (24,2%) e Centro (16,8%). Da qui prende le mosse il documento del Centro Studi Opificium, elaborato sulla base delle informazioni contenute nell’albo unico, che intende fornire un profilo della professione nel 2015, mettendo in luce le caratteristiche e le dinamiche di evoluzione. Da un punto di vista anagrafico, la fotografia che emerge è quella di un gruppo professionale «maturo», e che si prepara ad affrontare una sfida importante in termini di ricambio generazionale nei prossimi anni. I giovani con meno di 35 anni rappresentano il 13,1% degli iscritti: una percentuale bassa, se si considera che diversamente da altre professioni regolamentate, l’accesso a quella di perito avviene relativamente presto, e pertanto dovrebbe presentare un’incidenza più elevata degli appartenenti a tale fascia d’età. Al contrario, gli under 35 «pesano» sulla categoria tanto quanto gli over 65 (13%), mentre la parte più rilevante di iscritti, il 31,3%, si concentra nella fascia d’età intermedia, tra i 45 e 54 anni, il 20% tra i 35 e 44 anni, e il 22,6% tra i 55 e 64 anni. Altro tratto distintivo che emerge dall’analisi è la forte connotazione di genere che ancora caratterizza la professione. Le donne, infatti, rappresentano «solo» il 2,7% degli iscritti e, malgrado tra le generazioni più giovani si registri un aumento della loro presenza, questa resta ancora troppo limitata, soprattutto se si osservano i trend più recenti che hanno investito le professioni dell’area tecnica. Completa il profilo anagrafico l’analisi del titolo di studio che tuttavia costituisce una delle dimensioni più incerte, dal momento che nel 41,4% dei casi l’informazione relativa a tale variabile risulta mancante. Stando ai dati inseriti, risulta in possesso di una laurea l’1% degli iscritti: una 40 quota questa che oscilla a livello territoriale dall'1,2% del Sud, allo 0,7% del Nord Est. Val d’Aosta, Marche e Liguria sono le regioni in cui tale valore risulta più alto. Nella maggior parte dei casi, il titolo di studio è stato una conquista recente per i periti. Più della metà (il 57%) l’ha conseguito negli anni 2000, e solo l’11,2% precedentemente. Circa un terzo (31,8%) si è invece laureato negli ultimi cinque anni. Tra i giovani e le donne aumenta, anche se di poco, l’incidenza dei laureati: sono infatti il 2,4% tra gli under 35 e il 2,8% tra le perite: un dato quest’ultimo spiegabile anche alla luce delle specializzazioni più frequenti tra le donne che esercitano la professione, tra cui spiccano quelle in area chimica e fisica. Un terzo dei periti industriali è iscritto all’EPPI Entrando nel dettaglio dell’esercizio professionale, il primo elemento di distinzione interno alla categoria è costituito dalle modalità di esercizio, che possono essere di lavoro dipendente, oppure autonomo. Vi è da dire che tale distinzione, per quanto centrale anche e soprattutto a fini previdenziali, è rilevante solo in parte, dal momento che spesso e volentieri l’esercizio libero professionale può associarsi ad una condizione di lavoro dipendente, o addirittura derivare da questo, come nel caso di tanti professionisti che abbiano maturato la propria esperienza all’interno di una realtà aziendale, e deciso solo successivamente di fare il salto al lavoro in proprio. A prescindere tuttavia da tali considerazioni, è evidente che gli oltre 14 mila periti che esercitano come professionisti, e che corrispondono al 33,6% del totale degli iscritti, siano portatori di una modalità di intendere l’esercizio professionale del tutto distintiva e che, per quanto minoritaria, rappresenta un elemento ► Gennaio-Febbraio Che cosa sanno i periti industriali di se stessi L’introduzione dell’albo unico nazionale ha fornito alla categoria un utile strumento di analisi delle caratteristiche e delle linee evolutive degli iscritti, consentendo una radiografia delle proprie articolazioni interne: anagrafiche, generazionali e settoriali. Ecco un primo documento conoscitivo per rispondere alla domanda «chi siamo» e indispensabile per sapere «dove andiamo» Gennaio-Febbraio NOTA BENE. Il testo completo dell’indagine è consultabile su www.fondazioneopificium.it 41 Politica FIG. 1 – INCIDENZA DEGLI ISCRITTI CON MENO DI 35 ANNI E PIÙ DI 65 ANNI SUL TOTALE, PER AREA GEOGRAFICA, 2015 (VAL. %) TAB. 1 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI PER REGIONE, 2015 Nord-Ovest Liguria Lombardia Piemonte Val d'Aosta Nord-Est Emilia Romagna Friuli-Venezia Giulia Trentino-Alto Adige Veneto Centro Lazio Marche Toscana Umbria Sud e isole Abruzzo Basilicata Calabria Campania Molise Puglia Sardegna Sicilia Totale Val. ass. Val. % 10450 24,2 1284 3 6609 15,3 2498 5,8 59 0,1 14046 32,5 5017 11,6 2351 5,4 1707 3,9 4971 11,5 7253 16,8 1532 3,5 976 2,3 4123 9,5 622 1,4 11491 26,6 1003 2,3 296 0,7 659 1,5 3099 7,2 196 0,5 2445 5,7 1765 4,1 2028 4,7 43240 100 20 15 10 14,2 11,1 12 0 11,3 12,7 13 Più di 65 anni Nord-Ovest Centro Nord-Est Sud e isole Totale Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico Dipendente o altro non indicato Totale 36,5 28,5 38,9 24 38,5 25,4 11,6 17,4 15,1 16,5 4,6 2,2 100 8,7 8,3 2,7 100 11,7 6,8 2,5 100 Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico 42 13,1 Meno di 35 anni TAB. 2 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI PER AREA DI SPECIALIZZAZIONE E MODALITÀ DI ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE, 2015 ( VAL. %) Elettrotecnica Meccanica/termotecnica Elettronica/informatica/ telecomunicazioni Costruzioni Chimica/fisica/tessile Altro Totale 15,3 14,1 5 Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico Libera professione 15,6 ► di valore indiscutibile per la categoria. L’altro elemento di interesse che emerge è la maggiore incidenza di liberi professionisti nelle fasce generazionali più giovani. È indicativo da questo punto di vista come la quota di liberi professionisti passi dal 41,8% degli under 35, al 39,8% dei 35-44enni, per poi scendere sotto soglia 30% nella fascia d’età centrale, e risalire al 34,4% tra gli over 65 (fig. 2). Dalla lettura dei dati emerge chiaramente come la professione abbia una forte connotazione in campo elettrotecnico, concentrandosi qui ben il 38,5% delle specializzazioni degli iscritti. Seguono il settore meccanico/termotecnico, che raccoglie tra meccanica, termotecnica, industria metalmeccanica e navalmeccanica il 25,4% degli iscritti, poi quello elettronico/informatico/telecomunicazioni (15,1%) e quello edile (11,7%). Infine il 6,8% afferisce al settore chimico, fisico e tessile, mentre il 2,5% degli iscritti o non ha indicato il settore di specializzazione, o è collocabile in specializzazioni – si pensi all’industria mineraria, o alle tecnologie alimentari – che raccolgono ancora una quota molto bassa di periti. Gennaio-Febbraio Che cosa sanno i periti industriali di se stessi FIG. 2 – QUOTA DI LIBERI PROFESSIONISTI SUL TOTALE DEGLI ISCRITTI PER FASCIA D’ETÀ, 2015 (VAL. %) 50 41,8 40 39,8 30,2 28,5 30 34,4 33,6 20 10 le Tot a 65 di 4 55 -6 Più 4 45 -5 4 35 -4 Me no di 35 0 Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico TAB. 3 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO DI ISCRIZIONE E ETÀ AL MOMENTO DELL’ISCRIZIONE (VAL. %) ANNO DI ISCRIZIONE Età al momento dell'iscrizione Meno di 25 anni prima del 2000 dal 2000 al 2009 dal 2010 in poi Totale 34,2 20 26,8 29,5 45 47 36,3 44,4 35 anni e oltre 20,8 33 37 26 Totale 100 100 100 100 29 32,5 33,3 30,4 25-34 anni Età media Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico Una gamma di specializzazioni da aggiornare Uno dei dati più interessanti si riscontra analizzando il profilo degli iscritti per titolo di studio. Quello che emerge in questo caso, non è solo la differenza tra aree di specializzazione dei laureati rispetto ai diplomati (circa un quarto è specializzato nel settore informatico ed elettrotecnico, rispetto al 15% dei diplomati), quanto piuttosto il fatto che quasi un quarto dei laureati (il 23,2%) non si colloca in nessuno dei settori di specializzazione tradizionale, ma finisce nel sottogruppo residuale, distribuendosi tra quanti presentano una specializzazione in tecnologie alimentari e soprattutto tra chi non indica alcuna specializzazione: un dato questo che suggerisce anche la difficoltà che molti laureati incontrano a collocarsi all’interno di un «set» di specializzazione pensato quasi un secolo fa, e l’esigenza al tempo stesso di procedere quanto più speditamente possibile ad una revisione delle aree di specializzazione che sia coerente con Gennaio-Febbraio l’obiettivo di innalzamento del livello di istruzione che la categoria si è dato, e renda più facilmente collocabili al proprio interno anche quelle lauree triennali che rischiano al momento di non trovare «casa» alle proprie specializzazioni e competenze. Il primo dato da cui partire riguarda proprio l’accesso alla professione e il progressivo posticipo dell’età di ingresso (tab. 3): se tra quanti si sono iscritti prima del 2000, l’età media era di 29 anni, e ben il 34,5% ne aveva meno di 25, già negli anni 2000 la situazione ha iniziato a cambiare. L’età media di iscrizione all’Albo è salita a 32 anni e mezzo, e solo il 20% degli iscritti aveva meno di 25 anni. Aumenta parallelamente anche la quota di iscritti con più di 35 anni, passata al 33%. Con le iscrizioni degli ultimi cinque anni, vi è stata un’ulteriore accelerazione in tal senso: l’età media di iscrizione è infatti arrivata a 33 anni. A fronte tuttavia di un aumento degli over 35 tra i nuovi iscritti, arrivati al 37%, e riconducibile presumibilmente anche alla maggiore incidenza di laureati, aumenta leggermente anche la quota di quanti hanno meno di 25 anni (26,8%). Un dato quest’ultimo che troverebbe spiegazione in due fattori: da un lato, l’assenza di opportunità di lavoro alle dipendenze, presso aziende o istituzioni pubbliche, può avere spinto più giovani in direzione dell’avvio di un’attività in proprio al completamento del ciclo di scuola secondario. Dall’altro lato, la domanda di tecnici intermedi ha continuato a presentare, anche nel periodo della crisi, buoni trend di crescita; e ciò potrebbe avere spinto molti diplomati di istituti tecnici a presentarsi sul mercato e rinunciare a un percorso formativo di tipo terziario, con sempre meno prospettive di inserimento professionale. Cresce la libera professione Altri elementi suggeriscono come sia in atto un processo di trasformazione, ben fotografato dal profilo ► 43 Politica Che cosa sanno i periti industriali di se stessi FIG. 3 – INCIDENZA DI ALCUNI GRUPPI PROFESSIONALI (DONNE E LAUREATI) SUL TOTALE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO DI ISCRIZIONE (VAL. %) 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 3,8 3,1 3 2,3 1,1 0,5 donne prima del 2000 laureati 2000-2009 dal 2010 in poi Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico ► di perito che emerge tra i nuovi iscritti, e che tuttavia è ancora estremamente lento e contenuto per dare effetti visibili a livello di sistema. Cresce, anche se di poco, tra gli iscritti dopo il 2010, sia la quota di laureati (3,8%) che di donne (3,1%). Più indicativo è invece l’aumento della componente libero professionale tra le nuove iscrizioni (36,5% tra gli iscritti dopo il 2010, vedi tab. 4): un fattore questo che risente del positivo impatto dell’istituzione della Cassa previdenziale, ma anche collegabile alle più generali trasformazioni che hanno investito la professione e le sue competenze. Sul fronte delle specializzazioni, il futuro della professione vede certamente la crescita della componente elettronica, informatica e delle telecomunicazioni (quasi 20% tra i neoiscritti) a scapito soprattutto dell’area edile: una specializzazione scelta solo dall’8,8% degli iscritti a partire dal 2000. TAB. 4 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO DI ISCRIZIONE, AREA DI SPECIALIZZAZIONE E MODALITÀ DI ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE (VAL. %) ANNO DI ISCRIZIONE prima del 2000 dal 2000 al 2009 dal 2010 in poi Totale Area di specializzazione Elettrotecnica 36,9 41,7 39,6 38,5 Meccanica/termotecnica 25,6 23,4 24,2 24,8 Elettronica/informatica/telecomunicazioni 12,8 17,9 19,9 15,1 Costruzioni 14,6 8,9 8,8 12,4 Chimica/fisica/tessile 7,5 5,5 5,5 6,8 Altro 2,6 2,6 2 2,5 100 100 100 100 Totale Modalità di esercizio della professione Libero professionale 32,1 35,9 36,5 33,6 Dipendente o altro non specificato 67,9 64,1 63,5 66,4 Totale 100 100 100 100 Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico La sorpresa del Sud L’ultimo elemento di nota riguarda il territorio, e le differenze riscontrabili al suo interno proprio con riferimento al ricambio e all’impatto che il protagonismo di alcune aree può avere nel definire il profilo della professione in una direzione piuttosto che 44 nell’altra. È da sottolineare da questo punto di vista il caso del Sud Italia, che ha contribuito a più di un terzo (34,8%) delle nuove iscrizioni, e al ruolo della Campania, che assieme a Veneto e Lombardia sono le regioni che hanno dato il maggior contributo al numero dei nuovi iscritti (tab.1). ◘ Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 45 STORIE DI NOI È la rubrica di «Opificium» dedicata a raccontare le avventure professionali dei nostri colleghi. La redazione è pronta a raccogliere le segnalazioni dei lettori. Potete scriverci a [email protected] 46 Gennaio-Febbraio Storie di noi All'Aquila dopo il terremoto L'alba della ricostruzione Quando la natura distrugge, i tecnici corrono ai ripari. Dopo il sisma del 2009 all'Aquila, i primi due edifici a tornare in vita sono stati la Chiesa di San Biagio Amiterno e l'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi. Ripercorriamone la storia da un punto di vista privilegiato: quello di un giovane collega perito industriale protagonista dei due progetti pionieri, un siciliano che ha messo le sue competenze al servizio dell'Abruzzo Di Noemi Giulianella T estimone e attore della ricostruzione dell'Aquila post-sisma, Simone Santaera ripercorre le tappe della sua carriera, ancora breve per la sua giovane età, ma già ricca di esperienze e progetti notevoli. La collaborazione come consulente elettrico con lo studio che ha curato la ristrutturazione dei due edifici religiosi abruzzesi lo ha condotto a all'Aquila a seguire il progetto degli impianti dei due luoghi di culto in un territorio così delicato. Forse la Sicilia non è quell'isola sonnacchiosa che spesso ci dipingono, e forse i giovani periti industriali potrebbero osare di più... I media hanno parlato molto della ricostruzione dell'Aquila, spesso anche in senso negativo. Lei che vi ha partecipato attivamente, che ha respirato quell'aria, conferma questa lettura? In realtà no, c'era un'aria di rinnovamento, di ripresa. Questi sono stati i primi due cantieri che sono partiti e si sono conclusi nei termini stabiliti. C'era entusiasmo e fervore. I progetti sono del 2010, i lavori sono partiti subito e sono stati conclusi in tempo. Non c'erano lamentele da parte della collettività durante questi lavori. Gennaio-Febbraio La cittadinanza quindi era vicina al vostro progetto? Sì, i cittadini dell'Aquila erano molto contenti, quella di San Biagio è stata la prima chiesa a riaprire dopo il sisma. E con lei l'oratorio di San Giuseppe, che è proprio annesso alla chiesa. È stato molto bello entrare in quell'area. Avevamo un compito delicato noi tecnici: andare a ricostruire quello che la natura aveva distrutto. Quanto cambia il lavoro del perito quando parliamo di beni culturali? Questo rappresenta uno stimolo o piuttosto un ostacolo al lavoro? Quando si fa un lavoro su un bene vincolato dalla Soprintendenza ai beni culturali, il tecnico deve essere in grado di arrivare all'obiettivo nel modo meno invasivo possibile per la struttura. Quindi si devono ottimizzare i percorsi, diminuire il più possibile le condutture (parlo ovviamente per la parte elettrica) in modo che gli interventi non si vedano, non pesino sulla natura della struttura. Ed è stato questo l'obiettivo all'Aquila, che abbiamo raggiunto: mimetizzare l'impianto ma farlo comunuque efficiente. Tutto questo sotto il vigile controllo della Soprintendenza. Sicuramente è un ► 47 Storie di noi Chi è? Simone Santaera nasce a Ragusa nel 1978 e consegue nel 2001 il diploma di perito industriale, con specializzazione in elettrotecnica e automazione all'Itis Majorana. Lavora sin da subito per diverse aziende operanti nel settore degli impianti elettrici come perito, consulente e responsabile della qualità. Dal 2003 si è messo in proprio e ha aperto uno studio di progettazione e consulenza su impianti elettrici, lo Studio Tecnicomega, a Modica. Tra le sue esperienze più significative ricordiamo la progettazione dell'impianto elettrico per la Chiesa di San Biagio e l'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi dell'Aquila, distrutti dal sisma del 2009. Dal 2014 è membro del Consiglio direttivo del Collegio dei periti industriali di Ragusa. ◘ 48 ► vincolo, perché ti devi interfacciare con l'organo che concede le autorizzazioni per procedere, ma credo sia necessario. L'essenza del tecnico è proprio questa: valutare quello che si deve andare a fare e dare le soluzioni per arrivare all'obiettivo. Come si è mosso, nello specifico, per quanto riguarda l'illuminazione dei due edifici? Nel progetto dell'Aquila entrambi gli edifici sono stati illuminati con illuminazione a risparmio energetico, quindi con tecnologia a Led. Questo ha garantito un risparmio economico e un risparmio sulla gestione dell'edificio. La direzione è questa e, in realtà, si sta imboccando anche per quanto riguarda le strade e le abitazioni civili: ormai si guarda al Led. Efficientamento e risparmio. Sarà questa anche in futuro, spariranno le vecchie lampade e il parco illuminazione che c'era una volta. Lei ha lavorato per molto tempo come responsabile della qualità. È una figura importante, frutto di una riflessione piuttosto recente... Quando ero responsabile della qualità dell'azienda per la quale lavoravo ho svolto un compito che serviva sia all'azienda (perché la certificazione è importantissima per un'azienda che vuole lavorare e allargare i suoi ambiti di intervento), sia a me nel mio impegno quotidiano. La qualità la continuo a ricercare anche nel mio studio seguendo un sistema e un'organizzazione che la garantisca. Non è un sistema certificato ma lo utilizzo ugualmente, è importantissimo: si evita di sprecare tempo e si incentiva la produttività. Controllo tutti gli step anche a livello progettuale per monitorare passo passo il livello e la prestazione, per arrivare al progetto completo. Nell'azienda è lo stesso procedimento. Guardando la sua carriera e le sue esperienze sembrerebbe proprio che quello della Sicilia lenta e arretrata sia solo un luogo comune... Sì, assolutamente. Viene vista come una regione trascurata e che ha poca voglia di fare, ma in realtà non è così. Io tra l'altro sono in un piccolo comune della provincia più sperduta, a Modica, eppure non posso lamentarmi, la mia carriera mi ha offerto tanto, non sono mai stato fermo. E se c'è bisogno della mia figura vuol dire che c'è un mercato edile in movimento. Il momento più bello da perito industriale? Forse è stato proprio il primo giorno, quando sono entrato nel mio studio e mi è stato commissionato il primo lavoro. Lo conservo ancora in una teca, è l'emblema dell'inizio della carriera. Io ho iniziato nel 2003, ero un ragazzo, e avere la consapevolezza di essere il responsabile di un progetto Gennaio-Febbraio All'Aquila dopo il terremoto mi ha fatto percepire la fiducia della gente, è stato insieme l'inizio e già un traguardo. Poi ce ne sono stati altri, non metto mai limiti, anche il progetto dell'Aquila è stato molto stimolante: da un piccolo comune di una piccola provincia mi sono ritrovato ad operare in un luogo così delicato. Lei è membro del Consiglio direttivo del Collegio di Ragusa. C'è posto per i giovani anche nella dirigenza? Certamente, io ringrazio il mio collegio e il direttivo attuale perché mi hanno invogliato e poi coinvolto, sono stato anche rappresentante al ► L'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi La prima fabbrica dell’Oratorio di S. Giuseppe dei Minimi risale secondo l’Antonini, nunzio apostolico in Paraguay ed esperto dell'arte religiosa aquilana, al 1646, quando una parte della precedente chiesa di S. Biagio, venne ceduta alla Confraternita del Suffragio che vi costruì una piccola chiesa, mantenendo dell’antica chiesa di S. Biagio le due monofore ogivali ed il portale trecentesco, tutt’oggi presenti nella facciata principale su via di Roio. La forma dell’edificio seicentesco non è nota, ma ipotizza l’Antonini che in base alla dimensione degli altari e delle riunioni che vi si svolgevano doveva essere più grande della attuale. Con il terremoto del 1703 la chiesa venne gravemente lesionata, e nel 1708 la Curia aquilana ne autorizzò il trasferimento nel sito dell’attuale chiesa di Santa Maria del Suffragio, all’interno della quale, dopo la sua costruzione avvenuta tra il 1714 ed il 1719, vennero traslati i due altari di inizio Settecento. La Confraternita del Suffragio continuò a possedere ed utilizzare l’Oratorio, anche se in forma ridotta, sino alla seconda metà Gennaio-Febbraio del '700. Nel 1770 l’edificio fu venduto alla Confraternita di S. Giuseppe dei Minimi, che nel 1819 acquistò anche l’adiacente chiesa di S. Biagio. L’interno dell’Oratorio è tra i maggiori esempi barocchi della città, opera attribuita a Giovan Francesco Leomporra, architetto della facciata di Santa Maria del Suffragio. L’edificio settecentesco presentava una facciata barocca ed all’interno era privo di volta. Nel 1930, con un intervento ad opera di Alberto Riccoboni, vennero rimosse le forme barocche della facciata e riportata la muratura a faccia vista in continuità con la facciata posteriore di S. Biagio; a lui si deve pure la realizzazione della grande finestra circolare presente sul portale trecentesco. Non si ha notizia se in quella occasione o in un intervento successivo venne rialzata l’attuale copertura con la realizzazione di quello che apparentemente sembra un cordolo sommitale in cemento. Mentre la volta a botte lunettata venne realizzata in occasione dei restauri realizzati alla fine del 1990 dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per l’Abruzzo. ◘ 49 Storie di noi ► Congresso straordinario del novembre 2014 sulla professione e ho visto con piacere che c'erano molti ragazzi: è stata un'opportunità per interagire con altri colleghi più anziani e più esperti, che possono suggerirci molto, non solo sull'aspetto tecnico del lavoro ma anche su quello normativo e burocratico. La chiesa di San Biagio Amiterno La Chiesa di S. Biagio d'Amiternum, oggi ribattezzata S. Giuseppe Artigiano, costituisce un monumento carico di significato storico, civile ed ecclesiastico per la città de dell’Aquila. Storicamente infatti essa rappresentava la chiesa cittadina più importante per gli Amiternini. Posta fra piazza S. Biagio e la via di Roio, la chiesa rimane oggi inglobata fra il Palazzo Piscitelli e l’oratorio sconsacrato di S. Giuseppe dei Minimi. Le sue origini, con la dedicazione a S. Vittorino, vengono poste dall’Antonini nella prima metà del Duecento, nella parte più antica della città, a ridosso della Cattedrale di S. Massimo, e ciò a testimoniare l’uguale dignità e la condizione di autonomia di cui godeva la Chiesa Amiternina nei confronti di quella Forconese, secondo quanto stabilito nella Convenzione del 1257 a seguito del trasferimento della sede episcopale da Forcona a all'Aquila. Tante e differenti le vicissitudini della fabbrica nel corso della storia e non tutte documentabili, fino alla data fatidica del 9 aprile 2009, quando in seguito al disastroso sisma che ha colpito l'Abruzzo, la Chiesa ha subito la stessa sorte degli altri monumenti rimanendo inagibile. ◘ 50 Gennaio-Febbraio All'Aquila dopo il terremoto Bisogna essere consapevoli su entrambi i fronti. Spero che si continui a dare opportunità ai giovani di inserirsi nella dirigenza della categoria, a dare spazio alle nuove leve anche nella parte attiva, nelle decisioni del collegio. Bisogna partecipare, non lasciare la propria iscrizione nel cassetto. ◘ IL PROGETTO DI RESTAURO Dopo una meticolosa ricognizione dei danni provocati dal sisma, un attento rilievo di tipo strutturale, materico e metrico e, non ultimo, dopo una campagna di indagini, si è proceduto alla progettazione dell'intervento di ricostruzione e restauro che ha comportato: • lo smontaggio dei tetti in cemento armato delle navate e la costruzione di nuovi tetti con capriate lignee su cordoli in muratura armata, previo consolidamento dei muri sottostanti con iniezioni di malta di calce e sarcitura delle lesioni con la tecnica dello scuci cuci; • la ricostruzione del timpano della facciata e del finestrone centrale crollati a seguito del sisma; • il restauro e la sostituzione delle strutture lignee portanti dei tetti (capriate, arcarecci, tavolato) nella navata centrale e nelle navate laterali; • il consolidamento di tutti gli archi sia trasversali che longitudinali; • la riconfigurazione di tutte le cornici ed i partiti architettonici dei cupolini; • il restauro conservativo della volta principale in camorcanna; • la realizzazione della nuova pavimentazione nell’area dell’altare maggiore; • la realizzazione del nuovo impianto elettrico predisposto per la domotica e lo studio illuminotecnico con l’inserimento di nuovi corpi illuminanti a led sia all’interno che all’esterno della chiesa; Gennaio-Febbraio • la realizzazione dell’impianto di riscaldamento a pannelli radianti; • la realizzazione del nuovo impianto di diffusione sonora. ◘ 51 Economia Un censimento sulla libera iniziativa in Italia Laboratorio Qualcosa si muove in un Paese ancora inchiodato a un Pil +0,... Ma a macchia di leopardo e con un Sud troppo immacolato. Quello che altrove è la massima ambizione dei millennial e già presenta successi a catena (non solo nella Silicon Valley, ma anche in Germania e Francia), da noi vive una fase sperimentale: molta buona volontà, qualche idea geniale e scarsi finanziamenti. Ma è una delle strade per provare a ripetere «il miracolo italiano» 52 Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 53 Economia Un censimento sulla libera iniziativa in Italia Di Lidia Baratta, giornalista de «L’Inkiesta» S ono popolate soprattutto da uomini, e concentrate nel Nord Italia. L’ecosistema delle startup italiane ha un genere, quello maschile, e una capitale, Milano. Secondo l’ultimo aggiornamento del Registro delle imprese, a gennaio 2016 le startup innovative italiane sono più di 5mila, con un fatturato complessivo di 350 milioni di euro. Piccole e spesso micro imprese, nella maggior parte dei casi senza dipendenti, che spesso però hanno una vita breve. Perché, nonostante i numeri di chi ci prova siano sempre in crescita (+16,7% nei primi tre mesi del 2015), il sistema degli investimenti nel nostro Paese è ancora immaturo. Non solo se confrontato con il «paradiso degli startupper» della Silicon Valley, ma anche con i vicini Paesi europei. Per fare un esempio: il valore degli investimenti istituzionali in startup in Italia è la metà di quello spagnolo e addirittura un decimo di quello francese. Chi sono, cosa fanno e dove si trovano le startup italiane In Italia le startup rappresentano lo 0,25% del quasi milione e mezzo di società di capitali. Complessivamente, il capitale sociale ammonta a 192 milioni di euro, che corrisponde in media a circa 52mila euro a impresa. Il 73% delle startup fornisce servizi alle imprese, con una prevalenza della produzione di software e consulenza informatica e nel settore della ricerca e sviluppo. A seguire, il 18,2% opera nell’industria in senso stretto, con una concentrazione nella fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici; e il 4,1% nel commercio. In questo ecosistema, le startup composte in maggioranza da donne sono solo 477, pari al 12,9% del totale. Una quota inferiore a quella delle società di capitali femminili (che sono il 16,4% del totale delle società di capitali). Le società in cui almeno una donna è presente nella compagine organizzativa sono invece 1.654, poco più del 44 per cento. Anche i giovani, contrariamente a quanto si pensi, non abbondano. Le startup a prevalenza giovanile (under 35) sono il 23,7%, seppure circa quattro volte più dell’incidenza tra le società di capitali (6,4%). Il 44% dei fondatori di startup ha tra i 30 e i 40 anni, e il 37% supera i 40 anni. Solo 88 startup, invece, il 2,4%, sono a prevalenza straniera. L’epicentro del mondo degli startupper italiani è la Lombardia, che è la regione che ospita il numero maggiore di startup innovative: 808 a inizio 2015, 54 Per essere una startup non basta aprire un ristorante In economia identifica una nuova impresa nelle forme di un'organizzazione temporanea o una società di capitali in cerca di un business model ripetibile e scalabile. L'avvio di un'attività imprenditoriale non scalabile, come l'apertura di un ristorante, non coincide dunque con la creazione di una startup ma di una società tradizionale. ◘ Fonte: Wikipedia cresciute ormai oltre la soglia delle mille, pari al 21,8% del totale nazionale. Al secondo posto si posiziona l’Emilia Romagna, con 451 registrazioni, seguita da Lazio con 347, Veneto con 274 e Piemonte con 266. In coda alla classifica, Basilicata (20), Molise (16) e Valle D’Aosta (10). Se consideriamo invece l’incidenza delle startup in rapporto alle società di capitali, a vincere è il Trentino Alto Adige, con 72 startup ogni 10mila società. In termini assoluti, però, la capitale degli startupper italiani resta Milano. Che vanta la provincia con il maggior numero di startup innovative: 533. Seguono Roma (302), Torino (201), Bologna (121) e Napoli (109). Superano le 100 startup anche Modena e Trento. Le oltre 5mila startup innovative italiane iscritte nel Registro delle imprese nel loro complesso nel 2014 hanno dichiarato a bilancio circa 5mila dipendenti. Le startup finanziate nel 2014 hanno generato 1.565 posti di lavoro. «Questo dato rappresenta una sottostima della reale capacità delle startup di creare occupazione», spiega però Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio Startup del Politecnico di Milano, «in quanto non considera che spesso le nuove imprese si appogGennaio-Febbraio INVESTIMENTI NELLE STARTUP DEL NOSTRO PAESE Ma sono solo la metà di quelli della Spagna e un decimo di Francia e Germania 140 +15% 120 -7% +11% 133** 120* 112 100 Milioni di Euro giano a collaboratori esterni full time equivalent che non compaiono a bilancio. Tuttavia, ad oggi il peso delle startup innovative nel generare impatti positivi a livello macro-economico resta limitato». Sulle 1.700 imprese delle quali si hanno a disposizione i bilanci di esercizio relativi al 2013, il valore della produzione media è pari a 118mila euro. Ma la metà delle startup innovative nel 2013 ha prodotto solo fino a 27mila euro. Complessivamente, la produzione è pari a 200 milioni di euro nel 2013. E più della metà (58,1%) delle società risulta in perdita. Per ogni euro di produzione le startup innovative italiane generano in media 12 centesimi di valore aggiunto, un dato più basso di quello delle società di capitali (20 centesimi). 129 80 60 40 20 0 2012 2013 2014 2015 * Il valore relativo all'intero 2014 è una correzione sulla stima effettuata ad ottobre 2014 ** Il valore relativo al 2015 è una stima Fonte: Politecnico di Milano DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI FINANZIAMENTI È il Nord (come al solito) a fare la parte del leone 100% Un piccolo ecosistema Uno dei problemi del nostro ecosistema di startup è la sottocapitalizzazione. Nel 2015, in base ai calcoli fatti da StartupItalia! e Finsmes, sono stati investiti nelle startup italiane 97,9 milioni di euro per un numero complessivo di 74 operazioni. Una cifra condivisa in realtà non esiste. I diversi attori coinvolti, usando parametri differenti, arrivano a cifre diverse. Secondo l’Osservatorio Startup del Politecnico di Milano e Italia Startup si arriverebbe invece a 133 milioni di euro di investimenti. Di questa cifra, oltre ► Gennaio-Febbraio 80% 60% 53% 54% 15% 16% 32% 30% 2012 2013 2014 Tot: 77 milioni € Tot: 82 milioni € Tot: 63 milioni € 60% 40% 19% 20% 21% 0 Nord Centro Sud Gli investimenti illustrati si riferiscono esclusivamente a quelle startup che hanno ottenuto finanziamenti da investitori istituzionali Fonte: Politecnico di Milano 55 Economia ► il 90% arriva da investimenti superiori ai 300mila euro. Ma, fanno notare gli esperti, difficilmente venture capital, fondi e business angel comunicano operazioni inferiori ai 300mila euro – che sono pure tante. Per questo motivo il tesoretto potrebbe essere anche più alto. Ma se anche fossimo oltre i 100 milioni di euro siamo comunque ancora distanti dal minimo che si chiede a un ecosistema di startup evoluto. Si tratta solo di un nono, dicono da StartupItalia!, considerando un miliardo come l’obiettivo minimo che gli stakeholder si sono dati entro il 2018. D’altronde, nel nostro Paese esistono solo sei fondi di venture capital, un decimo di quelli francesi. Tant’è che due startup, italiane per la nazionalità, ma con sede a Boston (avendo trovato lì qualcuno che ha creduto in loro) nel 2015 da sole hanno racimolato 67 milioni di euro. Si tratta di Gelesis, che ha incassato 35 milioni; e M.Gemi, che ne ha raccolti 32. «Il mercato degli investimenti in startup hi-tech in Italia è tornato a crescere», dice Antonio Ghezzi. «Questo è dovuto in gran parte all’apporto fornito dalla componente degli investitori non istituzionali, come venture incubator e business angel, in forte crescita dal 2012 a oggi con tasso medio annuo di un più 30%». E, nell’ultimo anno, è cresciuto l’interesse degli investitori stranieri. Per fare un esempio, la startup DoveConviene ha raccolto 10 milioni dagli anglo-svizzeri di Highland Capital Partners. Ma sul fronte degli investimenti istituzionali, fondi di venture capital e finanziarie regionali, l’Italia è ancora lontana dall’essere un sistema maturo. Con un rallentamento ulteriore dell’8% nel biennio 2014-2015. Che rappresenta però, spiega Ghezzi, «un periodo di transizione necessaria in cui importanti fondi con target nel Mezzogiorno hanno terminato il proprio periodo di investimento, mentre diversi nuovi fondi stanno concludendo o hanno da poco concluso una fase di raccolta». In base ai dati del Politecnico di Milano, nel 2014 gli investimenti istituzionali in startup sono stati di soli 63 milioni di euro. Per fare un confronto, in Spagna sono stati 127, in Germania 510, in Francia 624. FOCUS QUANTO È FACILE (O DIFFICILE) FARE STARTUP 56 Se seguiamo una startup in fase embrionale, il punto di partenza è creare il team giusto e sfruttare le competenze interne, che devono essere il più possibile eterogenee. Il team è tutto, dicono gli esperti. In questa fase può aiutare rivolgersi a incubatori e acceleratori, sfruttando anche le competenze messe a disposizione da università e centri di ricerca. I diversi incubatori universitari italiani, dal Polihub del Politecnico di Milano a Technest dell’Università della Calabria, hanno tutti buone performance. Gli altri incubatori, invece, hanno tutti riscontrato «difficoltà nel realizzare un indotto di startup in ingresso e in uscita che consenta la sostenibilità del loro modello di business», dice Antonio Ghezzi. Per quanto riguarda i finanziamenti, la parte iniziale è quella più difficile. Ma «non devono rappresentare un’ossessione», precisa Ghezzi. «Nel mondo hi-tech è possibile sviluppare asset strategici che possano, in una fase successiva, attirare finanziamenti investendo prima di tutto tempo e capitale umano, e non necessariamente ingenti quantità di denaro fin dalle prime fasi». Ma è anche vero che le possibilità di ottenere investimenti in fascia di piccola taglia (seed) per avviare la startup sono in crescita, grazie all’aumento del numero di incubatori e business angel disposti a investire nelle fasce basse. Il governo italiano, e in particolare il Ministero dello sviluppo economico, negli ultimi tempi hanno anche messo in atto azioni importanti rivolte all’incentivazione dell’imprenditorialità. Un esempio sono l’Italian Startup Act e l’Italia Startup Visa Programme. ◘ Gennaio-Febbraio Un censimento sulla libera iniziativa in Italia Tra il 2012 e il 2015 solo 364 startup italiane hanno ricevuto finanziamenti da parte di investitori istituzionali e non istituzionali. «Questi numeri», dice Ghezzi, «sono ancora ridotti se paragonati ad altre nazioni europee come Francia e Germania che investono in startup innovative dieci volte di più rispetto a noi. Gli investimenti in Spagna sono circa il doppio di quelli quantificati in Italia». Oltre la metà degli investimenti è indirizzata verso il Nord Italia, dove si concentra la maggioranza delle startup italiane. Si registra però una crescita dell’attenzione alle nuove imprese del Sud, dove gli investimenti sono cresciuti dal 21% al 30% tra il 2012 e il 2014. La Lombardia, da sola, attira il 41% degli investimenti complessivi early stage (nella fase iniziale delle imprese). Ma è ancora molto lontana da alcune realtà europee, assicurano gli addetti ai lavori. Qualcosa cambia «Le motivazioni alla base delle dimensioni ancora ridotte dell’ecosistema startup italiano sono diverse», spiega Antonio Ghezzi. «Anzitutto la relativa giovinezza del comparto hi-tech italiano rispetto ad altri Paesi, dove questi mercati sono avviati da tempo e consolidati. Poi va tenuta in considerazione la limitata disponibilità finanziaria dei fondi di venture capital rispetto alle loro controparti internazionali». Non solo. La propensione individuale all’imprenditorialità e al rischio, in Italia, è piuttosto bassa. E anche i venture capital tendono a tenere un profilo di rischio più basso. Nel 93% dei casi, non a caso, gli imprenditori finanziati hanno almeno una laurea di primo livello e un’età media di 38,5 anni. «Questo significa che i venture capital mostrano una tendenza a privilegiare founder maturi con professionalità certificata dal titolo di studio, rispetto alla bontà dell’idea di business in sé». Certo, negli ultimi anni qualcosa è cambiato. «È cresciuta la consapevolezza sul ruolo chiave che le nuove imprese possono avere come motore di crescita e sviluppo in economie mature», dice Ghezzi. Questa nuova consapevolezza, unita alla congiuntura negativa «che ha messo in crisi molti dei valori dominanti della società italiana dal punto di vista lavorativo, ha impattato significativamente sulla mobilità e propensione al rischio, soprattutto dei giovani. Nell’ambito universitario, riscontriamo come sempre più studenti scelgano liberamente di abbinare alla preparazione tradizionale del loro corso di studi anche esperienze di stage, internship e partecipazione a corsi su imprenditorialità, oppure tentino di avviare iniziative imprenditoriali parallelamente agli studi. Questi aspetti stanno via via determinando dinamiche positive, anche se dimensionalmente limitate, in tutte le fasi del ciclo di vita delle startup». ◘ Gennaio-Febbraio Vocabolario Il mondo delle startup parla una propria lingua, per lo più anglofona. Il termine bootstrapping, ad esempio, indica le risorse finanziarie proprie senza poter contare su capitali esterni, come accade spesso nelle fasi iniziali della startup. In questo caso si può parlare anche di love capital, racimolato tra parenti e amici (il fattore amore, quindi, è importante). L’early stage financing è il finanziamento nella fase iniziale che le startup riescono a raccogliere anche in assenza di clienti. Mentre il seed capital è proprio il primo capitale, quello che mette il seme appunto. Ma perché una startup cresca, ha bisogno di incubatori (nella fase di nascita), acceleratori (nella fase di crescita) e di mentor (una figura di esperienza che fa da guida). Tra le cose che bisogna imparare subito, c’è la capacità di tenere i pitch: presentazioni delle idee di business, di solito di 2-3 minuti, in cui bisogna catturare l’attenzione dei finanziatori. Altre figure fondamentali sono i business angel, investitori singoli che mettono a disposizione i propri capitali su affari in cui rischio e potenziali guadagni sono elevati, e i fondi di venture capital, che puntano su affari rischiosi ma dall’alto potenziale di crescita con investimenti di solito più pesanti e di durata maggiore. La exit, infine, è il traguardo più ambìto, cioè l’uscita dalla fase di startup e l’entrata nella vita adulta. Ogni exit è una storia a sé. Ma se la exit è un successo, l’universo startup è fatto anche di zombie, società che da anni si reggono in piedi con crescite vicino allo zero, ma che in realtà sono morti che camminano. ◘ 57 Tecnica Come difendere la città dal global warming Contro lo squagliamento Nel XXI secolo si moltiplicheranno le metropoli e vi vivranno quasi due terzi della popolazione mondiale. Ma a causa del riscaldamento globale le città potrebbero trasformarsi in trappole infernali. Per contrastare gli effetti dell’«Isola di Calore Urbana» si stanno studiando materiali innovativi in grado di contenere l’innalzamento delle temperature e di limitare i costi energetici per il raffreddamento degli spazi interni. Ma la storia è appena cominciata... Di Massimo Bastelli, componente del Gruppo di lavoro Edilizia, Lavori pubblici e Pianificazione territoriale del Collegio di Bologna I l rapido e consistente aumento demografico mondiale, iniziato già nel XIX secolo e tuttora in corso, si è accompagnato a un fenomeno di concentrazione della popolazione nelle città: negli ultimi duecento anni, con lo sviluppo dell’industria e dei servizi, il processo di inurbamento della popolazione si è andato intensificando. Le più recenti statistiche riportano che nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo 29 vivevano in aree urbane. Nel 1990 questa quota era salita al 45% e la popolazione urbana era più che triplicata, giungendo a 2,4 miliardi. Nel 2009 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale. Oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Ma la tendenza è inarrestabile e si prevede che intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, almeno cinque miliardi di individui risiederanno in città. La popolazione rurale resterà pressoché stazionaria nei paesi sviluppati, mentre continuerà a diminuire in quelli meno sviluppati. E si prevede che nel corso dei prossimi trent’anni l’83% della crescita demografica mondiale avverrà nelle aree urbane dei paesi in via di sviluppo. Le città, per questa sostenuta spinta all’inurbamento di grandi masse di popolazione, si stanno surriscaldando 58 ancora di più del mondo circostante: la causa è l’elevata capacità delle superfici cittadine (strade, tetti, edifici ecc.) di assorbire la radiazione solare e restituirla poi all’aria soprastante, producendo negli agglomerati urbani di ogni scala il fenomeno dell’isola di calore urbana (urban heat island, Uhi), un surriscaldamento rispetto alle campagne che si manifesta sia di giorno che di notte e può raggiungere un valore superiore di 7-10 °C a quello delle aree limitrofe. Cerchiamo ora di capire come il global warming possa divenire (se non lo è già) fonte di problemi per l’uomo: si tratta di capire e valutare il suo impatto su comfort termico, salute, energia, economia, qualità della vita. L’impatto sul comfort termico In questo caso i danni sembrano essere già avvenuti. Il Predicted Mean Vote (Pmv), ovvero voto medio previsto, è un indice di valutazione dello stato di benessere di un individuo e tiene conto delle variabili soggettive e ambientali; si tratta quindi di una funzione matematica che dà come risultato un valore numerico su una scala con range da -3 (indice di sensazione di troppo freddo) a +3 (indice di sensazione di troppo caldo), dove lo zero rappresenta lo stato di benessere termico. ► Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 59 Tecnica Le febbri del pianeta Terra Tutte le aree urbane del pianeta sono caratterizzate da un importante aumento: • della temperatura ambiente • della frequenza delle ondate di calore • della durata delle ondate di caldo • dell'intensità dell’isola di calore urbana (UHI). ◘ ► Ebbene, per una città come Atene il numero di giorni con Pmv>2 (quindi con una sensazione forte di troppo caldo) si attestava nel 1954 intorno a 35, nel 2010 alla stessa ora (14:00) il numero di giorni era salito a 90. Il medesimo studio, condotto sempre sulla città di Atene, ha anche dimostrato che in estate, alle ore 14:00, l’incremento dell’indice Pmv in condizioni di vento a 3m/s è passato da –1,1 nel 1954 a +0,7 nel 2010 e che in condizioni di calma senza vento nei medesimi anni è passato da 0,4 a 1,5. L’impatto sulla salute L’incremento di giornate di malessere è fortemente impattante sulla salute umana e studi recenti, redatti su dati concreti, hanno evidenziato come l’incremento delle temperature sia strettamente correlato all’incremento della mortalità degli individui. Il grafico riprodotto qui a fianco rende meglio di ogni descrizione la correlazione tra temperatura apparente e mortalità. Ed è stupefacente osservare come le città più a nord dell’Europa quali Londra, Stoccolma, Helsinki, Praga (linea rossa) abbiano il tasso delle temperature minime di mortalità 0 compreso tra 21,7 °C e 23,9 °C e come tale tasso cominci ad impennarsi già al raggiungimento dei 27 °C. Le città come Atene, Milano, Roma, Torino, Valencia e Barcellona (linea nera), invece, hanno il tasso delle temperature minime di mortalità 0 compreso tra 30 °C e 31 °C 60 e tale tasso si impenna al raggiungimento dei 32 °C. Uno studio, condotto nella City di Londra e nel suo hinterland, ha evidenziato come in periodi dell’anno con temperature di 38 gradi, nella stessa Londra l’incremento percentuale di decessi rispetto al trend normale sia stato del 40%. E come nell’East e West Midlands già a temperature attorno a 35 °C la percentuale di incremento sia stata del 25% e nello Yorkshire del 15% già a 33 gradi. Un’altra ricerca condotta in Portogallo ha previsto nel 2020 una mortalità, a causa del surriscaldamento, di un numero di persone compreso tra il 5,8 e 15,1 su 100.000 e nel 2050 la previsione di mortalità è di un numero di persone compreso tra 7,3 e 35,9. Attualmente questo numero è compreso tra 5,4 e 6 persone ma nel 2080 è stimato possa attestarsi tra 19,5 e 248,4 su 100.000. L’impatto sull’energia Recenti studi condotti in Giappone hanno dimostrato che l’effetto dell’aumento di 1°C di temperatura sul consumo di energia nella zona di Tokyo (in estate) è equivalente all’incremento di circa 1,8 Gw di domanda di energia elettrica. Se la domanda fosse coperta da produzione di energia nucleare significherebbe la realizzazione di due reattori nucleari di taglia media il cui costo totale sarebbe di circa 2,5 bilioni di dollari. In realtà si calcola che l'impatto dei cambiamenti climatici nell’ambiente urbano faccia aumentare non solo il picco della domanda di energia elettrica e la domanda di energia assoluta per il raffreddamento, ma anche la concentrazione di inquinanti e, conseguenza finale, ► Gennaio-Febbraio Come difendere la città dal global warming Londra Uno studio, condotto nella City di Londra e nel suo hinterland, ha evidenziato come in periodi dell’anno con temperature di 38 gradi, nella stessa Londra l’incremento percentuale di decessi rispetto al trend normale sia stato del 40%. E come nell’East e West Midlands già a temperature attorno a 35 °C la percentuale di incremento sia stata del 25% e nello Yorkshire del 15% già a 33 gradi. ◘ ALL’UOMO IL CALDO NON FA BENE Incremento dei tassi di mortalità in alcune città europee correlato all’innalzamento della temperatura 21,7 23,9 27 32,7 4 3 Tasso di mortalità 2 1 0 Città C° Atene 32,7 Milano 31,8 Roma 30,3 Torino 27 Valencia 28,2 Barcellona 22,4 Londra 23,9 Helsinki 23,6 Praga 22 Stoccolma 21,7 -1 -2 -3 Temperatura percepita -5,0 0,0 Gennaio-Febbraio 10 20 30 40 61 Tecnica Come difendere la città dal global warming 2015, L'ANNO PIÙ CALDO DAL 1880 Deviazioni dalla media delle temperature della superficie terrestre negli ultimi 135 anni Gli anni più caldi 1.00 0.75 0.50 0.25 + 0 0.25 0.50 0.75 1880 90 1900 10 20 30 40 50 60 70 80 90 2000 10 15 Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration, USA ► la vulnerabilità (in termini di salute) della popolazione urbana: in particolare di quella a basso reddito. Ciò significa che, per la gestione del consumo di energia elettrica attuale e la previsione di energia elettrica futura, si devono definire programmi per il pieno utilizzo delle risorse energetiche, diversificando le fonti di approvvigionamento, e per l’ottimizzazione e razionalizzazione dei consumi. E si rendono quindi necessari studi previsionali specifici per ogni città, per stimare il fabbisogno elettrico supplementare per ogni grado di aumento della temperatura. In proposito si può osservare come la sensibilità della rete elettrica sulla domanda di raffreddamento supplementare, innescata dal surriscaldamento dell’ambiente, dipenda in massima parte: ■■ dal grado di estensione degli impianti di aria condizionata; ■■ dalla «qualità di prestazione termica» del patrimonio edilizio; ■■ dalle temperature di comfort interno considerate per i vari ambienti; ■■ dalle caratteristiche specifiche dei settori della domanda di elettricità. Studi scientifici hanno evidenziato che il settore industriale non incide più di tanto sulla sensibilità della rete elettrica per la richiesta di energia di raffreddamento dovuta all'aumento della temperatura. Quando, invece, il picco di domanda elettrica è principalmente dovuto al consumo del settore residenziale e del settore commerciale, la sensibilità della rete, a qualsiasi aumento di temperatura, è significativa. Per quanto riguarda l'aumento del consumo di energia elettrica globale, 62 per grado di aumento di temperatura, sono disponibili studi redatti su quindici tra città, stati o paesi. Negli studi volti a valutare l'impatto energetico della Uhi si è evidenziato come l'aumento della domanda di raffreddamento, a causa della Uhi, sia di molto superiore alla diminuzione della domanda di riscaldamento per tutti i tipi di edifici. Usando esattamente lo stesso metodo come nel caso del calcolo del carico di raffreddamento, si è constatato che per i sei casi di studio disponibili, la riduzione media del carico termico causato dal riscaldamento urbano per il periodo dal 1970 al 2010, è intorno al 19%. In ogni caso, messi assieme il riscaldamento che diminuisce e il raffreddamento che aumenta, è stato calcolato per i casi di studio che il carico di energia complessivo durante il periodo 1970-2010 è aumentato dell'11% a causa del riscaldamento urbano. L’impatto sull’economia e sulla qualità della vita L'uso di aria condizionata aumenta notevolmente le spese annuali di energia elettrica soprattutto nella popolazione a basso reddito che spesso vive in fabbricati energivori. Specifici studi hanno determinato che l'uso di aria condizionata aumenta le spese annuali mediamente di circa 100 euro per nucleo familiare. L'aumento è molto più elevato per i nuclei a basso reddito, dove l'aumento relativo del costo per l'uso dell'aria condizionata è vicino a 195 euro a famiglia. Nella città di Atene, durante tutta l'estate del 2007, sono state effettuate misurazioni delle temperature interne in circa 60 case di nuclei familiari a basso reddito, senza aria condizionata, isolamento e Gennaio-Febbraio Solfato di sodio decaidrato Cosa significa Phase Change Materials? Sono materiali in grado di assorbire/ rilasciare calore durante il passaggio da stato solido a liquido. Le applicazioni in edilizia riguardano la loro integrazione nei materiali da costruzione. I materiali Pcm più idonei ad essere impiegati in campo edilizio per la riduzione dei consumi energetici legati alla climatizzazione degli ambienti sono al momento: • il solfato di sodio decaidrato (sale di Glauber). Ha idonee caratteristiche termofisiche per le applicazioni negli edifici e può essere realizzato utilizzando materiale di scarto proveniente da processi di produzione; • le paraffine. Sono sostanze derivate dal petrolio, hanno temperature di fusione tra i 10 e i 60 gradi e risultano molto adatte ad applicazioni nell'involucro edilizio o nell'impiantistica civile. ◘ Paraffina grezza doppi vetri. Per quasi il 50% del periodo di misura, la temperatura interna è stata superiore a 34 °C presentando dei picchi massimi vicino ai 40 °C. È un dato dal quale è abbastanza facile presumere che esiste un’alta percentuale di persone nel mondo che non possono permettersi di pagare per ottenere il comfort termico e/o adeguare i loro alloggi per difendersi dal surriscaldamento. Materiali di nuova generazione Per contrastare nelle città i fenomeni legati al global warming si stanno mettendo a punto diverse tecniche volte a mitigarne gli effetti, ma anche a incidere sulle cause (riduzione dei gas serra, contenimento dei consumi energetici ecc.). Le tecniche di mitigazione appropriate dovrebbero naturalmente includere un esteso intervento antropico di riduzione delle fonti di produzione del calore e di sfruttamento delle fonti rinnovabili che non producono elementi inquinanti. Molteplici sono le tecniche di mitigazione dell’isola di calore allo studio, anche con materiali innovativi. In particolare si stanno sviluppando e sperimentando: ■■ materiali bianchi e colorati altamente riflettenti; ■■ materiali a Pcm (Phase Change Materials) drogato o a cambiamento di fase; ■■ materiali termocromici – Principalmente impiegati Gennaio-Febbraio per serramenti e componenti vetrati, sono capaci di mutare le loro caratteristiche ottiche in risposta a stimolazioni esterne; ■■ materiali con riflettanza solare direzionale; ■■ vernici ed asfalti «cool»; ■■ pavimenti fotovoltaici – Uno dei modi per integrare meglio il fotovoltaico nei contesti urbani è sfruttare le superfici già occupate o pavimentate. Utilizzando aree già antropizzate si può produrre energia pulita su ampia scala sfruttando la radiazione solare incidente sulle superfici senza invadere ulteriormente il territorio. Conclusioni Ma qui abbiamo solo aperto una finestra sul futuro: le tecniche e le tecnologie di mitigazione non sono ancora in fase di avanzata produzione e commercializzazione e la loro applicazione a livello mondiale è ancora in una fase quasi sperimentale e a macchia di leopardo. L’auspicio è che, anche sulla spinta del recente accordo di Parigi, che supera il protocollo di Kyoto, dette tecniche e tecnologie applicative siano sostenute da adeguate azioni di ricerca: in particolare quella sui nuovi materiali, a giudizio di chi scrive, è di grande importanza. ◘ 63 Lettere al direttore I testi (non più di 400 battute inclusi gli spazi) vanno inviati via fax al numero 06.42.00.84.44 oppure via posta elettronica all’indirizzo [email protected] ALZIAMO QUELL’ASTICELLA! Migliorare i livelli formativi è la condizione fondamentale per migliorare la professione Caro direttore, forse più pertinente di «Occhio alla scadenza» (titolo dell’editoriale pubblicato sul numero 6/2015 di «Opificium») sarebbe stato «Occhio alla qualità del prodotto». Nell'articolo viene posta la giusta attenzione sull’imminente scadenza dell'obbligatorietà di aggiornamento dei professionisti antincendio. La ricetta proposta consiste nell'aumentare il numero di partecipanti ai corsi da 60 a 80 e nel consentire la formazione a distanza. È forse necessario un maggiore sforzo, anche con l'impiego di risorse economiche, per cercare di cogliere questa opportunità al fine di creare momenti di formazione veramente qualificati, di vera preparazione professionale. Ed è un percorso obbligato, alla luce della evoluzione normativa che si basa su una «valutazione prestazionale» delle scelte operate dal progettista, da un diverso approccio tecnico e metodologico, da nuove competenze. La proposta di una «formazione a distanza» e quindi la non compresenza di docenti e discenti nello stesso luogo, magari con una separazione temporale oltre che spaziale tra il momento dell'insegnamento e quello dell'apprendimento, che di fatto non consente il confronto tecnico, crediamo non sia la strada giusta da percorrere: siamo contrari alle scorciatoie. Le disposizioni normative specifiche vanno nella direzione opposta: «deve essere garantita una efficace interazione fra discenti e docenti (vale per i corsi e per gli aggiornamenti)». Il mercato offre troppe proposte a basso costo, di dubbia qualità: è ora di intervenire sulla sostanza e sulla semplificazione delle modalità (deve essere superato il concetto dei punti da raccogliere... come detto da tanti). Occorre alzare l'asticella e puntare più in alto: selezionare, qualificare, non svendere. Parliamone. ◘ Mauro Grazia, presidente del Collegio di Bologna Denis Scagliarini, segretario del Collegio di Bologna risponde GIAMPIERO GIOVANNETTI Caro Mauro, caro Denis, nella brevità di un editoriale segnalavamo l’urgenza di porre rimedio a uno dei tanti casi di cronico ritardo che affliggono il nostro sistema amministrativo. Detto questo, sono ben lieto, approfondendo il tema, di riconoscere che il vostro rilievo sulla necessità di porre attenzione anche alla qualità dei corsi di formazione sia assolutamente pertinente e condivisibile: alzare l’asticella del sapere è l’obiettivo prioritario che come Consiglio nazionale stiamo perseguendo dal giorno dell’insediamento. Non solo per convinzione personale, ma per un esplicito mandato espresso a larga maggioranza dal nostro Congresso straordinario. E difatti pensiamo che sia la formazione di aggiornamento per restare nel nostro Albo, sia quella necessaria per accedere alla nostra professione debbano salire di livello. Sosteneteci nella nostra battaglia. ◘ 64 Gennaio-Febbraio Gennaio-Febbraio 65 66 Gennaio-Febbraio