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Eppi,buongiorno!

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Eppi,buongiorno!
Poste Italiane S.p.A. –– Spedizione in abbonamento postale –70% - Aut.MBPA/C/RM/04/2015
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POLITICA
ECONOMIA
WELFARE
STORIE DI NOI
Jobs Act per gli autonomi:
ecco le misure che
propone il Governo Renzi
A Parigi si fanno i conti
di quanto ci costa combattere
il global warming
Il contributo integrativo
non è intoccabile: si può
riversare sui montanti
Per ricostruire le chiese
distrutte dal terremoto
all’Aquila arriva un siciliano
Eppi, buongiorno!
TUTTO MENO CHE UN CALL CENTER:
se chiamate la Cassa vi risponde un consulente
esperto di previdenza per costruire insieme certezze
per il vostro futuro
Gennaio-Febbraio
ANNO 7, N. 1
GENNAIO-FEBBRAIO 20161
La rivista dei periti industriali
2
Gennaio-Febbraio
Sommario
2-3Editoriali
POLITICA
4 Legge di stabilità e Jobs Act2:
le conseguenze per i professionisti
Stanno lavorando per noi?
40 Che cosa sanno i periti industriali di se stessi
Anatomia di una professione
Se lo Stato ci imita
El hombre vertical
Un ragionamento vincente
24 Opificium risponde
Quando un dipendente
della PA può progettare
64 Lettere al direttore
Alziamo quell’asticella!
ECONOMIA
16Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi
500 miliardi di $ sul verde
52 Un censimento sulla libera iniziativa in Italia
Laboratorio startup
27DOSSIER: EPPI, BUONGIORNO!
28 Consulenza in tempo reale
32 Al servizio degli iscritti
WELFARE
10L’integrativo 2012 e 2013 è vostro
Una partita è vinta
STORIE DI NOI
46 All'Aquila dopo il terremoto
L'alba della ricostruzione
TECNICA
58 Come difendere la città dal global warming
Contro lo squagliamento
Professione & previdenza
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Redazione
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Progetto grafico
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Industriali e dei Periti Industriali
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00187 Roma
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Giovanni Esposito (consigliere segretario),
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Dell'Osso, Giuseppe Jogna, Sergio Molinari, Antonio
Perra, Andrea Prampolini (consiglieri)
Eppi, Consiglio d’Amministrazione
Valerio Bignami (presidente),
Paolo Bernasconi (vice presidente), Paolo Armato,
Mario Giordano, Gianni Scozzai (consiglieri)
Tipografia
Postel SpA
Via Campobello, 31
00040 Pomezia (RM)
Chiuso in redazione il 12 febbraio 2016
Anno 7, n. 1
Registrazione Tribunale
di Roma n. 60/2010
del 24 febbraio 2010
Editoriali
Se lo Stato ci imita
Un Ddl del Governo si occupa (finalmente!) di misure
a favore del lavoro autonomo, ma al capitolo welfare
noi siamo un passo avanti
È
un numero facile da ricordare:
2222. Ma che problema c’è stato
fino ad ora perché i rappresentanti politici si dimostrassero così
smemorati da non riuscire a tenere a mente quattro volte due? Probabilmente
quello di un Paese legale incatenato negli
ultimi quarant’anni a una politica del lavoro che considerava come suoi interlocutori
solo Confindustria e sindacati (ricordate le
liturgie della concertazione?). Così è finito
nel dimenticatoio quel numero e insieme
a quel numero buona parte dell’Italia che
lavora. Perché, se andate a prendere il Codice civile, 2222 è il numero dell’articolo
che definisce anche il nostro lavoro oltre
che quello di milioni di partite Iva: «Colui
che si obbliga a compiere, a prezzo di un
corrispettivo, un'opera o un servizio con
lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di un
committente».
Ora, su quel numero si è soffermato, meglio tardi che mai, il governo Renzi (ne
parliamo nell’articolo a pag. 4) che ha predisposto un disegno di legge per tutelare
il lavoro autonomo. E non si tratta della
tutela di una minoranza, ma di una quota consistente (quasi il 24%) dei lavoratori
2
del nostro Paese. Che fino ad oggi hanno
potuto contare soprattutto solo su se stessi,
senza quel minimo di protezione sociale
che un paese civile dovrebbe assicurare a
tutti coloro che concorrono con il proprio
lavoro a generare ricchezza per il benessere
collettivo.
Noi periti industriali, nel nostro piccolo, abbiamo cominciato a fare vent’anni fa quello
che lo Stato prova a fare soltanto ora (e non è
detto che ci riesca). Eravamo consapevoli dei
limiti di un modello sociale caratterizzato da
una sperequazione a favore del lavoro dipendente e abbiamo così, dopo una lunga battaglia, provveduto a dare vita al nostro Ente di
previdenza, percorrendo una strada simile ma
forse più sicura di quella che già altre professioni ordinistiche avevano scelto (non abbiamo
dovuto pagare per le illusioni generate dal
metodo retributivo). E oggi, siamo in grado di
offrire ai nostri iscritti buona parte di quel che
lo Stato promette ai lavoratori autonomi, poiché nella nostra pur breve vita non ci siamo
limitati all’aspetto previdenziale. Così è nato e
ha preso via via forma un modello di welfare
che intende accompagnare la persona e la sua
famiglia durante l’intero arco della sua vita
professionale, assicurando almeno una parziale
copertura per ogni evenienza. ◘
Gennaio-Febbraio
M
El hombre vertical
aurizio Paissan, vice presidente del Cnpi, collega e
amico, è scomparso dopo una grave malattia. Ricordarlo sulla rivista di cui si è preso cura con passione
e intelligenza è molto più di un dovere, perché in questo momento ci guida solo il senso di gratitudine per aver percorso,
noi del comitato di redazione, un tratto di strada assieme. Non
era un tipo facile. Spigoloso, con idee forti e radicate, alieno
ai compromessi. Ma formidabile nel gioco di squadra e nel
difendere «Opificium» da ogni tentativo di invasione di campo.
La sua parola era una e mai l’avrebbe tradita.
Non è cosa da tutti. Per noi la tentazione della scorciatoia,
un passaggio incoerente e infedele, un distogliere lo sguardo
dal nostro dovere, sono fatti quotidiani con i quali misuriamo
la nostra capacità di correggerci e di andare avanti – un po’
col rimorso, un po’ col pentimento. Lo sanno bene anche i
Vangeli di che pasta siamo fatti, se ci ricordano che l’uomo incaricato di dare vita alla Chiesa cristiana tradì il suo Maestro.
Ma non era questa la pasta di Maurizio. Per lui non c’era
la possibilità di trucchi nella vita, le cose in cui credeva le
portava avanti con piena dedizione, ma al tempo stesso, per
piegare a suo favore le sorti della battaglia, mai venne meno
a un’etica dell’assoluto rispetto per il suo prossimo. In spagnolo c’è un modo di dire per descrivere persone così rare: è il
titolo che abbiamo dato al nostro commiato da chi ci ha reso
meno orizzontali. ◘
È
un periodo di buone notizie per noi (correte subito a
leggere a pag. 10). Il Tar del Lazio si è di recente
pronunciato contro il provvedimento del Ministero del
lavoro che subordinava l’aumento del contributo integrativo
a condizione che rimanesse invariato all’attuale 2% nei confronti della Pubblica amministrazione. Nel ricorso presentato
dall’Epap (con intervento ad adiuvandum dell’Eppi) un’argomentazione sottile ma estremamente efficace ha rivelato la
contraddizione insita nel ragionamento ministeriale.
Nell’autorizzare con la legge 133/11 l’aumento dell’aliquota
integrativa dal 2% a un massimo del 5% il legislatore si era
preoccupato di inserire una clausola di salvaguardia così formulata
«senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo
l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse e degli enti medesimi». Secondo il Ministero tanto bastava per rendere
impraticabile l’aumento per chi aveva come cliente lo Stato. Ma
il ragionamento del ricorrente ha fatto notare come tale restrizione
possa pregiudicare l’equilibrio economico della Cassa causando
per i professionisti iscritti all’ente previdenziale la privazione del
trattamento economico spettante. Ciò comporterebbe, in conseguenza di un eventuale dissesto economico della gestione previdenziale di riferimento, il diritto alla pensione sociale dell’Inps. E
quindi – così si chiude il cerchio del ragionamento – con «nuovi
e maggiori oneri per la finanza pubblica». Insomma, chi di spada
ferisce di spada perisce. ◘
Gennaio-Febbraio
Un ragionamento
vincente
3
Politica
Stanno
lavorando
per noi?
Di Benedetta Pacelli
C
on questo articolo vogliamo darvi conto
di qualcosa che è successo ed è già in
vigore (legge di Stabilità) e di qualcosa
che comincia tra poco il suo viaggio parlamentare ma che è destinata a cambiare
la vita del professionista (il Jobs Act parte seconda):
il primo provvedimento riguarda l’accesso ai fondi
europei, l'obbligo del Pos sotto i 30 euro, il regime
dei minimi, il super ammortamento; il secondo è un
disegno di legge approvato nell'ultimo Consiglio dei
ministri di gennaio che si candida a diventare il primo
testo normativo dedicato ai rapporti di lavoro differenti da quello subordinato e di contratti Cococo. «Se
passiamo in rassegna le singole misure introdotte dalla
legge di stabilità 2016 e poi al collegato sul lavoro
autonomo» dice il presidente del Cnpi Giampiero
Giovannetti, «dobbiamo rilevare che determinate disposizioni legislative vanno nella direzione di favorire
una ripresa economica e occupazionale del comparto
professionale.
4
Certo, forse in alcuni casi è indubbio che si tratta
di misure a scadenza e che i nodi verranno al pettine
a distanza di qualche anno, ma rappresentano anche
un punto di partenza per rimettere in moto un settore,
quello professionale, che negli ultimi anni ha vissuto
un progressivo impoverimento sia in termini reddituali,
che di tutele».
Le novità volute dal Governo Renzi
Una di queste è la modifica al regime forfettario o
dei minimi, che era stato delineato con la manovra
del 2015. In questo senso per il presidente del Cnpi
la novità più importante riguarda l’innalzamento della
soglia di reddito che ne determina l’ingresso, portata
da 15 mila a 30 mila euro. Secondo la norma restano
comunque invariati sia l’imposta sostitutiva al 15% che
il coefficiente di redditività del 78% impiegato per il
calcolo dell’imponibile. I professionisti possono farne
parte se nell’anno precedente hanno conseguito ricavi
per un importo non superiore al limite di 30 mila euro.
Gennaio-Febbraio
Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti
Governo e Parlamento
si interessano di lavoro
autonomo. Spiegazione,
interpretazione e giudizio sul più
importante documento legislativo
per il 2016 e sui suoi effetti
sulla vita dei nostri colleghi.
E in più un’anticipazione su
quello che dobbiamo attenderci
dal disegno di legge
che dovrebbe cambiare il quadro
di riferimento delle partite IVA:
qualche garanzia in più e molte
buone intenzioni. Ma il punto
è che nessuno parla
più di riduzione delle tasse
La spesa in un anno per dipendenti e collaboratori
non può superare i 5 mila euro lordi. Per entrare nel
regime (e rimanerci), inoltre, bisogna non oltrepassare
la soglia relativa all’acquisto di beni strumentali, fissata
in 20 mila euro in un anno (non rientrano nel computo
i beni immobili utilizzati per la professione).
Per stimolare gli investimenti
Imprese e professionisti che investono in beni strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 fino al 31 dicembre
2016 potranno portare in ammortamento, in un solo
anno, un valore maggiorato del 40%. Ciò significa
che, oltre all'ammortamento immediato il primo anno,
avranno anche una deduzione fiscale extra del 40%.
Nell’agevolazione sono inclusi mobili, computer, macchine da cantiere e auto aziendali, ma non gli immobili
(ad esempio studi e capannoni) e software applicativi.
L'agevolazione non produrrà effetti ai fini dei calcoli per gli studi di settore. La Stabilità prevede poi
l’aumento degli importi deducibili dall’Irap per Snc,
Gennaio-Febbraio
Sas, imprenditori individuali, artisti e professionisti,
mentre vengono introdotte invece esenzioni per coloro
che operano nel settore agricolo, nella piccola pesca
e nella silvicoltura. Rimandata infine al 2017 la riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24%. «L’aumento
della deducibilità Irap e il super ammortamento per gli
investimenti in beni strumentali» ha commentato Giovannetti, «si possono configurare come interventi tesi
a stimolare la crescita, anche economica, degli studi, e
vanno viste con favore».
Per esasperare i controlli fiscali
Una delle norme che ha fatto più discutere è l'estensione dell’obbligo per i professionisti di accettare
pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di
debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. «Certo» ha commentato Giovannetti «aspettavamo
entro il 1° febbraio il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze che avrebbe dovuto definire le
multe per chi non installa il Pos nel proprio studio,►
5
Politica
► i casi in cui sia giustificata l’impossibilità tecnica di
installarlo e le nuove commissioni sui pagamenti. Ma
del provvedimento non vi è ancora traccia, segnale che
conferma come nel nostro Paese la distanza tra dire e
fare è una questione ancora irrisolta».
Per sperare che l’Europa sia un aiuto
Dopo oltre un anno di discussione, la Stabilità ha
sancito la definitiva estensione dei Fondi strutturali
europei (quelli indiretti cioè) anche ai professionisti. I
Piani operativi Por e Pon del Fondo sociale europeo
(Fse) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr),
rientranti nella programmazione dei fondi strutturali
europei 2014/2020, quindi d'ora in poi si intendono a
disposizione anche dei liberi professionisti, in quanto
equiparati alle piccole e medie imprese come esercenti
attività economica, a prescindere dalla forma giuridica
rivestita. Si tratta, per il presidente del Cnpi «di un
risultato storico, frutto del lavoro della Rete. Però non
consideriamolo più di una vittoria di tappa. Da domani
mattina ricomincia la battaglia per assicurare a tutti i
liberi professionisti, senza alcuna distinzione, le risorse
necessarie per competere ad armi pari sul mercato dei
servizi professionali».
Di che cosa parlavamo un anno fa
80 euro e dintorni
Nella manovra economica
2015 l’azione del Governo si
era concentrata su: taglio del
cuneo fiscale (costo del lavoro)
per imprese (sgravi Irap sulla
componente lavoro) e dipendenti
(bonus di 80 euro), la possibilità
di anticipo del Tfr, assunzioni
agevolate con azzeramento per
tre anni dei contributi sui nuovi
contratti a tempo indeterminato,
cambiamenti in materia di Iva. ◘
Per aiutare la crescita
Ci sono poi altre novità che interessano indirettamente i professionisti ma che possono andare a
impattare sull’attività professionale, visto che prevedono agevolazioni e detrazioni in alcuni settori
di attività propri delle professioni tecniche. Una di
queste è la proroga fino al 31 dicembre 2016 della
detrazione fiscale del 65% per gli interventi di efficientamento energetico e di adeguamento antisismico
degli edifici. In tale senso sono detraibili le spese
sostenute per interventi sull’involucro dell’edificio
che consentano di ottenere una riduzione della trasmittanza termica, comprese schermature solari, la
sostituzione di impianti di climatizzazione invernale
con impianti più efficienti e i lavori preventivi di
adeguamento antisismico degli edifici adibiti a prima casa e ad attività produttive ricadenti nelle zone
sismiche ad alta pericolosità. La detrazione sarà
estesa anche all’acquisto, installazione e messa in
opera degli impianti. Per i lavori di riqualificazione
energetica delle parti comuni dei condomìni, i condòmini incapienti potranno cedere la loro quota di
detrazione alle imprese che realizzano gli interventi.
Le modalità operative saranno definite in dettaglio
dall’Agenzia delle entrate. La seconda proroga riguarda la detrazione 50% sulle ristrutturazioni e
Bonus Mobili prorogati al 2016. Confermati il tetto
massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità
6
immobiliare e le 10 rate annuali per il rimborso.
Sono detraibili le spese per lavori di manutenzione
straordinaria, restauro e risanamento conservativo, lavori di ristrutturazione edilizia ed eliminazione delle
barriere architettoniche.
Il Jobs Act degli autonomi
Il Consiglio dei ministri dello scorso 29 gennaio ha approvato l'atteso Ddl sul lavoro autonomo,
battezzato «Jobs Act Autonomi», che comincia ora
il suo iter parlamentare con un pacchetto di norme che riguardano circa 2 milioni di partite Iva e
professionisti, compresi i collaboratori coordinati e
continuativi. Deducibilità totale delle spese di formazione, maternità e malattia, pagamenti, clausole
abusive, infortuni: questi gli ambiti principali entro
cui il nuovo provvedimento che si compone di 21
articoli diffonderà i suoi effetti dopo la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale», prevista naturalmente
dopo la discussione parlamentare. «È un primo passo verso un settore da troppo tempo penalizzato» ha
dichiarato il presidente del Cnpi Giampiero Giovannetti. «Finalmente si avverte un timido segnale di
attenzione verso le professioni ordinistiche dopo anni
bui e di posizioni contrarie come per esempio quella
contenuta nel Ddl concorrenza che punta a sanare
la posizione delle società di ingegneria senza equiGennaio-Febbraio
Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti
UN PAESE DI AUTONOMI
15
20
25
L’Italia (con il 23,2%)
è dopo la Grecia
la nazione europea con
la maggiore quota
di lavoratori autonomi
sul totale degli occupati
pararle in tutto e per tutto alle società tra professionisti. Ma accanto al dato generale ci sono ancora
molti nodi da sciogliere». Una delle prime novità è
quella legata ai bandi pubblici aperti anche ai professionisti. Il Ddl conferma l’intento della Stabilità
di aprire le porte di quei bandi pubblici, fino ad ora
riservati esclusivamente alle aziende, anche ai professionisti imponendo alle amministrazioni pubbliche
di non circoscrivere la partecipazione, ad esempio,
richiedendo l’obbligatoria iscrizione alle Camere di
Commercio. «Speriamo» ha aggiunto Giovannetti,
«che la norma trovi riscontro nella realtà».
Prevista poi una stretta contro le clausole abusive per evitare che la disparità di peso contrattuale
tra committente e lavoratore autonomo si traduca
in clausole vessatorie a danno di quest’ultimo. Ad
esempio, sarà vietata la rescissione senza preavviso
Gennaio-Febbraio
e unilaterale dei contratti senza un adeguato risarcimento; così come si considererà abusivo il patto che
riservi al solo committente la facoltà di modificare
le condizioni del contratto; nonché il patto che disponga termini di pagamento superiori ai 60 giorni
dalla data di ricevimento da parte del committente
della fattura.
Tra i nodi da sciogliere aggiunge invece il presidente del Cnpi c’è senz'altro quello della polizza
assicurativa contro il ritardo nei pagamenti delle fatture da parte dei clienti. «L’idea che il professionista
debba stipulare a proprie spese un’assicurazione per
avere certezza dei pagamenti è una norma che ha
dell'assurdo e che sembra l’ennesimo favore fatto a
qualcuno. Si tratta di un diritto che dovrebbe essere
tutelato dallo Stato, non da una nuova assicurazione
a spese del creditore. Così come ritengo insensato ►
7
Politica
Legge di stabilità e Jobs Act2: le conseguenze per i professionisti
10 secondi per sapere
le 5 cose fondamentali
Le norme che ci riguardano nella legge n. 208
del 28 dicembre 2015
■■ Pos, tutto Pos, nient’altro che Pos – Obbligo ad
accettare bancomat e carte di credito anche per importi
inferiori a 30 euro
■■ Ammortamenti super – Professionisti che investono
in beni strumentali nuovi fino al 31.12.2016 potranno
effettuare un ammortamento maggiorato del 40%
■■ Fondi europei anche per noi – Possibilità di accedere ai
crediti europei 2014-2020 fino ad ora riservati alle Pmi
■■ Un’agevolazione fiscale per chi comincia – Il regime
fiscale ha una nuova soglia di ricavi: 30 mila euro
■■ Irap deducibile – Aumentati gli importi deducibili
dall’Irap per Snc, Sas, imprese individuali e
professionisti. ◘
► che il sistema per agevolare la partecipazione ai
bandi pubblici debba essere specificato da una norma piuttosto che affrontato in origine, modificando
quindi il principio contenuto nel codice degli appalti». Un capitolo a parte, poi, è dedicato alla proprietà intellettuale con la previsione che (salvo il caso
in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto
del contratto di lavoro e a tale scopo retribuita) il
lavoratore possa cedere anche a terzi i diritti di utilizzo economico relativo ad apporti originali e a invenzioni fatti nell’esecuzione o nell’adempimento del
contratto stesso. Positivo il commento che riguarda
la deducibilità integrale delle spese di formazione e
le misure su malattia, infortuni e maternità.
La norma prevista, invece, sulla detrazione delle
spese per la formazione continua, ha sottolineato Giovannetti, «viene incontro alle richieste che
come periti industriali e Rete delle professioni
tecniche abbiamo avanzato da tempo». Si prevede
la detrazione fino a 10 mila euro, delle spese sostenute per l'aggiornamento professionale di corsi
di aggiornamento (obbligatori o facoltativi), master,
convegni, Fad.
Per favorire il lavoro autonomo, il Ddl prevede
che presso i centri per l'impiego e gli organismi
accreditati (agenzie per il lavoro) sia installato uno
sportello dedicato al lavoro autonomo per la raccolta delle offerte e domande di lavoro autonomo,
per fornire informazioni a professionisti e impre8
se, per fornire informazioni relative alle procedure
per l'avvio di attività autonome e per le eventuali
trasformazioni, per l'accesso a commesse e appalti
pubblici, nonché sulle opportunità di credito e agevolazioni pubbliche nazionali e locali.
Infine, è previsto un pacchetto di interventi significativi su malattia, maternità e congedi parentali.
In caso di malattia di gravità tale da impedire lo
svolgimento della professione per più di 60 giorni, si prevede la sospensione del versamento degli
oneri previdenziali per l'intera durata della malattia
fino a un massimo di due anni.
Il periodo contributivo comunque non andrà perduto e al termine della malattia, il lavoratore potrà
pagare il debito previdenziale relativo al periodo
di sospensione in rate mensili nell'arco di un periodo pari a tre volte quello di sospensione. Altra
novità riguarda l'indennità di maternità che, con
una modifica al Testo unico sulla maternità (il
Dlgs n. 151/2001), diventa di diritto erogabile alla
lavoratrice, indipendentemente cioè da una effettiva astensione dall'attività di lavoro. In sostanza,
basterà una domanda all'Inps per ricevere la liquidazione dell'indennità di maternità. Relativamente
al congedo parentale, inoltre, il Ddl eleva (da tre)
a sei mesi il periodo di tutela e allunga il periodo
di fruizione (da un anno) fino ai tre anni di vita
del bambino equiparando di fatto gli autonomi ai
lavoratori dipendenti. ◘
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
9
Una partita
10
Gennaio-Febbraio
Welfare
L’integrativo 2012 e 2013 è vostro
è VINTA
Per gli iscritti alla Cassa si profila
un avvenire dove il proprio assegno
pensionistico potrà avere un rapporto
più congruo con il reddito prodotto.
Arriva dal Ministero del Lavoro
l’autorizzazione a spalmare
il contributo integrativo sui montanti
previdenziali. È la conferma
che il sistema contributivo può
funzionare a condizione che l’Ente
previdenziale si dimostri più
che virtuoso nella gestione economica.
È il caso dell’Eppi
Di Umberto Taglieri,
dirigente dell’Ufficio contributi e prestazioni Eppi
È
ufficiale. Con una lettera del 14 gennaio
scorso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali ha definitivamente approvato le delibere 88 e 89 con le quali l’Ente
di previdenza a fine dicembre 2014 chiedeva di destinare – relativamente agli anni 2012
e 2013 – il contributo integrativo (quello a carico
del cliente del libero professionista) sui montanti
previdenziali dei propri iscritti.
Per il presidente dell’Eppi Valerio Bignami è
un importante passo in avanti per rendere maggiormente adeguate le pensioni: «Il sistema contributivo fino ad ora era sostenibile solo sotto
un profilo “ragionieristico”: i conti tornavano, ma
sembravamo condannati a offrire pensioni troppo
basse. Oggi, dopo il via libera dei Ministeri vigilanti, possiamo dire che il sistema sta cominciando
a essere sostenibile anche sul piano dell’equità nei
confronti dei nostri assistiti. ►
Gennaio-Febbraio
11
Welfare
NON SOLO PREVIDENZA
Negli interventi programmati a favore degli iscritti nel triennio 2014-2016
crescono gli stanziamenti per il welfare
2014
2015
2016
Contributo integrativo
23.910
30.000
30.000
Risultato della gestione finanziaria
22.182
23.790
22.821
Spesa per la gestione dell’Ente
-6.803
-6.625
-7.197
39.289
47.165
45.624
1.581
3.150
6.154
Destinazione del contributo integrativo
a favore delle pensioni
23.910
30.000
30.000
Totale interventi
25.491
33.150
36.154
65%
70%
79%
100%
100%
100%
Totale risorse disponibili
INTERVENTI
Welfare socio-sanitario
Percentuale di destinazione
delle risorse disponibili
Percentuale di destinazione del contributo
integrativo a favore delle pensioni
Dati: Valori espressi in migliaia di euro
Un’altra strada per aumentare
le pensioni
Non si può e non si deve far leva solo sulle aliquote
contributive. Esiste anche un’altra opzione che l’Ente
intende esercitare nelle sedi competenti, intervenendo
sulla rivalutazione dei montanti previdenziali. È
all’esame dei Ministeri vigilanti la delibera con la quale
il Consiglio d’amministrazione dell’Eppi ha chiesto
di poter rivalutare i montanti al 31 dicembre 2012
applicando il tasso dell’1,2482%, contro quello di legge
di appena lo 0,1643%. In proposito siamo in attesa di
ricevere dai Ministeri vigilanti una risposta. ◘
12
► Inoltre il provvedimento premia la buona gestione dell’Ente e
consente un’allocazione
delle risorse derivanti dalla riduzione dei
costi più in linea con
la nostra mission. Migliorare
l’adeguatezza
delle pensioni, fino a
ieri, dipendeva soltanto
dall’andamento del Pil
(ed è ovvio che dopo la
crisi del 2008 il meccanismo previsto dal
legislatore si è rivelato
un’arma spuntata), ma
dal 13 gennaio abbiamo
un nuovo strumento per
perseguire quell’obiettivo, e dipende solo dalle
nostre capacità di amministrare con oculatezza il nostro Ente».
Gennaio-Febbraio
L’integrativo 2012 e 2013 è vostro
Un po’ di storia
Che la distribuzione della contribuzione integrativa
fosse una strada obbligata per il raggiungimento di
pensioni più adeguate, obiettivo da raggiungere senza
gravare troppo sulle finanze degli iscritti, era evidente al legislatore già nel 2007. L’articolo 1, comma
12, della legge 247/2007 («Norme di attuazione del
protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro
e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro
e previdenza sociale»), parlando della costituzione di
un’apposita commissione che avrebbe dovuto proporre
delle modifiche ai criteri di calcolo dei coefficienti di
trasformazione in rendita pensionistica dei montanti
previdenziali, statuiva dei precisi parametri da seguire.
La premessa era che andavano rispettati gli andamenti e gli equilibri della spesa pensionistica di lungo
periodo, ma – ed è qui quello che ci interessa – la
commissione avrebbe dovuto tener conto «dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche al fine di verificare
l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle
pensioni più basse (…), nonché di proporre politiche
attive che possano favorire il raggiungimento di un
tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento, con riferimento all’aliquota prevista
per i lavoratori dipendenti». In pratica il legislatore italiano è sempre stato consapevole che non si sarebbero
più raggiunti i vecchi tassi di sostituzione del sistema
retributivo (al massimo un 60% contro il precedente
80%), ma soprattutto era consapevole che un simile
risultato non sarebbe mai stato possibile se non con
un’aliquota di contribuzione del 33%. Era, quindi, di
tutta evidenza che il committente del professionista
avrebbe dovuto partecipare attivamente alla realizzazione di una previdenza più adeguata, perché chiedere al
solo perito industriale di contribuire con il 33% del
proprio reddito avrebbe significato metterlo in ginocchio. Del resto è lo stesso legislatore ad aver compreso che simili livelli di contribuzione non sono più
immaginabili nemmeno nella gestione separata Inps.
Alcune risoluzioni in discussione alla Camera dei Deputati (vedi ad esempio la 7/00590 o la 7/00634), ►
SCACCO AL CONTRIBUTIVO
Come e perché è accaduto l’impossibile e quali potrebbero essere i nuovi
scenari previdenziali
Di Vittorio Spinelli
giornalista esperto di previdenza e welfare
C
ome ogni altro giorno, anche quella mattina
del 20 gennaio del 2015 un furgone delle Poste
recapita al Ministero del lavoro il consueto
carico della corrispondenza. L’anonimo postino ignora però che quel giorno e quella consegna hanno un
valore particolare e rappresentano l’inizio di una silenziosa rivoluzione nel mondo della previdenza. Fra
le numerose lettere, una nota dell’Ente di previdenza
dei periti industriali segnala al Ministero la necessità
di incrementare le pensioni degli iscritti applicando
un nuovo metodo, fino ad allora impensabile.
È convinzione degli organi dell’Eppi, e ben documentata dai numeri dei bilanci, che i versamenti degli iscritti,
trasformati in pensione con il calcolo contributivo, siano
insufficienti per assicurare al termine della vita lavorativa
un livello di vita appena dignitoso. Una previsione peraltro lontana anche dal dettato costituzionale che riconosce ad ogni lavoratore «il diritto che siano preveduti
ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in
Gennaio-Febbraio
caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» (art. 38). Il calcolo contributivo
delle pensioni ha infatti una rigida struttura, si propone di
limitare la spesa pensionistica, senza privilegi per alcuno,
e di fatto tende a restringere la quota del reddito personale del lavoratore che in seguito diventerà «pensione».
Questa quota, in gergo tecnico «tasso di sostituzione»,
indica in definitiva quale sia in percentuale il rendimento
finale dei contributi individuali. Per i periti questo tasso si
aggira intorno al 25% del reddito professionale. Troppo
poco per non paventare un concreto rischio di povertà
a conclusione di una intensa attività lavorativa. L’Eppi
tuttavia è in florida salute, grazie ad un’oculata gestione
dei suoi investimenti. Di qui la mossa di dare «scacco»
al contributivo con un’articolata proposta di modifica del
sistema e, soprattutto, infrangendo la regola non scritta
della sua inviolabilità. Aggiungere cioè al montante dei
contributi soggettivi, regolarmente versati dal perito, una
parte dei contributi integrativi che di regola l’Ente utilizza
solo per fini assistenziali, diversi cioè da quelli strettamente pensionistici. Grazie a questa iniziativa, approvata
dai Ministeri vigilanti lo scorso 14 ►
Continua a pag. 14
13
Welfare
Prosegue da pag. 13
► gennaio, il tasso di sostituzione del reddito professionale potrebbe salire, in caso di conferma del provvedimento
anche per gli anni successivi, dal 25% a circa il 50%. La
spinta dell’Eppi di andare oltre il contributivo secco apre
ora altri scenari. Nel campo degli enti privatizzati c’è poi
da segnalare anche l’iniziativa assunta prima dall’Enpaia
(la previdenza dei periti agrari e degli agrotecnici) e di
recente anche dall’Epap (la cassa unica per i geologi, gli
attuari, i chimici, i dottori agronomi e i dottori forestali).
Quest’ultima, avendo registrato negli ultimi tempi risultati positivi dei suoi investimenti, ha deciso di riversare
a favore degli iscritti una parte dei buoni rendimenti,
attraverso una maggiore rivalutazione dei loro montanti
contributivi. La decisione dell’Epap è stata in un primo
momento bloccata dal Ministero del lavoro, ma il coraggio
dell’ente è stato premiato dal tar del Lazio (sentenza n.
11801 del 7 settembre 2015) che a sua volta ha rimosso il
blocco ministeriale. L’iniziativa dell’Eppi non è quindi un
caso isolato e si dimostra così che nelle stanze ministeriali
si ammette ora che il contributivo non sia più un sistema
inviolabile. E se due Casse sono riuscite ad abbattere un
tabù apparentemente insormontabile, si può presumere che
sulla stessa strada si incammineranno anche altre gestioni
professionali, ovviamente purché in grado di garantire la
sostenibilità dei propri conti. Sembra anzi una via d’uscita,
pressoché obbligata, di fronte al basso livello delle pensioni professionali, specchio del calo generalizzato dei redditi.
Ma questo indirizzo genera anche altri effetti. Restando
nell’ambito delle Casse, appare logico che, con un più alto
rendimento dei contributi obbligatori, si affievolisca nell’iscritto la necessità, ed anche la propensione, a costruirsi
un trattamento integrativo dell’assegno obbligatorio. Inoltre una applicazione di montanti contributivi maggiorati
in tutto il settore delle professioni si traduce in una tutela
previdenziale di maggiore livello, nel panorama generale, a beneficio di una platea di lavoratori composta da 1
milione e 200 mila soggetti – tanti i professionisti in Italia
– e che rappresentano altrettanti nuclei familiari. Vale
Un bel regalo per i primi
vent’anni dell’Eppi
La testimonianza di
Florio Bendinelli,
presidente dell’Eppi
dal 2007 al 2014
14
Ho appreso con esultanza e con un
pizzico di orgoglio la notizia dell’approvazione da parte dei Ministeri
vigilanti delle delibere sul contributo integrativo. Ce l’abbiamo fatta, dopo un lavoro cominciato tanto tempo fa. Quando già eravamo
consapevoli che il metodo contributivo – così come era stato varato
dal legislatore – sarebbe stato assai poco generoso con il lavoratore.
Così, partendo dall'indubbio «impoverimento» delle prestazioni
pensionistiche, durante gli anni in
cui ho avuto l'onore di presiedere il
nostro Ente di previdenza abbiamo
«rivoltato come un calzino» la legge di riforma e i suoi decreti attuativi per individuare uno spiraglio cui
appellarsi per poter autonomamente intervenire.
L'assurdità che non potevamo sopportare era che, a fronte di una gestione ottima del patrimonio, che
garantiva annualmente dei rendimenti considerevoli ai quali si sommavano le eccedenze del contributo integrativo che era superiore e
di molto alle spese di una gestione
oculata, avevamo accumulato ricchezze e, quindi, un patrimonio netto di oltre 80 milioni di euro e non
potevamo utilizzarlo a nostro favore. I Ministeri vigilanti, fedeli alla lettera della norma, non ci autorizzavano a distribuire le ricchezze che
l'Ente portava in cascina, nonostante quelle stesse ricchezze fossero
innegabilmente dei periti industriali
e che avrebbero potuto, se correttamente ridistribuite, contribuire
– almeno in parte – a migliorare
le prestazioni pensionistiche. Così
abbiamo pensato che fosse possibile proporre un emendamento
legislativo che aumentasse l'aliquota del contributo integrativo e
sempreGennaio-Febbraio
per legge disciplinasse la
L’integrativo 2012 e 2013 è vostro
a dire, una qualificata parte della società civile che non
utilizzerebbe il «normale» contributivo. Un fenomeno che
la politica non potrebbe poi ignorare. E con quali effetti?
Un recente «colpo d’occhio» dell’Ocse, a tutto il 2015, sui
sistemi pensionistici di 26 Paesi sottolinea per l’Italia la
necessità di ulteriori riforme per far fronte ad un rischio
crescente di povertà fra i pensionati. In aggiunta, l’Inps ha
documentato che la povertà è aumentata maggiormente tra
i non-pensionati, a causa della riduzione dei redditi da lavoro, a sua volta effetto sia della crisi sia della interruzione
e del frazionamento dei percorsi lavorativi (precariato). Per
la previdenza in generale, una politica di contrasto alle
basse pensioni contributive potrebbe essere avviata, come
suggerito da alcuni studiosi, integrando l’importo dell’assegno con una somma aggiuntiva a carico della fiscalità,
riesumando cioè la deprecata «integrazione al trattamento
minimo» applicata alle vecchie ed impagabili pensioni
retributive. Ma questa è un’altra storia. ◘
distribuzione dello stesso contributo sui montanti degli iscritti in modo
da migliorare la prestazione pensionistica. La battaglia è stata lunga e
difficile, condotta insieme alle altre
Casse di previdenza che, come noi,
comprendevano l'importanza e la
forza dirompente di una simile norma. Finalmente nel luglio del 2011 la
legge 133 è stata approvata. Anche
se con una sorpresa poco piacevole:
la maggiore aliquota del contributo
integrativo non poteva essere applicata per prestazioni professionali rese nei confronti della Pubblica
amministrazione.
Avevamo però finalmente ottenuto
la possibilità di scuotere l’albero e di
cominciare a raccogliere i frutti per
i nostri iscritti. Davvero un bel regalo per noi iscritti e per il nostro Ente
che può così quest’anno festeggiare
con orgoglio i suoi primi vent’anni di
lavoro. ◘
Gennaio-Febbraio
► non solo propongono il blocco dell’aumento dell’aliquota contributiva per i professionisti senza cassa
iscritti alla gestione separata Inps che dovrebbe salire
(dal 2018) al 33,72%, ma propongono un sistema
di determinazione dei contributi dovuti unico per gli
iscritti alla gestione artigiani e commercianti e per
quelli iscritti alla gestione separata, con eventuale eliminazione della contribuzione minima obbligatoria. Se
la pressione contributiva dovesse seguire il suo corso
aumentando sino ai livelli dei lavoratori dipendenti, si
correrebbe il rischio di dare il colpo di grazia all’esercito delle partite Iva, già schiacciato da un sistema
di imposizione fiscale non certo agevolativo. L’Eppi,
quindi, con i provvedimenti approvati dai Ministeri
percorre una strada che contempera i diversi interessi
in campo: da un lato quello di assicurare trattamenti
previdenziali più adeguati, dall’altro far sì che questo
risultato non sia raggiunto solo tramite l’aumento della
contribuzione soggettiva a carico degli iscritti, sempre
in un’ottica di salvaguardia dei conti dell’Ente.
Il provvedimento che consente di destinare il contributo integrativo nella misura, rispettivamente, del
67,248% e del 100% (in cifra assoluta rispettivamente
13,5 e 25 milioni di euro) sul montante previdenziale
schiude finalmente le porte a una fondata possibilità
di incrementare il reddito pensionistico. Obiettivo che
l’Eppi sta perseguendo anche con la difficile decisione
assunta nel 2011 di portare l’aliquota contributiva soggettiva, tramite aumenti di un punto percentuale l’anno,
dal 10% del 2011 al 18% del 2019 (tra le più alte nel
panorama previdenziale privato).
È solo un’ipotesi, ma se...
Se questo provvedimento fosse confermato anche per ogni anno a venire, grazie anche all’aumento dell’aliquota contributiva soggettiva, tramite
aumenti di un punto percentuale l’anno, dal 10%
del 2011 al 18% del 2019, il libero professionista
iscritto alla Cassa potrebbe ottenere con un’anzianità di 40 anni un assegno pensionistico pari a circa
il 50 per cento dell’ultimo reddito professionale,
contro una previsione precedente che superava di
poco il 25 per cento.
Però, per il presidente dell’Eppi il miglioramento, per quanto significativo, non riporta il sistema
pensionistico ai «fasti» del retributivo: «È indispensabile che ci rendiamo conto che dovremo lavorare
sempre di più per ottenere probabilmente sempre di
meno. Sistema previdenziale e welfare sono i due
asset più penalizzati nelle economie occidentali.
Noi faremo quanto è nelle nostre possibilità per
contrastare questa tendenza e garantire il futuro dei
nostri iscritti». ◘
15
Economia
Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi
Il 12 dicembre 2015 è forse una data che un giorno finirà
nei libri di storia: le nazioni di tutto il mondo hanno siglato
un impegno comune per contenere il riscaldamento globale.
Progetto ambizioso dove i rischi del fallimento
sono più evidenti dell’obiettivo e dove non c’è certezza che,
pur spendendo in cinque anni un quarto del Pil italiano,
si ottengano gli effetti sperati. Ma alternative non ce ne sono...
di Roberto Barbiero, Elisa Calliari, Cristina Dalla Torre e Paulo Lima*,
* L’Agenzia di stampa giovanile è un progetto di media-attivismo e educomunicazione internazionale, promosso
dall’Associazione In Medias Res in partenariato con Viraçao Educomunicaçao, con il sostegno dell’assessorato
della Pat alla cooperazione internazionale e in collaborazione con l’Osservatorio trentino sul clima.
I
l nome – Cop21 – non significa molto, nemmeno
se si prova a sviluppare l’acronimo (XXI Conference of Parties). Ma dietro la scarsa fantasia della
burocrazia globale si cela la questione centrale del
terzo millennio (almeno secondo l’opinione pubblica occidentale, ché Asia, Africa e paesi produttori di
petrolio appaiono, per dirla con un eufemismo, riluttanti
nell’affrontarla). Stiamo parlando di riscaldamento globale
e di quello che è successo a Parigi lo scorso dicembre
quando 195 Paesi, cioè praticamente tutti quelli esistenti,
hanno sottoscritto un impegno comune per provare ad
abbassare la febbre del pianeta e ridurre i suoi effetti
deleteri. L’accordo prevede di contenere l’aumento della
temperatura globale al di sotto dei 2 °C, perseguendo
idealmente l’obiettivo di limitarlo ad un +1,5 °C.
Non è un accordo perfetto, non è ambizioso come si
chiedeva, non è vincolante come si sperava, ma segna
senza dubbio una svolta verso un mondo che può e
deve liberarsi dall’era dei combustibili fossili. Destinato
a sostituire il protocollo di Kyoto (1997), entrerà in
vigore nel 2020 a condizione che tra aprile del 2016 e
aprile del 2017 sia ratificato come minimo da 55 Paesi
che devono rappresentare almeno il 55% del totale delle
emissioni dei gas serra a livello globale. Per la prima
volta dovrà valere sia per i paesi più sviluppati, sia per
quelli in via di sviluppo in base al principio di equità e
di responsabilità comune. Nell'accordo di 31 pagine si
prova a raggiungere un delicato equilibrio tra gli interessi
e le proposte delle 195 nazioni. A partire dal lungo preambolo dove sono elencate importanti considerazioni di
principio: la priorità di garantire la sicurezza alimentare
16
e la lotta alla fame, il rispetto dei diritti umani, il diritto
alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità
locali, dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità così come l'eguaglianza di genere, l'empowerment
delle donne e l'equità intergenerazionale. Ma al dunque
quali sono i principali punti su cui si è provato e si è
registrato un apparente consenso?
Il compromesso indispensabile
L'accordo propone di limitare l'aumento della
temperatura «bene al di sotto dei 2 °C rispetto ai
livelli pre-industriali» e di fare «sforzi per limitare
l'aumento a 1,5 °C» riconoscendo quindi che ciò
ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti
previsti. Naturalmente si tratta di un compromesso rispetto alla richiesta, portata avanti dai Paesi
più vulnerabili e dai rappresentanti della società
civile, di inserire subito il limite di 1,5 °C, ma
va riconosciuto che il limite più restrittivo viene
comunque incluso nell’accordo, seppure solo come
obiettivo verso cui indirizzare gli sforzi. Il punto
chiave tuttavia è come si intende contenere il riscaldamento globale e quindi come si intende agire
sulle politiche di mitigazione. Nell’accordo si dice
che «al fine di raggiungere l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura entro il limite
stabilito, le parti mirano a raggiungere un picco
globale delle emissioni di gas serra nel più breve
tempo possibile, riconoscendo tuttavia che ci vorrà
più tempo per i Paesi in via di sviluppo, per poi
intraprendere un percorso rapido di riduzione in ►
Gennaio-Febbraio
500 miliardi
di $ sul verde
Gennaio-Febbraio
17
Economia
► modo da raggiungere un equilibrio tra le emissioni di origine antropica e la capacità di assorbimento nella seconda metà di questo secolo».
Non ci sono quindi precisi riferimenti né rispetto
alle percentuali di riduzione, né rispetto ai tempi
entro cui devono essere realizzati gli impegni, se
non rimandando ad un generico obiettivo a «metà
secolo» entro cui arrivare di fatto ad una stabilizzazione.
Quello che non va
Il punto di partenza degli impegni di mitigazio-
«LA TERRA NON È UNA
Per una volta sui risultati di Cop21 politica e scienza del nostro Paese
sembrano d’accordo (almeno a grandi linee). Ne sono una conferma le
opinioni che emergono dalle interviste realizzate con Luca Mercalli,
climatologo e presidente della Società meteorologica italiana, e con
Di Ugo Merlo
Luca Mercalli
18
Che voto dà alla Conferenza di Parigi?
6-. Spiego perché, ma faccio una
premessa. Per me il 2015 può essere
un anno segnato dal fato. Come lo
sono stati il 1914 e il 1939, che hanno
segnato l'inizio dei due grandi conflitti
mondiali. E anche il 2015 potrebbe
essere l’inizio di una nuova guerra, una
guerra del tutto inusuale per gli uomini
abituati da sempre ad un altro genere
di conflitti. Questa è una guerra per
salvare il pianeta e noi che lo abitiamo.
Ma perché 6-?
A Parigi qualche cosa è successo: hanno trovato un accordo. Il mondo della
politica ha dato ragione alla scienza, si
è capito, che le attività antropiche hanno influenza sul clima e se siamo in una
certa situazione è per colpa dell'uomo.
Ma parlare di clima e fermarsi alle
temperature, non è sufficiente. Bisogna
avere una visione sistemica.
Quindi...
Il primo dato che voglio analizzare è la
popolazione che abita la terra. Siamo
7 miliardi e 300 milioni. Cresciamo al
ritmo di circa 200 mila persone al giorno, in un anno poco più di 70 milioni.
Se andiamo avanti di questo passo nel
2050 la popolazione mondiale sarà di
circa 9 miliardi. Ci sarà da mangiare
per tutti?
Lei sostiene che la terra è un mondo finito che non può crescere
all'infinito.
Proprio così. Siamo in un mondo che
ha dei limiti, non si può pensare di crescere all'infinito e non mi riferisco solo
alla popolazione mondiale. Quando
parliamo delle risorse della terra è noto
che, negli anni ’70 del secolo scorso il
bilancio terra-risorse era ancora pari
a uno. Ovvero consumavamo tutto, ma
non intaccavamo il capitale.
Adesso sono più di 40 anni che ci mangiamo il capitale, ovvero consumiamo
come se avessimo una terra e mezza.
Dobbiamo invertire questo trend, altrimenti, continuando così, nel 2050 il
consumo sarà tre volte quello attuale.
Nel 2015 abbiamo iniziato a intaccare
il capitale della Terra il 17 agosto. ►
Gennaio-FebbraioContinua
a pag. 22
Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi
ne sono i contributi nazionali, Intended Nationally
Determined Contributions (Incds), già espressi dalle
parti e che sono elemento fondante dell'accordo
anche per il futuro. Tuttavia, sembra che i contributi nazionali fino ad oggi dichiarati, secondo
stime già disponibili, produrrebbero entro il 2100
un aumento delle temperature di circa 2,7-3,5 °C
rispetto all’era pre-industriale. Risulterebbero quindi palesemente insufficienti, minando alla base il
senso e l’obiettivo dell'accordo, che su questo
specifico deficit degli Incds non si esprime se
non richiamando l’impegno e la responsabilità ►
MINIERA INESAURIBILE»
Flavio Zanonato, attualmente parlamentare europeo eletto nelle liste del
Partito democratico. Entrambi, moderatamente soddisfatti, comprendono le
difficoltà politiche e anche i limiti della scienza attuale, ma pensano che i
guai maggiori devono ancora arrivare…
La conferenza di Parigi la possiamo
considerare un successo o un fallimento?
Indubbiamente è un successo sul
piano degli ingenti impegni, anche
finanziari, che i Paesi di prima e più
avanzata industrializzazione hanno assunto verso i Paesi terzi, ma
rimane debole sul piano della cose
da fare contro il surriscaldamento
del pianeta. È mia opinione che la
Cop21 resterà nella storia come un
punto di svolta nell’atteggiamento
dei Paesi leader verso il resto del
mondo, ma che da solo non basti a
raddrizzare le sorti climatiche globali. È necessario un passo in più.
Quali sono le cose buone dell’accordo?
Le novità principali, a mio modo di
vedere, sono essenzialmente due: la
prima, dal 2020 i paesi di vecchia
industrializzazione erogheranno cento
miliardi l’anno destinati a promuovere
in tutto il mondo tecnologie a basso impatto ambientale; la seconda, dal 2018
e con scadenza quinquennale verranno
Gennaio-Febbraio
monitorati ed adeguati trend e obiettivi
generali.
Perché sono così importanti?
Bè, promuovere a livello planetario
una corsia preferenziale per l’economia
verde apre scenari rilevanti per ricerca
scientifica e innovazione con ricadute virtuose su tutto il nostro sistema
produttivo. Quanto al sistema di checkpoint previsti dall’accordo può solo
favorire continuità e affidabilità del
progetto.
Flavio Zanonato
E cosa c’è che non va?
Non c'è dubbio che la materia è molto
problematica e complessa, anche perché la prima revisione degli obiettivi
finanziari è prevista solo nel 2025, e
che i sottoscrittori, ovvero gli Stati,
documenteranno la transizione dal
fossile ad altre fonti energetiche attraverso autocertificazioni redatte nelle
rispettive capitali piuttosto che sulla
base delle verifiche da parte degli organi internazionali. Questa è la parte
di compromesso che mi convince di
meno. ►
Continua a pag. 22
19
Economia
UNA TERRA NON CI BASTA PIÙ
1960-2008
Impronta ecologica
2008-2050, scenari
Numero pianeti Terra
3.0
Se la produzione e i consumi globali
mantengono gli attuali tassi di crescita
Solo in presenza di una forte decrescita sarebbe possibile ristabilire
un rapporto di 1:1 tra risorse consumate e la loro rigenerazione
2.5
2.0
1.5
1.0
L'impronta ecologica misura l'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a
rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti.
Utilizzando l'impronta ecologica è possibile stimare quanti «pianeta Terra» servirebbero per
sostenere l'umanità, qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita.
0.5
0.0
1960
1970
1980
1990
2000
2010
2020
2030
2040
2050
Fonte: Global Footprint Network, 2015
Una scena dal film Another Earth (2011)
20
Gennaio-Febbraio
Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi
VERSO I NOVE MILIARDI DI PERSONE
Valori e proiezioni della popolazione mondiale per livello di sviluppo (1950-2050)
10
9
Popolazione paesi emergenti
8
Popolazione paesi in ritardo
Popolazione mondiale
7
Popolazione paesi sviluppati
6
5
4
3
2
1
1950
1960
1970
1980
1990
2000
2010
2020
2030
2040
2050
Fonte: treccani.it Dati: valori espressi in miliardi
► volontaria dei paesi di esprimere proposte di
contributo nazionale più ambiziose, chiedendo che
queste siano passibili di revisione ogni cinque
anni.
Gli stanziamenti previsti
L'accordo prevede che le azioni di mitigazione e di
adattamento ai cambiamenti climatici vengano finanziate
attraverso fondi messi a disposizione dagli Stati sviluppati. Si partirà da una quota minima di 100 miliardi di
dollari annuali: già questa è una dichiarazione molto ambiziosa considerando che al momento il fondo si attesta
a solo 10,5 miliardi di dollari. Tuttavia non risulta chiaro
dal documento l’anno a partire dal quale questi fondi
dovranno essere versati. La questione chiave è riuscire
ad eliminare e impegnare diversamente i finanziamenti
e sussidi ai combustibili fossili tutt’ora esistenti, che
insieme vanno a contribuire per 470 miliardi di dollari
all’anno. Un’altra strategia sarebbe quella di imporre una
tassa sulle transazioni finanziarie che vada a colpire le
azioni di speculazione favorendo la distribuzione delle
Gennaio-Febbraio
risorse tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo.
Perdite e danni
Una delle questioni sulle quali si è proceduto a
rilento durante i negoziati ha riguardato la questione
Loss and Damage (L&D), espressione con la quale ci
si riferisce agli effetti potenziali e reali associati ai
cambiamenti climatici che riguardano i paesi in via
di sviluppo. In particolare, con «perdite» si intendono
effetti irreversibili (ad esempio, l’impoverimento delle
sorgenti d’acqua dolce), mentre con «danni» le conseguenze di condizioni climatiche che possono essere
sanate (le distruzioni provocate da un uragano). Le
piccole isole in via di sviluppo, principali promotrici
dell’inclusione di L&D come un articolo a sé (e non
come parte dell’adattamento), portano a casa una vittoria importante. L’articolo 8 su L&D manca tuttavia
di alcune richieste dei paesi in via di sviluppo, come
la costituzione di un meccanismo ad hoc per gestire il
fenomeno dei migranti generato dai cambiamenti climatici. Inoltre, nella decisione relativa all’articolo, ►
21
Economia
Cosa significa l’accordo sul clima raggiunto a Parigi
► si specifica che quest’ultimo non potrà essere utilizzato come base giuridica per far valere richieste di compensazione per i danni derivanti da fattori climatici e dei
quali i paesi industrializzati sono storicamente responsabili. Una postilla esplicitamente richiesta dagli Stati Uniti,
e alla quale i paesi in via di sviluppo potrebbero aver
ceduto per vedere l’obiettivo degli 1,5 °C menzionato
nell’accordo. Molti restano i punti ancora da approfondire
e chiarire rispetto a quanto espresso nel nuovo accordo e
senza dubbio molta è la strada da fare, come non poca
è l’attenzione che dovrà essere posta perché gli obiettivi
dichiarati possano essere concretamente perseguiti, affinché sia chiara per tutti i popoli la consapevolezza che
già da domani inizia una nuova tappa per l’umanità. ◘
► E ogni anno si anticipa un pochino.
Parliamo di clima e temperature, tema di Parigi.
Il dato ormai noto è quello del CO2 in atmosfera,
abbiamo valori di 400 ppm (parti per milione). E la
tendenza è di una crescita di 2 ppm all'anno. Questo
valore è il livello massimo mai raggiunto da 800 mila
anni. La crescita di CO2 è andata aumentando con l'inizio dell'era industriale. È ora di invertire la tendenza. Anche perché tra un po’ sarà troppo tardi...
A Parigi si sono trovati tutti d’accordo sul limitare
l'aumento della temperatura: meno di 2 ° C rispetto alle medie della civiltà pre-industriale. Scelta
condivisibile?
È l'unica via possibile per evitare guai peggiori. Se
le temperature continuano ad aumentare si scioglieranno i ghiacci dei Poli, il livello dei mari crescerà
sommergendo buona parte delle coste. Mentre fenomeni naturali, come gli uragani, saranno destinati a
sviluppare maggiore energia, quindi ad essere più
devastanti e distruttivi.
Qual è il compito dei tecnici?
C'è tanta innovazione tecnologica che va tradotta e
resa fruibile per il cittadino. Ed è nella mission del
perito industriale aggiornarsi e suggerire al cliente la
migliore soluzione, che non è solo la migliore soluzione economica o tecnologica, ma ora più che mai
anche la migliore soluzione ambientale. Aggiungo un
altro aspetto, quello della produzione dei rifiuti, non
secondario. Che ha anche un diretto risvolto economico, meno si consuma energia e materie prime, meno
soldi si buttano via.
Ci costa di più limitare l'inquinamento e l'aumento delle temperature o non fare nulla lasciando
che le cose vadano come vadano?
Quando fai cassa subito, paghi dopo, con gli interessi.
Lo abbiamo visto con l'uso del territorio, la cementificazione, la perdita di attrattiva turistica di certi
luoghi. Ma in questo caso sarà anche peggio: se l'ambiente non funziona non funzionerà né l'economia,
né la salute nostra, né quella dei nostri figli. Davvero
vogliamo questo? ◘
► Cosa possiamo fare noi periti industriali?
Prosegue da pag. 18
22
Un contributo può essere quello di sviluppare progetti e piani industriali che tengano pienamente conto
della dimensione di sostenibilità ambientale, non solo
quella minima richiesta ma anche quella più ambiziosa e di prospettiva: energie rinnovabili, efficienza
energetica, tutela e valorizzazione idrogeologica
del suolo, protezione di flora e fauna e della qualità
dell’aria.
Ma ci costa di più lavorare per limitare l'aumento
della temperatura entro i 2 ° C oppure non preoccuparci?
Sarebbe irresponsabile non preoccuparsi: il pianeta è
un bene comune e il nostro unico habitat. Ma da qui
a gridare all’allarme ce ne corre. È importante che
i costi di questa transizione ambientale non vengano
distribuiti iniquamente, o che a pagare siano, nelle
vecchie economie industriali, solo alcune categorie
sociali. Io credo piuttosto che una volta scelta una
strada, la si debba percorrere fino in fondo. E un
accordo quadro infarcito di deroghe e autocertificazioni nazionali non è la soluzione. È e rimane,
tuttavia, una pietra miliare nel contesto dei rapporti
nord e sud del mondo e un tassello fondamentale per
compiere il passo futuro verso obiettivi più ambiziosi.
In questo senso, per indicare la direzione di questo
passo in più, mi convince l’analisi fatta da Piketty in
vista della Cop21 che collega climate change e diseguaglianze economiche. Oltre a guardare i Paesi che
producono più emissioni, dovremmo considerare i
Paesi dove c’è il maggior numero di persone che, con
i loro consumi e grazie ai loro redditi, sono responsabili della maggiore quantità di emissioni di CO2.
Per essere espliciti i Paesi ricchi fanno produrre nei
Paesi poveri i beni che poi importano e consumano,
di chi è la responsabilità delle emissioni? ◘
Prosegue da pag. 19
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
23
Opificium risponde
Quando un dipendente
della PA può progettare
Limiti e condizioni nelle quali operano i tecnici del pubblico impiego
quando sono chiamati a redigere un progetto
A cura dell'avv. Guerino Ferri (Ufficio legale Cnpi)
e dell'avv. Umberto Taglieri (Ufficio contributi e prestazioni)
Mi risulta che un dipendente dello Stato possa
svolgere attività di progettazione senza essere
iscritto all’ordine professionale. È veramente così?
Lettera firmata
Non proprio. La questione è più sottile e complicata. Ad ogni modo in linea generale possiamo dire che chi è dipendente a tempo pieno
dell’amministrazione pubblica ed è inquadrato
nell’area tecnica, disponendo dell’abilitazione
professionale, ma non dell’iscrizione all’albo,
può firmare i progetti interni all’ente di appartenenza e svolgere tutte le attività connesse alla
progettazione. È quanto stabilito con il decreto legislativo 163/06 dall’art. 90, comma 4, dall’art.
91, comma 1, e dall’art. 253 che, al comma 16,
definisce le condizioni per operare come progettista. Infatti, nel caso di progettazione interna – secondo quanto ribadito dalla Cassazione
(Sezioni unite, sentenza n. 3386, del 2 aprile
1998) –, la relativa prestazione dei dipendenti,
addetti ai competenti uffici per essere riferita direttamente alla amministrazione di appartenenza, è da considerare svolta «ratione offici» e non
«intuitu personae» e si risolve «in una modalità di
svolgimento del rapporto di pubblico impiego»,
nell’ambito della cui disciplina normativa e sulla
base della contrattazione collettiva ed individuale
24
vanno pertanto individuati i termini della relativa
retribuzione. Tuttavia, il principio di cui all’art. 90,
comma 4, Dlgs 163/2006, non è applicabile a
«tutte» le attività tecnico-professionali. Restano
escluse quelle sottoposte alla legislazione speciale in materia tecnica. Ad esempio, non si applica
alla legislazione speciale in materia di progettazione degli impianti, nelle ipotesi tassative elencate al comma 2 dell’art. 5, Dm 37/2008, ove si
stabilisce che:
«Per l'installazione, la trasformazione e l'ampliamento degli impianti di cui all'articolo 1,
comma 2, lettere a), b), c), d), e), g), è redatto un progetto. Fatta salva l'osservanza
delle normative più rigorose in materia di
progettazione, nei casi indicati al comma
2, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli albi professionali secondo
la specifica competenza tecnica richiesta,
mentre, negli altri casi, il progetto, come
specificato all'articolo 7, comma 2, è redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico
dell'impresa installatrice».
In conclusione, se il dipendente della Pubblica
amministrazione vuole possedere al di là di ogni
ragionevole dubbio l’abilitazione a progettare è
bene che si iscriva all’ordine professionale di riferimento. ◘
Gennaio-Febbraio
Le vostre domande vanno inviate via fax
al numero 06.42.00.84.44
oppure via posta elettronica all’indirizzo
[email protected]
UN DEBITO VIRTUALE E PER ORA
NON DOVUTO
Nella sezione «Pagamento» della mia area riservata, trovo un debito di 900,85 euro. Questo importo è esattamente la differenza tra quanto richiesto
dall’Eppi come primo acconto 2015 e quanto ho
versato. Però io ho pagato sulla base di quanto è
stato ricalcolato utilizzando l’«emulatore di acconti», dato che i redditi 2015 sono stati assai inferiori
a quelli del 2014. Perché compare allora questa richiesta di pagamento?
Lettera firmata
In ragione della rideterminazione degli acconti sulla
base dei redditi e volumi d'affari presunti prodotti
nel 2015, inferiori rispetto al 2014, non dovrà preoccuparsi del debito attualmente esposto: quando
presenterà la dichiarazione dei redditi 2015 (modello Eppi 03/15) gli acconti saranno determinati
sulla base degli effettivi redditi e volumi d'affari professionali prodotti. L'estratto conto attualmente evidenzia il debito in ragione degli acconti istituzionali
dovuti e non versati. Ciò in quanto l'Eppi non può
sapere se il non integrale versamento dipende da
una rideterminazione degli acconti, ovvero dall'impossibilità di adempiere puntualmente a quanto
dovuto. Se i valori che ha inserito nell’emulatore per
la rideterminazione degli acconti sono in linea con
i redditi e volumi d’affari effettivamente prodotti,
e sempre che ovviamente gli importi versati corri-
Gennaio-Febbraio
spondano al 45% dei contributi complessivamente
dovuti, il suo estratto conto non evidenzierà più il
debito né per capitale, né per interessi di mora e
sanzioni. In occasione del versamento del secondo
acconto (15 marzo 2016), avendo presumibilmente
a disposizione dati più certi, la invitiamo ad utilizzare nuovamente l’emulatore degli acconti, per verificare l’importo effettivamente dovuto.
RICALCOLARE LA PENSIONE
È COMPITO DELL’ENTE
Sono un pensionato Eppi dal marzo 2015. In ragione dell’autorizzazione dei ministeri vigilanti alla
distribuzione della contribuzione integrativa 2012 e
2013 sui montanti previdenziali, devo fare richiesta
per la rideterminazione della mia pensione?
Lettera firmata
No, sarà l'Ente a procedere d’ufficio alla rideterminazione della pensione a condizione, ovviamente,
che la posizione documentale e contributiva risulti
in regola. La quota di pensione determinata sulla
contribuzione integrativa è, infatti, erogabile solo
se risulta presentata la relativa dichiarazione reddituale e se non sussistono debiti di alcuna sorta per
queste annualità. Non è sufficiente, cioè, che sia
stato versato tutto l’integrativo ma deve essere stato
pagato anche il soggettivo, nonché eventuali debiti
maturati a titolo di interessi di mora e sanzioni per
il tardivo pagamento dei contributi. ◘
25
26
Gennaio-Febbraio
DOSSIER
Consulenza in tempo reale
Da pag. 28
Al servizio degli iscritti
Da pag. 32
A cura di Noemi Giulianella
,
I
!
P
o
n
P
r
Eongio
u
b
Da quest'anno è possibile usufruire
di nuovi strumenti per interagire con l'Ente
e trovare risposte e pronta assistenza.
In un'ottica di apertura e condivisione emerge
il ruolo indispensabile dell'iscritto e il lavoro
prezioso del personale dell'Eppi, vera linfa
di un sistema virtuoso che punta a migliorarsi
sempre di più
Dossier
Eppi, buongiorno!
CONSULENZA
IN TEMPO REALE
«S
olo ponendo al centro gli
iscritti dell’Eppi, solo costruendo un sistema informativo chiaro e trasparente per
il contribuente della Cassa,
solo valorizzando le risorse interne per migliorare la qualità dei servizi offerti, noi assolveremo il compito del nostro mandato». Con queste
parole Valerio Bignami, presidente dell’Eppi,
ha presentato una serie di innovazioni che caratterizzeranno da quest’anno i rapporti dei periti industriali con la propria Cassa di previdenza. Frutto di un lungo lavoro di preparazione e
implementazione svolto di concerto tra il Cda,
il Cig e la struttura dell’Ente, da gennaio di
quest’anno è possibile per l’iscritto usufruire di
nuovi strumenti per trovare risposte e assistenza
immediata, monitorare da casa l'avanzamento
delle pratiche e, inoltre, esprimere contestualmente un giudizio sul funzionamento del servizio utilizzato.
LA GESTIONE DELLE CHIAMATE
Il servizio telefonico è stato ampliato e rinforzato con risorse che evadono direttamente le
telefonate degli utenti.
A rispondere al telefono non ci sono dei centralinisti che smistano le chiamate all'ufficio
competente, ma dei consulenti, ognuno con
una competenza specifica all'interno dell'ufficio,
che si occupano direttamente delle richieste dei
chiamanti. Ciò garantisce un'assistenza puntuale e pressoché immediata. Non solo, al termine
della chiamata l'iscritto è invitato ad esprimersi
con un voto, da 1 a 5, per indicare il livello
di soddisfazione: il 5 è l'indicatore di maggior
gradimento. ►
28
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
Comunicazione veloce tramite il sito web e il telefono, monitoraggio online
delle pratiche, attenzione costante al giudizio degli utenti. Sono alcuni
degli strumenti di cui si è dotato l'Eppi per migliorare i servizi offerti
ai contribuenti, per informarli correttamente e puntualmente e, allo stesso tempo,
informarsi sulle loro esigenze. La parola d'ordine è partecipare
Gennaio-Febbraio
29
Dossier
Eppi, buongiorno!
► Le consulenze inoltre non si esauriscono
alla cornetta ma, se necessario, continuano con
corrispondenza mail tra chi segue la pratica e
il diretto interessato, che ha quindi come riferimento un responsabile del procedimento. Questo sia per agevolare e semplificare la comunicazione che per responsabilizzare l'Ente.
I DUBBI CHE SI SCIOLGONO ONLINE
Anche il sito è stato potenziato. È infatti possibile formulare dalla propria area online domande a cui verrà data risposta in tempi brevi,
sempre via web. Le risposte saranno memorizzate sul sito, quindi l'utente potrà sciogliere i
suoi dubbi quando vuole, eseguendo l'accesso,
e non perderà le informazioni acquisite, ma potrà gestirle nei modi e tempi che riterrà opportuni. Anche questo servizio di assistenza si sottoporrà alla valutazione degli users, che potranno
cliccare su delle emoticon per esprimere il loro
livello di soddisfazione. Tutto questo per favorire l’autonomia e il coinvolgimento dell'iscritto.
A CHE PUNTO SIAMO?
Se per controllare lo stato di avanzamento di
una pratica prima si poteva telefonare o inviare
mail con richieste di chiarimenti e delucidazioni,
oggi l'iscritto può vedere autonomamente dal
sito i tempi di lavorazione di tutta la documentazione che lo interessa. Può visualizzare anche
il nome dell'operatore che si sta occupando della pratica. Tutto in modo semplice e trasparente.
Ma i miglioramenti non finiscono qui: non basta controllare i tempi, bisogna verificare che
siano rispettati: insomma, se si è in linea con
il target o se si sta rinviando al di là dei tempi
tecnici l’esame della pratica.
È ancora l'iscritto che può verificare la regolarità della tempistica di evasione delle pratiche,
sempre dal sito. Sono attivi quindi monitoraggi
I nuovi strumenti dell'Eppi
1
2
3
Gli operatori che rispondono al
telefono forniscono direttamente
le consulenze senza dover
smistare e ricontattare l'iscritto
in un secondo momento
Le domande poste attraverso
il sito vengono prese in carico
dall'operatore interessato,
che darà risposte in tempi
brevi. Le risposte resteranno
memorizzate nella propria area
online
Dal sito è possibile
controllare autonomamente
lo stato di avanzamento
delle richieste, consultare
tutta la documentazione
allegata e visualizzare il nome
dell'operatore referente
ASSISTENZA TELEFONICA
DIRETTA
30
AIUTO ONLINE
MONITORAGGIO DELLE
PRATICHE
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
a 360 gradi per ricevere il feedback dagli iscritti in maniera sistematica e poter intervenire là
dove ce ne fosse bisogno.
DEVI PRESENTARE UNA RICHIESTA ALL’EPPI?
Sono state, infine, ampliate le richieste di prestazioni che si possono presentare direttamente dall’area riservata. È infatti possibile – ad
esempio – fare la richiesta di assegno di invalidità o pensione di inabilità allegando anche la
documentazione medica necessaria per l’istruzione della pratica; così come la domanda di
rimborso del montante previdenziale in caso di
inabilità.
«La parola che ci ha guidato nel progettare e
realizzare i nuovi servizi è coinvolgimento» spiega Bignami. «È fondamentale ottenere la partecipazione di tutti gli attori coinvolti: non solo
gli operatori dell’Ente, ma anche ogni iscritto.
Ciascuno ha il suo ruolo, indispensabile per ottenere il risultato ed innescare un sistema virtuoso di miglioramento continuo. Se gli utenti si
inseriscono attivamente nel lavoro dell'Ente, la
moltiplicazione di scambi di informazione che
ne consegue è linfa vitale per far crescere la
qualità dei nostri servizi. In altre parole: insieme
si va avanti». ◘
Agli utenti
l'ardua
sentenza
L'iscritto è sempre chiamato ad esprimere un giudizio sul servizio di cui ha
usufruito.
• Dopo la chiamata con l'operatore può digitare un numero da 1 a
5 per indicare il livello di gradimento dell'assistenza ricevuta.
Il 5 è l'indicatore di maggior soddisfazione
• Dal sito può cliccare su delle emoticon per esprimere una valutazione
negativa (colore rosso), non del tutto positiva (giallo), ampiamente
positiva (verde). ◘
Gennaio-Febbraio
31
Dossier
Eppi, buongiorno!
AL SERVIZIO DEGLI ISCRITTI
A
nche se non si
vedono si capisce subito quanto il loro lavoro
sia prezioso per il
funzionamento dell'Eppi. Il personale che si occupa di gestire
le tante chiamate che provengono dagli iscritti è l'interfaccia
dell'Ente e un notevole strumento di raccordo e contatto con
il territorio. È anche attraverso
questo canale che l'Ente monitora il gradimento dei servizi
offerti e l’efficacia dell’iter am-
ministrativo, in un'ottica sempre
più inclusiva che vuole valorizzare non solo l’Ente e la sua
struttura, ma anche e soprattutto gli iscritti, destinatari di
servizi e non «semplici» fruitori
passivi di una azione amministrativa autoreferenziale.
Dopo aver passato in rassegna i nuovi strumenti di cui
l'Eppi si è dotato per andare
incontro agli iscritti, facciamo
ora un passo oltre, presentando il personale che li fa funzionare concretamente. Molte
delle risorse del settore Contributi e Prestazioni hanno partecipato, tra l'altro, agli Eppi
Point, gli incontri sul territorio
organizzati lo scorso anno, e
ci offrono qui la loro lettura di
quell'esperienza.
Li abbiamo incontrati nella
nuova sede di Via Morgagni,
a Roma, e ci hanno raccontato di loro, del loro lavoro,
dei «loro» iscritti. Già, perché
ognuno ha i «suoi», quelli che
segue e che, in fondo, è come
se conoscesse. ◘
Walter Tomassi
36 anni, vive a Ceprano, in provincia di Frosinone e tutti i giorni raggiunge
il luogo di lavoro in treno: a spaventarlo, più che il viaggio dal suo paese,
è il traffico di Roma! Lavora nell'ufficio contributi e prestazioni e segue da vicino
gli iscritti nella prima fase del percorso previdenziale: l'iscrizione all'Ente
In cosa consiste nello specifico la
tua attività?
Osservo da vicino il momento della
qualificazione, del vero e proprio obbligo contributivo, quello in cui il perito
è chiamato ad iscriversi e a versare la
contribuzione. Per questo c'è un monitoraggio specifico e condiviso con l’albo
della professione. Noi seguiamo proprio
tutto il percorso e lo status professionale
dell’iscritto. Ci sono 60 giorni di tempo
entro i quali il perito industriale può comunicarci che non esercita la libera pro32
fessione. Altrimenti si procede con l’iscrizione d’ufficio.
Quindi ti rapporti con una fascia
d'età abbastanza giovane?
Diciamo di sì. C'è anche da considerare
però quella parte di iscritti che ha il doppio lavoro: compatibilmente con il lavoro da dipendente hanno la possibilità di
esercitare. Quindi ci sono anche iscritti
contribuenti che iniziano l'attività professionale più tardi, magari a cinquant'anni.
Mi occupo poi della branca delle prestazioni, e lavoro le domande di pensioni ►
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
Negli uffici di Via Morgagni, tra computer, scrivanie e grandi vetrate lavorano
gli operatori dell'Eppi, coloro che ogni giorno rispondono alle domande
degli iscritti, ne apprendono le preoccupazioni e li aiutano nelle tante difficoltà
della vita burocratica e lavorativa. Ci sono loro dietro tutti i nuovi servizi messi
a disposizione dall'Ente. Molti conosceranno già le loro voci, ecco anche
i loro volti e le loro storie...
Gennaio-Febbraio
33
Dossier
Eppi, buongiorno!
Noi seguiamo
tutto il percorso
e lo status
professionale
dell'iscritto. Cerchiamo
di essere dei veri e
propri assistenti morali,
di semplificare e di
trovare una soluzione
alle varie
problematiche
34
► di vecchiaia, e lì la platea cambia ovviamente, basta pensare che
il requisito regolamentare sono i 65
anni. Per questa fase interagiamo o
via mail o telefonicamente.
Che aria tira tra gli iscritti?
La maggior parte degli iscritti vive
quello che è il momento storico. Si
parla della crisi, molti sono in difficoltà e ricorrono alla rateizzazione e
temono anche di non rientrare. Hanno tante premure in questo senso e
ci contattano ripetutamente. Tuttavia
non si può parlare di lamentele. Noi
cerchiamo di essere dei veri e propri assistenti morali, cerchiamo di
semplificare e di trovare una soluzione per l'iscritto. C'è una percentuale
degli iscritti comunque che sa essere
molto ironica e positiva.
In quali contraddizioni o equivoci possono più facilmente inciampare?
Le norme che disciplinano la previdenza a volte appaiono agli iscritti come qualcosa di ostico quindi
la maggiore difficoltà è tradurre in
termini più semplici le norme previste dal regolamento che – in alcune
circostanze – si coordinano necessariamente con la normativa fiscale. E
così, ad esempio, in sede di dichiarazione dei redditi professionali (il
modello Eppi 03), al professionista
è chiesto anche di indicare in quale
quadro della dichiarazione al Fisco
ha denunciato i proventi della libera
professione.
Hai partecipato agli Eppi Point
lo scorso anno?
Sì, ho iniziato a Forlì, poi sono stato a Bologna, Brescia, ho partecipato
alle Giornate nazionali della Previdenza a Napoli in piazza Plebiscito,
ho girato molto. L'Eppi Point è un po'
la prova del nove rispetto all'assisten-
za telefonica. Al telefono puoi prendere del tempo, non c'è quel rapporto immediato che hai guardando in
faccia una persona, quando viene
letta ogni tua espressione, emozione
o perplessità. Il face to face facilita
moltissimo la comunicazione e permette di evitare incomprensioni. L'iscritto ha anche lui meno paura di
non farsi capire, di non dare il giusto
messaggio. Il contatto diretto ci aiuta
anche a fornire un'immagine più rassicurante e presente.
I «tuoi» iscritti come utilizzano
il sito internet dell'Ente?
Del nostro sito sono molto contenti.
Loro comunicano con l'Eppi per tanti
adempimenti con l'area online. Ogni
iscritto contribuente ha un suo profilo al quale accede autenticandosi.
Questo è un passaggio che curo io
personalmente al momento dell'iscrizione. Effettivamente registro un
feedback più che positivo.
Quali sono i rapporti tra l'Ente,
i collegi e l'albo?
Su questo tema a volte si può fare un
po' di confusione: i neoiscritti all'albo
non associano subito l'obbligatorietà
all'Eppi. A molti non è subito chiaro
che si tratta di un ente di previdenza
obbligatorio e non complementare,
ma questo è anche comprensibile.
Si può creare confusione, poi, quando decidono di cancellarsi dall'Eppi:
pensano in automatico di cancellarsi
dall'albo, quando invece sono due
organi differenti.
L'albo è propedeutico per l'esercizio
della libera professione. La comunicazione di fine attività per esempio non comporta la cancellazione
dall'Eppi, semplicemente si interrompe la contribuzione, ma si è sempre
membri del collegio. C'è poi un'interazione molto importante durante le
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
scadenze reddituali: i Collegi inviano le dichiarazioni dei redditi per conto degli iscritti. Come l'Eppi
ha un sito, l'albo professionale ha una piattaforma
che gestiamo anche noi (la piattaforma albounico), un registro attivo.
Noi da lì monitoriamo quali sono gli iscritti attivi
e i nuovi inserimenti all'albo. C'è una sinergia tra i
vari organi, uno scambio di informazioni.
Quando finisci il turno cosa fai?
Allora, la prima cosa è la corsa per prendere il
treno! Poi riesco anche ad andare in palestra a
volte. Sono amante delle attività di gruppo: mi
piace molto lo spinning. E nel fine settimana una
corsetta amatoriale. ◘
Domenica Tripodi
37 anni, si occupa di rimborsi, maternità e benefici assistenziali.
Insieme a lei tocchiamo con mano le difficoltà più grandi degli iscritti
e la soddisfazione che si prova nell'aiutarli
A chiamare, nel tuo caso, sono
iscritti uomini e donne. Quali
sono le questioni che ti pongono
le persone che segui al telefono?
Mi relaziono con molte donne, sia
lavoratrici iscritte all'Eppi, sia molto
spesso, vedove di periti nostri iscritti.
E curo tutta la parte assistenziale. Tutti da qualche anno temono la crisi, si
lamentano principalmente di questo,
non ce la fanno spesso a pagare i contributi. A volte ci chiedono degli aiuti,
soprattutto in caso di malattia che non
permetta di continuare a lavorare.
La parte degli iscritti con cui ti
relazioni riesce ad utilizzare i
nuovi strumenti messi a disposizione dall'Ente? Per esempio hai
un feedback dell'utilizzo del sito
internet?
Non ci sono grandi problemi. Dipende molto dall'età: gli iscritti più giovani
lo usano speditamente, quelli più anziani hanno problemi con il computer
in generale, ma grossi problemi con il
sito non ci sono mai stati, se non forse
quando lo abbiamo rinnovato.
In quale Eppi Point sei stata,
e che sensazione hai avuto di
quell'esperienza?
Sono stata a Torino. È stata un'esperienza positiva, ho notato che per gli
Gennaio-Febbraio
iscritti era molto meglio parlare con
qualcuno di persona. Sono molto
più tranquilli, è come se si sentissero seguiti di più guardandoti in volto piuttosto che dietro a un telefono.
Ho potuto parlare anche con persone
che avevo sentito spesso telefonicamente...
In realtà però gli iscritti sono
sempre seguiti molto da vicino,
il vostro supporto non si esaurisce al telefono...
No, spesso continua via mail, se
occorre inviare documenti, fornire
ulteriori spiegazioni, aiutarli a fare
i versamenti. Si affidano parecchio,
ai più anziani inviamo noi i modelli, spieghiamo cosa inviare insieme
ai documenti ecc. E sono molto riconoscenti. In generale l'atteggiamento
che prevale è la riconoscenza.
C'è qualche storia particolare
che ti è capitato di seguire?
Beh, curando la parte assistenziale
sento spesso storie davvero delicate,
di quelle che ti toccano. In quei casi
cerco di aiutarli il più possibile, per
fargli ottenere qualcosa che possa rivelarsi utile per affrontare il momento. Quando ci riesco è una grande
soddisfazione, si fa davvero qualcosa
di concreto. ◘
Curando la
parte
assistenziale
sento spesso storie
davvero delicate.
Quando riesco a
dare un aiuto è una
grande
soddisfazione, si fa
davvero qualcosa di
concreto
35
Dossier
Eppi, buongiorno!
Laura Bellucci
43 anni, romana, si occupa di contributi e delle richieste di benefici
assistenziali e segue la maggior parte della corrispondenza via
mail. Amante dei libri e della compagnia, ci spiega la complessità
del proprio ruolo, anello di congiunzione tra l'iscritto e l'Ente
Siamo molto
disponibili
perché
la filosofia dell'Ente
è quella di cercare
di venire incontro alle
esigenze degli iscritti
rispettando, però,
i regolamenti e le
leggi
36
In cosa consiste il tuo lavoro
nello specifico?
Seguo coloro che chiedono i benefici assistenziali, quindi concorso spese di mutuo, benefici per
la famiglia (spese di studio per i
figli, protesi se hanno avuto difficoltà, spese funerarie...). Questo
per quanto riguarda l'erogazione
da parte dell'Ente. Poi fornisco informazioni agli iscritti sull’obbligo
contributivo in generale, aiutandoli ad individuare il comportamento corretto da seguire in caso
di esercizio della libera professione in forma societaria. Mi occupo
anche di contribuzione volontaria
e di riscatto, ma sono minoritari
rispetto alle richieste di benefici.
Il tuo punto di vista sugli
Eppi Point.
Sono stata a Caserta. Gli iscritti
hanno avuto piacere della nostra
presenza, indubbiamente, hanno
sperimentato il contatto diretto.
Dal punto di vista dell'efficienza
del servizio credo comunque che
sia migliore quello che offriamo
telefonicamente: siamo nella nostra postazione, con i pc e le pratiche a portata di mano, siamo in
grado di soddisfare in meno tempo le richieste.
Come state lavorando con il
sito?
Abbiamo una popolazione che
inizia a muoversi con sicurezza
nel sito e lo apprezza parecchio,
un'altra parte della popolazione
invece, più anziana, ancora non
riesce a confrontarsi con questa
realtà. Sicuramente il sito si può
migliorare, noi ci stiamo lavorando, si possono creare più interattività, più agilità nell'uso...
Come gestite le telefonate?
Noi non facciamo call center,
facciamo consulenza, prendiamo l'iscritto e lo seguiamo a 360
gradi, cercando di non limitarci
all’aspetto previdenziale. Ovviamente non sono pratiche da cinque minuti, ripercorriamo tutta la
posizione e studiamo la situazione
dell'iscritto, ma iniziamo subito a
lavorarci, la presa in carico è diretta.
Qual è il vostro ruolo e le
difficoltà maggiori che incontrate?
Il nostro ruolo è quello di cercare
di agevolare e supportare quanto
possiamo l'iscritto. A volte poi ci
sentiamo particolarmente coinvolti, ci sono storie che ti toccano di
più, seguiamo da vicino situazioni
delicate, anche contingenze drammatiche, quindi ci mettiamo a
completa disposizione. Dobbiamo
però sempre rispettare la professionalità e la distanza che questa
impone: non si può prescindere
dal fatto che nel momento in cui
rispondo al telefono io sto rappresentando l'Ente.
Cerchiamo di coniugare l'umanità e la partecipazione con il nostro
ruolo «istituzionale». Siamo molto
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
disponibili perché la filosofia dell'Ente è quella
di cercare di venire incontro alle esigenze degli
iscritti rispettando – però – sempre i regolamenti e le leggi.
Su quali questioni gli iscritti sono meno
preparati?
Beh, diciamo che la cosa più complessa da
comprendere sono le tempistiche.
Da fuori è fisiologico che non si colgano i tempi necessari per avviare le pratiche. Un iscritto
aveva richiesto dei benefici il 15 dicembre scorso ed era convinto che li avrebbe ottenuti entro
Natale.
Ora questo è tecnicamente impossibile, perché c’è un iter disciplinato dai Regolamenti che
richiede un’accurata disamina della richiesta.
I tuoi hobby Laura?
Quando stacco dal lavoro vado a prendere
mia figlia, una bimba piccola di 5 anni e mezzo e seguo anche le sue di esigenze. Mi piace
molto leggere, passare il tempo in compagnia,
casa mia è sempre piena di gente. In questo
momento sto leggendo Il responsabile delle risorse umane di uno scrittore israeliano, è molto
interessante, parla di un attentato a Gerusalemme, l'ambientazione è particolare davvero. ◘
Alessandra Ascone
calabrese, 36 anni, si occupa della gestione dei flussi bancari per quanto
riguarda l'accredito dei contributi previdenziali e dell'elaborazione dei dati
del settore e, anche lei, fornisce consulenza telefonica. Moglie e mamma,
si sente ormai romana per metà
Che tipo di servizio offrite?
Noi rispondiamo direttamente al telefono e questa cosa è molto positiva perché assicuriamo assistenza immediata,
ma quello dell'Eppi non si può definire
un call center nell'accezione classica che
immaginiamo tutti, noi forniamo consulenze. Siamo tutti in grado di fornire
una prima assistenza, poi ovviamente
ognuno ha una sua preparazione specifica e segue i suoi casi. Io mi occupo
di flussi bancari e di modelli F24: può
accadere che per alcuni dei nostri iscritti
non tutto sia così immediatamente chiaro su come operare al momento delle
scadenze o che cosa fare per risolvere
un caso di morosità. Allora sono io ad
intervenire, aiutandoli passo dopo passo e verificando insieme a loro la posizione che li riguarda.
Qual è l'iter per versare i contributi e dove si possono incontrare
difficoltà?
Le scadenze sono fisse e noi calcoliamo la contribuzione, quindi da questo
Gennaio-Febbraio
punto di vista è tutto molto semplice e
lineare. Gli iscritti che effettuano un pagamento, scaricando dal sito i modelli
precompilati di bonifico o F24, dispongono poi di tutto lo «storico» dei loro
contributi. All’inizio, è ovvio, qualche
difficoltà di ambientamento c’è stata,
ma ora direi che tutto funziona «liscio
come l’olio». Resta, ogni tanto, lo scoglio iniziale di accedere alla propria
pagina, ma noi siamo lì per quello: un
po’ come Virgilio siamo la loro guida
per visitare gironi che, almeno nel nostro caso, non hanno nulla di infernale.
La sola cosa che continua a generare
un po’ di confusione tra i nostri iscritti è
il fatto che viviamo un «anno indietro»:
nel 2015 si pagano i contributi previdenziali del 2014.
Cosa fai quando finisci il turno?
Quando stacco dal lavoro corro da
mia figlia, ho una bimba piccola.
Il viaggio più bello?
A Bali, il viaggio di nozze... vale lo
stesso? ◘
Quello dell'Eppi
non si può
definire un call
center nell'accezione
classica che
immaginiamo tutti: noi
forniamo consulenze, e
siamo tutti in grado di
prestare una prima
assistenza
37
Dossier
Eppi, buongiorno!
Mara Marchione
39 anni, si occupa principalmente di rateizzazioni e, più in generale,
di tutte quelle attività che richiedono controlli più approfonditi,
dall'estratto conto al programma, alle varie anomalie che possono
verificarsi nella situazione previdenziale di un iscritto
Uno dei temi
che sta più a
cuore agli
iscritti è capire se
optare per la
ricongiunzione
o la totalizzazione.
Questa attenzione
è positiva, vuol dire
che vogliono essere
consapevoli e
avere contezza
del futuro
38
Quali sono le principali difficoltà che incontrano gli iscritti
con cui parli al telefono?
Nel mio caso emerge spesso un
problema. Noi eroghiamo rateizzazioni che sono automatiche, il
pagamento è diretto sul conto corrente dell'iscritto.
Se l'iscritto non paga una rata il
mese successivo si richiedono due
rate insieme. Però se l'iscritto non
paga queste due rate accorpate,
la rateizzazione viene chiusa per
inadempimento, decade completamente tutto e lo stesso si ritrova
nuovamente con un debito nei confronti dell’Ente.
Le lamentele che ricevo riguardo
a questa situazione non sono poche, però ci sono delle regole che
vanno rispettate: è questo che cerco di far capire a chi si ritrova in
questa situazione.
Come funziona? Come gestite le chiamate?
Prima la segreteria prendeva le
chiamate, le metteva in lista e noi
del settore, mano a mano, attingevamo a questa lista informatica e
le evadevamo. Ora rispondiamo
direttamente noi dal settore, prendendo in diretta le chiamate.
Quindi l'assistenza telefonica è
immediata.
Chi si è presentato agli Eppi
Point lo scorso anno?
Sono venute persone che vogliono fare conti, avere chiaro quanto
prenderanno come assegno pensionistico, oppure che hanno posizioni aperte presso altri enti e quindi vogliono capire cosa conviene
fare, se la ricongiunzione o la totalizzazione. Anche questa sembra
una delle preoccupazioni principali degli iscritti, ed è positivo, perché così sono consapevoli e hanno
contezza del loro futuro. E possono
muoversi per tempo.
Cosa corri a fare quando lasci gli uffici di Via Morgagni?
Oggi porto mio figlio a basket,
lo aspetto... faccio la mamma e un
po' la moglie. E mi tocca fare pure
la casalinga!
Parli ogni giorno con molte
persone, ma c'è un caso «del
cuore»? Un iscritto che hai seguito particolarmente da vicino e per cui ti sei sentita davvero utile?
Certo, ho il mio «iscritto del cuore», un perito anziano, sfortunatissimo. Ha avuto un incidente molti
anni fa, è stato in fin di vita, però
grazie a una dottoressa che lui
chiama «il suo angelo» ce l'ha fatta
e ha recuperato molto bene fisicamente. Lo abbiamo aiutato in un
momento in cui si era ritrovato con
una posizione irregolare.
Da allora in corrispondenza di
ogni scadenza lui mi chiama, «dottoressa Marchione!», mi racconta
tutte le cose che gli succedono e mi
tiene aggiornata sulla sua vita. ◘
Gennaio-Febbraio
Dossier
Eppi, buongiorno!
Alessia Catinari
41 anni, romana, si occupa delle prestazioni pensionistiche,
accompagna gli iscritti verso il pensionamento, passando
per ricongiunzione e totalizzazione dei contributi.
Amante della lettura, in estate la trovate a Pantelleria...
Qual è il ritratto dell'iscritto
Eppi?
Gli iscritti Eppi, essendo dei tecnici, sono persone molto precise
e concrete, la domanda è sempre diretta, non girano intorno al
tema e vanno dritti al sodo. Questo ci aiuta molto.
La domanda che a me arriva
è sempre secca: «Quando vado
in pensione?», «Ho dei contributi
versati all'Inps, che ci faccio?».
Come dicevo questo facilita i rapporti, mi consente di rapportarmi
con schiettezza. Altra loro caratteristica che mi piace molto, sempre
legata alla formazione tecnica, è
questa: con i numeri non li imbrogli! Quando chiedono è sempre
per conferma, hanno già chiara
la loro situazione e sono molto attenti, sono abbastanza preparati.
La platea alla quale mi rivolgo
io parte dai 55 anni in su, perché
parlo principalmente con chi si
avvicina alla pensione. Sono persone che lavorano da tanto, sono
iscritte all'Eppi da tanto, quindi
magari i meccanismi li hanno già
rodati.
La tua platea di non giovanissimi utilizza comunque il
sito?
Sì, certamente. Essendo professionisti in piena attività il sito lo
conoscono molto bene. Lavorando, loro devono costantemente
utilizzare le vie telematiche.
Gennaio-Febbraio
Com'è il rapporto con gli iscritti e in quali modi si struttura?
Riceviamo anche mail o comunicazioni scritte alle quali cerchiamo di dare evasione in uno o due
giorni, quindi loro già conoscono
i nostri nomi perché firmiamo le
mail... a volte richiedono di parlare con uno di noi in particolare.
Anche se noi cerchiamo comunque
di offrire un servizio professionale
e formale si crea poi un rapporto
molto diretto con gli iscritti, informale, ci danno del tu.
Anche tu hai partecipato agli
Eppi Point lo scorso anno...
Questi incontri sono stati organizzati dai collegi provinciali, noi
con la nostra valigetta partivamo
da Roma e andavamo nei vari posti sul territorio. Avevamo un tavolo a parte per ricevere personalmente gli iscritti.
Questa cosa ha aiutato molto
il rapporto. Io ne ho fatti tanti di
incontri, soprattutto nel Nord-Est,
mi sono trovata gente che conoscevo solo di nome ed è stato bello. Stancante ma bello.
Anche gli iscritti erano contenti di associare un nome al nostro
volto.
Cosa ti piace fare fuori
dall'orario di lavoro?
Vado a correre! E mi piace leggere. Ultimamente ho letto Il rumore delle perle di legno di Antonia Arslan. ◘
Anche se noi
cerchiamo di
offrire un
servizio professionale e
formale, si crea poi un
rapporto molto diretto
con gli iscritti.
Conoscono i nostri
nomi e richiedono di
parlare con uno di noi
in particolare
39
Politica
Anatomia
di una professione
Di Ester Dini,
S
Centro Studi Fondazione Opificium
ono 43.240 i periti industriali iscritti ai
collegi territoriali e distribuiti tra Nord Est
(32,5%), Sud e isole (26,6%) Nord Ovest
(24,2%) e Centro (16,8%). Da qui prende
le mosse il documento del Centro Studi
Opificium, elaborato sulla base delle informazioni
contenute nell’albo unico, che intende fornire un profilo della professione nel 2015, mettendo in luce le
caratteristiche e le dinamiche di evoluzione.
Da un punto di vista anagrafico, la fotografia che
emerge è quella di un gruppo professionale «maturo»,
e che si prepara ad affrontare una sfida importante in
termini di ricambio generazionale nei prossimi anni. I
giovani con meno di 35 anni rappresentano il 13,1%
degli iscritti: una percentuale bassa, se si considera
che diversamente da altre professioni regolamentate,
l’accesso a quella di perito avviene relativamente
presto, e pertanto dovrebbe presentare un’incidenza
più elevata degli appartenenti a tale fascia d’età. Al
contrario, gli under 35 «pesano» sulla categoria tanto
quanto gli over 65 (13%), mentre la parte più rilevante di iscritti, il 31,3%, si concentra nella fascia d’età
intermedia, tra i 45 e 54 anni, il 20% tra i 35 e 44
anni, e il 22,6% tra i 55 e 64 anni.
Altro tratto distintivo che emerge dall’analisi è la
forte connotazione di genere che ancora caratterizza
la professione. Le donne, infatti, rappresentano «solo»
il 2,7% degli iscritti e, malgrado tra le generazioni
più giovani si registri un aumento della loro presenza,
questa resta ancora troppo limitata, soprattutto se si
osservano i trend più recenti che hanno investito le
professioni dell’area tecnica. Completa il profilo anagrafico l’analisi del titolo di studio che tuttavia costituisce una delle dimensioni più incerte, dal momento
che nel 41,4% dei casi l’informazione relativa a tale
variabile risulta mancante. Stando ai dati inseriti, risulta in possesso di una laurea l’1% degli iscritti: una
40
quota questa che oscilla a livello territoriale dall'1,2%
del Sud, allo 0,7% del Nord Est. Val d’Aosta, Marche
e Liguria sono le regioni in cui tale valore risulta più
alto. Nella maggior parte dei casi, il titolo di studio
è stato una conquista recente per i periti. Più della
metà (il 57%) l’ha conseguito negli anni 2000, e solo
l’11,2% precedentemente. Circa un terzo (31,8%) si è
invece laureato negli ultimi cinque anni. Tra i giovani
e le donne aumenta, anche se di poco, l’incidenza
dei laureati: sono infatti il 2,4% tra gli under 35 e
il 2,8% tra le perite: un dato quest’ultimo spiegabile
anche alla luce delle specializzazioni più frequenti tra
le donne che esercitano la professione, tra cui spiccano quelle in area chimica e fisica.
Un terzo dei periti industriali
è iscritto all’EPPI
Entrando nel dettaglio dell’esercizio professionale, il
primo elemento di distinzione interno alla categoria
è costituito dalle modalità di esercizio, che possono
essere di lavoro dipendente, oppure autonomo. Vi è
da dire che tale distinzione, per quanto centrale anche
e soprattutto a fini previdenziali, è rilevante solo in
parte, dal momento che spesso e volentieri l’esercizio
libero professionale può associarsi ad una condizione
di lavoro dipendente, o addirittura derivare da questo,
come nel caso di tanti professionisti che abbiano maturato la propria esperienza all’interno di una realtà
aziendale, e deciso solo successivamente di fare il
salto al lavoro in proprio.
A prescindere tuttavia da tali considerazioni, è evidente che gli oltre 14 mila periti che esercitano come
professionisti, e che corrispondono al 33,6% del totale
degli iscritti, siano portatori di una modalità di intendere l’esercizio professionale del tutto distintiva e che,
per quanto minoritaria, rappresenta un elemento ►
Gennaio-Febbraio
Che cosa sanno i periti industriali di se stessi
L’introduzione dell’albo unico nazionale
ha fornito alla categoria un utile strumento di analisi
delle caratteristiche e delle linee evolutive
degli iscritti, consentendo una radiografia
delle proprie articolazioni interne: anagrafiche,
generazionali e settoriali. Ecco un primo documento
conoscitivo per rispondere alla domanda «chi siamo»
e indispensabile per sapere «dove andiamo»
Gennaio-Febbraio
NOTA BENE. Il testo
completo dell’indagine è
consultabile su
www.fondazioneopificium.it
41
Politica
FIG. 1 – INCIDENZA DEGLI ISCRITTI CON MENO
DI 35 ANNI E PIÙ DI 65 ANNI SUL TOTALE, PER
AREA GEOGRAFICA, 2015 (VAL. %)
TAB. 1 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI
PER REGIONE, 2015
Nord-Ovest
Liguria
Lombardia
Piemonte
Val d'Aosta
Nord-Est
Emilia Romagna
Friuli-Venezia Giulia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Centro
Lazio
Marche
Toscana
Umbria
Sud e isole
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Molise
Puglia
Sardegna
Sicilia
Totale
Val. ass. Val. %
10450
24,2
1284
3
6609
15,3
2498
5,8
59
0,1
14046
32,5
5017
11,6
2351
5,4
1707
3,9
4971
11,5
7253
16,8
1532
3,5
976
2,3
4123
9,5
622
1,4
11491
26,6
1003
2,3
296
0,7
659
1,5
3099
7,2
196
0,5
2445
5,7
1765
4,1
2028
4,7
43240
100
20
15
10
14,2
11,1
12
0
11,3
12,7 13
Più di 65 anni
Nord-Ovest
Centro
Nord-Est
Sud e isole
Totale
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium
su dati Albo Unico
Dipendente
o altro non
indicato
Totale
36,5
28,5
38,9
24
38,5
25,4
11,6
17,4
15,1
16,5
4,6
2,2
100
8,7
8,3
2,7
100
11,7
6,8
2,5
100
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico
42
13,1
Meno di 35 anni
TAB. 2 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI PER AREA
DI SPECIALIZZAZIONE E MODALITÀ DI ESERCIZIO
DELLA PROFESSIONE, 2015 ( VAL. %)
Elettrotecnica
Meccanica/termotecnica
Elettronica/informatica/
telecomunicazioni
Costruzioni
Chimica/fisica/tessile
Altro
Totale
15,3
14,1
5
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium
su dati Albo Unico
Libera
professione
15,6
► di valore indiscutibile per la categoria. L’altro elemento di interesse
che emerge è la maggiore incidenza
di liberi professionisti nelle fasce generazionali più giovani. È indicativo
da questo punto di vista come la quota
di liberi professionisti passi dal 41,8% degli
under 35, al 39,8% dei 35-44enni, per poi
scendere sotto soglia 30% nella fascia d’età
centrale, e risalire al 34,4% tra gli over
65 (fig. 2). Dalla lettura dei dati emerge
chiaramente come la professione abbia una
forte connotazione in campo elettrotecnico, concentrandosi qui ben il 38,5% delle
specializzazioni degli iscritti. Seguono il
settore meccanico/termotecnico, che raccoglie tra meccanica, termotecnica, industria
metalmeccanica e navalmeccanica il 25,4%
degli iscritti, poi quello elettronico/informatico/telecomunicazioni (15,1%) e quello
edile (11,7%). Infine il 6,8% afferisce al
settore chimico, fisico e tessile, mentre il
2,5% degli iscritti o non ha indicato il
settore di specializzazione, o è collocabile
in specializzazioni – si pensi all’industria
mineraria, o alle tecnologie alimentari –
che raccolgono ancora una quota molto
bassa di periti.
Gennaio-Febbraio
Che cosa sanno i periti industriali di se stessi
FIG. 2 – QUOTA DI LIBERI PROFESSIONISTI SUL TOTALE
DEGLI ISCRITTI PER FASCIA D’ETÀ, 2015 (VAL. %)
50
41,8
40
39,8
30,2
28,5
30
34,4
33,6
20
10
le
Tot
a
65
di
4
55
-6
Più
4
45
-5
4
35
-4
Me
no
di
35
0
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico
TAB. 3 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO DI
ISCRIZIONE E ETÀ AL MOMENTO DELL’ISCRIZIONE (VAL. %)
ANNO DI ISCRIZIONE
Età al
momento
dell'iscrizione
Meno di 25 anni
prima
del 2000
dal 2000
al 2009
dal 2010
in poi
Totale
34,2
20
26,8
29,5
45
47
36,3
44,4
35 anni e oltre
20,8
33
37
26
Totale
100
100
100
100
29
32,5
33,3
30,4
25-34 anni
Età media
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico
Una gamma di specializzazioni da aggiornare
Uno dei dati più interessanti si riscontra analizzando il profilo
degli iscritti per titolo di studio. Quello che emerge in questo caso,
non è solo la differenza tra aree di specializzazione dei laureati
rispetto ai diplomati (circa un quarto è specializzato nel settore informatico ed elettrotecnico, rispetto al 15% dei diplomati), quanto
piuttosto il fatto che quasi un quarto dei laureati (il 23,2%) non si
colloca in nessuno dei settori di specializzazione tradizionale, ma
finisce nel sottogruppo residuale, distribuendosi tra quanti presentano
una specializzazione in tecnologie alimentari e soprattutto tra chi non
indica alcuna specializzazione: un dato questo che suggerisce anche
la difficoltà che molti laureati incontrano a collocarsi all’interno di
un «set» di specializzazione pensato quasi un secolo fa, e l’esigenza
al tempo stesso di procedere quanto più speditamente possibile ad
una revisione delle aree di specializzazione che sia coerente con
Gennaio-Febbraio
l’obiettivo di innalzamento del livello
di istruzione che la categoria si è
dato, e renda più facilmente collocabili
al proprio interno anche quelle lauree
triennali che rischiano al momento di
non trovare «casa» alle proprie specializzazioni e competenze.
Il primo dato da cui partire riguarda proprio l’accesso alla professione
e il progressivo posticipo dell’età di
ingresso (tab. 3): se tra quanti si sono
iscritti prima del 2000, l’età media era
di 29 anni, e ben il 34,5% ne aveva
meno di 25, già negli anni 2000 la
situazione ha iniziato a cambiare. L’età
media di iscrizione all’Albo è salita a
32 anni e mezzo, e solo il 20% degli
iscritti aveva meno di 25 anni. Aumenta parallelamente anche la quota
di iscritti con più di 35 anni, passata
al 33%. Con le iscrizioni degli ultimi
cinque anni, vi è stata un’ulteriore accelerazione in tal senso: l’età media di
iscrizione è infatti arrivata a 33 anni.
A fronte tuttavia di un aumento degli
over 35 tra i nuovi iscritti, arrivati al
37%, e riconducibile presumibilmente
anche alla maggiore incidenza di laureati, aumenta leggermente anche la
quota di quanti hanno meno di 25 anni
(26,8%). Un dato quest’ultimo che troverebbe spiegazione in due fattori: da
un lato, l’assenza di opportunità di
lavoro alle dipendenze, presso aziende
o istituzioni pubbliche, può avere spinto più giovani in direzione dell’avvio
di un’attività in proprio al completamento del ciclo di scuola secondario.
Dall’altro lato, la domanda di tecnici
intermedi ha continuato a presentare,
anche nel periodo della crisi, buoni
trend di crescita; e ciò potrebbe avere
spinto molti diplomati di istituti tecnici
a presentarsi sul mercato e rinunciare
a un percorso formativo di tipo terziario, con sempre meno prospettive di
inserimento professionale.
Cresce la libera professione
Altri elementi suggeriscono come
sia in atto un processo di trasformazione, ben fotografato dal profilo ►
43
Politica Che cosa sanno i periti industriali di se stessi
FIG. 3 – INCIDENZA DI ALCUNI GRUPPI
PROFESSIONALI (DONNE E LAUREATI)
SUL TOTALE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO
DI ISCRIZIONE (VAL. %)
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
3,8
3,1
3
2,3
1,1
0,5
donne
prima del 2000
laureati
2000-2009
dal 2010 in poi
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico
► di perito che emerge tra i nuovi iscritti, e che
tuttavia è ancora estremamente lento e contenuto per dare effetti visibili a livello di sistema.
Cresce, anche se di poco, tra gli iscritti dopo
il 2010, sia la quota di laureati (3,8%) che di
donne (3,1%). Più indicativo è invece l’aumento
della componente libero professionale tra le nuove
iscrizioni (36,5% tra gli iscritti dopo il 2010, vedi
tab. 4): un fattore questo che risente del positivo
impatto dell’istituzione della Cassa previdenziale,
ma anche collegabile alle più generali trasformazioni che hanno investito la professione e le
sue competenze. Sul fronte delle specializzazioni,
il futuro della professione vede certamente la
crescita della componente elettronica, informatica
e delle telecomunicazioni (quasi 20% tra i neoiscritti) a scapito soprattutto dell’area edile: una
specializzazione scelta solo dall’8,8% degli iscritti
a partire dal 2000.
TAB. 4 – DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI, PER ANNO
DI ISCRIZIONE, AREA DI SPECIALIZZAZIONE E MODALITÀ
DI ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE (VAL. %)
ANNO DI ISCRIZIONE
prima del 2000
dal 2000
al 2009
dal 2010
in poi
Totale
Area di specializzazione
Elettrotecnica
36,9
41,7
39,6
38,5
Meccanica/termotecnica
25,6
23,4
24,2
24,8
Elettronica/informatica/telecomunicazioni
12,8
17,9
19,9
15,1
Costruzioni
14,6
8,9
8,8
12,4
Chimica/fisica/tessile
7,5
5,5
5,5
6,8
Altro
2,6
2,6
2
2,5
100
100
100
100
Totale
Modalità di esercizio della professione
Libero professionale
32,1
35,9
36,5
33,6
Dipendente o altro non specificato
67,9
64,1
63,5
66,4
Totale
100
100
100
100
Fonte: elaborazione Centro Studi Opificium su dati Albo Unico
La sorpresa del Sud
L’ultimo elemento di nota riguarda il territorio, e
le differenze riscontrabili al suo interno proprio con
riferimento al ricambio e all’impatto che il protagonismo di alcune aree può avere nel definire il profilo della professione in una direzione piuttosto che
44
nell’altra. È da sottolineare da questo punto di vista
il caso del Sud Italia, che ha contribuito a più di un
terzo (34,8%) delle nuove iscrizioni, e al ruolo della
Campania, che assieme a Veneto e Lombardia sono
le regioni che hanno dato il maggior contributo al
numero dei nuovi iscritti (tab.1). ◘
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
45
STORIE DI NOI
È la rubrica di
«Opificium» dedicata
a raccontare le avventure
professionali dei nostri
colleghi. La redazione
è pronta a raccogliere le
segnalazioni dei lettori.
Potete scriverci a
[email protected]
46
Gennaio-Febbraio
Storie di noi All'Aquila dopo il terremoto
L'alba della
ricostruzione
Quando la natura distrugge, i tecnici corrono ai ripari. Dopo il sisma
del 2009 all'Aquila, i primi due edifici a tornare in vita sono stati
la Chiesa di San Biagio Amiterno e l'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi.
Ripercorriamone la storia da un punto di vista privilegiato:
quello di un giovane collega perito industriale protagonista dei due progetti
pionieri, un siciliano che ha messo le sue competenze al servizio dell'Abruzzo
Di Noemi Giulianella
T
estimone e attore della ricostruzione
dell'Aquila post-sisma, Simone Santaera ripercorre le tappe della sua carriera,
ancora breve per la sua giovane età, ma
già ricca di esperienze e progetti notevoli. La collaborazione come consulente elettrico
con lo studio che ha curato la ristrutturazione dei
due edifici religiosi abruzzesi lo ha condotto a
all'Aquila a seguire il progetto degli impianti dei
due luoghi di culto in un territorio così delicato.
Forse la Sicilia non è quell'isola sonnacchiosa che
spesso ci dipingono, e forse i giovani periti industriali potrebbero osare di più...
I media hanno parlato molto della ricostruzione dell'Aquila, spesso anche in senso negativo. Lei
che vi ha partecipato attivamente, che ha respirato
quell'aria, conferma questa lettura?
In realtà no, c'era un'aria di rinnovamento, di
ripresa. Questi sono stati i primi due cantieri che
sono partiti e si sono conclusi nei termini stabiliti. C'era entusiasmo e fervore. I progetti sono
del 2010, i lavori sono partiti subito e sono stati
conclusi in tempo. Non c'erano lamentele da parte
della collettività durante questi lavori.
Gennaio-Febbraio
La cittadinanza quindi era vicina al vostro progetto?
Sì, i cittadini dell'Aquila erano molto contenti,
quella di San Biagio è stata la prima chiesa a
riaprire dopo il sisma. E con lei l'oratorio di San
Giuseppe, che è proprio annesso alla chiesa. È
stato molto bello entrare in quell'area. Avevamo un
compito delicato noi tecnici: andare a ricostruire
quello che la natura aveva distrutto.
Quanto cambia il lavoro del perito quando parliamo di beni culturali? Questo rappresenta uno
stimolo o piuttosto un ostacolo al lavoro?
Quando si fa un lavoro su un bene vincolato dalla Soprintendenza ai beni culturali, il tecnico deve
essere in grado di arrivare all'obiettivo nel modo
meno invasivo possibile per la struttura. Quindi
si devono ottimizzare i percorsi, diminuire il più
possibile le condutture (parlo ovviamente per la
parte elettrica) in modo che gli interventi non si
vedano, non pesino sulla natura della struttura. Ed
è stato questo l'obiettivo all'Aquila, che abbiamo
raggiunto: mimetizzare l'impianto ma farlo comunuque efficiente. Tutto questo sotto il vigile controllo della Soprintendenza. Sicuramente è un ►
47
Storie di noi
Chi è?
Simone
Santaera nasce
a Ragusa nel
1978 e consegue
nel 2001 il
diploma di perito
industriale, con
specializzazione
in elettrotecnica
e automazione
all'Itis Majorana.
Lavora sin
da subito per
diverse aziende
operanti nel
settore degli impianti elettrici come perito,
consulente e responsabile della qualità. Dal
2003 si è messo in proprio e ha aperto
uno studio di progettazione e consulenza su
impianti elettrici, lo Studio Tecnicomega, a
Modica. Tra le sue esperienze più significative
ricordiamo la progettazione dell'impianto
elettrico per la Chiesa di San Biagio e
l'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi
dell'Aquila, distrutti dal sisma del 2009. Dal
2014 è membro del Consiglio direttivo del
Collegio dei periti industriali di Ragusa. ◘
48
► vincolo, perché ti devi interfacciare con l'organo che concede le autorizzazioni per procedere,
ma credo sia necessario. L'essenza del tecnico è
proprio questa: valutare quello che si deve andare
a fare e dare le soluzioni per arrivare all'obiettivo.
Come si è mosso, nello specifico, per quanto riguarda l'illuminazione dei due edifici?
Nel progetto dell'Aquila entrambi gli edifici sono
stati illuminati con illuminazione a risparmio energetico, quindi con tecnologia a Led. Questo ha
garantito un risparmio economico e un risparmio
sulla gestione dell'edificio. La direzione è questa
e, in realtà, si sta imboccando anche per quanto
riguarda le strade e le abitazioni civili: ormai si
guarda al Led. Efficientamento e risparmio. Sarà
questa anche in futuro, spariranno le vecchie lampade e il parco illuminazione che c'era una volta.
Lei ha lavorato per molto tempo come responsabile della qualità. È una figura importante, frutto
di una riflessione piuttosto recente...
Quando ero responsabile della qualità dell'azienda per la quale lavoravo ho svolto un compito che
serviva sia all'azienda (perché la certificazione è
importantissima per un'azienda che vuole lavorare
e allargare i suoi ambiti di intervento), sia a me
nel mio impegno quotidiano.
La qualità la continuo a ricercare anche nel mio
studio seguendo un sistema e un'organizzazione
che la garantisca. Non è un sistema certificato ma
lo utilizzo ugualmente, è importantissimo: si evita
di sprecare tempo e si incentiva la produttività.
Controllo tutti gli step anche a livello progettuale
per monitorare passo passo il livello e la prestazione, per arrivare al progetto completo. Nell'azienda è lo stesso procedimento.
Guardando la sua carriera e le sue esperienze
sembrerebbe proprio che quello della Sicilia lenta
e arretrata sia solo un luogo comune...
Sì, assolutamente. Viene vista come una regione
trascurata e che ha poca voglia di fare, ma in realtà non è così. Io tra l'altro sono in un piccolo
comune della provincia più sperduta, a Modica,
eppure non posso lamentarmi, la mia carriera mi
ha offerto tanto, non sono mai stato fermo.
E se c'è bisogno della mia figura vuol dire che
c'è un mercato edile in movimento.
Il momento più bello da perito industriale?
Forse è stato proprio il primo giorno, quando
sono entrato nel mio studio e mi è stato commissionato il primo lavoro. Lo conservo ancora in una
teca, è l'emblema dell'inizio della carriera. Io ho
iniziato nel 2003, ero un ragazzo, e avere la consapevolezza di essere il responsabile di un progetto
Gennaio-Febbraio
All'Aquila dopo il terremoto
mi ha fatto percepire la fiducia della gente, è stato
insieme l'inizio e già un traguardo. Poi ce ne sono
stati altri, non metto mai limiti, anche il progetto
dell'Aquila è stato molto stimolante: da un piccolo
comune di una piccola provincia mi sono ritrovato
ad operare in un luogo così delicato.
Lei è membro del Consiglio direttivo del Collegio di Ragusa. C'è posto per i giovani anche nella
dirigenza?
Certamente, io ringrazio il mio collegio e il direttivo attuale perché mi hanno invogliato e poi
coinvolto, sono stato anche rappresentante al ►
L'Oratorio di San Giuseppe dei Minimi
La prima fabbrica dell’Oratorio di S. Giuseppe
dei Minimi risale secondo l’Antonini, nunzio
apostolico in Paraguay ed esperto dell'arte
religiosa aquilana, al 1646, quando una parte
della precedente chiesa di S. Biagio, venne
ceduta alla Confraternita del Suffragio che
vi costruì una piccola chiesa, mantenendo
dell’antica chiesa di S. Biagio le due monofore
ogivali ed il portale trecentesco, tutt’oggi
presenti nella facciata principale su via di
Roio. La forma dell’edificio seicentesco non
è nota, ma ipotizza l’Antonini che in base alla
dimensione degli altari e delle riunioni che vi
si svolgevano doveva essere più grande della
attuale. Con il terremoto del 1703 la chiesa
venne gravemente lesionata, e nel 1708 la
Curia aquilana ne autorizzò il trasferimento
nel sito dell’attuale chiesa di Santa Maria
del Suffragio, all’interno della quale, dopo la
sua costruzione avvenuta tra il 1714 ed il 1719,
vennero traslati i due altari di inizio Settecento.
La Confraternita del Suffragio continuò a
possedere ed utilizzare l’Oratorio, anche
se in forma ridotta, sino alla seconda metà
Gennaio-Febbraio
del '700. Nel 1770 l’edificio fu venduto alla
Confraternita di S. Giuseppe dei Minimi, che
nel 1819 acquistò anche l’adiacente chiesa di S.
Biagio. L’interno dell’Oratorio è tra i maggiori
esempi barocchi della città, opera attribuita a
Giovan Francesco Leomporra, architetto della
facciata di Santa Maria del Suffragio. L’edificio
settecentesco presentava una facciata barocca
ed all’interno era privo di volta. Nel 1930, con
un intervento ad opera di Alberto Riccoboni,
vennero rimosse le forme barocche della
facciata e riportata la muratura a faccia vista
in continuità con la facciata posteriore di S.
Biagio; a lui si deve pure la realizzazione della
grande finestra circolare presente sul portale
trecentesco. Non si ha notizia se in quella
occasione o in un intervento successivo venne
rialzata l’attuale copertura con la realizzazione
di quello che apparentemente sembra un
cordolo sommitale in cemento. Mentre la volta
a botte lunettata venne realizzata in occasione
dei restauri realizzati alla fine del 1990 dalla
Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici per l’Abruzzo. ◘
49
Storie di noi
► Congresso straordinario del novembre 2014 sulla
professione e ho visto con piacere che c'erano molti ragazzi: è stata un'opportunità per interagire con
altri colleghi più anziani e più esperti, che possono
suggerirci molto, non solo sull'aspetto tecnico del
lavoro ma anche su quello normativo e burocratico.
La chiesa di San Biagio Amiterno
La Chiesa di S. Biagio d'Amiternum, oggi ribattezzata S. Giuseppe Artigiano, costituisce un monumento carico
di significato storico, civile ed ecclesiastico per la città de dell’Aquila. Storicamente infatti essa rappresentava
la chiesa cittadina più importante per gli Amiternini. Posta fra piazza S. Biagio e la via di Roio, la chiesa rimane
oggi inglobata fra il Palazzo Piscitelli e l’oratorio sconsacrato di S. Giuseppe dei Minimi. Le sue origini, con la
dedicazione a S. Vittorino, vengono poste dall’Antonini nella prima metà del Duecento, nella parte più antica
della città, a ridosso della Cattedrale di S. Massimo, e ciò a testimoniare l’uguale dignità e la condizione di
autonomia di cui godeva la Chiesa Amiternina nei confronti di quella Forconese, secondo quanto stabilito nella
Convenzione del 1257 a seguito del trasferimento della sede episcopale da Forcona a all'Aquila. Tante e differenti
le vicissitudini della fabbrica nel corso della storia e non tutte documentabili, fino alla data fatidica del 9 aprile
2009, quando in seguito al disastroso sisma che ha colpito l'Abruzzo, la Chiesa ha subito la stessa sorte degli
altri monumenti rimanendo inagibile. ◘
50
Gennaio-Febbraio
All'Aquila dopo il terremoto
Bisogna essere consapevoli su entrambi i fronti.
Spero che si continui a dare opportunità ai giovani
di inserirsi nella dirigenza della categoria, a dare
spazio alle nuove leve anche nella parte attiva,
nelle decisioni del collegio. Bisogna partecipare,
non lasciare la propria iscrizione nel cassetto. ◘
IL PROGETTO DI RESTAURO
Dopo una meticolosa ricognizione dei danni provocati dal sisma, un attento rilievo di tipo strutturale, materico
e metrico e, non ultimo, dopo una campagna di indagini, si è proceduto alla progettazione dell'intervento di
ricostruzione e restauro che ha comportato:
•
lo smontaggio dei tetti in cemento armato delle navate e la costruzione di nuovi tetti con capriate lignee
su cordoli in muratura armata, previo consolidamento dei muri sottostanti con iniezioni di malta di calce e
sarcitura delle lesioni con la tecnica dello scuci cuci;
•
la ricostruzione del timpano della facciata e del finestrone centrale crollati a seguito del sisma;
•
il restauro e la sostituzione delle strutture lignee portanti dei tetti (capriate, arcarecci, tavolato) nella navata
centrale e nelle navate laterali;
•
il consolidamento di tutti gli archi sia trasversali che longitudinali;
•
la riconfigurazione di tutte le cornici ed i partiti architettonici dei cupolini;
•
il restauro conservativo della volta principale
in camorcanna;
•
la realizzazione della nuova pavimentazione
nell’area dell’altare maggiore;
•
la realizzazione del nuovo impianto elettrico
predisposto per la domotica e lo studio
illuminotecnico con l’inserimento di nuovi
corpi illuminanti a led sia all’interno che
all’esterno della chiesa;
Gennaio-Febbraio
•
la realizzazione dell’impianto
di riscaldamento a pannelli radianti;
•
la realizzazione del nuovo impianto
di diffusione sonora. ◘
51
Economia Un censimento sulla libera iniziativa in Italia
Laboratorio
Qualcosa si muove in un Paese ancora inchiodato a un Pil +0,...
Ma a macchia di leopardo e con un Sud troppo immacolato.
Quello che altrove è la massima ambizione dei millennial
e già presenta successi a catena (non solo nella Silicon Valley,
ma anche in Germania e Francia), da noi vive una fase sperimentale:
molta buona volontà, qualche idea geniale e scarsi finanziamenti.
Ma è una delle strade per provare a ripetere «il miracolo italiano»
52
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
53
Economia Un censimento sulla libera iniziativa in Italia
Di Lidia Baratta, giornalista de «L’Inkiesta»
S
ono popolate soprattutto da uomini, e concentrate nel Nord Italia. L’ecosistema delle
startup italiane ha un genere, quello maschile, e una capitale, Milano. Secondo l’ultimo
aggiornamento del Registro delle imprese,
a gennaio 2016 le startup innovative italiane sono più
di 5mila, con un fatturato complessivo di 350 milioni
di euro. Piccole e spesso micro imprese, nella maggior
parte dei casi senza dipendenti, che spesso però hanno
una vita breve. Perché, nonostante i numeri di chi ci
prova siano sempre in crescita (+16,7% nei primi tre
mesi del 2015), il sistema degli investimenti nel nostro
Paese è ancora immaturo. Non solo se confrontato con
il «paradiso degli startupper» della Silicon Valley, ma
anche con i vicini Paesi europei. Per fare un esempio:
il valore degli investimenti istituzionali in startup in
Italia è la metà di quello spagnolo e addirittura un
decimo di quello francese.
Chi sono, cosa fanno e dove
si trovano le startup italiane
In Italia le startup rappresentano lo 0,25% del quasi
milione e mezzo di società di capitali. Complessivamente, il capitale sociale ammonta a 192 milioni
di euro, che corrisponde in media a circa 52mila
euro a impresa. Il 73% delle startup fornisce servizi
alle imprese, con una prevalenza della produzione
di software e consulenza informatica e nel settore
della ricerca e sviluppo. A seguire, il 18,2% opera
nell’industria in senso stretto, con una concentrazione
nella fabbricazione di computer e prodotti elettronici
e ottici; e il 4,1% nel commercio.
In questo ecosistema, le startup composte in maggioranza da donne sono solo 477, pari al 12,9%
del totale. Una quota inferiore a quella delle società
di capitali femminili (che sono il 16,4% del totale
delle società di capitali). Le società in cui almeno
una donna è presente nella compagine organizzativa
sono invece 1.654, poco più del 44 per cento. Anche i giovani, contrariamente a quanto si pensi, non
abbondano. Le startup a prevalenza giovanile (under
35) sono il 23,7%, seppure circa quattro volte più
dell’incidenza tra le società di capitali (6,4%). Il 44%
dei fondatori di startup ha tra i 30 e i 40 anni, e
il 37% supera i 40 anni. Solo 88 startup, invece, il
2,4%, sono a prevalenza straniera.
L’epicentro del mondo degli startupper italiani è la
Lombardia, che è la regione che ospita il numero
maggiore di startup innovative: 808 a inizio 2015,
54
Per essere una startup
non basta aprire
un ristorante
In economia identifica una
nuova impresa nelle forme di
un'organizzazione temporanea o
una società di capitali in cerca di un
business model ripetibile e scalabile.
L'avvio di un'attività imprenditoriale
non scalabile, come l'apertura di un
ristorante, non coincide dunque con
la creazione di una startup ma di
una società tradizionale. ◘
Fonte: Wikipedia
cresciute ormai oltre la soglia delle mille, pari al
21,8% del totale nazionale. Al secondo posto si posiziona l’Emilia Romagna, con 451 registrazioni, seguita da Lazio con 347, Veneto con 274 e Piemonte con
266. In coda alla classifica, Basilicata (20), Molise
(16) e Valle D’Aosta (10). Se consideriamo invece
l’incidenza delle startup in rapporto alle società di
capitali, a vincere è il Trentino Alto Adige, con 72
startup ogni 10mila società.
In termini assoluti, però, la capitale degli startupper
italiani resta Milano. Che vanta la provincia con il
maggior numero di startup innovative: 533. Seguono
Roma (302), Torino (201), Bologna (121) e Napoli (109). Superano le 100 startup anche Modena e
Trento.
Le oltre 5mila startup innovative italiane iscritte nel
Registro delle imprese nel loro complesso nel 2014
hanno dichiarato a bilancio circa 5mila dipendenti. Le
startup finanziate nel 2014 hanno generato 1.565 posti
di lavoro. «Questo dato rappresenta una sottostima
della reale capacità delle startup di creare occupazione», spiega però Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio Startup del Politecnico di Milano, «in quanto
non considera che spesso le nuove imprese si appogGennaio-Febbraio
INVESTIMENTI NELLE STARTUP DEL NOSTRO PAESE
Ma sono solo la metà di quelli della Spagna e un decimo
di Francia e Germania
140
+15%
120
-7%
+11%
133**
120*
112
100
Milioni di Euro
giano a collaboratori esterni
full time equivalent che non
compaiono a bilancio. Tuttavia, ad oggi il peso delle
startup innovative nel generare impatti positivi a livello
macro-economico resta limitato». Sulle 1.700 imprese
delle quali si hanno a disposizione i bilanci di esercizio
relativi al 2013, il valore
della produzione media è
pari a 118mila euro. Ma la
metà delle startup innovative
nel 2013 ha prodotto solo
fino a 27mila euro. Complessivamente, la produzione
è pari a 200 milioni di euro
nel 2013. E più della metà
(58,1%) delle società risulta
in perdita. Per ogni euro di
produzione le startup innovative italiane generano in
media 12 centesimi di valore aggiunto, un dato più
basso di quello delle società
di capitali (20 centesimi).
129
80
60
40
20
0
2012
2013
2014
2015
* Il valore relativo all'intero 2014 è una correzione sulla stima effettuata ad ottobre 2014
** Il valore relativo al 2015 è una stima
Fonte: Politecnico di Milano
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI FINANZIAMENTI
È il Nord (come al solito) a fare la parte del leone
100%
Un piccolo
ecosistema
Uno dei problemi del nostro ecosistema di startup è
la sottocapitalizzazione. Nel
2015, in base ai calcoli fatti
da StartupItalia! e Finsmes,
sono stati investiti nelle startup italiane 97,9 milioni di
euro per un numero complessivo di 74 operazioni.
Una cifra condivisa in realtà non esiste. I diversi attori
coinvolti, usando parametri
differenti, arrivano a cifre
diverse. Secondo l’Osservatorio Startup del Politecnico
di Milano e Italia Startup si
arriverebbe invece a 133 milioni di euro di investimenti.
Di questa cifra, oltre ►
Gennaio-Febbraio
80%
60%
53%
54%
15%
16%
32%
30%
2012
2013
2014
Tot: 77 milioni €
Tot: 82 milioni €
Tot: 63 milioni €
60%
40%
19%
20%
21%
0
Nord
Centro
Sud
Gli investimenti illustrati si riferiscono esclusivamente
a quelle startup che hanno ottenuto finanziamenti da
investitori istituzionali
Fonte: Politecnico di Milano
55
Economia
► il 90% arriva da investimenti superiori ai 300mila
euro. Ma, fanno notare gli esperti, difficilmente venture
capital, fondi e business angel comunicano operazioni
inferiori ai 300mila euro – che sono pure tante. Per
questo motivo il tesoretto potrebbe essere anche più
alto.
Ma se anche fossimo oltre i 100 milioni di euro
siamo comunque ancora distanti dal minimo che si
chiede a un ecosistema di startup evoluto. Si tratta solo
di un nono, dicono da StartupItalia!, considerando un
miliardo come l’obiettivo minimo che gli stakeholder si
sono dati entro il 2018. D’altronde, nel nostro Paese
esistono solo sei fondi di venture capital, un decimo
di quelli francesi.
Tant’è che due startup, italiane per la nazionalità, ma
con sede a Boston (avendo trovato lì qualcuno che ha
creduto in loro) nel 2015 da sole hanno racimolato 67
milioni di euro. Si tratta di Gelesis, che ha incassato
35 milioni; e M.Gemi, che ne ha raccolti 32.
«Il mercato degli investimenti in startup hi-tech in
Italia è tornato a crescere», dice Antonio Ghezzi.
«Questo è dovuto in gran parte all’apporto fornito dalla componente degli investitori non istituzionali, come
venture incubator e business angel, in forte crescita dal
2012 a oggi con tasso medio annuo di un più 30%».
E, nell’ultimo anno, è cresciuto l’interesse degli investitori stranieri. Per fare un esempio, la startup DoveConviene ha raccolto 10 milioni dagli anglo-svizzeri di
Highland Capital Partners.
Ma sul fronte degli investimenti istituzionali, fondi
di venture capital e finanziarie regionali, l’Italia è ancora lontana dall’essere un sistema maturo. Con un
rallentamento ulteriore dell’8% nel biennio 2014-2015.
Che rappresenta però, spiega Ghezzi, «un periodo di
transizione necessaria in cui importanti fondi con target
nel Mezzogiorno hanno terminato il proprio periodo di
investimento, mentre diversi nuovi fondi stanno concludendo o hanno da poco concluso una fase di raccolta».
In base ai dati del Politecnico di Milano, nel 2014 gli
investimenti istituzionali in startup sono stati di soli 63
milioni di euro. Per fare un confronto, in Spagna sono
stati 127, in Germania 510, in Francia 624.
FOCUS
QUANTO È FACILE (O DIFFICILE) FARE STARTUP
56
Se seguiamo una startup in fase embrionale, il punto di partenza è creare il team
giusto e sfruttare le competenze interne,
che devono essere il più possibile eterogenee. Il team è tutto, dicono gli esperti. In
questa fase può aiutare rivolgersi a incubatori e acceleratori, sfruttando anche le
competenze messe a disposizione da università e centri di ricerca. I diversi incubatori universitari italiani, dal Polihub del Politecnico di Milano a Technest dell’Università
della Calabria, hanno tutti buone performance. Gli altri incubatori, invece, hanno
tutti riscontrato «difficoltà nel realizzare un
indotto di startup in ingresso e in uscita che
consenta la sostenibilità del loro modello di
business», dice Antonio Ghezzi.
Per quanto riguarda i finanziamenti, la
parte iniziale è quella più difficile. Ma «non
devono rappresentare un’ossessione», precisa Ghezzi. «Nel mondo hi-tech è possibile
sviluppare asset strategici che possano, in
una fase successiva, attirare finanziamenti
investendo prima di tutto tempo e capitale umano, e non necessariamente ingenti quantità di denaro fin dalle prime fasi».
Ma è anche vero che le possibilità di ottenere investimenti in fascia di piccola taglia (seed) per avviare la startup sono in
crescita, grazie all’aumento del numero di
incubatori e business angel disposti a investire nelle fasce basse. Il governo italiano,
e in particolare il Ministero dello sviluppo
economico, negli ultimi tempi hanno anche messo in atto azioni importanti rivolte
all’incentivazione dell’imprenditorialità. Un
esempio sono l’Italian Startup Act e l’Italia
Startup Visa Programme. ◘
Gennaio-Febbraio
Un censimento sulla libera iniziativa in Italia
Tra il 2012 e il 2015 solo 364 startup italiane hanno
ricevuto finanziamenti da parte di investitori istituzionali e non istituzionali. «Questi numeri», dice Ghezzi,
«sono ancora ridotti se paragonati ad altre nazioni
europee come Francia e Germania che investono in
startup innovative dieci volte di più rispetto a noi. Gli
investimenti in Spagna sono circa il doppio di quelli
quantificati in Italia». Oltre la metà degli investimenti
è indirizzata verso il Nord Italia, dove si concentra
la maggioranza delle startup italiane. Si registra però
una crescita dell’attenzione alle nuove imprese del Sud,
dove gli investimenti sono cresciuti dal 21% al 30%
tra il 2012 e il 2014. La Lombardia, da sola, attira il
41% degli investimenti complessivi early stage (nella
fase iniziale delle imprese). Ma è ancora molto lontana da alcune realtà europee, assicurano gli addetti ai
lavori.
Qualcosa cambia
«Le motivazioni alla base delle dimensioni ancora
ridotte dell’ecosistema startup italiano sono diverse»,
spiega Antonio Ghezzi. «Anzitutto la relativa giovinezza del comparto hi-tech italiano rispetto ad altri Paesi,
dove questi mercati sono avviati da tempo e consolidati.
Poi va tenuta in considerazione la limitata disponibilità
finanziaria dei fondi di venture capital rispetto alle loro
controparti internazionali». Non solo. La propensione
individuale all’imprenditorialità e al rischio, in Italia, è
piuttosto bassa. E anche i venture capital tendono a tenere un profilo di rischio più basso. Nel 93% dei casi,
non a caso, gli imprenditori finanziati hanno almeno
una laurea di primo livello e un’età media di 38,5 anni.
«Questo significa che i venture capital mostrano una
tendenza a privilegiare founder maturi con professionalità certificata dal titolo di studio, rispetto alla bontà
dell’idea di business in sé». Certo, negli ultimi anni
qualcosa è cambiato. «È cresciuta la consapevolezza
sul ruolo chiave che le nuove imprese possono avere
come motore di crescita e sviluppo in economie mature», dice Ghezzi. Questa nuova consapevolezza, unita
alla congiuntura negativa «che ha messo in crisi molti
dei valori dominanti della società italiana dal punto di
vista lavorativo, ha impattato significativamente sulla
mobilità e propensione al rischio, soprattutto dei giovani. Nell’ambito universitario, riscontriamo come sempre più studenti scelgano liberamente di abbinare alla
preparazione tradizionale del loro corso di studi anche
esperienze di stage, internship e partecipazione a corsi
su imprenditorialità, oppure tentino di avviare iniziative
imprenditoriali parallelamente agli studi. Questi aspetti
stanno via via determinando dinamiche positive, anche
se dimensionalmente limitate, in tutte le fasi del ciclo
di vita delle startup». ◘
Gennaio-Febbraio
Vocabolario
Il mondo delle startup parla una propria
lingua, per lo più anglofona.
Il termine bootstrapping, ad
esempio, indica le risorse finanziarie
proprie senza poter contare su capitali
esterni, come accade spesso nelle fasi
iniziali della startup. In questo caso si
può parlare anche di love capital,
racimolato tra parenti e amici (il fattore
amore, quindi, è importante).
L’early stage financing è il
finanziamento nella fase iniziale che le
startup riescono a raccogliere anche in
assenza di clienti.
Mentre il seed capital è proprio il
primo capitale, quello che mette il seme
appunto. Ma perché una startup cresca,
ha bisogno di incubatori (nella fase di
nascita), acceleratori (nella fase di crescita)
e di mentor (una figura di esperienza
che fa da guida).
Tra le cose che bisogna imparare subito,
c’è la capacità di tenere i pitch:
presentazioni delle idee di business,
di solito di 2-3 minuti, in cui bisogna
catturare l’attenzione dei finanziatori.
Altre figure fondamentali sono i
business angel, investitori singoli che
mettono a disposizione i propri capitali su
affari in cui rischio e potenziali guadagni
sono elevati, e i fondi di venture
capital, che puntano su affari rischiosi
ma dall’alto potenziale di crescita con
investimenti di solito più pesanti e di
durata maggiore.
La exit, infine, è il traguardo più
ambìto, cioè l’uscita dalla fase di
startup e l’entrata nella vita adulta.
Ogni exit è una storia a sé.
Ma se la exit è un successo, l’universo
startup è fatto anche di zombie, società
che da anni si reggono in piedi con
crescite vicino allo zero, ma che in realtà
sono morti che camminano. ◘
57
Tecnica Come difendere la città dal global warming
Contro
lo squagliamento
Nel XXI secolo si moltiplicheranno le metropoli e vi vivranno quasi
due terzi della popolazione mondiale. Ma a causa del riscaldamento globale
le città potrebbero trasformarsi in trappole infernali. Per contrastare
gli effetti dell’«Isola di Calore Urbana» si stanno studiando materiali
innovativi in grado di contenere l’innalzamento delle temperature
e di limitare i costi energetici per il raffreddamento degli spazi interni.
Ma la storia è appena cominciata...
Di Massimo Bastelli, componente del Gruppo di lavoro Edilizia, Lavori pubblici
e Pianificazione territoriale del Collegio di Bologna
I
l rapido e consistente aumento demografico mondiale, iniziato già nel XIX secolo e tuttora in corso, si è accompagnato a un fenomeno di concentrazione della popolazione nelle città: negli ultimi
duecento anni, con lo sviluppo dell’industria e dei
servizi, il processo di inurbamento della popolazione si
è andato intensificando. Le più recenti statistiche riportano che nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo
29 vivevano in aree urbane. Nel 1990 questa quota era
salita al 45% e la popolazione urbana era più che triplicata, giungendo a 2,4 miliardi. Nel 2009 la popolazione
urbana mondiale ha superato quella rurale. Oggi vivono
in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone.
Ma la tendenza è inarrestabile e si prevede che intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe
raggiungere gli otto miliardi, almeno cinque miliardi di
individui risiederanno in città. La popolazione rurale
resterà pressoché stazionaria nei paesi sviluppati, mentre
continuerà a diminuire in quelli meno sviluppati. E si
prevede che nel corso dei prossimi trent’anni l’83%
della crescita demografica mondiale avverrà nelle aree
urbane dei paesi in via di sviluppo.
Le città, per questa sostenuta spinta all’inurbamento di
grandi masse di popolazione, si stanno surriscaldando
58
ancora di più del mondo circostante: la causa è l’elevata capacità delle superfici cittadine (strade, tetti, edifici
ecc.) di assorbire la radiazione solare e restituirla poi
all’aria soprastante, producendo negli agglomerati urbani
di ogni scala il fenomeno dell’isola di calore urbana
(urban heat island, Uhi), un surriscaldamento rispetto
alle campagne che si manifesta sia di giorno che di
notte e può raggiungere un valore superiore di 7-10 °C
a quello delle aree limitrofe. Cerchiamo ora di capire
come il global warming possa divenire (se non lo è
già) fonte di problemi per l’uomo: si tratta di capire
e valutare il suo impatto su comfort termico, salute,
energia, economia, qualità della vita.
L’impatto sul comfort termico
In questo caso i danni sembrano essere già avvenuti.
Il Predicted Mean Vote (Pmv), ovvero voto medio previsto, è un indice di valutazione dello stato di benessere
di un individuo e tiene conto delle variabili soggettive e
ambientali; si tratta quindi di una funzione matematica
che dà come risultato un valore numerico su una scala
con range da -3 (indice di sensazione di troppo freddo) a +3 (indice di sensazione di troppo caldo), dove
lo zero rappresenta lo stato di benessere termico. ►
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
59
Tecnica
Le febbri del
pianeta Terra
Tutte le aree urbane del pianeta sono caratterizzate
da un importante aumento:
• della temperatura ambiente
• della frequenza delle ondate di calore
• della durata delle ondate di caldo
• dell'intensità dell’isola di calore urbana (UHI). ◘
► Ebbene, per una città come Atene il numero di
giorni con Pmv>2 (quindi con una sensazione forte di
troppo caldo) si attestava nel 1954 intorno a 35, nel
2010 alla stessa ora (14:00) il numero di giorni era
salito a 90. Il medesimo studio, condotto sempre sulla
città di Atene, ha anche dimostrato che in estate, alle
ore 14:00, l’incremento dell’indice Pmv in condizioni
di vento a 3m/s è passato da –1,1 nel 1954 a +0,7
nel 2010 e che in condizioni di calma senza vento nei
medesimi anni è passato da 0,4 a 1,5.
L’impatto sulla salute
L’incremento di giornate di malessere è fortemente impattante sulla salute umana e studi
recenti, redatti su dati concreti, hanno evidenziato come l’incremento delle temperature
sia strettamente correlato all’incremento della
mortalità degli individui. Il grafico riprodotto
qui a fianco rende meglio di ogni descrizione la correlazione tra temperatura apparente e
mortalità. Ed è stupefacente osservare come le
città più a nord dell’Europa quali Londra,
Stoccolma, Helsinki, Praga (linea rossa) abbiano il tasso delle temperature minime di
mortalità 0 compreso tra 21,7 °C e 23,9
°C e come tale tasso cominci ad impennarsi già al raggiungimento dei 27 °C. Le
città come Atene, Milano, Roma, Torino,
Valencia e Barcellona (linea nera), invece,
hanno il tasso delle temperature minime di
mortalità 0 compreso tra 30 °C e 31 °C
60
e tale tasso si impenna al raggiungimento dei 32 °C.
Uno studio, condotto nella City di Londra e nel suo
hinterland, ha evidenziato come in periodi dell’anno con
temperature di 38 gradi, nella stessa Londra l’incremento percentuale di decessi rispetto al trend normale sia
stato del 40%. E come nell’East e West Midlands già
a temperature attorno a 35 °C la percentuale di incremento sia stata del 25% e nello Yorkshire del 15%
già a 33 gradi. Un’altra ricerca condotta in Portogallo
ha previsto nel 2020 una mortalità, a causa del surriscaldamento, di un numero di persone compreso tra
il 5,8 e 15,1 su 100.000 e nel 2050 la previsione di
mortalità è di un numero di persone compreso tra 7,3
e 35,9. Attualmente questo numero è compreso tra 5,4
e 6 persone ma nel 2080 è stimato possa attestarsi tra
19,5 e 248,4 su 100.000.
L’impatto sull’energia
Recenti studi condotti in Giappone hanno dimostrato
che l’effetto dell’aumento di 1°C di temperatura sul
consumo di energia nella zona di Tokyo (in estate) è
equivalente all’incremento di circa 1,8 Gw di domanda
di energia elettrica. Se la domanda fosse coperta da
produzione di energia nucleare significherebbe la realizzazione di due reattori nucleari di taglia media il cui
costo totale sarebbe di circa 2,5 bilioni di dollari.
In realtà si calcola che l'impatto dei cambiamenti climatici nell’ambiente urbano faccia aumentare non solo
il picco della domanda di energia elettrica e la domanda
di energia assoluta per il raffreddamento, ma anche la
concentrazione di inquinanti e, conseguenza finale, ►
Gennaio-Febbraio
Come difendere la città dal global warming
Londra
Uno studio, condotto nella City di Londra e nel
suo hinterland, ha evidenziato come in periodi
dell’anno con temperature di 38 gradi, nella
stessa Londra l’incremento percentuale di
decessi rispetto al trend normale sia stato del
40%. E come nell’East e West Midlands già a
temperature attorno a 35 °C la percentuale di
incremento sia stata del 25% e nello Yorkshire
del 15% già a 33 gradi. ◘
ALL’UOMO IL CALDO NON FA BENE
Incremento dei tassi di mortalità in alcune città europee correlato
all’innalzamento della temperatura
21,7 23,9 27
32,7
4
3
Tasso di mortalità
2
1
0
Città
C°
Atene
32,7
Milano
31,8
Roma
30,3
Torino
27
Valencia
28,2
Barcellona
22,4
Londra
23,9
Helsinki
23,6
Praga
22
Stoccolma
21,7
-1
-2
-3
Temperatura percepita
-5,0
0,0
Gennaio-Febbraio
10
20
30
40
61
Tecnica Come difendere la città dal global warming
2015, L'ANNO PIÙ CALDO DAL 1880
Deviazioni dalla media delle temperature
della superficie terrestre negli ultimi 135 anni
Gli anni più caldi
1.00
0.75
0.50
0.25
+
0
0.25
0.50
0.75
1880
90
1900
10
20
30
40
50
60
70
80
90
2000
10 15
Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration, USA
► la vulnerabilità (in termini di salute) della popolazione urbana: in particolare di quella a basso reddito.
Ciò significa che, per la gestione del consumo di energia
elettrica attuale e la previsione di energia elettrica futura,
si devono definire programmi per il pieno utilizzo delle
risorse energetiche, diversificando le fonti di approvvigionamento, e per l’ottimizzazione e razionalizzazione dei
consumi. E si rendono quindi necessari studi previsionali
specifici per ogni città, per stimare il fabbisogno elettrico
supplementare per ogni grado di aumento della temperatura. In proposito si può osservare come la sensibilità
della rete elettrica sulla domanda di raffreddamento supplementare, innescata dal surriscaldamento dell’ambiente,
dipenda in massima parte:
■■ dal grado di estensione degli impianti di aria
condizionata;
■■ dalla «qualità di prestazione termica» del
patrimonio edilizio;
■■ dalle temperature di comfort interno considerate
per i vari ambienti;
■■ dalle caratteristiche specifiche dei settori della
domanda di elettricità.
Studi scientifici hanno evidenziato che il settore industriale non incide più di tanto sulla sensibilità della
rete elettrica per la richiesta di energia di raffreddamento dovuta all'aumento della temperatura. Quando,
invece, il picco di domanda elettrica è principalmente
dovuto al consumo del settore residenziale e del settore
commerciale, la sensibilità della rete, a qualsiasi aumento di temperatura, è significativa. Per quanto riguarda
l'aumento del consumo di energia elettrica globale,
62
per grado di aumento di temperatura, sono disponibili
studi redatti su quindici tra città, stati o paesi. Negli
studi volti a valutare l'impatto energetico della Uhi si
è evidenziato come l'aumento della domanda di raffreddamento, a causa della Uhi, sia di molto superiore alla
diminuzione della domanda di riscaldamento per tutti
i tipi di edifici. Usando esattamente lo stesso metodo
come nel caso del calcolo del carico di raffreddamento,
si è constatato che per i sei casi di studio disponibili,
la riduzione media del carico termico causato dal riscaldamento urbano per il periodo dal 1970 al 2010, è
intorno al 19%. In ogni caso, messi assieme il riscaldamento che diminuisce e il raffreddamento che aumenta,
è stato calcolato per i casi di studio che il carico di
energia complessivo durante il periodo 1970-2010 è
aumentato dell'11% a causa del riscaldamento urbano.
L’impatto sull’economia e sulla qualità
della vita
L'uso di aria condizionata aumenta notevolmente le
spese annuali di energia elettrica soprattutto nella popolazione a basso reddito che spesso vive in fabbricati energivori. Specifici studi hanno determinato che l'uso di aria
condizionata aumenta le spese annuali mediamente di
circa 100 euro per nucleo familiare. L'aumento è molto
più elevato per i nuclei a basso reddito, dove l'aumento
relativo del costo per l'uso dell'aria condizionata è vicino
a 195 euro a famiglia. Nella città di Atene, durante tutta
l'estate del 2007, sono state effettuate misurazioni delle
temperature interne in circa 60 case di nuclei familiari
a basso reddito, senza aria condizionata, isolamento e
Gennaio-Febbraio
Solfato di sodio decaidrato
Cosa significa Phase
Change Materials?
Sono materiali in grado di assorbire/
rilasciare calore durante il passaggio da
stato solido a liquido. Le applicazioni in
edilizia riguardano la loro integrazione nei
materiali da costruzione. I materiali Pcm più
idonei ad essere impiegati in campo edilizio
per la riduzione dei consumi energetici
legati alla climatizzazione degli ambienti
sono al momento:
• il solfato di sodio decaidrato (sale di
Glauber). Ha idonee caratteristiche
termofisiche per le applicazioni negli
edifici e può essere realizzato utilizzando
materiale di scarto proveniente da
processi di produzione;
• le paraffine. Sono sostanze derivate dal
petrolio, hanno temperature di fusione tra
i 10 e i 60 gradi e risultano molto adatte
ad applicazioni nell'involucro edilizio o
nell'impiantistica civile. ◘
Paraffina grezza
doppi vetri. Per quasi il 50% del periodo di misura, la
temperatura interna è stata superiore a 34 °C presentando
dei picchi massimi vicino ai 40 °C. È un dato dal quale
è abbastanza facile presumere che esiste un’alta percentuale di persone nel mondo che non possono permettersi
di pagare per ottenere il comfort termico e/o adeguare i
loro alloggi per difendersi dal surriscaldamento.
Materiali di nuova generazione
Per contrastare nelle città i fenomeni legati al global
warming si stanno mettendo a punto diverse tecniche
volte a mitigarne gli effetti, ma anche a incidere sulle
cause (riduzione dei gas serra, contenimento dei consumi energetici ecc.). Le tecniche di mitigazione appropriate dovrebbero naturalmente includere un esteso intervento antropico di riduzione delle fonti di produzione
del calore e di sfruttamento delle fonti rinnovabili che
non producono elementi inquinanti. Molteplici sono le
tecniche di mitigazione dell’isola di calore allo studio,
anche con materiali innovativi. In particolare si stanno
sviluppando e sperimentando:
■■ materiali bianchi e colorati altamente riflettenti;
■■ materiali a Pcm (Phase Change Materials) drogato
o a cambiamento di fase;
■■ materiali termocromici – Principalmente impiegati
Gennaio-Febbraio
per serramenti e componenti vetrati, sono capaci
di mutare le loro caratteristiche ottiche in risposta
a stimolazioni esterne;
■■ materiali con riflettanza solare direzionale;
■■ vernici ed asfalti «cool»;
■■ pavimenti fotovoltaici – Uno dei modi per integrare meglio il fotovoltaico nei contesti urbani è
sfruttare le superfici già occupate o pavimentate.
Utilizzando aree già antropizzate si può produrre
energia pulita su ampia scala sfruttando la radiazione solare incidente sulle superfici senza invadere ulteriormente il territorio.
Conclusioni
Ma qui abbiamo solo aperto una finestra sul futuro:
le tecniche e le tecnologie di mitigazione non sono
ancora in fase di avanzata produzione e commercializzazione e la loro applicazione a livello mondiale
è ancora in una fase quasi sperimentale e a macchia
di leopardo. L’auspicio è che, anche sulla spinta del
recente accordo di Parigi, che supera il protocollo di
Kyoto, dette tecniche e tecnologie applicative siano
sostenute da adeguate azioni di ricerca: in particolare
quella sui nuovi materiali, a giudizio di chi scrive, è
di grande importanza. ◘
63
Lettere al direttore
I testi (non più di 400 battute inclusi
gli spazi) vanno inviati via fax
al numero 06.42.00.84.44 oppure
via posta elettronica all’indirizzo
[email protected]
ALZIAMO QUELL’ASTICELLA!
Migliorare i livelli formativi è la condizione fondamentale per migliorare la professione
Caro direttore,
forse più pertinente di «Occhio alla scadenza» (titolo dell’editoriale pubblicato sul numero 6/2015
di «Opificium») sarebbe stato «Occhio alla qualità del prodotto». Nell'articolo viene posta la giusta
attenzione sull’imminente scadenza dell'obbligatorietà di aggiornamento dei professionisti antincendio. La ricetta proposta consiste nell'aumentare il numero di partecipanti ai corsi da 60 a 80 e nel
consentire la formazione a distanza.
È forse necessario un maggiore sforzo, anche con l'impiego di risorse economiche, per cercare di
cogliere questa opportunità al fine di creare momenti di formazione veramente qualificati, di vera
preparazione professionale. Ed è un percorso obbligato, alla luce della evoluzione normativa che si
basa su una «valutazione prestazionale» delle scelte operate dal progettista, da un diverso approccio
tecnico e metodologico, da nuove competenze.
La proposta di una «formazione a distanza» e quindi la non compresenza di docenti e discenti nello
stesso luogo, magari con una separazione temporale oltre che spaziale tra il momento dell'insegnamento e quello dell'apprendimento, che di fatto non consente il confronto tecnico, crediamo non sia
la strada giusta da percorrere: siamo contrari alle scorciatoie. Le disposizioni normative specifiche
vanno nella direzione opposta: «deve essere garantita una efficace interazione fra discenti e docenti
(vale per i corsi e per gli aggiornamenti)».
Il mercato offre troppe proposte a basso costo, di dubbia qualità: è ora di intervenire sulla sostanza
e sulla semplificazione delle modalità (deve essere superato il concetto dei punti da raccogliere...
come detto da tanti). Occorre alzare l'asticella e puntare più in alto: selezionare, qualificare, non
svendere. Parliamone. ◘
Mauro Grazia, presidente del Collegio di Bologna
Denis Scagliarini, segretario del Collegio di Bologna
risponde GIAMPIERO GIOVANNETTI
Caro Mauro, caro Denis,
nella brevità di un editoriale segnalavamo l’urgenza di porre rimedio a uno dei tanti casi
di cronico ritardo che affliggono il nostro sistema amministrativo. Detto questo, sono ben
lieto, approfondendo il tema, di riconoscere che il vostro rilievo sulla necessità di porre
attenzione anche alla qualità dei corsi di formazione sia assolutamente pertinente e condivisibile: alzare l’asticella del sapere è l’obiettivo prioritario che come Consiglio nazionale
stiamo perseguendo dal giorno dell’insediamento. Non solo per convinzione personale, ma
per un esplicito mandato espresso a larga maggioranza dal nostro Congresso straordinario. E difatti pensiamo che sia la formazione di aggiornamento per restare nel nostro Albo,
sia quella necessaria per accedere alla nostra professione debbano salire di livello.
Sosteneteci nella nostra battaglia. ◘
64
Gennaio-Febbraio
Gennaio-Febbraio
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Gennaio-Febbraio
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