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Diapositiva 1 - Facoltà di Scienze Politiche
Di che cosa si occupa la macroeconomia? La macroeconomia si occupa dello studio della struttura e del funzionamento del sistema economico aggregato, nonché delle politiche che i governi utilizzano per cercare di influenzare i risultati economici aggregati mentre la microeconomia studia il comportamento dei singoli mercati la macroeconomia analizza il comportamento dell’economia nel suo insieme per fare questo utilizza variabili aggregate ossia aggregazioni di singole variabili microeconomiche si studiano i movimenti aggregati della produzione (di tutti i beni), della disoccupazione (nell’economia considerata nel suo insieme) e dei prezzi (non di un singolo bene ma di tutti i beni presi insieme, ossia il livello generale dei prezzi e la sua dinamica: l’inflazione) gli attori non sono più singoli individui o singole imprese bensì gruppi di individui che hanno comportamenti comuni come i consumatori che decidono il livello dei consumi o le imprese che decidono il livello complessivo della produzione, gli investimenti e la domanda di lavoro Instabilità delle economie di mercato sebbene le economie sviluppate siano caratterizzate dalla continua crescita del prodotto nel corso del tempo, tale crescita è tutt’altro che uniforme: fasi espansive (espansioni, fasi di crescita), fasi di stagnazione (crescita nulla) e fasi recessive (recessioni, fasi di crescita negativa) si alternano nel tempo, associate a variazioni della disoccupazione e dell’inflazione occasionalmente le recessioni si trasformano in vere e proprie depressioni, a volte accompagnate da deflazione (inflazione negativa, declino del livello dei prezzi), come la Grande Depressione degli anni ’30 (o la recente depressione che ha colpito l’economia del Giappone). scopo principale della macroeconomia è spiegare questi movimenti del livello dell’attività economica, della disoccupazione e dei prezzi al fine di offrire strumenti di intervento in grado di controllarne l’andamento e attenuarne le oscillazioni Le oscillazioni dell’economia Y tempo Italia: tasso di crescita del prodotto nazionale 8.0 7.0 La sostanziale stabilità della crescita nel lungo periodo nasconde una forte variabilità nel breve. 6.0 5.0 4.0 3.0 2.0 1.0 -1.0 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 0.0 -2.0 -3.0 = tasso di crescita medio nel periodo 1971-2005 Tasso di disoccupazione tasso di disoccupazione = disoccupati/ forza lavoro forza lavoro = occupati + disoccupati disoccupati Tasso di disoccupazione = occupati + disoccupati In Italia nel 1991 Tasso di disoccupazione = 2.653.000 21.592.000 + 2.653.000 = 10,9% Indice dei prezzi al consumo (IPC) viene calcolato a partire da un paniere di beni e servizi rappresentativo dei consumi della popolazione prezzo pane tempo t x 100 x quota pane + IPC(t) = prezzo pane tempo 0 prezzo carne t x 100 x quota carne + var. ponderate altri prezzi + prezzo carne 0 Anno base (0) = 2006 = 100 Anno corrente (t) = 2007 IPC (2003) = 3,1/3 x 100 x 0,4 + 8,2/8 x 100 x 0,6 = 102,8 Tasso di inflazione IPC(t)-IPC(t-1) Tasso di inflazione = 102,8 - 100 x 100 = IPC(t-1) = 2,8% 100 problemi nel calcolo dell’IPC • se i prezzi relativi cambiano i consumatori sostituiscono i beni più cari con altri, il paniere cambia ma il metodo di calcolo non ne tiene conto • se nel mercato vengono introdotti nuovi beni (es. televisori al plasma), le possibilità di scelta aumentano. A parità di reddito monetario il consumatore sta meglio, ma non se ne tiene conto • la qualità dei beni può migliorare o peggiorare. Nel primo caso, a parità di reddito, il consumatore sta meglio, nel secondo sta peggio ma anche questi cambiamenti non vengono considerati Deflatore del PIL (prodotto interno lordo) 2004 CD DVD prezzo 10 20 quantità 1000 1200 2005 prezzo quantità 11 1100 22 1300 PIL nominale 2004 = 10 x 1000 + 20 x 1200 = 34000 PIL nominale 2005 = 11 x 1100 + 22 x 1300 = 40700 PIL reale 2005 = 10 x 1100 + 20 x 1300 = 37000 Deflatore = PIL nominale/ PIL reale = 40700/37000 = 1,1 oppure 49000/37000 x 100 = 110 Tasso di crescita del PIL reale PIL reale (t) - PIL reale (t - 1) 37000 34000 *100 8.8% PIL reale (t - 1) 34000 differenze fra IPC e deflatore del PIL • il deflatore del PIL misura i prezzi dei beni prodotti all’interno dell’economia, l’IPC quelli di tutti i beni acquistati dai consumatori compresi quelli importati • il paniere è costante nel calcolo dell’IPC ma varia nel calcolo del deflatore variabili reali e nominali • ciò che è importante non è il valore monetario (nominale) del reddito ma la quantità di beni che con quel redito si possono acquistare (valore reale) • se una obbligazione rende il 5% (rendimento nominale) ma il tasso di inflazione è pari al 2% il rendimento reale è 5% - 2% = 3% • il tasso di interesse nominale è il tasso di interesse che la banca paga sui depositi, ma quello che ci interessa è il tasso reale, oggi il tasso reale è negativo tasso nominale = 0,5% tasso di inflazione = 2% tasso reale = 0,5% - 2% = -1,5% Misurazione del PNL (prodotto nazionale lordo) metodo dei beni finali C = beni di consumo I = beni di investimento G = beni di consumo pubblici + beni di investimento pubblici X = esportazioni M = importazioni PNL = C + I + G + X - M metodo del valore aggiunto PNL = valore aggiunto = beni totali prodotti - beni intermedi valore aggiunto di un’impresa = ricavi - acquisti da altre imprese valore aggiunto complessivo = somma dei ricavi di tutte le imprese somma di tutti gli acquisti delle imprese le une dalle altre Valore aggiunto nella produzione del pane Stadio di produzione grano farina pane totale Ricavi Costi materiali o Valore aggiunto beni intermedi 25 0 25 30 -25 5 50 -30 20 105 -55 50 Misurazione del PNL (prodotto nazionale lordo) metodo dei redditi ricavi di un’impresa = profitti + salari + pagamenti di interessi + imposte + acquisti da altre imprese (costo dei beni intermedi) ricavi di un’impresa - acquisti da altre imprese = profitti + salari + pagamenti di interessi + imposte = valore aggiunto profitti + salari + pagamenti di interessi + imposte di tutte le imprese = valore aggiunto nazionale = PNL Prodotto aggregato = reddito aggregato prodotto nazionale netto (PNN) = PNL - ammortamenti prodotto nazionale al costo dei fattori (PNCF) = PNL - imposte dirette prodotto interno lordo (PIL) = PNL - redditi dei cittadini italiani residenti all’estero Calcolo del PIL in un’economia costituita da tre imprese Impresa siderurgica Ricavi 400 Impresa ittica Impresa automobilistica Ricavi 200 Ricavi Costi (salari) 340 Costi (salari) 160 Costi: salari 500 acquisti di acciaio 400 Profitti Profitti 40 60 Profitti 1000 100 PIL come valore dei beni finali 1000+200 = 1200 PIL come Valore Aggiunto (400-0)+(200-0)+(1000-400) = 1200 PIL come somma dei redditi (340+60) + (160+40) + (500+100) = 1200 Non di solo PIL vive l’uomo 35000 30000 PIL 25000 20000 15000 GPI: Genuine Progress Indicator 10000 5000 1950 55 60 65 70 75 80 85 90 95 00 L'associazione Redefining Progress calcola il Genuine Progress indicator che misura l’aumento del reddito nel tempo con una serie di aggiustamenti come: sottrarre i costi sociali dovuti alla criminalità, all'inquinamento e al deterioramento delle risorse naturali; aggiungere al PIL il valore del lavoro svolto all'interno della famiglia e del volontariato; tener conto dell'equità distributiva, delle infrastrutture, della disponibilità di tempo libero e altre cose. Circuito macroeconomico della spesa stipendi trasferimenti (G) imposte (T) Stato consumi (C) importazioni (M) esportazioni (X) importazioni (M) restodel del resto mondo mondo spesa pubblica (G) stato mercato dei beni e mercato dei servizi beni e servizi famiglie famiglie risparmi (S) salari mercato dei capitali mercato finanziario mercato del del lavoro mercato lavoro indebitamento, emissione obbligazioni consumi (C) investimenti (I) spesa pubblica (G) esportazioni (X) importazioni (M) Imposte (T) imprese imprese La crescita dell’economia nel lungo periodo Perché un’economia cresca è necessario che aumentino i fattori produttivi e le risorse impiegati nella produzione oppure che l’efficienza produttiva dei fattori aumenti oppure entrambe le cose i fattori produttivi possono aumentare per motivi non economici (popolazione) o perché l’economia destina risorse alla loro accumulazione (capitale) l’efficienza dipende dal progresso tecnico dopo il 1500 la popolazione cresce a causa della fine delle pestilenze la produttività cresce ancora di più e risorse in eccesso possono essere destinate all’investimento i progressi della scienza fanno aumentare il tasso di progresso tecnico I fatti della crescita Dopo le guerre napoleoniche Europa e USA entrano in un periodo di rapida crescita che continua fino a oggi tasso di crescita medio 1820-1995 = 2.7% = otto volte quello del periodo protocapitalistico la produttività del lavoro cresce a un tasso crescente 1780-1820: UK 0,5% 1820-1890: UK 1,4% 1890-1970: USA 2,3% Tra il 50 e il 73 tassi più alti (golden age) Italia: 5.0% Giappone: 8.0% la crescita si riduce dopo il 73 nei paesi industrializzati ma aumenta nei paesi asiatici (Corea, Singapore, Cina,India ecc.) Fattori che influenzano la crescita ASPETTI ISTITUZIONALI: • fiducia nella capacità dell'uomo di controllare la natura e piegarla ai propri bisogni grazie alla scienza e tecnologia • cadono i vincoli feudali all'acquisto e vendita della proprietà, diritti di proprietà protetti • sistema fiscale meno arbitrario e più prevedibile • sviluppo di istituzioni finanziarie e assicurative che garantiscono il credito e attenuano il rischio • nascita degli stati nazionali e ampliamento dei mercati, interscambio non solo commerciale ma anche intellettuale, quindi maggiore competizione e innovazione. RISORSE NATURALI: più importanti nell'800 meno oggi perché le risorse esauribili vengono sostituite con altre più produttive (carbone con petrolio, energia elettrica etc.) POPOLAZIONE: comincia a crescere nel 600 esplode dall'inizio dell'800. Effetti: • cresce la forza lavoro • cresce il mercato dei consumatori • una crescita eccessiva riduce l'accumulazione di capitale CAPITALE UMANO: i livelli di istruzione crescono da 2 anni a 11 tra il 1820 e oggi. Effetti: • stimola la crescita delle conoscenze e delle invenzioni • rende possibile l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche. CAPITALE FISICO: l'aumento del reddito pro-capite consente un maggiore risparmio. Il risparmio viene utilizzato per finanziare gli investimenti. L'accumulazione del capitale consente l'introduzione di nuove tecnologie PROGRESSO TECNICO: accresce la produttività delle risorse naturali, del capitale umano introduce nuovi prodotti trasforma i processi produttivi CAMBIAMENTO STRUTTURALE: la struttura della produzione si trasforma cresce il peso di settori più produttivi (industria) diminuisce quello dei settori meno produttivi (agricoltura) COMMERCIO INTERNAZIONALE: fino all'ottocento qualcuno guadagna qualcuno perde. Dal 1820 il commercio è cresciuto più della produzione migliorando l'allocazione delle risorse, la produttività grazie alla specializzazione ed economie di scala. Esistono limiti alla crescita? equilibrio di sussistenza Le Progresso tecnico Q P1 P2 P3 investimenti sostituzione K reddito pro capite in dollari e in PPP Luxembourg 80,288 Luxembourg 69,800 Norway 64,193 Norway 42,364 Iceland 52,764 United States 41,399 Switzerland 50,532 Ireland 40,610 Ireland 48,604 Iceland 35,115 Denmark 47,984 Denmark 34,740 Qatar 43,110 Canada 34,273 United States 42,000 Hong Kong, SAR 33,479 Sweden 39,694 Austria 33,432 Netherlands 38,618 Switzerland 32,571 Malawi 161 Malawi 596 Convergenza fra stati U.S.A. Convergenza fra paesi industrializzati Convergenza nel mondo Trappola della povertà Trappola della povertà C, PMK PMK costo del capitale K mercato finanziario Redditi (W,prof.,i, rendite) = Y Remunerazioni dei fattori mercato Mercato dei fattori dei fattori Risparmio privato = Y-T-C mercato Mercato finanziario finanziario avanzo pubblico = risparmio pubblico =T-G disavanzo pubblico = G-T Imposte = T Pubblica Stato Amministrazione Famiglie famiglie Spesa pubblica = G mercato Mercato dei beni e dei servizibeni e servizi Consumo = C Y=C+I+G Y-C-G=S Y-C-G=I S=I S = (Y - T - C) + (T - G) = risparmio privato T - G = risparmio pubblico Imprese Imposte = T investimenti = I imprese Mercati finanziari Mercati finanziari: sono le istituzioni finanziarie attraverso le quali i risparmiatori possono finanziare direttamente gli investitori Il mercato obbligazionario L’obbligazione è un titolo di credito che da diritto al possessore alla restituzione del valore nominale del titolo dopo un certo periodo di tempo e al pagamento periodico di un interesse Il mercato azionario Le azioni rappresentano quote di proprietà di una azienda e danno diritto a partecipare alla suddivisione dei profitti realizzati. Le azioni rappresentano un finanziamento con capitale di rischio Le obbligazioni sono un finanziamento mediante indebitamento Le funzioni fondamentali dei mercati finanziari • Ridurre i costi di transazione • Ridurre il rischio • Fornire liquidità Intermediari finanziari Le banche Le banche raccolgono i depositi dei risparmiatori e li impiegano per concedere prestiti agli investitori. Le banche corrispondono un interesse al depositante (interesse passivo) e richiedono ai propri debitori un interesse sui prestiti concessi (interesse attivo) Le banche oltre a essere intermediari finanziari facilitano lo scambio di beni e servizi permettendo ai titolari di depositi bancari di emettere assegni (mezzi di pagamento) I fondi comuni di investimento Sono istituzioni che vendono al pubblico proprie quote di partecipazione e con il ricavato acquistano una selezione, detta portafoglio, di titoli azionari e obbligazionari Una delle funzioni fondamentali dei fondi comuni è di consentire una diversificazione del rischio Il mercato dei fondi mutuabili Per l’economia nel suo complesso il risparmio deve essere uguale all’investimento. Grazie al funzionamento del sistema finanziario (mercato obbligazionario, azionario, fondi comuni di investimento, banche che insieme costituiscono il mercato dei fondi mutuabili) il risparmio viene trasformato in investimento e si raggiunge l’equilibrio In questo mercato operano: • tutti i risparmiatori (sia privati che pubblici) che vogliono impiegare i propri risparmi: offerta di fondi mutuabili • tutti i prenditori che desiderano ottenere prestiti per i propri investimenti: domanda di fondi mutuabili • Il prezzo nel mercato dei fondi mutuabili è dato dal tasso di interesse, che rappresenta il costo dell’investimento per i prenditori e il rendimento del risparmio per i risparmiatori. Pertanto sia l’offerta che la domanda di fondi mutuabili dipendono dal tasso di interesse che rappresenta il prezzo dei prestiti Domanda e offerta di fondi mutuabili Come ogni altro mercato, il mercato dei fondi mutuabili è governato dalla domanda e dall’offerta. Curva di offerta di fondi mutuabili (o risparmio): proviene da chi ha un reddito che eccede le proprie necessità di consumo e risparmia, rendendo disponibili i propri risparmi per prestiti. Un elevato tasso di interesse rende il risparmio più redditizio, quindi al crescere del tasso di interesse la quantità di fondi mutuabili offerta aumenta: la curva di offerta è inclinata positivamente. Curva di domanda di fondi mutuabili (o investimento): proviene da imprese e individui che desiderano farsi finanziare un investimento. Al crescere del tasso di interesse i prestiti diventano più costosi, quindi la quantità domandata diminuisce: la curva di domanda è inclinata negativamente. Domanda e offerta di fondi mutuabili Domanda Offerta i i O i1 D F1 F F Rendimento di un investimento ricavi dell’investimento – costi dell’investimento x 100 Tasso di rendimento = costi dell’investimento Le scelte intertemporali Le decisioni di risparmio e di investimento implicano una scelta fra benefici/costi che si realizzano nel momento in cui la decisione viene presa e benefici/costi che si manifesteranno in un momento futuro. Un risparmiatore che decide di prestare i propri risparmi rinuncia a consumare oggi beni e servizi per poterne consumare di più in un momento futuro. Allo stesso modo un imprenditore che decide di effettuare un investimento sta sopportando oggi un costo per ottenere profitti in un momento futuro. Come si fa a stabilire se è conveniente scambiare una certa somma che si possiede oggi con un’altra che si potrà avere in un momento futuro? Somme attuali e future Rinunciare al consumo oggi per consumare domani comporta un sacrificio che viene remunerato dal mercato. Se si presta denaro la somma che verrà restituita è superiore a quella prestata. La differenza è data dall’interesse che il debitore è tenuto a pagare. La valutazione che il mercato da della somma di 1000 euro disponibili oggi è quindi diversa da quella di 1000 euro disponibili fra un anno. La prima è valutata più della seconda. Questo accade perché chiunque presti 1000 euro oggi a una banca riceverà indietro fra un anno 1000 euro aumentati dell’interesse. Per valutare la convenienza di un prestito un risparmiatore deve confrontare quanto presta oggi (somma attuale) con quanto riceverà al momento della restituzione (somma futura). Valore attuale Ciò equivale a domandarsi: quale è la somma massima che sarei disposto a prestare oggi per riavere indietro 1100 euro fra un anno? La risposta dipende da quanto il mercato remunera il sacrificio del consumo, cioé dal tasso di interesse. Sarei disposto a prestare quella somma che, aumentata degli interessi, mi consente di avere 1100 euro fra un anno. Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10% la somma in questione equivale a: S + S x 10% = 1100 S (1+0.1) = 1100 S = 1100/(1.1) = 1000 Se scambio oggi 1000 euro contro 1100 euro fra un anno significa che 1000 è quanto valuto oggi una somma di 1100 euro che sarà disponibile fra un anno se il tasso di interese è il 10%, ossia è il suo valore attuale. L’operazione di calcolo del valore attuale è detta operazione di sconto. Se il prestito dura 2 anni Ipotizziamo che dopo due anni la somma restituita sia pari a 1210 euro. Sarei disposto a prestare quella somma che, aumentata degli interessi ogni anno, mi consente di avere 1210 euro fra due anni. Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10% alla fine del primo anno la somma diventerà: S + S x 10% = S (1+0.1) Per prolungare il prestito di un altro anno la somma maturata alla fine del primo anno aumentata degli interessi dovrà essere uguale alla somma restituita ossia: S (1+0.1) + S (1+0.1) x 0.1 = 1210 S (1+0.1) x (1+0.1) = 1210 S (1+0.1)2 = 1210 S = 1210/ (1.21) = 1000 Se il prestito dura n anni avremo in generale VA = SF/(1+i)n Rendimento di un investimento Posso pormi il problema anche in un altro modo: se acquisto un’obbligazione al prezzo di 1000 euro sapendo che alla scadenza, fra un anno, mi verrà restituita la somma di 1050 euro quanto rende l’obbligazione? somma attuale + rendimento = somma futura restituita 1000 + 1000 x r = 1050 1000 x r = 1050 -1000 r = 50/1000 = 5% Possiamo anche scrivere SA + SA x r = SF SA x (1+r) = SF SA = SF/(1+r) In caso di scadenza fra due anni diventa: SA = SF/(1+r)2 In generale per n anni avremo: SA = SF/(1+r)n Valore attuale tasso di interesse (sconto) e rendimento sono collegati fra loro SA = SF/(1+r)n VA = SF/(1+i)n Pertanto se SA=VA allora i = r se SA>VA allora i > r se SA<VA allora i < r Come valutare la convenienza ad investire in borsa? Investire in borsa significa scambiare una somma attuale con una somma futura o un flusso di somme future. In generale è conveniente acquistare un titolo se il valore attuale della somma futura che esso ci garantisce è superiore al prezzo di acquisto oppure se il suo rendimento è superiore al tasso di interesse di mercato. Nel caso delle obbligazioni il calcolo del valore attuale è relativamente più semplice perché la somma che verrà restituita è stabilita inizialmente. Questo è vero se il titolo viene portato a scadenza, in caso contrario è difficile prevedere la quotazione al momento in cui si deciderà di venderlo. Nel caso delle azioni la valutazione è molto più difficile perchè bisogna prevedere quali saranno i profitti dell’impresa negli anni futuri. Le azioni sono quindi più rischiose e, per questo motivo, hanno in genere un rendimento maggiore. Il mercato dei titoli Se un singolo risparmiatore dovesse fare da solo queste valutazioni non avrebbe gli strumenti nè le risorse necessarie per farle. Sul mercato esistono società e individui specializzati in queste analisi che ogni giorno valutano i titoli e che maturano opinioni diverse. Coloro che ritengono che il prezzo di un titolo sia minore del suo valore attuale decideranno di acquistarlo, chi fa una valutazione opposta preferirà vendere. Ci sarà quindi una domanda e un’offerta, il prezzo di un titolo è determinato dal loro incontro. Il prezzo di un titolo è quindi il risultato di decisioni che riflettono tutte le informazioni raccolte dai diversi operatori sul loro valore. Esso riflette quindi la migliore valutazione possibile di quel titolo (ipotesi dei mercati efficienti) Le borse sono stabili? Le decisioni di domanda e offerta non dipendono solo dal confronto fra valore attuale e prezzo del titolo oggi ma anche dal confronto fra il prezzo attuale e quello che ci si aspetta sarà il suo prezzo domani. La logica degli speculatori è: • acquistare se il prezzo oggi è più basso del prezzo atteso per domani • vendere in caso contrario Questa logica dovrebbe stabilizzare il mercato perché: • se il prezzo è molto alto rispetto al valore attuale, molti pensano che cadrà in futuro e tendono a vendere facendolo così cadere • se il prezzo è molto basso rispetto al valore attuale, molti pensano che aumenterà in futuro e tendono ad acquistare facendolo così aumentare. Dalle stelle alle stalle In realtà le borse sono molto instabili e alternano fasi di boom delle quotazioni a crolli vertiginosi. Questo dipende dal fatto che in borsa le profezie molto spesso si autoavverano. Se gli operatori più informati pensano che il prezzo di un titolo salirà lo acquistano ma questo fa salire il prezzo. Gli altri meno informati vedendo i prezzi salire si accodano nell’acquisto facendo aumentare ancora di più i prezzi. L’aumento dei prezzi si autosostiene perché tutti pensano che andrà avanti e continuano ad acquistare. A un certo punto, quando non esiste più alcuna relazione fra il prezzo e il valore attuale, qualcuno si accorge che il titolo è sopravalutato e incomincia a vendere e gli altri si accodano innescando il processo inverso. Le rilevazioni del mercato del lavoro in Italia I dati ufficiali sul mercato del lavoro in Italia provengono dall’Istituto Centrale di Statistica (ISTAT) che conduce la Rilevazione trimestrale delle forze lavoro in conformità con la metodologia dell’Unione Europea. Obiettivo principale di questa indagine campionaria, condotta tramite interviste, è la stima ufficiale degli occupati e delle persone in cerca di occupazione. Misure del mercato del lavoro Tasso di attività (o tasso di partecipazione) misura la percentuale di forza lavoro sulla popolazione attiva Tasso di occupazione misura la percentuale della popolazione che risulta occupata Tasso di disoccupazione calcolato come la percentuale di forza lavoro disoccupata Tasso naturale di disoccupazione: misura la disoccupazione presente nel lungo periodo, può essere considerato come il tasso di disoccupazione normale dell’economia Che cosa misura il tasso di disoccupazione? Non è facile distinguere tra chi è disoccupato e chi non appartiene alla forza lavoro. i lavoratori scoraggiati sono coloro che avrebbero voluto lavorare ma hanno rinunciato a cercare lavoro dopo una lunga serie di insuccessi altri invece dichiarano di essere disoccupati per ricevere aiuti finanziari anche se non hanno nessuna intenzione di cercare un lavoro. I periodi di disoccupazione sono per la maggior parte brevi gran parte della disoccupazione osservata è di lungo periodo ossia pochi lavoratori che restano senza lavoro per un lungo periodo di tempo. Tipi di disoccupazione Si parla di disoccupazione frizionale (disoccupazione temporanea) quando ci si riferisce alla disoccupazione causata dal tempo che i lavoratori impiegano a trovare il lavoro che risponde meglio alle loro aspirazioni la disoccupazione strutturale è dovuta a discrepanze fra domanda e offerta di lavoro a causa di: qualifiche inadeguate e obsolete difficoltà di trasferimento dei disoccupati da aree a forte disoccupazione ad aree dove esiste un eccesso di domanda di lavoro la disoccupazione ciclica è dovuta invece agli alti e bassi dell’attività economica. Durante le fasi di espansione la produzione aumenta e le imprese domandano più lavoro, la disoccupazione si riduce il contrario accade nelle fasi di crisi disoccupazione crisi boom W W O W2 W1 W1 W2 D2 D1 D1 D2 L2 L1 L L1 L2 L Tasso di disoccupazione naturale Il tasso di disoccupazione naturale è la somma della disoccupazione frizionale e di quella strutturale Salario efficiente Che cosa è la moneta? la moneta è tutto ciò che viene generalmente accettato come intermediario degli scambi La moneta non è soltanto ciò a cui usualmente attribuiamo questo nome ovvero le banconote e le monete metalliche storicamente sono stati usati come monete i beni più vari dal grano all’olio, il vino, il sale, i metalli preziosi e perfino le pietre (moneta merce) In teoria qualunque cosa che possa essere utilizzata per effettuare diversi scambi può essere considerata moneta Normalmente questi mezzi di pagamento dovevano avere un valore intrinseco per essere accettati Nel passato le monete venivano coniate in oro o in argento proprio per questo motivo Successivamente cominciarono a circolare banconote cartacee (moneta cartacea) ma esse avevano una copertura aurea, ossia il possessore di una banconota poteva in qualunque momento chiedere di cambiarla con il valore equivalente in oro Oggi solo la banca centrale può emettere banconote e l’accettazione della moneta cartacea è prescritta dalla legge. Si parla in questo caso di circolazione forzosa. La moneta che ha questa caratteristica è denominata moneta legale. anche oggi le banconote e le monete sono una parte molto limitata dell’insieme dei mezzi di pagamento tra i quali sono da includere i titoli di credito, i depositi postali e perfino le cambiali ciò che differenzia tutti questi mezzi di pagamento è la loro liquidità, cioè la facilità con cui possono essere scambiati con beni o servizi tale facilità dipende dal fatto che siano generalmente accettati e questo, a sua volta, dipende dalla credibilità di chi li mette in circolazione Aggregati monetari nell'area dell'Euro M1 è la componente più liquida, cioè più facilmente spendibile, è rappresentata da: - monete metalliche e banconote (circolante o base monetaria); - conti correnti di banche e poste; - assegni circolari e vaglia cambiari; - depositi in conto corrente presso il Tesoro. M2 comprende M1 più altre attività finanziarie meno liquide ma facilmente convertibili in attività liquide (quasi moneta), vale a dire: - certificati di deposito bancario con scadenza entro 18 mesi; - depositi di risparmio bancari, libretti postali e depositi di conto corrente vincolati. M3 include oltre a M2: - pronti contro termine ed altri strumenti di raccolta a breve termine; - titoli di credito con scadenza a due anni; - quote di fondi comuni monetari; Creazione di depositi bancari situazione iniziale della banca A attivo passivo situazione finale della banca A attivo passivo riserve = 1000 depositi = 1000 riserve = 200 prestiti = 800 depositi = 1000 totale = 1000 totale = totale = 1000 totale = 1000 1000 situazione iniziale della banca B attivo passivo situazione finale della banca B attivo passivo riserve = 800 depositi = 800 riserve = 160 prestiti = 640 depositi = 800 totale = 800 totale totale = 800 totale = 800 = 800 Nuovi depositi Nuovi prestiti Nuove riserve Banca A 1000 800 200 Banca B 800 640 160 Banca C 640 512 128 Banca D 512 410 102 Banca E 410 328 82 ……… ….. ….. ….. Banca N 0 0 0 Totale 5000 4000 1000 Moltiplicatore bancario Il controllo della moneta La banca centrale (oggi in Europa la BCE) controlla la quantità di moneta circolante (moneta legale + moneta bancaria) mediante tre strumenti: • operazioni di mercato aperto • riserva obbligatoria • tasso ufficiale di sconto La domanda di moneta nel lungo periodo La quantità di moneta che la gente domanda è quella che desidera trattenere presso di sé per effettuare scambi in ogni momento del tempo circola nell’economia una certa quantità di moneta (banconote, depositi bancari) che è detenuta da: - consumatori per effettuare le spese quotidiane - imprese per pagare fornitori, lavoratori ecc. - banche in parte come riserve obbligatorie, in parte come liquidità per far fronte a prelievi, in parte come depositi a disposizione dei clienti la moneta detenuta dipende dal valore delle transazioni da effettuare che, a sua volta, dipende dal numero di transazioni e dai prezzi dei beni e servizi scambiati Equilibrio nel mercato della moneta 1/p 1/p O1 1/p2 O1 O2 1/p1 1/p1 1/p1 1/p3 D M2 M1 M3 M D M1 M2 M Teoria quantitativa della moneta M =PxY M=PxY:V MxV=PxY M = 100 Y = 1000 P = 10 V = 10 x 1000 : 100 = 100 PxY V= M PxY Mx =PxY M Velocità di circolazione In Europa nel 2001: M1 = 2222 miliardi di euro M2 = 4914 miliardi di euro M3 = 5768 miliardi di euro PIL nominale = 6843 miliardi di euro Velocità M1 = 6843/2222 = 3,07 Velocità M2 = 6843/4914 = 1,39 Velocità M3 = 6843/5768 = 1,19 Neutralità della moneta secondo la teoria quantitativa esiste una relazione precisa e diretta fra quantità di moneta in circolazione e livello dei prezzi questo è vero se ipotizziamo che la quantità fisica di beni e servizi prodotti dipenda dalle risorse reali e dalle tecnologie disponibili e la velocità di circolazione della moneta sia costante nel lungo periodo questa ipotesi risulta fondata, la moneta non può creare beni la moneta risulta allora neutrale nel senso che influisce solo sulle variabili nominali e non su quelle reali La netta separazione fra variabili nominali e reali è anche detta dicotomia classica Ciò che conta veramente sono le variabili reali! Inflazione la teoria quantitativa sostiene che i prezzi dipendono dalla quantità di moneta, un aumento della quantità di moneta causa un aumento dei prezzi se nel tempo la moneta cresce più di quanto crescono le transazioni da effettuare, ciò si ripercuote sui prezzi: la variazione della quantità di moneta genera inflazione l’inflazione può essere definita come un aumento generalizzato e continuativo dei prezzi nel tempo inflazione = crescita della moneta + crescita velocità di circolazione - crescita PIL reale se il PIL reale cresce del 3%, la velocità è costante, la moneta cresce del 5%, l’inflazione è del 2% inflazione = 5% + 0% - 3% = 2% Effetti dell’inflazione possiamo dire che l’inflazione è neutrale oppure produce effetti redistributivi reali? (qualcuno guadagna e qualcun altro perde in termini reali) quando l’inflazione è perfettamente anticipata tutti hanno modo di adeguare i prezzi dei beni e servizi che scambiano all’aumento atteso dei prezzi (prezzi perfettamente indicizzati): in questo caso l’inflazione non produce alcun effetto reale nella realtà questo non è vero, l’inflazione è, almeno in parte, inattesa pertanto causa guadagni e perdite reali Chi guadagna e chi perde? guadagnano i debitori che dovranno restituire in futuro debiti svalutati e perdono i creditori se l’inflazione è superiore a quella attesa perdono i debitori e guadagnano i creditori nel caso opposto perdono i cittadini che pagano le imposte perché queste crescono in modo progressivo al crescere del reddito nominale (drenaggio fiscale) guadagna lo stato per lo stesso motivo Effetto di Fisher la domanda e l’offerta di fondi dipendono dal tasso di interesse reale e non da quello nominale tasso interesse nominale = tasso interesse reale + tasso inflazione se l’inflazione attesa è del 5% e il creditore vuole avere un rendimento reale del 3% chiederà un tasso di interesse nominale dell’8% l’inflazione attesa ha quindi un effetto sul tasso di interesse nominale: fa aumentare nella stessa misura il tasso di interesse nominale per mantenere costante quello reale questo meccanismo è chiamato effetto di Fisher esempio: se l’inflazione aumenta dal 5% al 10% e il tasso di interesse reale è del 3% il tasso di interesse nominale aumenta dall’8% al 13% I costi dell’inflazione l’inflazione crea incertezza sull’andamento dei prezzi relativi e distrugge informazioni rendendo più difficili le decisioni di consumo e di produzione e peggiorando l’allocazione delle risorse. E’ più difficile distinguere fra variazioni assolute e variazioni relative dei prezzi. l’inflazione genera inflazione perché la gente tende a liberarsi più velocemente della moneta che perde valore, aumenta la velocità di circolazione e questo equivale a un aumento della quantità di moneta questo meccanismo è alla base dell’iperinflazione aumentano i costi di transazione nel senso che occorre effettuare più prelievi di moneta per effettuare le stesse transazioni; questo costo è rilevante nei casi di iperinflazione aumentano i costi dovuti alla necessità di aggiornare i listini dei prezzi Bilancia dei pagamenti La bilancia dei pagamenti è un prospetto contabile che riporta tutti gli incassi e gli esborsi di valuta estera dovuti alle relazioni economiche con paesi esteri ogni transazione che comporta un pagamento in valuta estera da parte di un Paese viene registrata come voce in uscita (passività) ogni transazione che comporta un introito in valuta estera da parte di un Paese viene registrata come voce in entrata (attività) la bilancia dei pagamenti si divide in: • Conto corrente che comprende la bilancia commerciale e i trasferimenti di redditi da lavoro e da capitale • Conto capitale (o conto finanziario) che comprende i movimenti di capitali finanziari Conto corrente Bilancia commerciale Esportazioni = beni prodotti all'interno e acquistati da cittadini esteri, comportano un incasso di valuta estera Importazioni = beni prodotti all'estero e acquistati da cittadini residenti, comportano un esborso di valuta estera Esportazioni nette = differenza fra esportazioni e importazioni Fattori determinanti: - preferenze - prezzi dei beni all'interno e all'estero - tasso di cambio - costi di trasporto, tariffe doganali Trasferimenti di redditi rimesse degli emigranti interessi da titoli esteri Conto capitale • Investimenti esteri (esportazioni di capitali) = acquisto di impianti e attività finanziarie all'estero da parte di cittadini residenti, comportano un esborso di valuta estera • Investimenti esteri all'interno (importazioni di capitali) = acquisto di impianti e attività finanziarie all'interno da parte di cittadini esteri, comportano un incasso di valuta estera • Investimenti esteri netti (NCO) = differenza fra esportazioni e importazioni di capitali, ossia differenza fra attività patrimoniali acquistate e vendute da cittadini nazionali all’estero Fattori determinanti: • rendimenti degli investimenti e attività finanziarie all'interno e all'estero (tassi di interesse reali) • rischio paese Esportazioni nette e investimenti esteri netti (deflusso netto di capitali) NCO (Net Capital Outflow) = NX Pagamenti al resto del mondo relativi alle attività finanziarie Pagamenti al resto del mondo relativi a beni e servizi redditi dei fattori e trasferimenti Resto del mondo Italia Pagamenti all’Italia relativi a beni e servizi redditi dei fattori e trasferimenti Pagamenti all’Italia relativi alle attività finanziarie Perché NX e NCO sono sempre uguali? Ogni transazione sull’estero che comporta cessione di beni da luogo ad acquisizione di valuta estera o di altre attività patrimoniali sull’estero per lo stesso valore e viceversa NX = valore dei beni ceduti all’estero in eccesso rispetto a quelli acquistati NCO= valore delle attività patrimoniali (compresa la valuta) acquisite all’estero in eccesso rispetto a quelle cedute Qualunque transazione che faccia aumentare o diminuire NX ha lo stesso effetto su NCO. NX e NCO sono due facce della stessa medaglia Esempio La FIAT vende una Punto a un acquirente americano per 10.000 euro tasso di cambio = 1 euro contro 1 dollaro La Fiat introita 10.000 dollari come pagamento NX aumenta di 10.000 Se la FIAT deposita la valuta in una banca di New York: le sue attività patrimoniali estere (NCO) negli USA aumentano di 10.000 Se la FIAT acquista titoli per 10.000 dollari nella borsa di New York: le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT (NCO) non cambiano sono sempre +10.000, ma sotto forma di titoli esteri anziché di valuta Se la FIAT effettua investimenti reali negli USA per 10.000 dollari: le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT sono sempre +10.000, ma sotto forma di beni capitali all’estero anziché di valuta Se la FIAT acquista beni o servizi negli USA per 10.000 dollari: le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT diminuiscono di 10.000, ma le importazioni aumentano e NX diminuisce dello stesso ammontare Se la FIAT cambia i dollari in euro: i dollari finiscono alla Banca centrale e aumentano le riserve di valuta estera di 10.000 dollari che sono attività patrimoniali estere detenute in Italia (NCO = +10000) un’altra impresa o cittadino italiano cambia 10000 euro in dollari e si comporta secondo le stesse modalità della FIAT producendo gli stessi effetti Morale: qualunque cosa accada a un aumento/diminuzione di NX corrisponde necessariamente un uguale aumento/diminuzione di NCO di pari ammontare NX e NCO non possono in alcun modo essere diversi Risparmi e investimenti in un’economia aperta Y = C + I + G + NX Y - C - G = I + NX S=Y-C-G S = I + NX S = I + NCO In un’economia aperta, i risparmi possono essere usati per effettuare investimenti sia all’interno che all’estero Tasso di cambio Moltiplicando il tasso di cambio nominale per il prezzo interno denominato in euro otteniamo il prezzo in dollari. A questo punto i due prezzi sono espressi nella stessa unità di misura (dollari) e si può ricavare il rapporto di scambio reale Teoria della parità del potere d'acquisto Tasso di cambio Nel lungo periodo a causa della legge del prezzo unico il tasso di cambio reale tende all’unità Al variare dei prezzi interni ed esteri il tasso di cambio nominale si aggiusta di conseguenza Mercato dei cambi Il tasso di cambio dipende dalla domanda e l’offerta di valuta la domanda di valuta nazionale è allo stesso tempo offerta di valuta estera e viceversa • le esportazioni danno luogo a domanda di valuta nazionale • le importazioni danno luogo a offerta di valuta nazionale • le esportazioni nette danno luogo a domanda di valuta nazionale (se positive) • gli investimenti esteri danno luogo a offerta di valuta nazionale • gli investimenti di stranieri all'interno danno luogo a domanda di valuta nazionale • gli investimenti esteri netti danno luogo a offerta di valuta nazionale (se positivi) Esportazioni nette e investimenti esteri netti le esportazioni nette dipendono dal TCR. Se il TCR aumenta i beni interni diventano più costosi per i cittadini stranieri e i beni prodotti all’estero diventano meno costosi per noi. Si importa di più e si esporta di meno. NX e, quindi, la domanda di valuta nazionale diminuiscono. Il contrario accade se il TCR si riduce gli investimenti esteri netti dipendono dal tasso di interesse. Se i aumenta gli investimenti interni sono più redditizi. Meno cittadini fanno investimenti all'estero più stranieri fanno investimenti all'interno. NCO e quindi l'offerta di valuta nazionale diminuiscono Il contrario accade se i si riduce Equilibrio nel mercato dei cambi tasso di cambio euro/dollaro = 1 Se X = 100 e M = 50 gli americani cambiano 100 dollari in euro per acquistare X gli italiani cambiano 50 euro in dollari per acquistare M i primi domandano 100 euro i secondi ne offrono 50 la domanda netta di euro = 50 = X-M = NX i i1 n1 TCR NCO O TCR1 D v1 valuta nazionale l’offerta di valuta nazionale è uguale a NCO. Chi investe all’estero domanda valuta estera e offre valuta nazionale quindi se gli investimenti all’estero superano quelli dall’estero c’è un’offerta netta di valuta nazionale Equilibrio NX = NCO i i i1 f1 n1 fondi mutuabili TCR NCO O TCR1 D v3 v1 v2 valuta nazionale Di nuovo l’uguaglianza fra NX e NCO Ora possiamo dire che l’uguaglianza fra NX e NCO non è solo un’uguaglianza contabile ma anche il risultato dell’equilibrio del mercato Se NX > NCO si crea un eccesso di domanda di valuta nazionale sul mercato dei cambi che fa aumentare il TCR ma questo, a sua volta, causa una diminuzione di NX Se NX < NCO si crea un eccesso di offerta di valuta nazionale sul mercato dei cambi che fa diminuire il TCR ma questo, a sua volta, causa un aumento di NX Disavanzo pubblico i i i2 i1 f2 f1 fondi mutuabili Disavanzo pubblico Il disavanzo pubblico riduce il risparmio, fa aumentare il tasso di interesse e provoca una riduzione degli NCO e dell’offerta di valuta nazionale Il TCR aumenta e NX diminuisce TCR n2 n1 O1 O2 NCO TCR2 TCR1 v2 v1 valuta nazionale Fuga di capitali i i i2 i1 D2 D2 D1 f1 f2 D1 n1 fondi mutuabili Fuga di capitali Una fuga di capitali fa crescere gli NCO e fa aumentare l’offerta di valuta nazionale TCR n2 NCO O2 O1 TCR1 TCR2 Il TCR diminuisce e NX aumenta v1 v2 valuta nazionale Restrizioni commerciali i i i1 f1 n1 fondi mutuabili Restrizioni commerciali Le politiche protezionistiche possono risultare inefficaci perché fanno aumentare NX ma questo influisce sul tasso di cambio reale che aumenta riportando NX al livello precedente TCR NCO O TCR2 D2 TCR1 D1 v1 v2 valuta nazionale L’economia nel breve periodo Nel breve periodo l’economia si comporta in modo diverso da quanto abbiamo visto fino ad ora Mentre nel lungo periodo essa cresce ad un tasso abbastanza stabile e costante nel breve il tasso di crescita diventa molto più variabile e il sistema oscilla fra fasi di boom o di crescita sostenuta e fasi di depressione con crescita bassa o addirittura negativa Il motivo fondamentale di questa differenza di comportamento sta nel fatto che nel lungo periodo gli agenti economici sono in grado di effettuare tutti gli aggiustamenti necessari per raggiungere l’equilibrio mentre nel breve non c’è tempo sufficiente In particolare le difficoltà di aggiustamento riguardano alcuni prezzi che nel lungo periodo sono perfettamente flessibili mentre nel breve tendono ad essere più rigidi e vischiosi Gli aggiustamenti non sono abbastanza rapidi Il fatto che nel lungo periodo i prezzi siano sempre in equilibrio fa sì che si possa prescindere dai prezzi monetari e dalla moneta stessa e concentrare l’analisi sulle variabili reali nell’ipotesi che i valori nominali si adeguino perfettamente In questo quadro ciò che conta sono solo i prezzi relativi che misurano i rapporti di scambio reali fra beni, servizi e fattori produttivi i prezzi monetari sono irrilevanti ciò che conta non è che un abito costi 500 euro e un paio di scarpe 100 ma il fatto che un abito costi quanto 5 paia di scarpe (sarebbe la stessa cosa se l’abito costasse solo 5 euro e le scarpe 1) Nel breve periodo le variabili nominali non hanno il tempo di aggiustarsi tempestivamente. Per esempio la quantità di moneta aumenta ma i prezzi monetari non crescono di conseguenza, questo influisce sugli equilibri reali perché la gente può acquistare più beni di prima Le variabili nominali e reali non sono più separabili In conclusione le variabili nominali influenzano quelle reali e la dicotomia classica non è più valida, la moneta non può più essere considerata neutrale Una variazione della quantità di moneta non produce solo effetti sui prezzi, come dice la teoria quantitativa, ma fa cambiare la quantità reale di beni che i consumatori domandano o che le imprese offrono sul mercato Può pertanto accadere che l’economia produca una certa quantità di beni ma, dati i prezzi monetari, i consumatori non dispongano di una quantità di moneta sufficiente ad acquistarli Se la domanda è minore dell’offerta le imprese dovranno ridurre la produzione e l’attività economica scende al di sotto del suo livello potenziale E’ quindi importante studiare la relazione fra il livello generale dei prezzi da una parte e la domanda e l’offerta aggregata di beni dall’altra Domanda e offerta aggregate Domanda aggregata p Y La domanda aggregata misura la quantità di beni e servizi che vengono domandati nell’economia in corrispondenza di ciascun livello dei prezzi Cause dell'inclinazione negativa della curva di domanda aggregata Nel mercato micro l’inclinazione negativa della curva di domanda dipende dal fatto che, se il prezzo di un bene sale, il consumatore lo sostituisce con un altro meno costoso ma quando stiamo considerando l’insieme di tutti i beni questo non è possibile. La pendenza della curva di domanda aggregata dipende quindi da altri fattori • effetto ricchezza o effetto saldi reali • effetto tasso di interesse • effetto tasso di cambio reale La curva di domanda aggregata è definita per un offerta di moneta costante e per un livello dei salari costante Effetto ricchezza o effetto saldi reali in ogni momento tutti gli acquirenti (consumatori, imprese, stato) dispongono di una certa quantità di moneta che utilizzano per acquistare beni e servizi se il livello generale dei prezzi diminuisce il potere d’acquisto della moneta aumenta pertanto con la stessa quantità di moneta è possibile acquistare una maggiore quantità di beni e servizi la domanda aggregata pertanto aumenta per lo stesso motivo la domanda aggregata diminuisce all’aumentare del livello generale dei prezzi Effetto tasso di interesse se il livello generale dei prezzi diminuisce la gente si trova in tasca una quantità di moneta in eccesso rispetto a quella di cui ha bisogno per effettuare le proprie transazioni può decidere di utilizzarla sul mercato finanziario prestandola, per esempio acquistando obbligazioni o azioni l’aumento della domanda di titoli di credito causa una caduta del tasso di interesse Perché il tasso di interesse diminuisce? tra il valore di un titolo e il tasso di interesse esiste una relazione inversa una obbligazione viene emessa con un valore nominale di 100 e rende 10 ossia il 10% se il tasso di interesse nel mercato dei fondi è in quel momento del 10% l’obbligazione rende quanto rende in media qualunque tipo di prestito se aumenta la domanda di obbligazioni aumenta il loro prezzo immaginiamo che il prezzo di quell’obbligazione aumenti a 200, il suo rendimento è sempre 10 che ora equivale al 5% di 200 al raddoppio del prezzo delle obbligazioni corrisponde la riduzione a metà del loro rendimento percentuale se la domanda aumenta in generale per tutti i titoli il loro rendimento percentuale diminuirà, per esempio dal 10% al 5%. Ma allora nessuno sarà più disposto a prendere denaro a prestito ad un tasso del 10% perché è possibile indebitarsi emettendo obbligazioni e pagando un rendimento minore: la domanda di fondi a prestito verso le banche diminuisce e queste ultime saranno costrette a diminuire il tasso di interesse. di conseguenza quello che accade è la seguente sequenza: 1.diminuisce il livello dei prezzi, eccesso di disponibilità di moneta 2.aumenta la domanda di titoli 3.il valore dei titoli aumenta e diminuisce il loro rendimento 4.il tasso di interesse diminuisce 5.aumenta la domanda di investimenti 6.aumenta la domanda aggregata perché gli investimenti sono una sua componente Effetto del tasso di cambio una diminuzione del livello dei prezzi porta con sé una caduta del tasso di interesse dal tasso di interesse dipendono gli investimenti esteri netti che aumentano (si preferisce investire all’estero perché il tasso di interesse estero è ora relativamente più alto) cresce l’offerta di valuta nazionale sul mercato dei cambi e il tasso di cambio reale si riduce facendo aumentare le esportazioni nette le esportazioni nette sono una componente della domanda aggregata che quindi aumenta con esse Cause dello spostamento della curva di domanda aggregata • aspettative pessimistiche riducono i consumi (o il contrario) • variazioni dei salari monetari • aspettative pessimistiche riducono gli investimenti (o il contrario) • innovazioni fanno aumentare gli investimenti • il governo fa variare la spesa pubblica o il prelievo fiscale • la banca centrale fa variare l'offerta di moneta • aumento delle esportazioni nette a causa di svalutazione della moneta, diminuzione delle importazioni di altri paesi dal nostro Offerta aggregata L’offerta aggregata misura la quantità di beni e servizi che le imprese offrono sul mercato in corrispondenza di ciascun livello dei prezzi Pendenza della curva di offerta di lungo periodo la curva di offerta di lungo periodo è verticale perché la quantità di beni e servizi prodotta nell’economia dipende da fattori reali (risorse, tecnologia) e non dal livello dei prezzi nei mercati micro l’offerta cresce al crescere del prezzo (relativo) di un bene ma questo è possibile perché si possono spostare risorse produttive da un bene all’altro questo non è possibile nell’aggregato se tutte le risorse produttive sono occupate, cosa che tende a verificarsi nel lungo periodo Pendenza della curva di offerta di breve periodo due spiegazioni possibili: • salari vischiosi: i salari monetari non si adeguano rapidamente a variazioni dei prezzi perché i contratti hanno scadenze più lunghe; se i prezzi aumentano e i salari monetari non li seguono, i salari reali cadono e le imprese aumentano la domanda di lavoro, aumenta di conseguenza anche la produzione • errore di percezione: i produttori hanno certe aspettative sul livello dei prezzi futuri; se il livello effettivo dei prezzi è inferiore alle aspettative un produttore può essere portato a pensare erroneamente che il prezzo relativo del bene che produce sia diminuito e riduce pertanto il livello di produzione salari vischiosi esempio Ipotizziamo che i contratti di lavoro abbiano durata triennale. Se in un anno i prezzi aumentano del 5% i lavoratori non potranno adeguare i salari vincolati al contratto che scade più in là nel tempo. L’effetto è una diminuzione del 5% dei salari reali, alla quale le imprese reagiscono aumentando la domanda di lavoro e la produzione. errore di percezione esempio immaginiamo che i produttori si aspettino un aumento del livello dei prezzi del 5% nel corso dell'anno. Se il livello dei prezzi aumenta invece del 3% e il prezzo del loro prodotto aumenta in linea con il livello generale, i produttori che non sanno in anticipo di quanto è effettivamente aumentato il livello dei prezzi (lo sapranno solo quando saranno diffuse le statistiche) e pensano che sia quindi aumentato del 5%, percepiscono l'aumento dei propri prezzi come inferiore a quello degli altri prezzi, percepiscono cioè una diminuzione del prezzo relativo del proprio prodotto e questo li induce a produrre di meno. Lo stesso discorso varrebbe per i lavoratori se i salari aumentassero del 3% rispetto a un aumento atteso dei prezzi del 5%. Anche in questo caso percepirebbero una diminuzione dei salari reali e diminuirebbero l'offerta di lavoro. Cause dello spostamento della curva di offerta di lungo periodo • • • • • aumento dell'offerta di lavoro (immigrazione, partecipazione) variazioni del tasso naturale di disoccupazione crescita del capitale fisico e umano aumento della disponibilità di risorse naturali progresso tecnico Cause dello spostamento della curva di offerta aggregata di breve periodo • la curva di offerta di breve si muove insieme a quella di lungo periodo quindi tutte le cause che incidono su quest'ultima • variazioni dei salari monetari • variazione dei prezzi delle materie prime (es. petrolio) • livello atteso dei prezzi Le curve di offerta di lungo e breve periodo si muovono insieme OL1 p OL1 OL2 OB1 Y1 p OB2 Y2 Y OL2 OB1 Y1 OB2 Y2 Y Movimento lungo la curva e trasposizione della curva di offerta di breve periodo Immaginiamo di partire da una situazione in cui le imprese si trovano in equilibrio di lungo periodo (punto A) e offrono la quantità che desiderano offrire nel lungo periodo. Le imprese, come nel periodo precedente, si attendono un livello dei prezzi pari a 10 e contrattano quindi salari monetari pari a 1000 in modo che i salari reali siano pari a 100 OL1 p 10 OB1 A Y1 Y Se P effettivo = 12 dal momento che i salari monetari non possono per il momento crescere i salari reali diminuiscono (non più 100 ma 83) le imprese realizzano maggiori profitti e sono incentivate ad aumentare la domanda di lavoro e ad offrire una quantità maggiore di quella precedente. Abbiamo un movimento lungo la curva fino al punto B. OL1 p OB1 B 12 10 A Y1 Y2 Y Supponiamo ora che le imprese modifichino le loro aspettative, ossia si attendano che il livello dei prezzi che verrà rilevato alla fine del periodo corrente non sarà 10 ma 12. Dato che i salari monetari sono bloccati dai contratti stipulati questo equivale a pensare che i salari reali cadano a 83. OL1 p 10 OB1 A C Y1 Y2 OB2 Sulla base di queste informazioni le imprese aumentano quindi la quantità offerta a Y2 anche se il livello effettivo dei prezzi è rimasto a 10. Allo stesso livello dei prezzi effettivo corrisponde ora un’offerta maggiore: la curva di offerta si è spostata verso destra Y In termini dinamici il ragionamento può essere il seguente immaginiamo che le imprese si attendano un aumento dei prezzi del 5% e concedano quindi aumenti salariali del 5%, in queste condizioni la quantità che le imprese desiderano offrire è quella di lungo periodo se P effettivo cresce del 7% le imprese offriranno una quantità maggiore di quella di lungo periodo perché i salari reali sono caduti supponiamo ora che le aspettative siano invece diverse e le imprese si aspettino un aumento dei prezzi del 10% e concedano quindi aumenti salariali del 10% se P effettivo cresce sempre del 7% le imprese offriranno ora una quantità minore di quella di lungo periodo perché i salari reali sono aumentati Allo stesso P effettivo corrispondono due quantità offerte diverse a seconda del livello atteso dei prezzi Quindi la curva di offerta aggregata si è spostata In questo caso l’economia si trova simultaneamente in equilibrio di breve e di lungo periodo Stabilità dell’equilibrio P A p1 p2 p3 B Y2 C Y1 Y Nel breve periodo la caduta della domanda provoca una diminuzione dei prezzi. I salari monetari sono rigidi e i salari reali aumentano. Il reddito si riduce e la disoccupazione aumenta. Nel successivo round salariale segue una diminuzione dei salari monetari che provoca la trasposizione verso destra della curva di offerta aggregata, finché i salari reali tornano al livello originario e la produzione ritorna al livello di lungo periodo Trasposizione dell’offerta aggregata P p3 p2 C B p1 A Y2 Y1 Y Nel breve periodo l’offerta aggregata si traspone a causa di un aumento dei costi (petrolio oppure salari). Il reddito e l’occupazione diminuiscono mentre i prezzi aumentano (stagflazione). Col tempo la disoccupazione fa cadere i salari monetari e reali e la curva di offerta torna nella posizione originaria. Alternativamente il governo può intervenire stimolando la domanda aggregata che si traspone finché l’economia raggiunge nuovamente l’equilibrio di lungo periodo nel punto C. Il livello dei prezzi è ora più alto (p3). Depressione e boom Depressione Boom P P D1 Ybp1 Ylp1 D2 Ybp2 Ylp2 Y B1 Ylp1 Ybp1 B2 Ylp1 Ybp1 Y Depressione e boom Depressione Boom Y Y B2 B1 Ylp1 Ylp2 Ylp1 Ylp2 D1 D2 t1 t2 tempo t1 t2 tempo Equilibrio di breve periodo nel mercato della moneta Domanda di moneta Offerta di moneta i O i i1 Mt M1 M Mo M La moneta può essere investita in titoli; trattenere moneta ha quindi un costo opportunità: il rendimento dei titoli o tasso di interesse Equilibrio di breve periodo nel mercato della moneta Domanda di moneta Offerta di moneta i O i i1 o Mt M1 M Mo M Domanda di moneta = o-Mt + Mt-M1 La moneta può essere investita in titoli; trattenere moneta ha quindi un costo opportunità: il rendimento dei titoli o tasso di interesse La domanda di moneta speculativa per speculare sui titoli gli speculatori hanno bisogno di detenere moneta gli speculatori hanno in mente un tasso di interesse normale (quello che tende a prevalere sul mercato nella maggior parte dei casi) se il tasso di interesse è alto, quindi tendenzialmente al di sopra di quello ritenuto normale, gli speculatori tendono ad aspettarsi che scenderà nel prossimo futuro ma questo equivale ad aspettarsi che il valore dei titoli aumenterà, gli speculatori quindi acquistano titoli e, per far questo, cedono moneta la moneta trattenuta dagli speculatori (domanda di moneta a scopo speculativo) diminuisce Variazioni della domanda e dell’offerta i i i2 i1 i1 D2 i2 D1 M D M M M2 M livello dei prezzi e domanda aggregata i P i2 p2 i1 p1 D2 D1 M M Y2 Y1 Un aumento del livello dei prezzi fa aumentare la domanda di moneta, cresce il tasso di interesse che fa diminuire gli investimenti e la domanda aggregata Y Aumento dell’offerta di moneta Mercato monetario i O1 Domanda aggregata O2 P i1 p1 i2 D1 M1 M2 M Y1 Y2 D2 Y Un aumento dell’offerta di moneta fa diminuire il tasso di interesse che, a sua volta, fa aumentare gli investimenti e la domanda aggregata la moneta influenza variabili reali, pertanto non è più neutrale Politica fiscale e moltiplicatore Aumento della spesa pubblica p p1 Aumento del prelievo fiscale p DG Y1 Y1-Y2 = DG DC Y2 p1 Y3 Y2-Y3 = moltiplicatore Y3 Y2 Y1 Moltiplicatore Y = C + I + G + NX C = cY DC = cDY DG = 100; c = 0,8 1) DY1 = DG = 100 DC1 = cDY1 = cDG = 0,8 x 100 = 80 2) DY2 = DC1 = cDY1 = cDG = 0,8 x 100 = 80 DC2 = cDY2 = c x cDG = c2DG = 0,8 x 0,8 x 100 = 64 3) DY3 = DC2 = cDY2 = c x cDG = c2DG = 0,8 x 0,8 x 100 = 64 DC3 = cDY3 = c x c2DG = c3DG = 0,8 x 0,64 x 100 = 51.2 DYtot = DG + cDG + c2DG + c3DG + ... +cnDG = 1 1-c x DG Moltiplicatore P DG domanda aggregata 1/(1-c)xDG Y Effetti di un aumento della domanda Quando c’è capacità inutilizzata le imprese adeguano l’offerta alla domanda a costi costanti . Quando l’economia è vicina al tasso naturale di disoccupazione il lavoro scarseggia e i salari tendono a crescere Spiazzamento Olp p D1 D3 i D2 Obp Y1 Y3 Y2 p i D2 Obp Y1 Y2 M1 Y Olp D1 i2 i1 Y i2 i1 M1 M2 Le politiche di stabilizzazione Le politiche monetaria e fiscale possono essere utilizzate per stabilizzare l’economia se la domanda aggregata si riduce provocando una depressione il governo può aumentare l’offerta di moneta facendo cadere il tasso di interesse e stimolando gli investimenti e viceversa la domanda aggregata può essere fatta aumentare direttamente attraverso un aumento della spesa pubblica o una riduzione del prelievo fiscale tutto ciò consente di ridurre la banda di oscillazione dell’economia intorno alla tendenza di lungo periodo Opinioni divergenti sulle politiche di stabilizzazione se l’economia ha una forte tendenza a oscillare fra fasi di depressione e di boom le politiche di stabilizzazione sono uno strumento molto utile per migliorare il funzionamento del mercato secondo Keynes e i suoi seguaci le economie capitalistiche sono intrinsecamente instabili perché una variabile molto importante della domanda aggregata , l’investimento, è influenzata dagli umori degli imprenditori che oscillano fra ondate di pessimismo e di ottimismo secondo altri l’economia è molto più stabile di quanto si pensi ed è in grado di ritrovare l’equilibrio spontaneamente le politiche di stabilizzazione non fanno altro che allungare i tempi necessari Perché l’economia è instabile? gli investimenti dipendono dal tasso di interesse ma anche dalle aspettative degli imprenditori circa l’andamento della domanda se gli imprenditori si attendono un aumento della domanda investono per adeguare lo stock di capitale alle esigenze dell’aumentata produzione la decisione di investire fa aumentare a sua volta la domanda aggregata e l’aumento è amplificato dal meccanismo del moltiplicatore alla fine del periodo gli imprenditori verificano che la domanda è aumentata più di quanto si attendevano e decidono di aumentare ulteriormente gli investimenti La barriera della piena occupazione la domanda aggregata risponde aumentando ancora di più e così via in un circolo virtuoso che spinge l’economia verso un boom sostenuto dalla catena investimenti- domanda aggregata-produzione investimenti a un certo punto questa dinamica avvicina l’economia alla piena occupazione (o a superare il limite del tasso naturale di disoccupazione) il lavoro comincia a scarseggiare e i salari e i prezzi aumentano l’economia cozza contro questa barriera e il boom si affloscia, la produzione non può più continuare a crescere ai ritmi precedenti e gli imprenditori rivedono le loro aspettative e riducono gli investimenti il meccanismo si inverte e innesca una sequenza opposta a quella precedente, l’economia precipita nella depressione Il ciclo economico Y l’economia raggiunge la barriera della piena occupazione, la produzione non può più crescere, le aspettative si invertono, le imprese investono meno tasso naturale di disoccupazione, i salari crescono gli investimenti si riducono alla sola sostituzione l’economia raggiunge il pavimento, le aspettative si invertono l’economia cresce più che nel lungo periodo, aspettative ottimistiche sulla domanda, le imprese investono, la crescita aumenta ancora la imprese investono meno la domanda cresce meno, l’economia entra in crisi tempo Perché le politiche di stabilizzazione non funzionano? Secondo gli economisti della scuola neoclassica e monetarista il miglior modo per attenuare le oscillazioni è lasciare che l’economia ritrovi l’equilibrio da sè le politiche di stabilizzazione accentuano le oscillazioni perché non sono sufficientemente tempestive. Gli effetti della politica monetaria e fiscale possono richiedere molto tempo prima di manifestarsi (anche un anno). Inoltre in un regime democratico le decisioni richiedono un lungo iter morale: gli effetti si manifestano quando non ce n’è più bisogno, l’economia si è già ripresa dalla crisi e ulteriori aumenti della domanda aggregata finiscono per alimentare l’inflazione La stabilità secondo i monetaristi P i O O1 A p1 i1 p2 D1 B D2 Y2 Y1 Y M2 M1 M Gli stabilizzatori automatici Inoltre nel mercato sono all’opera alcuni meccanismi detti stabilizzatori automatici che tendono a stabilizzare in modo spontaneo il livello del reddito la spesa pubblica può funzionare in questo modo perché quando aumenta la disoccupazione aumenta anche la spesa dello stato per i sussidi di disoccupazione, ciò attenua la riduzione dei consumi conseguente alla disoccupazione il prelievo fiscale, dato il carattere progressivo delle imposte, aumenta più che proporzionalmente all’aumentare del reddito (e viceversa) e tende quindi ad attenuarne la dinamica Cosa cambia con l’Unione europea? L’adesione all’Unione europea comporta cambiamenti importanti nella gestione delle politiche monetaria e fiscale Politica monetaria • l’emissione di moneta legale è riservata alla Banca Centrale Europea pertanto gli stati membri non hanno più alcun controllo sulla politica monetaria • il tasso di interesse è determinato sul mercato europeo e non più su quello nazionale Politica fiscale • i governi nazionali possono decidere il livello della spesa pubblica e del prelievo fiscale ma le politiche fiscali dei governi devono essere coordinate Il patto di stabilità Il trattato di Maastricht prevede che: • il rapporto deficit pubblico/PIL non deve superare il 3% • il rapporto debito pubblico/PIL non deve superare il 60% • il tasso di inflazione non deve superare di più dell’1,5% quello medio dei tre paesi più virtuosi • tasso di interesse sui titoli a lungo termine non superiore del 2% rispetto a quello medio dei tre paesi più virtuosi l’Italia quindi non può usare la manovra della spesa pubblica in deficit per perseguire finalità di politica economica ma è tenuta ad avere un avanzo di bilancio per ridurre il debito pubblico Shock asimmetrico Italia Resto d’Europa p D2 D O D p2 p1 p1 O D2 p2 Ylp Y2 Y Y2 Ylp Y Se in Italia si verifica uno shock da domanda che non trova corrispondenza negli altri paesi UE non si può usare la leva monetaria né quella fiscale, né quella del cambio per far crescere la domanda. Bisogna quindi accettare che il riequilibrio avvenga attraverso meccanismi spontanei quali l’aumento della disoccupazione e la caduta dei salari Inflazione, disoccupazione e curva di Phillips La curva di Phillips nel lungo periodo offerta di lungo periodo curva di Phillips di lungo periodo OL p P B p2 P2 p1 P1 A Q1 Q NRU La carrozza si trasforma in una zucca OLP p CP1 CP2 breve periodo CP3 lungo periodo •C • • B A P2 P1 p3 p2 p1 B • U1 •A C • Tasso naturale di disoccupazione Disoccupazione Y1 Y2 U = NRU - b(Peff - Patt) Nel breve periodo inflazione effettiva e inflazione attesa possono essere diverse e la curva di Phillips è inclinata negativamente. Nel lungo periodo Peff e Patt sono uguali, la curva di Phillips è verticale Y Shock dell’offerta O2 p CP2 CP1 p2 p1 O1 B • • A • P1 • B D A U1 Tasso naturale di disoccupazione Disoccupazione Y2 Y1 Y Anni 60: la curva di Phillips nel paradiso terrestre Anni 70: nevrosi e depressione dell’economia USA Il rientro dall’inflazione secondo i monetaristi CP1 CP2 CP3 CP3 CP2 P2 P1 CP1 P1 U1 Disoccupazione U1 U2 U3 Disoccupazione Tasso naturale di disoccupazione Se gli agenti modificano tempestivamente le loro aspettative l’inflazione effettiva può superare quella attesa solo per un brevissimo lasso di tempo. La curva di Phillips è quindi molto ripida anche nel breve periodo. Il costo della disinflazione in termini di disoccupazione è basso. Se questo non è vero il costo può essere molto alto. La politica dei redditi Nei mercati oligopolistici le imprese fissano i prezzi applicando una maggiorazione g (mark-up) al costo del lavoro per unità di prodotto il costo del lavoro per unità di prodotto è dato dal salario diviso per la produttività controllando la dinamica dei salari mediante una concertazione fra le parti sociali è possibile controllare anche i prezzi se la dinamica dei salari è in linea con quella della produttività il rapporto w/p rimane costante e i prezzi non variano Differenti visioni del funzionamento delle economie di mercato Monetaristi • Le economie capitalistiche sono intrinsecamente stabili. Le fluttuazioni dipendono da eventi casuali (guerre, aumenti dei prezzi delle materie prime ecc.) e sono imprevedibili. • il principale elemento stabilizzatore è la moneta. Se la quantità di moneta viene mantenuta stabile una caduta della domanda aggregata comporta una caduta dei prezzi e un aumento della quantità di moneta reale che riporta la domanda al livello di piena occupazione. • le politiche interventiste che fanno variare la quantità di moneta o la spesa pubblica producono solo effetti inflazionistici nel lungo periodo e per di più contribuiscono ad amplificare le fluttuazioni perchè i loro effetti sono spesso sfasati rispetto all’andamento del ciclo. • gli effetti reali di breve periodo della politica monetaria sono dovuti soltanto al fatto che gli agenti aggiustano le loro aspettative con un certo ritardo e dipendono soltanto da errori di valutazione degli agenti stessi. L’efficacia della politica fiscale è minima per l’effetto di spiazzamento. • se gli agenti hanno aspettative razionali anticipano le decisioni del governo quindi manovre monetarie o fiscali prevedibili sulla base delle informazioni esistenti non hanno nessun effetto reale • l’inflazione si combatte facendo crescere l’offerta di moneta in linea con la crescita di lungo periodo del reddito reale e costringendo gli operatori a cambiare le loro aspettative al ribasso • la curva di Phillips è verticale nel lungo periodo e per alcuni (teorici delle aspettative razionali) molto ripida anche nel breve, ne consegue che i costi della disinflazione sono bassi. Keynesiani • Le economie capitalistiche sono intrinsecamente instabili per via del meccanismo moltiplicatore-acceleratore che amplifica fluttuazioni determinate da shock esogeni • l’economia si trova spesso in una situazione di non piena occupazione • i meccanismi di riequilibrio (fondamentalmente i prezzi) che riportano l’economia in piena occupazione non funzionano bene o sono molto lenti. La disoccupazione può persistere nel tempo • gli shock che determinano le crisi economiche possono avere effetti di lungo periodo, cioè allontanano per un periodo molto lungo l’economia dal suo sentiero di crescita anche quando la perturbazione è scomparsa • il governo deve intervenire con strumenti discrezionali come la politica monetaria, la spesa pubblica e il prelievo fiscale per contenere le fluttuazioni • questi interventi possono provocare effetti inflazionistici e possono essere in parte vanificati dalla reazione degli agenti privati ma producono comunque effetti di stabilizzazione sull’economia. • l'effetto di spiazzamento esiste ma è meno importante quando l'economia è lontana dalla piena occupazione perché la curva di offerta aggregata è orizzontale • per lo stesso motivo una politica monetaria accomodante non ha forti effetti inflazionistici • l'inflazione è dovuta all'aumento dei costi che possono derivare da aumenti dei prezzi delle materie prime o aumenti dei salari • la curva di Phillips è inclinata negativamente pertanto la disinflazione comporta costi elevati in termini di disoccupazione. L’inflazione deve essere controllata mediante la politica dei redditi e non mantenendo costante la quantità di moneta.