...

Diapositiva 1 - Facoltà di Scienze Politiche

by user

on
Category: Documents
12

views

Report

Comments

Transcript

Diapositiva 1 - Facoltà di Scienze Politiche
Di che cosa si occupa la macroeconomia?
La macroeconomia si occupa dello studio della struttura e del
funzionamento del sistema economico aggregato, nonché delle
politiche che i governi utilizzano per cercare di influenzare i risultati
economici aggregati
mentre la microeconomia studia il comportamento dei singoli mercati la
macroeconomia analizza il comportamento dell’economia nel suo insieme
per fare questo utilizza variabili aggregate ossia aggregazioni di singole
variabili microeconomiche
si studiano i movimenti aggregati della produzione (di tutti i beni), della
disoccupazione (nell’economia considerata nel suo insieme) e dei prezzi
(non di un singolo bene ma di tutti i beni presi insieme, ossia il livello
generale dei prezzi e la sua dinamica: l’inflazione)
gli attori non sono più singoli individui o singole imprese bensì gruppi di
individui che hanno comportamenti comuni come i consumatori che
decidono il livello dei consumi o le imprese che decidono il livello
complessivo della produzione, gli investimenti e la domanda di lavoro
Instabilità delle economie di mercato
sebbene le economie sviluppate siano caratterizzate dalla continua
crescita del prodotto nel corso del tempo, tale crescita è tutt’altro che
uniforme: fasi espansive (espansioni, fasi di crescita), fasi di
stagnazione (crescita nulla) e fasi recessive (recessioni, fasi di
crescita negativa) si alternano nel tempo, associate a variazioni della
disoccupazione e dell’inflazione
occasionalmente le recessioni si trasformano in vere e proprie
depressioni, a volte accompagnate da deflazione (inflazione negativa,
declino del livello dei prezzi), come la Grande Depressione degli anni
’30 (o la recente depressione che ha colpito l’economia del Giappone).
scopo principale della macroeconomia è spiegare questi
movimenti del livello dell’attività economica, della disoccupazione
e dei prezzi al fine di offrire strumenti di intervento in grado di
controllarne l’andamento e attenuarne le oscillazioni
Le oscillazioni dell’economia
Y
tempo
Italia: tasso di crescita del prodotto nazionale
8.0
7.0
La sostanziale
stabilità della
crescita nel
lungo periodo
nasconde una
forte variabilità
nel breve.
6.0
5.0
4.0
3.0
2.0
1.0
-1.0
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
0.0
-2.0
-3.0
= tasso di crescita medio nel periodo 1971-2005
Tasso di disoccupazione
tasso di disoccupazione = disoccupati/ forza lavoro
forza lavoro = occupati + disoccupati
disoccupati
Tasso di disoccupazione =
occupati + disoccupati
In Italia nel 1991
Tasso di disoccupazione
=
2.653.000
21.592.000 + 2.653.000
= 10,9%
Indice dei prezzi al consumo (IPC)
viene calcolato a partire da un paniere di beni e servizi
rappresentativo dei consumi della popolazione
prezzo pane tempo t
x 100 x quota pane +
IPC(t) =
prezzo pane tempo 0
prezzo carne t
x 100 x quota carne + var. ponderate altri prezzi
+
prezzo carne 0
Anno base (0) = 2006 = 100
Anno corrente (t) = 2007
IPC (2003) = 3,1/3 x 100 x 0,4 + 8,2/8 x 100 x 0,6 = 102,8
Tasso di inflazione
IPC(t)-IPC(t-1)
Tasso di inflazione =
102,8 - 100
x 100 =
IPC(t-1)
= 2,8%
100
problemi nel calcolo dell’IPC
• se i prezzi relativi cambiano i consumatori sostituiscono i beni più
cari con altri, il paniere cambia ma il metodo di calcolo non ne tiene
conto
• se nel mercato vengono introdotti nuovi beni (es. televisori al
plasma), le possibilità di scelta aumentano. A parità di reddito
monetario il consumatore sta meglio, ma non se ne tiene conto
• la qualità dei beni può migliorare o peggiorare. Nel primo caso, a
parità di reddito, il consumatore sta meglio, nel secondo sta peggio
ma anche questi cambiamenti non vengono considerati
Deflatore del PIL (prodotto interno lordo)
2004
CD
DVD
prezzo
10
20
quantità
1000
1200
2005
prezzo quantità
11 1100
22 1300
PIL nominale 2004 = 10 x 1000 + 20 x 1200 = 34000
PIL nominale 2005 = 11 x 1100 + 22 x 1300 = 40700
PIL reale 2005 = 10 x 1100 + 20 x 1300 = 37000
Deflatore = PIL nominale/ PIL reale = 40700/37000 = 1,1
oppure 49000/37000 x 100 = 110
Tasso di crescita del PIL reale
PIL reale (t) - PIL reale (t - 1) 37000  34000

*100  8.8%
PIL reale (t - 1)
34000
differenze fra IPC e deflatore del PIL
•
il deflatore del PIL misura i prezzi dei beni prodotti all’interno
dell’economia, l’IPC quelli di tutti i beni acquistati dai consumatori
compresi quelli importati
• il paniere è costante nel calcolo dell’IPC ma varia nel calcolo del
deflatore
variabili reali e nominali
• ciò che è importante non è il valore monetario (nominale) del reddito
ma la quantità di beni che con quel redito si possono acquistare
(valore reale)
• se una obbligazione rende il 5% (rendimento nominale) ma il tasso
di inflazione è pari al 2% il rendimento reale è 5% - 2% = 3%
• il tasso di interesse nominale è il tasso di interesse che la banca
paga sui depositi, ma quello che ci interessa è il tasso reale,
oggi il tasso reale è negativo
tasso nominale = 0,5%
tasso di inflazione = 2%
tasso reale = 0,5% - 2% = -1,5%
Misurazione del PNL (prodotto nazionale lordo)
metodo dei beni finali
C = beni di consumo
I = beni di investimento
G = beni di consumo pubblici + beni di investimento pubblici
X = esportazioni
M = importazioni
PNL = C + I + G + X - M
metodo del valore aggiunto
PNL = valore aggiunto = beni totali prodotti - beni intermedi
valore aggiunto di un’impresa = ricavi - acquisti da altre imprese
valore aggiunto complessivo = somma dei ricavi di tutte le imprese somma di tutti gli acquisti delle imprese le une dalle altre
Valore aggiunto nella produzione del pane
Stadio di
produzione
grano
farina
pane
totale
Ricavi
Costi materiali o Valore aggiunto
beni intermedi
25
0
25
30
-25
5
50
-30
20
105
-55
50
Misurazione del PNL (prodotto nazionale lordo)
metodo dei redditi
ricavi di un’impresa = profitti + salari + pagamenti di interessi + imposte
+ acquisti da altre imprese (costo dei beni intermedi)
ricavi di un’impresa - acquisti da altre imprese = profitti + salari +
pagamenti di interessi + imposte = valore aggiunto
profitti + salari + pagamenti di interessi + imposte di tutte le imprese =
valore aggiunto nazionale = PNL
Prodotto aggregato = reddito aggregato
prodotto nazionale netto (PNN) = PNL - ammortamenti
prodotto nazionale al costo dei fattori (PNCF) = PNL - imposte dirette
prodotto interno lordo (PIL) = PNL - redditi dei cittadini italiani residenti
all’estero
Calcolo del PIL in un’economia costituita da tre imprese
Impresa siderurgica
Ricavi
400
Impresa ittica
Impresa automobilistica
Ricavi
200 Ricavi
Costi (salari) 340
Costi (salari)
160 Costi:
salari
500
acquisti di acciaio 400
Profitti
Profitti
40
60
Profitti
1000
100
PIL come valore dei beni finali 1000+200 = 1200
PIL come Valore Aggiunto
(400-0)+(200-0)+(1000-400) = 1200
PIL come somma dei redditi (340+60) + (160+40) + (500+100) = 1200
Non di solo PIL vive l’uomo
35000
30000
PIL
25000
20000
15000
GPI: Genuine Progress Indicator
10000
5000
1950
55
60
65
70
75
80
85
90
95
00
L'associazione Redefining Progress calcola il Genuine Progress indicator che
misura l’aumento del reddito nel tempo con una serie di aggiustamenti come:
sottrarre i costi sociali dovuti alla criminalità, all'inquinamento e al deterioramento
delle risorse naturali; aggiungere al PIL il valore del lavoro svolto all'interno della
famiglia e del volontariato; tener conto dell'equità distributiva, delle infrastrutture,
della disponibilità di tempo libero e altre cose.
Circuito macroeconomico della spesa
stipendi trasferimenti (G)
imposte (T)
Stato
consumi (C)
importazioni (M)
esportazioni (X)
importazioni (M)
restodel
del
resto
mondo
mondo
spesa pubblica (G)
stato
mercato dei beni e
mercato dei
servizi
beni e servizi
famiglie
famiglie
risparmi (S)
salari
mercato dei capitali
mercato finanziario
mercato del
del lavoro
mercato
lavoro
indebitamento, emissione
obbligazioni
consumi (C)
investimenti (I)
spesa pubblica (G)
esportazioni (X)
importazioni (M)
Imposte (T)
imprese
imprese
La crescita dell’economia nel lungo periodo
Perché un’economia cresca è necessario che aumentino i fattori
produttivi e le risorse impiegati nella produzione
oppure che l’efficienza produttiva dei fattori aumenti
oppure entrambe le cose
i fattori produttivi possono aumentare per motivi non economici
(popolazione) o perché l’economia destina risorse alla loro
accumulazione (capitale)
l’efficienza dipende dal progresso tecnico
dopo il 1500 la popolazione cresce a causa della fine delle pestilenze
la produttività cresce ancora di più e risorse in eccesso possono essere
destinate all’investimento
i progressi della scienza fanno aumentare il tasso di progresso tecnico
I fatti della crescita
Dopo le guerre napoleoniche Europa e USA entrano in un periodo di
rapida crescita che continua fino a oggi
tasso di crescita medio 1820-1995 = 2.7% = otto volte quello del
periodo protocapitalistico
la produttività del lavoro cresce a un tasso crescente
1780-1820: UK
0,5%
1820-1890: UK
1,4%
1890-1970: USA
2,3%
Tra il 50 e il 73 tassi più alti (golden age)
Italia:
5.0%
Giappone:
8.0%
la crescita si riduce dopo il 73 nei paesi industrializzati ma aumenta nei
paesi asiatici (Corea, Singapore, Cina,India ecc.)
Fattori che influenzano la crescita
ASPETTI ISTITUZIONALI:
• fiducia nella capacità dell'uomo di controllare la natura e piegarla ai
propri bisogni grazie alla scienza e tecnologia
• cadono i vincoli feudali all'acquisto e vendita della proprietà, diritti di
proprietà protetti
• sistema fiscale meno arbitrario e più prevedibile
• sviluppo di istituzioni finanziarie e assicurative che garantiscono il
credito e attenuano il rischio
• nascita degli stati nazionali e ampliamento dei mercati, interscambio
non solo commerciale ma anche intellettuale, quindi maggiore
competizione e innovazione.
RISORSE NATURALI: più importanti nell'800 meno oggi perché le
risorse esauribili vengono sostituite con altre più produttive
(carbone con petrolio, energia elettrica etc.)
POPOLAZIONE: comincia a crescere nel 600 esplode dall'inizio
dell'800. Effetti:
• cresce la forza lavoro
• cresce il mercato dei consumatori
• una crescita eccessiva riduce l'accumulazione di capitale
CAPITALE UMANO: i livelli di istruzione crescono da 2 anni a 11 tra il
1820 e oggi. Effetti:
• stimola la crescita delle conoscenze e delle invenzioni
• rende possibile l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche.
CAPITALE FISICO: l'aumento del reddito pro-capite consente un
maggiore risparmio. Il risparmio viene utilizzato per finanziare gli
investimenti. L'accumulazione del capitale consente l'introduzione di
nuove tecnologie
PROGRESSO TECNICO: accresce la produttività delle risorse naturali,
del capitale umano introduce nuovi prodotti trasforma i processi
produttivi
CAMBIAMENTO STRUTTURALE: la struttura della produzione si
trasforma cresce il peso di settori più produttivi (industria) diminuisce
quello dei settori meno produttivi (agricoltura)
COMMERCIO INTERNAZIONALE: fino all'ottocento qualcuno
guadagna qualcuno perde. Dal 1820 il commercio è cresciuto più
della produzione migliorando l'allocazione delle risorse, la
produttività grazie alla specializzazione ed economie di scala.
Esistono limiti alla crescita?
equilibrio di
sussistenza
Le
Progresso tecnico
Q
P1
P2
P3
investimenti
sostituzione
K
reddito pro capite in dollari e in PPP
Luxembourg
80,288
Luxembourg
69,800
Norway
64,193
Norway
42,364
Iceland
52,764
United States
41,399
Switzerland
50,532
Ireland
40,610
Ireland
48,604
Iceland
35,115
Denmark
47,984
Denmark
34,740
Qatar
43,110
Canada
34,273
United States
42,000
Hong Kong, SAR
33,479
Sweden
39,694
Austria
33,432
Netherlands
38,618
Switzerland
32,571
Malawi
161
Malawi
596
Convergenza fra stati U.S.A.
Convergenza fra paesi industrializzati
Convergenza nel mondo
Trappola della povertà
Trappola della povertà
C, PMK
PMK
costo del
capitale
K
mercato finanziario
Redditi (W,prof.,i, rendite) = Y
Remunerazioni dei fattori
mercato
Mercato dei fattori
dei fattori
Risparmio privato = Y-T-C
mercato
Mercato
finanziario
finanziario
avanzo pubblico =
risparmio pubblico =T-G
disavanzo pubblico = G-T
Imposte = T
Pubblica
Stato
Amministrazione
Famiglie
famiglie
Spesa pubblica = G
mercato
Mercato dei beni e
dei
servizibeni e
servizi
Consumo = C
Y=C+I+G
Y-C-G=S
Y-C-G=I
S=I
S = (Y - T - C) + (T - G) = risparmio privato
T - G = risparmio pubblico
Imprese
Imposte = T
investimenti = I
imprese
Mercati finanziari
Mercati finanziari: sono le istituzioni finanziarie attraverso le quali i
risparmiatori possono finanziare direttamente gli investitori
Il mercato obbligazionario
L’obbligazione è un titolo di credito che da diritto al possessore alla
restituzione del valore nominale del titolo dopo un certo periodo di
tempo e al pagamento periodico di un interesse
Il mercato azionario
Le azioni rappresentano quote di proprietà di una azienda e danno
diritto a partecipare alla suddivisione dei profitti realizzati.
Le azioni rappresentano un finanziamento con capitale di rischio
Le obbligazioni sono un finanziamento mediante indebitamento
Le funzioni fondamentali dei mercati finanziari
• Ridurre i costi di transazione
• Ridurre il rischio
• Fornire liquidità
Intermediari finanziari
Le banche
Le banche raccolgono i depositi dei risparmiatori e li impiegano per
concedere prestiti agli investitori.
Le banche corrispondono un interesse al depositante (interesse
passivo) e richiedono ai propri debitori un interesse sui prestiti
concessi (interesse attivo)
Le banche oltre a essere intermediari finanziari facilitano lo scambio
di beni e servizi permettendo ai titolari di depositi bancari di emettere
assegni (mezzi di pagamento)
I fondi comuni di investimento
Sono istituzioni che vendono al pubblico proprie quote di
partecipazione e con il ricavato acquistano una selezione, detta
portafoglio, di titoli azionari e obbligazionari
Una delle funzioni fondamentali dei fondi comuni è di consentire una
diversificazione del rischio
Il mercato dei fondi mutuabili
Per l’economia nel suo complesso il risparmio deve essere uguale
all’investimento. Grazie al funzionamento del sistema finanziario (mercato
obbligazionario, azionario, fondi comuni di investimento, banche che
insieme costituiscono il mercato dei fondi mutuabili) il risparmio viene
trasformato in investimento e si raggiunge l’equilibrio
In questo mercato operano:
• tutti i risparmiatori (sia privati che pubblici) che vogliono impiegare i
propri risparmi: offerta di fondi mutuabili
• tutti i prenditori che desiderano ottenere prestiti per i propri
investimenti: domanda di fondi mutuabili
• Il prezzo nel mercato dei fondi mutuabili è dato dal tasso di
interesse, che rappresenta il costo dell’investimento per i prenditori e
il rendimento del risparmio per i risparmiatori. Pertanto sia l’offerta che
la domanda di fondi mutuabili dipendono dal tasso di interesse che
rappresenta il prezzo dei prestiti
Domanda e offerta di fondi mutuabili
Come ogni altro mercato, il mercato dei fondi mutuabili è governato
dalla domanda e dall’offerta.
Curva di offerta di fondi mutuabili (o risparmio): proviene da chi ha
un reddito che eccede le proprie necessità di consumo e risparmia,
rendendo disponibili i propri risparmi per prestiti.
Un elevato tasso di interesse rende il risparmio più redditizio, quindi al
crescere del tasso di interesse la quantità di fondi mutuabili offerta
aumenta: la curva di offerta è inclinata positivamente.
Curva di domanda di fondi mutuabili (o investimento): proviene da
imprese e individui che desiderano farsi finanziare un investimento.
Al crescere del tasso di interesse i prestiti diventano più costosi, quindi
la quantità domandata diminuisce: la curva di domanda è inclinata
negativamente.
Domanda e offerta di fondi mutuabili
Domanda
Offerta
i
i
O
i1
D
F1
F
F
Rendimento di un investimento
ricavi dell’investimento – costi dell’investimento
x 100
Tasso di rendimento =
costi dell’investimento
Le scelte intertemporali
Le decisioni di risparmio e di investimento implicano una scelta fra
benefici/costi che si realizzano nel momento in cui la decisione viene
presa e benefici/costi che si manifesteranno in un momento futuro.
Un risparmiatore che decide di prestare i propri risparmi rinuncia a
consumare oggi beni e servizi per poterne consumare di più in un
momento futuro.
Allo stesso modo un imprenditore che decide di effettuare un
investimento sta sopportando oggi un costo per ottenere profitti in un
momento futuro.
Come si fa a stabilire se è conveniente scambiare una certa somma
che si possiede oggi con un’altra che si potrà avere in un momento
futuro?
Somme attuali e future
Rinunciare al consumo oggi per consumare domani comporta un
sacrificio che viene remunerato dal mercato. Se si presta denaro la
somma che verrà restituita è superiore a quella prestata. La differenza
è data dall’interesse che il debitore è tenuto a pagare.
La valutazione che il mercato da della somma di 1000 euro disponibili
oggi è quindi diversa da quella di 1000 euro disponibili fra un anno. La
prima è valutata più della seconda. Questo accade perché chiunque
presti 1000 euro oggi a una banca riceverà indietro fra un anno 1000
euro aumentati dell’interesse.
Per valutare la convenienza di un prestito un risparmiatore deve
confrontare quanto presta oggi (somma attuale) con quanto riceverà al
momento della restituzione (somma futura).
Valore attuale
Ciò equivale a domandarsi: quale è la somma massima che sarei
disposto a prestare oggi per riavere indietro 1100 euro fra un anno?
La risposta dipende da quanto il mercato remunera il sacrificio del
consumo, cioé dal tasso di interesse.
Sarei disposto a prestare quella somma che, aumentata degli interessi,
mi consente di avere 1100 euro fra un anno.
Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10% la somma in
questione equivale a:
S + S x 10% = 1100
S (1+0.1) = 1100
S = 1100/(1.1) = 1000
Se scambio oggi 1000 euro contro 1100 euro fra un anno significa che
1000 è quanto valuto oggi una somma di 1100 euro che sarà
disponibile fra un anno se il tasso di interese è il 10%, ossia è il suo
valore attuale.
L’operazione di calcolo del valore attuale è detta operazione di sconto.
Se il prestito dura 2 anni
Ipotizziamo che dopo due anni la somma restituita sia pari a 1210 euro.
Sarei disposto a prestare quella somma che, aumentata degli interessi
ogni anno, mi consente di avere 1210 euro fra due anni.
Se il tasso di interesse corrente sul mercato è il 10% alla fine del primo
anno la somma diventerà:
S + S x 10% = S (1+0.1)
Per prolungare il prestito di un altro anno la somma maturata alla fine
del primo anno aumentata degli interessi dovrà essere uguale alla
somma restituita ossia:
S (1+0.1) + S (1+0.1) x 0.1 = 1210
S (1+0.1) x (1+0.1) = 1210
S (1+0.1)2 = 1210
S = 1210/ (1.21) = 1000
Se il prestito dura n anni avremo in generale
VA = SF/(1+i)n
Rendimento di un investimento
Posso pormi il problema anche in un altro modo:
se acquisto un’obbligazione al prezzo di 1000 euro sapendo che alla
scadenza, fra un anno, mi verrà restituita la somma di 1050 euro
quanto rende l’obbligazione?
somma attuale + rendimento = somma futura restituita
1000 + 1000 x r = 1050
1000 x r = 1050 -1000
r = 50/1000 = 5%
Possiamo anche scrivere
SA + SA x r = SF
SA x (1+r) = SF
SA = SF/(1+r)
In caso di scadenza fra due anni diventa: SA = SF/(1+r)2
In generale per n anni avremo: SA = SF/(1+r)n
Valore attuale tasso di interesse (sconto) e rendimento sono collegati
fra loro
SA = SF/(1+r)n
VA = SF/(1+i)n
Pertanto
se SA=VA allora i = r
se SA>VA allora i > r
se SA<VA allora i < r
Come valutare la convenienza ad investire in borsa?
Investire in borsa significa scambiare una somma attuale con una
somma futura o un flusso di somme future.
In generale è conveniente acquistare un titolo se il valore attuale della
somma futura che esso ci garantisce è superiore al prezzo di acquisto
oppure se il suo rendimento è superiore al tasso di interesse di
mercato.
Nel caso delle obbligazioni il calcolo del valore attuale è relativamente
più semplice perché la somma che verrà restituita è stabilita
inizialmente. Questo è vero se il titolo viene portato a scadenza, in
caso contrario è difficile prevedere la quotazione al momento in cui si
deciderà di venderlo.
Nel caso delle azioni la valutazione è molto più difficile perchè bisogna
prevedere quali saranno i profitti dell’impresa negli anni futuri.
Le azioni sono quindi più rischiose e, per questo motivo, hanno in
genere un rendimento maggiore.
Il mercato dei titoli
Se un singolo risparmiatore dovesse fare da solo queste valutazioni
non avrebbe gli strumenti nè le risorse necessarie per farle.
Sul mercato esistono società e individui specializzati in queste analisi
che ogni giorno valutano i titoli e che maturano opinioni diverse.
Coloro che ritengono che il prezzo di un titolo sia minore del suo valore
attuale decideranno di acquistarlo, chi fa una valutazione opposta
preferirà vendere. Ci sarà quindi una domanda e un’offerta, il prezzo di
un titolo è determinato dal loro incontro.
Il prezzo di un titolo è quindi il risultato di decisioni che riflettono tutte le
informazioni raccolte dai diversi operatori sul loro valore.
Esso riflette quindi la migliore valutazione possibile di quel titolo
(ipotesi dei mercati efficienti)
Le borse sono stabili?
Le decisioni di domanda e offerta non dipendono solo dal confronto fra
valore attuale e prezzo del titolo oggi ma anche dal confronto fra il
prezzo attuale e quello che ci si aspetta sarà il suo prezzo domani.
La logica degli speculatori è:
• acquistare se il prezzo oggi è più basso del prezzo atteso per domani
• vendere in caso contrario
Questa logica dovrebbe stabilizzare il mercato perché:
• se il prezzo è molto alto rispetto al valore attuale, molti pensano che
cadrà in futuro e tendono a vendere facendolo così cadere
• se il prezzo è molto basso rispetto al valore attuale, molti pensano
che aumenterà in futuro e tendono ad acquistare facendolo così
aumentare.
Dalle stelle alle stalle
In realtà le borse sono molto instabili e alternano fasi di boom delle
quotazioni a crolli vertiginosi.
Questo dipende dal fatto che in borsa le profezie molto spesso si
autoavverano.
Se gli operatori più informati pensano che il prezzo di un titolo salirà lo
acquistano ma questo fa salire il prezzo.
Gli altri meno informati vedendo i prezzi salire si accodano nell’acquisto
facendo aumentare ancora di più i prezzi.
L’aumento dei prezzi si autosostiene perché tutti pensano che andrà
avanti e continuano ad acquistare.
A un certo punto, quando non esiste più alcuna relazione fra il prezzo e
il valore attuale, qualcuno si accorge che il titolo è sopravalutato e
incomincia a vendere e gli altri si accodano innescando il processo
inverso.
Le rilevazioni del mercato del lavoro in Italia
I dati ufficiali sul mercato del lavoro in Italia provengono dall’Istituto
Centrale di Statistica (ISTAT) che conduce la Rilevazione trimestrale
delle forze lavoro in conformità con la metodologia dell’Unione Europea.
Obiettivo principale di questa indagine campionaria, condotta tramite
interviste, è la stima ufficiale degli occupati e delle persone in cerca di
occupazione.
Misure del mercato del lavoro
Tasso di attività (o tasso di partecipazione)
misura la percentuale di forza lavoro sulla popolazione attiva
Tasso di occupazione
misura la percentuale della popolazione che risulta occupata
Tasso di disoccupazione
calcolato come la percentuale di forza lavoro disoccupata
Tasso naturale di disoccupazione: misura la disoccupazione presente
nel lungo periodo, può essere considerato come il tasso di
disoccupazione normale dell’economia
Che cosa misura il tasso di disoccupazione?
Non è facile distinguere tra chi è disoccupato e chi non appartiene alla
forza lavoro.
i lavoratori scoraggiati sono coloro che avrebbero voluto lavorare ma
hanno rinunciato a cercare lavoro dopo una lunga serie di insuccessi
altri invece dichiarano di essere disoccupati per ricevere aiuti finanziari
anche se non hanno nessuna intenzione di cercare un lavoro.
I periodi di disoccupazione sono per la maggior parte brevi
gran parte della disoccupazione osservata è di lungo periodo ossia
pochi lavoratori che restano senza lavoro per un lungo periodo di tempo.
Tipi di disoccupazione
Si parla di disoccupazione frizionale (disoccupazione temporanea)
quando ci si riferisce alla disoccupazione causata dal tempo che i
lavoratori impiegano a trovare il lavoro che risponde meglio alle loro
aspirazioni
la disoccupazione strutturale è dovuta a discrepanze fra domanda e
offerta di lavoro a causa di:
qualifiche inadeguate e obsolete
difficoltà di trasferimento dei disoccupati da aree a forte
disoccupazione ad aree dove esiste un eccesso di domanda di lavoro
la disoccupazione ciclica è dovuta invece agli alti e bassi dell’attività
economica. Durante le fasi di espansione la produzione aumenta e le
imprese domandano più lavoro, la disoccupazione si riduce
il contrario accade nelle fasi di crisi
disoccupazione
crisi
boom
W
W
O
W2
W1
W1
W2
D2
D1
D1
D2
L2 L1
L
L1 L2
L
Tasso di disoccupazione naturale
Il tasso di disoccupazione naturale è la somma della disoccupazione
frizionale e di quella strutturale
Salario efficiente
Che cosa è la moneta?
la moneta è tutto ciò che viene generalmente accettato
come intermediario degli scambi
La moneta non è soltanto ciò a cui usualmente attribuiamo questo
nome ovvero le banconote e le monete metalliche
storicamente sono stati usati come monete i beni più vari dal grano
all’olio, il vino, il sale, i metalli preziosi e perfino le pietre (moneta
merce)
In teoria qualunque cosa che possa essere utilizzata per effettuare
diversi scambi può essere considerata moneta
Normalmente questi mezzi di pagamento dovevano avere un valore
intrinseco per essere accettati
Nel passato le monete venivano coniate in oro o in argento proprio per
questo motivo
Successivamente cominciarono a circolare banconote cartacee
(moneta cartacea) ma esse avevano una copertura aurea, ossia il
possessore di una banconota poteva in qualunque momento chiedere
di cambiarla con il valore equivalente in oro
Oggi solo la banca centrale può emettere banconote e l’accettazione
della moneta cartacea è prescritta dalla legge. Si parla in questo caso
di circolazione forzosa. La moneta che ha questa caratteristica è
denominata moneta legale.
anche oggi le banconote e le monete sono una parte molto limitata
dell’insieme dei mezzi di pagamento tra i quali sono da includere i titoli
di credito, i depositi postali e perfino le cambiali
ciò che differenzia tutti questi mezzi di pagamento è la loro liquidità,
cioè la facilità con cui possono essere scambiati con beni o servizi
tale facilità dipende dal fatto che siano generalmente accettati e
questo, a sua volta, dipende dalla credibilità di chi li mette in
circolazione
Aggregati monetari nell'area dell'Euro
M1 è la componente più liquida, cioè più facilmente spendibile, è
rappresentata da:
- monete metalliche e banconote (circolante o base monetaria);
- conti correnti di banche e poste;
- assegni circolari e vaglia cambiari;
- depositi in conto corrente presso il Tesoro.
M2 comprende M1 più altre attività finanziarie meno liquide ma
facilmente convertibili in attività liquide (quasi moneta), vale a dire:
- certificati di deposito bancario con scadenza entro 18 mesi;
- depositi di risparmio bancari, libretti postali e depositi di conto
corrente vincolati.
M3 include oltre a M2:
- pronti contro termine ed altri strumenti di raccolta a breve termine;
- titoli di credito con scadenza a due anni;
- quote di fondi comuni monetari;
Creazione di depositi bancari
situazione iniziale della banca A
attivo
passivo
situazione finale della banca A
attivo
passivo
riserve = 1000
depositi = 1000
riserve = 200
prestiti = 800
depositi = 1000
totale = 1000
totale =
totale = 1000
totale = 1000
1000
situazione iniziale della banca B
attivo
passivo
situazione finale della banca B
attivo
passivo
riserve = 800
depositi = 800
riserve = 160
prestiti = 640
depositi = 800
totale = 800
totale
totale = 800
totale
= 800
= 800
Nuovi
depositi
Nuovi
prestiti
Nuove riserve
Banca A
1000
800
200
Banca B
800
640
160
Banca C
640
512
128
Banca D
512
410
102
Banca E
410
328
82
………
…..
…..
…..
Banca N
0
0
0
Totale
5000
4000
1000
Moltiplicatore bancario
Il controllo della moneta
La banca centrale (oggi in Europa la BCE) controlla la quantità di
moneta circolante (moneta legale + moneta bancaria) mediante tre
strumenti:
• operazioni di mercato aperto
• riserva obbligatoria
• tasso ufficiale di sconto
La domanda di moneta nel lungo periodo
La quantità di moneta che la gente domanda è quella che desidera
trattenere presso di sé per effettuare scambi
in ogni momento del tempo circola nell’economia una certa quantità di
moneta (banconote, depositi bancari) che è detenuta da:
- consumatori per effettuare le spese quotidiane
- imprese per pagare fornitori, lavoratori ecc.
- banche in parte come riserve obbligatorie, in parte come liquidità per
far fronte a prelievi, in parte come depositi a disposizione dei clienti
la moneta detenuta dipende dal valore delle transazioni da effettuare
che, a sua volta, dipende dal numero di transazioni e dai prezzi dei
beni e servizi scambiati
Equilibrio nel mercato della moneta
1/p
1/p
O1
1/p2
O1
O2
1/p1
1/p1
1/p1
1/p3
D
M2
M1
M3
M
D
M1
M2
M
Teoria quantitativa della moneta
M =PxY
M=PxY:V
MxV=PxY
M = 100
Y = 1000
P = 10
V = 10 x 1000 : 100 = 100
PxY
V=
M
PxY
Mx
=PxY
M
Velocità di circolazione
In Europa nel 2001:
M1 = 2222 miliardi di euro
M2 = 4914 miliardi di euro
M3 = 5768 miliardi di euro
PIL nominale = 6843 miliardi di euro
Velocità M1 = 6843/2222 = 3,07
Velocità M2 = 6843/4914 = 1,39
Velocità M3 = 6843/5768 = 1,19
Neutralità della moneta
secondo la teoria quantitativa esiste una relazione precisa e diretta fra
quantità di moneta in circolazione e livello dei prezzi
questo è vero se ipotizziamo che la quantità fisica di beni e servizi
prodotti dipenda dalle risorse reali e dalle tecnologie disponibili e la
velocità di circolazione della moneta sia costante
nel lungo periodo questa ipotesi risulta fondata, la moneta non può
creare beni
la moneta risulta allora neutrale nel senso che influisce solo sulle
variabili nominali e non su quelle reali
La netta separazione fra variabili nominali e reali è anche detta
dicotomia classica
Ciò che conta veramente sono le variabili reali!
Inflazione
la teoria quantitativa sostiene che i prezzi dipendono dalla quantità di
moneta, un aumento della quantità di moneta causa un aumento dei
prezzi
se nel tempo la moneta cresce più di quanto crescono le transazioni da
effettuare, ciò si ripercuote sui prezzi: la variazione della quantità di
moneta genera inflazione
l’inflazione può essere definita come un aumento generalizzato e
continuativo dei prezzi nel tempo
inflazione = crescita della moneta + crescita velocità di circolazione
- crescita PIL reale
se il PIL reale cresce del 3%, la velocità è costante, la moneta
cresce del 5%, l’inflazione è del 2%
inflazione = 5% + 0% - 3% = 2%
Effetti dell’inflazione
possiamo dire che l’inflazione è neutrale oppure produce effetti
redistributivi reali? (qualcuno guadagna e qualcun altro perde in termini
reali)
quando l’inflazione è perfettamente anticipata tutti hanno modo di
adeguare i prezzi dei beni e servizi che scambiano all’aumento atteso
dei prezzi (prezzi perfettamente indicizzati): in questo caso l’inflazione
non produce alcun effetto reale
nella realtà questo non è vero, l’inflazione è, almeno in parte, inattesa
pertanto causa guadagni e perdite reali
Chi guadagna e chi perde?
guadagnano i debitori che dovranno restituire in futuro debiti svalutati e
perdono i creditori se l’inflazione è superiore a quella attesa
perdono i debitori e guadagnano i creditori nel caso opposto
perdono i cittadini che pagano le imposte perché queste crescono in
modo progressivo al crescere del reddito nominale (drenaggio fiscale)
guadagna lo stato per lo stesso motivo
Effetto di Fisher
la domanda e l’offerta di fondi dipendono dal tasso di interesse reale e non
da quello nominale
tasso interesse nominale = tasso interesse reale + tasso inflazione
se l’inflazione attesa è del 5% e il creditore vuole avere un rendimento
reale del 3% chiederà un tasso di interesse nominale dell’8%
l’inflazione attesa ha quindi un effetto sul tasso di interesse nominale: fa
aumentare nella stessa misura il tasso di interesse nominale per
mantenere costante quello reale
questo meccanismo è chiamato effetto di Fisher
esempio: se l’inflazione aumenta dal 5% al 10% e il tasso di interesse
reale è del 3% il tasso di interesse nominale aumenta dall’8% al 13%
I costi dell’inflazione
l’inflazione crea incertezza sull’andamento dei prezzi relativi e
distrugge informazioni rendendo più difficili le decisioni di consumo e
di produzione e peggiorando l’allocazione delle risorse. E’ più difficile
distinguere fra variazioni assolute e variazioni relative dei prezzi.
l’inflazione genera inflazione perché la gente tende a liberarsi più
velocemente della moneta che perde valore, aumenta la velocità di
circolazione e questo equivale a un aumento della quantità di moneta
questo meccanismo è alla base dell’iperinflazione
aumentano i costi di transazione nel senso che occorre effettuare più
prelievi di moneta per effettuare le stesse transazioni; questo costo è
rilevante nei casi di iperinflazione
aumentano i costi dovuti alla necessità di aggiornare i listini dei prezzi
Bilancia dei pagamenti
La bilancia dei pagamenti è un prospetto contabile che riporta tutti gli
incassi e gli esborsi di valuta estera dovuti alle relazioni economiche con
paesi esteri
ogni transazione che comporta un pagamento in valuta estera da parte
di un Paese viene registrata come voce in uscita (passività)
ogni transazione che comporta un introito in valuta estera da parte di un
Paese viene registrata come voce in entrata (attività)
la bilancia dei pagamenti si divide in:
• Conto corrente che comprende la bilancia commerciale e i
trasferimenti di redditi da lavoro e da capitale
• Conto capitale (o conto finanziario) che comprende i movimenti di
capitali finanziari
Conto corrente
Bilancia commerciale
Esportazioni = beni prodotti all'interno e acquistati da cittadini esteri,
comportano un incasso di valuta estera
Importazioni = beni prodotti all'estero e acquistati da cittadini residenti,
comportano un esborso di valuta estera
Esportazioni nette = differenza fra esportazioni e importazioni
Fattori determinanti:
- preferenze
- prezzi dei beni all'interno e all'estero
- tasso di cambio
- costi di trasporto, tariffe doganali
Trasferimenti di redditi
rimesse degli emigranti
interessi da titoli esteri
Conto capitale
• Investimenti esteri (esportazioni di capitali) = acquisto di impianti e
attività finanziarie all'estero da parte di cittadini residenti,
comportano un esborso di valuta estera
• Investimenti esteri all'interno (importazioni di capitali) = acquisto di
impianti e attività finanziarie all'interno da parte di cittadini esteri,
comportano un incasso di valuta estera
• Investimenti esteri netti (NCO) = differenza fra esportazioni e
importazioni di capitali, ossia differenza fra attività patrimoniali
acquistate e vendute da cittadini nazionali all’estero
Fattori determinanti:
• rendimenti degli investimenti e attività finanziarie all'interno e
all'estero (tassi di interesse reali)
• rischio paese
Esportazioni nette e investimenti esteri
netti (deflusso netto di capitali)
NCO (Net Capital Outflow) = NX
Pagamenti al resto del mondo relativi alle attività finanziarie
Pagamenti al resto del mondo relativi a beni e servizi
redditi dei fattori e trasferimenti
Resto del
mondo
Italia
Pagamenti all’Italia relativi a beni e servizi redditi
dei fattori e trasferimenti
Pagamenti all’Italia relativi alle attività finanziarie
Perché NX e NCO sono sempre uguali?
Ogni transazione sull’estero che comporta cessione di beni da
luogo ad acquisizione di valuta estera o di altre attività
patrimoniali sull’estero per lo stesso valore e viceversa
NX = valore dei beni ceduti all’estero in eccesso rispetto a quelli
acquistati
NCO= valore delle attività patrimoniali (compresa la valuta) acquisite
all’estero in eccesso rispetto a quelle cedute
Qualunque transazione che faccia aumentare o diminuire NX ha lo
stesso effetto su NCO. NX e NCO sono due facce della stessa
medaglia
Esempio
La FIAT vende una Punto a un acquirente americano per 10.000 euro
tasso di cambio = 1 euro contro 1 dollaro
La Fiat introita 10.000 dollari come pagamento
NX aumenta di 10.000
Se la FIAT deposita la valuta in una banca di New York:
le sue attività patrimoniali estere (NCO) negli USA aumentano di 10.000
Se la FIAT acquista titoli per 10.000 dollari nella borsa di New York:
le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT (NCO) non cambiano
sono sempre +10.000, ma sotto forma di titoli esteri anziché di valuta
Se la FIAT effettua investimenti reali negli USA per 10.000 dollari:
le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT sono sempre +10.000,
ma sotto forma di beni capitali all’estero anziché di valuta
Se la FIAT acquista beni o servizi negli USA per 10.000 dollari:
le attività patrimoniali estere detenute dalla FIAT diminuiscono di
10.000, ma le importazioni aumentano e NX diminuisce dello
stesso ammontare
Se la FIAT cambia i dollari in euro:
i dollari finiscono alla Banca centrale e aumentano le riserve di valuta
estera di 10.000 dollari che sono attività patrimoniali estere
detenute in Italia (NCO = +10000)
un’altra impresa o cittadino italiano cambia 10000 euro in dollari e si
comporta secondo le stesse modalità della FIAT producendo gli stessi
effetti
Morale: qualunque cosa accada a un aumento/diminuzione di NX
corrisponde necessariamente un uguale aumento/diminuzione di
NCO di pari ammontare
NX e NCO non possono in alcun modo essere diversi
Risparmi e investimenti in un’economia aperta
Y = C + I + G + NX
Y - C - G = I + NX
S=Y-C-G
S = I + NX
S = I + NCO
In un’economia aperta, i risparmi possono essere usati per effettuare
investimenti sia all’interno che all’estero
Tasso di cambio
Moltiplicando il tasso di cambio nominale per il prezzo interno denominato in euro otteniamo
il prezzo in dollari. A questo punto i due prezzi sono espressi nella stessa unità di misura
(dollari) e si può ricavare il rapporto di scambio reale
Teoria della parità del potere d'acquisto
Tasso di cambio
Nel lungo periodo a causa della legge del prezzo unico il tasso di
cambio reale tende all’unità
Al variare dei prezzi interni ed esteri il tasso di cambio nominale si
aggiusta di conseguenza
Mercato dei cambi
Il tasso di cambio dipende dalla domanda e l’offerta di valuta
la domanda di valuta nazionale è allo stesso tempo offerta di valuta estera
e viceversa
• le esportazioni danno luogo a domanda di valuta nazionale
• le importazioni danno luogo a offerta di valuta nazionale
• le esportazioni nette danno luogo a domanda di valuta nazionale (se
positive)
• gli investimenti esteri danno luogo a offerta di valuta nazionale
• gli investimenti di stranieri all'interno danno luogo a domanda di valuta
nazionale
• gli investimenti esteri netti danno luogo a offerta di valuta nazionale (se
positivi)
Esportazioni nette e investimenti esteri netti
le esportazioni nette dipendono dal TCR. Se il TCR aumenta i beni
interni diventano più costosi per i cittadini stranieri e i beni prodotti
all’estero diventano meno costosi per noi. Si importa di più e si esporta
di meno. NX e, quindi, la domanda di valuta nazionale diminuiscono.
Il contrario accade se il TCR si riduce
gli investimenti esteri netti dipendono dal tasso di interesse. Se i
aumenta gli investimenti interni sono più redditizi. Meno cittadini fanno
investimenti all'estero più stranieri fanno investimenti all'interno. NCO e
quindi l'offerta di valuta nazionale diminuiscono
Il contrario accade se i si riduce
Equilibrio nel mercato dei cambi
tasso di cambio euro/dollaro = 1
Se X = 100 e M = 50
gli americani cambiano 100
dollari in euro per acquistare X
gli italiani cambiano 50 euro in
dollari per acquistare M
i primi domandano 100 euro
i secondi ne offrono 50
la domanda netta di euro = 50 =
X-M = NX
i
i1
n1
TCR
NCO
O
TCR1
D
v1
valuta nazionale
l’offerta di valuta nazionale è
uguale a NCO. Chi investe
all’estero domanda valuta estera
e offre valuta nazionale quindi
se gli investimenti all’estero
superano quelli dall’estero c’è
un’offerta netta di valuta
nazionale
Equilibrio NX = NCO
i
i
i1
f1
n1
fondi mutuabili
TCR
NCO
O
TCR1
D
v3
v1
v2 valuta nazionale
Di nuovo l’uguaglianza fra NX e NCO
Ora possiamo dire che l’uguaglianza fra NX e NCO non è solo
un’uguaglianza contabile ma anche il risultato dell’equilibrio del
mercato
Se NX > NCO si crea un eccesso di domanda di valuta nazionale sul
mercato dei cambi che fa aumentare il TCR ma questo, a sua volta,
causa una diminuzione di NX
Se NX < NCO si crea un eccesso di offerta di valuta nazionale sul
mercato dei cambi che fa diminuire il TCR ma questo, a sua volta,
causa un aumento di NX
Disavanzo pubblico
i
i
i2
i1
f2
f1
fondi mutuabili
Disavanzo pubblico
Il disavanzo pubblico riduce il
risparmio, fa aumentare il tasso di
interesse e provoca una riduzione
degli NCO e dell’offerta di valuta
nazionale
Il TCR aumenta e NX diminuisce
TCR
n2
n1
O1
O2
NCO
TCR2
TCR1
v2 v1
valuta nazionale
Fuga di capitali
i
i
i2
i1
D2
D2
D1
f1 f2
D1
n1
fondi mutuabili
Fuga di capitali
Una fuga di capitali fa crescere gli
NCO e fa aumentare l’offerta di
valuta nazionale
TCR
n2
NCO
O2
O1
TCR1
TCR2
Il TCR diminuisce e NX aumenta
v1 v2
valuta nazionale
Restrizioni commerciali
i
i
i1
f1
n1
fondi mutuabili
Restrizioni commerciali
Le politiche protezionistiche
possono risultare inefficaci
perché fanno aumentare NX ma
questo influisce sul tasso di
cambio reale che aumenta
riportando NX al livello
precedente
TCR
NCO
O
TCR2
D2
TCR1
D1
v1
v2
valuta nazionale
L’economia nel breve periodo
Nel breve periodo l’economia si comporta in modo diverso da quanto
abbiamo visto fino ad ora
Mentre nel lungo periodo essa cresce ad un tasso abbastanza stabile e
costante nel breve il tasso di crescita diventa molto più variabile e il
sistema oscilla fra fasi di boom o di crescita sostenuta e fasi di
depressione con crescita bassa o addirittura negativa
Il motivo fondamentale di questa differenza di comportamento sta nel
fatto che nel lungo periodo gli agenti economici sono in grado di
effettuare tutti gli aggiustamenti necessari per raggiungere l’equilibrio
mentre nel breve non c’è tempo sufficiente
In particolare le difficoltà di aggiustamento riguardano alcuni prezzi che
nel lungo periodo sono perfettamente flessibili mentre nel breve
tendono ad essere più rigidi e vischiosi
Gli aggiustamenti non sono abbastanza rapidi
Il fatto che nel lungo periodo i prezzi siano sempre in equilibrio fa sì che si
possa prescindere dai prezzi monetari e dalla moneta stessa e concentrare
l’analisi sulle variabili reali nell’ipotesi che i valori nominali si adeguino
perfettamente
In questo quadro ciò che conta sono solo i prezzi relativi che misurano i
rapporti di scambio reali fra beni, servizi e fattori produttivi i prezzi monetari
sono irrilevanti
ciò che conta non è che un abito costi 500 euro e un paio di scarpe 100 ma
il fatto che un abito costi quanto 5 paia di scarpe (sarebbe la stessa cosa
se l’abito costasse solo 5 euro e le scarpe 1)
Nel breve periodo le variabili nominali non hanno il tempo di aggiustarsi
tempestivamente. Per esempio la quantità di moneta aumenta ma i prezzi
monetari non crescono di conseguenza, questo influisce sugli equilibri reali
perché la gente può acquistare più beni di prima
Le variabili nominali e reali non sono più separabili
In conclusione le variabili nominali influenzano quelle reali e la
dicotomia classica non è più valida, la moneta non può più essere
considerata neutrale
Una variazione della quantità di moneta non produce solo effetti sui prezzi,
come dice la teoria quantitativa, ma fa cambiare la quantità reale di beni
che i consumatori domandano o che le imprese offrono sul mercato
Può pertanto accadere che l’economia produca una certa quantità di beni
ma, dati i prezzi monetari, i consumatori non dispongano di una quantità di
moneta sufficiente ad acquistarli
Se la domanda è minore dell’offerta le imprese dovranno ridurre la
produzione e l’attività economica scende al di sotto del suo livello
potenziale
E’ quindi importante studiare la relazione fra il livello generale dei prezzi da
una parte e la domanda e l’offerta aggregata di beni dall’altra
Domanda e offerta aggregate
Domanda aggregata
p
Y
La domanda aggregata misura la quantità di beni e servizi che vengono
domandati nell’economia in corrispondenza di ciascun livello dei prezzi
Cause dell'inclinazione negativa
della curva di domanda aggregata
Nel mercato micro l’inclinazione negativa della curva di domanda dipende
dal fatto che, se il prezzo di un bene sale, il consumatore lo sostituisce con
un altro meno costoso ma quando stiamo considerando l’insieme di tutti i
beni questo non è possibile.
La pendenza della curva di domanda aggregata dipende quindi da altri
fattori
• effetto ricchezza o effetto saldi reali
• effetto tasso di interesse
• effetto tasso di cambio reale
La curva di domanda aggregata è definita per un offerta di moneta
costante e per un livello dei salari costante
Effetto ricchezza o effetto saldi reali
in ogni momento tutti gli acquirenti (consumatori, imprese, stato)
dispongono di una certa quantità di moneta che utilizzano per
acquistare beni e servizi
se il livello generale dei prezzi diminuisce il potere d’acquisto della
moneta aumenta pertanto con la stessa quantità di moneta è possibile
acquistare una maggiore quantità di beni e servizi
la domanda aggregata pertanto aumenta
per lo stesso motivo la domanda aggregata diminuisce all’aumentare
del livello generale dei prezzi
Effetto tasso di interesse
se il livello generale dei prezzi diminuisce la gente si trova in tasca una
quantità di moneta in eccesso rispetto a quella di cui ha bisogno per
effettuare le proprie transazioni
può decidere di utilizzarla sul mercato finanziario prestandola, per
esempio acquistando obbligazioni o azioni
l’aumento della domanda di titoli di credito causa una caduta del tasso
di interesse
Perché il tasso di interesse diminuisce?
tra il valore di un titolo e il tasso di interesse esiste una relazione inversa
una obbligazione viene emessa con un valore nominale di 100 e rende 10
ossia il 10%
se il tasso di interesse nel mercato dei fondi è in quel momento del 10%
l’obbligazione rende quanto rende in media qualunque tipo di prestito
se aumenta la domanda di obbligazioni aumenta il loro prezzo
immaginiamo che il prezzo di quell’obbligazione aumenti a 200, il suo
rendimento è sempre 10 che ora equivale al 5% di 200
al raddoppio del prezzo delle obbligazioni corrisponde la riduzione a metà
del loro rendimento percentuale
se la domanda aumenta in generale per tutti i titoli il loro rendimento
percentuale diminuirà, per esempio dal 10% al 5%. Ma allora nessuno sarà
più disposto a prendere denaro a prestito ad un tasso del 10% perché è
possibile indebitarsi emettendo obbligazioni e pagando un rendimento
minore: la domanda di fondi a prestito verso le banche diminuisce e queste
ultime saranno costrette a diminuire il tasso di interesse.
di conseguenza quello che accade è la seguente sequenza:
1.diminuisce il livello dei prezzi, eccesso di disponibilità di moneta
2.aumenta la domanda di titoli
3.il valore dei titoli aumenta e diminuisce il loro rendimento
4.il tasso di interesse diminuisce
5.aumenta la domanda di investimenti
6.aumenta la domanda aggregata perché gli investimenti sono una sua
componente
Effetto del tasso di cambio
una diminuzione del livello dei prezzi porta con sé una caduta del tasso
di interesse
dal tasso di interesse dipendono gli investimenti esteri netti che
aumentano (si preferisce investire all’estero perché il tasso di interesse
estero è ora relativamente più alto)
cresce l’offerta di valuta nazionale sul mercato dei cambi e il tasso di
cambio reale si riduce facendo aumentare le esportazioni nette
le esportazioni nette sono una componente della domanda aggregata
che quindi aumenta con esse
Cause dello spostamento
della curva di domanda aggregata
• aspettative pessimistiche riducono i consumi (o il contrario)
• variazioni dei salari monetari
• aspettative pessimistiche riducono gli investimenti (o il contrario)
• innovazioni fanno aumentare gli investimenti
• il governo fa variare la spesa pubblica o il prelievo fiscale
• la banca centrale fa variare l'offerta di moneta
• aumento delle esportazioni nette a causa di svalutazione della
moneta, diminuzione delle importazioni di altri paesi dal nostro
Offerta aggregata
L’offerta aggregata misura la quantità di beni e servizi che le imprese
offrono sul mercato in corrispondenza di ciascun livello dei prezzi
Pendenza della curva di offerta di lungo periodo
la curva di offerta di lungo periodo è verticale perché la quantità di beni
e servizi prodotta nell’economia dipende da fattori reali (risorse,
tecnologia) e non dal livello dei prezzi
nei mercati micro l’offerta cresce al crescere del prezzo (relativo) di un
bene ma questo è possibile perché si possono spostare risorse
produttive da un bene all’altro
questo non è possibile nell’aggregato se tutte le risorse produttive sono
occupate, cosa che tende a verificarsi nel lungo periodo
Pendenza della curva di offerta di breve periodo
due spiegazioni possibili:
•
salari vischiosi: i salari monetari non si adeguano rapidamente a
variazioni dei prezzi perché i contratti hanno scadenze più lunghe;
se i prezzi aumentano e i salari monetari non li seguono, i salari
reali cadono e le imprese aumentano la domanda di lavoro,
aumenta di conseguenza anche la produzione
•
errore di percezione: i produttori hanno certe aspettative sul livello
dei prezzi futuri; se il livello effettivo dei prezzi è inferiore alle
aspettative un produttore può essere portato a pensare
erroneamente che il prezzo relativo del bene che produce sia
diminuito e riduce pertanto il livello di produzione
salari vischiosi esempio
Ipotizziamo che i contratti di lavoro abbiano durata triennale. Se in un anno i
prezzi aumentano del 5% i lavoratori non potranno adeguare i salari vincolati al
contratto che scade più in là nel tempo. L’effetto è una diminuzione del 5% dei
salari reali, alla quale le imprese reagiscono aumentando la domanda di lavoro
e la produzione.
errore di percezione esempio
immaginiamo che i produttori si aspettino un aumento del livello dei prezzi del
5% nel corso dell'anno. Se il livello dei prezzi aumenta invece del 3% e il
prezzo del loro prodotto aumenta in linea con il livello generale, i produttori che
non sanno in anticipo di quanto è effettivamente aumentato il livello dei prezzi
(lo sapranno solo quando saranno diffuse le statistiche) e pensano che sia
quindi aumentato del 5%, percepiscono l'aumento dei propri prezzi come
inferiore a quello degli altri prezzi, percepiscono cioè una diminuzione del
prezzo relativo del proprio prodotto e questo li induce a produrre di meno.
Lo stesso discorso varrebbe per i lavoratori se i salari aumentassero del 3%
rispetto a un aumento atteso dei prezzi del 5%. Anche in questo caso
percepirebbero una diminuzione dei salari reali e diminuirebbero l'offerta di
lavoro.
Cause dello spostamento della curva di offerta di lungo periodo
•
•
•
•
•
aumento dell'offerta di lavoro (immigrazione, partecipazione)
variazioni del tasso naturale di disoccupazione
crescita del capitale fisico e umano
aumento della disponibilità di risorse naturali
progresso tecnico
Cause dello spostamento della curva di offerta aggregata di breve
periodo
• la curva di offerta di breve si muove insieme a quella di lungo periodo
quindi tutte le cause che incidono su quest'ultima
• variazioni dei salari monetari
• variazione dei prezzi delle materie prime (es. petrolio)
• livello atteso dei prezzi
Le curve di offerta di lungo e breve periodo
si muovono insieme
OL1
p
OL1
OL2
OB1
Y1
p
OB2
Y2
Y
OL2
OB1
Y1
OB2
Y2
Y
Movimento lungo la curva e trasposizione della curva di
offerta di breve periodo
Immaginiamo di partire da una situazione in cui le imprese si trovano in equilibrio
di lungo periodo (punto A) e offrono la quantità che desiderano offrire nel lungo
periodo. Le imprese, come nel periodo precedente, si attendono un livello dei
prezzi pari a 10 e contrattano quindi salari monetari pari a 1000 in modo che i
salari reali siano pari a 100
OL1
p
10
OB1
A
Y1
Y
Se P effettivo = 12 dal momento che i salari monetari non possono per
il momento crescere i salari reali diminuiscono (non più 100 ma 83) le
imprese realizzano maggiori profitti e sono incentivate ad aumentare la
domanda di lavoro e ad offrire una quantità maggiore di quella
precedente. Abbiamo un movimento lungo la curva fino al punto B.
OL1
p
OB1
B
12
10
A
Y1 Y2
Y
Supponiamo ora che le imprese modifichino le loro aspettative, ossia si
attendano che il livello dei prezzi che verrà rilevato alla fine del periodo
corrente non sarà 10 ma 12. Dato che i salari monetari sono bloccati
dai contratti stipulati questo equivale a pensare che i salari reali
cadano a 83.
OL1
p
10
OB1
A
C
Y1 Y2
OB2
Sulla base di queste informazioni
le imprese aumentano quindi la
quantità offerta a Y2 anche se il
livello effettivo dei prezzi è
rimasto a 10. Allo stesso livello
dei prezzi effettivo corrisponde
ora un’offerta maggiore:
la curva di offerta si è spostata
verso destra
Y
In termini dinamici il ragionamento può essere il seguente
immaginiamo che le imprese si attendano un aumento dei prezzi del 5% e
concedano quindi aumenti salariali del 5%, in queste condizioni la quantità
che le imprese desiderano offrire è quella di lungo periodo
se P effettivo cresce del 7% le imprese offriranno una quantità maggiore di
quella di lungo periodo perché i salari reali sono caduti
supponiamo ora che le aspettative siano invece diverse e le imprese si
aspettino un aumento dei prezzi del 10% e concedano quindi aumenti
salariali del 10%
se P effettivo cresce sempre del 7% le imprese offriranno ora una quantità
minore di quella di lungo periodo perché i salari reali sono aumentati
Allo stesso P effettivo corrispondono due quantità offerte diverse a
seconda del livello atteso dei prezzi
Quindi la curva di offerta aggregata si è spostata
In questo caso l’economia si trova simultaneamente in equilibrio di
breve e di lungo periodo
Stabilità dell’equilibrio
P
A
p1
p2
p3
B
Y2
C
Y1
Y
Nel breve periodo la caduta
della domanda provoca una
diminuzione dei prezzi. I
salari monetari sono rigidi e i
salari reali aumentano. Il
reddito si riduce e la
disoccupazione aumenta. Nel
successivo round salariale
segue una diminuzione dei
salari monetari che provoca
la trasposizione verso destra
della curva di offerta
aggregata, finché i salari reali
tornano al livello originario e
la produzione ritorna al livello
di lungo periodo
Trasposizione dell’offerta aggregata
P
p3
p2
C
B
p1
A
Y2
Y1
Y
Nel breve periodo l’offerta
aggregata si traspone a causa
di un aumento dei costi (petrolio
oppure salari). Il reddito e
l’occupazione diminuiscono
mentre i prezzi aumentano
(stagflazione). Col tempo la
disoccupazione fa cadere i
salari monetari e reali e la curva
di offerta torna nella posizione
originaria.
Alternativamente il governo può
intervenire stimolando la
domanda aggregata che si
traspone finché l’economia
raggiunge nuovamente
l’equilibrio di lungo periodo nel
punto C. Il livello dei prezzi è
ora più alto (p3).
Depressione e boom
Depressione
Boom
P
P
D1
Ybp1 Ylp1
D2
Ybp2 Ylp2 Y
B1
Ylp1 Ybp1
B2
Ylp1 Ybp1 Y
Depressione e boom
Depressione
Boom
Y
Y
B2
B1
Ylp1
Ylp2
Ylp1
Ylp2
D1 D2
t1 t2
tempo
t1
t2
tempo
Equilibrio di breve periodo nel mercato della moneta
Domanda di moneta
Offerta di moneta
i
O
i
i1
Mt
M1
M
Mo
M
La moneta può essere investita in titoli; trattenere moneta ha quindi
un costo opportunità: il rendimento dei titoli o tasso di interesse
Equilibrio di breve periodo nel mercato della moneta
Domanda di moneta
Offerta di moneta
i
O
i
i1
o
Mt
M1
M
Mo
M
Domanda di moneta = o-Mt + Mt-M1
La moneta può essere investita in titoli; trattenere moneta ha quindi
un costo opportunità: il rendimento dei titoli o tasso di interesse
La domanda di moneta speculativa
per speculare sui titoli gli speculatori hanno bisogno di detenere
moneta
gli speculatori hanno in mente un tasso di interesse normale (quello
che tende a prevalere sul mercato nella maggior parte dei casi)
se il tasso di interesse è alto, quindi tendenzialmente al di sopra di
quello ritenuto normale, gli speculatori tendono ad aspettarsi che
scenderà nel prossimo futuro
ma questo equivale ad aspettarsi che il valore dei titoli aumenterà, gli
speculatori quindi acquistano titoli e, per far questo, cedono moneta
la moneta trattenuta dagli speculatori (domanda di moneta a
scopo speculativo) diminuisce
Variazioni della domanda e dell’offerta
i
i
i2
i1
i1
D2
i2
D1
M
D
M
M
M2
M
livello dei prezzi e domanda aggregata
i
P
i2
p2
i1
p1
D2
D1
M
M
Y2
Y1
Un aumento del livello dei prezzi fa aumentare la domanda di moneta,
cresce il tasso di interesse che fa diminuire gli investimenti e la
domanda aggregata
Y
Aumento dell’offerta di moneta
Mercato monetario
i
O1
Domanda aggregata
O2
P
i1
p1
i2
D1
M1
M2
M
Y1
Y2
D2
Y
Un aumento dell’offerta di moneta fa diminuire il tasso di interesse che,
a sua volta, fa aumentare gli investimenti e la domanda aggregata
la moneta influenza variabili reali, pertanto non è più neutrale
Politica fiscale e moltiplicatore
Aumento della spesa pubblica
p
p1
Aumento del prelievo fiscale
p
DG
Y1
Y1-Y2 = DG
DC
Y2
p1
Y3
Y2-Y3 = moltiplicatore
Y3
Y2
Y1
Moltiplicatore
Y = C + I + G + NX
C = cY
DC = cDY
DG = 100; c = 0,8
1) DY1 = DG = 100
DC1 = cDY1 = cDG = 0,8 x 100 = 80
2) DY2 = DC1 = cDY1 = cDG = 0,8 x 100 = 80
DC2 = cDY2 = c x cDG = c2DG = 0,8 x 0,8 x 100 = 64
3) DY3 = DC2 = cDY2 = c x cDG = c2DG = 0,8 x 0,8 x 100 = 64
DC3 = cDY3 = c x c2DG = c3DG = 0,8 x 0,64 x 100 = 51.2
DYtot = DG + cDG + c2DG + c3DG + ... +cnDG =
1
1-c
x DG
Moltiplicatore
P
DG
domanda aggregata
1/(1-c)xDG
Y
Effetti di un aumento della domanda
Quando c’è capacità inutilizzata le imprese adeguano l’offerta alla
domanda a costi costanti . Quando l’economia è vicina al tasso naturale di
disoccupazione il lavoro scarseggia e i salari tendono a crescere
Spiazzamento
Olp
p
D1 D3
i
D2
Obp
Y1 Y3
Y2
p
i
D2
Obp
Y1
Y2
M1
Y
Olp
D1
i2
i1
Y
i2
i1
M1 M2
Le politiche di stabilizzazione
Le politiche monetaria e fiscale possono essere utilizzate per
stabilizzare l’economia
se la domanda aggregata si riduce provocando una depressione il
governo può aumentare l’offerta di moneta facendo cadere il tasso di
interesse e stimolando gli investimenti e viceversa
la domanda aggregata può essere fatta aumentare direttamente
attraverso un aumento della spesa pubblica o una riduzione del
prelievo fiscale
tutto ciò consente di ridurre la banda di oscillazione dell’economia
intorno alla tendenza di lungo periodo
Opinioni divergenti sulle politiche di stabilizzazione
se l’economia ha una forte tendenza a oscillare fra fasi di depressione
e di boom le politiche di stabilizzazione sono uno strumento molto utile
per migliorare il funzionamento del mercato
secondo Keynes e i suoi seguaci le economie capitalistiche sono
intrinsecamente instabili perché una variabile molto importante della
domanda aggregata , l’investimento, è influenzata dagli umori degli
imprenditori che oscillano fra ondate di pessimismo e di ottimismo
secondo altri l’economia è molto più stabile di quanto si pensi ed è in
grado di ritrovare l’equilibrio spontaneamente le politiche di
stabilizzazione non fanno altro che allungare i tempi necessari
Perché l’economia è instabile?
gli investimenti dipendono dal tasso di interesse ma anche dalle
aspettative degli imprenditori circa l’andamento della domanda
se gli imprenditori si attendono un aumento della domanda investono
per adeguare lo stock di capitale alle esigenze dell’aumentata
produzione
la decisione di investire fa aumentare a sua volta la domanda
aggregata e l’aumento è amplificato dal meccanismo del moltiplicatore
alla fine del periodo gli imprenditori verificano che la domanda è
aumentata più di quanto si attendevano e decidono di aumentare
ulteriormente gli investimenti
La barriera della piena occupazione
la domanda aggregata risponde aumentando ancora di più e così via in
un circolo virtuoso che spinge l’economia verso un boom sostenuto
dalla catena investimenti- domanda aggregata-produzione investimenti
a un certo punto questa dinamica avvicina l’economia alla piena
occupazione (o a superare il limite del tasso naturale di
disoccupazione) il lavoro comincia a scarseggiare e i salari e i prezzi
aumentano
l’economia cozza contro questa barriera e il boom si affloscia, la
produzione non può più continuare a crescere ai ritmi precedenti e gli
imprenditori rivedono le loro aspettative e riducono gli investimenti
il meccanismo si inverte e innesca una sequenza opposta a quella
precedente, l’economia precipita nella depressione
Il ciclo economico
Y
l’economia raggiunge la barriera della piena
occupazione, la produzione non può più crescere, le
aspettative si invertono, le imprese investono meno
tasso naturale di
disoccupazione, i
salari crescono
gli investimenti si riducono alla sola
sostituzione l’economia raggiunge il
pavimento, le aspettative si invertono
l’economia cresce più
che nel lungo periodo,
aspettative ottimistiche
sulla domanda, le
imprese investono, la
crescita aumenta ancora
la imprese investono meno
la domanda cresce meno,
l’economia entra in crisi
tempo
Perché le politiche di stabilizzazione non funzionano?
Secondo gli economisti della scuola neoclassica e monetarista il miglior
modo per attenuare le oscillazioni è lasciare che l’economia ritrovi
l’equilibrio da sè
le politiche di stabilizzazione accentuano le oscillazioni perché non
sono sufficientemente tempestive. Gli effetti della politica monetaria e
fiscale possono richiedere molto tempo prima di manifestarsi (anche un
anno). Inoltre in un regime democratico le decisioni richiedono un
lungo iter
morale: gli effetti si manifestano quando non ce n’è più bisogno,
l’economia si è già ripresa dalla crisi e ulteriori aumenti della domanda
aggregata finiscono per alimentare l’inflazione
La stabilità secondo i monetaristi
P
i
O
O1
A
p1
i1
p2
D1
B
D2
Y2
Y1
Y
M2
M1
M
Gli stabilizzatori automatici
Inoltre nel mercato sono all’opera alcuni meccanismi detti
stabilizzatori automatici che tendono a stabilizzare in modo
spontaneo il livello del reddito
la spesa pubblica può funzionare in questo modo perché quando
aumenta la disoccupazione aumenta anche la spesa dello stato per i
sussidi di disoccupazione, ciò attenua la riduzione dei consumi
conseguente alla disoccupazione
il prelievo fiscale, dato il carattere progressivo delle imposte, aumenta
più che proporzionalmente all’aumentare del reddito (e viceversa) e
tende quindi ad attenuarne la dinamica
Cosa cambia con l’Unione europea?
L’adesione all’Unione europea comporta cambiamenti importanti nella
gestione delle politiche monetaria e fiscale
Politica monetaria
• l’emissione di moneta legale è riservata alla Banca Centrale Europea
pertanto gli stati membri non hanno più alcun controllo sulla politica
monetaria
• il tasso di interesse è determinato sul mercato europeo e non più su
quello nazionale
Politica fiscale
• i governi nazionali possono decidere il livello della spesa pubblica e
del prelievo fiscale ma le politiche fiscali dei governi devono essere
coordinate
Il patto di stabilità
Il trattato di Maastricht prevede che:
• il rapporto deficit pubblico/PIL non deve superare il 3%
• il rapporto debito pubblico/PIL non deve superare il 60%
• il tasso di inflazione non deve superare di più dell’1,5% quello medio
dei tre paesi più virtuosi
• tasso di interesse sui titoli a lungo termine non superiore del 2%
rispetto a quello medio dei tre paesi più virtuosi
l’Italia quindi non può usare la manovra della spesa pubblica in deficit
per perseguire finalità di politica economica ma è tenuta ad avere un
avanzo di bilancio per ridurre il debito pubblico
Shock asimmetrico
Italia
Resto d’Europa
p
D2
D
O
D
p2
p1
p1
O
D2
p2
Ylp Y2
Y
Y2
Ylp
Y
Se in Italia si verifica uno shock da domanda che non trova corrispondenza negli altri
paesi UE non si può usare la leva monetaria né quella fiscale, né quella del cambio per
far crescere la domanda. Bisogna quindi accettare che il riequilibrio avvenga attraverso
meccanismi spontanei quali l’aumento della disoccupazione e la caduta dei salari
Inflazione, disoccupazione e curva di Phillips
La curva di Phillips nel lungo periodo
offerta di lungo periodo
curva di Phillips di lungo periodo
OL
p
P
B
p2
P2
p1
P1
A
Q1
Q
NRU
La carrozza si trasforma in una zucca
OLP
p
CP1 CP2
breve
periodo
CP3
lungo
periodo
•C
•
•
B
A
P2
P1
p3
p2
p1
B
•
U1
•A C
•
Tasso naturale di
disoccupazione
Disoccupazione
Y1 Y2
U = NRU - b(Peff - Patt)
Nel breve periodo inflazione effettiva e inflazione attesa possono
essere diverse e la curva di Phillips è inclinata negativamente.
Nel lungo periodo Peff e Patt sono uguali, la curva di Phillips è verticale
Y
Shock dell’offerta
O2
p
CP2
CP1
p2
p1
O1
B
•
•
A
•
P1
•
B
D
A
U1
Tasso naturale di
disoccupazione
Disoccupazione
Y2 Y1
Y
Anni 60: la curva di Phillips nel paradiso terrestre
Anni 70: nevrosi e depressione dell’economia USA
Il rientro dall’inflazione secondo i monetaristi
CP1
CP2
CP3
CP3
CP2
P2
P1
CP1
P1
U1 Disoccupazione
U1
U2
U3
Disoccupazione
Tasso naturale di
disoccupazione
Se gli agenti modificano tempestivamente le loro aspettative l’inflazione effettiva
può superare quella attesa solo per un brevissimo lasso di tempo. La curva di
Phillips è quindi molto ripida anche nel breve periodo. Il costo della disinflazione
in termini di disoccupazione è basso. Se questo non è vero il costo può essere
molto alto.
La politica dei redditi
Nei mercati oligopolistici le imprese fissano i prezzi applicando una
maggiorazione g (mark-up) al costo del lavoro per unità di prodotto
il costo del lavoro per unità di prodotto è dato dal salario diviso per
la produttività
controllando la dinamica dei salari mediante una concertazione fra
le parti sociali è possibile controllare anche i prezzi
se la dinamica dei salari è in linea con quella della produttività il
rapporto w/p rimane costante e i prezzi non variano
Differenti visioni del funzionamento
delle economie di mercato
Monetaristi
• Le economie capitalistiche sono intrinsecamente stabili. Le
fluttuazioni dipendono da eventi casuali (guerre, aumenti dei prezzi
delle materie prime ecc.) e sono imprevedibili.
• il principale elemento stabilizzatore è la moneta. Se la quantità di
moneta viene mantenuta stabile una caduta della domanda
aggregata comporta una caduta dei prezzi e un aumento della
quantità di moneta reale che riporta la domanda al livello di piena
occupazione.
• le politiche interventiste che fanno variare la quantità di moneta o la
spesa pubblica producono solo effetti inflazionistici nel lungo periodo
e per di più contribuiscono ad amplificare le fluttuazioni perchè i loro
effetti sono spesso sfasati rispetto all’andamento del ciclo.
• gli effetti reali di breve periodo della politica monetaria sono dovuti
soltanto al fatto che gli agenti aggiustano le loro aspettative con un
certo ritardo e dipendono soltanto da errori di valutazione degli
agenti stessi. L’efficacia della politica fiscale è minima per l’effetto di
spiazzamento.
• se gli agenti hanno aspettative razionali anticipano le decisioni del
governo quindi manovre monetarie o fiscali prevedibili sulla base
delle informazioni esistenti non hanno nessun effetto reale
• l’inflazione si combatte facendo crescere l’offerta di moneta in linea
con la crescita di lungo periodo del reddito reale e costringendo gli
operatori a cambiare le loro aspettative al ribasso
• la curva di Phillips è verticale nel lungo periodo e per alcuni (teorici
delle aspettative razionali) molto ripida anche nel breve, ne
consegue che i costi della disinflazione sono bassi.
Keynesiani
• Le economie capitalistiche sono intrinsecamente instabili per via del
meccanismo moltiplicatore-acceleratore che amplifica fluttuazioni
determinate da shock esogeni
• l’economia si trova spesso in una situazione di non piena occupazione
• i meccanismi di riequilibrio (fondamentalmente i prezzi) che riportano
l’economia in piena occupazione non funzionano bene o sono molto
lenti. La disoccupazione può persistere nel tempo
• gli shock che determinano le crisi economiche possono avere effetti di
lungo periodo, cioè allontanano per un periodo molto lungo l’economia
dal suo sentiero di crescita anche quando la perturbazione è scomparsa
• il governo deve intervenire con strumenti discrezionali come la politica
monetaria, la spesa pubblica e il prelievo fiscale per contenere le
fluttuazioni
• questi interventi possono provocare effetti inflazionistici e possono
essere in parte vanificati dalla reazione degli agenti privati ma
producono comunque effetti di stabilizzazione sull’economia.
• l'effetto di spiazzamento esiste ma è meno importante quando
l'economia è lontana dalla piena occupazione perché la curva di
offerta aggregata è orizzontale
• per lo stesso motivo una politica monetaria accomodante non ha
forti effetti inflazionistici
• l'inflazione è dovuta all'aumento dei costi che possono derivare da
aumenti dei prezzi delle materie prime o aumenti dei salari
• la curva di Phillips è inclinata negativamente pertanto la
disinflazione comporta costi elevati in termini di disoccupazione.
L’inflazione deve essere controllata mediante la politica dei redditi e
non mantenendo costante la quantità di moneta.
Fly UP