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Politiche e strumenti di pari opportunità tra uomini e donne Dott.ssa Ornella La Tegola Università degli studi di Cassino In principio fu… • La nostra Costituzione sancisce il principio della uguaglianza formale tra uomini e donne (art. 3 Cost.). • Significa che le donne e gli uomini devono essere trattati allo stesso modo. • L’osservazione empirica ci dice che gli uomini e le donne non partono dalla stessa posizione. • Perciò, per definizione, la parità di trattamento non porta necessariamente al raggiungimento delle pari opportunità. Le ragioni per una politica di pari opportunità Per tale motivo, le leggi sulla parità di trattamento si sono dimostrate efficaci nel combattere le discriminazioni evidenti ma non sufficienti a garantire la parità. • In particolare, la tutela antidiscriminatoria esclusivamente repressiva, attraverso la sola imposizione del divieto di determinati comportamenti di sfavore, si è dimostrata insufficiente a rimuovere gli ostacoli di fatto che il mercato e l’organizzazione del lavoro frappongono al raggiungimento della concreta eguaglianza tra lavoratore e lavoratrice (art. 3 c. 2 Cost.). Articolo 3 comma 2 Cost. • Principio di uguaglianza sostanziale: • È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Le politiche di pari opportunità • Hanno preso avvio politiche orientate alle donne strutturate sulla definizione di programmi rivolti a consentire alle donne di godere effettivamente di pari opportunità rispetto agli uomini • E sulla promozione dell’attuazione di misure finalizzate alla rimozione degli ostacoli alla parità di trattamento (c.d. azioni positive). Profilo di diritto comunitario • L’utilità di prevedere misure promozionali per le donne al fine del raggiungimento della pari opportunità con gli uomini era avallata sin dalla versione originale della direttiva 76/207/CEE relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro. • Ai sensi della direttiva 76/207/CEE gli Stati membri potevano adottare misure «volte a promuovere la parità delle opportunità per gli uomini e le donne, in particolare ponendo rimedio alle disparità di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne» (art. 2.4.). direttiva 2002/73/CE • Sul punto, la dir. 2002/73 relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione, e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, si limita a rinviare all’art. 141.4. (157) Tratt. CE. art. 141.4. (157) Tratt. CE • Secondo cui gli Stati membri possono mantenere o adottare «misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali». direttiva 2006/54/CE • La tecnica del rinvio al Trattato è confermata dalla dir. 2006/54 (non ancora attuata in Italia) riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (c.d. direttiva di rifusione) (cfr. art. 3, rubricato «Azione positiva»). direttiva 2006/54/CE • Si dilunga solo in merito alla qualificazione degli organismi per la parità disponendo l’obbligo per gli Stati membri di designare «uno o più organismi per la promozione, l’analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso», e indicando le competenze specifiche che devono essere possedute dai suddetti organismi (cfr. art. 20). • Nel complesso, quindi, le direttive comunitarie non specificano i limiti di legittimità delle azioni positive rinviando di fatto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che nel corso degli anni si è formata sul punto per la definizione di tali limiti. sentenza Kalanke • In verità, le pronunce giurisprudenziali in tema si contano solo a partire dagli anni novanta con la sentenza Kalanke (Corte Giust. 17.10.1995, causa C-450/93, Kalanke), nella quale la Corte di Giustizia, intervenendo su una legge di un Land tedesco che introduceva un meccanismo di priorità automatica riconosciuta alle candidate di sesso femminile nell’assunzione o nella promozione in settori nei quali le donne fossero rappresentate in modo insufficiente, a parità di qualificazione con candidati di sesso maschile considerati idonei, ne ha statuito la sua illegittimità. • Sul presupposto che tale legge attribuisse direttamente un risultato alle donne e, quindi, senza verificarne o valutarne il merito. Sentenza Kalanke • Ha sostenuto la Corte, «una preferenza assoluta e incondizionata alle donne (…) va oltre la promozione della parità delle opportunità e sostituisce a tale obiettivo il risultato, la parità di rappresentanza, al quale si potrebbe pervenire solo mediante l’attuazione di tale obiettivo». sentenza Marschall • Successivamente la medesima Corte, pronunciandosi su una legge di un altro Land tedesco che prevedeva lo stesso meccanismo (Corte Giust. 11.11.1997, causa C-409/95, Marschall), ha parzialmente rivisto le sue posizioni chiarendo che il presupposto per la legittimità della preferenza delle candidate di sesso femminile a parità di merito con quelli di sesso maschile, è dato dall’esame obiettivo di ogni singola candidatura che tenga conto di tutte le qualità, le competenze e le peculiarità personali e professionali dei candidati. Sentenza Marschall • Se in conseguenza di tale esame risultino candidati maschili a pari merito con candidate femminili, potrà essere legittimamente accordata la preferenza a queste ultime, sempre che si verta in situazione di sottorappresentazione, e cioè quando, nel livello preso in considerazione, le donne siano meno numerose degli uomini. • Nello stesso senso Corte Giust. 18.3.2000, causa C-158/97, Badeck; • Corte Giust. 6.7.2000, causa C-407/98, Abrahamsson, in cui la Corte precisa che è legittimo tenere conto di criteri i quali, benché formulati in termini neutri quanto al sesso, favoriscono in generale le donne, e che l’applicazione dei suddetti criteri deve essere effettuata in maniera trasparente e debba poter essere sottoposta a controllo al fine di escludere qualsivoglia valutazione arbitraria delle qualifiche dei candidati. Limiti di legittimità delle azioni positive • Pertanto, la legittimità dell’azione positiva è legata al presupposto della sussistenza di una notevole sottorappresentazione del gruppo beneficiario della misura. • e alle condizioni della temporaneità (insita nel concetto di sottorappresentazione) della stessa, sicché essa non è più legittima quando lo svantaggio sia recuperato, • e della sua non automaticità, per cui l’attribuzione del vantaggio ai componenti del gruppo svantaggiato avviene solo all’esito dell’esame oggettivo e complessivo di tutti gli aspiranti in modo da accertare l’esistenza di eventuali cause di preferenza del candidato di sesso maschile. • Il rispetto dei criteri della sottorappresentazione e della non automaticità garantisce l’applicazione del principio di proporzionalità, ai sensi del quale «le limitazioni alla parità di trattamento non eccedano quanto è adeguato e necessario per raggiungere lo scopo perseguito e prescrive di conciliare, per quanto possibile, il principio della parità di trattamento con le esigenze del fine così perseguito» (Corte Giust. 6.7.2000, Abrahamsson; Corte Giust. 30.9.2004, causa C-319/03, Briheche; Corte Giust. 19.3.2002, causa C-476/99, Lommers). casistica giurisprudenziale della Corte di Giustizia • Quella avente ad oggetto specifiche misure dirette a promuovere la parità di opportunità tra uomini e donne è numerosa. • A titolo esemplificativo: sentenza Abdulaye del 1999, in cui la Corte di Giustizia ha ritenuto legittime le misure economiche (nella specie assegni a favore di donne incinte che fruiscono del congedo di maternità) previste nei contratti collettivi in quanto motivate dalla finalità di compensare gli svantaggi professionali che le lavoratrici subiscono a seguito dell’allontanamento dal posto di lavoro nel caso del congedo di maternità (cfr. Corte Giust. 16.9.1999, causa C-218/98, Abdoulaye) • sentenza Lommers del 2002, la Corte ha ritenuto legittime particolari condizioni di lavoro (nella specie la messa a disposizione a favore dei dipendenti da parte del loro datore di lavoro di posti in asili nido) riconosciute solo alle dipendenti di sesso femminile (in situazione di sottorappresentazione) e giustificate dallo scopo di eliminare o ridurre le disparità di fatto che possono esistere nella realtà sociale in quanto l’insufficienza delle strutture di accoglienza per i figli è tale da indurre più in particolare i lavoratori di sesso femminile a rinunciare allo loro occupazione, limitando così le opportunità di accesso al lavoro e di progressione di carriera (Corte Giust. 19.3.2002, causa C-476/99, Lommers). • Nel perseguimento della finalità della conciliazione tra vita lavorativa e vita privata (espressamente indicata tra le misure promozionali dall’art. 21.2., direttiva 2006/54/CE), la Corte ha stabilito che la possibilità prevista a favore delle dipendenti di sesso femminile di usufruire di posti in asili nido messi a disposizione del datore di lavoro deve essere estesa anche a quei dipendenti di sesso maschile che si assumono da soli la custodia dei loro figli. • Tale principio è stato affermato in due pronunce, in particolare nella sentenza Lommers del 2002 e nella sentenza Griesman del 2001 (Corte Giust. 19.3.2002, causa C-476/99, Lommers; Corte Giust. 29.11.2001, causa C-366/99, Griesmar). Profili di diritto interno • L’Italia può contare su un apparato normativo in tema di promozione della parità di trattamento e delle pari opportunità avanzato in Europa. • Il più avanzato in Europa. • Quali sono le disposizioni ordinarie che disciplinano i suddetti principi? D. lgs. 11 aprile 2006, n. 198 • Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246. (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2006 Supplemento Ordinario n. 133) Modificato con DPR n. 115 del 14.05.07; Modificato con L. n. 101/08 (art. 8 quater D.L. n. 59/08, Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità Europee). LIBRO I • DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA • TITOLO II ORGANIZZAZIONE PER LA PROMOZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ Libro II • Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico sociali: • Art. 23 pari opportunità nei rapporti tra coniugi → codice civile • Art. 24 violenza nelle relazioni familiari → legge n. 154/2001. LIBRO III PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA NEI RAPPORTI ECONOMICI • TITOLO I PARI OPPORTUNITÀ NEL LAVORO • Capo I NOZIONI DI DISCRIMINAZIONE Capo III TUTELA GIUDIZIARIA • Art. 36. Legittimazione processuale (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, commi 4 e 5) 1. 2. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dell'articolo 25 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche tramite la consigliera o il consigliere di parità provinciale o regionale territorialmente competente. Ferme restando le azioni in giudizio di cui all'articolo 37, commi 2 e 4, le consigliere o i consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima. Art. 40. Onere della prova (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 6) • 1. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione. Art. 41. Adempimenti amministrativi e sanzioni (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 12; legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 16, comma 1) • • 1. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi degli articoli 25 e 26, posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi degli articoli 36, comma 1, e 37, comma 1. 2. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 27, commi 1, 2 e 3, 28, 29, 30, commi 1, 2, 3 e 4, e' punita con l'ammenda da 103 euro a 516 euro. Capo IV PROMOZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ • Art. 42. Adozione e finalità delle azioni positive (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 1, commi 1 e 2) 1. Le azioni positive, consistenti in misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità, nell'ambito della competenza statale, sono dirette a favorire l'occupazione femminile e realizzate l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro. Art. 42 d. lgs. 198/06 • 2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di: • a) eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità; • b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; • c) favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; Art. 42 d. lgs. 198/06 • d) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; • e) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità; • f) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi. Art. 43. Promozione delle azioni positive (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 1, comma 3) • 1. Le azioni positive di cui all'articolo 42 possono essere promosse dal Comitato di cui all'articolo 8 e dalle consigliere e dai consiglieri di parità di cui all'articolo 12, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Art. 44. Finanziamento (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 2, commi 1, 2, 4 e 5) 1. A partire dal 1° ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c). 2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Comitato di cui all'articolo 8, ammette i progetti di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento, autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui al comma 1, deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio dell'autorizzazione. Art. 44 d. lgs. 198/06 • 3. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al comma 1. • 4. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 45, è subordinato al parere del Comitato di cui all'articolo 8. Art. 45. Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 3) • 1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 42, comma 1, autorizzati secondo le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo, e' destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica. • 2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 42, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 8. • 3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 e' ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati. Art. 46. Rapporto sulla situazione del personale (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4) • 1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. Art. 46 d. lgs. 198/06 2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità. 3. Il rapporto è redatto in conformità alle indicazioni definite nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto. Art. 46 d. lgs. 198/06 • 4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, la Direzione regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda. Art. 47. Richieste di rimborso degli oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive (decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, articolo 10, comma 1) 1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle pari opportunità e su indicazione del Comitato di cui all'articolo 8, determina, con apposito decreto, eventuali modifiche nelle modalità di presentazione delle richieste di cui all'articolo 45, comma 1, nelle procedure di valutazione di verifica e di erogazione, nonché nei requisiti di onorabilità che i soggetti richiedenti devono possedere. 2. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza dal beneficio e la restituzione delle somme eventualmente già riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione e' effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al comma 1. Art. 48. Azioni positive nelle pubbliche amministrazioni (decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, articolo 7, comma 5) 1. Ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 57, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le province, i comuni e gli altri enti pubblici non economici, sentiti gli organismi di rappresentanza previsti dall'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ovvero, in mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'ambito del comparto e dell'area di interesse, sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attività, il Comitato di cui all'articolo 10, e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il Comitato per le pari opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di parità territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani, fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera d), favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. Art. 48 d. lgs. 198/06 • A tale scopo, in occasione tanto di assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso maschile e' accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. • I piani di cui al presente articolo hanno durata triennale. In caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 57 (<<pari opportunità>>), decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Pubblico Impiego • DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 (in Suppl. ordinario n. 112 alla Gazz. Uff., 9 maggio, n. 106). - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche Art. 1 D. lgs. 165/01 • 1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di: • (…) Art. 1 D. lgs. 165/01 • c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato. Articolo 7 D. lgs. 165/01 Gestione delle risorse umane 1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro. • (…) • 3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266. • 4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione. Articolo 19 Incarichi di funzioni dirigenziali • (…) • 4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6. • 4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7. • 5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7. Articolo 35 Reclutamento del personale • 3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: • (…) • c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; • e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali. Articolo 57 Pari opportunità 1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro: • a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all' articolo 35, comma 3, lettera e); Art. 57 d. lgs. 165/01 • b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica; Art. 57 d. lgs. 165/01 • c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare; Art. 57 d. lgs. 165/01 • d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati pari opportunità nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio. Art. 57 d. lgs. 165/01 • 2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica. Ricapitolando… è compito delle PP.AA.: <<Curare la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali; garantendo altresì l’adeguamento dei programmi formativi al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della P.A.>> Obbligo delle PP.AA. È quello, quindi, di adottare le modalità organizzative atte a favorire la partecipazione delle donne, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare, in modo da combattere le forme più evidenti di discriminazione indiretta. Obbligo delle PP.AA. • Ovvero quello di predisporre una organizzazione della vita sociale che consenta di conciliare gli impegni lavorativi (fra cui anche quelli atti a permettere una crescita professionale) con quelli di cura. Per esempio? Predisponendo strutture che siano idonee ad accogliere di giorno (o almeno durante le ore lavorative) bambini e anziani, in modo che l’assistenza di cui necessitano non ricada interamente sui genitori (per i bambini) e sui figli (per gli anziani), ed in particolare sulle donne che potrebbero perciò essere limitate nella loro realizzazione professionale. Per esempio? • • Un esempio importante del tipo di ruolo che svolge la P.A. nella promozione della politica paritaria è dato dalla legge regionale Puglia n. 7 del 2007, la quale predispone forme più elastiche di apertura dei negozi e degli stessi uffici pubblici. Nella vostra esperienza è necessario modificare gli orari di apertura degli uffici pubblici e/o degli esercizi pubblici? Come si attua un’azione positiva? • Nel rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. è necessario che venga redatto un piano triennale di azioni positive. Procedimento di attuazione di un’azione positiva • La disciplina vigente (art. 48 D. lgs. 198/06) stabilisce che i soggetti pubblici intenzionati ad azionare meccanismi di realizzazione di pari opportunità di lavoro, hanno l’obbligo di sentire preventivamente gli organismi di rappresentanza previsti dall’art. 42 del T.U. sul lavoro alle dipendenze delle P.A. (si tratta delle rsa e di una forma di rappresentanza unitaria del personale), • Ovvero, in mancanza, le organizzazioni rappresentative nell’ambito del comparto e dell’area di interesse; • Devono sentire, inoltre, il Comitato nazionale di parità e il consigliere o la consigliera nazionale di parità, ovvero il CPO eventualmente previsto nel contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di parità territorialmente competente. Fasi di attuazione dell’azione positiva • Fase propedeutica; • Fase di azione; • Fase di controllo e valutazione. Fase propedeutica - Definizione dell’obiettivo da conseguire; - Raccolta e studio delle informazioni relative al livello di segregazione verticale e/o orizzontale a danno dei lavoratori e delle lavoratrici. Fase di azione • Definizione delle caratteristiche delle misure promozionali che, in un momento successivo, sono adottate con l’atto opportuno. Fase di controllo e valutazione • Controllo e valutazione dello svolgimento e dei risultati dell’azione positiva realizzata; • Nel caso in cui l’intervento non sia stato concluso, valutazione delle modifiche da apportare agli elementi operativi risultati inadeguati. • È stata raggiunta la finalità di garantire pari opportunità tra uomini e donne? … Nonostante l’avanzato apparato normativo e giurisprudenziale … La maggior parte delle donne continua ad operare in un numero limitato di settori e occupazioni. • Prevale nei posti di lavoro part time; • È per lo più esclusa da posizioni direttive; • Viene pagata meno degli uomini. • Ha maggiore probabilità di rimanere disoccupata; • È a maggior rischio di povertà rispetto agli uomini. Obiettivo di Lisbona • L’obiettivo di Lisbona relativo al raggiungimento di un tasso di occupazione femminile del 60% entro il 2010 non sarà raggiunto; • …almeno altri 6 milioni di donne dovrebbero accedere al mercato del lavoro… Profili di diritto comparato • In proposito, la politica interna del diritto può trovare, in una prospettiva comparatistica, notevoli spunti di riflessione dai modelli istituzionali accolti in altri ordinamenti. Ley Orgánica para la igualdad efectiva de mujeres y hombres • Ley de Igualdad spagnola (Legge 22 marzo 2007, n. 3), la quale, è bene sottolineare, si inserisce in un contesto costituzionale simile a quello italiano. • Prevede il pieno riconoscimento delle pari opportunità tra i due sessi in diversi settori. • La Ley de Igualdad prende posizione anche per quanto concerne il tema della rappresentanza politica, sancendo il principio di <<presenza equilibrata>> in base al quale nell’insieme della lista elettorale i candidati di ciascuno dei sessi devono rappresentare almeno il 40% e non più del 60%. In Francia • La Francia, ad esempio, presenta un doppio approccio alla questione delle azioni positive sotto forma di quote: l’uno le prevede, l’altro no. • Il primo approccio riguarda la rappresentanza in politica dove una legge impone ai partiti di prevedere un equo accesso alle candidature femminili stabilendo, ad esempio, che i partiti politici che partecipano alle elezioni nell’assemblea nazionale devono presentare il 50% delle candidature al femminile e sanzionando la violazione del suddetto precetto con una decurtazione dei finanziamenti concessi ai partiti; • Il secondo approccio riguarda l’accesso all’occupazione e, in generale le condizioni di lavoro, e non prevede l’adozione di c.d. quote di rappresentanza. E dal punto di vista internazionale? • La situazione italiana non eccelle neppure se osservata da un punto di vista internazionale. • La classifica mondiale elaborata dall'Università di Stoccolma e dall’organizzazione International Idea (Istituto internazionale per la democrazia e l'assistenza elettorale) sulle pari opportunità in politica ci dice che in Italia siamo parecchio in ritardo. • Il monitoraggio sulle quote rosa e sulla partecipazione attiva e passiva delle donne all'attività politica nei rispettivi paesi, effettuato negli stati a democrazia rappresentativa, ci colloca dopo Paesi all'apparenza meno avanzati dal punto di vista della cultura politica. Ovviamente dopo • Svezia, dove le quote rosa sono previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni, la rappresentanza femminile è al 47,3%; • Norvegia dove le quote rosa sono previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni, la rappresentanza femminile è al 37,9%; • Danimarca dove i partiti politici non sono obbligati al rispetto di quote, la rappresentanza femminile è al 37,4%; • Austria dove le quote rosa sono previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni, la rappresentanza femminile è al 32,2% nella Camera bassa e 25,8 nella Camera alta; • Germania dove le quote rosa sono previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni, la rappresentanza femminile è al 31,8%. Ma anche dopo • Costa Rica dove il mancato rispetto delle quote previste con legge è sanzionato con la non accettazione della lista, la rappresentanza femminile è al 38,6%; • Mozambico dove le quote rosa sono previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni, la rappresentanza femminile è al 34,8%. IL PODIO • Il paese con maggiore presenza femminile in parlamento è il Rwanda (quote previste per legge) con il 56,3% di donne elette (45 su 80 eletti). • Segue la Svezia (quote previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni) (47,3% di deputate); • terza la Norvegia (quote previste per i partiti politici che partecipano alle elezioni) che ha il 37,9% di presenze femminili • La Spagna di Zapatero - che, come accennato, ha previsto le quote di rappresentanza per legge e ha sanzionato la loro mancata applicazione con l’esclusione dalla corsa elettorale delle liste che non garantiscono le percentuali previste per legge - oggi si garantisce in classifica un onorevole sesto posto (36,3% nella Camera bassa e 28,4% nella Camera alta). • Per trovare l'Italia, invece, bisogna scorrere molti paesi dei più diversi continenti. • Le italiane sedute alla Camera dei deputati oggi sono 134 su 630 seggi disponibili, un misero 21,2%. • Al Senato, se possibile, è anche peggio: 59 donne su 322 eletti (18,3%). • Persino l'Iraq (quote previste con legge elettorale), percentualmente, sta meglio di noi con 70 donne elette su 275 seggi disponibili in parlamento (25,5%)… Ultimo in classifica • è l'Egitto dove le donne nella Camera bassa del parlamento sono 9 su 454 deputati (2%) e nella Camera alta sono 21 su 264 (8%). • In conclusione, il raggiungimento di una parità tra i generi e la garanzia di pari opportunità tra i medesimi saranno probabilmente il risultato di una strategia comune che vede coinvolti i pubblici poteri, i partiti politici e le parti sociali per l’adozione di misure idonee a introdurre in ogni settore quella che è definita la cultura di genere. • Una lettura, cioè, gender sensitive, attenta agli aspetti di genere, che, in quanto tale, è applicabile a pressoché qualunque settore della vita sociale. • È l’ultima frontiera del diritto comunitario: Mainstreaming di genere • L’Unione Europea ha adottato l’approccio del mainstreaming di genere nel 1996 riconoscendo come le strutture esistenti non siano neutre sotto il profilo del genere, ma favoriscono un sesso a scapito dell’altro. • Le politiche, cioè, si basano sul presupposto che le donne devono essere preparate ad operare in una cultura dominata dagli uomini. • Non la mettono in discussione. Mainstreaming di genere • È necessario introdurre una prospettiva di genere nella pianificazione, nell’attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione di tutte le politiche e di tutte le azioni in moda da valutarne l’impatto su uomini e donne. Ad esempio? • Redigendo il bilancio di genere. • La proposta sembra troppo avanzata anche per la politica italiana: solo dodici PP.AA. redigono il bilancio di genere … Questa è un’altra storia