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le vitamine
LE VITAMINE
Le vitamine sono sostanze organiche strutturalmente molto diverse fra loro,
che dobbiamo assumere con gli alimenti in piccolissime quantità. Esse non
hanno né funzione plastica, né funzione energetica, ma sono indispensabili per
un normale funzionamento del nostro organismo. Infatti, intervengono, spesso
inserite in sistemi enzimatici, in numerosissimi processi metabolici, garantendo
il trasferimento di energia e l'utilizzazione di nutrienti all'interno dell'organismo
stesso.
La grande diversità strutturale rende impossibile una classificazione delle
vitamine in base alle loro caratteristiche molecolari. È invece possibile
suddividerle in due uniche categorie basandosi sulla loro solubilità: avremo
quindi le VITAMINE IDROSOLUBILI, comprendenti le vitamine del
cosiddetto "gruppo B" o "complesso B" e la vitamina C e le VITAMINE
LIPOSOLUBILI, comprendenti le vitamine A, D, E e K.
Le vitamine non sono tutte distribuite in modo soddisfacente nei vari alimenti
e, inoltre, spesso vengono perdute in una certa misura nelle lavorazioni a livello
industriale, come pure nella preparazione dei cibi a livello casalingo. Per questo le
varie organizzazioni internazionali hanno stabilito le quantità necessarie
giornalmente per le varie popolazioni di quelle vitamine per le quali più
facilmente si possono verificare situazioni di carenza. In particolare per la
popolazione italiana i livelli di assunzione raccomandati (LARN) delle vitamine,
di cui si può avere più facilmente carenza, sono indicati dalla Società di Nutrizione
Umana.
LE VITAMINE IDROSOLUBILI
Queste vitamine non hanno in comune soltanto la proprietà di essere solubili in
acqua, ma anche altre numerose caratteristiche. Sono in genere inserite in sistemi
enzimatici indispensabili per lo sviluppo di processi metabolici che sono alla
base delle funzioni vitali elementari. Per questo sono indispensabili anche per
organismi estremamente primitivi, come i batteri, che, al contrario del nostro
organismo, sono in grado di sintetizzarle. Proprio per questo essi vengono
utilizzati per produrre per via biologica le più preziose fra queste vitamine.
Le vitamine idrosolubili non vengono in genere accumulate in quantità
significative nell'organismo e quindi devono essere assunte con regolarità
attraverso la dieta quotidiana. Una volta assorbite passano nella circolazione
portale per essere utilizzate nei vari processi metabolici e la loro eliminazione
avviene attraverso le urine. L'impossibilità di accumularle nell'organismo, ad
eccezione della vitamina B12, e la necessità quindi di assicurarne un certo
apporto quotidiano fa sì che i sintomi di una loro carenza si manifestino con
notevole rapidità.
CARENZA
Gran parte di tali vitamine costituisce, come si è detto, il gruppo prostetico
(coenzima) di un enzima, la cui attività nell'organismo è indispensabile per
garantire il normale sviluppo di determinati processi metabolici. Lo stato di
carenza, quindi, si manifesta in genere molto rapidamente con una ben precisa
patologia. Fortunatamente molte di queste vitamine sono ESTREMAMENTE
DIFFUSE, sia negli alimenti di origine animale come in quelli di origine
vegetale, per cui è praticamente impossibile che una dieta normale non ne
garantisca un apporto sufficiente. In questa trattazione si ritiene quindi utile
approfondire la conoscenza di quelle vitamine il cui apporto deve essere garantito
soprattutto attraverso la scelta di ben precise fonti alimentari.
GRUPPI PROSTETICI
I coenzimi a cui ci si riferisce comunemente con il termine gruppi prostetici
sono molecole strettamente legate all'enzima (attraverso un legame
covalente), da cui non si distaccano né durante il corso della reazione, né ad
enzima inattivo. I principali gruppi prostetici sono:
il gruppo eme dell'emoglobina;
la biotina nelle carbossilasi;
il FAD.
LA VITAMINA B1
Questa vitamina è detta anche TIAMINA per la presenza nella sua struttura di un
atomo di zolfo e di un gruppo amminico. Essa è costituita da un anello tiazolico e da
uno pirimidinico, uniti con un ponte metilenico.
La sua funzione, come coenzima, è fondamentale nel metabolismo dei carboidrati e
dei lipidi. Inoltre svolge un'azione non coenzimatica, in particolare sul tessuto
nervoso. Proprio per la sua capacità di scongiurare disturbi neurologici viene chiamata
anche ANEURINA.
La carenza di tale vitamina porta ad una patologia che prende il nome di beri-beri e
che si manifesta con disturbi vascolari e neurologici. Stati di carenza si possono
verificare specialmente nei paesi in via di sviluppo dove spesso l'alimentazione è
inadeguata. Nei paesi sviluppati casi di carenza sono provocati soprattutto
dall'alcolismo, quando l'alimentazione è fortemente insufficiente o per indigenza o,
specie nel caso dell'anziano, per l'isolamento sociale. In casi patologici o fisiologici
particolari, come in gravidanza, in cui ad uno stato di carenza latente, si aggiunge una
maggiore richiesta, i sintomi più frequenti sono astenia, anoressia, stipsi, ecc.
VITAMINA B1
o TIAMINA
Il fabbisogno quotidiano è proporzionale all'apporto calorico del singolo individuo.
Comunque il livello di assunzione giornaliero raccomandato è di 0.4 mg per i
lattanti, 0.6-0.9 mg per i bambini da l a 10 anni, 1.1-1.2 mg per i maschi di età
superiore ai 10 anni, con una riduzione a 0.8 mg dopo i 60 anni. Infine per le femmine
di età superiore ai 10 anni la quantità raccomandata è di 0.9 mg, con una riduzione
di 0.1 mg dopo i 50 anni e con un incremento di 0.1 e 0.2 mg rispettivamente in
gravidanza e durante l'allattamento.
Le principali fonti alimentari sono i cereali, poi sempre tra gli alimenti di origine
vegetale, i legumi e la frutta. Nei cereali questa vitamina è localizzata nelle parte
periferica della cariosside, per cui il ricorso a cereali raffinati, come il riso brillato o alle
loro farine raffinate, come quelle di frumento di tipo 0 e 00, non ne garantisce un buon
apporto. Fra gli alimenti di origine animale sono fonte di vitamina B1 il fegato, le carni
(in particolare quella di maiale magro), le uova, il latte e i suoi derivati. Infine un
buon contenuto di tale vitamina è presente anche nel lievito di birra.
LA CHIMICA DELLA VITAMINA B1
La stabilità al calore della tiamina è buona, in quanto si altera solo oltre i 100
°C, ma per la sua grande solubilità può essere perduta in grande quantità nelle
acque di cottura dei cibi. È però instabile in ambiente basico, quindi non è
opportuno aggiungere bicarbonato ai legumi secchi per farli intenerire o a quelli
verdi, come i piselli, per non scolorirli. Particolarmente importante è la sua
instabilità in presenza di biossido di zolfo, solfiti e bisolfiti. Questi composti,
usati come additivi antimicrobici, non devono essere impiegati in alimenti
pregiati per il loro contenuto in vitamina B1 in quanto essa verrebbe spezzata in
corrsispondenza del ponte metilenico che unisce l’anello pirimidinico e quello
tiazolico.
LA VITAMINA B2
È detta anche riboflavina per la caratteristica catena ribitolica unita
centralmente al nucleo isoallossazinico e per la colorazione gialla.
Tale colorazione è così intensa da farla utilizzare come additivo colorante in campo
alimentare. La sua funzione, come coenzima (FAD), è quella di catalizzare diversi processi
ossido-riduttivi e in particolare quelli che rendono possibile la trasformazione
dell'energia chimica, presente nei principi nutritivi, in energia utile per l'organismo.
Inoltre alcuni coenzimi, in cui essa è inserita, sono coinvolti in processi metabolici
unitamente alle vitamine B6, K e all'acido folico.
La sua buona distribuzione negli alimenti rende
difficilmente evidenti sintomi da carenza, che
si manifestano lentamente e iniziano con
stanchezza, prurito agli occhi, fotofobia,
variabilità dell'umore e successivamente
assumono maggiore gravità: dermatiti,
anemie, disturbi cerebrali, ecc. Sintomi
da carenza possono manifestarsi nelle
VITAMINA B2
persone anziane e soprattutto a seguito
di particolari stati patologici, all'assunzione
di determinati farmaci e di alcol. Si ritiene
infine che la carenza in gravidanza possa provocare malformazioni nel feto.
Il fabbisogno giornaliero dipende dal sesso e dalle condizioni fisiologiche. La quantità
giornaliera raccomandata per i lattanti è di 0.4 mg, che sale a 0.8-1.2 mg per i bambini
di 1-10 anni e 1.4-1.6 mg per i maschi di età superiore. Per le femmine la dose
raccomandata è di 1.2-1.3 mg, con un incremento a 1.6 e 1.7 mg rispettivamente per
gestanti e nutrici.
Le fonti alimentari sono numerose e ben distribuite sia in campo vegetale (cavoli,
spinaci ed altre verdure a foglia verde) e animale (fegato, carni, pesce, uova). In
particolare è abbondante nel LATTE e nei LATTICINI, tanto da essere chiamata anche
lattoflavina. Come gran parte delle vitamine del gruppo B è presente in buone quantità
nel lievito di birra.
La stabilità al calore è buona e la sua solubilità in acqua è inferiore a quella della
vitamina B 1, per cui sono più limitate le sue perdite nell'acqua di cottura. Presenta
invece una particolare instabilità alla luce che, staccando la catena ribitolica, distrugge
l'attività vitaminica. Questa fotodegradazione può avvenire sia in ambiente basico che
acido. Per questa instabilità è importante valutare bene il modo di lavorazione, di
conservazione e di confezionamento dei cibi; in particolare per prodotti pregiati per il
loro contenuto in vitamina B2, come il latte,
è sconsigliabile la conservazione in contenitori trasparenti.
LA VITAMINA B6
La vitamina B6 è presente negli alimenti in tre forme: piridossina, piridossale e
piridossammina. Si tratta di derivati della 2-metil-3-idrossi-5-idrossimetil-piridina
sostituita in 4 rispettivamente con un idrossimetile, un formile e un amminometile
La funzione enzimatica si esplica nel metabolismo degli amminoacidi. In particolare
catalizza la trasformazione del triptofano in vitamina PP. Inoltre favorisce la sintesi di
emoglobina.
Gli stati di carenza, abbastanza rari e conseguenti soprattutto a stati patologici, come
l'alcolismo, si manifestano con astenia, apatia, anemia, dermatite, compromissione della
formazione di anticorpi e disturbi al metabolismo cerebrale.
Il fabbisogno giornaliero è calcolato sulla base dell'apporto proteico quotidiano,
presupponendo che questo garantisca circa il 15% dell'apporto energetico. È quindi
evidente che tale fabbisogno va aumentato sensibilmente nelle diete iperproteiche. Le
quantità raccomandate sono di 0.4 mg per i lattanti, 0.7-1.1 mg per i bambini. Per i
maschi i valori salgono con l'età fino a 1.5 mg. Per le femmine adulte si raccomanda una
dose di 1.1 mg, con un incremento di 0.2 e 0.3 mg rispettivamente per le gestanti e le
nutrici.
Fonti alimentari. La vitamina B6 si trova nella parte periferica delle cariossidi dei
cereali, nei legumi, nelle carni, nel pesce, nelle uova, nel latte e nel lievito di birra.
La sua stabilità è buona al calore e in ambiente acido, mentre è sensibile
all'ossidazione, alla luce e all'ambiente basico.
Pos.4
SENSIBILE ALLA LUCE
LA VITAMINA B12
È detta anche cobalamina per sottolineare una particolarità strutturale che la
contraddistingue da tutte le altre vitamine: la presenza nella sua molecola di un metallo,
il cobalto. Altra sua caratteristica è la grande complessità strutturale, che comporta un
peso molecolare straordinariamente alto per una sostanza organica a struttura non
polimerica.
Formula della vitamina B12. Il gruppo R può essere CN - (nella vitamina estratta
commercialmente dai batteri) o OH -.
La sua funzione, come coenzima, si esplica a livello di importanti processi metabolici
riguardanti gli acidi grassi e gli amminoacidi; ad esempio catalizza la metilazione
dell'omocisteina a metionina.
La carenza da scarso apporto alimentare non è frequente, anche in caso di dieta
vegetariana. Solo il ricorso ad una dieta strettamente vegetariana protratta per anni può
comportare la comparsa di sintomi da carenza.
La patologia tipica da carenza, l'anemia perniciosa, può essere provocata anche dalla
mancanza del "fattore intrinseco", una glicoproteina secreta dallo stomaco, che trasporta
la vitamina nell'organismo, e da situazioni che ne ostacolano l'assorbimento. In tal caso
si verifica rapidamente la sintomatologia da carenza in quanto non si può avere recupero di
vitamina nell'intestino. Secondo recenti ricerche forti assunzioni di vitamina C
potrebbero comportare rischi di carenza di vitamina B 12, come pure una certa
degradazione di tale vitamina potrebbe derivare dalla concomitante assunzione di altri
nutrienti, come il ferro, il rame o preparati multivitaminici. Il fabbisogno giornaliero di
vitamina B 12 può essere limitato anche soltanto a 0,1 µg. Tuttavia, tenendo conto che
questa vitamina idrosolubile può essere in una certa misura accumulata e che può
essere utile poterne disporre di una certa quantità di riserva, la dose raccomandata sale a
0.5 mg per i lattanti, 0.7-1.4 µg per i bambini, 2 mg per maschi e femmine di età superiore
ai 10 anni con un incremento di 0.2 e 0.6 µg, rispettivamente, per gestanti e nutrici.
Le fonti alimentari sono quasi esclusivamente di origine animale, in particolare le
carni, i pesci e altri prodotti della pesca, le uova e, in misura minore, latte e derivati.
Gli animali possiedono vitamina B12 perché ingeriscono microrganismi che la
contengono o perché hanno nell'intestino microrganismi che la producono. Gli unici
organismi viventi in grado di sintetizzarla sono i microrganismi anaerobi. Nel mondo
vegetale esistono forme non utilizzabili di cobamidi; fanno eccezione alcune alghe che ne
possiedono la forma attiva per gli umani, prodotta ancora una volta dall'attività batterica.
Sono sempre microrganismi quelli che la sintetizzano nell'intestino umano a livello del
colon.
Ma questa quota non può essere utilizzata, perché il suo assorbimento non può
avvenire in quel tratto intestinale e viene così perduta nelle feci. Proprio per la sua
abbondante presenza nelle feci può essere presente, a seguito di fertilizzazioni o
semplicemente per scarse misure igieniche, anche nei vegetali. Sono ancora i
microrganismi che arricchiscono, con processi di fermentazione, quella già presente in
alimenti, come in quei formaggi la cui produzione prevede un certo processo di
stagionatura.
La sua stabilità al calore è notevole, mentre si altera se esposta alla luce. Le sue soluzioni
sono molto stabili a pH compreso fra 4 e 7.
LA NIACINA
Col termine niacina, o vitamina PP, si indicano l'acido nicotinico (acido piridin-3carbossilico) e la rispettiva ammide, la nicotinammide.
Funzione: la nicotinammide è un componente, insieme a ribosio, adenina e acido
fosforico, di coenzimi importanti per le reazioni di ossido-riduzione (NAD e NADP).
La carenza si manifesta con una malattia che prende il nome di pellagra, caratterizzata
inizialmente da una sintomatologia abbastanza aspecifica, ma che successivamente si
manifesta con le tipiche "tre D": dermatite, diarrea e demenza.
Per valutarne il fabbisogno occorre ricordare che tale vitamina ha in parte un'origine
endogena, in quanto nell'organismo può essere ricavata dal triptofano con l'intervento
combinato delle vitamine B1, B2 e B6; più precisamente da circa 60 mg di amminoacido si
ottiene circa 1 mg di niacina. Tenendo quindi conto dell'apporto endogeno e di quello
esogeno, le quantità consigliate da assumere con gli alimenti sono 5 mg per i lattanti, 913 mg per i bambini, 15 mg per i maschi da 11 a 14 anni e 18 mg per età superiori. Per le
femmine si raccomandano 14 mg, con un incremento di 2 mg per le nutrici.
Apporto endogeno
triptofano
Le FONTI ALIMENTARI di origine vegetale di niacina sono rappresentate dai
legumi e, anche se ne contengono piccole quantità, dagli ortaggi e dai cereali.
In questi ultimi la niacina è localizzata, come le altre vitamine del gruppo B, nella
parte periferica della cariosside e quindi è in gran parte perduta quando le farine
sono raffinate; inoltre, nei cereali, la niacina è per lo più presente in forma di niacetina
non biodisponibile. Infine una dieta a base di cereali, alimenti poveri di triptofano, non
garantisce neppure un apporto indiretto per via endogena. Fonti alimentari di origine
animale sono le carni e il pesce, mentre altri alimenti di origine animale, come il latte e
le uova, vanno soprattutto considerati come fonti del precursore triptofano. Infine una
buona fonte di niacina, come di molte altre vitamine del gruppo B, è il lievito di birra.
La stabilità è notevole, sia al calore come all'ossidazione, alla luce e all'ambiente sia
basico che acido. Per questo le perdite di niacina durante le trasformazioni alimentari
sono molto contenute.
L’ACIDO FOLICO
Col nome di acido folico o di folacina, o di vitamina B9 o Bc si indica una serie di
composti, i folati, dotati della stessa attività vitaminica. Sono tutti derivati dell'acido
folico o acido pteroilglutammico, una sostanza complessa formata dall'unione di tre
composti: la pteridina, l'acido p-amminobenzoico e l'acido glutammico.
La funzione dei coenzimi folici è indispensabile nel metabolismo degli amminoacidi,
per la sintesi degli anelli purinici e pirimidinici e degli acidi nucleici. Il loro apporto
consente quindi la divisione cellulare e diventa decisivo quando la divisione cellulare
deve avvenire frequentemente. È il caso delle cellule ematiche e di quelle dell'epitelio
intestinale. Una particolare necessità di folati si ha in gravidanza, in quanto nel feto, in
cui vi è una rapida proliferazione cellulare, si ha la necessità di sintetizzare una grande
quantità di acidi nucleici. Inoltre una somministrazione di folati addirittura prima del
concepimento può ridurre il rischio di malformazioni al tubo neurale (spina bifida).
Necessità in gravidanza
Si è anche constatato che l'assunzione di folati può ridurre il rischio di tumori a
livello dello stomaco e del colon ed è allo studio l'eventuale relazione fra apporto di
folati, livelli di omocisteina plasmatica e insorgenza di patologie cardiovascolari. Si è
infatti dimostrato che un aumento del livello plasmatico di omocisteina può essere
associato con una maggior frequenza di disturbi cardiovascolari e di ictus e che d'altra
parte un maggior apporto di vitamine B6, B12 e in particolare di folati può ridurre tale
livello.
La carenza di folati nei paesi occidentali non è quasi mai tale da manifestarsi in
modo eclatante. Si può riscontrare nell'anziano, nell'alcolista, durante l'alimentazione
parenterale, con l'assunzione della pillola anticoncezionale, in situazioni di
malassorbimento e si manifesta con anemia, associata a disturbi nervosi, alterazione
della cute e dell'apparato digerente.
Carenza di folati si può verificare anche in presenza di una frequente divisione
cellulare e quindi durante lo sviluppo fetale. L'anemia megaloblastica, che si può
manifestare in gravidanza, è dovuta spesso ad un apporto insufficiente di folati.
Fabbisogno. La dose giornaliera raccomandata è di 50 mg per i lattanti, 100-150 mg
per i bambini, 180 mg per maschi e femmine di 11-14 anni e 200 µg per età superiori,
con incrementi di 200 µg nel periodo periconcezionale e di 150 mg per la nutrice.
Le fonti alimentari sono rappresentate sia nel mondo vegetale, in particolare, dalle
verdure (asparagi, cavoli, cardi, broccoli, spinaci, lattuga, ecc.) e dalla frutta (arance,
banane, meloni ecc.), che in quello animale (fegato, uova, ecc.). Negli Stati Uniti si
addiziona la farina di acido folico per ridurre l'incidenza di spina bifida.
Stabilità. La grande solubilità in acqua e la sensibilità al calore, alla luce e all'ossigeno
possono portare a perdite altissime di questa vitamina durante le trasformazioni alimentari.
LA BIOTINA
La molecola della biotina, o vitamina H, è biciclica, con una catena laterale costituita
dall'acido pentanoico.
La sua funzione, come coenzima, consiste nel catalizzare le reazioni di carbossilazione
che avvengono nei vari processi metabolici.
La carenza si può verificare molto raramente; sintomi di carenza (dermatiti, enteriti) si
manifestano, ad esempio, in situazioni di malassorbimento e in pazienti sottoposti ad
alimentazione parenterale, senza un'opportuna integrazione di tale vitamina.
Il fabbisogno giornaliero è difficile da definire; comunque le dosi giornaliere consigliate
sono di circa 10 mg per i lattanti, 20-30 mg per i bambini e 15-100 µg per età superiori (dosi
raccomandate dal Comitato Scientifico Europeo).
Le fonti alimentari sono numerose in quanto questa vitamina è ampiamente
diffusa negli alimenti, anche se in genere non raggiunge le concentrazioni di altre
vitamine idrosolubili. Alimenti che comunque garantisco un buon apporto di
biotina sono alcune verdure, i cereali integrali, il fegato e le uova. Quando però
l'albume non è cotto, l' avidina, una glicoproteina presente nell'albume stesso,
legandosi alla biotina ne impedisce l'assorbimento intestinale.
La stabilità della biotina è buona al calore, mentre tale vitamina è sensibile
all'ossidazione ed instabile in ambiente basico.
STRUTTURA DELLA BIOTINA
L’ACIDO PANTOTENICO
L'acido pantotenico, o vitamina B5, entra nella struttura del coenzima A (CoA). La
funzione del CoA è fondamentale in numerosi e importanti processi metabolici, come
la sintesi e la degradazione ossidativa di acidi grassi e amminoacidi.
Gli stati di carenza sono piuttosto rari, a meno di casi di evidente malnutrizione, in
quanto questa sostanza è distribuita ampiamente in natura ("pantotenico" in greco
significa "che è dappertutto").
Il fabbisogno giornaliero di acido pantotenico è di difficile quantificazione; comunque
le quantità ritenute sufficienti sono di circa 2 mg per i neonati e salgono a 4-5 mg per i
bambini e a 4-7 mg per gli adulti. Il Comitato Scientifico Europeo ha stabilito nel 1993
come intervallo di sicurezza e adeguatezza una assunzione di 3-12 mg al giorno.
Le fonti alimentari sono le più svariate. Alti contenuti di tale composto sono presenti
in alcune verdure, come i broccoli, nelle uova, nel lievito di birra, ecc.
LA VITAMINA C
La vitamina C, o acido ascorbico, ha una struttura che si può considerare derivata
dai monosaccaridi e più precisamente da un esoso ossidato in C-1 e avente un doppio
legame fra i carboni 2 e 3. La forma ciclica è dovuta alla formazione di un anello
lattonico fra il carbossile in C-1 e l'ossidrile in C-4. L'attività vitaminica è maggiore nella
forma L.
La sua funzione nell'uomo, uno dei pochi mammiferi incapaci di sintetizzare questa
sostanza, è legata alla sua proprietà di ossidarsi e trasformarsi, in modo reversibile, in
acido deidroascorbico. Quest'ultimo, ancora attivo, può perdere irreversibilmente la
struttura ciclica per formare acido dichetogulonico, privo di attività vitaminica.
O
C
HO
C
HO
C
CH2OH
O
HO
C
H
O
O
HC
H
HO
C
H
OH
OH
CH2OH
formule di struttura dell'acido L-ascorbico o Vitamina C
La sua presenza nell'organismo è indispensabile per la normale attività di alcuni enzimi,
come quelli che catalizzano la sintesi della carnitina o del collagene.
Si ritiene che la sua azione antiossidante possa prevenire fenomeni ossidativi all'interno e
all'esterno della cellula e che faciliti l'assorbimento del ferro, che viene mantenuto allo
stato ferroso.
La carenza si evidenzia inizialmente soprattutto con manifestazioni emorragiche a livello
delle gengive e della cute. La tipica patologia da carenza di vitamina C, lo scorbuto, è
caratterizzata, oltre che da fenomeni emorragici diffusi, da anemia. Questa malattia ha
colpito nel passato individui, come ad esempio i marinai, che si nutrivano per tempi
abbastanza lunghi di alimenti conservati e quindi fortemente impoveriti di tale vitamina.
Il fabbisogno giornaliero, dell'ordine dei 50-60 mg, previene sintomi da deficienza per un
certo periodo dopo l'ultima assunzione. Intorno a questo valore sono le quantità
raccomandate, che diventano 70 e 90 mg rispettivamente in gravidanza e durante
l'allattamento. Comunque le ricerche effettuate negli ultimi anni sulla sua attività
antiossidante, che implica un ruolo preventivo per malattie cardiovascolari e tumorali,
portano a considerare dosi quotidiane da raccomandare per l'adulto sensibilmente più
alte, intorno ai 200 mg, con l'ulteriore raccomandazione di non superare i 1000 mg.
Le fonti alimentari sono rappresentate quasi esclusivamente dalle verdure fresche e
dalla frutta, in particolare dagli agrumi. Non è presente in importanti alimenti come i
cereali, i formaggi, i pesci e le uova. La presenza, per altro in quantità contenute, nelle
carni e nel latte non ha importanza alimentare poiché i processi di riscaldamento e più
in generale di trasformazione, effettuati a livello industriale e casalingo, la distruggono
rapidamente. Negli alimenti naturali, accanto all'acido L-ascorbico, si trovano in
genere anche flavonoidi, come la rutina e l'esperidina, che rafforzano l'azione
vitaminica in quanto agiscono positivamente sulla permeabilità capillare.
La stabilità di questa vitamina è estremamente bassa in quanto la sua struttura la rende
particolarmente sensibile ai processi ossidativi favoriti in particolare dalla luce e dal
calore. Infatti la sua struttura endiolica è comune a quei composti che costituiscono la
categoria dei "riduttoni", ossia sostanze fortemente riducenti. La facilità ad ossidarsi è
però sfruttata quando l'acido ascorbico viene impiegato come additivo antiossidante. Le
notevoli necessità di un tale composto, sia per la sua azione vitaminica, sia per il suo
impiego come additivo alimentare, ha sviluppato la ricerca di processi industriali che ne
consentissero la produzione su larga scala e a costi contenuti. Il processo schematizzato in
Figura 12 è particolarmente interessante per diversi motivi.
Innanzitutto in tale sintesi si ricorre a due diversi processi ossidativi, uno classico della
chimica organica e uno biologico. Quest'ultimo, altamente selettivo, è reso possibile
dall'attività dell'Acetobacter suboxidans. Si tratta di un tipico esempio in cui un intervento
biotecnologico rende possibile lo sviluppo di una reazione che non sarebbe altrimenti
realizzabile. Inoltre con tale processo si giunge ad un intermedio, il sorbitolo, un
importante edulcorante che trova ampio impiego nell'industria dietetica.
LA VITAMINE LIPOSOLUBILI
Queste vitamine, oltre ad essere insolubili in acqua e solubili nei lipidi, hanno anche
altre caratteristiche comuni che le contraddistinguono nettamente da quelle idrosolubili:
• sono formate unicamente da carbonio, ossigeno e idrogeno;
• il nostro organismo può ottenerle dagli alimenti come tali oppure come sostanze,
precursori o provitamine, che le rendono disponibili una volta ingerite;
• possono essere assunte anche saltuariamente, perché possono essere immagazzinate
nell'organismo ed essere poi utilizzate gradualmente, anche quando la dieta non ne
garantisce un apporto sufficiente; quest'ultimo aspetto, indubbiamente positivo, ha però
anche risvolti negativi che devono essere tenuti debitamente presenti; infatti, in casi di
eccessivo apporto di tali vitamine, si possono avere vere e proprie patologie da
ipervitaminosi; sono assorbite nel sistema linfatico e vengono secrete in piccole quantità
con i liquidi biliari;
• infine, una caratteristica interessante di queste vitamine è che si tratta di sostanze
indispensabili ad organismi viventi abbastanza evoluti, in quanto favoriscono soprattutto
processi, come la formazione di un sistema scheletrico o una corretta funzionalità
visiva, che non possono essere considerate elementari; è quindi evidente che in genere
non sarà possibile ricorrere a processi biotecnologici per farle produrre da
microrganismi, in quanto il loro minor livello evolutivo non le prevede all'interno del
loro metabolismo.
La loro presenza nella parte lipidica degli alimenti le espone al rischio di alterazioni
dovute al loro coinvolgimento in eventuali processi ossidativi a carico della parte lipidica
stessa.
LA VITAMINA A
Col termine generico di vitamina A si indica un gruppo di "retinoidi", ossia di composti
che presentano l'attività biologica del retinolo e comprendenti anche il retinale e l'acido
retinoico. Hanno una struttura isoprenica, infatti tali composti possono essere considerati
costituiti da un certo numero di molecole di isoprene (2-metil-l,3-butadiene). Tale
struttura contraddistingue anche i precursori, i caroteni; in particolare, il b-carotene può
fornire, almeno teoricamente, due molecole di vitamina A, spezzandosi con meccanismo
ossidativo a livello dell' insaturazione, collocata nella parte centrale della molecola. Altri
carotenoidi presenti in natura, come, ad esempio, la criptoxantina, pigmento giallo
presente in alcuni vegetali, possono essere considerati precursori di tale vitamina.
LA PROVITAMINA A
La funzione della vitamina A è volta soprattutto a favorire la crescita dei vari tessuti
e la funzionalità visiva; quest'ultima azione è però garantita soltanto dalle forme
alcolica e aldeidica.
La vitamina A è assorbita in stretta connessione con l'assorbimento dei lipidi,
quindi viene stoccata a livello epatico per poi essere rilasciata gradualmente secondo le
necessità.
Casi di carenza si manifestano con cecità notturna, xeroftalmia, ecc. Dal momento
che la vitamina A è indispensabile anche per una corretta struttura cellulare, in casi di
carenza si manifestano lesioni cutanee con tendenza alla cheratinizzazione. Carenze
gravi si verificano soprattutto nelle popolazioni sottosviluppate, quando vi sono
condizioni di malnutrizione proteica e lipidica, tali da provocare nei bambini una
maggiore predisposizione alle infezioni. Inoltre, si hanno caratteristiche manifestazioni
patologiche alle congiuntive (macchie di Bitot) e addirittura cecità.
Il fabbisogno giornaliero per un individuo adulto può essere considerato intorno ai 600700 µg di retinolo. Tale fabbisogno può essere espresso anche in unità internazionali (1
U.I. = 0.3 mg di retinolo). Le quantità raccomandate, per fasce di età e sesso, sono 350 µg
di retinolo equivalenti (R.E.) per i lattanti, 400-500.mg per i bambini, 600 mg per ì maschi
fino a 14 anni e 700 mg oltre a tale età. Per le femmine è raccomandata una quantità di 600
µg che subisce ìncrementi di 100 e 350.mg rispettivamente per gestanti e nutrici.
L'incremento contenuto ìn gravidanza è dovuto al fatto che si attribuiscono effetti
teratogeni a dosi troppo alte di vitamina A.
Dal momento che l'apporto di vitamina A può essere garantito anche da carotenoidi, i
comitati internazionali considerano le seguenti equivalenze: 6 mg di b-carotene oppure 12
mg di carotenoidi diversi dal b-carotene, e comunque provitamine A, equivalgono a 1 mg di
retinolo.
Le fonti alimentari della vitamina A come tale sono esclusivamente di origine animale:
carne, uova, latte, latticini, in particolare il burro e pesci, tra cui le aringhe, il tonno, le
sardine. Un buon contenuto in caroteni è invece presente in alcuni frutti, come le
albicocche, le pesche, e in verdure e ortaggi, come le carote, la zucca, gli spinaci e i
pomodori. Nei vegetali verdi la colorazione caratteristica giallo-arancio di questi
pigmenti è mascherata dalla clorofilla.
La vitamina A presenta una buona stabilità al calore, ma è sensibile alla luce, in
particolare a quella UV, per cui sono particolarmente importanti le caratteristiche
dell'imballaggio. Può essere coinvolta ìn processi ossidativi che interessano la matrice
alimentare in cui è contenuta. Se un grasso, come il burro o le margarine, diventa rancido
a seguito di fenomeni ossidativi, ad esempio a causa di un periodo di conservazione
eccessivamente prolungato, il contenuto in vitamina A può ridursi considerevolmente.
Per limitare l'alterazione dei caroteni nella frutta e nelle verdure conservate ìn scatola o
sottoposte a disidratazione si usano processi di disaerazione o di sbianca con vapore.
Accumulo
Tossicità
La tossicità della vitamina A può essere acuta se è provocata dall'assunzione di una o
più dosi fortemente eccessive. In tal caso si registra rapidamente una serie di disturbi,
come cefalea, nausea, vomito, difficoltà della visione, ecc. e nei giorni successivi
sonnolenza, inappetenza, pruriti, ecc. Tutti questi sintomi scompaiono rapidamente se
si interrompe il sovradosaggio. E comunque più facile che si incorra in una tossicità
cronica, sicuramente più subdola e più difficile da diagnosticare, a causa di un apporto
continuo e prolungato di quantità di vitamina superiori al fabbisogno. In tal caso si
accusano vari disturbi, come cefalea, insonnia, febbricola, alopecia, secchezza delle
labbra e della cute in genere, pruriti, dolori alle articolazioni, ecc.
Alcuni di questi disturbi da sovradosaggio, in particolare quello a carico della cute,
possono indurre nell'errore di ritenerli dovuti a carenza e di curarli con alti dosaggi
di vitamina A. Infine va nuovamente ricordato che un eccessivo apporto di
vitamina A può avere effetti teratogeni, per cui si raccomanda alle donne un
apporto giornaliero non eccessivo, non solo in gravidanza, ma anche in età fertile.
Alla luce di quanto detto la supplementazione di tale vitamina deve essere fatta
con le opportune cautele e solo se consigliata da specialisti. Anche per il bcarotene la supplementazione è ancora dibattuta e controversa; l'attività
antiossidante della provitamina aveva infatti spinto i Comitati internazionali ad
aumentare l'apporto giornaliero raccomandato. Alcuni studi però condotti su forti
fumatori hanno rimesso tutto in discussione, portando alla conclusione che, anche
in questo caso, la supplementazione va fatta con le opportune cautele.
LA VITAMINA D
La struttura della vitamina D, o meglio delle vitamine D2 e D3, deriva direttamente da
quella del colesterolo. In effetti la vitamina D3 ha nell'organismo umano un precursore,
il 7-deidrocolesterolo che, a livello metabolico, è originato proprio dal colesterolo. Si
tratta quindi di una sostanza che potremmo definire parzialmente vitamina e
parzialmente ormone, in quanto può essere fornita dagli alimenti, ma è anche elaborata
dall'organismo. Per esposizione della pelle alla luce solare, le radiazioni UV
trasformano il 7-deidrocolesterolo in vitamina D3.
I lieviti ed altri funghi contengono invece l'ergosterolo, strutturalmente molto simile al
7-deidrocolesterolo, che, sottoposto a radiazioni, subisce anch'esso modificazioni che
lo trasformano in una sostanza ad azione vitaminica, chiamata appunto vitamina D2.
In effetti, però, entrambe le vitamine D2 e D, acquisiscono la specifica attività biologica
solo quando nell'organismo, prima a livello epatico e poi a livello renale, subiscono
ulteriori modificazioni molecolari (vedi figura).
La funzione della vitamina D è essenzialmente quella di regolare il metabolismo del
calcio e del fosforo per la formazione del tessuto osseo, favorendone inoltre
l'assorbimento a livello intestinale e l'escrezione urinaria. Per questo le vitamine D2 e D3
sono anche indicate rispettivamente come ergocalciferolo (o ercalciolo) e come
colecalciferolo (o calciolo) ed è chiamato calcitriolo il metabolita attivo finale della
vitamina D che, agendo a livello intestinale, stimola la sintesi di una proteina che
favorisce l'assorbimento di calcio e fosforo.
LE VITAMINE D2 e D3
Trasformazione del 7-deidrocolesterolo in
vitamina D3 per irradiazione
Attivazione della vitamina D3 a livello epatico e renale con formazione del calcitriolo .
La carenza di vitamina D si può verificare in quegli individui che seguono diete
povere di vitamina e che conducono una vita sempre al riparo dei raggi solari. Una
tale situazione provoca negli adulti patologie a carico del sistema scheletrico, come
l'osteomalacia e l'osteoporosi. Nei bambini la carenza di questa vitamina provoca il
fenomeno del rachitismo, caratterizzato da gambe arcuate e petto carenato a causa di uno
scarso sviluppo del tessuto osseo.
Il fabbisogno di vitamina D può essere assicurato sia dalla produzione endogena, grazie
all'esposizione ai raggi solari, sia dalle fonti alimentari. Inoltre tale fabbisogno dipende
anche dalla quantità di calcio e fosforo nella dieta, oltre che, naturalmente, dall'età e dal
sesso.
I livelli di assunzione raccomandati sono: 10-25 .mg per i lattanti, 10. mg per i
bambini fino a 3 anni, 0-10 mg per i bambini con età superiore ai 3 anni, 0-15 mg per i
maschi fino a 17 anni, 0-10 . mg per i maschi fino a 59 anni e 10 . mg da 60 anni in su.
Per le femmine 0-15 µg dagli 11 ai 17 anni, 0-10 mg fino a 49 anni e 10 mg dai 50 anni in
su. La dose giornaliera di 10 mg viene anche raccomandata per le gestanti e le nutrici.
Come si può vedere i livelli di assunzione raccomandati per alcune fasce di età sono dati
come intervalli che partono da zero in quanto si ritiene che, in quelle condizioni
fisiologiche, l'apporto dì vitamina D possa essere garantito anche dalla sola esposizione
alla luce solare, mentre il valore superiore dell'intervallo è raccomandato per coloro che
non possono contare sulla formazione endogena di tale vitamina.
Invece, in alcuni stati fisiologici particolari, come la prima infanzia, l'età avanzata e la
gravidanza la dose raccomandata è unica, perché si ritiene che tale dose debba essere
comunque assunta con la dieta o con un'opportuna supplementazione. Le quantità di
vitamina D possono essere anche espresse in unità internazionali (1U.I. = 0.025 µg).
Le fonti alimentari di vitamina D sono tutte di origine animale. Il latte e i suoi derivati,
le uova e le carni ne garantiscono un piccolo apporto, mentre i pesci di mare e soprattutto
l'olio del loro fegato rappresentano fonti particolarmente importanti di tale vitamina.
La stabilità della vitamina allo stato solido è assicurata dal suo mantenimento in
recipienti di vetro, tenuti in luogo fresco e al riparo dalla luce. Inoltre tali contenitori
devono essere ermeticamente chiusi e al loro interno deve essere fatto il vuoto o deve
essere immesso gas inerte al posto dell'aria. Infine va ricordato che tale vitamina non
subisce sensibili riduzioni nelle lavorazioni e nella conservazione degli alimenti.
La tossicità di tale vitamina emerge ben difficilmente da un errato approccio alle diverse
fonti alimentari, ma si può invece constatare in individui ai quali sono stati somministrati
alti dosaggi di tale vitamina (ad esempio per la terapia del rachitismo o dell'osteoporosi).
In tal caso i sintomi di intossicazione sono anoressia, vomito, debolezza muscolare,
ipercalcemia, che può anche portare alla calcificazione di tessuti molli e a calcoli renali.
LA VITAMINA E
Questa vitamina comprende quattro composti, chiamati tocoferoli, derivati dal 6idrossicromano e aventi, in posizione 2, una catena laterale isoprenoide. Essi si
differenziano fra loro per una diversa presenza di gruppi metilici nelle posizioni 5, 7 e 8
del 6-idrossicromano. In particolare l'a-tocoferolo ha un metile in tutte e tre le posizioni,
il b-tocoferolo in 5 e 8, il g- tocoferolo in 7 e 8 e infine il d-tocoferolo soltanto in 8.
La funzione della vitamina E è dovuta alla particolare struttura che le consente la
neutralizzazione di radicali liberi per cessione di idrogeni e formazione di radicali
molto stabili. L'attività vitaminica si riduce passando dall' a al b al g e infine al dtocoferolo. Nel nostro organismo protegge dall'ossidazione gli acidi grassi insaturi
delle membrane cellulari ed altre strutture lipidiche. La vitamina E è chiamata anche
vitamina antisterilità perché ricerche fatte su animali (per ora non confermati
clinicamente nell'uomo) hanno evidenziato una sua influenza sulla fertilità.
Essa giunge nel sistema circolatorio dopo aver attraversato la via linfatica, in quanto è
assorbita con la componente lipidica degli alimenti.
Stati di carenza nell'uomo si riscontrano difficilmente, salvo in casi di malassorbimento,
in particolare in quelli dovuti ad uno scarso flusso di liquidi biliari o in presenza di
intestino corto. Scarsi livelli plasmatici di tale vitamina possono essere conseguenti a
diarrea cronica, fibrosi cistica, celiachia, epatopatie, ecc. Nei bambini una grave e
protratta carenza di vitamina E provoca seri danni neurologici.
Il fabbisogno dipende naturalmente dal tipo di tocoferoli disponibili, ma anche dalla
presenza di acidi insaturi nell'alimentazione, che devono essere protetti da fenomeni
ossidativi. La quantità giornaliera raccomandata è di 8 mg di equivalenti di a-tocoferolo
per la donna adulta, 10 mg per l'uomo e per la donna gravida. In ogni caso i valori non
devono scendere al di sotto di 3-4 mg/die. I latti artificiali devono contenere una quantità
di tocoferoli adeguata alla quantità di acidi insaturi presenti.
Sono in corso ricerche per stabilire in modo certo se una supplementazione di vitamina E
possa rallentare l'aterosclerosi, la formazione di cataratta ed altri processi degenerativi
tipici dell'invecchiamento.
Le principali fonti alimentari di origine vegetale sono gli oli, le margarine e altri
prodotti che contengono questi oli, le noci, le nocciole, le mandorle, il germe dei
cereali. Negli alimenti di origine animale si trova nelle uova, nelle carni, nel pesce e nel
latte.
La stabilità è naturalmente molto scarsa in presenza di ossigeno, mentre alimenti ricchi
di vitamina E, sottoposti a trattamenti termici drastici, ma in assenza di ossigeno, non
subiscono perdite sensibili di tale vitamina. La sua presenza negli alimenti protegge
dall'ossidazione la frazione lipidica, per questo è impiegata come additivo antiossidante.
L'attività antiossidante nei quattro tocoferoli ha un andamento inverso rispetto a quella
vitaminica, per cui l' a-tocoferolo è meno antiossidante del b e così via. La vitamina E è
distrutta dalle radiazioni UV.
La tossicità dovuta ad eccessiva assunzione di vitamina E è sicuramente meno grave e
frequente di quella vista per le altre vitamine liposolubili, in quanto non sono stati
segnalati particolari effetti negativi se non per dosi eccezionalmente alte, come, ad
esempio, quelle somministrate direttamente in vena ai neonati prematuri.
LA VITAMINA K
Sono comprese sotto la denominazione di vitamina K alcune sostanze naturali aventi come
nucleo base il 2-metil-l,4-naftochinone con una lunga catena laterale isoprenoide che le
rende insolubili in acqua. Nel mondo vegetale è presente la vitamina Kl, o fillochinone, la
cui catena laterale è il fitile, mentre i batteri sintetizzano la vitamina K2, o menachinone.
Il menadione, o 2-metil-l,4-naftochinone, o vitamina K3, è preparato per via sintetica e
presenta ancora attività vitaminica. Questo composto, pur presentando il vantaggio di una
maggiore solubilità in acqua, ha una certa tossicità che ne limita l'impiego.
La funzione della vitamina K è quella di influire in modo determinante su
quell'insieme di processi che determinano la coagulazione del sangue, in quanto è
essenziale per la formazione di protrombina nel fegato e per il mantenimento di un
normale tasso protrombinico a livello ematico. Si ritiene anche che un buon apporto di
questa vitamina garantisca il mantenimento di un normale apparato scheletrico.
La carenza di vitamina K si può verificare solo se manca nell'alimentazione e se
non viene prodotta dalla flora intestinale la vitamina K2. Ciò può avvenire, ad esempio,
in individui sotto terapia antibiotica o alimentati per via parenterale, o nei neonati nei
quali la flora intestinale non si è ancora costituita, o ancora in assenza di bile, che
consente l'assorbimento di vitamine liposolubili. In tal caso si riscontra la riduzione
della produzione dei vari fattori che favoriscono la coagulazione e quindi l'insorgenza di
emorragie.
Il fabbisogno di vitamina K è di difficile quantificazione dal momento che può
essere prodotta, in una certa misura, dalla flora intestinale. Quindi, tenendo conto di
una scarsa o nulla produzione a livello intestinale attualmente si consigliano dosi di
circa 1 µg/kg di peso corporeo, ovvero 10-20 µg di fillochinone per neonati e bambini
che salgono a 60-80 µg per gli adulti, con incrementi per le donne in gravidanza e per le
nutrici.
Le fonti alimentari del fillochinone sono le verdure, specie se a foglia verde scura,
mentre il menachinone è presente in alimenti di origine animale. Quest'ultimo è
prodotto soprattutto dalla flora intestinale che lo rende quindi disponibile per l'organismo.
Questa vitamina presenta una buona stabilità all'aria e al calore, mentre è molto
sensibile all'ambiente basico e alla luce. Il mantenimento dell'attività vitaminica da parte
del menadione dimostra che questa volta tale attività non è compromessa dalla perdita
della catena laterale, come avviene invece, ad esempio, nel caso della vitamina B2.
ANALISI DELLE VITAMINE
Le vitamine liposolubili A, D ed E, si trovano a volte insieme negli alimenti di natura
grassa (oli di pesci, fegato, latticini e uova), anche se in quantità diverse.
La loro determinazione può essere fatta dopo estrazione con Et2O (O2 free) del
materiale alimentare micronizzato, successiva saponificazione con KOH alcolica ed
estrazione con Etere di Petrolio.
La soluzione ottenuta può essere smistata su una colonna con fase stazionaria di
MgHPO4/Na2HPO4 eluendo inizialmente con Etere di Petrolio per allontanare gli
eventuali carotenoidi. Poi aumentando un po’ la polarità del solvente (Et Petr- Et2O,
94:6) e usando alcuni accorgimenti tecnici si può separare prima la vitamina E e poi
eluendo con Benzene/Et2O 70:30 la miscela di Vit A e D.
Una successiva separazione cromatografica, in colonna con fase stazionaria organica
di media polarità (Poliglicol 400), della miscela di vitamine A e D, usando Et Petr
come eluente permette di separare due frazioni consecutive che analizzate
opportunamente mostrano di essere la Vit D (eluita per prima) e la Vit A (eluita per
seconda).
Le due frazioni evaporate a secco e poi ridisciolte in CHCl3 possono essere analizzate
separatamente con uno specifico reattivo che permette la trasformazione delle
vitamine in composti valutabili con la spettrofotometria nel visibile. In tal modo,
facendo uso di campioni standard, si può risalire alla concentrazione delle vitamine
nelle soluzioni analizzate e conseguentemente nei campioni alimentari di partenza.
Le vitamine liposolubili A, D, E, K, presenti in miscela in una soluzione si possono
determinare molto efficacemente anche tramite cromatografia HPLC usando la fase
inversa C18 ed un eluente polare tipo acetonitrile/metanolo (75:25).
Le vitamine Idrosolubili si possono determinare anch’esse nella forma purificata
usando reattivi specifici che permettono la successiva valutazione per via strumentale
(spettrofotometrica o spettrofluorimetrica). Comunque queste vitamine si possono
determinare anche direttamente in miscela attraverso la cromatografia in HPLC usando
la fase inversa e un’opportuna miscela eluente polare.
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