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Crisi della Fisica Classica

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Crisi della Fisica Classica
If I have seen further it is by standing on ye
shoulders of Giants.
Se ho visto più lontano è perché stavo sulle
spalle di giganti
Isaac Newton che cita Bernardo di Chartres filosofo francese del XII secolo in
una lettera a James Hooke
Alfredo Rubino
Alfredo Rubino
Breve Storia delle Teorie Atomistiche
Dal greco ἄτομος -, indivisibile, unione di ἄ - [alfa privativo] + τομῆ (divisione).
La teoria atomica della materia fu proposto per primo da Leucippo,
un filosofo greco, vissuto intorno al 450 a.C..
Leucippo
Secondo Anassagora è possibile suddividere la materia in parti
sempre più piccole, e questo processo può continuare all’infinito.
Ma secondo Leucippo, questo processo ha termine e ad un certo
punto si arriva a piccole particelle che non possono essere più
suddivise. Egli chiamo queste particelle atomi.
Democrito, discepolo di Leucippo,perfezionò la teoria affermando
che tutta la materia è composta di atomi che oltre che indivisibili,
sono invisibili ed indistruttibili e non intellegibili “si muovono
eternamente nel vuoto infinito”.
Altri atomisti furono Epicuro e Lucrezio ma vinse
Aristotele
Democrito
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna J. Dalton
John Dalton (1803), per spiegare una enorme
quantità di osservazioni sperimentali che non
potevano essere spiegate altrimenti ,suppose che
• ogni forma di materia è costituita da atomi; gli
atomi sono tutti inalterabili ed indivisibili;
• in una stessa sostanza ( elemento ) gli atomi
sono tutti uguali;
• gli atomi di diversi elementi differiscono per
massa e per altre particolarità;
• le trasformazioni chimiche avvengono per
unione o separazione di atomi tra di loro.
Alfredo Rubino
John Dalton
La Teoria Atomica Moderna J.J. Thompson
Joseph John Thompson, con la scoperta dell’elettrone
nel 1898 attraverso l‘esperimento sui raggi catodici
emessi in un tubo a bassa pressione, fornì nel 1904
un primo modello sulla struttura atomica.
Alfredo Rubino
L’esperimento di Thompson I
Schermo
Fluorescente
_
Catodo
+
Anodo
Catodo
+
Campo
Elettrico
-
+
In presenza di un campo elettrico trasversale i raggi catodici sono
deflessi, allontanandosi dalla placca a potenziale negativo.
Maggiore è il campo elettrico maggiore è la deflessione devono
essere costituiti da particelle cariche negativamente: gli elettroni
Alfredo Rubino
L’esperimento di Thompson II
Catodo
+
Anodo
Magnete
In presenza di un campo magnetico i raggi catodici sono
deflessi. Maggiore è il campo magnetico maggiore è la
deflessione.
• Gli elettroni possono essere prodotti da qualunque
tipo di metallo quindi tutti gli atomi contengono
elettroni, che essendo neutri contengono anche
carica positiva.
Alfredo Rubino
L’esperimento di Thompson III
Legge di Lorentz
e
E

m H 2r
e carica dell’elettrone
m massa dell’elettrone
E campo elettrico
H campo magnetico
r raggio di curvatura del fascio elettronico
elettroni
e
8C
 1.7588  10
m
g
carica positiva
R. A. Millikan misurò la carica dell’elettrone
e = 1.602 10 x 10-19 C; m = 9.1091 x 10-31 Kg
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna E. Rutherford
Modello “nucleare”
Nel 1911 Ernest Rutherford fece un esperimento
facendo incidere un fascio di particelle alfa su un
sottile foglio di oro.
Le particelle alfa sono nuclei di elio doppiamente
ionizzati e quindi cariche positivamente ( un nucleo più
due protoni) e più pesanti rispetto all’elettrone.
Lo scopo dell’esperimento era di determinare,
attraverso la deflessione delle particelle alfa, il
posizionamento della carica positiva e degli elettroni
all’interno dell’atomo.
Alfredo Rubino
L’esperimento di Rutherford I
L’esperimento mostrò che la maggior parte delle particelle alfa
attraversavano il foglio senza alcuna deflessione, come era da aspettarsi
in accordo al modello di Thompson. Tuttavia una parte consistente era
deviata per angoli piccoli ad alcune addirittura “rimbalzavano”
all’indietro.
Schermo fluorescente
Sorgente di
particelle alfa
Foglio di oro
Alfredo Rubino
L’esperimento di Rutherford II
Rutherford alla luce di questi risultati ipotizzò che l’atomo è
sostanzialmente vuoto e la sua massa è concentrata in una regione
centrale, carica positivamente. Rutherford chiamò questa regione
nucleo.
Alfredo Rubino
L’esperimento di Rutherford III
Gli elettroni orbitano intorno al nucleo in equilibrio sotto le
azioni della forza centrifuga FC e della forza attrattiva
coulombiana FQ, cosi come i pianeti orbitano intorno al sole,
dove la forza attrattiva è la forza gravitazionale.

mv 2 
Fc 
ir
r

Zq 2 
FQ  
ir
4 0 r 2
-
Alfredo Rubino
+
La Teoria Atomica Moderna
Modello matematico dell’atomo di Rutherford I

Zq 2 
FQ  
i
2 r
4 0 r

mv 2 
Fc 
ir
r
m massa dell’elettrone
v velocità dell’elettrone
r distanza radiale dell’elettrone dal nucleo
ir versore in tale direzione (positivo dal nucleo
all’elettrone)
q carica dell’elettrone
Zq carica nucleare
0 costante dielettrica del vuoto (8.85x10-14F/cm)
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna
Modello matematico dell’atomo di Rutherford II
Assumendo nulla l’energia potenziale EP dell’elettrone quando esso si
trova a distanza infinita dal nucleo, essa è esprimibile come il lavoro
necessario per trasportare l’elettrone dalla posizione r a distanza
infinita dal nucleo, ossia


FQ  dr   FQ dr


  
Zq 2
Zq 2 1
Zq 2
E p   F  dr   
dr 

2
4 0 r 0
4 0 r
0
 4 0 r

0
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna
Modello matematico dell’atomo di Rutherford III
Zq 2
Ep  
40 r
Dall’equilibrio delle forze
mv2
Zq 2

r
40 r 2
2
Zq
mv 2 
4 0r
2
Zq 2 1
1
Zq
ETot  E pot  Ekin  
 mv 2  
4 0r 2
2 4 0r
Alfredo Rubino
Fisica Classica
Onde elettromagnetiche
Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL
Legge della Forza : forza di Lorentz
Relazioni costitutive


D   0 r E


B  0  r H
 0  8.85 x10 14 F cm
0  4 x 10 9 H cm
Alfredo Rubino

  
F  q( E  v  B)
Le equazioni di Maxwell
Forma integrale
Legge di Gauss per il
campo elettrico
Forma differenziale


  Q
 E   ds E  n 
0
S
Legge di Gauss per il
campo magnetico
Legge di AmpèreMaxwell
Legge di Faraday


 
 B   ds B  n  0
 
E 
0

B  0
S


 


 B  d l  0  I   0 t  E 

 


 E  d l   t  B
Alfredo Rubino


E
  B  0 j   0 0
t


B
 E  
t
Fisica Classica
Onde elettromagnetiche
Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL
Nello spazio libero

E  0


E
  B   0 0
t

B  0



B
H
 E  
  0
t
t
  
H  D
t
Alfredo Rubino
Facciamo il rotore, ad esempio,
dell’equazione



B
H
 E  
  0
t
t





    E   0   H
t
  
Applichiamo l’identità vettoriale a sinistra e
H  D
sostituiamo a destra
t


2


  D 
2
     E
  E   E    0 
0 0
t  t 
t 2
• Non ci sono cariche
Alfredo Rubino
Equazione d’onda
Quindi, nel vuoto

 1 E
2
 E 2 2
c t
2
• Equazione di Helmholtz o d’onda
c
1
0 0
Alfredo Rubino
Onde elettromagnetiche
Teoria dell’elettromagnetismo di MAXWELL



2






1

2
 E , H  2  2  E, H
c  t 

La luce come onda elettromagnetica è caratterizzata da
una combinazione di campi elettrici (E) e magnetici (H), ortogonali tra di loro,
variabili nel tempo che si propagano attraverso lo spazio alla velocità c
La frequenza di oscillazione, f, dei campi e la loro lunghezza d’onda nel
vuoto, o, sono collegate dalla relazione
c = f0
Alfredo Rubino
Equazione d’onda
Vediamo cosa rappresenta in un caso semplice:
immaginiamo di avere un campo elettrico lungo x e che
dipende solo dalla coordinata z
 Ex
2
z
2

x
1  Ex
2


E( z, t )  Ex ( z, t )u x
c 2 t 2
Le soluzioni possibili sono del tipo
 z
Ex  g  t  
 c
Non avendo parlato di
condizioni al contorno non
possiamo dire nulla su g
Alfredo Rubino
z
Equazione d’onda
Prendiamo per esempio la soluzione con il segno negativo:
 z
Ex  g  t  
 c
All’aumentare del tempo, subisce una traslazione sull’asse z:
consideriamo g ad un certo istante, e vediamo una forma per g.
Se aumenta t, devo aumentare z per continuare a vedere la
stessa forma
• Di quanto devo aumentare z? se passa Dt, devo spostarmi di
Dz
Dz tale che Dz
c
 Dt

Dt
c
• Cioè: mi devo spostare verso z crescenti alla velocità della
luce. La soluzione descrive un campo che si propaga alla
velocità c in direzione di z
Alfredo Rubino
Equazione d’onda
• Viceversa, dovremo viaggiare a -c nell’altra soluzione
• Le soluzioni delle equazioni di Maxwell sono onde
'light itself (including radiant heat, and other radiations if any) is an
electromagnetic disturbance in the form of waves propagated through
the electromagnetic field’ J.C. Maxwell
Alfredo Rubino
L’onda piana I
Ci riferiremo con il termine onda a onde propagantesi in condizioni
stazionarie in un mezzo uniforme, e più in particolare ad onde piane
uniformi: se si indica con x la direzione di propagazione e si suppone che
l’onda vari nel tempo in modo sinusoidale con frequenza f e periodo
T=1/f, essa può rappresentarsi come segue:
2 
 2
Asen
t
x
 
 T
In questa equazione  (lunghezza d’onda) e T (periodo) rappresentano
rispettivamente la periodicità spaziale e temporale dell’onda, per cui essa
può visualizzarsi come una oscillazione sinusoidale indefinita che si
muove lungo x con velocità di fase uf.
Alfredo Rubino
L’onda piana II
La velocità di fase rappresenta la velocità con cui si
sposta (ad esempio) il picco dell’onda stessa e si
ottiene immediatamente imponendo la costanza
dell’argomento (fase) del seno
2
2
t
x  costante
T

ossia
dx

2
 u f  f 
con k 
dt
k

Alfredo Rubino
Onda stazionaria
onde stazionarie: onde di uguale ampiezza e
frequenza propagantisi in versi opposti.

x
x 


A sen  t    sen  t   
 v
 v 



x 
 x 

2 A sent   cos    2 A sent   cos 2 
 v 
  


essendo

x
x
 2  kx
v

Alfredo Rubino
Onda stazionaria
Nella figura sono rappresentate 2 onde sinusoidali (stessa frequenza,
ampiezza) che viaggiano in direzione opposta.. L’ampiezza di questa
nuova onda sarà, punto per punto, la somma/differenza delle
ampiezze in funzione dello sfasamento tra le onde. In particolare,
quando lo sfasamento è di 180° l’ampiezza risultante sarà nulla;
mentre sarà il doppio quando lo sfasamento è zero.
L’onda risultante non si sposta
e ogni suo punto oscilla tra un
minimo ed un massimo.
I punti sulla figura indicano un
nodo e un antinodo dell’onda
stazionaria.
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica I
Max Planck (1858-1947, Nobel 1918) con una nota alla riunione
della Società tedesca di Fisica, annunciava il 14 dicembre del 1900
la cosiddetta legge di radiazione del corpo nero, teoria costruita
attraverso una serie di lavori pubblicati su gli Annalen der Physik e
culminata nel lavoro del 1901 dal titolo Über das Gesetz der
Energieverteilung im Normalspektrum ( Sulla legge di distribuzione
della energia in uno spettro normale).
Egli ipotizzava che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e
di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche avvengono in
forma discontinua, proporzionale alla loro frequenza di oscillazione,
secondo una costante universale non già in forma continua, come
implicato dalla teoria elettromagnetica classica. :
E  hf
h=6.626069x 10-34Js
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica II
Einstein (1879-1955, premio Nobel 1921) unificò il carattere
ondulatorio e corpuscolare della radiazione elettromagnetica. L’ipotesi fu
formulata in un lavoro pubblicato su gli Annalen derPhysik nel 1905 dal
titolo Uber einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes
betreenden heuristischen Gesichtspunkt (Su un punto di vista euristico
relativo alla produzione e trasformazione della luce) nel quale dava una
innovativa e brillante interpretazione dell’effetto fotoelettrico:
scrive Abrham Pais “His reasoning was mad, but his madness has that
divine quality that only the greatest transitional figures can bring to
science”, (trad . italiana Sottile è il signore... La scienza e la vita di Albert
Einstein, Bollati Boringhieri).
Einstein pervenne ad enunciare l’ipotesi del quanto di luce seguendo un
ragionamento indipendente dalla formula ricavata cinque anni prima da
Max Planck.
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica III
Louis de Broglie (1892-1987, Nobel 1929) nel 1924 nella sua
tesi di dottorato estende alle particelle materiali il carattere ondulatorio e
corpuscolare della radiazione proposto da Einstein.
Secondo questa ipotesi è possibile associare alle particelle materiali una
lunghezza d’onda secondo la relazione:
h

p
in cui: λ è la lunghezza d'onda, h la costante di Planck e p la quantità di moto
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica IV
2
p  mv  k con k 

E  hf
ed utilizzando la relazione di Einstein:
E
f 
h
 E  
con   2f
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica V
L’esistenza di reciprocità nel comportamento corpuscolare e ondulatorio
delle particelle fu confermata sperimentalmente dall’esperimento di
Davisson- Germer nel 1927 osservando cosa accadeva quando per un
fascio di elettroni, di bassa energia, diretto perpendicolarmente sulla
superficie di un cristallo di nichel. L’energia degli elettroni venne scelte in
modo che la lunghezza d’onda degli elettroni descritta dalla formula di de
Broglie fosse comparabile con la distanza tra gli atomi di nichel. Se gli
elettroni si fossero comportati come particelle, essi sarebbero stati diffusi in
tutte le direzioni in modo casuale. Al contrario, la distribuzione osservata fu
del tutto simile ad una figura di diffrazione (tipico fenomeno ondulatorio) di
un fascio di luce da un reticolo, in cui i massimi ed i minimi d’interferenza
soddisfacevano la lunghezza d’onda data dalla relazione di de Broglie.
Esperimenti successivi dimostrarono la possibilità di descrivere il
comportamento ondulatorio anche di particelle più pesanti, quali protoni e
neutroni.
1924
1927
1929
Ipotesi di de Broglie
Esperimento di
Premio Nobel a
Davisson- Germer
de Broglie
Alfredo Rubino
Meccanica Quantistica V
Erwin Schrodinger (1887-1961, Nobel 1933) in una lunga
monografia pubblicata nel 1926 su Annalen der Physik
dal titolo Quantisierung als Eigenwertproblem (Quantizzazione come
problema agli autovalori) pose le basi teoriche, a partire dall’ipotesi di de
Broglie, della cosiddetta “Meccanica ondulatoria”, dando una forma
esplicita all’equazione di propagazione dell’onda associata alle particelle
materiali



 r , t 
 2 2 
j

  r , t   U r , t  r , t 
t
2m
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna
Limiti del modello di Rutherford
E’ noto dalla teoria dell’elettromagnetismo e dagli
sperimenti che una carica accelerata irradia energia sotto
forma di onde elettromagnetiche, per cui l’elettrone
dovrebbe collassare sul nucleo a causa della continua
energia emessa durante il suo movimento, mettendo in
crisi la stabilità stessa dell’ ”edificio atomico”.
Inoltre, dovendo l’orbita dell’elettrone cambiare con
continuità secondo una spirale, l’elettrone dovrebbe
emettere radiazioni luminose di qualsiasi lunghezza d’onda
(spettro continuo) contrariamente alle discontinuità
osservate nella misura degli spettri di emissione dei gas.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Un gas riscaldato o rarefatto (in un tubo a
vuoto) e sottoposto ad un campo elettrico
emette radiazione elettromagnetica che può
spettro dell’idrogeno
essere anche visibile: spettri di emissione
dei gas.
Nel 1885 Balmer dimostrò che le linee della regione visibile dello spettro
dell’idrogeno soddisfano la seguente equazione:
1
1 
 RH  
n2

2
2

n 
2
1
In cui λ è la lunghezza d’onda della radiazione emessa.
 1
1 
Successivamente Lyman
 RH 


2
2
n1 
 n2
generalizzo questa espressione 
1
n1 , n2 interi (n1  n2 )
RH, costante di Rydberg = 1.097678 10–7 m–1
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
A
l
t
a
t
e
n
s
i
o
n
e
Lo spettro di emissione degli atomi gassosi
-
+
Linee spettrali
Idrogeno gassoso
spettro dell’idrogeno
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Lo spettro di emissione dell’idrogeno
n1  1    912Å
n1  2    3648 Å
serie ultavioletta di Lymann
serie visibile di Balmer
n1  3    8208Å
n1  4    14492Å
 1
1 
 RH 


2
2

n1 
 n2
1
Alfredo Rubino
n1 , n2 interi
(n2  n1 )
Crisi della Fisica Classica
Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” I
I corpi (solidi o liquidi) a qualsiasi temperatura emettono
una radiazione che per temperature non molto alte è
invisibile (radiazione infrarossa o calore raggiante) mentre
a temperature di alcune centinaio di gradi diviene visibile
(incandescenza).
Il corpo nero è una superficie ideale che assorbe tutta la
radiazione incidente.
La radiazione di corpo nero è la radiazione
elettromagnetica emessa dalla superficie di un oggetto. La
distribuzione spettrale della radiazione dipende solo dalla
temperatura dell’oggetto.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” II
Legge di Wien
Alfredo Rubino
max T  2898mT
Crisi della Fisica Classica
Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” III
Legge di Rayleigh-Jeans,
basata sulla Fisica Classica
I ( , T ) 
8f 2
Intensità relativa
c
3
k BT
I ( , T ) 
8f 2
c
3
hf
e
hf k BT
Risultati sperimentali e
legge di Planck
Frequenza
la continua crescita di energia emessa con la frequenza (denominata “catastrofe
ultravioletta") non avviene.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Il corpo nero e la “catastrofe dell’ultravioletto” IV
Ipotesi di Planck
Max Planck trovò dapprima una formula empirica che era in completo
accordo con i dati sperimentali
I ( f ,T ) 
8f 2
hf
c 3 e hf k BT
Successivamente egli ripeté il calcolo assumendo che la radiazione
elettromagnetica possa essere assorbita e emessa in maniera discreta o
quantizzata.
E  hf
h è la costante di Planck: 6.62  10-34 J·s
f è la frequenza della radiazione
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr I
Postulati della Teoria di Bohr
1. Gli elettroni possono muoversi solo su orbite circolari
preferenziali, lungo le quali non irradiano. Tali orbite risultano
stazionarie e corrispondono a stati permessi all’elettrone.
2. Un elettrone può emettere (o assorbire) energia solo in
concomitanza di transizioni tra stati stazionari. In tal caso
l’elettrone emette (o assorbe) fotoni di frequenza f secondo
l’espressione proposta da Einstein nel 1905: E = h f, essendo h
la costante di Planck.
3. Il momento della quantità di moto L degli elettroni è
quantizzato ed è espresso da L =me vrn= n in cui v rappresenta
la velocità lineare dell’elettrone, rn il raggio dell’orbita
dell’elettrone, n è un numero intero che rappresenta il
numero quantico
h
ed infine ħ è :  
Alfredo Rubino
2
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr II
Dall’uguaglianza fra la forza di Coulomb e la forza centrifuga si
può ricavare il raggio r dell’orbita in funzione della velocità v.
me v 2
q2

r
2
r
4 0r
4 0me v 2
q2
Utilizzando la regola di quantizzazione del momento della
quantità di moto me vr  n
Eliminando v e risolvendo per r si ottiene
2

4 0
rn  n2
me q 2
Dove a0 = raggio di Bohr=
 n2a0
 2 4 0
me q
2
Alfredo Rubino
 0.529Å
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr III
L’energia totale dell’elettrone diventa:
E0
1 q2
1 me q 4
1
1
q2
1
En  



2
2
2
2
2 4 0r
2  4 0  n
2 4 0 a0 n
n2
Dove : E0 è l’energia di ionizzazione dell’atomo di idrogeno
E0 
q2
8 0a0

me q 4
2(4 0 ) 2
 13.6eV  21.8  1019 J
La prima orbita permessa ha un raggio a0 =0.529Å
Entrambi questi valori si mostrano coerenti con quelli derivati
dalla teoria cinetica dei gas.
Alfredo Rubino
Un elettronvolt (simbolo eV) è l'energia acquistata da un elettrone libero quando
viene accelerato da una differenza di potenziale elettrico di 1 volt.
Un elettronvolt è un quantitativo molto piccolo di energia:
1 eV = 1,602 176 46 × 10-19 J;
1 eV = 1,602 176 46 × 10-12 erg.
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr IV
Lo spettro di emissione degli atomi gassosi I
Il modello di Bohr prevede che gli elettroni occupino una delle possibili orbite
quantizzate, senza emissione di onde elettromagnetiche. L’emissione avviene
quando l’elettrone passa da un’orbita all’altra; in questa transizione avviene
l’emissione di un fotone di energia pari alla differenza di energia tra le due
orbite.
Lyman (UV)
n=1
n=2
Paschen (IR)
Alfredo Rubino
n=3
n=4
n=5
Balmer (visibile)
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr V
Lo spettro di emissione degli atomi gassosi II
Dall’espressione dei livelli quantizzati di energia si ha
 1
mq 4  1
1 
1 
hf 
 2  2   13.6  2  2  eV
2 2
8 0 h  n2
n1 
n1 
 n2
Lyman (UV)
Questa relazione può essere scritta come
 1
1 
 RH 


2
2

n1 
 n2
1
hc 

hf






n=1
n=2
Paschen (IR)
RH 
mq
4
8 0 2ch3
RH  1.09700 10 7 m 1
Alfredo Rubino
n=3
n=4
n=5
Balmer (visibile)
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VI
Lo spettro di emissione degli atomi gassosi III
Teorico dal modello di Bohr
RH  1.09700 10 7 m 1
Sperimentale
RH  1.097678 10 7 m 1
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VI
electrons in orbits
Atomo di Bohr
nucleo
Alfredo Rubino
La Teoria Atomica Moderna N. Bohr VII
Le debolezze del modello di Bohr
Anche se il modello di Bohr rappresentò un passo avanti fondamentale
verso la costruzione della teoria quantistica degli atomi, non rappresenta in
realtà la corretta descrizione teorica della natura delle orbite elettroniche.
Esso ci fornisce un modello concettualmente semplice e fondamentale
delle orbite e delle energie degli elettroni atomici. Tuttavia le ipotesi
sembrano ad hoc.
Perché esistono delle orbite stazionarie dove gli elettroni non irradiano?
Perché il momento angolare è quantizzato?
I dettagli dello spettro e della distribuzione di cariche sono ottenibili solo dai
calcoli della Meccanica Quantistica e dell’equazione di Schrödinger. Molti
dei risultati del modello di Bohr (compresa la sua ipotesi di quantizzazione )
saranno ritrovati all’interno di una teoria completa e consistente.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Luce : Onda o particella
• Luce come onda?
• Luce come particella?
Huygens
Non erano affatto
d’accordo !
Newton
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
Luce – Onda e particella
1905 Einstein – collegò le proprietà ondulatorie e corpuscolari
della luce
L’effetto fotoelettrico e la spiegazione di
Einstein:
i fenomeni luminosi più comuni possono
essere descritti mediante la teoria
ondulatoria della luce, l’effetto fotoelettrico
induce ad ipotizzare una natura anche
corpuscolare della luce
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
L’effetto fotoelettrico
Potassio : necessari 2eV per emettere elettroni
Quando la luce incide sopra la superficie di un metallo vengono emessi
elettroni se la frequenza della radiazione incidente è maggiore di un
valore di soglia 0 caratteristico del del metallo. Il flusso di elettroni
emessi dipende dall’intensità della luce incidente, ma la velocità degli
elettroni è indipendente dall’intensità e aumenta all’aumentare della
frequenza. Le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico erano in netta
contraddizione con le predizioni della Fisica Classica.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
L’effetto fotoelettrico
Se la velocità con cui vengono emessi gli elettroni aumenta all’aumentare della
frequenza, il fenomeno fisico associato all’estrazione deve avere un’energia
proporzionale alla frequenza. D’altra parte se si aumenta l’intensità della luce
incidente ovvero l’energia totale incidente, non aumenta l’energia degli elettroni,
ma il numero di eventi di estrazione, cioè il numero di elettroni.
Ciò portò Einstein a supporre che l’interazione luce-metallo (o più propriamente
luce-elettroni confinati nel metallo) fosse di tipo urto fra particelle per cui una
singola particella cede la sue energia cinetica all’elettrone. Questa particelle ha
dunque energia proporzionale alla frequenza della luce incidente e la soglia
rappresenta l’energia di legame dell’elettrone al metallo (funzione lavoro). Inoltre
aumentare l’intensità della luce significa a questo punto aumentare il numero di
particelle incidenti e quindi gli eventi di estrazione. Einstein diede il nome di fotoni
a queste particelle e l’energia ad essi associati è simile alla relazione di Planck:
E  hf
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
s
L’effetto Compton (1925)
variazione di frequenza subita da
una porzione di un fascio di raggi X
riflesso da un solido.
Raggi X
i

-
Il comportamento corpuscolare della luce trova piena giustificazione
nella spiegazione dell’effetto Compton: quando della radiazione X (con
frequenza superiore a quella della luce visibile e ultravioletta) incide su
una lamina di metallo sottile, la luce dispersa con un angolo 
presenta radiazione con due lunghezze d’onda: quella incidente e una
maggiore. In tal caso la variazione di frequenza osservata è quella che
ci si aspetterebbe nelle collisioni balistiche ( “tra palle di biliardo”) tra
quanti di raggi X e gli elettroni del solido una volta che si sia imposto
che l’energia e la quantità di moto debbano conservarsi.
Alfredo Rubino
Crisi della Fisica Classica
E  hf
ipotesi di Einstein
E  mc 2
relazione di Einstein
poiché un fotone si muove alla velocità della luce le due relazioni implicano che
hf h
p fotone  mc 

c

dove λ è la lunghezza d’onda e
f  c
Alfredo Rubino
Spettro elettromagnetico
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger I
Qualunque fenomeno ondulatorio classico (suono, luce,..) può essere
descritto dall’equazione d’onda classica dipendente dal tempo:
 2 
1  2
v 2 t 2
0
in cui (x,y. z, t) è la funzione d’onda dipendente dal tempo che
descrive il fenomeno ondulatorio, ν è la velocità con cui si muove
l’onda e ∇2 è l’operatore di Laplace:
2
2
2
2 
Alfredo Rubino

x 2


y 2


z 2
L’equazione di Schrodinger II
 2 
1  2
v
2
t
2
0
Come si può vedere mediante sostituzione, se si indica con g(u)
una qualsiasi funzione arbitraria di u, entrambe le funzioni g(x-νt) e
g(x+νt) sono soluzioni dell’equazione d’onda purché g(u) sia
sufficientemente regolare (ossia sia almeno doppiamente derivabile).
La prima funzione rappresenta un’onda che si propaga con velocità v
lungo il verso positivo della x mentre la seconda lungo l’asse
negativo.
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger III
 
2
1 
2
v
2
t
2
0
Ricercando delle soluzioni sinusoidali, cioè delle soluzioni in cui la
dipendenza temporale di (x,y,z,t) sia del tipo exp(-jωt)φ(x,y,z) con
ω=2πf e f la frequenza dell’onda sinusoidale, mediante sostituzione si
ottiene l’equazione delle onde indipendente dal tempo:
 2 
  
  0
  
2
2
Alfredo Rubino
1 
2
 
2
v
( x, y, z, t )  e
e
 jt
 jt
2
t
2
0
 ( x, y, z ) con ω  2πf


1
  ( x, y, z )  2   2 e  jt ( x, y, z )
v
2
2
v2
2

2f 

v2
 2 

 poiché fλ  v
  
2
 2 
  ( x, y , z )  
  ( x, y , z )  0
  
2
2
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger IV
 2 
2
  
  0
  
2
2f
 
 v  f

v
v
(x, y, z) è l’ampiezza (generalmente complessa) della funzione d’onda
indipendente dal tempo.
in cui:
2

  *dV rappresenta una misura dell’energia associata all’onda
contenuta nel volume dV.
*


 dV
V
rappresenta una misura dell’energia associata all’onda
contenuta nel volume V.
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger V
 2 
2
  
  0
  
2
Le soluzioni dell’equazione, con le opportune condizioni al contorno,
rappresentano le configurazioni ad onde stazionare possibili per il sistema
fisico in esame.
Nel caso di propagazioni in mezzi disomogenei, la lunghezza d’onda è
una funzione della posizione; invece, per mezzi omogenei,  è costante
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger VI
 2 
  
  0
  
2
2
Nel caso unidimensionale la soluzione più generale è :
 ( x)  Ae
x

2

j




 Be
In cui A e B sono costanti arbitrarie
Alfredo Rubino
x


2

j




L’equazione di Schrodinger VII
Se si moltiplica la funzione φ(x) per la funzione che esprime la dipendenza
temporale si ottiene
 ( x)  Ae
2j
x
  jt
e
 Be
 2j
x
  jt
e
Il primo termine rappresenta un onda piana che si propaga lungo l’asse
positivo mentre l’altra in senso opposto
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger VIII
 2 
 2  
  0



2
Allora la funzione :
Se si risolve l’equazione all’interno di uno spazio
limitato di lunghezza L imponendo le seguenti
condizioni al contorno: φ(x)=0 in x=0 ed in x=L
( onda che non può fuoriuscire dallo spazio : corda
di violino vibrante)
 ( x)  Ae
x

 2j 


 Be
x

  2j 


È soluzione solo quando la lunghezza d’onda  soddisfa alle condizioni
2L

 n
Ovvero:
Alfredo Rubino

2L

con n  1,2,3,...
L’equazione di Schrodinger IX
L’impiego della equazione d’onda per descrivere il moto
di una particella è altrettanto simile.
 2 
2
  
  0 Se si fa riferimento ad una particella con energia E ed
  
energia potenziale EP(x,y,z) e si utilizza l’equazione di
De Broglie nell’espressione dell’energia cinetica
mv 2 p 2  2 k 2
h2



 E  E p  x , y, z 
2
2
2m
2m
2 m

v  f
h
2m ( E  E p )


 2m 
    2  E  E p ( x, y , z )   0
 
2
Alfredo Rubino
L’equazione di Schrodinger X


 2m 
    2  E  E p ( x, y , z )   0
 
2
L’equazione prende nome di equazione di Schrodinger indipendente dal
tempo o per gli stati stazionari.
I valori di E che ammettono delle soluzioni prendono nome di autovalori, e
la funzione d’onda relativa prende nome di autofunzione.
La funzione d’onda è quindi l’autostato del sistema
- la funzione d’onda e le sue derivate parziali sono continue su tutto lo
spazio della configurazione
- la condizione di normalizzazione viene ricavata imponendo che:
*
 dV  1
V
Fisicamente rappresenta il fatto che l’elettrone è confinato solo nel volume V,
nel quale la probabilità di trovarlo è unitaria.
Alfredo Rubino
Buca di potenziale a pareti infinite I
EP ( x)   x  0 x  d
EP ( x)  0 0  x  d
l’equazione di Schrodinger indipendente dal tempo
0
d
x
2




 2  (r )  E  EP r   (r )  0
2m
in una dimensione come
d 2 ( x)
2mE


 ( x)
2
2
dx

Alfredo Rubino
Buca di potenziale a pareti infinite II
d 2 ( x)
2mE
  2  ( x)
2
dx

0
d
x
La soluzione generale dell’equazione è:
 ( x)  A sin( kx)  B cos( kx)
con
 ( x)  0
k
0 xd
2mE
2
x0 e xd
Alfredo Rubino
Buca di potenziale a pareti infinite III
Le costanti A e B si determinano dalle condizioni
al contorno :
 ( x)  A sin( kx)  B cos( kx)
0
d
x
 ( x  0)  0  B  0
 ( x  d )  0  A sin( kd )
A 0
soluzione banale
sin(kd )  0  kd  n
 ( x)  0
con n intero
Alfredo Rubino
ovunque
n1
0 xd
Buca di potenziale a pareti infinite IV
sin(kd )  0  kd  n
poiché
0
d
x
k
2mE
2
n 2  2 2
En 
2md 2
l’ energia è quantizzata
Sottolineiamo esplicitamente che il risultato non è affatto sorprendente:
una corda di violino ha frequenza di oscillazione “quantizzate”, l’unica
differenza è che le frequenze di oscillazione per una particella non sono
armoniche della frequenza fondamentale perché la legge di dispersione
per le onde di de Broglie è molto diversa dalla relazione i dispersione per
le onde su una corda di violino.
Alfredo Rubino
Buca di potenziale a pareti infinite V
La funzione d’onda è  n ( x)  A sin(
nx
)
L

Normalizziamo la funzione d’onda
L
2
*

(
x
)

 n
n ( x ) dx  1

2  nx 
A  sin 
dx  1

 L 
A
2
L
0
Alfredo Rubino
 n ( x) 
2
nx
sin(
)
L
L
Buca di potenziale a pareti infinite VI
Le regole di quantizzazione in lunghezza d’onda danno
2d
2
k n d  n  n 
essendo k n 
n
n
Quindi in generale l’equazione di Schrodinger per gli stati stazionari
2




 2  (r )  E  EP r   (r )  0
2m
2d h
h
n 
 
n p
2mE  EP 
n 2  2 2
En 
 EP
2
2md
Alfredo Rubino
Buca di potenziale a pareti infinite VII
n 2  2 2
En 
 EP
2
2md
nelle ipotesi di Bohr
q2Z
EP  
40 d
si riottiene l’energia dell’elettrone nell’ipotesi di Bohr
Alfredo Rubino
La funzione d’onda I
Ogni particella è rappresentata da una funzione d’onda.

 (r , t )

Se assume il valore  r , t  In un certo istante t per un valore

r
3
d
r intorno ad
allora la probabilità di trovare l’elettrone in volume elementare




r
*
all’ istante t è dato da  r , t  r , t dr

dove  r , t  è la funzione complessa coniugata della funzione d’onda
*
in altre parole la probabilità che, all'istante t il sistema (la particella) si
trovi all'interno della regione di spazio V vale:
 2 
P (V , t )    r , t  dr
.
V
Alfredo Rubino
La funzione d’onda II
La funzione d’onda è la soluzione dell’equazione di Schrödinger e
rappresenta lo stato del sistema fisico considerato. Questa equazione
gioca lo stesso ruolo della legge di Newton e della conservazione
dell’energia nella Meccanica Classica, cioè predice il comportamento
futuro di un sistema dinamico. Predice analiticamente e precisamente le
probabilità di eventi e risultati futuri. I dettagli dei risultati dipendono dal
caso, ma, per un grande numero di eventi, l’equazione di Schrödinger,
predice in modo deterministico la loro distribuzione statistica.
.
Alfredo Rubino
Principio di indeterminazione di Heisemberg I
Se si cerca di diminuire l’errore di misura di un parametro che entra in un
fenomeno fisico aumenta l’incertezza con la quale è possibile misurare un’altra
quantità che rappresenta un altro aspetto dello stesso fenomeno. Supponiamo
ad esempio di voler misurare la posizione di un elettrone in movimento. Per far
ciò potrebbe risultare utile, ad esempio, utilizzare un microscopio che illumini
l’elettrone con fotoni di lunghezza d’onda molto corta. Quanto più corta è la
lunghezza d’onda della radiazione impiegata tanto maggiore è il potere risolutivo
del microscopio (cioè la minima distanza
alla quale due oggetti puntiformi appaiono distinti) e tanto maggiore è la
precisione con cui potremmo misurare la posizione dell’elettrone. Se si indica con
x l’incertezza nella posizione dell’elettrone, quest’ultima risulta proporzionale a
λ. D’altro canto al diminuire di λ aumenta la quantità di moto del fotone utilizzato
nell’illuminamento e quindi aumenta l’effetto del disturbo sul moto dell’elettrone
dovuto alla collisione fotone-elettrone.
Alfredo Rubino
Principio di indeterminazione di Heisemberg II
p fotone 
h

Se si indica con δp l’incertezza sulla quantità di moto dell’elettrone risulta che tale
incertezza è proporzionale a h/λ. Complessivamente se ne deduce che:
D ( x )D ( mv )  h
si dimostra che l’espressione matematicamente precisa è
D ( x ) Dp 

2
Alfredo Rubino
Principio di indeterminazione di Heisemberg III
Consideriamo una particella le cui componenti della quantità di moto siano note con
un’incertezza Dp e supponiamo di voler determinare l’istante in cui la particella
passa attraverso un punto che possiamo identificare con il punto x del nostro
sistema di riferimento. L’energia della particella in funzione della quantità di moto è
data da
1 2
E
p
2m
e sarà perciò nota con incertezza
d’altra parte l’istante t risulta noto con incertezza
Dt 
Dx
p
m
Quindi
DEDt  DxDp 

2
Alfredo Rubino
DE 
1
pDp
m
Atomi a molti elettroni I
La soluzione dell’equazione di Schrodinger prevede che gli autovalori sono
determinati da tre parametri caratteristici, indicati come altrettanti numeri quantici
n , l, m, aventi il seguente significato:
- n numero quantico principale (assume i valori 1, 2 3,…)
- l numero quantico secondario o azimutale (assume valori 0,1,2,..,n-1)
- m numero quantico magnetico (assume valori –l, -(l-1),-(l-2),..0, 1,2, …,(l-1),l)
e l’energia E ottenuta è identica a quella prevista dalla teoria di Bohr purché n sia
fatto corrispondere al numero quantico principale.
Alfredo Rubino
Atomi a molti elettroni II
Da un esame più approfondito si rileva che il numero quantico l descrive la
quantizzazione del momento orbitale dell’elettrone, mentre m rappresenta la
quantizzazione della componente del momento angolare orbitale lungo l’asse
coincidente con la direzione del campo magnetico prodotto dalla carica
dell’elettrone intorno al nucleo.
Peraltro, in virtù del principio di esclusione di Pauli,
su ogni stato o livello energetico possono esistere al più due elettroni aventi spin
opposto, il quale rappresenta il quarto numero quantico mS di valore +1/2 ed –1/2 .
Alfredo Rubino
Atomi a molti elettroni III
In generale, nel riferirsi ai valori del numero quantico principale n=1,2,3..si utilizza
spesso il significato di guscio K,L,M,… mentre nel riferirsi al numero quantico
l=0,1,2,3 si utilizzano le iniziali dei seguenti termini: sharp, principal, diffuse,
fundamental.
A titolo esemplificativo, di seguito si riportato i livelli energetici occupati nei
seguenti elementi del gruppo IV:
C
Z=6
(1s)2(2s)2(2p)2
Si
Z=14
(1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(3p)2
Ge
Z=32
(1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(3p)6(3d)10(4s) 2(4p)2
Sn
Z=50
(1s)2(2s)2(2p)6(3s)2(3p)6 (4s)2(3d)10 (4p)6(5s)2 (4d)10 (5p)2
Alfredo Rubino
Modello di Feynman I
Si immagini di formare un cristallo partendo da N atomi posti a grande distanza e
di avvicinarli fino a portarli alla distanza reticolare di equilibrio presente nel
cristallo.
Fintantoché gli atomi si trovano a notevole distanza uno dall’altro, l’influenza
reciproca è estremamente ridotta e la distribuzione energetica degli elettroni si
può immaginare coincidente con quella individuata nell’atomo isolato.
Al ridursi della distanza, l’influenza reciproca obbliga i vari livelli a differenziarsi
come richiesto dal principio di Pauli: ciascun livello si scinde in N livelli permessi e
dà origine ad una banda di energia che potrà contenere al più 2N elettroni in virtù
del principio di esclusione.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman II
Bisogna tuttavia tenere presente un fatto molto importante che riguarda la
differenza di energia tra un livello e l’altro.
Finché tale avvicinamento coinvolge un numero limitato di atomi, la differenza tra i
livelli permessi può essere apprezzabile; tuttavia, per il un numero estremamente
elevato (1022 atomi cm-3) di atomi presenti nel cristallo, tali differenze risultano
praticamente indistinguibili nel reticolo cristallino.
Basti pensare che in una grammomole di una sostanza (una quantità in grammi
pari al suo pesomolecolare) esiste un numero di atomi pari al Numero di
Avogadro( 6.02•1023 atomi) e che la differenza di energia tra gli stati permessi
dovrà risultare dell’ordine degli 10-24eV, praticamente non misurabile.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman III
E’ molto importante notare sin d’ora che tale descrizione è puramente schematica
in quanto la distanza reciproca fra gli atomi di un cristallo dipende dalla direzione
cristallografica. Inoltre, in conseguenza della maggiore interazione tra gli atomi, le
bande corrispondenti ai livelli più esterni sono più ampie di quelle dei livelli più
interni a causa dell’effetto schermante esercitato dagli elettroni esterni sulle orbite
più interne, e che inoltre le bande relative ai livelli interni restano
separate tra loro da differenze notevoli di energia come avviene nell’atomo
isolato.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman IV
Il divergere dell’ampiezza delle bande via via che gli atomi si avvicinano può
portarle o meno a sovrapporsi alla distanza rO. Quelle che interessano
maggiormente sono le bande relative agli elettroni di valenza, ossia quelle
originate dall’ultimo guscio di elettroni e da quello seguente dal momento che si
possono avere diverse soluzioni
a) possono sovrapporsi
b) possono risultare separate da una piccola differenza di energia
c) possono risultare separate da una elevata differenza di energia.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman V
Nella figura si riporta il
diagramma a bande di energia
del Na (Z=11) nel quale con rO si
è indicata la distanza reticolare.
Nel sodio le bande corrispondenti
ai livelli energetici più elevati (3s)
e (3p) si sovrappongono; quella
del livello (3s) peraltro, risulta
occupata per metà in quanto
l’atomo di sodio ha soltanto un
elettrone di valenza da poter
collocare sui due stati disponibili.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman VI
In quest’altra figura si riporta il diagrammi a bande di energia del del C(Z=6), quali
rO è sempre indicata la distanza reticolare.
Nel C le bande corrispondenti ai livelli più
esterni, (2s), (2p) si incrociano ad una certa
distanza atomica per poi suddividersi,
rimanendo separate in corrispondenza della
distanza reticolare da una energia EG, che
caratterizza la banda proibita. Inoltre due
dei 6 stati del livello (2p) si associano ai due
stati disponibili nei livelli inferiori (2s) che
risultano quindi completamente occupati. I
quattro rimanenti stati dei livelli (2p)
formano la banda di conduzione del
Carbonio, la quale peraltro, se il cristallo è
allo zero assoluto, risulta completamente
vuota di elettroni.
Alfredo Rubino
Modello di Feynman VII
La banda che raggruppa tutti i livelli o stati, in cui sono collocati gli elettroni di
valenza, prende nome di banda di valenza. L’intervallo di energia eventualmente
compreso tra la banda di valenza e quella immediatamente superiore,
denominata banda di conduzione, è chiamato banda proibita o gap, in quanto
non possono esistere in modo stabile elettroni aventi energie comprese in questo
intervallo. Occorre precisare che mentre gli elettroni di valenza definiscono le
proprietà chimiche dei materiali, le bande di valenza e di conduzione definiscono
le proprietà elettriche.
Le bande proibite del Si e dal GaAs, espresse in eV, dipendono dalla
temperatura secondo le seguenti espressioni:
4
2
5
.
40

10
T
E g  1.52 
T  204
4
2
4
.
73

10
T
E g  1.17 
T  636
Si
Alfredo Rubino
GaAs
Modello di Feynman VIII
banda di conduzione
6N stati
2N elettroni
4N stati
0 elettron (0K)
2N stati
2N elettroni
4N stati
4N elettron (0K)
banda di valenza
distanza reticolare
Alfredo Rubino
Alfredo Rubino
Bande reali
gap indiretta
Energia
gap diretta
k
Alfredo Rubino
Struttura dei materiali
policristallina
amorfa
cristallina
I materiali cristallini sono costituiti da un sistema periodico
di atomi in tutte le direzioni. Il blocco periodico è la cella
unitaria o base, la quale ripetendosi all’infinito, racchiude
tutto lo spazio definito dal reticolo cristallino.
Alfredo Rubino
Celle cristallografiche elementari
Cella unitaria cubica semplice:
Un atomo ad ogni vertice del cubo
Cella unitaria a corpo centrato: Un atomo ad ogni
vertice del cubo più un ulteriore atomo al centro
del cubo BCC
Cella unitaria cubica a faccia: Un atomo ad ogni
vertice del cubo più un ulteriore atomo al centro di
ogni faccia
FCC
Alfredo Rubino
Indici di Miller di alcuni piani cristallografici I
Alfredo Rubino
Indici di Miller di alcuni piani cristallografici II
Le direzioni o i piani di un reticolo cristallino sono definite in termini adimensionali
riferendoli alle costanti reticolari, cioè ai valori a,b,c degli
spigoli della cella unitaria del reticolo. Si consideri ad esempio un sistema di
riferimento con origine in un nodo reticolare, e siano a,b,c le tre traslazioni ( o
distanze minime) degli atomi lungo questi 3 assi. Pensiamo che un generico piano
intersechi gli assi rispettivamente nei tre punti a1,b1,c1. Il piano precedente può
essere indicato attraverso la terna di numeri interi (h,k,l) ottenuti con la seguente
procedura:
• individuati i punti a1,b1,c1 d’intersezione tra l’asse ed il piano, si divida ciascuna
intercetta per la lunghezza unitaria della cella lungo il rispettivo asse, ottenendo
così la terna
 a1 b1 c1 
 , , 
 a b c
Alfredo Rubino
Indici di Miller di alcuni piani cristallografici III
• si consideri la terna costituita dai reciproci dei precedenti valori
 a b c
 , , 
 a1 b1 c1 
•usando un appropriato moltiplicatore (massimo comune divisore) si riduce la
terna alla più piccola terna di numeri interi
•la terna ottenuta, inclusa tra parentesi tonde (h,k,l), indica gli indici di Miller del
piano
Alfredo Rubino
Indici di Miller di alcuni piani cristallografici II
E’ importante ricordare le seguenti notazioni:
•􀂾 se il piano interseca l’asse negativo, occorre porre un segno negativo sull’asse
corrispondente.
•􀂾 se il piano è parallelo ad un asse, il coefficiente relativo all’asse appare come 0
nella terna.
•􀂾 un gruppo di piani della stessa famiglia si indicano racchiudendo la terna tra
parentesi graffe {h,k,l}. Val la pena ricordare inoltre che sono piani dello stessa
famiglia quelli che, anche se non paralleli, sono caratterizzati dall’avere gli stessi
indici, positivi o negativi, accoppiati in tutte le direzioni possibili.
•􀂾 per i reticoli cubici, gli indici di una direzione reticolare corrispondono agli indici
dei piani reticolari normali alla direzione stessa. La direzione reticolare
perpendicolare al piano (h,k,l) si indica con [h,k,l]. L’insieme delle direzioni
equivalenti (ossia afferenti alla stessa famiglia) si indica racchiudendo la terna tra
<>.
Alfredo Rubino
Silicio cristallino
Ogni atomo di silicio ha 4
primi vicini (4 legami)
costante reticolare = 5.431Å
Reticolo cubico del diamante:
Cella unitaria FCC +
FCC a (¼,¼,¼):
8 atomi per cella
Esercizio: calcolare la densità
atomica del silicio
Alfredo Rubino
Silicio e Arseniuro di gallio cristallino
GaAs
Silicio
Struttura della zincoblenda:
reticolo del diamante
con ogni atomo di Ga
legato a 4 atomio di AS
Alfredo Rubino
Silicio cristallino piani cristallografici
Cella unitaria
Vista nella direzione
<100>
Vista nella direzione
<111>
Vista nella direzione
<110>
Alfredo Rubino
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