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dietro lo schermo - Fondazione Intercultura

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dietro lo schermo - Fondazione Intercultura
A. Fornasari, F. Schino, A. Cassano, M. C. Giorda,
M. Stranisci, L. Bossi, F. Michielin
DIETRO LO SCHERMO
Gli adolescenti e la comunicazione
ai tempi di Facebook
Biblioteca della Fondazione
DIETRO LO SCHERMO
Gli adolescenti e la comunicazione ai tempi di Facebook
Proprietà letteraria della Fondazione Intercultura
I testi di questo volume possono essere riprodotti gratuitamente
citando la fonte e purchè per scopi non commerciali.
Non se ne possono trarre opere derivate.
Immagine in copertina © del proprietario
Visitate il sito www.fondazioneintercultura.org
Finito di stampare nel mese di settembre 2013
Sommario
Gruppo di ricerca 7
Gli autori e le autrici 8
1. Presentazione della ricerca (A. Fornasari)
15
1.1 Introduzione al tema
15
1.2 Significati, finalità, metodologie della ricerca
24
1.3 Tappe e strumenti della ricerca
27
2. Introduzione alla ricerca: analisi dei dati a livello
nazionale (F. Schino)
31
2.1 Alcuni dati strutturali
31
2.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
32
2.3 Social network e dinamiche di relazione
34
2.4 La rete e l’altro
41
2.5 Cosmopolitismo web 2.0
44
3. Analisi dei dati a livello regionale – Piemonte/Puglia
(F. Schino)
47
3.1 Alcuni dati strutturali – Piemonte
47
3.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
47
3.3 Social network e dinamiche di relazione
49
3.4 La rete e l’altro
56
3.5 Cosmopolitismo web 2.0
59
3.6 Alcuni dati strutturali – Puglia
61
3.7 L’utilizzo di internet e dei social network
62
3.8 Social network e dinamiche di relazione
64
3.9 La rete e l’altro
71
3.10 Cosmopolitismo web 2.0
75
3.11 Sintesi Piemonte/Puglia
77
4. Analisi generale dei questionari returnees (F. Schino) 81
4.1 Alcuni dati strutturali 81
4.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 83
4.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero 87
4.4 La rete e l’altro
97
4.5 Cosmopolitismo web 2.0
105
5. Analisi regionale dei questionari retunees (F. Schino) 109
Piemonte
109
5.1 Alcuni dati generali
109
5.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
111
5.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero
115
5.4 La rete e l’altro
124
5.5 Cosmopolitismo web 2.0
131
Puglia135
5.6 Alcuni dati generali
135
5.7 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
136
5.8 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero
140
5.9 La rete e l’altro
150
5.10 Cosmopolitismo web 2.0
157
5.11 Sintesi
160
6. Media Education (A. Cassano)
165
6.1 Media education e intercultura 165
6.2 Nuovi media e identità
170
6.3 I media tra consumi e saperi
178
6.4 Crescere con i media. La costruzione dei significati
nei nativi digitali
6.5 La terza cultura: uno spazio per la condivisione
182
184
6.6 La società dell’informazione nelle strategie dell’Unione
Europea
186
6.7 Cittadinanza ed e-democracy
189
6.8 Multimedialità e didattica: studenti web 2.0
193
7. Report Regionale Piemonte (M.C. Giorda,
M. Stranisci, L. Bossi)
203
7.1. Introduzione: il contesto regionale
203
7.2 La ricerca in Piemonte: le scuole campione
207
7.3 Istruzione e media education nelle scuole campione
212
7.4 Vivere in rete o i giovani e la rete
215
7.5 Social network e dinamiche di relazione
223
7.6 La rete e l’altro
232
7.7 La rete come strumento di educazione al cosmopolitismo
234
7.8 Scuola 2.0: la sfida del nuovo millennio
237
7.9 I giovani si raccontano
239
7.10 Returnees e Internet
250
8. Report Regionale Puglia (A. Fornasari) 8.1 Il contesto regionale letto attraverso una comparazione
con i dati nazionali e internazionali (dati Audiweb)
257
257
8.2 La ricerca in Puglia: le scuole campione e la media
education 267
8.3 I giovani e la rete: social network e dinamiche di relazione 297
8.4 La rete: strumento di educazione al cosmopolitismo 309
8.5 Scuola web 2.0: la sfida del nuovo millennio
311
8.6 Analisi dei POF delle scuole partecipanti alla ricerca
323
9. La rete strumento di educazione al cosmopolitismo
(A . Fornasari) 329
9.1 Il cosmopolitismo ed i suoi significati
329
9.2 Cosmopolitismo e globalizzazione
336
9.3 La rete ed il cosmopolitismo
339
10. Conclusioni (A. Fornasari)
351
10.1 Glocalismo e mondo digitale
351
10.2 I risultati emersi per mappe concettuali
(A. Fornasari, F. Schino) 355
Riferimenti bibliografici generali: 361
Allegati
365
Gruppo di ricerca
Progettazione e coordinamento
Alberto Fornasari (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”,
Laboratorio di Pedagogia Interculturale, Dipartimento di Scienze
della Formazione, Psicologia, Comunicazione)
Realizzazione
Alberto Fornasari (predisposizione piattaforma moodle, somministrazione on-line questionari, gestione focus group/interviste etnografiche, revisione statistica, predisposizione questionari)
Francesco Schino (elaborazione statistica e grafica, gestione FG/interviste etnografiche, predisposizione questionari)
Andrea Cassano (gestione FG/interviste, revisore bozza, predisposizione questionari)
Maria Chiara Giorda con la collaborazione di Marco Stranisci, Luca
Bossi e Filippo Michielin (gestione FG/interviste etnografiche)
Si ringrazia il prof. Maurizio Seggioli per la consulenza informatica.
7
Gli autori e le autrici
Alberto Fornasari
[email protected]
PhD, Dottore di Ricerca in “Dinamiche Formative ed Educazione
alla Politica”, Ricercatore in Pedagogia Sperimentale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione
(M-PED/04), già Professore a contratto in Pedagogia Sociale e Interculturale, Pedagogia Generale e Sociale, Pedagogia Sperimentale,
Programmazione e Valutazione Scolastica, Metodologie e Tecniche
del Gioco e dell’animazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione e di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari
“Aldo Moro”, Esperto in processi Multi/Interculturali. Membro delle
seguenti società scientifiche nazionali e internazionali: Siped (Società Italiana di Pedagogia), IAIE (International Association for Intercultural Education), SIREM (Società Italiana Ricerca Educazione
Mediale), CIRSE (Centro Italiano Ricerca Storico Educativa); coordinatore di ricerche nazionali. Consulente per l’intercultura della
Biblioteca del Consiglio della Regione Puglia, ha all’attivo svariate
pubblicazioni, relatore in convegni accademici nazionali e internazionali. Membro del Laboratorio di Pedagogia Interculturale e del
Laboratorio di Pedagogia Sperimentale del Dipartimento di Scienze
della Formazione, Psicologia, Comunicazione. Consulente esterno
per programmi comunitari (Commissione Europea). Coordinatore
del gruppo di ricerca universitario “Religioniindalogo” attivato con
la Prefettura di Bari e l’Assessorato Regionale al Mediterraneo. Si
occupa, da svariati anni, di ricerca nelle discipline socio-pedagogiche con un approccio sperimentale, autore di varie pubblicazioni,
formatore, all’interno di corsi di aggiornamento per docenti, per conto dell’Ufficio Scolastico della Regione Puglia, misura art 9. scuole a
forte processo immigratorio, sulle misure d’integrazione.
8
Francesco Schino
[email protected]
Socio-antrolopogo, docente liceale di Scienze Sociali, già Coordinatore didattico dello STESAM (Istituto Superiore di Scienze e Tecnologie per lo Sviluppo) di Bari; già professore a contratto di Sociologia
della Famiglia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e di Sociologia Generale
presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bari.
Autore di pubblicazioni e ricerche nel settore educativo, interculturale, del disagio, della devianza. Esperto in metodologia di ricerca.
Andrea Cassano
[email protected]
PhD, Dottore di ricerca in “Dinamiche Formative ed Educazione alla
Politica”, si occupa dell’influenza delle tecnologie digitali sui processi di crescita e di apprendimento delle nuove generazioni e, in particolare, dell’incidenza degli spazi online sui processi di formazione
del sé, sui profili cognitivi e metacognitivi, nonché sulle modalità
di partecipazione politica dei cosiddetti digital learners. Ha svolto
numerose ricerche sulle più diffuse piattaforme online impiegate dai
giovani in contesti informali, testandone direttamente l’incidenza sui
modi di comunicare, apprendere e pensare. Autore di pubblicazioni
sui predetti temi.
Maria Chiara Giorda
[email protected]
PhD, Dottore di ricerca in Sciences Religieuses all’Ecole Pratique
des Hautes Etudes della Sorbonne di Parigi. Il suo campo di ricerca
è l’epistemologia della storia delle religioni, con un approccio interdisciplinare e aperto alla comparazione. Nel campo della ricerca
da alcuni anni si occupa di didattica e di divulgazione di storia delle
religioni, con studenti delle scuola superiore, studenti universitari e
adulti.Dal 2011 coordina il progetto sperimentale del Corso di Storia
9
delle religioni e del libero pensiero per l’Attività Alternativa nella
scuola secondaria superiore
Marco Stranisci
[email protected]
Laureando in Linguistica Cognitiva con una tesi sulle metafore del
Partito Democratico, dal 2005 collabora con l’associazione Acmos
ricoprendo il ruolo di educatore in diverse scuole della provincia di
Torino. Dal 2006 fa parte dell’équipe del Performing Media Lab,
centro di sperimentazione e studio sui nuovi linguaggi che ha sede in
un bene confiscato alle mafie. Dal 2011 ne è diventato responsabile.
Dal 2006 fa parte della redazione che cura i contenuti della testata
http://acmos.net e del blog http://liberapiemonte.it.
Luca Bossi
Laureato in Sociologia e Ricerca Sociale presso l’Università degli
Studi di Torino, con una tesi sul giornalismo online. Dal 2008 collabora con l’associazione Acmos, in qualità di membro del Centro
Studi, referente di progetto per Biennale Democrazia, progettista per
bandi europei, nazionali e locali. Dal 2011 collabora in qualità di redattore e formatore al progetto sperimentale del Corso di Storia delle
religioni e del libero pensiero per l’Attività Alternativa nella scuola
secondaria superiore. Dal 2012 è fondatore e membro di Se.Ri.So,
rete di professionisti per Servizi di Ricerca Sociale.
10
11
12
È caduto ogni limite,
in terre sconosciute
sorgono mura di città,
le strade del mondo si spalancano,
muta sede ogni cosa.
Si disseta l’indiano
al gelido Arasse,
bevono i persiani all’Elba e al Reno.
Verrà il giorno, in secoli lontani,
che Oceano sciolga le catene
delle cose e immensa
si riveli una terra.
Nuovi mondi Teti scoprirà.
Non ci sarà più sul pianeta
un’ultima Tile.
Seneca, Medea
13
14
1. Presentazione della ricerca
A. Fornasari
1.1 Introduzione al tema
Ragazzi e internet: un tema di riflessione e di dibattito cui è difficile
sottrarsi in una società globalizzata e cosmopolita.
Genitori, insegnanti, educatori operanti del terzo settore e dell’associazionismo, nonché studiosi di campi disciplinari che vanno dalla
sociologia alla pedagogia, sino alla psicologia, non possono eludere
le domande che la rapida diffusione della rete e l’appropriazione che
ne è stata fatta da parte dei più giovani sollecitano abbondantemente.
Sulla base di una ricognizione critica della letteratura scientifica e
di un’ampia serie di ricerche quantitative e qualitative condotte in
Europa di grande interesse appaiono gli indirizzi di ricerca tesi all’analisi degli ambienti digitali online a partire dalla pratiche quotidiane
che i ragazzi vi mettono in atto per apprendere, comunicare con il
gruppo dei pari, costruire la propria identità o esercitare i propri diritti di cittadinanza, “costruire” una mentalità interculturale, sentirsi
cittadini del mondo.
I new media favoriscono infatti lo sviluppo di un particolare tipo
di intelligenza che Gardner ha definito “intelligenza relazionale” la
quale si configura come matrice del pensiero interculturale.
Questo tipo di intelligenza, infatti, apre a qualcosa di più significativo rispetto alla tolleranza o all’accoglienza; introduce a un pensiero
flessibile, mobile, lontano da ogni forma di irrigidimento, capace di
operare all’interno di una cultura polidimensionale, dinamica, processuale; in altre parole ad una cultura che riconosce come proprio
luogo di nascita le differenze. Da queste considerazioni scaturisce un
primo interrogativo: attraverso le tecnologie multimediali impariamo
15
a spostarci da una forma di conoscenza all’altra allenando la mente
al viaggio?
La rete web infatti costituisce oggi uno dei luoghi principali dell’innovazione, volano di un rapido mutamento sociale che finisce facilmente per apparire inquietante o problematico agli occhi degli adulti.
Questa preoccupazione può sembrare, al contempo, giusta e sbagliata: giusta perché rappresenta la consapevolezza di quanto i mezzi di
comunicazione (intesi come dispositivi simbolici attraverso i quali
viene prodotta e riprodotta su base quotidiana la cultura di una collettività e come apparati socio-tecnici che ridefiniscono le condizioni
dell’interazione personale e delle relazioni sociali) costituiscano una
parte considerevole dell’ambiente. Sbagliata perché in una prospettiva storica non fa altro che aggiornare paure antiche quanto l’avvento
dei primi media di massa dal fumetto al cinema fino alla televisione,
applicando più o meno fedelmente gli stessi modelli discorsivi e le
medesime argomentazioni al ruolo che internet gioca nell’esperienza
dei giovani dimenticando sia l’infondatezza o la parzialità di molte
di quelle paure sia le novità introdotte dalla digitalizzazione. Avviene
in modo paradossale che chi, in una prospettiva educativa, lamentava
la sostanziale passività del mezzo televisivo a confronto della lettura,
oggi manifesti la sua preoccupazione per l’eccesso di interattività
della rete. Appare importante, a tal proposito, sostenere un uso di
internet più ricco e creativo da parte di giovani che siano davvero capaci di coglierne tutte le opportunità e una conoscenza approfondita
e documentata delle pratiche quotidiane di navigazione che i ragazzi
tra i 16 e i 18 anni mettono in atto e del significato che esse assumono
ai loro occhi.
Tutto ciò richiede tipi di ricerca e di indagine complementari: l’approccio quantitativo in grado di misurare su un vasto campione la
reale portata dei fenomeni e quello qualitativo capace di rendere
meglio conto della dimensione soggettiva dell’esperienza di “essere
online”.
Tale mutamento sociale ha inciso sulle modalità con cui gli adole-
16
scenti usano i media per tenersi in contatto e comunicare tra di loro e
con il mondo intero. Mentre gli accademici e i politici discutono sulle strategie migliori per “massimizzare le opportunità minimizzando
i rischi”, gli adolescenti affrontano giorno dopo giorno, con entusiasmo, questo scenario in mutamento: costantemente immersi nei media, li hanno incorporati fisicamente (nelle tasche o nelle orecchie),
come parte integrante dell’arredamento dei loro spazi, pubblici o privati. Convivono con le tecnologie della comunicazione dal momento
in cui si alzano al mattino e accendono internet, all’istante in cui si
addormentano la sera con l’Ipod o il cellulare sotto il cuscino, al
punto che non riescono a immaginare di poter vivere diversamente.
Si direbbe che quasi tutte le esperienze, per questa generazione che,
non a caso, è stata definita always on (sempre connessa) o digitale,
passino attraverso i media: dallo studio al tempo libero, dal rapporto
con gli amici più vicini a quello con gli “altri” più lontani.
Indipendentemente dal fatto che la rete sia vista come causa o conseguenza del mutamento sociale, o che se ne accentuino le potenzialità
piuttosto che gli aspetti problematici, l’ampiezza degli interrogativi
e la quantità dei riferimenti disciplinari sembrano scoraggiare qualsiasi tentativo di restituire in modo sintetico le conoscente fin qui
acquisite. Lo stesso si può dire per quell’ambito di ricerca che si occupa degli adolescenti: la quasi totalità delle domande sul loro conto
– come apprendono, come interagiscono, come partecipano, come
affrontano il rischio, come costruiscono la realtà nella quale vivono
– è stata riformulata nei termini del loro rapporto con la rete.
Dalle ricerche internazionali sinora condotte emerge l’importanza
delle variabili sociali che influenzano le modalità con cui usiamo internet e che ne ridimensionano le ricadute e le implicazioni negli ambiti di studio, dell’istruzione, della partecipazione sociale e politica,
della famiglia e dell’identità. Comprendere l’effettiva realtà dell’uso
di internet rappresenta la nuova vera sfida.
Come avevano osservato Meyerowitz (1985) e Postam (1983), i mass
media hanno permesso agli adolescenti un inedito accesso al mon-
17
do adulto sfumando i confini tra le rispettive esperienze conoscitive.
D’altra parte la contemporanea affermazione della cultura giovanile
(i minori di 18 anni rappresentano circa il 20% della popolazione dei
paesi sviluppati e il 50% di quelli in via di sviluppo) suggerisce che
i ragazzi, pur desiderando ampliare le loro conoscenze, sembrano
maggiormente motivati a sperimentare e mettere alla prova identità
e relazioni nell’ambito del gruppo dei pari, spesso inaccessibile allo
sguardo degli adulti. Per Gergen questo slittamento da una relazione
verticale (intergenerazionale) a una orizzontale (il gruppo dei pari) è
ben altra cosa rispetto il processo di democratizzazione descritto da
Giddens. Esso sfocerebbe piuttosto in una “svalutazione complessiva della dimensione profonda delle relazioni”, dal momento che
gli adolescenti sono sempre più assorbiti dallo sforzo di mantenere
una pluralità di rapporti orizzontali con la loro rete di riferimento e
sempre meno disposti a sviluppare quei legami ricchi e intensi che
caratterizzano le relazioni con il nucleo degli adulti significativi e
fisicamente presenti attorno a loro.
Eppure il “nuovo mondo fluttuante” espresso da Gergen sembra consentire il tentativo di realizzare autoriflessivamente il proprio progetto di sé ricorrendo alla rete internet come a un nuovo spazio in
cui esplorare relazioni sociali e forme di espressività. Drotner (2000)
propone tre diversi modi di concepire gli adolescenti come pionieri
nell’uso delle nuove tecnologie della comunicazione, rispettivamente incentrati su innovazione (l’attitudine multitasking ad esempio,
sfumando i confini tra produzione e consumo, porta i giovani ad
un uso creativo delle opportunità che hanno a disposizione, Bruns,
2008), interazione (i ragazzi entrano in relazione gli uni con gli altri all’interno e attraverso i media sviluppando nuove opportunità in
termini di intertestualità, Bruns 2002) e integrazione (la trasformazione tra interazione primaria “faccia a faccia” e secondaria “legata
ai mass-media” nelle diverse forme della comunicazione mediata,
Thompson, 1995).
Attraverso i suoi contenuti la rete fornisce prodotti mediali non im-
18
pegnativi, personalizzabili e mobili, in grado di segnare l’adozione
di determinati stili di vita e marcare tempi e spazi della quotidianità dei ragazzi. Nella tarda modernità stanno cambiando non solo le
condizioni dell’adolescenza, ma anche gli ambienti comunicativi e i
contesti in cui si sviluppa e matura l’identità. Quest’ultima è sempre
più spesso definita attraverso i segnali mutevoli degli stili di vita che
i ragazzi fanno propri e delle pratiche di consumo mediale, piuttosto
che attraverso tradizionali indicatori quali età, genere, appartenenza
etnica e luogo di nascita.
Le scelte di vita sono sempre più spesso governate da una dialettica
di “disintegrazione e reinvenzione” (Elliot, 2002); se per certi versi questo alimenta preoccupazioni diffuse circa l’affermarsi di una
me-generation sempre più egocentrica, per altri lascia intuire inedite
opportunità strettamente legate all’autorealizzazione personale e riflessiva degli individui.
Ciò che assorbe maggiormente gli adolescenti di oggi nella loro quotidianità è la transizione psicologica e sociale tra l’ambiente familiare e domestico in cui affondano le radici e la partecipazione attiva
alle dinamiche del mondo più ampio che li circonda.
Non a caso, secondo i dati dell’indagine Pew Internet, due terzi dei
teenager americani ritiene che internet sottragga loro tempo da trascorrere in famiglia e metà di loro la usa per coltivare i rapporti di
amicizia, costruirsi una personale idea del mondo che li circonda, di
altre realtà, altre culture, altri stili di vita, cosa che suggerisce uno
slittamento dall’ambito delle relazioni familiari (verticali) a quello
dei legami tra pari (orizzontali). Ma al di là di questa ampia possibilità di rimanere sempre in contatto con i propri amici, anche quando
sono fisicamente lontani, quali sono le risorse comunicative e identitarie che internet mette a disposizione dei più giovani? Il tema dell’identità – sia offline sia online – pone ovviamente questioni molto
complesse. Da una parte alcuni autori tra cui Hall, Giddens, Postam
hanno sviluppato una concezione non essenzialista e discorsiva che
interpreta l’identità in modo performativo e plurale, prodotta sulla
19
base delle contingenze contestuali – seppure attraverso la mediazione del gender e della posizione sociale (Walkerdine, Lucey, Melody,
2001); dall’altra gli studiosi dei media (Buckingam, 2008; Slater,
2002, Turkle, 1995) hanno indagato come questa produzione si giochi nel contesto dell’ambiente digitale, attraverso forme di scrittura
eterogenee che comprendono testi scritti, fotografia, video, musica e
grafica, e mediante pratiche di contaminazione, prestito, citazione e
ricontestualizzazione proprie sia della cultura convergente, sia delle
culture giovanili.
L’adozione delle e-mail e delle chat-room prima e dei programmi di
messagistica (Msn, Skype) e dei social network in un secondo momento (Facebook, Twitter) è un fenomeno che quasi è sfuggito alla
previsione dei loro produttori. Ciò che spinge la comunicazione online in mobilità è il bisogno degli adolescenti di rimanere in contatto
con i propri pari sempre e ovunque.
Negli adolescenti che ad esempio sperimentano con Intercultura un
anno di vita all’estero o per gli studenti esteri che trascorrono un anno
nelle nostre scuole quanto influenza negativamente l’ “adattamento”
ad una nuova cultura e a nuovi amici il rimanere costantemente in
contatto con il Paese di Provenienza? I ricercatori hanno anche imparato che, contrariamente a molte mitologie diffuse, la distinzione tra
ragazzi socievoli che interagiscono faccia a faccia e ragazzi solitari
e isolati che passano il tempo a chattare con sconosciuti è priva di
senso.
La base teorica di questo profilo che vede gli adolescenti interagire online a causa di un mix di isolamento e curiosità (Kraut, 1998)
è oggi infatti messa in discussione da diversi ricercatori tra i quali
Gross (2004), proprio in forza del fatto che l’affermazione di tale
visione risale ad una fase di sviluppo della rete in cui la presenza
degli adolescenti in internet non aveva ancora raggiunto una certa
massa critica. In altre parole la rete sembra funzionare – salvo che
per coloro che sono già isolati – come elemento di rinforzo e non di
allentamento delle relazioni sociali (Mesch, 2001). Data la forte inte-
20
grazione tra forme di comunicazione offline e online i contatti in rete
avvengono più frequentemente con persone vicine che con persone
lontane e con amici piuttosto che estranei.
Da questo punto di vista l’accesso alle nuove tecnologie della comunicazione non produce necessariamente cerchie sociali più vaste
o geograficamente più estese. In particolare ci sono pochi riscontri
empirici rispetto alla retorica del “villaggio globale”. Ad ogni modo
la rete consente di ampliare la sfera delle proprie relazioni quotidiane
e di consolidare quelle che altrimenti sarebbe difficile mantenere,
come gli amici che vivono all’estero, i parenti lontani, i conoscenti
che si sono trasferiti e gli amici che i ragazzi hanno lasciato per un
periodo. La difficoltà del mondo adulto sta spesso nel riuscire a decodificare conversazioni simbolicamente inaccessibili e le strategie che
gli adolescenti sperimentano per costruire l’identità online diventano
sempre più complicate. Alcuni ragazzi in precedenti ricerche americane e olandesi hanno rivelato di avere fino a otto indirizzi mail,
molti dei quali attivi contemporaneamente. Sebbene realizzate a cuor
leggero queste pratiche identitarie possono a volte essere molto serie.
Le regole dell’interazione online consentono la messa alla prova di
ruoli alternativi, permettono ai giovani di giocare tra realtà e fantasia,
conoscenza e immaginazione, reale e irreale, senza compromettete
la vera identità. Creare e condividere contenuti online (Youtube) sta
diventando così per molti ragazzi un modo per elaborare la propria
identità, il proprio stile di vita, le proprie relazioni sociali. “Studiando gli utenti adolescenti dei social network ho notato una grande
varietà di strategie adottate per l’autorappresentazione” ( Livingstone, 2008). Quello che colpisce non è tanto il fatto che le identità
online possano essere riscritte più facilmente di quelle offline, quanto
la natura meno vincolante della relazione tra autorappresentazione e
identità personale (Thumim, 2008).
Possiamo quindi dire che i social network riguardano il me nel senso
che rivelano la dimensione del sé socializzate nel gruppo dei pari,
così come è conosciuto e rappresentato dagli altri, piuttosto che l’io
21
intimo e personale. Le convenzioni culturali più fortemente codificate e le preferenze sociali finiscono così per costituire, secondo Ziehe,
le basi della rappresentazione del proprio oggetto identitario .Si tratta
di una nozione di identità come esibizione che viene gradualmente
sostituita col passare del tempo, da una nozione di identità come connessione.
Sarà interessante dialogare con gli studenti circa le tecnologie che
utilizzano, di come esprimono la propria identità, di cosa creano in
formato digitale, come ricercano nuovi argomenti, come vengono a
conoscenza di quello che succede nel mondo e come interagiscono
tra loro.
Indipendentemente dal fatto che si trovino fisicamente a Rio de Janeiro, Shanghai, Boston, Oslo o Città del Capo, i nativi digitali sono
parte integrante di un movimento globale di ragazzi accomunati dal
modo con cui si rapportano alle informazioni, alle nuove tecnologie
e tra di loro.
Quando chattano trasmettono i propri video più recenti, postano
messaggi sui blog e i profili di social network , oppure condividono
le ultime novità in campo musicale sulle reti P2P, essi valicano stati,
confini nazionali e continenti. Ma parallelamente all’accesso globale
alla rete di internet e alla cultura digitale condivisa i nativi digitali
sono anche coinvolti in tradizioni, costumi e valori regionali e locali.
Ma come realizzano le proprie opportunità e affrontano le sfide della
“città mondo”?
Per facilitare la contestualizzazione delle riflessioni che emergeranno
nel corso della ricerca può essere utile ricordare qualche dato di sfondo relativo allo scenario nazionale; la fonte più aggiornata a questo
scopo è l’indagine Istat Cittadini e nuove tecnologie (2009) da cui
risulta che il 47.3% delle famiglie italiane dispone di un accesso domestico a internet.
In un ottica europea il rapporto Istat fa notare come l’Italia sia rimasta indietro rispetto a molti Paesi della Comunità Europea, risultando al ventunesimo posto, con un tasso di penetrazione web del
22
53% rispetto alla media europea del 65%. Vicini all’Italia troviamo
Paesi come Cipro (53%) e Repubblica Ceca (54%), mentre Olanda,
Svezia, Lussemburgo e Danimarca registrano un tasso di penetrazione che supera l’83%. In questo scenario i dati però relativi all’uso
di internet da parte dei ragazzi sono confortanti: per la fascia 11-19
anni il dato si attesta all’82%. Un vero e proprio picco nel panorama
nazionale che lascia intendere l’esistenza di diverse forme di digital
divide.
Da altre fonti (Audiweb, 2010) emerge, per esempio, una maggiore
diffusione di internet presso gli studenti universitari (92.7%) rispetto
agli studenti della scuola secondaria di secondo grado (73.8%).
A questa fonte di differenza bisogna poi aggiungere quella tra Nord
e Sud Italia e tra piccoli centri e aree metropolitane. Nel complesso
appare veritiero il rapporto che lega i giovani italiani a internet e che,
soprattutto in questi ultimi anni, sembra concentrarsi sul cosiddetto
web 2.0 e, in particolare, sui siti di social network, Facebook in testa.
Si tratta di un rapporto che pur alimentandosi soprattutto delle relazioni all’interno del gruppo dei pari, rispecchia alcune tradizionali
disuguaglianze su base socioeconomica rispetto alle quali la scuola
non sembra costituire un elemento di equilibrio. Eppure l’internet
literacy costituisce a livello europeo una delle parole chiave delle politiche dell’Unione per una nuova società dell’informazione e della
e-inclusion. Anche per i ragazzi italiani, insomma, internet costituisce sempre più una forma comune dell’esperienza che coniuga relazioni e saperi, identità e differenze, rischi e opportunità in grado di
incidere tanto sulla sfera privata quanto su quella pubblica. Come è
stato evidenziato da più parti sono in gioco una nuova forma di cittadinanza la – cittadinanza digitale – e le condizioni che rendano la
rete un autentico strumento di inclusione e di sviluppo.
23
1.2 Significati, finalità, metodologie della ricerca
Come vengono utilizzati questi strumenti dai giovani? Rappresentano reali dispositivi di socializzazione in una dimensione virtuale che
poi si traduce su un piano di realtà o allontanano il personale e vissuto incontro con l’altro? Vi è la possibilità di una positiva interazione
tra le due esperienze? Che differenze intercorrono tra la costruzione
della realtà appresa online e quella esperita nella vita reale? Che rapporto intercorre tra comunicazione e identità? Negli adolescenti che
ad esempio sperimentano con Intercultura un anno di vita all’estero
o per gli studenti esteri che trascorrono un anno nelle nostre scuole
quanto influenza negativamente l’“adattamento” ad una nuova cultura e a nuovi amici il rimanere costantemente in contatto con il Paese
di Provenienza? Cosa se ne fanno gli adolescenti di queste nuove
possibilità di riorganizzare le loro relazioni sociali in contesti spazio
– temporali nuovi e mutevoli? La rete può essere un dispositivo di
educazione al cosmopolitismo? Questi alcuni degli interrogativi ai
quali abbiamo cercato di dare una risposta con questa ricerca. L’impianto pedagogico è stato costituito dalla Pedagogia Sperimentale,
dall’Educazione Interculturale e dalla Media Literacy Education.
L’ équipe di ricerca composta da ricercatori e ricercatrici provenienti non solo da diverse istituzioni universitarie ma anche da diversi ambiti disciplinari umanistici (antropologia culturale, pedagogia
interculturale, scienze del linguaggio, comunicazione, formazione,
media literacy education), hanno apportato al progetto percorsi e
competenze differenti, per arrivare a costituire un gruppo di ricerca
composito, i cui singoli punti di vista invece di rimanere arroccati su
posizioni di monopoli disciplinari sono confluiti nella scelta di una
metodologia (pedagogia sperimentale) e di un lessico comune.
24
Il lavoro di ricerca si è svolto nel secondo quadrimestre dell’a.s.
2011/2012 .
Campione regionale stimato: 630 unità
Campione nazionale stimato: 1260 unità
Campione nazionale effettivo: 596 in Piemonte, 553 in Puglia.
Unità nazionale del campione effettiva: 1149
Indice di mortalità del campione: molto basso ( inferiore al 10%)
La scelta del campione è avvenuta sulla base di un modello stratificato in cui la popolazione è stata divisa in strati quanto più possibile
omogenei al loro interno e da ciascuno è stato estratto un campione
casuale di soggetti (attraverso quindi una tecnica di campionatura
probabilistica). Poi abbiamo proceduto nel trasformare le informazioni desunte dai questionari in una matrice rettangolare di numeri,
detta “matrice dei dati”, ottenuta codificando in maniera sistematica
le risposte ai questionari. Il questionario costruito per la rilevazione
presenta al suo interno domande relative a proprietà sociografiche di
base (genere, età, ect.), domande relative ad atteggiamenti (percezioni) e a comportamenti. All’interno del questionario sono state sviluppate batterie di domande con risposte semanticamente autonome e
con risposte a parziale autonomia semantica. Per la rilevazione degli
atteggiamenti si è utilizzata la scala di Likert.
Per l’analisi quantitativa dei dati si è utilizzato il software SPSS (Statistical Package for Social Sciences). Per l’analisi delle interviste
realizzate nel corso dei focus group con gli studenti delle scuole piemontesi e pugliesi costituenti il nostro campione si è seguita la stessa
strategia metodologica praticata per i questionari strutturati. Infatti
si è preferito l’utilizzo di livelli di analisi non complessi, pur nel ri-
25
spetto della rigorosità, per consentire la lettura e comprensione delle
informazioni emerse anche ai non addetti ai lavori.
Allora, tra i metodi di analisi riconosciuti in ambito di ricerca qualitativa, abbiamo voluto riferirci in particolare alla grounded theory
rinunciando – per le ragioni sopra indicate – all’utilizzo del software
ad essa “naturalmente” associato: l’ATLAS.ti.
La grounded theory non è, come sarebbe ovvio ritenere, una teoria,
bensì un metodo di ricerca. Metodo che, in conformità all’approccio
fenomenologico – ermeneutico a cui si ispira, ha l’obiettivo di:
- far emergere i dati dal basso, così come vengono detti, riducendo
al limite l’intervento del ricercatore che potrebbe, invece, produrne
dei suoi;
- far emergere dai dati la teoria interpretativa.
Seguendo i criteri generali della grounded theory, quindi, abbiamo
considerato come unità ermeneutiche le stesse quattro domande
aperte poste agli studenti nel corso dei focus group. Le risposte di
ciascuno studente ad ognuna di quelle domande sono state registrate, previo consenso informato. Successivamente, si è proceduto alla
“sbobinatura” delle stesse e a trascriverne le risposte fedelmente a
quanto da loro stessi detto.
La lettura, per ogni studente, “riga per riga” ha consentito per ciascuna delle risposte date alle singole domande di rilevare alcune categorie concettuali più ricorrenti di altre, che sono state graficamente
messe in relazione alla stessa domanda. Terminata l’attività descrittiva, proprio grazie ai grafici costruiti, è stato possibile passare alla
fase interpretativa.
Le interviste sono state poi soggette ad un ulteriore livello di analisi attraverso l’utilizzo del software C-MAP TOOLS ( sviluppato
dall’Institute for Human and Machine Cognition della Cornell University of West Florida, basandosi sugli studi di Joseph Novak) che
ha consentito una sintesi dei concetti in mappe concettuali.
26
1.3 Tappe e strumenti della ricerca
Il lavoro è stato condotto dalle singole unità di lavoro, ma coordinato
a livello nazionale attraverso incontri periodici e si è articolato nelle
seguenti fasi:
1. Individuazione delle due Regioni campione della ricerca (NordSud) sulla base degli Indici web di penetrazione (Audiweb, 2010
e Istat, 2009 Dossier Cittadini e Nuove Tecnologie.) Per il Sud
(dove l’utilizzo di internet si attesta su di un valore del 38%) la
Puglia che presenta un basso indice web di penetrazione, per il
Nord (dove l’utilizzo di internet si attesta su un valore del 48%)
il Piemonte che presenta un alto indice web di penetrazione. Da
rilevare che 8.1 sono i punti che rappresentano la distanza tra
nord e sud Italia relativamente all’accesso a internet;
2. individuazione di 6 scuole per regione (professionali quinquennali e licei) quattro complessivamente per le due città metropolitane selezionate per regione e due inserite in una cittadina non
metropolitana (con una popolazione compresa tra i 10.000 e i
50.000 abitanti);
3. illustrazione del progetto tramite lettera di presentazione e incontri con i singoli dirigenti scolastici e professori di classi terze
e quarte, per presentazione delle modalità di ricerca e condivisione dei dati di contesto utili ad impostare il lavoro;
4. individuazione di un/una docente referente per ciascuna scuola,
che ha seguito le varie fasi della ricerca;
5. raccolta dati relativi alla programmazione didattica (verifica della presenza di progetti inerenti lo studio e la pratica di attività
multimediali e informatiche e della realizzazione di un sito internet della scuola con spazio per blog e community) nelle scuole
attraverso l’acquisizione dei POF;
27
6. individuazione di 5 classi campione per Istituto;
7. somministrazione di un questionario online agli studenti campione volta a monitorare come vengono utilizzati da loro gli
strumenti informatici e la rete internet, se rappresentano reali
dispositivi di socializzazione in una dimensione virtuale che poi
si traduce su un piano di realtà o allontanano il personale e vissuto incontro con l’altro. Ci siamo proposti di rilevare se vi sia
la possibilità di una positiva interazione tra le due esperienze,
che differenze intercorrano tra la costruzione della realtà appresa
online e quella esperita nella vita reale, che rapporto emerga tra
comunicazione e identità, e se la rete possa essere un dispositivo di educazione al cosmopolitismo;
8. somministrazione di un questionario a un campione di 60 returnees (che abbiamo fatto l’esperienza di un anno o di sei mesi
all’Estero con Intercultura da non oltre tre anni) per comprendere
che differenze intercorrano tra la costruzione della realtà appresa
online e quella esperita nella vita reale, che rapporto emerga tra
comunicazione e identità. Nello specifico sarà utile indagare se
e quanto influenzi negativamente l’”adattamento” ad una nuova
cultura e a nuovi amici il rimanere costantemente in contatto con
il Paese di Provenienza e se la costruzione della realtà esperita
nel Paese straniero nel quale si è vissuto differisca da quella “elaborata” tramite web prima della partenza;
9. identificazione su segnalazione della docente di lettere (in termini di apertura vs chiusura) di sei studenti italiani da coinvolgere in focus group (FG) in ciascuna scuola in orario scolastico;
conduzione e analisi dei focus group della durata di circa 1h 30
ciascuno da parte di uno o due membri del gruppo di ricerca;
10. selezione di alcuni degli studenti che hanno partecipato al focus group per interviste etnografiche in orario scolastico (tre per
scuola); la traccia dell’intervista semi – strutturata è stata elaborata da ciascun gruppo di ricerca tenendo conto dei dati emersi
dai questionari e FG; ciascuna intervista – della durata di 50/60
28
minuti – è stata registrata e successivamente trascritta;
11. interviste etnografiche ai 60 returnees; la traccia dell’intervista
semi – strutturata è stata elaborata da ciascun gruppo di ricerca
tenendo conto dei dati emersi dai questionari e FG; ciascuna intervista – della durata di 50/60 minuti – è stata registrata e successivamente trascritta;
12. restituzione dei risultati dell’indagine alle classi o gruppi di studenti che hanno partecipato alla ricerca nel corso del secondo
quadrimestre dell’ a.s. 2011/2012;
29
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Wolak, J. (2003).
30
2. Introduzione alla ricerca: analisi
dei dati a livello nazionale
F. Schino
2.1 Alcuni dati strutturali
La ricerca è stata realizzata su un campione di studenti del Piemonte
e della Puglia frequentanti nel secondo quadrimestre del 2011/2012
le classi terze e quarte di alcuni licei ed istituti tecnici di Alessandria,
Ivrea, Torino, Bari, Lecce e Martina Franca.
Di seguito viene riportata la ripartizione degli studenti per città e
scuola che hanno compilato il questionario sottoposto alla loro attenzione.
Tab. 1: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città
e scuola di appartenenza
Città
Scuola
Liceo Statale “Tito Livio”
MARTINA FRANCA
ITCG “Da Vinci”
Liceo Scientifico “Banzi”
LECCE
IISS “De Pace”
Liceo Scientifico “Salvemini”
BARI
ITC “Lenoci”
Liceo Scientifico “Galilei”
ALESSANDRIA
IIS “Volta”
Liceo Scientifico “Gramsci”
IVREA
IIS “Olivetti”
Liceo Statale “Bruno”
TORINO
ITES “Luxemburg”
Totale
31
Studenti intervistati
Frequenze
81
95
103
111
96
67
59
95
102
121
115
104
1149
Percentuali
7.0
8.3
9.0
9.7
8.4
5.8
5.1
8.3
8.9
10.5
10.0
9.1
100.0
La scelta di individuare per ogni città campione un liceo ed un istituto tecnico rispondeva all’esigenza di intercettare giovani con differenti interessi, stili cognitivi e di apprendimento per valutare l’incidenza dei digital media nella loro vita quotidiana. Gli studenti che
hanno partecipato all’indagine hanno, in genere, manifestato molto
interesse per l’iniziativa, ma la loro individuazione o meglio la loro
messa a disposizione è stata faticosa e ha richiesto molto più tempo
di quanto preventivato.
Alla codifica dei questionari, pertanto, sono risultati 1149 questionari
compilati, di cui 596 (pari al 51.9%) provenienti da studenti del Piemonte e 553 (pari al 48.1%) da studenti della Puglia.
Lievemente superiore è stata la partecipazione femminile rispetto a
quella maschile, sia in generale (51.5%) che su base regionale ( in
Piemonte si è attestata al 51.0% ed in Puglia al 52.1% ).
Tab. 2: Questionari ricevuti per regione
REGIONE
Puglia
Piemonte
Totale
Frequenze
553
596
1149
Percentuali
48.1
51.9
100.0
Tab. 2.1: Distribuzione per sesso dei questionari ricevuti su base complessiva e regionale
Sesso
Maschi
Femmine
Totale
COMPLESSIVI
Frequenze
%
557
48.5
592
51.5
1149
100
PIEMONTE
Frequenze
%
292
49.0
304
51.0
596
100
PUGLIA
Frequenze %
265
47.9
288
52.1
553
100
2.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
I figli della Digital generation confermano il dato inequivocabile: in
casa è quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo il 2.5%
32
degli intervistati dichiara di esserne sprovvisto, contro il 96.3% di
“internauti” casalinghi.
Tab. 3: Accesso internet a casa
Internet a casa
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
13
1107
29
1149
Percentuali
1.1
96.3
2.5
100.0
Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero,
perché solo il 6.2% degli intervistati (71 studenti) dichiara di navigare con dei limiti di connessione.
Tab. 4: Come si accede ad internet
Accesso ad internet
Nessuna risposta
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
11
1067
71
1149
Percentuali
1.0
92.9
6.2
100.0
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che oltre
il 41.0% (474 studenti) dedica dalle tre ore in poi alla navigazione,
mentre il 17.8% riesce a contenersi entro l’ora.
33
Tab.5: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Nessuna risposta
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
7
205
463
236
238
1149
Percentuali
0.6
17.8
40.3
20.5
20.7
100.0
2.3 Social network e dinamiche di relazione
Connessione ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 5.1% degli studenti (pari
a 59 casi) non è iscritto a questo tipo di piattaforme, invece il 57.0%
(598 casi) li utilizza ogni giorno. Il 33.2%, invece, si collega con
questi siti periodicamente.
Tab. 6: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Nessuna risposta
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Ho dei profili, ma vi accedo raramente
Non sono iscritto ad alcun social network
Totale
34
Frequenze
11
621
381
77
59
1149
Percentuali
1.0
59.1
33.2
6.7
5.1
100.0
Facebook è il social network più utilizzato, impiegato dal 91.9%
degli studenti intervistati (Tab. 7). L’uso prevalente – come da Tab.
8 – è chattare con gli amici (56.4%), meno frequente è condividere
link (16.8%) o leggere quello che fanno gli altri (13.3%).
Tab. 7: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
25
1056
68
1149
Percentuali
2.2
91.9
5.9
100.0
Tab. 8: Utilizzo prevalente del social network
Frequenze
Percentuali
Nesuna risposta
Utilizzo prevalente del social network
63
5.5
Chattare con gli amici
648
56.4
Scrivere post e messaggi personali
Condividere link o postare delle foto
Scrivere tutto quello che si fa
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
88
193
4
153
1149
7.7
16.8
0.3
13.3
100.0
35
Quasi la metà dei giovani intervistati (47.0%) dichiara di avere più di
500 contatti, “solo” il 16.7% ha meno di 200 contatti. (Tab. 9)
Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network,
ma questo non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, oltre il
51.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti siano da considerarsi davvero amici, mentre il 10.1% (116 casi) considera più della
metà dei contatti su Facebook delle amicizie. (Tab. 9.1)
Tab. 9: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Nessuna risposta
Da 50 a 100
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
80
55
137
337
540
1149
36
Percentuali
7.0
4.8
11.9
29.3
47.0
100.0
Tab. 9.1: Quanti contatti su Facebook sono veri amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Circa i due terzi
Tutti
Totale
Frequenze
72
33
558
215
155
75
33
8
1149
Percentuali
6.3
2.9
48.6
18.7
13.5
6.5
2.9
0.7
100.0
La preminenza da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente
confermata dal fatto che solo l’11.4% (130 casi) dei nostri studenti
preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il 44.5% esclude nel modo più assoluto
questa possibilità di interazione dalle modalità favorite.
37
Tab. 10: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto online a quello telefonico Frequenze
o diretto
Nessuna risposta
3
Assolutamente falso
511
Piuttosto falso
261
Né vero, né falso
244
Abbastanza vero
104
Assolutamente vero
26
Totale
1149
Percentuali
0.3
44.5
22.7
21.2
9.1
2.3
100.0
Contrariamente ai luoghi comuni, gran parte dei ragazzi (85.3% dei
casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sè chattando in
rete.
Tab. 11: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà
Tendenza a descriversi in rete in modo
diverso dalla realtà
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
38
Frequenze
Percentuali
12
807
173
98
41
18
1149
1.0
70.2
15.1
8.5
3.6
1.6
100.0
Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (87.4%) ad isolarsi
ed evitare amici o familiari (Tab. 12) o, addirittura, preferire la rete
(78.3%) al trascorrere una serata con questi. (Tab. 13)
Tab. 12: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari
A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
39
Frequenze
10
854
150
79
26
30
1149
%
0.9
74.3
13.1
6.9
2.3
2.6
100.0
Tab. 13: Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
9
154
41
46
101
798
1149
0.8
13.4
3.6
4.0
8.8
69.5
100.0
Insomma, la percezione che internet sia una sorta di rifugio dal mondo in cui ritrovarsi e star bene con se stessi, dimenticando la “matrigna” vita reale è più adatta ad una trama di un movie o di un best –
seller che ad una fotografia fedele della condizione giovanile attuale,
fatta eccezione per le singole specifiche situazioni. Dalla presente
ricerca emergono dati confortanti sull’attuale digital generation.
giovani certamente abili nel muoversi nelle nuove tecnologie multimediali e che trascorrono molto del loro tempo (libero o non) sulla
rete, ma ben ancorati al mondo della vita reale che non è considerata
per nulla subalterna a quella online. Giovani che credono e cercano
relazioni sociali, affettive dirette e solo dopo, per incrementarle o
perfezionarle, ricorrono alla rete.
Le relazioni online sono decisamente meno attraenti, soddisfacenti
rispetto a quelle reali e sono molto meno di quanto siamo portati,
o indotti, a pensare i giovani che si mascherano o si preoccupano
di quello che gli altri possono pensare di loro quando sono in rete
e nei social networks. Il limite a tutto ciò è che il loro interesse si
muove nello stretto ambito del proprio mondo vitale, locale, territoriale, poco ancora aperto (e formato) ad aperture più ampie, diciamo
“extraterritoriali” su cui molto l’educazione interculturale può fare.
40
2.4 La rete e l’altro
I social network si confermano un utile strumento di relazioni multiculturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 14) che il 58.6% (673 casi) ha
contatti con ragazzi non italiani e che il 32,5% di questi sono anche
incontrati offline. (Tab. 14.1)
Invece il 37.0% (249 casi) sono relazioni online originatesi però da
una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio. Importante,
anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è che i social network
sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per
attivare e/o aumentare contatti intraterritoriali, molto meno quelli
extraterritoriali (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato
esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete
che si attesta al 9.5%.
Tab. 14: Contatti online con ragazzi non italiani
Chatting con ragazzi non italiani
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
54
673
422
1149
41
Percentuali
4.7
58.6
36.7
100.0
Tab. 14.1: Conoscenza di questi non italiani
Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani
Frequenze %
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline
219
32.5
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in rete
65
9.7
Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio
249
37.0
Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in rete
64
9.5
Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social
23
3.4
network
Altro
53
7.9
Totale
673
100.0
Inoltre chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45,5% dei
casi (306 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie esperienze, mentre nel 23,3% si limita, tendenzialmente, a qualche breve
comunicazione. A volte si tratta di contatti (31.2%) da considerare
nel significato formale che viene attribuito all’amicizia nei social
network.
Tab. 14.2: Contenuti di confronto con ragazzi non italiani
Come ci si confronta con questi amici non italiani
Si chatta con loro discutendo della propria vita
Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere
Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro
Totale
Frequenze Percentuali
306
45.5
157
23.3
210
31.2
673
100.0
Introdotta la questione di come gli scambi cross – culturali possano
essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande
successive del questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare
a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative.
Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 45.0% dei casi che
raramente utilizzano social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni – il 36.9% dei ragazzi addirittura non
42
lo fa mai (Tab. 15) – ; dall’altro ritengono tali strumenti inadatti per
conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (19.1%). Il
30.4%, dei giovani, invece, ha usufruito del web per confrontarsi con
altre realtà culturali ma solo per puro caso, mentre soltanto il 4.4%
(51 casi) ne riconosce l’utilità. (Tab. 16) Queste risposte invitano a
pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a
collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio mondo
quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non
scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto.
Ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della conoscenza.
Tab. 15: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture
Utilizzo di social network per conoscere
aspetti riferiti ad altre culture
Nessuna risposta
Sì, ma raramente
Con una certa frequenza
Mai
Mi capita quasi tutti i giorni
Totale
43
Frequenze
Percentuali
48
517
123
424
37
1149
4.2
45.0
10.7
36.9
3.2
100.0
Tab. 16: I social network aiutano a conoscere le altre culture
I social network aiutano a conoscere le altre culture
Frequenze %
Nessuna risposta
64
5.6
No, per niente perchè strumento inadatto
219
19.1
No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono
240
20.9
Si, ma per puro caso
349
30.4
Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne
226
19.7
Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto
39
3.4
Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network
12
1.0
Totale
1149
100.0
2.5 Cosmopolitismo web 2.0
Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca
sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale
della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in particolare, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo
rilevare che il 37.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a
costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 33.0%
è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostitu-
44
ibile per la formazione della propria percezione del mondo. (Tab. 17)
Tab. 17: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale idea
del mondo circostante
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
25
170
147
379
337
91
1149
2.2
14.8
12.8
33.0
29.3
7.9
100.0
Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
33.0%
29.3%
14.8%
12.8%
7.9%
2.2%
Nessuna
risposta
Assolutamente Piuttosto falso
falso
Nè vero, nè
falso
Abbastanza
vero
Assolutamente
vero
Inoltre, un buon numero dei nostri giovani (69.8%, contro il 12.9%
che ha convinzioni opposte) pur riconoscendo che con internet le
distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 18),
ritiene che questo potere della rete non li faccia sentire cittadini del
mondo. Infatti (Tab. 19), il legame internet – cosmopolitismo è percepito dal 29.6% degli studenti intervistati, contro il 42.1% che non
sente tale relazione ed il 25.8% che non sa esprimersi in merito.
45
Tab. 18: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
30
76
72
169
368
434
1149
2.6
6.6
6.3
14.7
32.0
37.8
100.0
Tab. 19: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
46
Frequenze
28
331
153
297
254
86
1149
Percentuali
2.4
28.8
13.3
25.8
22.1
7.5
100.0
3. Analisi dei dati a livello regionale
Piemonte/Puglia
F. Schino
3.1 Alcuni dati strutturali – Piemonte
Il campione piemontese della ricerca è stato costituito da 596 studenti frequentanti nel corso del secondo quadrimestre del 2011/2012
le classi terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Alessandria,
Ivrea e Torino. Di seguito viene riportata la ripartizione degli studenti per città e scuola che hanno compilato il questionario sottoposto
alla loro attenzione.
Tab. 1: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città
e scuola di appartenenza
Città
ALESSANDRIA
IVREA
TORINO
Scuola
Liceo Scientifico “Galilei”
IIS “Volta”
Liceo Scientifico “Gramsci”
IIS “Olivetti”
Liceo Statale “Bruno”
ITES “Luxemburg”
Totale
Studenti intervistati
Frequenze
Percentuali
59
9.9
95
15.9
102
17.1
121
20.3
115
19.3
104
17.4
596
100.0
3.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
Anche per il Piemonte, la digital generation conferma come in casa
sia quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo il 2.3%
degli intervistati dichiara di esserne sprovvisto, contro il 97.1% di
“internauti” casalinghi.
47
Tab. 2: Accesso internet a casa
Internet a casa
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
3
579
14
596
Percentuali
0.5
97.1
2.3
100.0
Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero,
perché solo il 6.2% degli intervistati (37 studenti) dichiara di navigare con dei limiti di connessione.
Tab. 3: Come si accede ad internet
Accesso ad internet
Nessuna risposta
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
4
555
37
596
Percentuali
0.7
93.1
6.2
100.0
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai
dati generali si rileva la minore presenza di studenti (quasi il 35.0%,
pari a 208 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3
ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è decisamente maggiore il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con il
19.5% che riesce a contenersi entro l’ora).
48
Tab. 4: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Nessuna risposta
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
4
116
268
102
106
596
Percentuali
0.7
19.5
45.0
17.1
17.8
100.0
3.3 Social network e dinamiche di relazione
Connessione ad internet per il nostro campione corrisponde quasi
sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 6.7% degli studenti
piemontesi (pari a 40 casi) non ne è iscritto; invece esattamente la
metà (298 casi) lo utilizza ogni giorno, mentre il 34.6% si collega
con esso periodicamente.
49
Tab. 5: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Nessuna risposta
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Ho dei profili, ma vi accedo raramente
Non sono iscritto ad alcun social network
Totale
Frequenze
3
298
206
49
40
596
Percentuali
0,5
50.0
34,6
8,2
6,7
100.0
Facebook è il social network più utilizzato dal 90.4% degli studenti
intervistati (Tab. 6). L’uso prevalente – come da Tab. 7 – è chattare con gli amici (52.9%), molto meno frequente è condividere link
(16.4%) o leggere quello che fanno gli altri (15.8%).
Tab. 6: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
14
539
43
596
50
Percentuali
2.3
90.4
7.2
100.0
Tab. 7: Utilizzo prevalente del social network
Utilizzo prevalente del social network
Nesuna risposta
Chattare con gli amici
Scrivere post e messaggi personali
Condividere link o postare delle foto
Scrivere tutto quello che si fa
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
Frequenze
42
315
44
98
3
94
596
Percentuali
7.0
52.9
7.4
16.4
0.5
15.8
100.0
Il 38.3% dei giovani piemontesi intervistati dichiara di avere più di
500 contatti, percentuale notevolmente inferiore (di oltre il 18.0%) a
quella risultante dai dati aggregati con la Puglia, mentre è più elevata
la percentuale di studenti (35.1%) che dichiara di avere dai 200 ai
400 contatti. Invece, “solo” il 18.5% ha meno di 200 contatti (Tab.
8).
Tessere relazioni sui social network si conferma quindi estremamente facile, ma questo non fornisce indicazioni sull’intensità delle
stesse. Infatti, oltre il 50.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti siano da considerarsi davvero amici, mentre il 12% (71 casi)
51
considera almeno più della metà dei contatti su Facebook autentiche
amicizie (Tab. 8.1).
Tab. 8: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Nessuna risposta
Da 50 a 100
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
49
31
79
209
228
596
Percentuali
8.2
5.2
13.3
35.1
38.3
100.0
Tab. 8.1: Quanti contatti su Facebook sono di amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Circa i due terzi
Tutti
Totale
Frequenze
47
9
292
96
81
51
13
7
596
52
Percentuali
7.9
1.5
49.0
16.1
13.6
8.6
2.2
1.2
100.0
La preminenza da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente
confermata dal fatto che solo il 10.4% (62 casi) del nostro campione
preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il 46.6% esclude il ricorso al web per relazionarsi nel modo più assoluto.
Tab. 9: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto online a quello telefonico
Frequenze Percentuali
o diretto
Assolutamente falso
278
46.6
Piuttosto falso
127
21.3
Né vero, né falso
129
21.6
Abbastanza vero
49
8.2
Assolutamente vero
13
2.2
Totale
596
100.0
Ribadiamo anche per gli studenti piemontesi che, contrariamente ai
luoghi comuni, gran parte di loro (85.7% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sè chattando in rete. Solo il 4.7% (28
casi) dichiara la tendenza a “bluffare” sulla propria identità quando
è in rete.
53
Tab. 10: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà
Tendenza a descriversi in rete in modo
diverso dalla realtà
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
5
418
93
52
19
9
596
0.8
70.1
15.6
8.7
3.2
1.5
100.0
Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (85.7%) ad isolarsi ed
evitare amici o familiari (Tab. 11) o, addirittura, a preferire la rete
(78.6%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 12).
Tab. 11: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari
A causa di internet tendo ad evitare amici
o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
54
Frequenze
Percentuali
3
458
68
39
10
18
596
0.8
70.1
15.6
8.7
3.2
1.5
100.0
Tab. 12: Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
3
90
18
17
54
414
596
0.5
15.1
3.0
2.9
9.1
69.5
100.0
Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli studenti
piemontesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti
dall’aggregazione delle risposte fornite dagli stessi studenti piemontesi con quelle degli studenti pugliesi). Per questo le conclusioni fornite al termine dell’analisi dei dati generali possono valere anche per
commentare brevemente le indicazioni emerse dall’analisi dei dati
degli studenti piemontesi.
55
3.4 La rete e l’altro
I social network si confermano un utile strumento per relazioni multiculturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 13) che il 55.9% (333 casi)
ha contatti con ragazzi non italiani e che il 35,4% di questi sono
anche incontrati offline (Tab. 13.1). Invece, il 35.1% (117 casi) sono
relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenuta
nel corso di un viaggio. Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è che i social network sembrano essere particolarmente
utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intraterritoriali, molto meno quelli extraterritoriali (dove, certamente,
il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non
residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta all’8.4%.
Tab. 13: Contatti online con ragazzi non italiani
Chatting con ragazzi non italiani
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
33
333
230
596
56
Percentuali
5.6
55.9
38.6
100.0
Tab. 13.1: Conoscenza di ragazzi non italiani
Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani
Frequenze
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline
118
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in Rete
32
Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio
117
Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in Rete
28
Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social
11
network
Altro
27
Totale
333
%
35.4
9.6
35.1
8.4
3.3
8.1
100.0
Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 46.5% dei
casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie esperienze, mentre il 23.3% si limitata a qualche breve comunicazione. A
volte si tratta solo di contatti (29.7%) da considerare nel significato
formale che viene attribuito all’amicizia nei social network.
Tab. 13.2: Contenuti di confronto con questi ragazzi non italiani
Come ci si confronta con questi amici non italiani
Si chatta con loro discutendo della propria vita
Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere
Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro
Totale
Frequenze Percentuali
155
46.5
79
23.3
99
29.7
333
100.0
Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati
complessivi, introdotta la questione di come gli scambi cross – culturali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande successive del questionario somministrato agli studenti
piemontesi coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi
strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte
disattendono le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti
aggregando le risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli
pugliesi. Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 43% dei
casi che raramente utilizzano social network per conoscere aspetti
57
socioculturali riferiti ad altre nazioni – il 41.3% addirittura non lo
fa mai (Tab. 14); dall’altro ritengono tali strumenti inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (21.0%); il
28.2%, invece, ne ha usufruito, ma solo per puro caso. Soltanto il
2.5% (15 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 15).
Riproponiamo anche per il Piemonte, quanto già ipotizzato nell’analisi dei dati generali, ossia che queste risposte invitano a pensare che
i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi
nel mondo e molto interessati a vivere il proprio universo quotidiano
e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce
spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto. Ed è allora
che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della
conoscenza.
Tab. 14: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture
Utilizzo di social network per conoscere
aspetti riferiti ad altre culture
Nessuna risposta
Sì, ma raramente
Con una certa frequenza
Mai
Mi capita quasi tutti i giorni
Totale
Frequenze
Percentuali
30
256
50
246
14
596
5.0
43.0
8.4
41.3
2.3
100.0
Utilizzo di Social Network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture
43.0%
5.0%
Nessuna risposta Sì, ma raramente
41.3%
8.4%
2.3%
Con una certa
frequenza
58
Mai
Mi capita quasi
tutti i giorni
Tab. 15: I social network aiutano a conoscere le altre culture
I social network aiutano a conoscere le altre culture
Frequenze %
Nessuna risposta
35
5.9
No, per niente perchè strumento inadatto
125
21.0
No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono
137
23.0
Si, ma per puro caso
168
28.2
Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne
116
19.5
12
2.0
Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto
3
0.5
Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network
Totale
596
100.0
3.5 Cosmopolitismo web 2.0
Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca
sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale
della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, nello specifico, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo
rilevare che il 36.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a
costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 34.9%
è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab.
17).
Tab. 17: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale idea
del mondo circostante
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
59
Frequenze
Percentuali
15
81
76
208
177
39
596
2.5
13.6
12.8
34.9
29.7
6.5
100.0
Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
34.9%
13.6%
29.7%
12.8%
6.5%
2.5%
Inoltre, un buon numero del nostro campione (69.3% contro il 12.4%
che ha convinzioni opposte), pur nella consapevolezza che con internet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute
(Tab. 18), tuttavia non ha ritenuto che questo potere della rete li faccia sentire cittadini del mondo. Infatti (Tab. 19) il legame internet
– cosmopolitismo è percepito dagli studenti piemontesi in maniera marcatamente più debole rispetto ai “colleghi” pugliesi. Così al
24.5% di favorevoli, si oppone ben il 46.7% del campione che non si
sente affatto o poco cittadino del mondo grazie ad internet, mentre il
26.7% non sa esprimersi in merito.
Tab. 18: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le
distanze geografiche
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
60
Frequenze
Percentuali
17
34
40
92
180
233
596
2.9
5.7
6.7
15.4
30.2
39.1
100.0
Tab. 19: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
13
184
94
159
114
32
596
Percentuali
2.2
30.9
15.8
26.7
19.1
5.4
100.0
3.6 Alcuni dati strutturali – Puglia
Il campione pugliese della ricerca è stato costituito da 553 studenti
frequentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012 le classi
terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Martina Franca, Lecce
e Bari ( viene riportata nella successiva tabella la ripartizione degli
studenti per città e scuola che hanno compilato il questionario).
61
Tab. 20: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città
e scuola di appartenenza
Città
Martina Franca
Lecce
Bari
Scuola
Liceo Statale “Tito Livio”
ITCG “Da Vinci”
Liceo Scientifico “Banzi”
IISS “De Pace”
Liceo Scientifico “Salvemini”
ITC “Lenoci”
Totale
Studenti Intervistati
Frequenze
Percentuali
81
14.6
95
17.2
103
18.6
111
20.1
67
12.1
96
17.4
553
100.0
3.7 L’utilizzo di internet e dei social network
Anche per la Puglia appare evidente come, per il nostro campione,
solo il 2.7% sia sprovvisto a casa di una connessione ad internet.
Tab. 21: Accesso internet a casa
Internet a casa
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
10
528
15
553
62
Percentuali
1.8
95.5
2.7
100.0
Internet risulta essere sempre presente (95,5%) nelle case degli studenti costituenti il campione e l’accesso è pressoché libero, perché
solo il 6.1% degli intervistati (34 studenti) dichiara di navigare con
dei limiti di connessione.
Tab. 22: Come si accede ad internet
Accesso ad Internet
Nessuna risposta
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
7
512
34
553
Percentuali
1.3
92.6
6.1
100.0
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai
dati del Piemonte si rileva la decisa maggiore presenza di studenti (il
48.1% pari a 266 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo –
dalle 3 ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è sensibilmente
minore il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con
il 16.1% che riesce a contenersi entro l’ora).
Tab. 23: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Nessuna risposta
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
3
89
195
134
132
553
63
Percentuali
0.5
16.1
35.3
24.2
23.9
100.0
3.8 Social network e dinamiche di relazione
Connessione ad internet per il nostro campione corrisponde quasi
sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 3.4% degli studenti
pugliesi – percentuale ancora più bassa dei coetanei piemontesi –
non ne è iscritto; invece il 58.4% (323 casi) interagisce ogni giorno
su siti di questo genere, evidenziando una fruizione superiore circa dell’8.5% rispetto al campione piemontese intervistato, mentre il
31.6% si collega periodicamente con un social network.
Tab. 24: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Nessuna risposta
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Ho dei profili, ma vi accedo raramente
Non sono iscritto ad alcun social network
Totale
64
Frequenze
8
323
175
28
19
553
Percentuali
1.4
58.4
31.6
5.1
3.4
100.0
Facebook è il social network più utilizzato dal 93.5% degli studenti intervistati (Tab. 25), utilizzato essenzialmente per chattare con
gli amici (60.2%), molto meno frequentemente per condividere link
(17.2%) o leggere quello che fanno gli altri (10.7%); da evidenziare
che in quest’ultimo item, invece, la differenza percentuale – in meno
rispetto agli studenti piemontesi – è di oltre il 5.0%.
Tab. 25: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
11
517
25
553
Percentuali
2.0
93.5
4.5
100.0
Tab. 26: Utilizzo prevalente del social network
Utilizzo prevalente del social network
Nessuna risposta
Chattare con gli amici
Scrivere post e messaggi personali
Condividere link o postare delle foto
Scrivere tutto quello che si fa
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
65
Frequenze
21
333
44
95
1
59
553
Percentuali
3.8
60.2
8.0
17.2
0.2
10.7
100.0
Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pugliese
da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook dichiarati.
Ben il 56.4% del campione pugliese (rispetto al 38.3% del campione
piemontese intervistato) ha dichiarato di avere più di 500 contatti
sul social network. Molto meno (23.1%) coloro che hanno tra i 200
ed i 400 contatti (rispetto al 35.1% sullo stesso item dichiarato dagli
studenti piemontesi). ”Solo” il 14.8% ha meno di 200 contatti (Tab.
27). Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social
network, ma come già ribadito nelle questo non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, oltre il 52.0% ritiene che non oltre un quarto
dei contatti siano da considerarsi davvero amici, mentre il 7.9% (44
casi) considera amicizie almeno più della metà i contatti su Facebook
(Tab. 27.1).
66
Tab. 27: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Nessuna risposta
Da 50 a 100
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
31
24
58
128
312
553
Percentuali
5.6
4.3
10.5
23.1
56.4
100.0
Contatti su Facebook
56.4%
23.1%
10.5%
5.6%
Nessuna risposta
4.3%
Da 50 a 100
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Tab. 27.1 Quanti contatti su Facebook sono amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Circa i due terzi
Tutti
Totale
Frequenze
25
24
266
119
74
24
20
1
553
67
Percentuali
4.5
4.3
48.1
21.5
13.4
4.3
3.6
0.2
100.0
La preminenza da essi attribuita al contatto face to face rispetto a
quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal fatto che solo
il 13.3% (68 casi) del nostro campione preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il
42.1% esclude il web per l’interazione con gli altri nel modo più
assoluto.
Tab. 28: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto online a quello
telefonico o diretto
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Nè vero, nè falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
3
233
134
115
55
13
553
0.5
42.1
24.2
20.8
9.9
2.4
100.0
Ribadiamo anche per gli studenti pugliesi che, contrariamente ai luoghi comuni, gran parte di loro (84.8% dei casi) non ama nascondersi,
falsare la descrizione di sé chattando in rete. Solo il 5.6% (31 casi)
68
dichiara la tendenza a mentire sulla propria identità quando è in rete.
Tab. 29: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà
Tendenza a descriversi in rete in modo
diverso dalla realtà
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
7
389
80
46
22
9
553
Percentuali
1.3
70.3
14.5
8.3
4.0
1.6
100.0
L’uso di internet, ancora una volta, non porta (86.4%) ad isolarsi ed
evitare amici o familiari (Tab. 30) o, addirittura, a preferire la rete
(77.9%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 31).
69
Tab. 30: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari
A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
7
396
82
40
16
12
553
%
1.3
71.6
14.8
7.2
2.9
2.2
100.0
Tab. 31: Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
70
Frequenze
Percentuali
6
64
23
29
47
384
553
1.1
11.6
4.2
5.2
8.5
69.4
100.0
Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli studenti pugliesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti
dall’aggregazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi con
quelle degli stessi studenti pugliesi). Per questo le conclusioni fornite al termine dell’analisi dei dati generali possono valere anche per
commentare brevemente le indicazioni emerse dall’analisi dei dati
degli studenti pugliesi.
3.9 La rete e l’altro
I social network rappresentano un utile strumento per relazioni multiculturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 32) che il 61.5% (340 casi)
ha contatti con ragazzi non italiani e che il 29.7% di questi sono
anche incontrati offline (Tab. 32.1). Invece, il 38.8% (132 casi) sono
relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio. Importante, anche per gli obiettivi della
nostra ricerca, è la constatazione che i social network sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o
aumentare contatti intraterritoriali, molto meno quelli extraterritoriali (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce
decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi
non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta al
10.6%.
Tab. 32: Contatti online con ragazzi non italiani
Chatting con ragazzi non italiani
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
21
340
192
553
71
Percentuali
3.8
61.5
34.7
100.0
Tab. 32.1: Conoscenza di questi ragazzi non italiani
Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani
Frequenze
%
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline
101
29.7
Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in Rete
34
10.0
Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio
132
38.8
Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in Rete
36
10.6
Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social network
12
3.5
Altro
25
3.4
Totale
340
100.0
Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45.6% dei
casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie esperienze, mentre per il 20.9% tendenzialmente i contatti sono limitati a
qualche breve comunicazione, oppure sono da considerarsi solo dei
contatti (33.5%), nel significato formale che viene attribuito all’amicizia nei social network.
Tab. 32.2: Contenuti di confronto con questi ragazzi non italiani
Come ci si confronta con questi amici non italiani
Si chatta con loro discutendo della propria vita
Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere
Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro
Totale
72
Frequenze
155
71
114
340
Percentuali
45.6
20.9
33.5
100.0
Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati
complessivi, introdotta la questione di come gli scambi cross – culturali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande successive del questionario somministrato agli studenti
piemontesi coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi
strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte
disattendono le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti
aggregando le risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli
pugliesi.
I nostri studenti ci dicono nel 47.2% dei casi che raramente utilizzano social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre
nazioni e nel 32.2% (Tab. 33) di non impiegarli mai per questo scopo
– lo stesso item è stato selezionato da oltre il 9.0% in più di studenti
piemontesi. Spesso tali strumenti sono considerati inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (17.0%). Il
32.7%, invece, ha usufruito dei social network per interfacciarsi con
altre realtà culturali, ma solo per puro caso, mentre soltanto il 6.5%
(36 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 34). Riproponiamo anche per la
Puglia, quanto già ipotizzato nell’analisi dei dati generali, ossia che
queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a
vivere il proprio universo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per
il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo
esserne venuto a contatto. Ed è allora che i social network possono
risultare strumenti di facilitazione della conoscenza.
Tab. 33: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture
Utilizzo di social network per conoscere aspetti
riferiti ad altre culture
Nessuna risposta
Sì, ma raramente
Con una certa frequenza
Mai
Mi capita quasi tutti i giorni
Totale
73
Frequenze
Percentuali
18
261
73
178
23
553
3.3
47.2
13.2
32.2
4.2
100.0
Tab. 34: I social network aiutano a conoscere le altre culture
I social network aiutano a conoscere le altre culture
Frequenze %
Nessuna risposta
29
5.2
No, per niente perché strumento inadatto
94
17.0
No, anche se avrei potuto perché le informazioni ci sono
103
18.6
Si, ma per puro caso
181
32.7
Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne
110
19.9
Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto
27
4.9
Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network
9
1.6
Totale
553
100.0
74
3.10 Cosmopolitismo web 2.0
Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca
sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale
della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in particolare, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo
rilevare che il 38.3% degli intervistati è convinto che internet aiuti a
costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 30.9%
è indeciso, confermando che la vita reale costituisce un fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab.
35).
Tab. 35: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale idea
del mondo circostante
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
75
Frequenze
Percentuali
10
89
71
171
160
52
553
1.8
16.1
12.8
30.9
28.9
9.4
100.0
Tale ipotesi interpretativa sembrerebbe avallata anche dal fatto che
un buon numero del nostro campione (70.3% contro il 13.4% che ha
convinzioni opposte), pur nella consapevolezza che con internet le
distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 36),
non ha ritenuto tuttavia che questo potere della rete li faccia sentire
cittadini del mondo. Infatti (Tab. 37), il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti pugliesi in maniera marcatamente
più forte rispetto ai “colleghi” piemontesi. Così al 35.1% di favorevoli, si oppone il 37.7% che non si sente affatto o poco cittadino
del mondo grazie ad internet, mentre il 25.0% non sa esprimersi in
merito.
Tab. 36: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le
distanze geografiche
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
13
42
32
77
188
201
553
2.4
7.6
5.8
13.9
34.0
36.3
100.0
Frequenze
15
147
59
138
140
54
553
Percentuali
2.7
26.6
10.7
25.0
25.3
9.8
100.0
Tab. 37: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
76
3.11 Sintesi Piemonte/Puglia
Comparando i dati emersi dall’analisi delle risposte fornite dagli
studenti frequentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012
le classi terze e quarte di alcuni licei ed istituti tecnici del Piemonte e della Puglia si evidenzia su gran parte delle questioni oggetto
di riflessione una sostanziale specularità, poiché in gran parte dei
quesiti posti le oscillazioni percentuali non supera il 5.0%. Questo
è fatto particolarmente significativo, perché attesta che sui temi oggetto d’indagine, in gran parte, sussiste omogeneità di percezioni e
comportamenti tra i giovani al di là delle distanze territoriali. Assumono, in tale contesto, rilevanza le poche differenze statisticamente
significative emerse tra le risposte fornite degli studenti piemontesi e
quelli pugliesi che di seguito vengono sintetizzate.
77
Piemonte
1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione è decisamente superiore rispetto agli studenti pugliesi il numero di intervistati che
non supera le 2 ore al giorno (con il 19.5% che riesce a contenersi entro l’ora).
2. Un po’ meno del della metà degli studenti piemontesi utilizza
quotidianamente un social network.
3. L’uso prevalente è chattare con gli amici, molto meno frequente
è condividere link o leggere quello che fanno gli altri. In quest’ultimo item il dato supera quello degli studenti pugliesi di oltre il
5.0%.
4. Più di un terzo dichiara di avere dai 200 ai 400 contatti e tale percentuale supera più del 12.0% quella espressa sullo stesso item
dagli studenti pugliesi.
5. Per quanto riguarda la questione se internet ed i social network
possano aiutare a conoscere le culture altre, quasi il 42.0% degli
studenti piemontesi – con oltre il 9.0% di preferenze dei “colleghi” pugliesi – non utilizza quasi mai tali strumenti per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni
Puglia
1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente
dai dati del Piemonte, si rileva la decisa maggiore presenza di
studenti che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3 ore in
poi – alla navigazione.
2. Più della metà degli studenti pugliesi (con una differenza in più,
intorno al 10.0%, rispetto agli studenti piemontesi) utilizza quotidianamente un social network.
3. L’uso prevalente – ancor più degli “amici” piemontesi – è chattare con gli amici, meno frequente è condividere link o leggere
quello che fanno gli altri.
78
4. Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pugliese da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook
dichiarati. Infatti, quasi il 57.0% (un po’ meno del 20.0% di preferenze in più) dei “pugliesi” ha dichiarato di avere più di 500
contatti sul social network.
5. Il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti
pugliesi in maniera marcatamente più forte. Infatti, poco oltre il
35.0% (quasi il 10.0% di preferenze in più) si sente cittadino del
mondo grazie ad internet.
79
80
4. Analisi generale dei questionari
specchio (returnees)
F. Schino
4.1 Alcuni dati strutturali
Come specificato nella precedente presentazione delle metodologie
della ricerca, unitamente alla somministrazione di un questionario
strutturato a scelta multipla, al campione di studenti del Piemonte
e della Puglia si è proceduto a contattare giovani italiani – residenti
sempre nelle due regioni campione – che nei precedenti ultimi due
anni scolastici hanno vissuto l’esperienza della permanenza all’estero con Intercultura (da ora: returnees).
Contattati i referenti di Intercultura abbiamo potuto ricavare l’universo statistico di riferimento, pervenendo alla definizione di 60 studenti returnees. A questi è stata fatta recapitare la nostra richiesta di
partecipazione alla ricerca tramite la compilazione di un questionario strutturato a scelta multipla, pressoché simile nella prima parte a
quello somministrato agli studenti piemontesi e pugliesi per consentire eventuali possibili comparazioni e specifico nella seconda parte, volta a verificare se proprio l’esperienza all’estero potesse essere
considerata la variabile interveniente capace di modificare il modus
vivendi dei giovani in riferimento alla routinaria fruizione dei digital
media e le proprie relazioni interpersonali (incluse quelle multi-interculturali).
Considerate alcune difficoltà tecniche – essere studenti universitari
fuori sede, indirizzi e-mail non corretti o modificati – ed altre motivazionali – non essere interessati alla compilazione del questionario,
non voler essere coinvolti nella ricerca, sono giunti all’equipe di ricerca 46 questionari compilati, pari al 76.7% dei questionari attesi, di
cui 22 questionari (47.8%) dalla Puglia e 24 (52.2%) dal Piemonte. A
compilare il questionario sono state prevalentemente donne (71.7%,
81
pari a 33 casi), l’età dei returnees ha oscillato dai 17 anni (però solo
3 casi) ai 21 anni (solo 2 casi). Quella più ricorrente si è attestata tra
19 ed 20 anni (entrambi al 30.4%), a seguire i 18enni (28.3%). I returnees coinvolti nella ricerca hanno in gran parte svolto l’esperienza
all’estero con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010
(34.8%) e 2010/2011 (45.7%) ed è durata quasi per tutti – tranne
in un caso – un intero anno (97.8%). Nord Europa ed il continente
americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati, mentre gli USA
(43.5% dei casi) sono stati la nazione più frequentata, seguiti da Belgio, Norvegia e Germania (3 returnees a testa, pari al 6.5%).
Tab. 1: Distribuzione per sesso dei returnees coinvolti nella ricerca
COMPLESSIVI
Frequenze
%
13
Maschi
28.3
33
Femmine
71.7
Totale
46
100
Sesso
PIEMONTE
Frequenze
%
5
20.8
19
79.2
24
100
PUGLIA
Frequenze
%
8
36.4
14
63.6
22
100
Tab. 2: Età dei returnees coinvolti nella ricerca
Età
21 anni
20 anni
19 anni
18 anni
17 anni
Totale
Frequenze
2
14
14
13
3
46
Percentuali
4.3
30.4
30.4
28.3
6.5
100.0
Tab. 3: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura
Anno scolastico dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze %
2010/2011
21
45.7
2009/2010
16
34.8
2008/2009
9
19.6
Totale
46
100.0
82
Tab. 4: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura
Durata dell’esperienza all’estero con
Intercultura
6 mesi
1 anno scolastico
Totale
Frequenze
Percentuali
1
45
46
2.2
97.8
100.0
Tab. 5: Dove i returnees hanno realizzato l’esperienza con Intercultura
Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura
India
Belgio
USA
Svezia
Canada
Brasile
Finlandia
Danimarca
Cile
Honduras
Norvegia
Olanda
Germania
Cina
Argentina
Repubblica Dominicana
Thailandia
Totale
Frequenze
2
3
20
1
1
1
1
1
1
1
3
2
3
1
2
2
1
46
Percentuali
4.3
6.5
43.5
2.2
2.2
2.2
2.2
2.2
2.2
2.2
6.5
4.3
6.5
2.2
4.3
4.3
2.2
100.0
4.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
Anche i “nostri” returnees confermano quanto già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti campione della ricerca: il 93,5% dispongono in casa di una connessione internet,
solo il 4.3% dichiara di esserne sprovvisto.
83
Tab. 6: Accesso internet a casa
Internet a casa
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Internet a casa
Frequenze
1
43
2
46
No
4.3%
Percentuali
2.2
93.5
4.3
100.0
Nessuna risposta
2.2%
Si
93.5%
Internet, come detto, non manca quasi mai tra le mura domestiche e
l’accesso è pressoché libero, perché solo 1 returnee ha dichiarato di
navigare con dei limiti di connessione.
Tab. 7: Come si accede ad internet
Accesso ad internet
Nessuna risposta
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
4
41
1
46
Percentuali
8.6
89.1
2.2
100.0
Si osserva che quasi il 33.0% (15 returnees) dedica dalle tre ore in
poi alla navigazione - oltre l’8.0% in meno di quanto dichiarato dagli
studenti piemontesi e pugliesi -, mentre il 15.2% riesce a contenersi
entro l’ora.
84
Tab.8: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Nessuna risposta
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
2
7
22
7
8
46
Percentuali
4.3
15.2
47.8
15.2
17.4
100.0
Connessione giornaliera ad Internet
47.8%
15.2%
15.2%
17.4%
4.3%
Nessuna risposta
Non più di un'ora
al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al
giorno
Come a casa propria, nell’esperienza all’estero con Intercultura quasi
tutti i returnees (42 casi, pari al 91.3%) avevano una connessione internet in casa (Tab. 9) e per 40 di loro (pari all’87.0%) l’accesso era
in gran parte senza limiti (Tab. 10).
Tab. 9: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura
Internet nella casa di residenza all’estero
nell’esperienza con Intercultura
Nessuna risposta
Si
No
Totale
85
Frequenze
Percentuali
2
42
2
46
4.3
91.3
4.3
100.0
Internet nella casa all'estero
No
4.3%
Nessuna risposta
4.3%
Si
91.3%
Tab. 10: Come si accedeva ad internet
Accesso ad internet nel paese estero
Nessuna risposta
Potevo accedervi liberamente
Avevo dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
3
40
3
46
Percentuali
6.5
87.0
6.5
100.0
Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees hanno
avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro
abitudini. “Solo” il 6.5% (3 casi) ha dichiarato di essersi connessi ad
internet oltre le 3 ore al giorno (a casa era il 17.4% – Tab. 8), mentre
ben il 32.6% (15 casi) si connetteva non più di 1 ora al giorno (con un
incremento di oltre il 17% rispetto alle abitudini quotidiane a casa).
Tab. 11: Ore al giorno di connessione giornaliera ad internet all’estero
Ore di connessione giornaliera ad internet all’estero Frequenze
Nessuna risposta
3
Non più di un’ora al giorno
15
Da 1 a 2 ore
19
3 ore al giorno
5
Più di 3 ore al giorno
3
Altro
1
Totale
46
86
%
6.5
32.6
41.3
10.9
6.5
2.2
100.0
4.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero
Connessione ad internet per il nostro campione specchio corrisponde
quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo 2 returnees (pari
al 4.3%) vi accedono raramente, invece il 56.5% (26 casi) lo utilizza
ogni giorno, mentre il 34.8% lo fa periodicamente.
Tab. 12: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Nessuna risposta
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Ho dei profili, ma vi accedo raramente
Totale
Frequenze
2
26
16
2
46
87
Percentuali
4.3
56.5
34.8
4.3
100.0
Facebook è il social network più utilizzato dal 95.7% degli intervistati (Tab. 13).
L’uso prevalente (Tab. 14) è chattare con gli amici (65.2%) – anche su questo item le percentuali dei returnees sono notevolmente
superiori (quasi del 9.0%) rispetto a quelle espresse dagli studenti
piemontesi e pugliesi – meno frequente è condividere link (15.2%) o
leggere quello che fanno gli altri (10.9%).
Tab. 13: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Nessuna risposta
Si
Totale
Frequenze
2
44
46
Percentuali
4.3
95.7
100.0
Tab. 14: Utilizzo prevalente del social network
Utilizzo prevalente del social network
Nesuna risposta
Chattare con gli amici
Scrivere post e messaggi personali
Condividere link o postare delle foto
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
88
Frequenze
2
30
7
2
5
46
Percentuali
4.3
65.2
15.2
4.3
10.9
100.0
Verrebbe da dire, analizzando i dati a disposizione, che tra i giovani
più si sale in età e più aumentano i contatti online. Infatti, ben il
69.6% (32 casi) dei returnees – con oltre il 22% in più dei giovani
piemontesi e pugliesi – ha dichiarato di avere più di 500 contatti,
“solo” il 6.5% ha meno di 200 contatti. Nessun returnee ha meno di
100 contatti (Tab. 15).
Ancor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, ma questo anche stavolta non dice nulla sull’intensità
delle stesse. Infatti, ben il 37.0% (17 casi) ha sostenuto che nessun
contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, mentre
il 30.4% (14 casi) ritiene che siano da considerarsi vere amicizie non
oltre un quarto dei contatti. Un solo returnee ha dichiarato che più
della metà dei suoi contatti sul social network sono da considerarsi
amicizie (Tab. 15.1).
Tab. 15: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Nessuna risposta
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
2
3
9
32
46
89
Percentuali
4.3
6.5
19.6
69.6
100.0
Tab. 15.1: Quanti contatti su Facebook sono amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Totale
90
Frequenze
2
17
14
10
2
1
46
Percentuali
4.3
37.0
30.4
21.7
4.3
2.2
100.0
Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stesse questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti
piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees danno preminenza
alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello
virtuale della rete.
Nel corso della permanenza all’estero l’84.7% dei returnees ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (il
54.3% di questi anche oltre 100) su Facebook (Tab. 16). Tuttavia, a
differenza dei contatti italiani, molti di quelli inseriti nel corso dell’esperienza all’estero corrispondevano a persone davvero frequentate
e conosciute. Infatti, il 30.4% dei returnees (contro il 6.5% in Italia,
Tab. 15.1) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi
amici su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il
28.3% (13 casi) ha indicato che il numero di amicizie su Facebook
non corrispondeva affatto ad amicizie reali (Tab. 17).
Tab. 16: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel Paese estero
Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero
Nessuna risposta
Circa 25
Circa 50
Circa 100
Più di 100
Totale
Frequenze
3
2
2
14
25
46
%
6.5
4.3
4.3
30.4
54.3
100.0
Tab. 17: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da considerarsi amici
Nuovi contatti su Facebook da considerarsi veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Totale
91
Frequenze
3
13
9
7
8
6
46
%
6.5
28.3
19.6
15.2
17.4
13.0
100.0
La primazia alle relazioni interpersonali dirette è ampiamente confermata dal fatto che solo 2 ragazzi (4.3%) preferiscono contattare le
persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il
47.8% (22 casi) esclude l’impiego del web per tale scopo nel modo
più assoluto.
Tab. 18: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto on-line a quello telefonico o diretto Frequenze %
Assolutamente falso
22
47.8
Piuttosto falso
17
37.0
Né vero, né falso
5
10.9
Abbastanza vero
2
4.3
Totale
46
100.0
92
Gran parte dei returnees (93.5% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete.
Tab. 19: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà
Tendenza a descriversi in rete in modo diverso
dalla realtà
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Assolutamente vero
Totale
93
Frequenze
Percentuali
36
7
2
1
46
78.3
15.2
4.3
2.2
100.0
L’uso di internet, ancora una volta, non porta (97.8%) ad isolarsi
ed evitare amici o familiari (Tab. 20) o addirittura a preferire la rete
(86.9%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 21).
Tab. 20: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari
Tendenza ad evitare amici o familiari quando
si è su Internet
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
43
2
1
46
93.5
4.3
2.2
100.0
Tab. 21:Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Assolutamente falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
%
6
2
38
46
13.0
4.3
82.6
100.0
Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei
dati, internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Il momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo
94
la permanenza all’estero, come spesso accade per esperienze analoghe all’anno di scambio culturale proposto da Intercultura. Infatti, il
26.1% (pari a 12 casi) ha utilizzato maggiormente i social network
nei primi tre mesi. Dopo il “riassestamento”, i contatti si diradano e
per il 45.7% vengono mantenuti attivi soprattutto nel corso di ricorrenze particolari, come durante il Natale o per i compleanni. (Tab.
22). In generale, il 50.0% dei returnees chatta ancora spesso con le
nuove amicizie fatte, mentre il 34.8% cerca i contatti, anche se spesso non ci riesce (Tab. 23).
Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la propria esperienza. Infatti, il 56.5% (26 casi) ha condiviso molte foto
con i propri amici ed il 17.4% (8 casi) ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 24), questi ultimi
difficili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento, come
indicato dal 56.5% (26 casi) dei returnees (Tab. 25).
Tab. 22: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente
In quale fase dell’esperienza estera i social
network sono stati utilizzati maggiormente
Nessuna risposta
Nei primi tre mesi
Negli ultimi tre mesi
Tutto il periodo
In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.)
Totale
Frequenze
Percentuali
2
12
2
9
21
46
4.3
26.1
4.3
19.6
45.7
100.0
Tab. 23: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone conosciute
Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere
Frequenze %
i contatti con le persone conosciute
Nessuna risposta
2
4.3
Si molto. Chatto spesso con loro
23
50.0
Ho mantenuto i contatti, ma non ho usato i social network
5
10.9
Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito
16
34.8
Totale
46
100.0
95
Tab. 24: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza
Al ritorno usati i social network per raccontare la propria esperienza
Nessuna risposta
No, mai
Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo
Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero
Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani
Totale
Frequenze
%
3
4
8
26
5
46
6.5
8.7
17.4
56.5
10.9
100.0
Tab. 25: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo
Frequenze
%
in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
3
6.5
Si
17
37.0
No
26
56.5
Totale
46
100.0
96
Nessuna risposta
6.5%
Si
37.0%
No
56.5%
Condivisione con familiari e/o amici
degli stati d’animo durante l’esperienza all’estero
4.4 La rete e l’altro
In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole piemontesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte
e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media
da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questionario
somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere in
che modo i new media possano o meno aver influito sulle esperienze
all’estero e se la stessa esperienza extraterritoriale abbia modificato
o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei
social network.
Anche da questa sezione del questionario abbiamo ricavato dati molto interessanti.
Un primo elemento rilevante è che, nonostante il largo utilizzo di
internet e dei social network, i nostri giovani sembrano non considerare tali strumenti validi alla stessa stregua e/o sostituibili l’esperienza sul campo. Al 65.2% dei returnees (30 casi) non è mai venuto in
mente di usare i networks per conoscere il paese nel quale avrebbero
fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura (Tab. 26).
97
Però con internet ed i social network i returnees costituenti il campione specchio hanno attivato contatti prima della partenza; in particolare lo hanno fatto in 25, pari al 54.3% (Tab. 27).
Questi contatti per il 52.1% (24 casi) si sono rivelati utili, contro il
28.3% (13 casi) che non ha riscontrato alcun vantaggio da tali confronti (Tab. 28). Certo, per questi risultati si potrebbero proporre
spiegazioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a
motivazioni generiche nell’affrontare l’impresa. Tuttavia, in continuità con i risultati già emersi dai dati precedenti e di quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni,
quali la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali e
le esperienze di vita extraterritoriali, i giovani per ora mantengono la
netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisamente
la prima alla seconda.
Tab. 26: Utilizzo di social networks per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata
l’esperienza con Intercultura
Prima di partire è venuto in mente di usare i social
Frequenze Percentuali
network per conoscere qualcosa del nuovo Paese
Nessuna risposta
2
4.3
Si, ho cercato e condiviso post
14
30.4
No, mai
30
65.2
Totale
46
100.0
98
Tab. 27: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite
Contatti anticipati su FB con persone della nuova realtà
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
2
25
19
46
%
4.3
54.3
41.3
100.0
Tab. 28: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza verso lo Stato estero
Sono serviti i contatti attivati su Internet prima della
partenza?
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
%
4
9
9
14
10
46
8.7
19.6
19.6
30.4
21.7
100.0
Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees con
Intercultura solo il 19.6% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto
aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale.
99
Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pregresse per
il 32.6% (Tab. 29).
Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa per il 52.2% (24 casi), confermata – invece – soltanto
dall’8.7% (4 casi) dei returnees (Tab. 30).
A giustificazione di ciò la convinzione di quasi tutti (93.5%) è che
le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 31).
Tab. 29: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale
Ciò che è stato appreso da internet è stato
utile per adattarsi alla nuova realtà culturale
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
3
12
22
8
1
46
6.5
26.1
47.8
17.4
2.2
100.0
Tab. 30: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata
L’idea di partenza della cultura del Paese
ospitante è corrisposta a quella verificata
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
100
Frequenze
Percentuali
9
15
18
4
46
19.6
32.6
39.1
8.7
100.0
Tab. 31: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero
Le emozioni provate durante il soggiorno
all’Estero erano imprevedibili
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
101
Frequenze
Percentuali
1
1
1
15
28
46
2.2
2.2
2.2
32.6
60.9
100.0
L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da
quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma
quasi il 57.0% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti
difficili, probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera
oggettiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo
stress emozionale (Tab. 31.1). Il 76.5% tra coloro che hanno, invece, deciso di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social
network particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab.31.2).
Tab. 31.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo
Frequenze
%
in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
3
6,5
Si
17
37,0
No
26
56,5
Totale
46
100,0
102
Tab. 31.2 Utilità dei social network in queste situazioni emotive
Utilità dei social network In queste situazioni
emotive
Lo stato d’ansia è aumentato
La condivisione con loro ha generato agitazione
anche a loro
Mi è servito ad alleggerire il peso
Totale
Frequenze
Percentuali
2
6,5
2
6,5
13
17
76.5
100,0
Dunque, nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà
culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più
con gli amici italiani che con i propri familiari come si evince dalla
lettura delle tabelle 32 e 33, nelle quali emerge da un lato il dato che
“solo” il 19.6% (9 casi) non poteva fare a meno di connettersi con la
propria famiglia (di contro al 45.6% che non sentiva tale urgenza) e
dall’altro che al 58.7% (27 casi) interessava contattare gli amici italiani (contro il 17.3%, pari a 8 casi, che non sentivano tale bisogno).
103
Tab. 32: Necessità di connettersi con la propria famiglia nel corso dell’esperienza all’estero
Non si poteva fare a meno di connettersi con
la propria famiglia in Italia
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
7
14
16
8
1
46
15.2
30.4
34.8
17.4
2.2
100.0
Tab. 33: Necessità di contattare i propri amici nel corso dell’esperienza all’estero
Non interessava contattare gli amici italiani
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
104
Frequenze
10
17
11
6
2
46
Percentuali
21.7
37.0
23.9
13.0
4.3
100.0
4.5 Cosmopolitismo web 2.0
Un aspetto centrale della nostra ricerca è rappresentato dal cosmopolitismo e attraverso il questionario somministrato ai returnees coinvolti nella ricerca sono state inserite domande utili a rilevare quanto
la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa
essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il
39.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una
personale idea del mondo circostante, mentre il 37.0% è indeciso,
confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per
la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 34). Tuttavia, come gli studenti piemontesi e pugliesi, anche i nostri returnees
sono d’accordo quasi all’unanimità (91.3%, pari a 42 casi) sul fatto
che grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche
(Tab. 35). Ma, a differenza dei primi, in loro emerge una maggiore
convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione
cosmopolita, sia di che quella tra internet (i social networks in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti, il 65.2% (pari a 30 casi)
è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 36)
e, soprattutto, il 58.7% (27 casi) – contro il 17.4% che la pensa in
maniera opposta – ritiene che internet ed i social network siano utili
strumenti di educazione interculturale (Tab. 37).
Tab. 34: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale idea
del mondo circostante
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
105
Frequenze
Percentuali
11
17
13
5
46
23.9
37.0
28.3
10.9
100.0
Tab. 35: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le
distanze geografiche
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
1
1
2
12
30
46
2.2
2.2
4.3
26.1
65.2
100.0
Frequenze
3
5
8
23
7
46
Percentuali
6.5
10.9
17.4
50.0
15.2
100.0
Tab. 36: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
106
Tab. 37: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità
Internet e social network possono essere utile
strumento di educazione alla mondialità
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
107
Frequenze
Percentuali
1
7
11
21
6
46
2.2
15.2
23.9
45.7
13.0
100.0
108
5. Analisi regionale dei questionari
returnees (Piemonte, Puglia)
F. Schino
Piemonte
5.1 Alcuni dati generali
Come indicato nell’analisi dei dati complessivi (par. 4.1) sono giunti
all’equipe di ricerca 24 questionari compilati da returnees piemontesi.
A rispondere sono state prevalentemente donne (79.2% pari a 19
casi) e l’età dei returnees ha oscillato dai 17 anni (però solo 3 casi)
ai 21 anni (solo 2 casi). Quella più ricorrente si è attestata sui 20 anni
(29.2%) a seguire i 18-19 anni (entrambi al 25.0%).
Più della metà dei returnees piemontesi (54.2% pari a 13 casi) coinvolti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, i restanti in parte nel
2008/2009 ed in parte nel 2009/2010. La durata in media è stata –
tranne per un returneè – di un anno scolastico. Nord Europa ed il
continente americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati. Gli
USA (8 casi pari al 33.3% ) sono stati la nazione più frequentata, a
seguire la Norvegia e la Germania (3 returnees a testa, pari al 6.5%).
Tab. 1: Età dei returnees coinvolti nella ricerca
Età
Frequenze
6
7
2
6
3
24
19 anni
20 anni
21 anni
18 anni
17 anni
Totale
109
Percentuali
25.0
29.2
8.3
25.0
12.5
100.0
Tab. 2: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura dai returnees piemontesi
Anno scolastico dell’esperienza all’estero
con Intercultura
2010/2011
2009/2010
2008/2009
Totale
Frequenze
Percentuali
13
6
5
24
54.2
25.0
20.8
100.0
Tab. 3: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura dei returnees piemontesi
Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze
6 mesi
1
1 anno scolastico
23
Totale
24
Percentuali
4.2
95.8
100.0
Tab. 4: Dove i returnees piemontesi hanno realizzato l’esperienza con Intercultura
Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze
India
1
USA
8
Honduras
1
Norvegia
3
Olanda
2
Germania
3
Cina
1
Argentina
2
Repubblica Dominicana
2
Thailandia
1
Totale
24
110
Percentuali
4.2
33.3
4.2
12.5
8.3
12.5
4.2
8.3
8.3
4.2
100.0
5.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
Anche i “nostri” returnees piemontesi confermano il dato inequivocabile già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati
agli studenti campione della ricerca: in casa è quasi impossibile non
avere l’accesso ad internet. Solo 1 tra gli intervistati dichiara di esserne sprovvisto (Tab. 5).
Come pure la modalità di accesso che, tranne in 1 caso, è senza limiti
di connessione (Tab. 6).
Tab. 5: Accesso internet a casa
Internet a casa
Si
No
Totale
Frequenze
23
1
24
Percentuali
95.8
4.2
100.0
Tab. 6: Come si accede ad internet
Accesso ad internet
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
23
1
24
111
Percentuali
95.8
4.2
100.0
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che quasi il
25% (returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, mentre il
20.8% riesce a contenersi entro l’ora.
Tab. 7: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
5
13
4
2
24
Percentuali
20.8
54.2
16.7
8.3
100.0
Durante l’esperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees
piemontesi (22 casi, pari al 91.7%) avevano internet in casa (Tab. 8)
e l’accesso alla rete è avvenuto senza limiti di connessione, eccezion
fatta per un solo caso (Tab. 9).
Tab. 8: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura
Internet nella casa di residenza all’estero
nell’esperienza con Intercultura
Si
No
Totale
112
Frequenze
Percentuali
22
2
24
91.7
8.3
100.0
Tab. 9: Come si accedeva ad internet
Accesso ad Internet nel paese estero
Nessuna risposta
Potevo accedervi liberamente
Avevo dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
1
22
1
24
Percentuali
4.2
91.7
4.2
100.0
Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni
di casa, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees piemontesi
hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto
alle loro abitudini. “Solo” l’8.3% (2 casi) ha dichiarato di essersi
connesso ad internet oltre le 3 ore al giorno (a casa era il 25% , vedi
Tab. 7), mentre ben il 50.0% (12 casi) si connetteva non più di un’ora
al giorno (con un incremento di quasi il 30.0% rispetto alle abitudini
quotidiane a casa).
L’esperienza all’estero, dunque, appare nei returnees piemontesi essere stata particolarmente coinvolgente ed assorbente tanto da ridurre e/o rendere poco necessario connettersi con la rete.
113
Tab. 10: Ore al giorno di connessione ad internet all’estero
Ore al giorno di connessione ad internet all’estero Frequenze
Nessuna risposta
1
Non più di un’ora al giorno
12
Da 1 a 2 ore
9
3 ore al giorno
2
Totale
24
114
Percentuali
4.2
50.0
37.5
8.3
100.0
5.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e
all’estero
Essere connessi ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi
sempre alla fruizione di un social network utilizzato giornalmente
dal 45,8% di loro.
Tab. 11: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Ho dei profili, ma vi accedo raramente
Totale
Frequenze
11
11
2
24
Percentuali
45.8
45.8
8.3
100.0
Tutti sono iscritti a Facebook (Tab. 12). L’uso prevalente è chattare
con gli amici (62.5%) – come già rilevato nell’analisi dei dati generali dei returnees, su questo item tali percentuali sono decisamente superiori (oltre il 6.0%) rispetto a quelle espresse dagli studenti
piemontesi e pugliesi – meno frequente è scrivere post e messaggi
personali (20.8%, pari a 5 casi) (Tab. 13).
115
Tab. 12: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Si
Frequenze
24
Percentuali
100.0
Tab. 13: Utilizzo prevalente del social network
Utilizzo prevalente del social network
Chattare con gli amici
Scrivere post e messaggi personali
Condividere link o postare delle foto
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
Frequenze
15
5
2
2
24
Percentuali
62.5
20.8
8.3
8.3
100.0
Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo
in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti
nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 66.7% (16
casi) dei returnees – con circa il 19.0% in più degli stessi studenti –
ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre il 12.5% ha meno di
200 contatti. Nessun returnee ha meno di 100 contatti (Tab. 14). Ancor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social
network, anche se questo dato da solo non dice nulla sull’intensità
delle stesse. Infatti, ben il 37.5% (9 casi) ha sostenuto che nessun
contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, mentre
116
il 25% (6 casi) ritiene che le vere amicizie siano da considerarsi non
oltre un quarto dei contatti. Un solo returnee piemontese ha dichiarato che più della metà dei propri contatti sul social network sono da
considerarsi amicizie (Tab. 14.1).
Tab. 14: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Da 100 a 200
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
3
5
16
24
Percentuali
12.5
20.8
66.7
100.0
Tab. 14.1: Quanti contatti su Facebook sono di amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuno
Circa un quarto
Meno della metà
Circa la metà
Più della metà
Totale
Frequenze
9
6
6
2
1
24
117
Percentuali
37.5
25.0
25.0
8.3
4.2
100.0
Nel corso della permanenza all’estero il 79.1% dei returnees piemontesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100
nuovi contatti (il 33.3% di questi anche oltre 100) su Facebook (Tab.
15). Tuttavia il 33.3% dei returnees (contro il 6.5% in Italia, Tab.
14.1) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi amici
su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il 20.8%
(5 casi) ha indicato che il numero di contatti su Facebook non corrispondeva affatto ad amicizie reali (Tab. 16).
Tab. 15: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero
Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero Frequenze Percentuali
Nessuna risposta
1
4.2
Circa 25
2
8.3
Circa 50
2
8.3
Circa 100
11
45.8
Più di 100
8
33.3
Totale
24
100.0
118
Tab. 16: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da considerarsi amici
Nuovi contatti su Facebook da considerarsi veri amici Frequenze
Nessuna risposta
1
Nessuno
5
Circa un quarto
3
Meno della metà
7
Circa la metà
5
Più della metà
3
Totale
24
%
4.2
20.8
12.5
29.2
20.8
12.5
100.0
Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stesse questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti
piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees piemontesi danno
priorità alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto
a quello virtuale della rete. Tale primazia è ampiamente confermata
dal fatto che solo 1 preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente. Il 41.7% (10 casi), invece, non
considera affatto il web uno strumento primario per relazionarsi e
interfacciarsi agli altri.
119
Tab. 17: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto online a quello telefonico Frequenze Percentuali
o diretto
Assolutamente falso
10
41.7
Piuttosto falso
11
45.8
Né vero, né falso
2
8.3
Abbastanza vero
1
4.2
Totale
24
100.0
Anche gran parte dei returnees (95.8% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete.
Tab. 18: Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete
Tendenza a non nascondere la vera identità
quando si è in rete
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Totale
Frequenze
Percentuali
20
3
1
24
83.3
12.5
4.2
100.0
L’uso di internet, anche per questa parte del campione, non porta ad
isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 19) o, addirittura, preferire
la rete (82.3%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 20).
120
Tab. 19: Utilizzo di internet porta ad evitare amici e familiari
Tendenza ad evitare amici o familiari quando
si è su Internet
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Totale
Frequenze
Percentuali
23
1
24
95.8
4.2
100.0
Tab. 20: Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Assolutamente falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
4
2
18
24
16.7
8.3
75.0
100.0
Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei
dati, internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Il momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo
la permanenza all’estero, come spesso accade ai più giovani dopo
l’esperienza di un viaggio. Infatti, il 20.8% (pari a 5 casi) ha utilizzato maggiormente i social network nei primi tre mesi. Dopo il “rias-
121
sestamento”, i contatti si diradano e per il 62.5% vengono mantenuti
attivi soprattutto nel corso di ricorrenze particolari, come durante il
periodo di Natale, per i compleanni. (Tab. 21). Così il 54.2% ancora adesso chatta spesso con gli “amici aggiunti” dopo l’esperienza
all’estero, mentre il 25.0% cerca di mantenere i contatti, anche se
spesso non ci riesce (Tab. 22).
Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la propria esperienza. Infatti il 58.3% (14 casi) ha condiviso molte foto con
i propri amici ed il 12.5% (3 casi) ha chattato con i contatti “italiani”
e ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 23), questi ultimi difficili da comunicare ai familiari e/o
agli amici al momento, come indicato dal 62.5% (15 casi) dei returnees piemontesi (Tab. 24).
Tab. 21: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente
In quale fase dell’esperienza estera i social network
Frequenze
sono stati utilizzati maggiormente
Nei primi tre mesi
5
Negli ultimi tre mesi
1
Tutto il periodo
3
In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.)
15
Totale
24
Percentuali
20,8
4,2
12,5
62,5
100,0
Tab. 22: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone conosciute
Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere
Frequenze %
i contatti con le persone conosciute
Si molto. Chatto spesso con loro
13
54.2
Ho mantenuto i contatti, ma non ho usato i social network
5
20.8
Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito
6
25.0
Totale
24
100.0
122
Tab. 23: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza
Al ritorno usati i social network per raccontare la
propria esperienza
Nessuna risposta
No, mai
Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo
Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero
Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani
Totale
Frequenze
%
1
3
3
14
3
24
4.2
12.5
12.5
58.3
12.5
100.0
Tab. 24: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo
Frequenze
in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
1
Si
8
No
15
Totale
24
123
%
4.2
33.3
62.5
100.0
5.4 La rete e l’altro
In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole piemontesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte
e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media
da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questionario somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere
in che modo i new media possano o meno influire sulle esperienze
all’estero e se la stessa esperienza extraterritoriale abbia modificato
o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei
social network.
Anche da questa sezione del questionario abbiamo ricavato dati molto interessanti.
Un primo elemento rilevante è che nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i nostri giovani sembrano non considerare
tali strumenti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. Al
70.8% dei returnees piemontesi (17 casi) non è mai venuto in mente
di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto
l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura. Lo
ha fatto invece il 29.2% condividendo post (Tab. 25).
124
Però con internet ed i social network i “nostri” returnees hanno attivato contatti prima della partenza; in particolare lo hanno fatto in 14,
pari al 58.3% (Tab. 26).
In controtendenza, tali contatti per il 41.7% degli studenti (10 casi) –
oltre il 10% in meno rispetto ai dati aggregati con i returnees pugliesi
– si sono rivelati utili, contro però altrettanti casi in cui questi non
hanno garantito alcun vantaggio (Tab. 27). Ribadiamo che per tali
risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla
superficialità, al non interesse, a motivazioni superficiali nell’affrontare l’impresa. Tuttavia, in continuità con i risultati già emersi dai
dati precedenti e di quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di
sposare l’idea che su certe questioni, come la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali o le esperienze di vita extraterritoriali, i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite
reale e vita virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda.
Tab. 25: Utilizzo di social networks per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata
l’esperienza con Intercultura
Prima di partire è venuto in mente di usare i social
Frequenze Percentuali
network per conoscere qualcosa del nuovo Paese
Si, ho cercato e condiviso post
7
29.2
No, mai
17
70.8
Totale
24
100.0
125
Tab. 26: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite
Contatti anticipati su FB con persone della
nuova realtà culturale
Si
No
Totale
Frequenze
Percentuali
14
10
24
58.3
41.7
100.0
Tab. 27: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza
Sono serviti i contatti attivati attraverso
internet prima della partenza
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
126
Frequenze
Percentuali
2
8
4
6
4
24
8.3
33.3
16.7
25.0
16.7
100.0
Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees piemontesi con Intercultura solo il 16.7% ha ritenuto almeno abbastanza
utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà
culturale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze
pregresse per il 37.5% (Tab. 28).
Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa secondo il 62.5% (15 casi), mentre è stata pienamente confermata solo da un intervistato (Tab. 29).
A giustificazione di ciò la convinzione di tutti i returnees piemontesi
che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 30).
Tab. 28: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale
Ciò che è stato appreso da internet è stato
utile per adattarsi alla nuova realtà culturale
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
Frequenze
Percentuali
2
7
11
4
24
8.3
29.2
45.8
16.7
100.0
Tab. 29: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata
L’idea di partenza della cultura del Paese
ospitante è corrisposta a quella verificata
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
127
Frequenze
Percentuali
5
10
8
1
24
20.8
41.7
33.3
4.2
100.0
Tab. 30: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero
Le emozioni provate durante il soggiorno
all’Estero erano imprevedibili
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
10
14
24
41.7
58.3
100.0
L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da
quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma
128
il 62.5% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed
amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili,
probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera oggettiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le
proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress
emozionale (Tab. 30.1). Il 65.5% tra coloro che hanno, invece, deciso
di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network
particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab. 30.2).
Tab. 30.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo
Frequenze Percentuali
in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
1
4,2
Si
8
33,3
No
15
62,5
Totale
24
100,0
Tab. 30.2 Utilità dei social network in queste situazioni emotive
Utilità dei social network in queste situazioni emotive
Frequenze
La condivisione con loro ha generato agitazione anche a loro
3
Mi è servito ad alleggerire il peso
5
Totale
8
129
%
37.5
65.5
100,0
Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’utilizzo della
rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza
della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia
risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri famigliari
come si evince dalla lettura delle tabelle 31 e 32, nelle quali emerge
da un lato (Tab. 31) il dato che “solo” il 20.9% (5 casi) non poteva
fare a meno di connettersi con la propria famiglia, di contro al 62.5%
che non sentiva tale urgenza – dato superiore del 17.0% rispetto allo
stesso items con i dati aggregati dei returnees piemontesi e pugliesi
– dall’altro (Tab. 32) che al 45.8% (11 casi) interessava contattare
gli amici italiani (contro il 25.0%, pari a 6 casi, che non sentiva tale
bisogno).
Tab. 31: Necessità di connettersi con la propria famiglia
Non si poteva fare a meno di connettersi con
la propria famiglia in Italia
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
6
9
4
4
1
24
25.0
37.5
16.7
16.7
4.2
100.0
Frequenze
3
8
7
5
1
Percentuali
12.5
33.3
29.2
20.8
4.2
Tab. 32: Necessità di contattare i propri amici
Non interessava contattare gli amici italiani
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
130
Totale
24
100.0
5.5 Cosmopolitismo web 2.0
Nel questionario somministrato ai returnees piemontesi coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un
aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, soprattutto, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 45.8% degli intervistati è convinto che
internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante,
mentre il 33.3% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce
fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del
mondo (Tab. 33). Tuttavia, i returnees piemontesi sono totalmente
d’accordo nell’ammettere che grazie ad internet sono state abbattute
le distanze geografiche (Tab. 34). Ma, a differenza degli studenti delle scuole superiori che hanno partecipato alla ricerca, in loro emerge
una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria
dimensione cosmopolita sia di che quella tra web (i social networks in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti il 70.9% (pari a
131
17 casi) è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo
(Tab. 35), mentre il 45.8% (11 casi) – con il 33.3% di indecisi (8
casi) – ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di
educazione interculturale (Tab. 36).
Tab. 33: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale
idea del mondo circostante
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
5
8
8
3
46
20.8
33.3
33.3
12.5
100.0
Frequenze
Percentuali
9
15
24
37.5
62.5
100.0
Tab. 34: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le
distanze geografiche
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
132
Tab. 35: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
1
2
4
16
12
24
Percentuali
4.2
8.3
16.7
66.7
4.2
100.0
Tab. 36: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità
Internet e social network possono essere utile
strumento di educazione alla mondialità
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
133
Frequenze
Percentuali
1
4
8
9
2
24
4.2
16.7
33.3
37.5
8.3
100.0
134
Puglia
5.6 Alcuni dati generali
Come indicato nell’analisi dei dati complessivi (par. 4.1) sono giunti
all’equipe di ricerca 22 questionari compilati da returnees pugliesi. A
rispondere sono state prevalentemente donne (63.6% pari a 14 casi),
l’età dei returnees ha oscillato dai 18 anni ai 20 anni con percentuali di distribuzione piuttosto omogenee. Quasi il 46.0% dei returnees pugliesi coinvolti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero
con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010, i restanti
in parte nell’anno scolastico 2010/2011 (36.4%), in parte in quello
2008/2009 (18.2%). La durata in media è stata prevalentemente di 10
mesi (54.5%) o un anno (45.5%).
Nord Europa ed il continente americano – da Nord a Sud – i luoghi
più praticati. Gli USA (12 casi, pari al 54.5% ) sono stati la nazione
più frequentata, a seguire il Belgio (3 returnees, pari al 13.6%).
Tab. 37: Età dei returnees pugliesi coinvolti nella ricerca
Età
19 anni
20 anni
18 anni
Totale
Frequenze
8
7
7
22
Percentuali
36.4
31.8
31.8
100.0
Tab. 38: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura dai
returnees pugliesi
Anno scolastico dell’esperienza all’estero
con Intercultura
2010/2011
2009/2010
2008/2009
Totale
135
Frequenze
8
10
4
22
Percentuali
36.4
45.5
18.2
100.0
Tab. 39: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura dei returnees pugliesi
Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze
1 anno
10
10 mesi
12
Totale
22
Percentuali
45.5
54.5
100.0
Tab. 40: Dove i returnees pugliesi hanno realizzato l’esperienza con Intercultura
Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura
India
Belgio
USA
Svezia
Canada
Brasile
Finlandia
Danimarca
Cile
Totale
Frequenze
1
3
12
1
1
1
1
1
1
22
Percentuali
4.5
13.6
54.5
4.5
4.5
4.5
4.5
4.5
4.5
100.0
5.7 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero
Anche i “nostri” returnees pugliesi confermano il dato già emerso
nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti campione della ricerca: in casa è (quasi) impossibile non avere l’accesso
ad internet. Solo uno tra gli intervistati dichiara di esserne sprovvisto
(Tab. 40).
La modalità di accesso è in gran parte senza limiti di connessione per
l’81.8%, pari a 18 casi (Tab. 41).
Tab. 41: Accesso internet a casa
Internet a casa
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
1
20
1
22
136
Percentuali
4.5
90.9
4.5
100.0
Tab. 42: Come si accede ad internet
Accesso ad internet
Nessuna risposta
Posso accedervi liberamente
Ho dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
2
18
2
22
Percentuali
9.1
81.8
9.1
100.0
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che quasi
il 41.0% (9 returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione,
mentre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora. Si
evidenzia, quindi, su questo aspetto una netta differenziazione con i
dati provenienti dai returnees piemontesi.
Tab. 43: Ore di connessione giornaliera ad internet
Ore di connessione giornaliera
Nessuna risposta
Non più di un’ora al giorno
Da 1 a 2 ore
3 ore al giorno
Più di 3 ore al giorno
Totale
Frequenze
2
2
9
3
6
22
137
Percentuali
9.1
9.1
40.9
13.6
27.3
100.0
Come a casa propria, nell’esperienza all’estero con Intercultura quasi
tutti i returnees pugliesi (20 casi, pari al 90.9%) avevano internet in
casa (Tab. 43) e l’accesso per gran parte era senza limiti di connessione (18 casi, pari all’81.8%), invece per 2 casi con dei limiti (Tab.
44).
Tab. 44: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura
Internet nella casa di residenza all’estero
nell’esperienza con Intercultura
Nessuna risposta
Si
Totale
138
Frequenze
Percentuali
2
20
22
9.1
90.9
100.0
Tab. 45: Come si accedeva ad internet
Accesso ad internet nel paese estero
Nessuna risposta
Potevo accedervi liberamente
Avevo dei limiti di connessione
Totale
Frequenze
2
18
2
22
Percentuali
9.1
81.8
9.1
100.0
Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i returnees
pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti
rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di quelli piemontesi.
Infatti in 6 casi (27.2%) in media la connessione ad internet è stata
pari o superiore alle 3 ore al giorno (a casa era il 40.9%, Tab. 42),
mentre il 45.5% (10 casi) si connetteva non più di 2 ore al giorno.
Dunque, l’esperienza all’estero ha certamente modificato le abitudini
quotidiane circa l’utilizzo della rete, ma appare essere stata meno
coinvolgente ed assorbente rispetto al modo con cui è stata vissuta
dai returnees piemontesi.
Tab. 46: Ore al giorno di connessione ad internet all’estero
Ore al giorno di connessione ad internet all’estero Frequenze
Nessuna risposta
2
Non più di un’ora al giorno
3
Da 1 a 2 ore
10
3 ore al giorno
3
Più di 3 ore al giorno
3
Totale
22
139
Percentuali
9.1
13.6
45.5
13.6
13.6
100.0
5.8 Social network e dinamiche di relazione in Italia e
all’estero
Connessione ad internet per i nostri giovani returnees pugliesi corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network, anche se il
68.2% di essi lo utilizza ogni giorno – ossia, quasi il 18% in più
rispetto ai returnees piemontesi.
Tab. 47: Frequenza con cui si utilizza un social network
Frequenza utilizzo social network
Nessuna risposta
Tutti i giorni
Non tutti i giorni
Totale
Frequenze
2
15
5
22
140
Percentuali
9.1
68.2
22.7
100.0
Il 90.9% è iscritto a Facebook (Tab. 47).
L’uso prevalente è chattare con gli amici (68.2%), molto meno frequente (13.6%, pari a 3 casi) è leggere quello che fanno gli altri
(Tab.48).
Tab. 48: Iscrizione a Facebook
Iscrizione a Facebook
Nessuna risposta
Si
No
Frequenze
2
20
22
Percentuali
9.1
90.9
100.0
Tab. 49: Utilizzo prevalente del social network
Utilizzo prevalente del social network
Nessuna risposta
Chattare con gli amici
Scrivere post e messaggi personali
Leggere solo quello che fanno gli altri
Totale
141
Frequenze
2
15
2
3
22
Percentuali
9.1
68.2
9.1
13.6
100.0
Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo
in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti
nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 72.7% (16
casi) dei returnees pugliesi – con circa il 24.0% in più degli stessi
studenti – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre nessuno
ha dichiarato di avere meno di 200 contatti (Tab. 50).
Ancor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social
network, sebbene questo dato non ci dica nulla sull’intensità delle
stesse. Infatti, ben il 13.6% (3 casi) ha sostenuto che nessun contatto
su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, ma soprattutto
per tutti i returnees pugliesi le vere amicizie nei contatti online sono
poco più di un quarto (Tab. 50.1).
Tab. 50: Quanti contatti su Facebook
Quanti contatti su Facebook
Nessuna risposta
Da 200 a 400
Più di 500
Totale
Frequenze
2
4
16
22
142
Percentuali
9.1
18.2
72.7
100.0
Tab. 50.1: Quanti contatti su Facebook sono amici
Contatti su Facebook con veri amici
Nessuna risposta
Nessuno
Tra zero e un quarto
Circa un quarto
Più di un quarto
Totale
143
Frequenze
2
3
4
6
7
22
Percentuali
9.1
13.6
18.2
27.3
31.8
100.0
Nel corso della permanenza all’estero il 90.9% dei returnees pugliesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi
contatti (il 77.3% di questi – ben oltre il doppio delle percentuali su
questo item dichiarate dai returnees piemontesi – anche oltre 100) su
Facebook (Tab. 51).
Tuttavia, a differenza dei contatti italiani, molti più numerose sono
state, nel corso dell’esperienza all’estero, le persone davvero frequentate e conosciute. Infatti, il 27.2% dei returnees (contro il 12.5%
dei contatti in Italia, Tab. 50.1) ha dichiarato che circa la metà/più
della metà dei nuovi amici su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il 36.4% (8 casi) ha indicato che il numero di
contatti su Facebook non corrispondeva ad amicizie reali (Tab. 52).
Tab. 51: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero
Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese
estero
Nessuna risposta
Circa 100
Più di 100
Totale
Frequenze
Percentuali
2
3
17
22
9.1
13.6
77.3
100.0
Tab. 52: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da considerarsi amici
Nuovi contatti su Facebook da considerarsi
davvero amici
Nessuna risposta
Nessuno
Circa un quarto
Circa la metà
Più della metà
Totale
144
Frequenze
Percentuali
2
8
6
3
3
22
9.1
36.4
27.3
13.6
13.6
100.0
Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stesse questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti
piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees pugliesi danno preminenza alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto
a quello virtuale della rete.
Tale primazia è ampiamente confermata dal fatto che solo 1 preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, mentre il 54.5% (12 casi) esclude il web quale strumento
adatto a questo scopo nel modo più assoluto.
Tab. 53: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto
Preferenza del contatto online a quello telefonico
o diretto
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
145
Frequenze
Percentuali
12
6
3
1
22
54.5
27.3
13.6
4.5
100.0
Anche gran parte dei returnees (90.9% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete.
Tab. 54: Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete
Tendenza a non nascondere la vera
identità quando si è in rete
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Assolutamente vero
Totale
72.7%
Frequenze
Percentuali
16
4
1
1
22
72.7
18.2
4.4
4.5
100.0
Tendenza a non nascondere la vera identità
quando si è in rete
18.2%
4.4%
Assolutamente
falso
Piuttosto falso
146
Nè vero, nè falso
4.5%
Assolutamente
vero
L’uso di internet poi, anche per questa parte del campione – tranne in
1 caso – non porta ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 55)
o, addirittura, preferire la rete (90.9%) al trascorrere una serata con
questi (Tab. 56).
Tab. 55: L’utilizzo di internet porta ad evitare amici e familiari
A causa di internet tendo ad evitare amici
o familiari
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
20
1
1
24
90.9
4.5
4.5
100.0
Tendenza ad evitare amici o familiari
quando si è su Internet
90.9%
4.5%
4.5%
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Assolutamente vero
Tab. 56: Preferire internet ad una serata con amici o familiari
Non mi capita mai di preferire internet ad
una serata con amici o familiari
Assolutamente falso
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
2
20
22
9.1
90.9
100.0
Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei
dati, internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interperso-
147
nali. Contrariamente all’esperienza prevalente dei returnees piemontesi, il 31.8% dei pugliesi li ha utilizzati soprattutto negli ultimi tre
mesi della permanenza all’estero, mentre il 27.3% ne ha fatto uso per
tutto il periodo come anche nel corso di ricorrenze particolari (Tab.
57). Così il 45.5% ancora adesso chatta spesso con loro e una stessa
percentuale di returnees cerca di mantenere i contatti, anche se spesso non ci riesce (Tab. 58).
Talvolta i social network servono per socializzare e raccontare la propria esperienza. Infatti, il 54.5% (12 casi) ha condiviso molte foto con
i propri amici ed il 22.7% (5 casi) ha scritto dei post per comunicare
gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 59), questi ultimi non
sempre facili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento,
come indicato dal 50.0%. (11 casi) dei returnees pugliesi (Tab. 60).
Tab. 57: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente
In quale fase dell’esperienza estera i social
Frequenze
network sono stati utilizzati maggiormente
Nei primi tre mesi
2
Negli ultimi tre mesi
7
Tutto il periodo
6
In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.)
6
Totale
22
Percentuali
9.1
31.8
27.3
27.3
100,0
Tab. 58: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone conosciute
Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere
Frequenze
%
i contatti con le persone conosciute
Nessuna risposta
2
9.1
Si molto. Chatto spesso con loro
10
45.2
Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito
10
45.2
Totale
22
100.0
148
Tab. 59: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza
Al ritorno usati i social network per raccontare la
Frequenze
propria esperienza
Nessuna risposta
2
No, mai
1
Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo
5
Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero
12
Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani
2
Totale
22
%
9.1
4.5
22.7
54.5
9.1
100.0
Tab. 60: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo
Frequenze
in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
2
Si
9
No
11
Totale
22
149
%
9.1
40.9
50.0
100.0
5.9 La rete e l’altro
Un primo elemento rilevante è che, nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i nostri giovani sembrano non considerare
tali strumenti in grado di sostituire l’esperienza sul campo. Sebbene
in maniera decisamente meno evidente dei “colleghi” piemontesi,
quasi al 60% dei returnees pugliesi ( oltre 10% in meno) – 13 casi –
non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese
nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la
proposta di Intercultura; lo ha fatto invece il 31.8% condividendo
post (Tab. 61).
Però con internet ed i social network una parte dei “nostri” returnees
ha attivato contatti prima della partenza. In particolare lo ha fatto il
50.0% del campione (Tab. 62). In controtendenza, tali contatti per il
63.7% (14 casi) si sono rivelati utili – 22.0% in più rispetto alle preferenze sullo stesso item fornite dai returnees piemontesi – mentre
per il 13.6% dei casi non si sono riscontrati vantaggi particolari (Tab.
150
63). Ribadiamo che per tali risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a motivazioni superficiali nell’affrontare l’impresa. Tuttavia, in continuità
con i risultati già emersi dai dati precedenti e di quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni,
come la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali
o le esperienze di vita extraterritoriali, i giovani per ora mantengono
la netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda.
Tab. 61: Utilizzo di social network per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata
l’esperienza con Intercultura
Prima di partire è venuto in mente di usare i social
Frequenze
network per conoscere qualcosa del nuovo Paese
Nessuna risposta
2
Si, ho cercato e condiviso post
7
No, mai
13
Totale
22
151
Percentuali
9.1
31.8
59.1
100.0
Tab. 62: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite
Contatti anticipati su FB con persone
della nuova realtà culturale
Nessuna risposta
Si
No
Totale
Frequenze
Percentuali
2
11
9
22
9.1
50.0
40.9
100.0
Tab. 63: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza
Sono serviti i contatti attivati attraverso
internet prima della partenza
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
152
Frequenze
Percentuali
2
1
5
8
6
22
9.1
4.5
22.7
36.4
27.3
100.0
Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees pugliesi con Intercultura solo il 22.7% ha ritenuto almeno abbastanza utile
quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pregresse per il 27.2% (Tab. 63). Infatti, l’idea di partenza sulla cultura
del Paese ospitante è stata disattesa secondo il 40.9% (9 casi) – quasi
il 22% di preferenze in meno di quelle espresse sullo stesso item dai
returnees piemontesi – mentre è stata pienamente confermata solo
da 3 intervistati (Tab. 65). La convinzione di gran parte dei returnees
pugliesi (86.3%, pari a 19 casi) è che le emozioni provate durante il
soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 66).
Tab. 64: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale
Ciò che è stato appreso da internet è stato utile
per adattarsi alla nuova realtà culturale
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
1
5
11
4
1
22
4.5
22.7
50.0
18.2
4.5
100.0
Tab. 65: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata
L’idea di partenza della cultura del Paese
ospitante è corrisposta a quella verificata
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
153
Frequenze
Percentuali
4
5
10
3
22
18.2
22.7
45.5
13.6
100.0
Tab. 66: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero
Le emozioni provate durante il soggiorno
all’Estero erano imprevedibili
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
154
Frequenze
Percentuali
1
1
1
5
14
22
4.5
4.5
4.5
22.7
63.6
100.0
L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da
quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma
il 50.0% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed
amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili,
probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera oggettiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le
proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress
emozionale (Tab. 66.1). Il 66.7% di coloro che hanno, invece, deciso
di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network
particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab. 66.2).
Tab. 66.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’esperienza all’estero
Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero
Nessuna risposta
Si
No
Totale
155
Frequenze
%
2
9
11
22
9.1
40.9
50.0
100,0
Tab. 66.2: Utilità dei social network in queste situazioni emotive
Utilità dei social network in queste situazioni
Frequenze
emotive
Lo stato d’ansia è aumentato
3
Mi è servito ad alleggerire il peso
6
Totale
9
Percentuali
33.3
66.7
100,0
Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’utilizzo della
rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza
della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia
risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri familiari come
si evince dalla lettura delle tabelle 67 e 68. Da queste emerge da un
lato (Tab. 67) il dato che “solo” il 18.2% (4 casi) non poteva fare a
meno di connettersi con la propria famiglia, contro il 27.2% che non
sentiva tale urgenza – dato notevolmente inferiore sullo stesso items
a quello corrispondente fornito dai returnees piemontesi – dall’altro (Tab. 68) che al 72.7% (16 casi) – percentuale notevolmente
superiore rispetto a quella espressa sullo stesso item dai returnees
piemontesi – interessava contattare gli amici italiani, contro solo 9%,
pari a 2 casi, che non sentiva tale bisogno (anche in questo caso percentuale bassissima rispetto a quella espressa dai returnees piemontesi sullo stesso item).
Tab. 67: Necessità di connettersi con la propria famiglia
Non si poteva fare a meno di connettersi con la
propria famiglia in Italia
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Totale
156
Frequenze
Percentuali
1
5
12
4
22
4.5
22.7
54.5
18.2
100.0
Tab. 68: Necessità di contattare i propri amici
Non interessava contattare gli amici italiani
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
7
9
4
1
1
22
Percentuali
31.8
40.9
18.2
4.5
4.5
100.0
5.10 Cosmopolitismo web 2.0
In merito possiamo rilevare che il 31.8% degli intervistati (il 14.0%
in meno rispetto ai returnees piemontesi) è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il
27.3% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore
insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo
(Tab. 70).
Tuttavia, i returnees pugliesi sono particolarmente d’accordo
(81.8%) nel sostenere che con internet sono state abbattute le distan-
157
ze geografiche (Tab 70). Ma, a differenza degli studenti delle scuole
superiori che hanno partecipato alla ricerca, in questi ultimi emerge
una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria
dimensione cosmopolita sia di quella tra il web (i social networks
in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti, il 59.1% (pari a 13
casi) – percentuale di oltre l’11.0% inferiore a quella indicata dai
returnees piemontesi sullo stesso item – è convinto che internet li
faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 71); mentre, più convinti
dei loro amici piemontesi (percentuali superiori quasi del 27.0%),
il 72.7% (16 casi) ritiene che internet ed i social network siano utili
strumenti di educazione interculturale (Tab. 72).
Tab. 69: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante
Internet aiuta a costruirsi una personale
idea del mondo circostante
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
158
Frequenze
Percentuali
6
9
5
2
22
27.3
40.9
22.7
9.1
100.0
Tab. 70: Internet ha abbattuto le distanze geografiche
Grazie ad internet sono state abbattute le
distanze geografiche
Nessuna risposta
Assolutamente falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
1
1
2
3
15
22
4.5
4.5
9.1
13.6
68.2
100.0
Frequenze
2
3
4
7
6
22
Percentuali
9.1
13.6
18.2
31.8
27.3
100.0
Tab. 71: Internet fa sentire cittadini del mondo
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
Assolutamente falso
Piuttosto falso
Né vero, né falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
159
Tab. 72: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità
Internet e social network possono essere utile
strumento di educazione alla mondialità
Piuttosto falso
Nè vero, nè falso
Abbastanza vero
Assolutamente vero
Totale
Frequenze
Percentuali
3
3
12
4
22
13.6
13.6
54.5
18.2
100.0
5.11 Sintesi
Comparando i dati emersi dall’analisi delle risposte fornite dai returnees piemontesi e pugliesi si evidenzia su gran parte delle questioni oggetto di riflessione una sostanziale specularità, poiché in gran
parte dei quesiti posti le oscillazioni percentuali non supera il 5.0%.
Come per l’indagine nazionale realizzata con gli studenti delle scuole secondarie di II grado delle stesse regioni, questo attesta che sui
temi oggetto d’indagine, in gran parte, sussiste omogeneità di perce-
160
zioni e comportamenti tra i giovani al di là delle distanze territoriali.
Assumono, in tale contesto, rilevanza le limitate differenze statisticamente significative emerse tra le risposte fornite degli studenti piemontesi e quelli pugliesi che di seguito vengono sintetizzate.
Per quanto riguarda i returnees piemontesi:
1. Oltre il 20.0% riesce a contenere la connessione giornaliera entro
l’ora. Tale percentuale supera di oltre il 10.0% quella indicata in
merito dai returnees pugliesi.
2. Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura meno del
10.0% dei returnees piemontesi ha dichiarato di essersi connesso
ad internet oltre le 3 ore al giorno, percentuale inferiore di quasi
il 20.0% rispetto ai returnees pugliesi. Emerge anche il dato che
ben il 50.0% si connetteva non più di un’ora al giorno contro
quasi il 14.0% dei returnees pugliesi.
3. Nel corso della permanenza all’estero quasi l’80.0% dei returnees piemontesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di
almeno 100 nuovi contatti (un terzo di questi anche oltre 100)
su Facebook.
4. Internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Infatti, nel corso dell’esperienza all’estero, poco più
del 20.0% ha utilizzato maggiormente i social network nei primi
tre mesi. Percentuale che si rivela superiore ad oltre il 10.0%
rispetto ai returnees pugliesi.
5. I social network sono risultati indispensabili per mantenere i
contatti più con gli amici italiani che con i propri familiari, tanto
che (ben) quasi il 63.0% – quasi il 35.0% di preferenze in più
rispetto ai returnees pugliesi – non sentiva il bisogno di connet-
161
6.
7.
8.
9.
tersi con la propria famiglia.
Nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i nostri giovani returnees piemontesi sembrano non considerare tali
strumenti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. A
poco meno dei due terzi di loro non è mai venuto in mente di
usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto
l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura
(10.0% di scelte in più rispetto ai returnees pugliesi).
Le stesse idee di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata
disattesa per oltre il 60.0% , con più del 20.0% di preferenze in
più rispetto ai returnees pugliesi.
L’esperienza reale all’estero è risultata essere differente da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma
quasi il 63.0% dei returnees (13.0% in più dei returnees pugliesi)
ha deciso di non condividere con famigliari ed amici i propri stati
d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili.
Circa la diffusione o meno della dimensione cosmopolita, oltre
il 45.0% – 14.0% in più dei returnees pugliesi – è convinto che
internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante. Inoltre, quasi tre quarti – oltre il 10.0% in più dei returnees pugliesi – è convinto che internet li faccia sentire cittadini
del mondo.
Per quanto riguarda i returnees pugliesi:
1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che oltre il 40.0% dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, percentuale superiore del 15.0% a quella espressa dai returnees piemontesi
mentre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora.
Si evidenzia, quindi, su questo aspetto una netta opposizione con
i dati provenienti dai returnees piemontesi.
162
2. Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i
returnees pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di
quelli piemontesi.
3. Nel corso della permanenza all’estero oltre il 90.0% ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti,
con percentuale superiore di oltre il 10.0% rispetto ai returnees
piemontesi. Inoltre, tra questi oltre i due terzi hanno attivato anche oltre i 100 contatti, ben oltre il doppio delle percentuali su
questo item dichiarate dai returnees piemontesi.
4. Internet ed i social network si specificano sempre più come
strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Così, nel corso dell’esperienza all’estero, contrariamente al comportamento dei returnees piemontesi, più del
30.0% dei pugliesi (25.0% di scelte in più rispetto ai “colleghi”
piemontesi) li ha utilizzati soprattutto negli ultimi tre mesi della
permanenza all’estero.
5. Con internet ed i social network una parte dei “nostri” returnees
pugliesi ha attivato contatti prima della partenza. Tali contatti
secondo più del 60.0% campione (più del 20.0% di scelte in più
rispetto ai returnees piemontesi) si sono rivelati utili serviti nel
corso dell’esperienza.
6. Per quasi i tre quarti i social network sono risultati indispensabili
nell’esperienza all’estero per mantenere i contatti soprattutto con
gli amici italiani (molto meno con i propri familiari), percentuale
superiore di oltre il 25.0% a quella espressa dai returnees piemontesi sullo stesso item.
7. Circa la diffusione o meno della dimensione cosmopolita, quasi
i tre quarti – quasi il 27.0% in più dei returnees piemontesi – ritengono che internet ed i social network siano utili strumenti di
educazione interculturale.
163
164
6. Media Education
A. Cassano
6.1 Media education e intercultura
Nuove generazioni e nuovi media: questo binomio sembra connotare
in forma inequivocabile gli studi, le analisi, gli interventi scientifici contemporanei che hanno come oggetto i giovani. Del resto non
vi è nessun dubbio che il web sia una delle principali innovazioni
socioeconomiche degli ultimi anni e che quindi possa giocare una
particolare influenza sugli abiti sociali, comportamentali e cognitivi di quelle generazioni per cui “internet è come l’aria”(Veen, Van
Staalduinen, 2009).
Le difficoltà maggiori incontrate nelle ricerche, effettuate in vari ambiti disciplinari, sul rapporto tra web e giovani riguardano l’individuazione di categorie stabili con cui definire tale relazione. In effetti,
nel passato, gli studi sulle culture giovanili riuscivano a scorgere legami tra modelli comportamentali e modi di affermare l’appartenenza a una determinata generazione piuttosto solidi e duraturi, ma la
flessibilità delle nuove tecnologie spesso incide in maniera fluida e
cangiante sui giovani. La nostra ricerca, in qualche modo, è in grado
di sfatare alcuni luoghi comuni, sia positivi sia negativi, legati alle
rappresentazioni sociali più diffuse delle generazioni digitali. Luoghi
comuni che sono connettibili proprio a quella tendenza all’etichettamento che hanno mostrato molti studi e analisi sulle coorti nate e
cresciute tra realtà corporee e virtuali.
Se spesso la letteratura ha ribadito che i nativi digitali, in quanto figli
della cultura globale, vivono in un’epoca caratterizzata dalla liquefazione dei concetti di spazio e tempo, altrettanto spesso gli studi
sulla net generation hanno trascurato temi come il rapporto tra inter-
165
culturalità e nuove tecnologie. Eppure alcuni dei primi studi sul web
erano incentrati sulla relazione tra sviluppo dei media e rimozione di
barriere spaziali, in continuazione con la ormai celebre concezione
sviluppata da McLuhan (1964) del moderno “villaggio globale” .
Con questa locuzione il celebre esponente della scuola di Toronto,
la cosiddetta corrente determinista, vedeva nei media elettronici gli
strumenti in grado di segnare il passo tra il modello spaziale urbano-centrico, saldamente ancorato all’idea di città come fulcro della
civiltà, e il modello appunto globale, basato su una società vasta, in
cui individui e istituzioni vivono liberi da confini e barriere territoriali. Altro termine accostato all’aggettivo globale con frequenza è “comunità” anch’esso saldamente connesso al ruolo dei nuovi media. Di
“comunità virtuali” ha iniziato a parlare Rheingold (1993), altro guru
degli studi sociali su internet negli anni Novanta, prevedendo la possibilità che attraverso la rete sarebbe stato possibile sviluppare relazioni tanto vaste e profonde da portare alla formazione di una sorta di
nazione virtuale, composta da cittadini consapevoli, in grado di fare
dei siti telematici dei veri e propri spazi di confronto democratico.
Sebbene questa profezia possa oggi risultare disattesa, dal momento
che il ciberspazio è sempre più caratterizzato da comunità complesse, spesso frammentate, sembra poter riportare i concetti di cittadinanza digitale e di e-democracy tra i temi di maggior interesse negli
studi sui media attuali.
In particolare la letteratura sui mezzi di comunicazione digitali si è
soffermata sulle forme e sui modi in cui attraverso il web soggetti
e istituzioni interagiscano tra loro su scala nazionale e globale. Le
nuove tecnologie coinvolgono la sfera pubblica soprattutto nella misura in cui favoriscono una disintermediazione, come sottolinea Sonia Livingstone (2009, p.150), tra soggetti privati e soggetti pubblici
e un ampliamento del dibattito tra soggetti privati su temi pubblici.
I giovani vengono visti come gli utenti maggiormente interessati da
tali processi proprio perché il web favorisce un approccio anti-autoritario, accattivante e ricco di possibilità di interazione per la sua stessa
166
architettura. È innegabile che si tratti di un tema complesso: dal successo elettorale di Obama, all’affermazione della primavera araba,
alla crescita dei partiti “pirati” in Europa, agli inaspettati successi di
politici locali in Italia come Vendola, Renzi o Pisapia, abbiamo assistito a una serie di eventi sociopolitici fortemente legati alla nuova
tecnologia e al ruolo dei giovani attivi nella web-sfera. Tali eventi
rivelano quanto siano sfuggenti gli effetti dei new media sulle dinamiche sociali, in barba a qualsiasi ottica iperdeterminista, e quanto
siano influenti i contesti culturali sul rapporto tra universi digitali e
realtà corporee. Il punto è che i nuovi media non sono tecnologie che
spuntano dal nulla, ma artefatti che dialogano con sistemi culturali
complessi, con storie e strutture diverse. Si pone, quindi, a partire da
questa riflessione, la questione cruciale su cui ci si intende soffermare, ovvero il rapporto tra interculturalità e nuove medialità, nell’ottica delle nuove generazioni. La nostra ricerca come molti studi similari d’altronde, tra cui quello già citato di Sonia Livingstone, sembra
indicare la via di una contraddizione sostanzialmente irrisolta: da un
lato il web e le tecnologie connettive si propongono come finestre sul
mondo, in grado di fornire informazioni e incuriosire su quanto accade a comunità cui non si appartiene, dall’altro però questa apertura
non determina la formazione di quella community “grande quanto il
mondo” che Rheingold auspicava.
Nella nostra ricerca sono emersi casi, affermazioni, che denotano
una certa voglia di apertura dei giovani, come questa
Penso ai NO TAV. Mi sono sentito vicino al problema, ma anche
a vari disastri capitati in altre parti del mondo. Possiamo sentire
altre realtà più vicine a noi.
Tuttavia è apparso piuttosto raro che i giovani digitali siano entrati,
grazie alle tecnologie, in contatto o in comunicazione con culture
altre, a meno che non siano intervenuti fattori esterni in grado di
fungere da stimolo (come la scuola).
167
Se mi capita di fare un viaggio all’estero prima di partire mi informo. Deve esserci l’occasione. Ma normalmente non mi interesso
alla cosa.
Per quanto riguarda lo studio di culture nuove… Le ho studiate
principalmente per motivi scolastici. Quasi mai invece per motivi
personali. Per quanto riguarda i social network ritengo che possano essere degli strumenti utili per relazioni con persone straniere
anche se i contatti di persona forse sono sempre i migliori.
Con la scuola è capitato che siamo venuti proprio in questi laboratori dove ci hanno fatto vedere le usanze di altre città per esempio
come Istanbul. Attraverso dei siti web ci hanno fatto vedere la
città, le usanze, i costumi.
In queste condizioni è difficile che si sviluppi nei gangli e nei nodi
della rete digitale quella formazione interculturale auspicata dalle
correnti pedagogiche attente al tema in questione, autentica e completa. Questo perché resta, come anticipato, determinante il rapporto
tra spazio digitale e tutti i campi esperienziali che contrassegnano il
percorso formativo di ciascun giovane.
Spesso sono i ragazzi a scoprire tramite l’esperienza diretta di un’altra cultura, come tanti siano i luoghi comuni che circolano anche nel
mondo online. È il caso ad esempio di una studentessa che, dopo
aver soggiornato in Inghilterra, ha rivelato di aver decostruito tutti gli
stereotipi con cui aveva convissuto prima di quell’esperienza che dipingevano gli inglesi come soggetti freddi e un po’ flemmatici e tutto
questa senza l’apporto del web che per lei era stato uno strumento
utile solo per assumere informazioni tecniche (clima, abitudini culinarie ecc.).
Di Londra ho avuto un’impressione che non c’entrava nulla con
168
quello che avevo visto sul web. Lo stile di vita era molto diverso,
il mangiare, le persone. Il web poteva aiutare solo per piccole cose
come il clima.
Per capire una cultura occorre viverla.
Dell’Inghilterra mi ero fatta un’idea più in base ai film o ad altre
persone che al web. Pensavo a un paese piovoso e a gente fredda,
a un modo di mangiare male. Invece mi ha colpito la frenesia
delle persone, nelle metropolitane. Solo in alcune zone si aveva
un’impressione di maggiore tranquillità, come Nothing Hill.
Ovvio che internet possa poi rivelarsi per i giovani uno strumento
rafforzativo dell’esperienza in presenza. Molti dei ragazzi intervistati hanno poi mantenuto contatti tramite i social network con amici conosciuti all’estero. Eppure nel mondo digitale sembra sempre
sfuggire qualche elemento, qualche sapore dell’esperienza diretta.
Qualcuno, infatti, dice di aver mantenuto relazioni online, qualcuno
di aver solo stabilito una forma di contatto sporadica e molto formale, nei modi consentiti dalle piattaforme dei social network (ovvero il
solo aver aggiunto un “amico” all’elenco). Interessante il caso di una
studentessa che rimarca come, anche dopo essere stata in contatto
con ragazzi di altri paesi grazie ad un’esperienza lavorativa come
animatrice, abbia percepito un certo senso di diversità nei confronti
di questi coetanei, nelle abitudini e nel modo di comunicare, rivelando anche di aver avvertito tutto ciò come un limite alle possibilità
relazionali sia nell’online, che nell’offline.
Io ho notato immediatamente che queste fossero straniere non
solo per la carnagione chiarissima, perché sono bianche cadaveriche, ma anche per il modo di vestire, completamente diverso
dal nostro. O sono io fissata con l’abbigliamento e cose del genere…Però…Certo preferisco assolutamente il mio modo di vestire.
Certamente mi viene da dire “stile diverso”. Anche in magliettine
169
corte.. queste non si usano da almeno 5/6 anni. Forse anche 10
anni. È diverso tutto. Tutto nel modo di fare. Nel modo di presentarsi, di approcciare, di vestire, di...
Con questi ragazzi su Facebook ho mantenuto un contatto ma
solo formale...
D’altro lato, come detto, tra gli intervistati sono spiccati diversi giovani che hanno sviluppato attraverso il web un certo senso di curiosità e di interesse nuovo nei confronti dell’alterità culturale, come quei
studenti che hanno usato la rete per cercare di capire qualcosa di più
comunità lontane, come quella dei no tav o della primavera araba. Il
punto è proprio questo: se da un lato la voglia di scoprire, considerabile una costante delle giovani generazioni, viene in qualche modo
appagata dalla presenza nella quotidianità delle nuove tecnologie,
dall’altro proprio l’architettura del web, basata sempre più sulla conformazioni di comunità che come sistemi di sottoinsiemi vivono una
nell’altra, tiene i membri della net generation sempre più ancorati
agli spazi informali vissuti tutti i giorni. Per tale ragione, dunque, importanti processi di interculturalità sembrano essere favoriti limitatamente dalle nuove tecnologie a meno che non intervengano, come
anticipato, fattori stimolo quali viaggi all’estero per studio, lavoro o
intrattenimento, ovvero fattori stimolo che afferiscono per lo più alla
sfera corporea e che trovano nel mondo digitale strumenti di amplificazione o duplicazione.
6.2 Nuovi media e identità
Tema strettamente connesso all’analisi delle caratteristiche delle culture giovanili è quello dell’identità. È opportuno che tale termine,
indicando un concetto di particolare complessità, venga focalizzato
nell’ambito della presente indagine.
170
Parlare di identità porta su un terreno tortuoso che connota una dimensione dell’essere a metà tra mondo interiore del soggetto e contesto sociale affrontato. La psicologia sociale, nello specifico, tende
a distinguere tra identità personale e identità sociale dell’individuo
(Tajfel, 1981), ovvero tra quell’insieme di caratteristiche personalizzanti che connotano ciascuno di noi, nella relazione con se stesso, e
il modo di presentarsi, di interagire con gli altri, di modulare i propri
atteggiamenti in base alla situazione.
Ovviamente si tratta di un argomento che ha assunto particolare rilevanza negli studi sulle culture giovanili. L’età adolescenziale, in
particolare, è considerata nell’ambito psicologico una fase della vita
in cui i modi e le forme di auto-rappresentazione diventano particolarmente complessi e decisivi, soprattutto se considerati nella dimensione sociale.
Sappiamo che per gli adolescenti le variazioni fisiche, il sentire inedite pulsioni e bisogni possono essere processi fortemente influenti sulla formazione del sé, creando spesso i cosiddetti “turbamenti”
giovanili di cui finanche la narrativa è intrisa. Il fatto che i ragazzi
spesso possano vivere anche le situazioni più comuni come strappi
interiori dà la cifra di quanto sia delicata questa fase della vita. Uno
dei nodi cruciali riguardanti la costruzione identitaria dei soggetti in
età adolescenziale tocca soprattutto la dimensione sociale e contestuale. Ci si riferisce all’importanza che giocano gli altri, il gruppo,
la sfera relazionale. È nell’adolescenza che ci si inizia a interrogare
sul modo in cui si viene “visti” all’esterno, su quale sia il proprio
ruolo all’interno delle comunità e questo influenza enormemente in
modo in cui ci si auto-percepisce.
Al contempo, però, l’adolescenza è condizionata dal contesto socioculturale in cui si vive e ogni giovane sviluppa forme e modi di relazionarsi che sfruttano gli strumenti, gli spazi, le possibilità offerte
dal macrosistema di riferimento. Per le generazioni digitali i nuovi
media sono un elemento che accomuna e che diventa un mezzo di
socializzazione utilizzato quotidianamente, in modo talvolta spon-
171
taneo. Del resto tutti gli studi sociali sulle culture giovanili hanno
individuato forme generazionali di affermazione identitaria e di confronto tra pari. Ad esempio per i ragazzi delle controculture affermatesi negli anni Sessanta piazze e raduni adempivano a questo ruolo.
Internet in qualche modo può svolgere questo compito, seppure si
parli di uno strumento in grado di sviluppare delle sotto-forme di
socialità, varie e complesse. Si pensi a come i social network, pur
definendo un universo di codici comunicativi condivisi da un ampio
numero di utenti, poi diano impulso al sorgere di diverse community.
Dunque le tecnologie connettive possono assurgere al ruolo di fattore “generazionale”, portatore di un sentire comune che si traduce in
identità collettiva. Tale concezione ci riporta e si ricollega al bisogno
di categorizzare in qualche modo le giovani coorti sulla base di abiti
cognitivi. Di qui le note definizioni: digital natives, net generation, y
generation e così via.
Una lettura che va anche al di là di questo ambito di indagine e che
entra a pieno nel discorso sulle identità sociali collettive la propone
Vincenzo Susca (2010) nel suo testo Gioia Tragica.
L’autore riprende, nello specifico, il discorso sulle controculture giovanili, constatando come queste si siano caratterizzate soprattutto
grazie al bisogno di affermare una propria identità collettiva corrispondente – aggiungiamo noi – al bisogno individuale di riconoscimento ed emancipazione dei sé adolescenti. Tale processo ha sempre
avuto negli universi relazionali e informali, come quelli creati anche
dal sistema dei consumi, comprendente le tecnologie, potenti veicoli.
La musica, l’abbigliamento, la televisione sono stati, ad esempio, tra
i principali strumenti comunicativi con cui i giovani si sono presentati al mondo degli adulti in passato. Alle generazioni digitali spesso
non si riconosce tale forza espressiva perché, sottolinea Susca, i new
media esautorano il bisogno di identità dei giovani: tali strumenti
ampliano così tanto la sfera pubblica e relazionale, offrono così tante
possibilità di auto-rappresentazione da non riuscire a formare un collante generazionale vero e proprio. Si potrebbe parlare per la always
172
connected generation di un effetto saturated self, parafrasando il titolo di un vecchio ma preveggente testo di Kenneth Gergen (1991),
ovvero di un sé particolarmente fluido e flessibile, perché rimodulato
costantemente in base alle numerose occasioni comunicative offerte
anche dai media.
Del resto i new media appaiono spesso, come vedremo anche nella
ricerca qui presentata, non tanto come strumenti identitari primari,
ma piuttosto come dei mediatori che permettono di regolare i modi
di presentare il proprio sé in molteplici palcoscenici, per dirla con
Goffman (1959), in base anche a fattori personali legati al mondo
corporeo. Questo perché il web è parte indistinta del quotidiano per
le nuove generazioni, componente di contesti informali dove maturano processi di educazione e socializzazione. Anche per questo i
giovani da noi interpellati tendono a dichiarare di non sentirsi diversi
quando navigano in rete, di non dover modulare il proprio sé con
forme specifiche legate al mondo digitale, di non dover agghindare
la propria personalità.
Su Facebook non mi nascondo e mantengo la mia identità perché
non ho bisogno di crearmene altre. Non mi vado a rifugiare nel
mondo di internet perché è una cosa completamente inutile per
come la vedo io.
Rispetto alle relazioni alla stessa identica maniera. Come comunico lì posso comunicare allo stesso modo a voce. C’è chi ad esempio in rete fa il bullo e poi nella vita non vale niente. Io gestisco i
rapporti in internet come nella vita normale.
Su Facebook, internet non ho bisogno di un vero nome quindi non
mi nascondo. Quando contatto gli amici parlo in modo semplice.
Non sono né un aggressivo, né un gradasso.
173
Internet dunque sembra proporsi come strumento utile per rafforzare
le relazioni orizzontali di cui parla Gergen (2002), legate al rapporto
con i pari, fungendo, quindi, da estensione della vita sociale corporea. In tal senso il web viene percepito più come oggetto “naturale”
che come oggetto “culturale” e differenziante.
Certo con l’occhio smaliziato del ricercatore è doveroso tenere in
considerazione, nell’analisi dei discorsi prodotti dai ragazzi interpellati, due variabili che riguardano la formazione del sé degli adolescenti.
In primo luogo i ragazzi intervistati potrebbero voler affermare la
continuità delle forme di auto-rappresentazione impiegate tra mondo online e corporeo per questioni di desiderabilità sociale. E questo perché, e siamo qui alla seconda variabile, sovente il bisogno
di emancipazione dei più giovani porta a cercare forme unitarie e
integre di percezione del sé. Si tratta di una visione che sembra non
considerare la molteplicità delle possibilità di modulazioni del sé che
caratterizza tutti noi nei vari contesti che affrontiamo. Questa complessità sfugge ai giovani da noi interpellati che pensano ai nuovi
media come mezzi di confronto con i pari, inseriti in solide routines.
Un altro elemento interessante, emergente dalla nostra indagine, riguarda la preferenza manifestata costantemente dai ragazzi intervistati per i contesti in presenza, rispetto quelli virtuali, per sviluppare
relazionalità più profonde.
Ovviamente un rapporto faccia a faccia è totalmente diverso.
Ritengo che le amicizie tipo Facebook, Twitter o quant’altro si
utilizzi in Italia non si possono propriamente chiamare amicizie
rispetto alle amicizie di tutti i giorni
Alcune volte, quando devo descrivere un certo comportamento,
un certo stato d’animo personale evito di pubblicarlo e di mostrarlo a tutti quanti perché cerco di tenerlo per me.
174
Se devo comunicare qualcosa di negativo preferisco sicuramente
il faccia a faccia con il confronto nella realtà.
Preferisco di più avere amici di persona, anche se, non nascondo
che alle volte, non avendo la possibilità di uscire con le persone
passo spesso abbastanza tempo a chattare con loro. Talvolta ho
bisogno di dire qualcosa e mi innervosisco perché non voglio dirla tramite Facebook. Preferisco aspettare il momento opportuno
per poterla dire di persona.
Se devo magari litigare con una persona...Devo chiarirmi con una
persona...Preferisco farlo attraverso gli occhi e non attraverso lo
schermo. Perché per me uno schermo è solo una copertura.
Ho avuto esperienze belle solamente nella vita reale. Su internet
non penso si possano avere delle belle soddisfazioni. Una soddisfazione è trovare una versione di latino su internet, ma non
penso si possa trovare nient’altro. È molto meglio la vita reale di
internet.
Questa tendenza potrebbe apparire come la percezione di una netta
divisione tra contesti corporei e digitali. Ad un’analisi maggiormente
attenta, però, sembra di poter affermare che sia proprio l’integrazione tra i due universi a determinarne e delimitarne le forme di utilizzo.
Gli intervistati considerano i social network e il web come parti fondanti della propria quotidianità, adibite ad alcune funzioni sociali,
talvolta limitate, tra le quali spicca quella di strumento di raccordo
con i pari.
Ho molti amici su Facebook, ma non vedo tutti i giorni queste
mille persone. Vedo solo una parte di queste persone anche se le
175
altre poi comunque le conosco. La maggior parte delle amicizie
che ho nella vita reale la ritrovo tutta su Facebook.
Sicuramente è meglio avere contatti diretti. Quando ho avuto contatti diretti c’è stato un rapporto diverso. Un rapporto diverso è
meno superficiale di circostanza di quello che ho ora. I social
network comunque servono: possono essere uno strumento per
tenersi in contatto.
Facebook, c’è da dire, che è utile per organizzare le uscite, per
chiedere compiti: è questo l’uso che ne faccio con gli amici che
frequento.
É vero, tuttavia, che ci sono sempre casi di adolescenti che ammettono di vivere “sempre connessi”. Spesso dichiarano di non esibirsi
troppo sul web, ma di avere bisogno di sentirsi sempre raggiungibili
per sentire il proprio sé completo.
Sì, lo accendo appena arrivo a casa e se non esco sto sempre al pc.
Saranno 6 ore al giorno.
Posso rendermi conto, se sono online, se succede qualcosa. Non
voglio perdermi niente.
Anche a scuola... Io ho internet costantemente aperto. Avendo il
telefono, sono parecchie le ore. Non è che passo 10 ore piene
e continuate. Sono ad esempio 10 minuti su Facebook…Poi lo
chiudo… Poi lo apro…Poi lo chiudo…
Emerge un approccio che riporta in mente l’idea di cybercorporeità,
trattata da molti autori ed esperti di tecnologia già nei primi anni Novanta, cogliendo alcune suggestioni della letteratura fantascientifica.
176
In realtà i giovani non integrano le tecnologie nel proprio corpo in
senso letterale (almeno che non si voglia considerare l’uso di auricolari o dispositivi vari un’autentica estensione sensoriale o una sorta
di ibridazione) ma le annettono ai propri tempi, alle proprie socialità,
ai propri abiti mentali, alle proprie routine, sino a non metterle in
discussione e ad avvertirne una sorta di autentico bisogno.
Concludiamo la nostra riflessione sull’identità parlando del rapporto tra sé adolescenti e interculturalità, cioè di come il contatto con
l’alterità culturale possa influire sulle forme di auto-percezione dei
giovani digitali. Il web, da quanto affiora dalle interviste raccolte,
si rivela uno strumento sicuramente in grado di svolgere una qualche influenza, ma sempre in base al dialogo svolto con le altre realtà
microsistemiche vissute da ciascun individuo. Infatti i ragazzi che
parlano dei loro “sé” in rapporto con “sé” provenienti da altri contesti culturali, in genere hanno avuto esperienze dirette all’estero o
comunque con altri giovani stranieri: viaggi studio, incontri con parenti immigrati in altre nazioni, esperienze lavorative in altri paesi.
In questi casi il ruolo dei social network e i loro effetti sulle modalità
di auto-percezione rispetto ad altre culture appaiono ambigui. Alcuni
ragazzi evidenziano come i social media possano servire soprattutto
per “mantenere i contatti” con i coetanei di altri paesi, sottolineando
come il digitale funga da strumento per lo sviluppo di forme di socialità “ridotta” e mettendo in rilievo l’affiorare di un senso di diversità
percepito nei confronti di altri sé, provenienti da altri contesti nazionali. Una diversità che si manifesta soprattutto nella abitudini, nelle
succitate routines, quasi come dato confermativo del proprio sé, in
chiave, questa volta, culturale ed etnocentrica.
Con ragazzi italiani che ho conosciuto quando ho fatto l’animatrice sicuramente ho mantenuto i contatti su Facebook.. Non è che
sia più facile. Ma ho legato di più. Soprattutto con quelli dello
stage… C’è continuità. Abbiamo voglia di lavorare insieme. Con
ragazzi stranieri sinceramente no.
I contatti sono rimasti più formali... c’è meno intesa.
177
6.3 I media tra consumi e saperi
Come accennato nei precedenti paragrafi il rapporto tra identità e
mercato è profondo per le nuove generazioni, tanto che si potrebbe
dire che le forme identitarie con cui più comunemente interagiamo,
quando ci interfacciamo con i rappresentanti della net generation,
non potrebbero esistere senza l’architettura del mondo dei consumi
con cui conviviamo.
Significativo ad esempio è il parallelo creato tra moda e new media
da Maria Grazia Simone (2007): entrambi sono universi che richiedono la conoscenza di codici comunicativi condivisi che toccano in
modo particolare i giovani e le loro socialità e relazionalità.
Tuttavia non è pensabile che il mondo digitale possa sostituire tutti
gli spazi interazionali pregnanti per i giovani: sicuramente li integra,
li connota e ne viene a sua volta influenzato.
Per quanto riguarda il rapporto tra consumi e socialità mediatiche,
possiamo scorgere l’esistenza di un’ imprescindibilità alquanto ovvia: essere online richiede tecnologia, oggi sempre più sofisticata
eppure immediata, e la tecnologia è consumo. Talvolta navigando
abbiamo l’impressione di essere in una realtà naturale e in quanto
tale gratuita. In realtà tale apparente gratuità viene pagata con porzioni della nostra privacy. Mentre siamo online disseminiamo dati
personali, con le nostre ricerche e le nostre attività, che sono merce
preziosa per le aziende che acquistano informazioni dai colossi della
rete come Google o Facebook.
Si potrebbe pensare, a partire da questa riflessione, che nell’epoca
attuale in cui gli spazi e i tempi di vita sono sempre meno separati e
sempre più diluiti tutto ciò sia piuttosto logico.
Tempo di lavoro e tempo libero, ad esempio, non vivono più ormai
in due dimensioni scisse. Le nuove professionalità spesso richiedono
un impegno immateriale che non può essere confinato in fasce orarie
e il precariato richiede, a sua volta, una dedizione totale al lavoro:
anche quando quest’ultimo non c’è, il tempo “libero” viene dedicato
178
alla ricerca di lavoro. Si consideri inoltre come, a proposito del web,
sia stato coniato il neologismo prosumer per indicare gli utenti della
rete che, in quanto perennemente attivi online, inseriscono costantemente contenuti nel cyberspazio. Tali contenuti, come già accennato,
diventano poi materiali utili per le aziende della net economy. Il risultato è una sorta di mano d’opera a costo zero.
Se pensiamo alla net generation tale discorso è ancor più valido visto
che le giovani coorti convivono da sempre con questi nuovi paradigmi. Per i ragazzi interpellati a volte, ad esempio, tempo di studio,
socialità e consumo vivono in simbiosi. Essere significa essere anche
online.
Avendo uno smartphone tramite WhatsApp, queste applicazioni
qui... sto anche su internet. Poi faccio i compiti senza farmi trascinare. Come succede... perché ci sono persone che dicono che
non riescono a stare senza internet. Anche quando fanno i compiti
stanno su internet.
Questo frammento è uno dei più significativi perché riporta, in modo
piuttosto esplicito, alla sovrapposizione tra consumi e socialità (la
terminologia impiegata richiama tecnologie di consumo tipiche del
mondo digitale) che connota le giovani generazioni.
Dunque l’essere consumatori può trasformarsi in una condizione perenne dell’essere sempre connessi e questo dato si riverbera anche
sui modi di costruire il sapere.
Il web è dotato di un’architettura che influenza i nostri modi di navigare e che è manifestazione di una sorta di volontà di sapere, per
dirla con Focault1.
I social network ci chiedono di comunicare e di socializzare in forme
e modalità rigidamente strutturate e non consentono una forte auto1 Sull’uso dei paradigmi foucoltiani per l’analisi degli spazi online si rimanda all’opera di
Maddalena Mapelli e del suo gruppo di ricerca.
179
nomia interazionale all’utente. Ora, coma abbiamo visto, tale architettura è legata al mondo dei consumi: un social network come Facebook, una delle aziende più produttive del contesto attuale, basa la
sua fortuna su tale struttura che consente di raccogliere informazioni
semplici da trasformare in dati, sondaggi utili per altre aziende (basta
cliccare su un “mi piace” per diventare parte di questi dati). Tuttavia
tale strutturazione, per chi vive perennemente online, può plasmare
abiti comunicativi e talvolta cognitivi in modo quasi impalpabile.
Alcuni studi hanno demonizzato tale condizione: si pensi ad esempio al recente testo di Carr (2010), che, attraverso analisi avvenute
nell’ambito delle neuroscienze, evidenzia come le forme frammentarie di accesso/costruzione di conoscenze favorite dal web portino
a una parcellizzazione dell’attenzione e delle capacità di concentrazione.
Altri studi invece, molti dei quali specificatamente interessati alle
nuove generazioni, hanno cercato di approfondire le modalità di costruzione del sapere più diffuse tra i giovani, legate spesso al multitasking, all’abilità di lettura di materiali multimediali, alla condivisone e alle capacità pratiche.
Dalle nostre indagini spesso traspaiono forme di sapere connotate da
frammentarietà, ma anche da una certa consapevolezza dei limiti di
spazi come Facebook, dei rischi anche presenti negli spazi preordinati del web.
...Comunque in tempo reale si riesce a capire la situazione estera,
anche dall’altra parte del mondo: conflitti, politica. In Paesi magari meno fortunati di noi in cui non c’è questa opportunità: nei
Paesi mussulmani c’è la censura anche su internet. Noi abbiamo
la fortuna di utilizzare internet per queste cose. Però internet oltre
a essere un veicolo dell’informazione, può essere anche un’arma
a doppio taglio: un effetto boomerang.
180
...Quando sono su Facebook sono abbastanza tranquillo. Preferisco comunque non crearmi un’altra identità. Però talvolta preferisco crearmi un po’ di privacy: cioè non come fa qualcuno che
pubblica tutto ciò che gli viene in mente. Ma pubblicare uno stato,
una qualsiasi cosa preferisco pensarci su. Non vedo motivo per
cui tutte le persone che sono su Facebook dovrebbero vedere le
mie cose.
Ancora un volta, per evitare il rischio di adagiarsi su forme di conoscenza/sapere troppo frammentarie e legate al mondo ibrido del web,
appare determinante l’influenza degli spazi corporei, l’integrazione
orizzontale e verticale tra ambiti educativi. Ce lo dimostrano le parole di alcuni intervistati che, mostrando una maggiore abilità critica
nell’approccio alle varie realtà vissute, evidenziano una buona maturità anche quando affrontano l’online
Penso che internet un po’ abbia cambiato la vita di tutti, nel bene
nel male. Per me è stato un bene perché riesco ad accedere a più
fonti di informazione. Ma ci sono altrettanti aspetti negativi. Ma
sicuramente il web differenzia la nostra generazione da chi ci ha
preceduto, soprattutto per la relazionalità...Penso sia una porta di
accesso a tutto quello che ci serve.. Amplia il nostro mondo. Lo
uso quando mi serve.
Il web non è da confondere come la realtà, sui social network
abbiamo una realtà diversa da quello che è…
…Si io uso molto i giornali in rete e lo trovo utile. L’informazione sul web è molto diversa da quelle televisiva, anche se in rete
cambiano da fonte a fonte. Trovi spesso la stessa notizia in modo
diverso. Dipende da noi.
181
6.4 Crescere con i media. La costruzione dei significati nei
nativi digitali
Come visto nei paragrafi precedenti, per parlare del rapporto tra giovani generazioni e tecnologie digitali, si è spesso ricorso a sigle, binomi o etichette.
La prima definizione ad aver ottenuto grande popolarità sia nella letteratura scientifica, sia in quella divulgativa è stata quella di digital
natives coniata da Marc Prensky (2001) ormai undici anni fa. L’autore intendeva così definire le coorti nate dai primi anni Ottanta in
poi, abituate all’utilizzo delle tecnologie analogiche, che avrebbero
avuto poi la possibilità di approcciarsi per prime, con un buon grado
di intuitività, ai nascenti media digitali. Già tale processo sembrava
poter determinare grandi cambiamenti negli abiti sociali e cognitivi
dei più giovani.
Il web 2.0 di lì a poco, tuttavia, avrebbe generato ulteriori trasformazioni in molti contesti socioculturali e le categorie di lettura delle forme di costruzione di significati e saperi nelle culture giovanili
sarebbero cambiati. Coorti tra loro ravvicinate avrebbero avuto la
possibilità di crescere a contatto con tecnologie in rapida trasformazione, sempre più in grado di incidere sugli universi comunicativi.
Una chiara idea di questo processo ce la può dare la rilettura di alcuni
testi degli anni Novanta sull’affermazione delle tecnologie informatiche. Si pensi, in particolare, al concetto di ipertesto introdotto da
Landow nel suo celebre testo del 1994. Si tratta di una modalità di
lettura e di interazione con il concetto di testualità altamente innovativa, perché in grado, come sappiamo, di generare un superamento cognitivo dell’approccio lineare “orizzontale”, paradigma affermatosi con la diffusione della stampa. Su questo tema molti hanno
scritto. Tuttavia l’ipertesto multimediale di prima generazione, pur
richiedendo una partecipazione del lettore alquanto attiva, ondivaga
e innovativa, prevedeva un rapporto tra testo e utente piuttosto isolato, individuale. Per tale ragione le scienze sociali e umanistiche, per
182
analizzare questo tema, sono ricorse soprattutto a un’epistemologia
della rappresentazione, mettendo al centro del loro discorso il testo
e la tecnologia, con il loro carattere innovativo e la loro capacità di
rappresentare nuove realtà, definite virtuali.
Il soggetto immerso nel mondo 2.0 vive invece in una condizione
differente, in universi basati sulla condivisione, sulla socializzazione
di risorse e conoscenze, sulla tracciabilità dei propri dati personali.
In poche parole su quella che Castells (2009) definisce auto-comunicazione di massa. Per tanto la letteratura sull’online contemporanea
costruisce il suo discorso su un’epistemologia della costruzione. Il
web è considerabile, in tale prospettiva, spazio e strumento di costruzione e scambio di significati, soprattutto per le coorti più giovani,
che crescendo a contatto con la rete e il mondo digitale sin dall’infanzia, hanno in essa un riferimento importante. Processi di comprensione del mondo, che sono sempre in fieri, che in passato riguardavano
solo l’ambito corporeo non possono non svolgersi anche nel web 2.0
e il web 2.0 è soprattutto socialità e condivisione. Questo segna una
differenza decisiva tra le coorti nate negli anni Novanta ed i nativi digitali di Prensky, portatori comunque di abiti cognitivi sociali legati a
un contesto culturale pre-digitale.
Riprendendo Habermas, Pier Cesare Rivoltella (2003), ci ricorda che
per costruire un’epistemologia adatta per analizzare il mondo digitale occorre riformulare l’approccio ermeneutico gadameriano. Se per
Gadamer il rapporto tra lettore e testo era un rapporto uno ad uno, basato sull’unicità dell’interpretazione da parte di quest’ultimo, Habermas ci ricorda che l’interpretazione è la maniera comune di costruire
la conoscenza. Dunque per “comprendere” occorre la partecipazione. Sulla base di questa semplice riflessione possiamo capire come
l’online abbia, comunque la si pensi, la capacità di divenire luogo e
strumento di co-costruzione di significati e di condivisione di saperi.
183
6.5 La terza cultura: uno spazio per la condivisione
Come si è potuto constatare una delle key word che permea la presente ricerca è condivisione. Si è parlato di socialità, dell’area relazionale come ambito di mutazione socioculturale principale nelle prassi
e nelle abitudini della net generation. Si è considerata la fusione dei
tempi che naturalmente è anche, in parte, fusione degli spazi e come
ciò favorisca, naturalmente, la condivisione che diventa nuovo paradigma. Nel momento in cui si entra nella websfera diventa normale
condividere qualcosa, anche solo la stessa presenza online, magari
attestata dall’immissione di qualche dato personale. Se la scuola di
Palo Alto ha introdotto, riferendosi alla comunicazione umana in generale e non già a quella specificatamente online, l’assioma “non si
può non comunicare”, nell’ambito del discorso sulle nuove tecnologie, si potrebbe introdurre l’assioma “non si può non condividere”.
Per i giovani, naturalmente, questa strutturazione del contesto sociale
assume un carattere particolarmente determinante, in quanto sistema
in cui da sempre sono immersi. L’influenza della net culture agisce
sulle giovani coorti in più direzioni. Nel precedente paragrafo ci si è
soffermati soprattutto sull’ambito cognitivo, su quello della costruzione dei saperi, in questo si vedrà come il paradigma della condivisione tocchi anche l’ambito emotivo ed affettivo:
Riguardo l’aspetto dello stato d’animo mentre navigo...Secondo
me quando si fa a meno di questi social network si ha un po’ l’animo triste e non si riesce a reggere un tale distacco. Mentre quando
li si usa si è più tranquilli e felici.
Per me Facebook è come la vita reale. Per me è una interazione, è
quasi uno sfogo. Quando ho uno stato d’animo particolare, quando c’è qualcosa che non va bene o che invece va bene lo scrivo...
184
Questi due frammenti, come i tanti che evocano gli stati più intimi
degli intervistati, trasmettono una sensazione comune: il condividere
è un bisogno quasi naturale delle generazioni digitali che percepiscono l’online un po’ come lo spazio attraverso cui soddisfare questa
necessità. E non si tratta di una dinamica, come già visto affrontando
la questione relativa all’identità, che porta i giovani nati con la rete a
vivere perennemente in una condizione di esibizionismo voyeuristico
come spesso si teme. I ragazzi intervistati hanno dimostrato di possedere competenze digitali tali da non giocare pericolosamente con la
propria identità in rete. Piuttosto pensano al web come a un collante
utile per coltivare la proprie relazioni (soprattutto orizzontali, come
visto) e per sentirsi parte di un collettività generazionale, che ha nella cultura della condivisione una delle caratteristiche primarie. Tale
processo tocca, naturalmente, anche i percorsi di costruzione della
conoscenza e dell’accesso ai saperi: da un lato, se ne è parlato nel
precedente paragrafo, i neo nativi digitali attraverso il web sono in
perenne confronto con gli altri e questo favorisce processi di co-costruzione di significato, dall’altro è la stessa divulgazione del sapere che viene mutata dall’economia digitale. Le giovani generazioni,
naturalmente, sono parecchio avvezze alle nuove forme di fruizione
culturali, sempre più frammentate e settorializzate, disseminate nel
web. La terza cultura, di cui parlava Brookman (1995) negli anni Novanta, si basava proprio sull’idea di un sapere scientifico sempre più
divulgabile attraverso i flussi mediatici. L’autore sottolineava che i
risultati della ricerca scientifica dovessero essere condivisi e comunicati, affinché fossero in grado di avere concrete ricadute sociali. Tale
impostazione ha avuto una certa risonanza con l’avvento dei new
media: la cultura e l’informazione hanno moltiplicato i loro spazi di
fruizione attraverso i media digitali. Oggi la questione fondamentale
per le giovani generazioni, per quanto concerne la formazione culturale, è come gestire e orientarsi nel magma di informazioni circolanti nel web. La facilità di accesso alla rete permette a chiunque di
inserire contenuti e per gli utenti è forte il rischio di impantanarsi in
circoli viziosi di riciclaggi e scopiazzamenti di informazioni, senza
185
dimenticare come le forme sincopate delle nuove tecnologie spesso
favoriscano soluzioni tendenti al sensazionalismo, come sostiene anche Castells2.
Occorre dunque uno spirito critico forte che solo una buona alfabetizzazione digitale può dare. In tal senso, come abbiamo visto in altri
frammenti, i ragazzi intervistati sembrano aver gli occhi aperti e una
buona capacità di discernimento.
6.6 La società dell’informazione nelle strategie dell’Unione
Europea
Il rapporto tra tecnologie e sviluppo sociale è stato sempre centrale
nelle politiche economiche pianificate dall’Unione Europea. Con la
strategia di Lisbona, sviluppata tra il 2000 e il 2010, le istituzioni europee avevano già sottolineato quanto fosse importante, per garantire
un processo di crescita economica e sociale ai Paesi membri, un’implementazione della presenza delle tecnologie digitali, sia in ambito
prettamente produttivo sia per quanto concerne i servizi al cittadino.
Tale impegno è stato confermato ed adeguato al contesto attuale con
il recente lancio da parte della Commissione Europea della strategia Europa 2020. Si tratta di un intervento che si pone in continuità
con il precedente accordo di Lisbona e fondamentalmente ne riprende i principi. In particolare resta obiettivo centrale l’accrescimento
culturale e formativo dei cittadini europei, in termini di sviluppo di
competenze personali, intellettive e professionali, finalizzato ad un
migliore inserimento lavorativo che risponda a criteri di flessibilità e
predisposizione alla mobilità.
In tal senso il riferimento ai nuovi media appare ovvio: internet è co2 Secondo l’autore catalano, proprio perché nella rete la comunicazione passa attraverso
collegamenti, link o filmati brevi, quindi attraverso formati che richiedono un forte impatto
visivo e poco approfondimento, spesso si ricorre a scelte divulgative che richiamano emozioni
forti, proprio per ottenere un riscontro immediato, potente sul fruitore, anche dal punto di vista
cognitivo (Castells, 2009).
186
munemente considerato lo strumento in grado di veicolare le istanze
della new economy, sempre più votata alla velocizzazione dei tempi
e all’abbattimento di barriere spaziali.
Europa 2020 individua tre priorità: lo sviluppo di un’economia
dell’innovazione, la promozione di una crescita sostenibile, l’incrementazione della coesione sociale e territoriale.
Il perseguimento di tali obiettivi, secondo la Commissione Europea,
è possibile attraverso il raggiungimento di determinati risultati (che
riguardano il raggiungimento di specifici valori percentuali in vari
ambiti come l’investimento in ricerca, i tassi di occupazione, il PIL
dei Paesi membri, la scolarizzazione) e l’impegno in sette iniziative
faro.
In particolare una di queste iniziative riguarda lo sviluppo di “un’agenda europea del digitale” finalizzata all’accelerazione della diffusione di internet ad alta velocità e allo sfruttamento dei vantaggi
offerti da un mercato unico digitale per la famiglia.
Alla base di questo impegno c’è l’idea di compiere un investimento in tecnologie che miri a uno sviluppo sociale ed economico, garantendo opportunità alle aziende della net economy e possibilità di
accesso a servizi digitali ai cittadini. Attraverso un piano di spese
che intende ampliare notevolmente l’accesso a banda larga entro il
2013 e portare alla presenza di connessioni veloci (oltre 100MbP)
per almeno il 50% delle famiglie europee, la Commissione si è impegnata a creare un quadro giuridico stabile per garantire investimenti in tecnologie e promuovere un mercato unico per i contenuti
e i servizi online, adeguatamente regolamentato e tutelato. Sempre
nell’ambito della stessa manovra, la Commissione intende stimolare
i Paesi membri a finanziare i settori di ricerca relativi all’Information
Technology e progetti atti a favorire l’alfabetizzazione digitale dei
cittadini europei. I Paesi dell’Unione Europea, dunque, sono chiamati ad un impegno preciso: favorire politiche di digitalizzazione di
strutture amministrative, sociali ed economiche in forma coordinata
e coerente. Inoltre le tecnologie connettive attraversano anche altri
187
punti analizzati e ampliati dal documento. In particolare, ove si fa riferimento allo sviluppo economico e dell’occupazione, spesso i nuovi media vengono annoverati, come strumenti in grado di fomentare
nuove possibilità di crescita produttiva (come detto i servizi online
sono considerati risorse preziose per fomentare settori produttivi innovativi, su cui investire per superare l’attuale crisi economica).
Dunque il ruolo delle nuove generazioni sullo scenario economico e
sociale sembrerebbe centrale (a patto che gli obiettivi europei siano
correttamente ed efficacemente perseguiti dai Paesi membri e dalle
istituzioni) perché, come anche traspare dalle interviste, le giovani
coorti sono depositarie di un livello di competenza digitale sempre
più alto.
Occorre ribadire, tuttavia, l’importanza dell’influenza dei vari ambiti
formativi che fungono da cornice all’interazione tra giovani e tecnologie, affinché questa competenza non si risolva solo in una scontata
abilità strumentale, ma determini lo sviluppo di uno spirito critico
sempre più raffinato. Proprio tale abilità critica rappresenta una prerogativa perché i giovani online siano in grado di orientarsi nella
websfera e di interfacciarsi positivamente con le possibilità comunicative offerte dagli ambienti multimediali. La scuola, ovviamente,
gioca un ruolo importante nel percorso di formazione digitale dei
giovani. Tuttavia è possibile riscontare solo in parte, in ambito scolastico, la presenza di una reale progettualità negli interventi educativi
volti ad incentivare la presa di coscienza dell’importanza delle nuove
tecnologie sul piano dello sviluppo economico, sociale ed anche in
chiave personale. Non a caso tra gli studenti interpellati, i ragazzi che
hanno partecipato a scambi interculturali hanno indubbiamente evidenziato l’acquisizione, seppure parziale, di una maggiore sensibilità
nei confronti delle opportunità offerte dalla crescita della mobilità
sociale.
Quello che vorrei io, magari finita la scuola, vorrei intraprendere
la vita politica. Oppure visto che ormai sono 5 anni che faccio il
188
cameriere, andare a Londra. Ma più che Londra in Inghilterra.
Tipo Sheffield. Paesi meno conosciuti. Perché faccio lì magari la
vita per qualche mese da cameriere, così imparo di più la lingua.
Magari posso avere opportunità di viaggiare per ampliare sempre
più il mio bagaglio.
Si vuole sottolineare, anche attraverso la scelta di questo frammento,
come le più disparate esperienze formative, legate sia all’ambito scolastico che extrascolastico, possano favorire le condizioni affinché i
ragazzi diventino consapevoli dell’importanza dell’acquisizione di
determinate competenze nel contesto contemporaneo. Lo studente
protagonista dell’intervista succitata ha avuto una serie di esperienze, legate a vari contesti coinvolgenti sia l’online che l’offline, che lo
hanno portato a maturare la consapevolezza dell’importanza dell’essere cittadini aperti al confronto, al dialogo con altre realtà, nel contesto attuale. L’arricchimento intellettivo consentito dal contatto con
l’alterità culturale rientra tra le opportunità di crescita che debbono
essere coltivate, affinché vi sia la reale integrazione delle giovani
generazioni in una prospettiva socioeconomica in cui i media digitali siano il volano di un concreto progresso sociale, come auspicato
dagli organi istituzionali europei. Per tanto occorre che le agenzie
formative, scuola in primis, conferiscano maggiore progettualità e
sistematicità ad interventi educativi che abbiano al centro il rapporto
tra competenza digitale ed interculturalità.
6.7 Cittadinanza ed e-democracy
Gli argomenti trattati nel precedente paragrafo, come la questione
principale, oggetto della ricerca, che è il rapporto tra nuove tecnologie ed interculturalità, non possono non svilupparsi attorno ad
un tema chiave nel mondo digitale: quello della e-democracy. Da
quando internet e le tecnologie digitali hanno iniziato ad assumere
rilevanza nello scenario sociale contemporaneo, molti intellettuali si
189
sono interrogati sulla possibilità di una riconfigurazione del concetto
di democraticità. Del resto, se parlare di democrazia significa analizzare le opportunità di partecipazione politica ai sistemi decisionali
offerte ai cittadini, appare quasi ovvio considerare la rete come uno
strumento decisivo. In tal senso, infatti, nel mondo online le possibilità di interazione, comunicazione e quindi anche di partecipazione
beneficiano di un aumento quasi strutturale. Il web è stato pensato,
talvolta, come medium in grado di ampliare la sfera del dibattito pubblico ed appare evidente come le modalità comunicazionali offerte
da social network e spazi digitali giochino un ruolo fondamentale nel
muovere l’opinione pubblica e la cosiddetta agenda setting. Si pensi
alle sempre più frequenti dichiarazioni su Twitter rilasciate da personaggi politici, che seppure caratterizzate da quell’estrema sinteticità
tipica delle bacheche online, diventano frequentemente il punto di
partenza per dibattiti e discussioni.
Si tratta di un aspetto che lascia pensare che possa esserci sempre più
spazio per i giovani nei processi partecipativi. Infatti un numero sempre maggiore di attori politici tende ad adeguarsi alle modalità interazionali caratteristiche del mondo digitale, con le quali senza dubbio
le nuove generazioni hanno ampia confidenza e dimestichezza.
Al di là di queste supposizioni, però, agiscono una serie di filtri e variabili che intervengono sulle forme e sui modi impiegati dai giovani
per diventare cittadini digitali.
Innanzitutto, come sottolineato da Palfrey e Gasser (2008), il web
non è uno strumento politico o democratico in sé, ma svolge una
funzione di collante sociale molto importante per i giovani, con risvolti che toccano la sfera della democraticità e dell’essere cittadini.
Chi è online può imbattersi in rete in molte forme di socialità che riguardano la partecipazione attiva alla vita democratica della propria
comunità. Questi incontri, talvolta casuali, talvolta voluti, possono
portare gli utenti del web ad integrarsi in comunità di pratiche che
si interessano di temi pubblici o politici. I due autori rafforzano la
loro riflessione con alcuni dati riferiti alle campagne statunitensi più
190
recenti, comprese quelle precedenti l’affermazione di Obama, la cui
(prima) elezione è stata in un certo senso il simbolo delle possibilità politico-promozionali offerte dal mondo digitale. Durante questi
confronti elettorali la presenza di strumenti di raccordo online, utili
per organizzare eventi, raccogliere fondi e coordinare l’operato di
sostenitori e volontari, ha facilitato la partecipazione politica, coinvolgendo un’ampia fascia della popolazione giovanile. Anche in Italia, alcune ricerche hanno evidenziato come vi siano stati personaggi
politici più sensibili al web, in grado di precettare le abilità comunicative dei nativi digitali. Le campagne di alcuni amministratori locali
come Vendola o Pisapia si sono molto incentrate sulle abilità creative
di giovani prosumer, utenti attivi del web, e sulla loro capacità di
immettere e condividere contenuti in rete3. In questi casi i giovani hanno dato vita ad una sorta di volontariato, in forma gratuita e
spesso non pienamente consapevole. Dinamiche che si ricollegano
ad un altro aspetto della e-democracy analizzato da Palfrey e Gasser,
ovvero al fatto che il web permette un’interazione attiva e creativa
ai cybernauti. Un’interazione che può anche consentire agli utenti
di rimodellare l’agenda setting e di porre l’attenzione su temi vari,
differenti da quelli che verrebbero imposti da attori politici in un sistema comunicativo top-down.
Sonia Livingstone, che ha fatto ricerche concernenti questi temi riguardanti la popolazione americana, ha notato che spesso la partecipazione attiva dei giovani avviene anche attraverso la sensibilizzazione a temi pubblici o etici di ampio respiro, le cosiddette “buone
cause”. Si tratta di un interesse che sorge anche dalla difficoltà ad
avvicinarsi a quella faccia della politica più legata a questioni meramente amministrative, da cui i giovani spesso si sentono lontani
e sulle quali sentono di non avere grande potere. Inoltre vi è sempre il rischio che social network e spazi analoghi forniscano sbocchi
partecipativi troppo limitati e superficiali. Iscriversi a un gruppo su
temi pubblici è molto semplice, ma può non implicare forme di reale
3 Per esempio sui casi elettorali pugliesi è possibile leggere gli studi curati da Mele e Formenti (2010)
191
coinvolgimento e ridursi a una mera questione di design.
Da queste riflessioni emerge come divenire cittadini digitali consapevoli, anche per un giovane, sia un processo complesso per il quale occorrano determinate azioni educative e socializzanti. Il web, se
utilizzato con pochi margini di consapevolezza, difficilmente può
incentivare alla partecipazione attiva online. In questo caso solo attraverso situazioni fortuite legate magari all’influsso dei pari, all’incontro circostanziale con ambienti stimolanti, un giovane può entrare in contatto con community in grado di coinvolgerlo in processi
virtuosi. Ma non si può affidare al caso la formazione culturale dei
ragazzi che sono gli attori principali anche di quelle politiche europee che mettono al centro dei principali interventi socioeconomici
l’agenda digitale.
Molti spunti di riflessione su questa problematica sono stati offerti
dalle interviste effettuate durante la ricerca. I ragazzi interpellati vengono da scuole diverse, in termini di indirizzo, ubicazione geografica
e condizione economico-sociale media degli studenti iscritti, hanno
avuto situazioni familiari e stimoli educativi differenti e hanno posto
i temi relativi alla cittadinanza attiva in forma contrastante, proprio
a dimostrare che fuori dal web e sul web agiscono altre forze che
possono incentivare forme di e-citizenship diverse. Si sono incontrati, ad esempio, alcuni ragazzi interessati a raccogliere informazioni
su problematiche pubbliche, anche attraverso fonti disparate, e consapevoli dell’importanza di essere critici di fronte al materiale che
scorre nella rete.
Come studente e come cittadino, perché mi ritengo un cittadino,
se la rete viene sfruttata nella maniera giusta penso che sia una
cosa molto importante.
Da un punto di vista informatico, come hai detto tu, sono molto
interessato alla politica, quindi magari utilizzo internet per capire
192
usi e costumi che magari poi sfociano nei vari ideali politici. Oppure nella situazione che vivono altri Paesi…
Il processo che si delinea, in queste frasi, fa pensare ad una capacità
di essere cittadini digitali ancora da sviluppare, ma che parte già da
un buon senso critico che è condizione necessaria per incamminarsi verso un percorso virtuoso di e-citizenship. Probabilmente però
questi ragazzi hanno avuto la possibilità di rafforzare dentro la rete
stimoli provenienti da altri contesti, che li hanno portati poi a pensare
ad un determinato modo di usare le risorse del web.
La maggior parte degli intervistati vive internet più all’interno di una
dimensione privata, legata alla socializzazione con i pari o con persone vicine. Ciò non significa che vi sia superficialità nella conoscenza
di internet e disinteresse su questioni di ampio respiro, piuttosto è
un segnale dell’occorrenza di ulteriori stimoli formativi per questi
giovani. Ci sono molti modi di coinvolgere gli studenti in confronti
positivi. Una scuola che ha preso parte alla nostra ricerca, ad esempio, ha inserito nel sito web dei forum aperti agli studenti per trattare
questioni pubbliche, attraverso il dibattito.
Non si dimentichi, infine, che una maggiore esperienza e competenza
nell’ambito della partecipazione democratica può incentivare una più
ampia apertura all’altro, attraverso la pratica del confronto costante.
Proprio dall’abitudine a voler entrare in relazione con l’alterità e la
diversità può svilupparsi poi nel giovane una crescente sensibilità
interculturale.
6.8 Multimedialità e didattica: studenti web 2.0
Una delle questioni centrali che ha accompagnato tutta l’indagine
è l’individuazione delle caratteristiche maggiormente diffuse dello
studente 2.0 e delle strategie didattiche e pedagogiche più efficaci
193
con la net generation.
Inutile ripercorrere in queste righe i tanti passaggi che hanno contrassegnato il complesso e lungo rapporto tra media ed educazione.
Indubbiamente dall’affermazione dell’approccio comportamentista
skinneriano, che vedeva nei computer delle mere macchine atte a
valutare l’operato di studenti seguendo un principio di stimolo/risposta, si sono susseguite posizioni molto diverse nella letteratura
scientifica. Attualmente il paradigma più affermato in media education è probabilmente quello socio-costruzionista. Il web è, per tanto,
considerato da molti insegnanti ed educatori uno spazio che consente
di costruire saperi, di condividere pratiche e apprendimenti. Secondo
tale approccio una didattica “mediatica” al passo con i tempi deve
sapere sfruttare queste opportunità, considerando i profili cognitivi
caratterizzanti i nativi digitali. Ovviamente non sono mancati approcci educativi in controtendenza in grado di esercitare una certa
influenza anche su alcune correnti dell’educazione mediale. Si pensi,
ad esempio, a come il noto mass mediologo e docente Neil Postman
(1985) abbia sostenuto nei suoi testi l’importanza di difendere un
apprendimento di stampo alfabetico-lineare, almeno nella didattica
scolastica, piuttosto che riprodurre in contesti formali stili educativi
mutuati dai mezzi di comunicazione di massa.
Diversi sono stati i paradigmi affermatisi nell’ambito della media
education negli anni più recenti, tesi ad affrontare differenti problematiche di partenza, legate all’uso delle tecnologie in ambito scolastico e formativo.
Pier Cesare Rivoltella (2012) ha cercato di mettere ordine al quadro
complesso di teorie e approcci epistemologici legati all’educazione
mediale individuando quattro “correnti di pensiero”. La prima, definita dall’autore Education as design, parte dalla crisi del modello
trasmissivo nella costruzione/circolazione della conoscenza per proporre forme di insegnamento ripensate in termini di contenuti e ambienti educativi, dotati appunto di design efficaci, che siano condivisi
dai docenti e in grado di fornire risultati riscontrabili sul campo. Un
194
secondo approccio individuato da Rivoltella è quello della Multiliteracy, che ha come obbiettivo principale quello di sfruttare le nuove
tecnologie per rafforzare le abilità meta-disciplinari degli alunni. Il
terzo paradigma è quello della Comunicazione generativa e affronta
principalmente la questione relativa a come le forme sincopate della
scrittura digitale possano limitare lo sviluppo delle abilità testuali,
narrative e partecipative. La Literacy of imagination, quarto approccio individuato da Rivoltella, considera la necessità di recuperare il
valore della storia, del racconto come dispositivo di (ri)composizione esistenziale e di collocazione nel mondo. In particolare questo
paradigma propone una didattica che abbia come obiettivo quello di
sviluppare una nuova idea di literacy, costruita su identità individuali, significati collettivi e sulla promozione delle abilità auto-espressive attraverso strumenti come lo story telling.
Dopo aver costruito questa tassonomia delle “pedagogie mediatiche”
contemporanee lo stesso Rivoltella ha individuato alcuni elementi
che dovrebbero essere presi in considerazione da educatori e insegnanti nell’ambito della media education: l’impiego di più piattaforme per creare esperienze educative unificate, la capacità di usare i
media come strumenti che stimolino l’immissione di contenuti piuttosto che un’interazione passiva, la capacità di individuare supporti
adatti al contesto educativo e che permettano agli studenti di cooperare e imparare attraverso l’esperienza. Lo studente 2.0, secondo
tale prospettiva, deve saper ricercare/remixare/diffondere contenuti
su varie piattaforme e gestire flussi simultanei di informazioni, rappresentare idee usando combinazioni di linguaggi e, infine, essere in
grado di confrontarsi con forme fluide di saperi4.
Al di là di quanto viene proposto dalla letteratura sull’educazione ai
media e sulla scuola digitale, bisogna fare i conti con quelle che sono
talvolta le difficoltà strutturali e concrete delle istituzioni educative.
Come abbiamo visto anche l’Unione Europea è attenta alla digita4 Si fa riferimento all’intervento proposto da Pier Cesare Rivoltella e Laura Messina dal
titolo Educazione transmediale. Significati e trend di ricerca in occasione del convegno nazionale della Sirem (Società Italiana di Ricerca Mediale) il 5 giugno 2012
195
lizzazione delle principali strutture sociali che forniscono servizi ai
cittadini e le istituzioni cercano di incentivare, con gli strumenti a disposizione, la presenza delle nuove tecnologie tra i banchi di scuola.
Si potrebbe citare il progetto classi 2.0, cui hanno partecipato anche alcune scuole coinvolte nell’indagine, volto a finanziare, nelle
istituzioni aderenti, la presenza di strumenti didattici digitali (come
le LIM) e la preparazione dei docenti in materia di media education
2.05. In tal senso la ricerca presentata in queste pagine consente di
tastare il polso della situazione e di comprendere quali siano le reali
condizioni in cui i nuovi media entrano nelle scuole italiane, proprio
perché è andata a interpellare i principali protagonisti della vita scolastica: gli studenti.
Dalle parole dei ragazzi intervistati traspare un quadro ancora piuttosto frastagliato sia delle modalità con cui i nuovi media vengono
usati nelle scuole, sia del modo in cui essi vengono percepiti dagli
studenti. Spesso l’impiego di questi strumenti appare connesso alle
competenze e alla voglia di sperimentare dei singoli docenti:
Per quanto riguarda ricerche e l’uso di internet con la scuola non
abbiamo mai fatto niente di speciale se non vedere film. Qualche
volta con la professoressa di matematica andammo a fare qualcosa in 1° ma niente di che. Che io sappia neanche nella scuola non
ci sono sperimentazioni.
L’anno scorso è capitato che la professoressa ci ha portato in laboratorio, in biblioteca...per usare il computer e fare delle ricerche per quanto riguarda l’italiano o altro. Poi ho fatto un corso a
scuola su Autocad e a casa ho scaricato questo programma per
esercitarmi.
La precisazione “è capitato”, usata dallo studente citato in questo
5
Cfr. http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/
196
frammento, da l’idea di una sorta di estemporaneità nell’uso delle
tecnologie a scuola.
Alcuni docenti dei giovani interpellati si sono avvalsi di strumenti
per l’e-learning già affermati da qualche tempo come Moodle, che
dalle interviste emerge come una delle piattaforme più utilizzate.
La nostra professoressa di matematica un paio di volte ha pubblicato dei documenti che ci servivano, tipo collezioni di compiti su
una piattaforma Moodle alla quale accedeva tutta la classe tramite un account creato dalla professoressa. E dopo un compito in
classe ci ha consegnato i risultati e poi per la correzione, per farci
vedere i voti, li ha pubblicati sulla piattaforma. E noi siamo andati
con la professoressa in laboratorio per controllarli. Anche altri tipi
di informazioni come ad esempio approfondimenti su matematici
e cose del genere.
Tra gli studenti di classi con indirizzo informatico è stato possibile
riscontrare maggiore varietà e progettualità nell’uso del web a scuola, anche se anche in questi casi si è avuta l’impressione che decisiva
sia stata in tal senso l’iniziativa personale di alcuni docenti, piuttosto
che una precisa condizione strutturale.
Da questo punto di vista vedo che la mia scuola è abbastanza
avanti. Infatti con i professori di informatica abbiamo dei blog,
tipo “web Alice”. E lui, l’insegnante di informatica, lì ci mette
delle spiegazioni. Magari ci evita di utilizzare il libro.
Questo frammento conduce ad un’altra problematica molto sentita
dagli studenti e che senza dubbio toccherà ampiamente la scuola del
futuro, ovvero il progressivo passaggio da testi cartacei a e-books
digitali. Problematica questa che tra l’altro mette in connessione due
questioni legate al profilo degli studenti 2.0: quella del bisogno, per-
197
cepito dai giovani, di usare strumenti didattici innovativi e quella
della formazione di una coscienza civica nell’ambito dell’e-democracy.
Il libro ormai potrebbe anche non servire più perché anche il mondo è in un momento di crisi dal punto di vista economico e anche
ambientale...per i libri ci vuole il disboscamento. Adesso stiamo
parlando ormai di un vicolo cieco.
Si tratta, in questo caso, di parole che evidenziano un buon grado
di alfabetizzazione digitale da parte dello studente che dimostra
un’ottima capacità di mettere in relazione contenuti, problematiche
e linguaggi diversi. Abilità queste che Rivoltella, come visto in precedenza, individua nel profilo “ideale” dello studente 2.0. Tuttavia
non tutti i ragazzi interpellati sono sembrati attratti dalle forme di apprendimento legate ai nuovi media, anzi ci sono stati alcuni giovani
che hanno rivelato di sentirsi più a loro agio con i libri tradizionali.
Secondo me solo per le lingue (internet) può servire. Per vedere
filmati, ascoltare canzoni.
Però ho bisogno del libro per studiare, la lavagna nera va bene.
Non sento il bisogno di altre tecnologie.
Se si considera che nella maggior parte delle scuole le lezioni e le
attività didattiche vengono sviluppate secondo modalità lineari, topdown, legate a paradigmi apprenditivi consolidati e tecnologicamente poveri, si può anche comprendere come non sia così scontato che i
giovani studenti vivano con entusiasmo la presenza di nuove medialità a scuola. L’abitudine, magari sviluppata sin dalla scuola primaria, ad impegnarsi in didattiche lineari e analogiche può portare gli
studenti a sentirsi a proprio agio solo con libri di testo tradizionali e
con lavagne nere e, contestualmente, a percepire il mondo del web
198
come qualcosa di legato soltanto ai momenti di svago.
Una scuola che voglia integrare le nuove tecnologie all’interno di
processi formativi deve assolutamente sviluppare le proprie capacità
progettuali relative alla media education, considerando l’uso delle
nuove tecnologie non come un elemento aggiuntivo alla didattica
tradizionale ma come qualcosa di contestuale ad essa. Tuttavia tale
processo sarà possibile solo con un impegno istituzionale teso ad
investire in risorse economiche (attrezzamento delle scuole con strumenti digitali) ed umane (aggiornamento professionale dei docenti).
Solo così si potrà arrivare ad un quadro meno frastagliato e disorganico dei risultati raggiunti dall’educazione mediale nelle pratiche
scolastiche. Uno sviluppo della media education inoltre potrebbe
aiutare a colmare tra i giovani sia il divario digitale, esistente tra
ragazzi che hanno facile accesso alla rete e quelli che per motivi di
carattere socioeconomico non hanno la stessa fortuna, sia il divario partecipativo tra studenti che hanno sviluppato autonomamente
buone competenze nell’interazione con il web e quelli che devono
ancora maturare un giusto senso critico. Non si dimentichi, infatti,
quanto sia importante un buon apporto della media education affinché i giovani sviluppino un forte senso di cittadinanza e comprendano l’importanza di una partecipazione attiva alla vita comunitaria. I
nuovi media, come visto, offrono enormi possibilità in tale direzione,
a patto che vi sia la capacità da parte delle agenzie formative di sfruttare le tecnologie digitali nell’attuazione di dinamiche educative. Se
nei contesti formali e non formali si realizzeranno positivi interventi
educativi nell’ambito della formazione mediale, si potrà auspicare,
per le nuove generazioni, lo sviluppo di una buona alfabetizzazione
digitale che tocchi anche il tema dell’apertura ad altre culture.
Utili indicazioni, in tal senso, possono arrivare dalla stessa popolazione studentesca. Nelle interviste, ad esempio, è stato chiesto agli
studenti come utilizzerebbero le nuove tecnologie a scuola e sono
venute fuori interessanti proposte come questa:
199
Penso che debba essere registrata ogni parola dei docenti, ogni
parola è importante e poterla sentire tante volte sarebbe importantissimo se si usassero i social media per questo. Se fossi il dirigente, più che lavagne luminose farei fare dei video da pubblicare
sui social network. Una sorta di biblioteca virtuale.
Dal momento che la cultura digitale, come visto, è una cultura fondamentalmente partecipativa, potrebbe essere davvero positivo per i
docenti raccogliere le proposte degli studenti in materia di educazione mediale. Un’attività didattica condivisa e co-costruita tende a favorire la formazione di giovani studenti 2.0 in grado di rappresentare,
in modo positivo, nuove forme di cittadinanza, attive e responsabili.
200
Riferimenti bibliografici
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201
202
7. Report Regionale Piemonte
M.C. Giorda, M. Stranisci, L. Bossi
7.1,3,4,5,6,7,8: M. Stranisci
7.2: M.C. Giorda
7.9,10: L. Bossi
7.1 Introduzione: il contesto regionale
Il contesto territoriale piemontese è contraddistinto da tre aspetti
principali:
Un’alta percentuale di famiglie che posseggono tecnologie ICT e
connessione a banda larga.
Un’alta percentuale, rispetto al numero di abitanti, di utenti connessi
a internet quotidianamente.
Un uso di internet da parte dei due generi, che si attesta a livello della
media nazionale.
Dal rapporto Istat Cittadini e nuove tecnologie (20/12/2011), riferito
all’anno 2011, emerge un divario marcato tra l’area centrosettentrionale e il sud d’Italia per quanto riguarda il possesso di tecnologie ICT
e l’accesso a internet:
Le famiglie delle regioni del Centro e del Nord Italia si confermano maggiormente equipaggiate con beni e servizi ICT. Il personal
computer, ad esempio, è ormai disponibile in oltre il 61.0% delle
famiglie del Centro e del Nord e solo nel 53.0% delle famiglie residenti nelle regioni del Sud e nel 54.2% delle Isole. Analogamen-
203
te, nel Centro Nord si riscontra la quota più elevata di famiglie
che dispongono di un accesso a internet (oltre il 56.0%, contro
il 48.6% nel Sud) e di una connessione alla banda larga (circa
il 49.0%), mentre nel Sud la quota di famiglie scende al 37.5%
(Cittadini e nuove tecnologie, 2011, p. 6).
Se in Italia la media di persone che posseggono il personal computer
è del 58.8% sul totale della popolazione, la forbice tra “Centro-nord”
e “Sud e isole” si aggira intorno agli 8 punti percentuali. Un simile
divario è confermato anche dal numero di famiglie che posseggono
internet. Questo scarto non è imputabile soltanto a deficit tecnologici. Ad esempio, sono solo il 5.6% le famiglie italiane con almeno un
minorenne che non si connettono da casa per assenza di connessione
a banda larga. Il 35.7% di queste invece, non possiede internet o per
incapacità d’utilizzo o perché lo ritiene uno strumento inutile, mentre
l’alto costo degli strumenti tecnologici e della connessione è il motivo che adduce il 46.5% delle famiglie senza internet a casa. Il 4.4%
infine, non accede per questioni di privacy e di sicurezza. L’assenza
di una correlazione forte tra la presenza della connessione a banda
larga nel proprio territorio e l’accesso a internet è confermata nel
caso del Piemonte che, pur presentando un divario digitale del 7.8%
(fonte: http://www.sviluppoeconomico.gov), maggiore rispetto a Puglia (1.4%), Sicilia (2.6%), Campania (3.8%) e Sardegna (2.9%), fa
parte di un’area territoriale, “Il Nord-ovest”, contraddistinta dal 57%
di famiglie con internet. Questa caratteristica è confermata dai rapporti sul mensili pubblicati da Audiweb, “organismo super partes che
rileva i dati di audience di internet in Italia, offrendo al mercato dati
obiettivi, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del
mezzo” (http://www.audiweb.it). I dati forniti da questo organismo
riguardano l’uso effettivo delle tecnologie informatiche da parte degli utenti. Bisogna infatti distinguere tra utenti connessi a internet,
ovvero coloro che hanno accesso potenziale al medium, utenti attivi
mensilmente, che cioè si collegano per almeno un secondo durante
204
il periodo di rilevazione, e utenti attivi nel giorno medio rilevato,
fruitori per almeno un secondo del mezzo nel giorno medio rilevato.
Nell’ultimo report pubblicato, relativo al mese di giugno 2012, il
primi sono 40.457.000, i secondi 28.296.00, i terzi 14.083.000. Se si
considera soltanto l’ultima delle tre tipologie di rilevazioni, ci si accorge di come la forbice tra aree geografiche sia meno aperta rispetto
ai dati Istat. Come mostrato nel Grafico 1, l’intera area “Nord-ovest”
(Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria) che rappresenta il
28.4% degli utenti attivi in Italia, si colloca soltanto dietro l’area
“Sud e Isole” (Abruzzo Molise, Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) in cui vive il 30.7% degli utilizzatori totali.
Se si considera il rapporto tra utenti attivi e numero di abitanti per
area geografica, allora il “Nord-Ovest” si posiziona al vertice di questa classifica con una percentuale del 27.3% (2.202 connessioni su
8.369 abitanti), mentre l’area “Sud e Isole” scivola all’ultimo posto
con il 21.8%. Il divario del 5.5% è comunque meno marcato rispetto
alle percentuali Istat sull’accesso a internet (57.0% nel “Nord-Ovest
contro il 49.0% dell’Italia insulare e il 48.6% dell’Italia meridionale).
Utenti attivi nel giorno
medio (.000)
% sugli utenti attivi*
nel giorno medio
Popolazione di
riferimento (.000)
4.005
28,4%
14.663
% utenti attivi sulla
popolazione di
riferimento
27,3%
344
2,4%
1.386
24,8%
Lombardia
2.564
18,2%
9.358
27,4%
Piemonte Valle d'Aosta
1.097
7,8%
3.919
28,0%
Sud e Isole
4.324
30,7%
19.855
21,8%
Abruzzo Molise
336
2,4%
1.377
24,4%
Basilicata
152
1,1%
610
24,9%
Nord Ovest
Liguria
Calabria
372
2,6%
1.861
20,0%
1.147
8,1%
5.162
22,2%
Puglia
817
5,8%
4.004
20,4%
Sardegna
514
3,6%
2.032
25,3%
Sicilia
987
7,0%
4.809
20,5%
Campania
205
L’utente attivo per giorno medio è l’unico tipo di rilevazione che,
inoltre permette di effettuare una comparazione tra livello nazionale
e regionale e di suddividere i dati in base al genere. Non è infatti,
presente nei rapporti Audiweb il dato degli utenti attivi mensilmente
suddivisi per regione.
Nel giugno 2012 sono 1.097.000 gli utenti piemontesi attivi nel giorno medio, un incremento di 68.000 unità rispetto al mese di giugno
dello scorso anno. Con questi numeri il Piemonte insieme alla Valle d’Aosta si attestano al quarto posto tra le regioni italiane con un
maggior numero di utenti attivi nel giorno medio, dietro Lombardia
(2.564.000), Lazio (1.174.000), e Campania (1.147.000). Analizzando invece regione per regione, il rapporto utenti/popolazione si può
notare che il Piemonte, con il 28.0% di accessi nel giorno medio, si
trova al terzo posto dietro Trentino Alto Adige (32.3%) e Umbria
(29.9%), superando per la prima volta la regione Lombardia, che invece totalizza il 27.4% di connessioni. Nel Grafico 1 si può notare
come nel periodo da giugno 2011 a giugno 2012 la percentuale di
utenti attivi in Piemonte Valle d’Aosta (colonna E) sia costantemente
al di
sopra della media nazionale (colonna F), con un’oscillazione
35,00%
che varia dallo 0.7% di agosto 2011 a 2.7% di maggio 2012.
30,00%
25,2%
24,6% 24,1%
25,00%
23,8%
20,00%
22,3%
25,9%
26,7%
20,3% 23,5% 24,0% 24,5%
25,1% 25,6%
23,2%
24,4%
27,3% 27,4% 27,5%
25,2% 25,1% 25,1%
28,7%
28,0%
26,0% 25,6%
Colonna E
Colonna F
19,6%
15,00%
10,00%
5,00%
0,00%
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
giugno 2011-2012
Grafico 1: Percentuale di ‘utenti attivi nel giorno medio’ in Piemonte rispetto alla media nazionale (fonte: http://www.audiweb.it)
206
Sono 609.000 gli uomini piemontesi attivi nel giorno medio rilevato, 480.000 le donne. Nella più ampia area “Nord-ovest” gli uomini
sono 2.192.000 e le donne 1.812.000. In valori percentuali, però le
donne rappresentano il 28.9% della rilevazione nazionale, mentre gli
uomini si attestano al 28%. In Piemonte e Valle d’Aosta entrambi
i generi rappresentano il 7.8% dei rispettivi totali. Nell’area “Sud
e Isole” gli uomini attivi nel giorno medio rilevato sono maggiori
rispetto alle donne sia in termini assoluti (2.407.000 – 1.917.000) sia
in termini percentuali (30.8% – 30,6%). Si nota, attingendo nuovamente al rapporto Istat, che il divario legato al genere si sta progressivamente assottigliando:
Le differenze di genere si vanno attenuando nel tempo: se nel
2005 le donne internaute erano poco più di un quarto (26.9%),
nel 2011 sono quasi la metà (il 46.7%), a fronte di una quota di
uomini pari, rispettivamente, al 37.1% e 56.6%. Fino ai 34 anni
le differenze di genere sono molto contenute e tra i ragazzi di 11
e 19 anni si registra il “sorpasso” femminile. (Cittadini e nuove
tecnologie, 2011, p. 1)
7.2 La ricerca in Piemonte: le scuole campione
L’Istituto Tecnico Commerciale Rosa Luxemburg (http://www.
luxemburg.it) nato nel 1977 come Istituto Tecnico Commerciale
(I.T.C.S.), e ora con il riordino rinominato Istituto tecnico Economico Statale (I.T.E.S.) è situato in corso Caio Plinio 6 a Torino, di fronte
alla Stazione Lingotto ed è ben servito da collegamenti ferroviari e
da autolinee urbane ed extraurbane. L’Istituto si trova nel quartiere
Lingotto di Torino, luogo storicamente connotato dalle attività della
Fiat e del suo indotto, e oggi caratterizzato da una popolazione variegata. Ulteriore forte riqualificazione e rinnovamento dell’intero quartiere e dei suoi servizi è dovuta alle recenti opere urbanistiche in oc-
207
casione dei XX Giochi Olimpici invernali del 2006. Oggi l’Istituto è
frequentato da oltre 700 studenti provenienti per oltre il 50% circa da
scuole medie statali ubicate nelle vicinanze, soprattutto Santa Rita,
Lingotto, Mirafiori Nord; il 20.0% da scuole medie statali dei comuni limitrofi (Moncalieri, Airasca, Beinasco, Candiolo, Nichelino),
mentre il restante 12.0% da scuole di vari altri quartieri della città.
La scuola è sensibile all’accoglienza di alunni stranieri e disabili e
valorizza la diversità quale risorsa significativa per la realizzazione
di quei valori di rispetto, tolleranza e cittadinanza che il Collegio dei
Docenti ha indicato come finalità irrinunciabili.
L’Istituto pianifica lo sviluppo di proprie infrastrutture logistiche attrezzature tecnologiche, che attualmente constano in:
--
5 laboratori di informatica, di cui alcuni multimediali, dotati di
PC collegati in rete locale, stampanti, scanner, collegamento a
internet tramite linea ADSL.
-- 1 laboratorio per attività progettuali dotato di PC collegato in
rete e a stampanti.
-- 1 laboratorio linguistico multimediale per l’apprendimento delle
lingue straniere, collegato in rete.
-- 2 laboratori audiovisivi dotati di videoteca, videoregistratori, videoproiettori e antenna satellitare, lettori per diapositive, amplificatori.
-- 2 laboratori di scienze, fisica e chimica.
-- 1 biblioteca con sala lettura/studio con una dotazione di circa
11.000 volumi, riviste di settore e CD rom e PC.
-- 1 aula dotata di lavagna interattiva multimediale (LIM) ed un’altra in fase di allestimento.
Gli assi culturali della scuola sono linguistico, matematico, storico-sociale e scientifico-tecnologico: in particolare, l’asse scientifico-tecnologico viene consolidato dagli apporti specialistici, finaliz-
208
zati a far comprendere anche la continua evoluzione delle normative
e degli standard tecnici, nazionali ed internazionali, operanti a livello
settoriale.
Il Liceo Scientifico Statale Antonio Gramsci (http://www.lsgramsci.
it) nasce ad Ivrea nel 1960. Realtà contraddistinta da una costante attenzione ai bisogni del territorio, il liceo si va profondamente
rinnovando a partire dalle molteplici domande che le trasformazioni
sociali e culturali in atto sollecitano, pur mantenendo una forte caratterizzazione in senso liceale che garantisce: la formazione globale
della persona; la preparazione culturale di base di ampio raggio; l’acquisizione degli strumenti di analisi della realtà nella sua complessità
e di comunicazione; la riflessione critica. Gli studenti provengono
prevalentemente dal distretto 40, distretto di Ivrea, ma, grazie alla
collocazione territoriale più favorevole o alla varietà di indirizzi di
studi attivati, sono numerosi gli studenti provenienti da altri distretti, anche di province limitrofe (Vercelli e Biella). Questo comporta
un notevole pendolarismo, di cui si tiene conto, comunque, nella
programmazione di tutte le attività scolastiche. Il Liceo ospita periodicamente alunni stranieri. Le classi sono 49 di cui 17 del Liceo
scientifico di ordinamento, 15 dell’indirizzo scientifico tecnologico
e Scienze Applicate e 17 degli indirizzi Socio-psico-pedagogico,
Scienze Umane e Economico Sociale.
Il Laboratorio multimediale, dotato di 16 computer (una postazione
insegnante e 15 PC per gli allievi), consente di studiare le lingue
avvalendosi delle nuove tecnologie e di avvicinarsi alle diverse discipline, umanistiche e scientifiche, utilizzando strumenti più moderni. Da ogni postazione è possibile l’accesso ad internet e la comunicazione con il PC Docente. Altri due laboratori di informatica
sono attrezzati con 15 computer e una stampante laser. La dotazione
software permette di svolgere i programmi curricolari di informatica e di costruire elaborati complessi (ipertesti, pagine Web, progetti
con Autocad) anche all’interno delle Aree di Progetto degli indirizzi
209
sperimentali. I computer e le stampanti laser sono collegati in rete
in modo da ampliare le potenzialità del laboratorio attraverso lo
scambio di dati tra postazioni. Da tutte le macchine è anche possibile accedere simultaneamente ad internet. Per lezioni teoriche e
dimostrazioni sono inoltre disponibili 3 video proiettori mobili. La
biblioteca della scuola raccoglie circa 11.000 volumi. Oltre ad ospitare il ricco patrimonio librario della scuola, è utilizzata come aula
studio per gli studenti, come luogo alternativo per lezioni o piccoli
seminari e come centro servizi dotato di 5 PC collegati ad internet.
La rete ha punti di accesso ad internet nei locali dei primi due piani
dell’edificio (laboratori, aule, biblioteca, uffici) e offre la possibilità
di accessi simultanei ad internet ed è particolarmente efficace per
l’utilizzazione didattica di internet in biblioteca e nei laboratori di
informatica e multimediale.
Il Liceo da molti anni è impegnato a consolidare l’introduzione delle
nuove tecnologie sia nella didattica che nella gestione amministrativa. Si è quindi posta una particolare attenzione al potenziamento
tecnologico della scuola e alla formazione del personale. Tale obiettivo viene costantemente perseguito con attività di formazione in
ambito informatico. La scuola, grazie al progetto “Web e Scuola” finanziato dal Miur e dalla Fondazione CRT, ha consolidato l’uso della
rete (internet) sia nello studio delle lingue straniere (inglese) sia nella
comunicazione attiva con le famiglie (sito ufficiale e pagina su Localport). A partire dal corrente a.s. 2010/2011 il Liceo dispone di tre
lavagne interattiva multimediale (LIM), collocate nell’Aula Video e
nei laboratori di informatica.
L’Istituto Tecnico Industriale Camillo Olivetti (http://www.istitutoolivetti.it) viene istituito nell’a.s. 1997/98 in seguito all’aggregazione
tra l’I.T.I.S. Camillo Olivetti e l’I.P.S.I.A. Massimo Olivetti di Ivrea.
L’I.T.I.S. nasce come emanazione del Centro Formazione Meccanici,
la scuola aziendale della Ditta Olivetti, che diventa statale nel 1960.
L’offerta formativa dell’Istituto si adegua alla tendenza alla terziariz-
210
zazione delle attività formative degli Istituti Professionali, attivando gli indirizzi per Operatore e Tecnico delle Telecomunicazioni e
Meccanico-Termico. Nell’ambito della sezione tecnica diurna tutte
le specializzazioni dedicano tempo e risorse alle nuove tecnologie,
in particolare l’indirizzo “informatica e telecomunicazioni” che sia
nel biennio sia nel triennio è volto alla costruzione di un sapere e un
saper fare basato in modo consistente sulle nuove tecnologie e sull’utilizzo e sviluppo delle risorse informatiche. La scuola è un centro
accreditato ECDL (ECDL Center), dove oltre sostenere gli esami, è
possibile seguire corsi di formazione in aula finalizzati al conseguimento della Certificazione ECDL.
Il Liceo Scientifico Galileo Galilei di Alessandria (http://www.scientificogalilei.net) fu istituito nel 1948, mentre dal 1967 occupa l’attuale sede situata in Spalto Borgoglio. A causa del progressivo aumento del numero degli iscritti, alcune classi sono oggi ospitate presso
la sede distaccata di Via Lumelli. Nel corso dell’ultimo decennio il
Liceo Scientifico Galilei, per rispondere alle esigenze formative e
culturali degli studenti in un contesto sociale ed economico profondamente mutato rispetto alle origini, ha progressivamente arricchito
l’offerta formativa, pur mantenendo la continuità di indirizzo che caratterizza l’identità di liceo. sono stati attivati i corsi di sperimentazione in matematica e fisica P. N. I., in matematica ed informatica P.
N. I., in fisica ed informatica P. N. I. e si svolgono attività didattiche
extra curricolari con particolare attenzione all’approfondimento delle materie scientifiche, allo studio delle lingue straniere, agli aspetti
di educazione sociale ed alla salute. Attualmente il Liceo Scientifico Galileo Galiei prosegue con le classi terze, fino alla conclusione
del quinto anno, le quattro opzioni curricolari pre-riforma già attive:
-- Liceo Scientifico Tradizionale, con sperimentazione di storia
dell’Arte
-- Liceo scientifico Tradizionale
-- Liceo Scientifico Con Sperimentazione di Fisica secondo il Pia-
211
--
no Nazionale di Informatica (P.N.I.)
Liceo Scientifico Con Sperimentazione di Matematica secondo il
Piano Nazionale di Informatica (P.N.I.)
L’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta di Alessandria (http://
itis.volta.alessandria.it) è un Istituto principale di II grado. Dotato
di laboratori informatici e aule Lim, l’istituto propone agli studenti
quattro tipologie di corsi di studio:
-- Elettrotecnica
-- Informatica
-- Meccanica
-- Liceo Scientifico Tecnologico
-- Costruzioni Aeronautiche
Il sito dell’istituto presenta caratteristiche molto interessanti. Esso
infatti è connotato da una forte interattività. In particolare, la sezione
dedicata alla didattica è composta da forum moderati dai docenti,
dove vengono inseriti materiali e stimoli per la discussione online
e offline con i ragazzi. Il sito, inoltre, è sincronizzato con un gruppo
di Facebook per raggiungere un più ampio numero di studenti della
scuola.
7.3 Istruzione e media education nelle scuole campione
Le sperimentazioni realizzati all’interno delle scuole campione si
possono suddividere in tre categorie.
Da un lato ci sono una serie di attività realizzate in ambito dei corsi
di informatica, volti alla costruzione da parte degli studenti di infrastrutture per la scuola, per altri enti o inserite in percorsi didattici
multidisciplinari. Dall’anno 2004 gli studenti di informatica del Liceo Giordano Bruno vengono coinvolti nell’allestimento di due la-
212
boratori multimediali che installano il sistema operativo Linux: uno
di questi è stato per cinque anni, fino al 2009, l’aula computer degli
insegnanti. L’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta vanta una
lunga esperienza di progetti didattici multidisciplinari, aventi come
fulcro la realizzazione di siti internet. Nella sezione del sito dedicata, http://itis.volta.alessandria.it/progetti/index.html, è possibile consultare lo storico di queste sperimentazioni. Il primo progetto risale
all’anno scolastico 1996/1997. Il valore didattico di queste iniziative
è molto alto, se si considera l’assenza, in quegli anni, di servizi di
hosting come Wordpress. Il sito della scuola, inoltre, denota una forte attenzione da parte della scuola alla partecipazione online dello
studente. Le lezioni di informatica sono contraddistinte da un’impostazione didattica costruttivista. Ogni anno, parte del programma di
quinta superiore consiste nell’allestimento e nella manutenzione del
laboratorio di informatica Linux. Nell’Istituto Olivetti sono state realizzate diverse sperimentazioni basate sull’ipotesi di offerte di servizi
a enti esterni. Tra queste la realizzazione di un software per la gestione di un campo accoglienza, la realizzazione di un sito per un asilo
nido (progetto Asilo Nido Peter Pan), la progettazione di un modello
di pannello solare mobile gestito con Arduino (progetto Girasole) e
la costruzione e somministrazione di un questionario agli studenti
delle scuole di Ivrea nell’ambito di un concorso indetto dall’Istituto
Nazionale di Statistica.
Una seconda categoria riguarda l’uso da parte dei docenti di software
dedicati alla didattica. Due esempi di queste sperimentazioni sono:
Scratch, linguaggio di programmazione semplificato sviluppato dal
Lifelong Kindergarten Group dei Media Lab del MIT che permette di
creare storie interattive, animazioni, giochi, musica, arte e Geogebra,
applicazione per lo studio di algebra e geometria che permette di
disegnare forme geometriche e grafici di funzioni e di modificarli in
tempo reale. Nel piano per l’offerta formativa del Liceo Gramsci di
Ivrea è sottolineata la scelta, da parte della scuola, di far partecipare
i propri docenti a corsi di formazione sull’uso della multimedialità
213
nella didattica.
Una terza categoria riguarda le sperimentazioni relative all’uso di
tablet e portatili in classe. Tra le scuole coinvolte nella ricerca soltanto il Liceo Galilei ha avuto la possibilità, grazie ad un finanziamento,
di dotare una classe delle tecnologie necessarie allo sviluppo di un
percorso di questo genere. Riportiamo dal Piano dell’Offerta Formativa la descrizione del progetto:
L’attenzione alle nuove tecnologie da parte del Liceo Galilei è
esplicita nel progetto: “Sperimentazione didattica delle tecnologie di informazione e comunicazione” [...] Il progetto si propone
di sperimentare l’efficacia delle TIC nei processi di insegnamento
e apprendimento relativi a un ristretto gruppo-classe del Liceo
Scientifico Statale Galilei di Alessandria. L’idea è di fornire in
uso a ciascun alunno della classe un tablet per la gestione quotidiana dei compiti di apprendimento scolastici, in particolare per
gli insegnamenti di Matematica e Fisica, Filosofia e Storia, Lingua e Letteratura Inglese. Gli insegnanti di queste discipline predispongono materiali didattici appositamente concepiti per questo
uso. Grazie alla memoria della tavoletta digitale, gli studenti possono avere con sé, sempre a disposizione in aula e a casa, tutti i
materiali didattici in formato digitale. Dai propri tablet studenti
e docente possono collegarsi alla rete internet con facilità, senza
doversi trasferire nell’aula di informatica. Il progetto ha diverse
finalità.
La diffusione commerciale di questo tipo di supporto informatico
permette di sperimentare, in una situazione controllata, la possibilità di fare scuola con le nuove tecnologie digitali. Naturalmente non si tratta di eliminare i libri: il libro a stampa rimane
lo strumento essenziale, centrale e indispensabile della cultura.
Resta la necessità di verificare se una modalità di interazione docenti-studenti mediata attraverso le TIC sia più o meno efficace di
un’interazione didattica tradizionale.
214
Permette di verificare con precisione i risultati dell’intervento didattico, per vagliare la possibilità di impiegare, in futuro, analoghe modalità di insegnamento con gruppi-classe più numerosi.
Un’ultima finalità riguarda più direttamente gli alunni: il sistema scolastico italiano dedica molta attenzione e molte risorse agli
studenti in difficoltà, e non altrettante ai “capaci e meritevoli” che
rischiano spesso di essere trascurati. Questo progetto è rivolto ad
un gruppo di studenti seri e motivati, offrendo loro un ambiente
di apprendimento interessante e coinvolgente, in grado di valorizzare la loro curiosità intellettuale.
7.4 Vivere in rete o i giovani e la rete
Chiedersi come sia strutturata la vita online dei giovani non è una
domanda banale. Molto spesso, infatti, si rischia di rispondere ad
essa in modo semplicistico. Durante i focus group realizzati nelle sei
scuole piemontesi si è cercato di strutturare questa riflessione in quattro sotto temi: due di questi (trattati contemporaneamente) riguardano i tempi e le modalità d’utilizzo del medium (1); un terzo aspetto
riguarda la tipologia di attività che i ragazzi svolgono su internet (2);
il quarto aspetto, infine, elenca e analizza i siti effettivamente visitati
dai partecipanti del focus group (3). Una domanda che occuperà in
modo trasversale l’intero capitolo riguarda il modo in cui i giovani attingono e producono informazione su internet. Se infatti, nella
prossima sezione ci si occuperà di analizzare gli aspetti relazionali
della vita in rete (v. 7.5), in questa si darà conto di come e quanto la
fascia d’età oggetto della ricerca dedica tempo della sua vita online.
1
Come emerso dal capitolo dedicato all’analisi quantitativa, ormai è
raro incontrare studenti che non abbiano la possibilità in termini tec-
215
nologici di connettersi con una frequenza quotidiana. Dei 596 ragazzi
a cui è stato somministrato il questionario, il 97.1% dichiara di possedere internet a casa. Assumendo quindi, che per il nostro campione
il digital divide sia pressoché nullo è interessante analizzare più nel
dettaglio i tempi di connessione e il modo in cui i differenti supporti
per la navigazione influenzino lo stare online dei ragazzi. Gli studenti
del Liceo Scientifico Giordano Bruno, del Liceo Scientifico Gramsci
e degli Istituti Tecnici Galilei e Olivetti dichiarano di stare on line per
un periodo di tempo che oscilla tra una e due ore giornaliere. I ragazzi del Liceo Scientifico Volta e dell’Istituto Tecnico Rosa Luxemburg
invece, ammettono di connettersi per un periodo di molto superiore. I
primi dicono di stare su internet tra le quattro e cinque ore al giorno,
mentre i secondi generalmente oscillano tra le tre e le quattro ore. Le
risposte, però non sono omogenee in tutti i focus group. Un esempio
di partecipanti alla discussione che stanno al di fuori della media di
ore dichiarate è tratto dall’Istituto Galilei:
A casa mia il computer è acceso otto ore su ventiquattro, perché
uso internet per scaricare e quando lo utilizzo, circa due ore massimo tre al giorno, lo uso anche per chattare su Facebook e uso la
connessione dell’X-box.
È interessante notare come venga sottolineata una sorta di connessione passiva su internet, determinata dal download di musica e film da
parte del ragazzo e dall’uso delle modalità online di alcuni videogiochi. In questo caso internet anziché essere uno spazio comunicativo
in cui il ragazzo è inserito, assume un valore strumentale all’ottenimento di beni oppure ludico. Quest’ultimo caso fa spesso lievitare i
tempi giornalieri di connessione, anche se spesso non sono percepiti
come momenti di effettiva “vita” online. Molti partecipanti ai focus
group hanno, infatti escluso dal computo di ore totale le attività di
questo genere. Un altro fenomeno che determina la percezione di
stare in rete per un tempo maggiore (e che sembra spiegare i picchi
216
di quattro/cinque ore giornaliere) è l’intermittenza delle connessioni.
Alcuni partecipanti, soprattutto quelli in possesso di uno smart phone,
dichiarano di essere sempre online, perché ricevono continuamente
input dai social network a cui sono iscritti (attraverso le notifiche)
e perché hanno la possibilità di connettersi ovunque grazie alla rete
del proprio telefono. La moltiplicazione degli schermi a disposizione
dell’utente comporta secondo Rivoltella (2006) una trasformazione
“delle modalità attraverso cui i soggetti si appropriano del sapere. La
moltiplicazione degli schermi […] comporta sia una crescita esponenziale dell’informazione disponibile che un venir meno dei punti
di vista centrali.” (ivi, p. 220). Questa modalità di accesso al sapere
attraverso l’uso della rete permea anche le abitudini di chi possiede
soltanto una postazione fissa nella propria abitazione, tendenza che
porta con sé problematiche da non ricondurre soltanto a semplici distrazioni dallo studio. “Moltiplicare i punti di accesso al sapere, se
da una parte aumenta la probabilità di adeguare gli stili cognitivi dei
soggetti, dall’altra ne produce una continua dislocazione […] compromettendo l’unità di quanto viene rappresentato e rendendo perciò
più difficile la navigazione tra le informazioni.” (ivi, p. 221).
2
Le attività che i ragazzi dichiarano di svolgere su internet appaiono
in contrasto con il report redatto dall’Istat (Cittadini e nuove tecnologie, 20/12/2011). Secondo l’Istituto nazionale di statistica:
Comunicare scambiandosi messaggi di posta elettronica si conferma la principale attività svolta in rete. L’80.7% delle persone di
6 anni e più che si sono collegate a internet negli ultimi tre mesi lo
hanno fatto prevalentemente per spedire e ricevere e-mail (Figura
4). Al web ci si rivolge, inoltre, in quanto fonte di informazioni e
conoscenza, sia per acquisire notizie su beni e servizi commerciali (68.2%), sia per documentarsi su temi di attualità, consultando,
217
leggendo o scaricando giornali, news e riviste (51.0%). (Cittadini
e nuove tecnologie, 2011, p.15).
Soltanto durante il focus group realizzato al Gramsci i ragazzi hanno
esplicitamente detto di usare internet per inviare e ricevere e-mail.
Lo stesso vale per la lettura di quotidiani. Gli studenti che abitualmente consultano la versione web di una testata giornalistica sono
pochi, molti di più (pressoché la totalità) usano internet per ricerche
di informazioni ad hoc. Si tratta molto spesso di notizie apprese da
altri media e verificate online. Da una delle interviste etnografiche
realizzate al Giordano Bruno emerge nello specifico questo aspetto:
Sì. A volte capita che mi informi cercando notizie che magari ho
letto o sentito precedentemente sui telegiornali o sui quotidiani;
sulle agenzie di informazione per avere una versione più oggettiva e meno manipolata dell’informazione. Il telegiornale a volte
mi capita di ascoltarlo. Ma se sono davanti alla televisione e passano determinate notizie cerco sempre di prenderle con una certa
distanza, cercando di valutarle per quello che secondo me sono.
E poi magari eventualmente informandomi dopo, piuttosto che
prendere per oro colato quello che mi si dice.
Si avverte in queste parole una differenza fondamentale tra i due
medium. Se la televisione appare come strumento di comunicazione
capace di trasformare fino a manipolare l’informazione, internet è
considerato uno strumento dove poter ottenere informazione oggettiva. Si può ipotizzare che questo giudizio sia dovuto alla differente
natura dei due strumenti di comunicazione:
Per capire gli sviluppi della tecnologia bisogna anche considerare
come essa è usata per produrre mezzi di comunicazione. Vi sono
due grandi opzioni sistemiche, ben note e discusse nella lettera-
218
tura. Le stesse tecnologie possono essere usate per mezzi broadcasting dove gli emittenti sono pochi (al limite uno), i riceventi
molti e la comunicazione è formalizzata in generi e palinsesti;
oppure a networking dove ogni ricevente è anche un emittente.
(Volli 2008, p. 201).
Il web, che può essere considerato uno strumento intermedio “dove
il broadcasting è mediato da opinion leaders locali, che comunicano
con la loro audience locale per lo più a networking” (Volli 2008, p.
201), è percepito dallo studente intervistato un ambiente comunicativo in cui costruire in autonomia il proprio “palinsesto”.
3
Il giudizio di valore positivo attribuito alla qualità dell’informazione
su internet dovrebbe correlare, passando da una riflessione generale
sul medium a un’indagine specifica su quali siti e applicazioni vengano utilizzati, con un’ampia varietà di pagine visitate. Si rileva al contrario, un numero esiguo di siti consultati. Nessuno dei partecipanti
al focus group dice di usare come fonte di informazione i cinque
blog italiani con il ranking più alto nell’analisi realizzata da Vincenzo Cosenza (http://vincosblog.it): Il Post, Manteblog, Piovono Rane,
Wittgenstein, Beppe Grillo. Allo stesso modo emerge, nonostante il
cospicuo numero di social network presenti in rete, l’uso prevalente
fino quasi a essere esclusivo di Facebook (v. 7.5). Ciò può essere
interpretato come una mutazione delle dinamiche di ricerca dei contenuti online da parte dell’utente. La modalità d’uso “navigazionale”,
che comprende le ricerche orientate all’ottenimento di informazioni
su argomenti circoscritti, si è progressivamente trasformata:
Le query [le domande] ai motori di ricerca diventano a un tempo
più generiche e astratte: sono meno collegate a siti specifici, ma
si presentano come domande relative a un topic, un argomento.
219
L’obiettivo dell’utente non è quello di arrivare a un “sito” preciso,
ma di ottenere informazioni riguardo a un tema. (Monaci 2008,
pp. 32-33).
L’esiguo numero di siti che i ragazzi dichiarano di utilizzare può essere spiegato dal fatto che “l’interfaccia della ricerca si sta lentamente sovrapponendo alla rete stessa fino a identificarsi con essa”
(Monaci 2008, p. 34). Il processo di sovrapposizione dei motori di ricerca alla rete è risultato ben evidente durante la ricerca quantitativa.
Durante la somministrazione dei questionari online è infatti emersa
nei ragazzi la tendenza a utilizzare i motori di ricerca anche avendo
l’indirizzo completo a disposizione. Sebbene, infatti, l’url del sito da
cui scaricare il questionario fosse scritto alla lavagna, molti lo hanno
digitato interamente nello spazio per la ricerca in alto a destra, ormai
integrato in tutti i browser principali.
L’elenco che segue riporta, indicizzati per tipologia, i siti che i ragazzi hanno dichiarato di utilizzare durante i focus group:
--
--
Social network: Facebook è, tra i social network, quello più citato. Un’unica ragazza afferma di possedere un profilo su Twitter,
altri tre dichiarano di aver avuto un account su Netlog, ma lo
giudicano negativamente e considerano un’esperienza conclusa
le loro attività su questo sito. In alcuni casi emerge una sorta di
confusione su quale sia il significato di social network. Alcuni
ragazzi ad esempio annoverano Skype, software di messaggistica Voip, tra i servizi di questo tipo. Un ultimo sito citato dai ragazzi e che possiede alcune caratteristiche riconducibili ai social
network è Yahoo Answers!, anche se soltanto uno studente del
Giordano Bruno ha fatto riferimento a esso come tale, alludendo
all’aumento del ranking da parte dell’utente. Altri invece lo utilizzano come semplice motore di ricerca.
Siti di informazione: come già scritto, non sono molti i partecipanti del focus group che hanno detto di seguire con costanza
220
--
---
--
---
i quotidiani sul web. Sono spesso generici i riferimenti a quali
siano le testate online letti dai ragazzi. Una studentessa del Liceo
Scientifico Gramsci cita LaStampa.it, mentre una ragazza del Liceo Scientifico Galilei afferma di tenersi aggiornata attraverso le
notizie “ultim’ora” del sito SkyTg24. Altri, nonostante dichiarino di usufruire spesso dei servizi di informazione online, non
specificano alcun sito in particolare. Un ultimo gruppo di studenti, in prevalenza appartenenti all’istituto Olivetti, dichiarano di
seguire i blog dei quotidiani sportivi.
Servizi di streaming: la maggior parte degli studenti afferma di
guardare video in streaming, nonostante la chiusura del servizio
Megavideo, avvenuta pochi mesi prima lo svolgimento dei focus
group. Diverso è il caso di Youtube, connotato da una doppia
funzione. Esso infatti, da un lato raccoglie video in streaming,
dall’altro possiede tratti di interazione tipici dei social network,
particolarmente sviluppati nell’ultimo anno.
Giochi online: anche in questo caso gli studenti non fanno riferimento a siti specifici, ma in generale all’attività svolta.
Forum: il ricorso a questi strumenti appare di nicchia tra i ragazzi dei focus group, confermando lo slittamento dalla ricerca di
un sito specifico alla ricerca di un argomento astratto. Ad esempio uno di questi, studente dell’Istituto Olivetti, frequenta forum
dove può trovare tutorial sul linguaggio di programmazione informatico.
Motori di ricerca: Google è il più utilizzato. Non è propriamente un motore di ricerca Wikipedia, enciclopedia user generated
content. Nessuno dei ragazzi che hanno partecipato al focus
group ha, però affermato di aver modificato voci all’interno di
questo sito.
Servizi per gli studenti: si tratta in questo caso di dizionari online
e piattaforme dove poter trovare traduzioni, tracce per i temi, etc.
(http://studenti.it, http://splash.it...).
Instant messaging: in questo ambito i tre strumenti più cita-
221
ti sono Skype, MSN messenger e WhatsApp, applicazione per
smartphone.
Dalla lista appena citata emerge una maggiore caratterizzazione di
due tipologie di utilizzo: l’uso ‘ludico’ del medium (giochi online,
streaming) e gli strumenti orientati alla costruzione di relazioni interpersonali (social network, instant messaging). Collegata alla prevalenza di attività relazionali e ludiche in rete, emersa dai focus group,
è la contemporanea scarsa produzione di contenuti in rete da parte loro. Essi, infatti, dichiarano di non possedere un blog e di non
contribuire in prima persona alla diffusione di notizie online, se non
all’interno dei social network a cui sono iscritti. La questione non si
presta a conclusioni univoche. Questa tendenza, infatti, può essere
interpretata sia come un mancato sfruttamento delle potenzialità a
disposizione dei ragazzi, sia come un’ulteriore mutazione delle forme di diffusione dei contenuti in rete. Paul Boutin in un articolo pubblicato su Wired ipotizza che il social network sia uno strumento più
adatto all’utente singolo rispetto al blog:
Thinking about launching your own blog? Here’s some friendly
advice: Don’t. And if you’ve already got one, pull the plug. Writing a weblog today isn’t the bright idea it was four years ago.
The blogosphere, once a freshwater oasis of folksy self-expression and clever thought, has been flooded by a tsunami of paid
bilge. Cut-rate journalists and underground marketing campaigns
now drown out the authentic voices of amateur wordsmiths. It’s
almost impossible to get noticed, except by hecklers. And why
bother? The time it takes to craft sharp, witty blog prose is better
spent expressing yourself on Flickr, Facebook, or Twitter. (Boutin, 22/10/2008).
La nascita di nuovi servizi come Tumblr, che presentano caratteristi-
222
che sia dei social network sia dei blog, mette in luce la fluidità delle
dinamiche in rete, anche sei dai focus group con gli studenti non è
emersa la tendenza alla sperimentazione costante di nuovi strumenti.
7.5 Social network e dinamiche di relazione
Prima di analizzare quanto è emerso dai focus group sulle dinamiche
di relazione in rete, è necessario esplicitare due premesse che guideranno l’intera sezione e, soprattutto, porranno le basi per mettere in
luce le problematiche emerse trattando il tema della rete come strumento per la conoscenza di altre culture:
1. Nel linguaggio dei ragazzi emerge infatti, un uso del termine Facebook come sineddoche della più ampia categoria dei social
network. Questo slittamento semantico non è neutrale. Esso, oltre a influenzare il gergo utilizzato per riferirsi alle proprie attività (ad esempio l’uso del termine “amico” il luogo della parola
“contatto”, che possiede un’accezione più neutra), le modella
imponendo l’uso di determinati strumenti piuttosto che altri. Ciò
che è emerso dai focus group è quindi, prevalentemente una discussione sul modo che i ragazzi hanno di stare su Facebook.
Altri servizi o sono marginali, o sono sconosciuti, o rappresentano una “vita digitale” ormai passata. Se si ipotizza che, come
i motori di ricerca (v. 7.4), i social network si siano sovrapposti
alla rete come servizio di mediazione tra web superficiale e web
profondo, fornendo un’indicizzazione dei contenuti fruiti dai ragazzi, allora il fatto che Facebook sia utilizzato come servizio
di social networking prevalente da parte loro è un dato di cui
tenere conto, soprattutto perché questo strumento caratterizza in
modo peculiare le modalità con cui gli utenti veicolano i propri
contenuti.
2. La percezione del web come surrogato della vita reale emerge
costantemente dalle discussioni nei focus group. I ragazzi, nel
223
valutare le proprie esperienze in rete, difficilmente escono al
di fuori del nesso virtualità/realtà, conferendo al primo dei due
termini di questa antinomia un valore negativo, illusorio. Però,
come spiega Levy (1997), questa contrapposizione non permette
di analizzare in profondità il concetto di virtualità:
Generalmente, la parola virtuale viene utilizzata per significare l’assenza di esistenza pura e semplice, dal momento
che la “realtà” implicherebbe una effettività materiale, una
presenza tangibile. […] Come vedremo più avanti, questo
approccio contiene una parte considerevole di verità, ma è
decisamente troppo rozzo per costituire il fondamento di una
teoria generale. […] Il virtuale è come il complesso problematico, il nodo di tendenze e di forze che accompagna una
situazione, un evento un oggetto o un’entità qualsiasi, e che
richiede un processo di trasformazione: l’attualizzazione
(Levy 1997, pp. 5-6).
La virtualità così concepita non è semplice derealizzazione, ma una
caratteristica immanente all’esistere, un modo di scavare “pozzi di
senso al di sotto della piattezza della presenza fisica” (Levy, 1997,
p.2). Dalla discussione con i ragazzi emerge costantemente una concezione svalutativa del web quando si affronta il tema su un piano
generale, mentre quando la questione si affronta a un livello più dettagliato, toccando i temi dell’identità digitale, del valore attribuito
ai contatti, allora dalla discussione emerge una concezione del social network concreta, centrale per i ragazzi. Per tornare al lessico di
Levy, i partecipanti alla ricerca sembrano consci di quanto gli spazi
digitali che ‘abitano’ si attualizzino nelle loro vite quotidiane.
La sezione, che prenderà le mosse da queste due premesse, si articolerà in quattro passaggi: in primo luogo si analizzerà il tema dell’identità online dei ragazzi, mettendolo in relazione con l’antinomia
realtà/virtualità (1), ci si soffermerà, poi sul ruolo centrale delle re-
224
lazioni online nella vita digitale dei ragazzi (2) e il valore che attribuiscono ai loro contatti (3). Si toccherà, infine, il tema dello stile
comunicativo dei ragazzi sui social network (4).
1
La prima caratteristica che colpisce delle discussioni è una contrapposizione tra una concezione svalutativa (emersa con frequenza) dello stare online, basata sull’antinomia realtà/virtualità e, contemporaneamente, un alto valore attribuito dai ragazzi all’essere se stessi su
internet. È interessante citare, a questo proposito, la percezione di
uno dei partecipanti al focus group:
Bisogna saper dividere le due cose, essere coscienti che è tutto
falso, è facile alterare la propria identità. Uno sa che non è vero,
punto e basta.
Riflessione che trova conferma nel modo in cui i ragazzi descrivono
i propri stati d’animo in rete. Per loro infatti questi, sovente, non corrispondono a quelli della vita reale. Uno degli studenti dell’Istituto
Olivetti di Ivrea spiega:
Chattando spesso mostri delle emozioni che non stai provando,
ma non è detto che siano finte. Le emozioni sono solo meno intense rispetto alla vita reale.
Un altro spiega che ciò che prova su internet dipende dalla vita reale.
Ancora, riferendosi ai propri stati d’animo mentre si naviga, alcuni
di loro spiegano che internet è un ripiego rispetto ad altri impegni e
che, in presenza di altre attività non si connetterebbero. Un ulteriore
aspetto sottolineato dai ragazzi è che i social network sono una “perdita di tempo”:
225
Internet è virtuale, non lo vivi sulla pelle. Divertimento è fare
un giro con gli amici non stare davanti al computer. Su internet
scrivi e basta, la parola, la gestualità e le espressioni facciali sono
meglio. Molto spesso capita di ‘scrivere’ una risata, ma non ridi.
Da altre opinioni emerge una polarizzazione tra una vita passata
in cui le relazioni si sviluppavano in luoghi d’incontro fisici come
la piazza, mentre oggi il punto di ritrovo tra persone sia il social
network. Questo aspetto è considerato dai ragazzi una deriva negativa. Intrattenere rapporti online non ha lo stesso valore che farlo di
persona. Uno studente del Liceo Galilei aggiunge che le due tipologie di relazioni possono convivere tra loro, a patto che sia chiara la
subordinazione dei rapporti digitali rispetto a quelli reali. L’antinomia reale/virtuale viene, però meno quando la discussione nei focus
group si sposta sulle modalità specifiche con cui i ragazzi vivono
la rete. In quel caso emerge da parte loro l’importanza di essere se
stessi online. Il web quindi diventa un ambiente comunicativo in cui
il mantenimento della propria identità è un aspetto fondamentale e il
tema della discussione si sposta verso una nuova questione, ovvero
come attualizzare il proprio sé sul web (nel cyberspazio, cf. Levy
1997, pp. 25-41). Internet, secondo quasi tutti i partecipanti al focus,
può influire in negativo sulla possibilità di essere sinceri. Dimostrare
una certa rispondenza tra la propria identità davanti allo schermo e
nelle relazioni faccia a faccia è indice della bontà d’intenti dell’utente, mentre chi “camuffa” la propria identità su internet è giudicato
negativamente. Ci sono comunque temi più importanti che non possono essere affrontati sul web, ma di persona. La comunicazione faccia a faccia, infatti, permette di catturare meglio le emozioni. Si svela
così uno degli aspetti più interessanti dell’intera sezione, ovvero il
corto circuito tra una categorizzazione del web come spazio di finzione e la contemporanea stigmatizzazione degli utenti che mascherano
o deformano la propria identità. Questo aspetto sembra correlare con
226
quanto emerge dalla tabella 16 (v.3.2), in cui il 85.7% dei ragazzi,
rispondendo alla domanda “Tendo a descrivermi in modo diverso da
quello che sono quando uso chat, posta elettronica o giochi di ruolo”,
si sono divisi tra “assolutamente falso” (70.1%) e “piuttosto falso”
(15.6%), mentre soltanto 38 di loro (il 4.7% del totale) dichiarano di
trasformare la propria identità online. Quando, però da una valutazione generale si passa a un’indagine più specifica sulle caratteristiche
del proprio stare in rete, emerge uno scarto tra il sé e il modo in cui è
rappresentato. Uno di loro spiega che gli strumenti da lui utilizzati su
Facebook influenzano i temi e le modalità con cui interagisce. Nella
chat, che è considerata uno spazio intimo, si può lasciare andare a
discorsi più seri e personali, mentre sul proprio profilo (ora diario)
scrive soltanto cose allegre e divertenti. Nell’intervista successiva al
focus group chiarisce la sua posizione:
Come dicevo prima cerco di rimanere me stesso. Non metto foto
false di altri ragazzi, tento di essere me stesso. Comunque in chat
non so come mai, ma sono un po’ più serio rispetto ai link che
pubblico. Solitamente pubblico link divertenti, oppure aforismi
presi da un fumetto che mi piace o da un film. Recentemente ne
ho pubblicato uno di Dylan Dog che è abbastanza divertente. In
chat di solito sono un po’ più serio, sono meno esuberante rispetto
ai link che pubblico.
Un altro ragazzo invece, nonostante sottolinei di essere online come
nella vita reale, spiega che spesso questo spazio permette di eludere
situazioni spiacevoli, anche se la “scappatoia” non è definitiva:
Su internet sono come nella vita reale. Non fingo di avere doti
nascoste ma mi mostro esattamente come sono nella realtà. Può
essere utile qualche volta la maschera, quando magari si trova
una persona più insistente, che vuole avere una risposta a tutti i
227
costi e costringerti a fare qualcosa. Su internet, grazie a frasi come
“scusa devo andare, devo spegnere il computer”, alcune volte si
può scappare da queste situazioni. Anche se secondo me non è
comunque una cosa che va fatta perché sono situazioni che sicuramente saranno riaffrontate nella realtà. Però magari in quel
momento uno non ha tanta voglia di parlarne, preferisce sentirsi
dopo e utilizza il computer come via di fuga.
Una riflessione molto articolata sulla contrapposizione tra realtà e
virtualità è portata da una studentessa dell’Istituto Rosa Luxemburg:
Su Facebook la mia vita è quella che dimostro anche di avere
nella vita reale. Cosa che invece non era fino a qualche anno fa
con Netlog, perché tendevo un po’a nascondere il mio aspetto
fisico o comunque a non far apparire certe cose di me. Ero molto
più scrupolosa nel fare apparire le mie foto. Invece crescendo non
mi interessa più fare così. Mi sono accettata per come sono nella
realtà. Tuttavia, usare Facebook può essere comodo sotto certi
aspetti. Magari durante un litigio online, esprimo le mie posizioni
con parole più dure. È una cosa che faccio inconsciamente perché tanto io non ho la persona d’avanti e non vedo gli sguardi di
questa quando legge ciò che le scrivo.
Si nota in particolare in quest’ultimo “frammento”, come la dicotomia vero/falso acquisti sempre maggiori sfumature mano a mano
che si riportano le riflessioni dei ragazzi. Infatti, più essi attingono
alle proprie esperienze personali, più si rendono conto che giudicare
la vita online in modo così rigido non sia né utile, né auspicabile.
Emerge, però allo stesso tempo il tentativo da parte loro di giustificare il naturale scarto che avvertono tra le interazioni faccia a faccia
che intrattengono e quelle mediate da uno strumento comunicativo.
Nonostante siano stati in molti a protestare con forza contro la policy
228
anti soprannome di Google+ che recita, “To help fight spam and prevent fake profiles, use the name your friends, family or co-workers
usually call you”, dai focus group non emerge l’esigenza da parte dei
ragazzi di poter manipolare la propria identità. Anche se non tutti i
nickname sono rifiutati dai ragazzi. Il soprannome, quando persegue
un effetto comico, è da essi accettato.
2
Il peso che le relazioni interpersonali hanno sulla qualità del tempo
che i ragazzi passano su internet è molto alto. Prova ne è il fatto che
molti di essi dichiarano di annoiarsi di fronte a Facebook, soprattutto
quando non intrattengono relazioni, ma osservano passivamente il
flusso di post generato dai propri contatti. Uno dei partecipanti al
focus group spiega: “Dopo i primi 10 minuti su Facebook mi annoio.
Dopo poco tempo non so più cosa fare”. La sensazione di noia infatti,
appare scaturire dall’uso passivo del medium, ovvero al tempo passato davanti allo schermo in cui i ragazzi non intrattengono scambi
comunicativi, né usano internet per ricerche (v. 7.4). In queste situazioni Facebook diventa una piattaforma di broadcasting, connotata
però da notizie (gli aggiornamenti di stato dei propri contatti) dal
contenuto poco informativo.
3
Un ulteriore aspetto interessante riguarda il valore che i ragazzi assegnano alle relazioni che costruiscono online. I focus group rispecchiano in sostanza quanto è emerso dall’analisi quantitativa. Nella
tabella 9.1 (v. 3.2), alla domanda “contatti su Facebook da considerarsi davvero amici”, il 49.0% (292) sostiene che siano solo un quarto del totale e il 16.1% (96) meno della metà. Sono invece, soltanto
il 8.6% coloro che considerano veramente amici più della metà dei
propri contatti su Facebook, il 2.2% circa i due terzi e il 1.2% tutti.
229
Ci sono, però tre elementi interessanti che completano i dati emersi
dai questionari. Il primo riguarda i criteri di selezione delle proprie
amicizie:
Su Facebook in generale se si conosce una persona si stringe subito amicizia con lei. Io ho 700 amici all’incirca. Di questi conosco
i ¾, il 75% delle persone. Cioè ho parlato con loro una volta.
Mentre il restante sono magari persone che le ho viste per il corridoio della scuola o magari sono amici di amici. Sono pochissime
le persone che aggiungo ma non le ho mai viste e che non conosco
mai. Di solito non le aggiungo io, mi aggiungono loro.
E ancora:
Di solito io aggiungo tutti, però poi capitano delle volte in cui
quelli che aggiungo diventano troppo ossessivi e quando ti connetti ti scrivono subito e quindi è un po’ fastidioso. E allora lo fai
una volta, due, tre. Alla quarta ti cancello.
Questa strategia di gestione dei propri contatti è molto comune alla
maggior parte dei partecipanti al focus group. Quasi tutti considerando l’amicizia online non sullo stesso piano rispetto a quella reale,
tendono ad accettare un maggior numero di richieste. Un’unica eccezione riguarda una studentessa del Giordano Bruno, che interpreta in
modo letterale il concetto di amicizia online:
Ho amici solo persone che conosco. Prima di accettare qualcuno
su Facebook lo conosco di persona. Cercare la persona su Facebook è un fatto conseguente. [...] Ho circa 130 amici che rispetto alla
media di amici degli altri profili è un numero ridicolo. […] Non
mi interessa che ci siano persone tra i miei amici che si facciano i
230
fatti miei. […] Non accetto chi non conosco anche perché non mi
piace conoscere su internet.
4
L’ultimo aspetto riguarda lo stile comunicativo degli studenti. Essi
riconoscono il fatto di essere più attenti alla pianificazione del discorso, rispetto a quanto non lo sarebbero in una situazione di comunicazione faccia a faccia. Ciò sembra, però, essere connaturato allo
strumento in cui la dicotomia scritto/parlato presenta confini meno
netti:
La tradizionale divisione tra scritto e parlato viene […] in qualche modo superata nella scrittura mediata dal computer. Si tratta,
infatti, di una comunicazione scritta con una forte componente interattiva, che configura una varietà di lingua a sé. (Berruto 2004,
p. 106).
Questa varietà di lingua, che si contraddistingue per la presenza di
caratteristiche tipiche dell’oralità all’interno della comunicazione
scritta (ad esempio la scarsa pianificazione del discorso), è influenzata dalla percezione del contesto enunciativo in cui i ragazzi intrattengono i loro scambi comunicativi. Dai focus group emergono tre
caratteristiche della comunicazione mediata dal computer:
----
Il numero limitato di situazioni comunicative possibili, da cui
sono esclusi gli argomenti più intimi e personali
L’influenza del contesto enunciativo sugli stili e i registri dei ragazzi
I contenuti dell’interlocutore, la cui natura è soggetta a manipolazione e non verificabile da parte dei ragazzi
231
7.6 La rete e l’altro
Lo stereotipo emerso nei focus group secondo cui il web, essendo
virtuale, sia da considerarsi un’assenza di realtà (v. 7.5) influisce sulla valutazione che i ragazzi attribuiscono al ruolo delle tecnologie
digitali per lo sviluppo di rapporti con studenti provenienti da altri
paesi. In particolare è sottovalutata l’immagine del web come spazio
dove intrattenere relazioni nate e cresciute online (1), mentre sono
ritenute maggiormente importanti le relazioni nate offline e proseguite in rete, in cui Internet diventa uno strumento utile per mantenere i
contatti con persone in altre parti del mondo (2). Come abbiamo però
visto (v. 7.5), questa distinzione riguarda anche le amicizie instaurate
con persone provenienti dallo stesso paese ed emigrate, come familiari o ex compagni di classe.
Dalla tabella 10.2 (v. 3.3) emerge che soltanto il 18% di coloro a
cui è stato somministrato il questionario afferma di aver conosciuto
persone di altra nazionalità direttamente online. Il 70.1% invece intrattiene contatti con ragazzi stranieri che vivono in Italia oppure con
persone conosciute durante il viaggio. Queste percentuali inoltre, si
riferiscono al 55.9% degli intervistati. I restanti hanno affermato di
non essersi mai relazionati online con ragazzi stranieri oppure non
hanno risposto. I focus group confermano questa scarsa attitudine
alla costruzione di relazioni con stranieri? In parte sembrerebbe di
no. Gli studenti, infatti, sono convinti che il web sia uno strumento
capace di agevolare lo sviluppo di queste relazioni. Quando, però
raccontano le loro esperienze, ci si accorge che la loro valutazione
rimane a un piano potenziale, non si concretizza in relazioni intrattenute con un’alta frequenza.
1
Innanzitutto sono molto pochi coloro che hanno relazioni nate online con ragazzi stranieri. C’è chi, tra loro, fa conoscenza attraverso
videogames, discutendo, però soltanto sul gioco e in lingua inglese.
232
Altri, invece, hanno intrattenuto rapporti con persone riguardo argomenti di loro interesse, come i linguaggi di programmazione in informatica. Sembra quindi, che gli “agganci” online siano orientati al
soddisfacimento di obiettivi specifici dei ragazzi e non alla semplice
curiosità di conoscere persone straniere. Altri utenti, anche stranieri,
fanno parte di un processo di ricerca dell’informazione su internet
più generale. Confermano questa caratteristica le dichiarazioni dei
ragazzi sulla sporadicità dei rapporti costruiti in questo modo.
2
Il discorso è diverso quando si tratta di relazioni maturate offline e
strutturate su internet. In questo caso gli studenti affermano di dedicare più tempo a chattare con le persone che hanno conosciuto. Sono
due in particolare le tipologie di contatto: nel primo caso si tratta
di studenti conosciuti durante scambi culturali o viaggi, come nel
seguente passaggio:
Noi abbiamo conosciuto dei ragazzi in un viaggio di istruzione
che abbiamo fatto più o meno un mese fa. Lì abbiamo conosciuto
dei ragazzi di altri Paesi con cui stiamo continuando a tenerci in
contatto. È bello ed è utile sia per la lingua che per il rapporto
umano che si è instaurato durante il viaggio. In effetti senza internet sarebbe difficile.
I temi su cui i ragazzi affrontano temi che riguardano la loro vita
quotidiana. Molti di loro ad esempio, raccontano di aver discusso
su come funziona il sistema scolastico nei rispettivi paesi d’origine.
Nella maggior parte dei casi, la relazione con una persona che vive
all’estero è descritta dai ragazzi come un unicum. Non emerge dai
loro racconti una rete sociale consolidata con abitanti di altre nazionalità. Ciò è probabilmente dovuto alla giovane età dei partecipanti
al focus group e alle poche esperienze fatte al di fuori dell’Italia. Il
233
secondo tipo di contatto non riguarda in realtà ragazzi stranieri, ma
italiani che vivono in altre parti del mondo (parenti, vecchi compagni di classe trasferitisi). Nuovamente, un motivo di interesse per gli
studenti intervistati riguarda temi che toccano da vicino la loro vita
quotidiana.
3
Un ultimo tema trattato nei focus group riguarda la possibilità di
migliorare la propria padronanza con le lingue straniere (soprattutto
l’inglese). È importante sottolineare come alcuni ragazzi siano convinti che online si “parli” un inglese più vero rispetto a quello che si
apprende in classe. Ciò è interessante perché, come si è notato in precedenza (v. 7.5), viene messa in luce la natura del web come modello
comunicativo misto, paragonato sul piano linguistico a esperienze di
contatto diretto con la lingua straniera.
7.7 La rete come strumento di educazione al cosmopolitismo
Interrogati sulla possibilità che internet renda più cosmopolita la nostra società, i ragazzi hanno risposto in due modi diversi.
Un primo gruppo ha sottolineato la potenzialità dello strumento, capace di avvicinare luoghi, culture e persone:
Essendo un mezzo che fa circolare le notizie molto velocemente
ha sicuramente questo lato positivo per costruire un mondo diverso e con persone più consapevoli e più informate.
Abbatte barriere di qualsiasi genere secondo me. Di distanza, di
opinione. E da alle persone che sono distanti tra loro con idee
234
contrastanti, di potersi confrontare. Ad esempio: si è arrivati al
punto, ho letto qualche tempo fa, di partecipare a votazioni indirette online. Certi argomenti che rimarrebbero circoscritti ad un
certo ambito, grazie a internet raggiungono quasi tutto il mondo.
I confini del mondo si sono un po’ allagati. Io ad esempio ho provato ad utilizzare per un periodo internet in inglese per imparare
meglio la lingua e ho scoperto che ci sono contenuti veramente
molto diversi. Quindi ho imparato “com’è il Mondo nel vero senso del Mondo”.
L’idea di conoscere come sia il mondo nel vero senso del mondo
sembra in un certo modo contrastare con la natura derealizzata del
web 2.0 sottolineata dai ragazzi. Come suggerito in precedenza, sembra che ci si trovi di fronte a un modello generale spesso interiorizzato dai ragazzi, quello dell’antinomia reale/virtuale, che, quando si
passa ad analizzare in modo più specifico le dinamiche online, viene
messo in discussione dai ragazzi stessi.
Un secondo gruppo di ragazzi ha invece messo in luce i pericoli relativi alla diffusione di Internet:
È un’arma a doppio taglio internet perché alla fine io, ad esempio,
posso esprimere la mia idea che è contro il razzismo, e può invece
esserci qualcun altro razzista. Se però i contenuti positivi ci sono
in internet, alla fine sta alla coscienza dell’utente ascoltare ciò che
c’è di positivo anziché di negativo.
Sicuramente è un mezzo che permette questo [di costruire una
società cosmopolita], però bisogna capire chi lo usa: alla fine dipende tutto dalle persone. Perché se ad esempio le persone sono
infantili o razziste, non si potrà mai migliorare e sviluppare una
società migliore. Il mezzo è potente e può permettere di raggiun-
235
gere questi obiettivi, ma dipende sempre dalle persone che lo utilizzano.
Questo genere di argomentazione si focalizza sulla neutralità della
rete, che può essere utilizzata per perseguire obiettivi nobili o deplorevoli, e sull’assenza di controllo editoriale sull’informazione
prodotta online. Essendo molti contenuti user generated content, generati dall’utente stesso che diventa sia consumatore che produttore
di notizie, non esistono filtri o censure possibili secondo i ragazzi e
quindi chiunque può diffondere contenuti, anche i più moralmente
condannabili.
Negative o positive che siano, le riflessioni degli studenti descrivono
comunque un mondo interconnesso, dove è più facile incontrare l’alterità ma, come scritto in precedenza (v. 7.6), da un lato essi dichiarano di non relazionarsi spesso e con scarsa frequenza con studenti
stranieri, dall’altro questo tipo di relazione è considerata un surrogato delle possibilità di confronto che si avrebbero da un incontro vis à
vis e da un’esperienza di viaggio vera e propria:
Attraverso internet si possono fare degli scambi, però poi lo scambio solo attraverso internet non basta: c’è bisogno dello scambio
fisico, materiale. Solo attraverso internet è difficile secondo me
creare proprio uno scambio, una educazione al cosmopolitismo.
Sono dubbiosa. Sarebbe molto bello ma non saprei come fare,
non saprei trovare un modo per unire tutto perché le cose che si
possono fare per educare al cosmopolitismo sono cose reali.
Attraverso internet posso informarmi però sono solo cose scritte; puoi afferrare dei concetti ma finché non li vivi non li puoi
comprendere realmente. Il social network va bene per educare al
cosmopolitismo ma solo se affiancato da esperienze di vita reale.
Cittadina del mondo no. Diciamo che con internet ho la possibi-
236
lità di conoscere un pochino tutto quello che mi circonda. Però
sentirmi cittadina del mondo è forse una parola grossa.
Finché non vai a visitare il mondo in prima persona, viaggiando e
facendo esperienze, non potrai conoscerlo. L’esperienza non è la
stessa cosa che guardare su internet.
7.8 Scuola 2.0: la sfida del nuovo millennio
Sul tema della new media education è interessante notare come emerga forte scetticismo da parte dei ragazzi sulla possibilità di integrare
la didattica con gli strumenti del web 2.0. Si consideri la proposta di
Pier Cesare Rivoltella (2006) per un modello educativo influenzato
dai nuovi media:
Sul piano didattico occorre lavorare in due direzioni. Da una parte si tratta di sviluppare pratiche di docenza che includano i media, aiutando gli alunni a divenire più esploratori, a raccogliere
informazioni, a studiare le potenzialità di internet (da questo punto di vista sarebbe opportuno promuovere la ricerca in internet già
a partire dai 9-10 anni) e a sfruttare la sua disponibilità al lavoro
collaborativo, trasferendo la logica P2P ai processi di apprendimento. D’altra parte va anche adottato dalla scuola un concetto
largo di Media Education, promuovendo uno sforzo per rendere
operative le indicazioni dei curricoli nazionali […] integrandole
nell’attività didattica. Si tratta in particolare di discutere degli usi
di internet e degli altri media in classe e di promuovere il senso
critico dei soggetti […] abituandoli a distinguere tra spazio pubblico e spazio privato in relazione a dei media che, come abbiamo
visto, tendono a riconfigurare e sovrapporre l’uno e l’altro. (Rivoltella 2006, pp. 233-234).
237
Dai focus group, invece, emerge una concezione della rete come
“grande magazzino” di informazioni da cui attingere e non un ambiente di crescita personale. La battuta di uno dei ragazzi, “i valori
non si possono scaricare da internet” spiega con chiarezza questa
forma di scetticismo per lo più immotivato. Temi come il diritto
d’autore, la privacy, la qualità e la libertà di informazione potrebbero
essere messi al centro di percorsi didattici volti all’acquisizione sia
di competenze tecniche che di contenuti relativi all’educazione alla
cittadinanza. Nonostante le sperimentazioni di cui si è dato conto in
precedenza (v. 7.3) in cui molto spesso i docenti scommettono sulle
potenzialità collaborative introdotte dalle tecnologie informatiche,
non sono presenti nelle scuole campione modelli strutturati di new
media education. Il nodo della problematica emersa dalle discussioni
nei focus group non riguarda però questo aspetto, inevitabilmente
influenzato dal forte investimento economico che comporterebbe la
scelta di dotare tutte le classi della tecnologia necessaria, ma la percezione dei ragazzi di quanto sia auspicabile l’introduzione di questo
elemento nella didattica. I commenti a riguardo sono spesso negativi:
--
--
In precedenza si è scritto dell’uso prevalentemente ludico del
web da parte dei ragazzi (v. 7.4), che li porta a svalutarne le potenzialità a fini didattici. Essi, infatti, esprimono una sorta di
‘autodenuncia’ nello spiegare che l’introduzione di strumenti per
avere la connettività in classe sarebbe una fonte di distrazione
dalle lezioni. Questa concezione crediamo maturi da una scarsa
capacità critica nell’analizzare gli strumenti che utilizzano quotidianamente. Ciò confermerebbe la necessità di educare i ragazzi
a un utilizzo più vario e consapevole di internet.
Una seconda fonte di scetticismo riguarda le abilità dei docenti.
Non si tratta soltanto di ridurre il gap che loro hanno “rispetto
alle competenze dei ragazzi” (ivi, p. 234), ma di capire come
si ristrutturi il ruolo dell’insegnante. I ragazzi, stimolati su questo punto, si sono domandati su quale sarebbe la funzione del
238
docente in una dinamica educativa permeata dai nuovi media.
Questo aspetto è condensato in una provocazione emersa da alcuni di loro “quale funzione potrebbe assumere il professore se
avessimo già a disposizione delle informazioni online?”. Altri
invece avvertono la necessità di essere guidati alla scoperta delle
potenzialità del web ma, nuovamente, torna nelle loro riflessioni
il tema delle competenze informatiche del docente. Non sempre,
però, questa fonte di criticità è imputabile al professore. Anche
nei casi in cui chi insegna fa uso delle tecnologie informatiche,
i ragazzi rimangono scettici rispetto alla possibilità di introdurre
percorsi di new media education.
In generale, sembra essere presente una confusione dei ragazzi su
che cosa significhi realmente new media education. Spesso, interrogati su quali siano le attività di questo tipo realizzate a scuola, essi
hanno fatto riferimento all’uso di strumenti multimediali (fruibili sul
web) a supporto della lezione dei docenti e non ad attività collaborative o di riflessione sul senso del web come spazio da abitare, con
i propri rischi e le proprie potenzialità. Questa concezione riduttiva delle potenzialità didattiche di internet spiega così la diffidenza
emersa diffusamente dai ragazzi su questo tema.
7.9 I giovani si raccontano
I dati emersi dai questionari somministrati e dai focus group esplorativi condotti sono stati verificati attraverso 18 interviste in profondità, raccolte nelle stesse scuole coinvolte in precedenza dall’indagine.
Nel corso di tali interviste si è cercato di acuire le nozioni emerse,
approfondendo in particolare:
--
Il rapporto con il medium internet (definizione, attività, tempi,
239
--
--
siti visitati)
Il rapporto tra l’attività online e la costruzione della persona (antinomie realtà/virtualità e identità individuale/sociale, percezione delle e valore attribuito alle relazioni interpersonali mediate,
apporto alla crescita culturale, sociale e linguistica del soggetto)
Il rapporto tra il medium e la didattica scolastica
I risultati sembrano assumere una tendenza conforme alle informazioni emerse nelle prime due sessioni d’indagine, in modo particolare per quanto riguarda, anzitutto, l’uso di internet: l’attività più frequentemente citata come primaria è sicuramente il mantenimento di
relazioni sociali, spesso connotata come svago, seguita dalle attività
ludiche propriamente dette e dalla ricerca di contenuti. L’utilizzo degli strumenti comunicativi per la produzione personale di contenuti
appare molto ridotto, limitato al post su Facebook o al rebound di
contenuti pubblicati da altri.
La mia produzione di contenuti è molto poca. Io più che altro
uso il social network per parlare con i miei amici. Non lo uso per
scrivere. Non credo d’aver scritto tante cose su Facebook. Magari
pubblico una notizia che mi piace.
Nessuno degli studenti intervistati possiede un blog personale, né un
sito internet; tre su quindici frequentano forum tematici, tutti conoscono o fanno uso di Wikipedia e di piattaforme dedicate alla didattica, ma nessuno di loro dichiara un apporto attivo.
Interessante appare il dato sulla percezione della natura di internet:
gli studenti intervistati citano spontaneamente la rapidità d’utilizzo
e il carattere pluralistico del medium, attribuendogli un significativo
vantaggio rispetto a media tradizionali (la televisione più che altro)
one to many, che impedivano il confronto delle fonti.
240
Io sinceramente penso che sia una grande opportunità per imparare tante cose. Usato nel modo giusto ovviamente. Perché è pieno
internet di informazioni importanti, poi bisogna naturalmente riconoscere quelle giuste da quelle sbagliate, ciò che è vero da ciò
che non è vero. Per esempio ormai ci sono tutti i giornali che hanno la pagina web… Io non sono abituata a prendere il giornale,
però in internet mi collego e guardo le notizie de La Stampa o La
Repubblica; dovrebbero comunque essere attendibili abbastanza.
Poi non si sa mai.
Il vantaggio dato da pluralità di punti di vista e ruolo attivo dell’utente, riconosciuti dai giovani come punti di forza di internet, si affiancano tuttavia ad un uso molto ridotto di tali potenzialità. Gli intervistati dichiarano per lo più di fare ricorso a poche fonti ritenute
attendibili (siti di testate giornalistiche affermate per l’informazione
– LaStampa, Corriere e Repubblica le uniche citate – Wikipedia o le
piattaforme didattiche per l’approfondimento). Il confronto tra punti
di vista istituzionali, dunque, resta ad un livello potenziale, mentre
alle fonti attendibili si aggiunge il circuito informale, spesso amicale,
degli “esperti per esperienza”, in un’ottica più che altro inconsapevole di produzione grassroots di conoscenze e circolazione di queste tra
comunità – non virtuali - di pari.
Quest’ultimo dato è particolarmente interessante trattando di un possibile ampliamento degli orizzonti culturali: tra gli intervistati è relativamente frequente il riferimento a conversazioni intrattenute con
amici all’estero come momenti di acquisizione di informazioni di
prima mano da testimoni privilegiati, capaci di fornire conoscenze e
interpretazioni dei caratteri culturali non offerte dai canali istituzionali. Si tratta per lo più di conoscenze relative ad abitudini, rapporti
famigliari e con i pari, modalità della didattica scolastica, scoperte
musicali, stili di vita: ovvero quegli argomenti che più direttamente
si legano alle sfere di vita quotidiana degli intervistati e che più facilmente si prestano a confronti interculturali.
241
C’è la possibilità di scambiare opinioni e di parlare con persone
che sono distanti da te, e appartengono a culture anche molto differenti dalle tue. Con un’amica indiana i siamo scambiati qualche
idea sull’impostazione della giornata tipo. Ed è venuto fuori che
alla fine non è così diversa dalla mia. Cambia solamente il contesto in cui lei vive; le modalità con cui lei agisce, ma i fini sono
comunque pressoché identici.
I testimoni privilegiati cui si fa ricorso in questi casi sono persone
note sulle quali si sa di poter fare affidamento: amicizie di lunga data,
o più in generale persone conosciute nell’ambito di una relazione vis
à vis.
Secondo me può essere molto utile da questo punto di vista, se
quella persona con cui hai contatti dall’estero è una persona che
conosci già. Se è una persona che invece conosci attraverso Facebook, forse il rapporto è un po’ diverso. Però se è una persona che
tu hai conosciuto in vacanza per esempio, con cui hai stretto un
legame, anche a vacanza finita mantieni dei contatti.
Il dato sulla presenza pressoché irrilevante di relazioni nate e cresciute online assume così una forma interpretabile, anche nel più ampio
contesto dei rapporti internazionali. Da un lato, infatti, la preferenza
per rapporti online con soggetti conosciuti offline si spiega con il
concetto, diffuso tra gli intervistati, di social networking come prolungamento delle attività sociali quotidianamente condotte: si condividono link, video, fotografie, contenuti in genere afferenti ad episodi
della vita reale, rinsaldando o confermando una relazione fondata su
interessi ed esperienze condivise. Da un altro lato, la conversazione
a distanza costituisce fonte di un confronto di opinioni con persone autorevoli perché “direttamente” conosciute: la loro esperienza
della cultura altra diventa conoscenza sicura proprio perché deriva
242
da soggetti ritenuti affidabili, spesso più di agenzie d’informazione
istituzionali.
Hai direttamente le persone davanti e loro ti possono dire come è
la realtà. Invece il resto della rete non è così.
Laddove non si profili la possibilità di un confronto con persone
note, l’acquisizione di conoscenze e la costruzione di opinioni fa affidamento sul concetto di controllo pubblico: l’affidabilità delle fonti
è garantita dal parere diffuso sull’agenzia (es. i siti di testate giornalistiche, il sito di Emergency), o dal controllo collettivo della bontà dei
contenuti apportati (es. Wikipedia, forum specialistici, piattaforme
didattiche o di altro genere, in primis Studenti.it e Yahoo Answer).
Per esempio su un sito che non ho mai sentito cerco di non andarci. Se invece è un sito come Wikipedia che comunque è mondialmente famoso, o mondialmente approvato per le sue fonti mi
sembra più affidabile.
Una sola studentessa tra i quindici alunni intervistati dichiara di
orientarsi verso firme particolari nella sua ricerca di informazioni
giornalistiche e di verificare per quanto possibile le fonti citate, soprattutto nel caso di Wikipedia.
I tempi di utilizzo variano profondamente, dividendo gli intervistati
tra quanti frequentano il web per un massimo di due ore quotidiane
e quanti dichiarano sei o sette ore di navigazione al giorno (nessuno
di loro, però fa riferimento al downloading). Abbiamo tuttavia visto
come il tempo dedicato ad internet non sia equamente distribuito tra
le diverse attività da svolgersi: il tempo dedicato all’informazione
o alla ricerca di contenuti scolastici è subordinato all’uso ludico e a
quello relazionale del medium.
243
È soprattutto quest’ultimo ad impegnare maggiormente i giovani,
che dichiarano di dedicare la parte più considerevole del loro tempo
su Facebook, l’unico social network realmente utilizzato (nessuno
degli intervistati cita Twitter, tre citano Netlog, affermando di averne
smesso l’uso). Proprio sulla creatura di Zuckerberg si concentrano le
riflessioni degli studenti, su questa si basano la maggior parte delle
dichiarazioni in merito alla “costruzione della persona” e della sua
identità.
Dalle interviste emerge uno scenario non dissimile da quello ottenuto
attraverso i focus group: il primo dato che desta attenzione è proprio
la contrapposizione tra il valore negativo attribuito allo stare online
(in rapporto alla più genuina vita offline) e l’elevata importanza di
rappresentarsi nel modo più autentico attraverso i social networks.
Non hai la persona di fronte, quindi può essere diverso il rapporto.
Non è un rapporto: è un rapporto virtuale, quindi non hai il contatto. Puoi essere chi vuoi, cioè se hai una webcam, è diverso. Cerco
sempre di essere me stessa. È normale che se inizi a conoscere
una persona virtualmente non devi nasconderti, ma andare con
calma, non puoi presentarti subito. Devi fare attenzione perché
non sai mai chi ti trovi dall’altra parte.
In particolare, anche qui si rileva un netto cambio di registro nel passaggio dalle valutazioni lato sensu a quelle relative alle pratiche personali di utilizzo: da un lato si sottolinea la diffusa perdita del valore
dell’incontro fisico, della condivisione non mediata, della compresenza spaziale che genera emozioni non riproducibili. D’altro lato si
tiene molto a testimoniare come il proprio uso del mezzo non conduca all’alterazione dei rapporti sociali, né a quella della propria identità (v. 7.5). Tale testimonianza passa sovente attraverso la condanna
di atteggiamenti volti alla distorsione della realtà, percepiti da tutti
gli intervistati come ampiamente diffusi.
244
Quando creo una immagine sul social network, tento di creare
quell’immagine su me stesso. Non è che io sul social network
diventi una persona e nella vita reale sono un’altra. Le due cose
almeno per me vanno un po’ insieme. Perché questa cosa non è
molto ben vista.
Troviamo, così, un’ulteriore conferma della percezione del social
network come estensione della vita reale, luogo sociale nel quale l’identità acquisisce nuovi canali espressivi ma che non deve, in alcun
modo, travisare il sé autentico della persona.
Approfondendo, tuttavia, ci si accorge di come il medium spesso influisca sulle modalità di presentazione e di conversazione, incentivando pratiche volte al riconoscimento sociale.
Inconsciamente cerco di adeguarmi, oppure cerco sempre di piacere agli altri. Si cerca di adeguarsi, sta però ad ognuno di noi
secondo me, a partire dal profilo di Facebook che si costruisce,
magari essere, sentirsi alla moda. […] Forse “mi adatto” è meglio.
Cioè non proprio adatto, però cerco di scrivere una cosa che io
penso, e non scrivo assolutamente falsità su di me, cercando di
scrivere in modo da piacere poi agli altri.
In altri casi le conseguenze possono avere forti ricadute sulla costruzione dell’immaginario legato all’altro, coinvolgendo in senso stretto
l’attribuzione d’identità e, dunque, le modalità di relazione con questo nella vita offline.
Alla fine quello che decido di fare nella mia vita reale di sicuro
non è influenzato da Facebook. Certo si ha un pregiudizio poi
nella vita reale. Se si vede una persona che si è presentata in un
certo modo, nel primo approccio si ha comunque l’idea di quella
persona e i pregiudizi ci sono. Poi magari conoscendola, si può
245
capire che è una persona bravissima o una persona stupida. Comunque un pregiudizio si ha.
Ancor più nella dichiarazione di un altro intervistato:
Forse questo mi influenza un po’. Se vedo cioè che una persona
pubblica certe cose, automaticamente mi faccio un’idea di quella
persona. Quando molti amici condividono queste cose qua e li
vedo poi nella vita reale, il mio giudizio rimane quello che ho
avuto su Facebook quindi questa cosa ti influenza. Si, perché se
non mi influenzasse nella vita reale forse non avrebbe neanche
utilità pubblicarla.
Il nesso costante tra carattere fittizio del medium e necessità di coerenza nelle forme del presentarsi appare così contestualizzato come
la dura lotta per la riconferma identitaria da parte di un altro generalizzato, per dirla con Mead (1934), che non soltanto nella vita offline
è coinvolto nella costruzione di sé. Ad essere messa in discussione è
tanto la considerazione di cui si può godere in un contesto virtuale,
costituito da regole del gioco e principi valutativi peculiari, quanto
il controllo delle conseguenze che questa può avere sulla considerazione dei pari nella vita reale. Se è vero che tutti gli intervistati
sottolineano come il social network rappresenti in sé uno strumento
comunicativo capace di connotare e definire entro una certa gamma
di possibilità le espressioni della persona, se è vero che i soggetti dichiarano perlopiù di non pubblicare su Facebook che una parte
delle informazioni riguardanti se stessi, preservando le dimensioni
strettamente personali per le relazioni più intime della vita offline,
l’identità che si costruisce sul social network appare a tutti gli effetti
come estensione dell’identità sociale più che di quella individuale.
Un’identità per l’altro che lascia intravedere sezioni d’intimità, ma
che non può presentare incrinature o incoerenze, pena una dissonan-
246
za cognitiva che può mettere a rischio il tacito accordo tra le parti.
Tanto che, riferendosi all’estratto sopra citato, se l’atto virtuale non
influisse sull’atteggiamento altrui nella vita reale non avrebbe senso
pubblicarlo, perché ogni atto su Facebook è rivolto ad altri.
A tale proposito, le interviste consegnano una duplice coppia antitetica:
---
identità reale vs. virtuale
identità individuale vs. sociale
A questa si accompagnano strategie possibili per la preservazione
della sfera individuale, strategie che in qualche modo concorrono
a definire uno stile espressivo peculiare al medium: l’uso della maschera per la modalità offline della chat, l’utilizzo, spesso dichiarato, della chat per discussioni approfondite, più intime, o più “serie”
rispetto a quelle che si potrebbero intrattenere in un post pubblico,
laddove possono arrivare non solo gli occhi degli amici più stretti,
ma anche quelli di parenti o conoscenti/contatto, soggetti con i quali
rimediare un’eventuale incoerenza può risultare più complesso.
Si conferma, d’altronde, il dato già ottenuto nelle sessioni d’indagine
precedenti: dei contatti su Facebook, una parte molto ridotta riguarda
persone con le quali si gode di una relazione stabile e continuativa
nella vita quotidiana. I valori oscillano tra il 4.0% ed il 10.0% e superano questa soglia solo quando l’intervistatore non distingue tra
amici e persone conosciute. A fronte di un tale dato, tuttavia, esistono
casi nei quali la maggiore frequentazione online non corrisponde alla
maggiore frequentazione fisica:
Se si tratta invece di amicizie con persone che non ho possibilità
di vedere molto spesso e di relazionarmi al di fuori dell’ambito
virtuale, quelle le considero cioè più importanti perché è l’unico
mezzo con cui ho la possibilità di interagire con loro.
247
Come già detto in precedenza, questo è vero più che altro per quelle
relazioni che, nate offline, si trasferiscono per questioni geografiche
online.
In linea generale, e volgendo in conclusione, possiamo dire anzitutto
cosa internet non è per gli intervistati:
Sicuramente io non parlerei di fuga dalla realtà ma più di semplice svago. Sfogare frustrazioni non è una cosa che non concepisco come lo scappare dalla realtà. Se voglio qualcos’altro ho altri
modi e non rifugiarmi su internet; non lo vedo come un rifugio
assolutamente.
In secondo luogo, possiamo affermare che internet è visto dagli studenti come medium di comunicazione privilegiato, capace di connettere le persone tra sé e con altri mondi conoscibili; come mezzo
d’intrattenimento, in prima battuta attraverso video in streaming,
album fotografici e giochi online, anche se non è da sottovalutare
il lato ludico che la relazione sociale sviluppata nella rete genera.
L’informazione, come abbiamo visto, passa dalla ricerca attiva e dal
confronto delle fonti, istituzionali o grassroots, alla semplice fruizione di versioni digitali di giornali cartacei (anche se, come scritto in
7.4, questo aspetto è meno diffuso tra i ragazzi), sino al ricorso alla
selezione di link postati dagli amici sulla bacheca del social network.
Quanto alle ricerche culturalmente orientate, queste si limitano molto spesso all’integrazione di informazioni a fini scolastici, se non alla
ricerca di versioni facilitate o ready made dei contenuti didattici.
Proprio questa tendenza all’uso ludico ed alla semplificazione è alla
base dei principali dubbi degli stessi studenti circa l’utilizzo delle
tecnologie web per la didattica: le potenzialità percepite per il passaggio a metodi d’insegnamento più contemporanei si scontrano
spesso con i limiti dati dalla distrazione dell’intrattenimento.
248
Amplierebbe tutti e due gli estremi. Nel senso: si studierebbe di
più perché le persone magari sarebbero più stimolate a studiare
e per qualcosa sarebbe più facile. Però avendo internet c’è più
possibilità di fare altro.
Le proposte avanzate dagli intervistati sembrano tuttavia orientate
favorevolmente verso l’adozione di internet come supporto, potenziamento o sostituzione dei media tradizionali:
Lo userei sostituendo i libri se durante le lezioni ogni alunno avesse il suo computer o il suo Ipad sarebbe utile potersi sincronizzare
tutti su uno stesso sito. I testi scolastici costerebbero meno perché
sarebbe possibile scaricarli. Sarebbe più comodo anche prendere
appunti perché un professore gli appunti presi li può mandare a
tutti tramite mail. Avendo internet si potrebbero consultare diversi siti, ottenendo maggiori informazioni diverse, e avere una conoscenza più approfondita dell’argomento piuttosto che limitarsi
esclusivamente al testo scolastico.
Lo stesso ruolo del docente verrebbe implicato nella rivoluzione digitale della didattica scolastica:
Il professore deve essere all’altezza della situazione della classe:
deve essere in grado di gestire una classe che può essere disattenta avendo internet come fonte di disattenzione. Deve essere
sicuramente capace ad utilizzare un computer. Avrei un modo di
interagire fra i ragazzi diretto e divertente spiegando la mia lezione. Ossia normalmente facendo prendere appunti, ma integrando
le miei spiegazioni con documenti e foto, video su quello che sto
spiegando.
Il ruolo del professore, secondo me, diventa da unico distributore
dell’informazione della cultura a una sorta di mediatore che cerca
249
di filtrare i contenuti di internet e poi farli arrivare ai suoi studenti.
Queste affermazioni, che sembrano in qualche modo contrastare con
le criticità delineate nel precedente capitolo (v. 7.9), in realtà restringono le potenzialità di una didattica integrata con le nuove tecnologie, perché sottolineano solo la natura del web come deposito di
informazioni, senza sottolineare la possibile dimensione pedagogica
di questo strumento.
7.10 Returnees e Internet
Soffermiamoci ora sui returnees e sull’uso che fanno di internet:
-- lo utilizzano per contattare la famiglia?
-- per tenersi in contatto con i nuovi amici del Paese ospitante?
-- attivano nuove amicizie online?
-- loro cosa ne pensano di internet come strumento di educazione
al cosmopolitismo?
-- l’idea che si erano fatta attraverso il web del Paese in cui avrebbero soggiornato un anno corrispondeva alla realtà?
Il questionario strutturato a risposte multiple è stato somministrato
anche a due gruppi di giovani piemontesi e pugliesi reduci da un’esperienza all’estero, trascorsa in famiglie ospitanti tramite il progetto
Intercultura (i returnees). Tale questionario risulta nella prima parte
identico a quello somministrato ai giovani delle scuole, mentre riporta nella seconda domande appositamente preparate per rilevare
eventuali differenze dovute alla particolare esperienza vissuta, al fine
di valutare l’ipotesi di una variabile interveniente in merito.
Sono stati inviati 60 questionari in totale; di questi sono giunti 46
compilati, corrispondenti al 76.7%, tra i quali 23 afferenti ai giovani
250
piemontesi, di cui si tratterà in questa sezione.
L’uso di internet nella quotidianità
Il primo dato confortante riguarda l’alto tasso di penetrazione di internet nelle case degli intervistati: ad esempio nel caso dei returnees
pugliesi, un giovane soltanto non dispone di una connessione casalinga al web. In mancanza di dati più dettagliati, non siamo purtroppo
in grado di definire il tipo di connessione né gli strumenti (pc fisso,
portatile, tablet, smartphone) utilizzati.
I dati sui tempi medi di connessione rivelano che quasi il 25.0% (returnees) dedica ogni giorno alla navigazione un tempo pari o superiore alle tre ore (il 16.0% circa in meno di quanto dichiarato dai
giovani studenti); il 21.0% riesce a contenersi entro l’ora quotidiana.
Per i giovani returnees, tuttavia, internet corrisponde per lo più alle
relazioni sociali che vi si possono intrattenere: l’attività preminente è
infatti l’utilizzo di social networks (quasi esclusivamente Facebook)
con una frequenza d’utilizzo che risulta quotidiana nel 46.0% dei
casi. Tutti i rispondenti dichiarano di preferire le relazioni offline,
nelle quali il rapporto è più profondo e le emozioni provate più intense (e non manca chi denuncia l’assenza di emozioni nella vita
online). La rinuncia al vis à vis può essere dunque ricondotta, da un
lato, alla distanza spaziale ed alla necessità di uno strumento capace
di mettere in relazione persone distanti; da un altro lato, e confermando i risultati ottenuti dall’indagine sui giovani delle scuole, l’uso
dei social networks può essere ricollegato alla diffusa percezione di
questi come estensioni delle relazioni sociali in compresenza fisica,
“autentiche”. Su Facebook si possono scambiare contenuti – dalle
foto ai video, dai link esterni a siti e blog ad appuntamenti offline –
rimandando continuamente ad aspetti della vita “reale”, ribadendo
affinità e condivisioni, confermando e fondando in modo continuativo, semplice, rapido, la relazione amicale.
Si conferma, così il dato sull’uso di internet per la tessitura o il man-
251
tenimento anche a distanza di relazioni sociali; l’intensità che queste
assumono online non è tuttavia un dato scontato: il 37.0% dei casi
sostiene infatti che nessun contatto su Facebook sia da considerarsi
amicizia, mentre il 17.0% individua in più di un quarto dei contatti i
rapporti amicali autentici e il 25.0% ne dichiara non più di un quarto.
L’uso di internet nella fase precedente la partenza
Un primo dato interessante è quello relativo alla comparabilità delle
conoscenze ottenibili attraverso internet e quelle accumulabili attraverso l’esperienza diretta sul campo. Alla stragrande maggioranza
(71.0%) dei returnees piemontesi non è mai venuto in mente di usare
internet in vista di una socializzazione anticipatoria alle caratteristiche ed alla cultura del Paese estero meta della loro esperienza di
studio. Il restante 29.0% che si è servito di internet per simili ricerche
ha anche condiviso le conoscenze acquisite tramite post. Per il 58.0%
dei rispondenti piemontesi, in questa fase l’uso prevalente di internet e dei social networks in particolare ha riguardato l’attivazione di
contatti in vista della partenza.
È interessante notare come una discreta maggioranza (62.5%) di
giovani denunci la poca aderenza alla realtà delle conoscenze di
cui godeva sul Paese ospitante prima dell’esperienza: che queste
derivassero da ricerche online, da studi scolastici, letture o “sentiti
dire”, per molti rispondenti sono state per lo più disattese, a riprova
dell’importanza data all’esperienza offline in prima persona.
L’uso di internet nell’esperienza all’estero
Un risultato rilevante giunge dal confronto tra i tempi di connessione nella quotidianità della vita in patria e quelli dichiarati durante il
soggiorno all’estero: anche disponendo delle stesse condizioni di accesso, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees piemontesi
hanno avuto tempi di connessione decisamente ridotti rispetto alle
252
loro abitudini. L’8.0% circa dei rispondenti ha dichiarato di essersi
connesso ad internet più di 3 ore al giorno, contro il 25.0% relativo alle connessioni in patria; la metà dei casi (50.0%) non superava
i sessanta minuti al giorno (+30.0% circa rispetto alle abitudini di
casa). Si può affermare che poter godere di esperienze non comuni
abbia distratto i giovani da internet: secondo quanto emerge da focus
group condotti in seconda battuta, nonostante la grande quantità di
novità da condividere con amici e parenti lontani, i giovani preferivano sfruttare appieno il tempo concesso loro, vivendo il più possibile
offline e rimandando il tempo del resoconto.
Nel corso della permanenza all’estero il 79.0% dei returnees piemontesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100
nuovi contatti su Facebook (il restante 33.3% ha superato la soglia
dei 100) su Facebook. A differenza dei contatti italiani, però, una
quota maggiore di quelli ottenuti all’estero consiste in persone frequentate con assiduità offline. Infatti, il 33.0% circa dei returnees
(contro il 6.5% in Italia) ha dichiarato che almeno la metà o più della
metà dei nuovi amici su Facebook sono da considerarsi effettivamente tali, mentre per il 21.0% circa ha negato corrispondenza tra amicizie sul online ed offline. Su questo dato può pesare la qualità delle
relazioni intessute nel corso di un’esperienza assolutamente fuori dal
comune, nella quale per la prima volta ci si ritrova lontani da casa,
in un contesto socioculturale e linguistico differente: la natura di una
simile esperienza porta a pensare che i rapporti siano vissuti più intensamente, dando maggiore valore alle nuove conoscenze.
Tal considerazione trova conferma nel dato sulla qualità dei nuovi
rapporti intrattenuti durante il soggiorno estero: la gran maggioranza
dei returnees piemontesi (92.0% circa) dichiara di aver coltivato relazioni profonde e positive con molte persone. Il 54.0% dei rispondenti
mantiene i contatti tramite chat anche dopo l’esperienza; il 25.0%
dichiara di utilizzare Facebook per la ricerca di persone incontrate,
senza riuscire nell’intento.
Internet ed i social networks in particolare si confermano, dunque,
253
sempre più come, estensioni spaziali e temporali della persona e delle relazioni che intrattiene offline: strumenti utili a fondare o rafforzare rapporti di amicizia o conoscenza, nel caso di alta frequenza d’incontri vis à vis; necessari, se non fondamentali, per il mantenimento
di relazioni interpersonali a distanza, sebbene sempre originate da un
incontro “reale” e dalla condivisione di esperienze.
Ancora, i social networks diventano il primo luogo dove socializzare
e raccontare il proprio vissuto: nonostante il tempo ridotto dedicato
alla navigazione, il 58.0% dei partecipanti piemontesi al programma
di Intercultura, che abbiamo coinvolto nell’indagine, ha condiviso
foto con i propri amici; il 12.5% ha usato la chat per parlare con
amici italiani e ha pubblicato post per comunicare gli stati d’animo
durante il soggiorno, sebbene la difficoltà incontrata nel restituire
appieno, a genitori e amici, la dimensione del coinvolgimento e delle
emozioni vissute nell’esperienza è testimoniata dal 62.5% dei casi.
Internet come palestra di cosmopolitismo?
Un’ultima considerazione deve riguardare il dato sulla percezione
di internet come strumento utile all’insorgere o alla promozione del
cosmopolitismo. Innanzitutto, i returnèes piemontesi sono totalmente d’accordo con la dichiarazione secondo la quale internet abbia
contribuito all’abbattimento delle distanze geografiche. A differenza
degli studenti delle scuole superiori coinvolti dall’indagine, in loro
emerge una maggiore consapevolezza tanto della stretta relazione tra
il web e la dimensione cosmopolita della persona, quanto del ruolo
rivestito dalle nuove tecnologie nell’educazione alla mondialità: il
71.0% dei casi si sente più facilmente cittadino del mondo grazie
ad internet, mentre il 46.0% ritiene che internet ed i social networks
siano utili strumenti di educazione interculturale.
254
Riferimenti bibliografici
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Rapporto Istat: Cittadini e nuove tecnologie (20/12/2011)
255
256
8. Report Puglia
A. Fornasari
8.1 Il contesto regionale letto attraverso una comparazione
con i dati nazionali e internazionali (dati Audiweb)
Gli studi sul rapporto tra i cittadini e le nuove tecnologie (rapporti
Audiweb e indagini Multiscopo dell’Istat1) sottolineano come rispetto
al 2009 sia cresciuta in Italia costantemente la quota di famiglie che
possiede un personal computer (dal 54.3% al 57.6%) e che dispone
dell’accesso ad internet (dal 47.3% al 52.4%) e di una connessione
a banda larga (dal 34.5% al 43.4%). Le famiglie con almeno un minorenne risultano le più tecnologiche: l’81.8% possiede il personal
computer, il 74.7% l’accesso ad internet e il 63.0% possiede una connessione a banda larga. All’estremo opposto si collocano le famiglie
di soli anziani di 65 anni e più che continuano ad essere escluse dal
possesso di beni tecnologici. Tra il 2009 e il 2011, rimane stabile il
divario tecnologico tra il Nord e il Sud del Paese, mentre si riducono
le differenze sociali per quasi tutti i beni tecnologici considerati. Ad
esempio la quota di famiglie con capofamiglia dirigente, imprenditore o libero professionista che possiedono l’accesso ad internet passa dal 78.6% all’84.2% (+7.1%) mentre tra quelle con capofamiglia
operaio passa dal 49.4% al 59.4% (+20.2%). Tra i motivi per cui le
famiglie non possiedono accesso ad internet al primo posto si colloca
la mancanza di capacità (40.8%). Il 23.2% delle famiglie considera
internet inutile e non interessante, il 13.2% non ha accesso ad inter1 Audiweb Trends è il report trimestrale sui dati sintetici della Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia realizzata dall’istituto di ricerca DOXA per Audiweb. La Ricerca di
Base è la ricerca quantitativa che rileva la diffusione dell’online in Italia (potenziale d’accesso)
e che contribuisce alla definizione dell’universo degli utenti.
257
net da casa perché accede da un altro luogo, il 10.2% perché considera costosi gli strumenti necessari per connettersi e l’8.2% perché
ritiene alto il costo del collegamento. L’Italia continua a rimanere
indietro rispetto a molti dei paesi dell’Unione europea sia rispetto
al possesso di internet sia alla qualità della connessione. Il nostro
Paese, infatti, si colloca al ventesimo posto sia per quanto riguarda
il possesso di internet da casa (con un tasso di penetrazione tra le
famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni del 59.0%
rispetto alla media europea del 70.0%) sia per l’accesso mediante
banda larga (con un tasso di penetrazione del 49% rispetto alla media
europea del 61%). Rispetto al 2009 si evidenzia nel nostro Paese un
incremento dell’accesso ad internet (+11.3%) e della connessione a
banda larga (+25.6%). Nel 2010 il 51.0% della popolazione di 3 anni
e più ha utilizzato il personal computer e il 48.9% della popolazione
di 6 anni e più ha navigato su internet.
In linea con gli anni precedenti, si riscontrano forti differenze di
genere, generazionali e territoriali sia nell’uso del personal computer che in quello di internet, ma diminuiscono le differenze sociali.
Tra gli operai l’uso del personal computer è passato dal 45.1% nel
2009 al 51.4% nel 2010 e l’uso di internet dal 40.9% al 48.4%, mentre i dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, che presentano tassi
di utilizzo molto superiori a quelli degli operai, fanno registrare incrementi più contenuti: l’uso di internet passa dal 79.1% all’85.0% e
l’utilizzo del personal computer dall’81.3% all’85.9%. Le persone di
6 anni e più che si sono connesse ad internet negli ultimi tre mesi
hanno utilizzato la rete prevalentemente per spedire o ricevere e-mail
(78.5%), per apprendere (67,7%) e per cercare informazioni su merci
e servizi (62.8%). Le attività di socializzazione hanno un ruolo
importante nell’utilizzo di internet: il 45.0% degli utenti di internet utilizza siti di social networking (Facebook, Twitter, Myspace,
ecc.), il 36.7% inserisce messaggi in chat, blog, newsgroup o forum
di discussione online e il 26.8% utilizza i servizi di instant messaging. Le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologi-
258
che. Tra le famiglie si osserva un forte divario tecnologico da ricondurre a fattori di tipo generazionale, culturale ed economico. Le
famiglie costituite da sole persone di 65 anni e più continuano ad
essere escluse dal possesso di beni tecnologici: appena il 9.8% di
esse possiede il personal computer e soltanto l’8.1% ha l’accesso ad
internet. Inoltre in queste famiglie è più limitato il possesso delle
nuove tecnologie collegate alla tv, come il decoder digitale terrestre
(37.5%) o l’antenna parabolica (16.7%). L’unico bene diffuso (a parte il tv color) è il cellulare il cui possesso è comunque molto inferiore alla media nazionale (il 63.6% rispetto all’89.5%). All’estremo
opposto si collocano le famiglie con almeno un minorenne che possiedono il personal computer e l’accesso ad internet rispettivamente
nell’81.8% e nel 74.7% dei casi. Sono queste famiglie ad avere il più
alto tasso di possesso di una connessione a banda larga (63.0%) e del
telefono cellulare (98.5%), il quale ha raggiunto e superato i livelli di
diffusione della televisione. Si riducono le differenze sociali nel
possesso di beni tecnologici, infatti le famiglie con capofamiglia
dirigente, imprenditore o libero professionista e quelle con capofamiglia direttivo, quadro, impiegato sono le più tecnologiche. In particolare, l’89.9% delle famiglie con capofamiglia dirigente, imprenditore o libero professionista possiede il personal computer, l’84.2%
l’accesso ad internet, il 70,8% la connessione a banda larga e il 53,5%
l’antenna parabolica. Il possesso del cellulare ha superato quello del
televisore in quasi tutte le famiglie, eccetto quelle in cui il capofamiglia risulta non occupato. Le famiglie più svantaggiate sono quelle
con capofamiglia operaio e quelle con capofamiglia non occupato.
Ad esempio, tra le prime e le famiglie in cui il capofamiglia è dirigente, imprenditore o libero professionista si registra, a favore di
queste ultime, una differenza di 23 punti percentuali nel possesso del
personal computer, di oltre 24 punti nel possesso dell’accesso ad internet e di circa 21 punti per la connessione a banda larga. Tra il 2009
e il 2010 si riduce il divario tra le famiglie con capofamiglia dirigente, imprenditore o libero professionista e quelle con capofamiglia
operaio per quasi tutti i beni tecnologici considerati. Il Sud è più
259
svantaggiato, infatti sono le famiglie del Centro e del Nord a possedere le quote più elevate di beni tecnologici. Il personal computer, ad
esempio, è diffuso in uguale misura nel Centro e nel Nord (circa il
60.0%) e meno nel Sud (51,8%). Inoltre, nel Centro-nord si riscontra
la quota più alta di famiglie che possiede l’accesso ad internet (oltre
il 54%) e la connessione a banda larga (circa il 46.0%), mentre nel
Sud e nelle Isole le quote scendono e si attestano rispettivamente
(nello specifico in Puglia) intorno al 47.0% e al 37.0%. Tra il 2009 e
il 2010 rimane stabile il divario tecnologico tra il Nord e il Sud del
Paese per tutti i beni ad eccezione del decoder digitale terrestre. Le
famiglie non hanno internet a casa per l’incapacità di utilizzarlo:
questo il motivo maggiormente indicato dalla parte del campione che
dichiara di non navigare (40.8%). Il 23.2% delle famiglie considera
internet inutile e non interessante, il 13.2% non ha accesso ad internet da casa perché accede da un altro luogo, il 10.2% perché considera costosi gli strumenti necessari per connettersi e l’8.2% perché ritiene alto il costo del collegamento. Decisamente residuale la quota
di famiglie che indica tra le motivazioni la disabilità fisica (3.2%), i
motivi di privacy e di sicurezza (2.6%) e la pericolosità dei contenuti di internet (1.6%). Le motivazioni si distribuiscono diversamente a
seconda della tipologia familiare. Nelle famiglie di soli anziani è più
elevata della media la quota di coloro che non possiedono accesso ad
internet da casa per mancanza di capacità (55.7%), perché lo considerano inutile (28.0%) e per disabilità fisica (5.8%). Tra le famiglie
con almeno un minorenne è superiore alla media la quota di chi non
accede ad internet da casa per l’alto costo degli strumenti necessari
alla connessione e del collegamento (rispettivamente 26.3% e 22.2%)
o perché vi si accede da altro luogo (22.1%). Rispetto al 2008 non si
registrano cambiamenti significativi nella graduatoria dei motivi del
non accesso ad internet da casa. La mancanza di accesso continua ad
essere in primo luogo un problema culturale; infatti, tra le motivazioni rimane stabile al primo posto la mancanza di capacità. Per quanto
concerne le differenze internazionali nell’accesso ad internet, bisogna sottolineare che l’Italia è indietro in Europa. Infatti è possi-
260
bile effettuare dei confronti internazionali sulla base dei dati raccolti
con l’indagine comunitaria sulla diffusione delle ICT presso le famiglie e gli individui realizzata dagli istituti di statistica dei paesi membri dell’Unione europea. Considerando la percentuale di famiglie
con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiede un accesso ad internet da casa, l’Italia è rimasta indietro rispetto a molti dei
paesi dell’Unione europea, risultando al ventesimo posto, con un tasso di penetrazione del 59.0% rispetto alla media europea del 70.0%.
Vicini all’Italia troviamo la Spagna (59.0%) e la Lettonia (60.0%),
mentre Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca registrano un tasso di penetrazione che supera l’86.0%. Rispetto al 2009 l’Italia registra una crescita nell’accesso ad internet pari all’11.3%. Un altro indicatore importante per misurare il digital divide è dato dalle famiglie
con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiedono un
accesso ad internet da casa mediante banda larga: anche in questo
caso l’Italia si colloca in fondo alla graduatoria, con un tasso di penetrazione del 49.0% rispetto alla media europea del 61.0%. Valori
vicini a quello dell’Italia si riscontrano per la Slovacchia (49.0%), il
Portogallo (50.0%), mentre Svezia, Danimarca e Finlandia registrano un tasso di penetrazione che supera il 76.0%. Rispetto al 2009 i
Paesi che registrano la crescita maggiore nell’accesso ad internet mediante banda larga sono l’Italia e la Grecia, entrambe con un incremento superiore al 24.0%. Per quanto concerne l’utilizzo delle tecnologie da parte degli individui permangono forti differenze
generazionali. Nel 2010 il 51.0% della popolazione di 3 anni e più
utilizza il personal computer e il 48.9% della popolazione di 6 anni e
più naviga su internet. Se si considera la frequenza di utilizzo, si
evidenzia che il 30.7% delle persone di 3 anni e più usa il personal
computer tutti i giorni e il 26.4% di quelle di 6 anni e più usa Internet
quotidianamente . Rispetto al 2009, aumenta la quota degli utenti sia
del personal computer (3.5 punti percentuali) sia di internet (4.5 punti percentuali), confermando così il trend crescente registrato dal
2008 dopo il susseguirsi di due anni di stagnazione (2006 e 2007). In
particolare, si registra un incremento significativo nell’uso quotidia-
261
no: dal 27.0% al 30.7% per il personal computer e dal 21.8% al
26.4% per internet. Il picco di utilizzo del personal computer e di
internet si ha tra i giovani di 11-24 anni (oltre l’82.0% e oltre il
75.0%), per poi decrescere rapidamente all’aumentare dell’età. Già
tra le persone di 35-44 anni l’uso del personal computer (66,6%) e di
internet (64,6%) è molto più contenuto. Tra le persone tra i 60 e i 64
anni solo il 28.3% usa il personal computer e il 25.2% naviga in internet, mentre tra gli ultra sessantacinquenni l’uso di queste tecnologie è ancora un fenomeno marginale. In linea con gli anni precedenti,
si riscontrano forti differenze di genere sia nell’uso del personal
computer che in quello di internet. Dichiara, infatti, di utilizzare il
personal computer il 56.5% degli uomini, a fronte del 45.8% delle
donne, e naviga in internet il 54.6% degli uomini e il 43.6% delle
donne. Va rilevato, comunque, che fino ai 34 anni le differenze di
genere sono molto contenute o nulle, mentre si accentuano a partire
dai 35 anni a favore degli uomini, per raggiungere il massimo tra le
persone tra i 55 e i 64 anni, con oltre 16 punti percentuali a favore
degli uomini sia per quanto riguarda l’utilizzo del personal computer
che di internet. Tale divario a favore degli uomini si registra anche tra
gli utenti che si connettono giornalmente al web o che utilizzano quotidianamente il personal computer . È forte lo svantaggio del Sud,
ma diminuiscono le differenze sociali, infatti nel 2010 permane lo
squilibrio territoriale sia nell’uso del personal computer che in quello
di internet: utilizza il computer oltre il 53.0% della popolazione residente nel Centro-nord a fronte di una quota che nel Sud e nelle Isole
è rispettivamente del 43.5% e del 47.0%; l’uso di internet supera il
51.0% nel Centro-nord e si attesta al 41.9% nel Sud e al 44.5% nelle
Isole. Particolare rilevanza assume anche l’ampiezza del comune di
residenza. Ad esempio, nei comuni fino a 2.000 abitanti la quota di
chi si connette ad internet è pari al 42.4%, mentre nei comuni centro
e periferia dell’area metropolitana la quota supera il 53.0%. Gli utenti del personal computer si attestano al 46.0% nei comuni fino a 2.000
abitanti, mentre superano il 54.0% nei comuni centro e della periferia
dell’area metropolitana. Tra il 2009 e il 2010 si registrano incre-
262
menti significativi in tutte le ripartizioni territoriali sia nell’uso
del personal computer sia nell’accesso ad internet, ma nonostante ciò le differenze territoriali tra il Nord e il Sud del paese rimangono stabili. L’uso del personal computer e di internet è connotato anche da un forte divario sociale che comunque appare in
attenuazione. Tra gli “over 15” usano di più il personal computer e
internet gli studenti (rispettivamente 92.1% e 91.8%), per i quali la
sovrapposizione nell’uso dei due strumenti è quasi totale, seguiti dagli occupati (71.1% e 68.7%); all’ultimo posto si collocano le casalinghe (18.4% e 17.1%) e i ritirati dal lavoro (15.4% e 13.3%). Tra gli
occupati l’uso del personal computer prevale tra i direttivi, quadri,
impiegati (87.3%). Seguono i dirigenti, imprenditori, liberi professionisti (85.9%) e, a grande distanza, i lavoratori in proprio e i coadiuvanti (59.2%), mentre tra gli operai e apprendisti la quota di chi
utilizza il personal computer scende al 51.4%. Internet è utilizzato
soprattutto dai dirigenti, imprenditori, liberi professionisti e i direttivi, quadri, impiegati (circa l’85.0%). Solo il 48.4% degli operai e
apprendisti usa, invece, la rete. Il luogo privilegiato di utilizzo è la
casa, pochi si connettono a internet senza fili. Infatti la maggioranza dei soggetti interpellati dichiara di collegarsi dalla propria
abitazione. L’88.8% delle persone con età superiore ai 3 anni che ha
utilizzato il personal computer nei tre mesi precedenti l’intervista lo
ha fatto da casa. Seguono le connessioni dal posto di lavoro (37.5%),
da casa di altri (22.8%), dal luogo di studio (15.8%) e da altri luoghi
(17.4%). Per internet si riscontra una situazione simile con l’87.2%
degli utilizzatori di 6 anni e più che lo usa da casa, il 35.9% dal luogo
di lavoro, il 23.4% da casa di altri, il 12.6% dal luogo di studio e il
17.5% da altro luogo. Considerando i figli dai 3 ai 17 anni che vivono
con i genitori (con uno o entrambi), si evidenzia che il 21.5% usa il
personal computer solo a casa, il 13.8% sia a casa, sia a scuola (ma
non altrove) e il 12.2 % utilizza il personal computer sia a casa, sia a
scuola e sia in altri luoghi. Appena l’1.7% lo usa solo a scuola. Il divario tra i bambini e ragazzi dai 3 ai 17 anni, dovuto al titolo di studio
dei genitori, è molto forte. Infatti, ha usato il personal computer negli
263
ultimi tre mesi il 66.5% dei bambini e ragazzi con almeno un genitore laureato rispetto al 43.2% di quelli con i genitori con la licenza
elementare. I bambini e ragazzi con genitori con titoli di studio bassi
sono svantaggiati sia nell’uso a casa, sia nell’uso combinato a casa e
a scuola, il che dimostra che la scuola non riesce a colmare il profondo divario dovuto ad un ambiente familiare non favorevole. Considerando, infine, il collegamento ad internet senza fili, si evidenzia che
sono ancora poche le persone che lo usano. Il 38.8% degli utenti di
internet usa un portatile con collegamento senza cavi (WIFI). Più
contenute le quote di coloro che usano un cellulare via UMTS, 3G,
3G+ (9.5%), un cellulare via GPRS (6.5%) e un computer palmare
(5.0%). La quota di coloro che utilizzano collegamenti senza fili è
sempre più alta tra gli uomini e nella fascia d’età tra i 18 e i 44 anni.
Rispetto all’anno precedente la situazione è piuttosto stabile, ad eccezione di chi usa il portatile con collegamento senza cavi (WIFI)
che passa dal 32.0% nel 2009 al 38.8% nel 2010. Per quanto concerne le abilità informatiche degli utilizzatori del personal computer
il 35.5% delle persone di 3 anni e più che usano il personal computer
ha seguito uno o più corsi relativi al suo utilizzo (10 milioni 541 mila
persone). La quota di chi ha seguito corsi è più alta fra le donne
(38.1% contro il 33.2% degli uomini), tra i 55 e i 59 anni (44.5%), tra
i 20 e i 24 anni (41.5%) e tra la popolazione residente nel Nord, dove
oltre il 38.0% dichiara di aver seguito corsi relativi all’uso del personal computer a fronte di una quota che si attesta al 30.9% nel Sud e
al 31.1% nelle Isole. La quasi totalità degli utenti di internet di 6 anni
e più sa usare un motore di ricerca (94.2%) e una quota molto elevata sa spedire e-mail con allegati (82.5%). Oltre la metà degli utenti sa
inserire messaggi in chat, newsgroups o forum di discussione online
(55.0%). Più contenute le quote di utenti che dichiarano di saper telefonare tramite internet (34.4%), che sanno usare il peer to peer per
scambiare film, musica, ecc. (23.3%) e che affermano di saper creare
una pagina web (18.5%). Rispetto alle abilità informatiche emergono
differenze di genere solo relativamente ad alcune di esse: il 28.0%
degli uomini sa usare il peer to peer per scambiare film, musica, ecc.
264
rispetto al 16.8% delle donne, il 21.9% sa creare una pagina web
mentre tra le donne è il 14.6% e il 37.1% degli uomini utilizza internet per effettuare telefonate contro il 31.3% delle donne. La quota di
coloro che sanno inserire messaggi in chat, newsgroup o forum di
discussione online e creare una pagina web è più elevata tra i 15 e i
24 anni; in particolare, oltre il 79.0% degli utenti di questa fascia di
età sa inserire messaggi online e oltre il 27.0% è in grado di creare
una pagina web. L’utilizzo di internet per telefonare è più diffuso tra
i 18 e i 44 anni, nello specifico più del 34.0% sa effettuare telefonate
via internet, mentre più del 32.0% delle persone tra i 15 e i 34 anni
sanno impiegare il peer to peer per scambiare film, musica, ecc. Circa le attività svolte con internet, le persone di 6 anni e più che si
sono connesse ad internet negli ultimi tre mesi hanno utilizzato la
rete prevalentemente per comunicare attraverso l’uso della posta
elettronica, ovvero per spedire o ricevere e-mail (78.5%), hanno consultato internet per apprendere (67.7%) e per cercare informazioni su
merci e servizi (62.8%). Di rilievo è la quota di chi si connette al web
per usare servizi relativi a viaggi e soggiorni (45.1%), per usare siti
di social networking (Facebook, Twitter, Myspace), per leggere o
scaricare giornali, news, riviste (44%), per giocare o scaricare giochi,
immagini, musica (41.2%), per cercare informazioni sanitarie
(40.1%), per inserire messaggi in chat, blog, forum (36.7%), per cercare informazioni su attività di istruzione o su corsi di qualunque tipo
(36.5%) o per caricare testi, immagini, fotografie, ecc. su siti web per
condividerli (36.4%). Rispetto al 2009 tra gli utenti di internet aumenta il ricorso ai sistemi di comunicazione in tempo reale: aumentano le telefonate via internet, le videochiamate e l’inserimento dei
messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online. In
crescita anche l’ascolto della radio e la visione di programmi televisivi su web. Se, invece, si analizzano le attività svolte su internet sul
totale della popolazione di 6 anni e più, non solo le attività di comunicazione ma anche tutte le altre attività mostrano una crescita rispetto al 2009. Ciò significa che la crescita degli utenti di internet
potrebbe essere dovuta essenzialmente a persone che usano la
265
rete per attività di comunicazione. Le attività svolte con il web
sono strettamente correlate con l’età: tra i 18 e i 59 anni oltre l’81.0%
degli utilizzatori di internet usa la rete per mandare o ricevere e-mail.
L’utilizzo del web per cercare informazioni su attività d’istruzione o
su corsi di qualunque tipo è particolarmente diffuso tra le persone tra
i 18 e i 24 anni (oltre il 51.0%). Consultare internet per apprendere è
un’attività svolta prevalentemente dalle persone di tra i 15 e i 24 anni
(oltre il 72.0%), mentre la ricerca di lavoro su internet prevale nella
fascia tra i 20 e i 34 anni (oltre il 32.0%). Cercare informazioni sanitarie e leggere giornali, news, riviste sono, invece, le attività più diffuse tra le persone tra i 25 e i 64 anni. L’uso di servizi bancari via
internet è molto diffuso tra le persone tra i 35 e i 44 anni (41.4%).
Caricare testi, immagini, fotografie sul web per condividerli e ascoltare la radio, guardare programmi televisivi su web è più diffuso tra
le persone tra i 15 e i 24 anni (rispettivamente oltre il 59.0% e oltre il
45.0%). Le attività di comunicazione hanno un ruolo importante
nell’utilizzo di internet. Il 45.0% degli utenti di internet utilizza siti
di social networking (Facebook, Twitter, Myspace, ecc.), il 36.7%
inserisce messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione
online e il 26.8% utilizza i servizi di instant messaging. Internet risulta meno usato per effettuare videochiamate (22.4%) e per telefonare (18.9%). L’uso della rete per comunicare è fortemente connotato con l’età: sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni ad usare siti
di social networking (oltre il 73.0% rispetto al 45.o% della media),
ad inserire messaggi in chat, blog, newsgroup o forum (oltre il 66.0%
contro il 36.7% della media nazionale), ad utilizzare i servizi di instant messaging (più del 50.0% contro il 26.8% della media nazionale). Non emergono differenze territoriali rilevanti nell’uso di internet
per comunicare ad eccezione per l’inserimento di messaggi in chat,
blog, newsgroup o forum di discussione online e nell’uso di siti di
social networking che risultano maggiormente diffusi nel Sud rispetto al resto del Paese. In particolare nel Sud il 52% degli utenti di internet ha usato siti di social networking rispetto al 39.1%
degli utenti residenti nel Nord-est. Nel Sud il 42.0% degli utenti ha
266
usato internet per inserire messaggi in chat, blog, newsgroup o forum
rispetto al 32.7% del Nord-ovest.
8.2 La ricerca in Puglia: le scuole campione e la media education
Il Liceo scientifico Gaetano Salvemini sorge nel quartiere Japigia di
Bari, in prossimità della tangenziale, all’interno di un complesso di
edifici scolastici denominato “Polivalente”.
Il quartiere può essere definito semi-popolare. L’edificio, che si sviluppa su tre piani, ospita su ogni livello, insieme alle aule, diversi
laboratori e locali destinati ad attività didattiche.
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--
Auditorium con 450 posti a sedere
Biblioteca con oltre 5500 volumi
Laboratori di chimica e di biologia
Laboratorio scientifico multimediale
Laboratorio linguistico audio-attivo comparativo // centro polivalente di apprendimento e di auto-apprendimento
Laboratorio linguistico multimediale
Laboratorio di fisica
Laboratorio di informatica
Aula multimediale
Laboratorio di educazione stradale
Palestra attrezzata con annessa sala di riabilitazione e di potenziamento muscolare e campi interni ed esterni per giochi di squadra.
Aula attrezzata per il Tennis da tavolo in convenzione con CONI
e FITET
267
--
Aula attrezzata per il centro di informazione e consulenza/CIC
I bisogni formativi generali ai quali la scuola cerca di rispondere
Cosa chiede (1) la società globalizzata della conoscenza, e la comunità europea, alla scuola per costruire il suo futuro? Cosa chiede (2)
la nostra società nazionale?
1.Un mondo globalizzato e multiculturale, caratterizzato:
-- dalla società della conoscenza e dell’informazione, dall’accelerazione del tempo storico, dalla velocità e dalla problematicità
dello sviluppo (in cui ricerca e formazione sono nodi decisivi
dello sviluppo, su cui non si ha tempo e modo di riflettere adeguatamente), dalla complessità, dalla caduta delle grandi certezze culturali, ideologiche e scientifiche dei secoli passati, dal
mutamento della stessa natura del lavoro e delle forme di vita;
-- dal pluralismo di culture e linguaggi;
-- dalla crisi giovanile, nelle sue varie manifestazioni: identità, indeterminazione etica, narcisismo, sentimento di marginalità e
frustrazione, scarsa fiducia in sé e nel futuro, ecc..;
-- dalla crisi del civismo, dell’etica e della responsabilità pubblica,
della cittadinanza democratica attiva, della coesistenza pacifica
e inclusiva in una società multiculturale e multietnica, in una dimensione solidaristica e giusta;
-- dalla minaccia ad uno sviluppo futuro socialmente ed ecologicamente sostenibile e giusto.
Propone nuove sfide alla scuola.
2.In particolare l’Istituto si propone di:
-- promuovere una solida identità, critica e propositiva, della persona degli alunni, da un punto di vista cognitivo, emotivo, sociale,
relazionale. L’identità personale è composta anche di futuro, di
fiducia nella possibilità di contribuire a costruirlo e a progettarlo: l’Istituto valorizza la globalità della persona, la sua autono-
268
--
--
ma capacità di conoscersi, di orientarsi, di comprendere criticamente la realtà, di partecipare creativamente e responsabilmente
alla costruzione di un personale progetto di vita e della società,
nell’ottica di una civile convivenza;
promuovere lo sviluppo di una cultura che valorizzi le identità e
le differenze, che contribuisca all’integrazione, alla costruzione
negoziata di una nuova cultura attraverso il dialogo e il confronto
democratico;
promuovere la coscienza europea di cittadino, la consapevole
accettazione dei principi della Carta europea, fondata sul riconoscimento dei valori della persona, dei suoi diritti e della sua
dignità, della pace, del dialogo tra i popoli e tra le culture; sul
riconoscimento della differenza come valore e dei valori della
solidarietà verso i deboli.
Principi generali di riferimento per la costruzione dell’offerta
formativa
Il Liceo Salvemini fornisce una preparazione culturale di base completa in tutte le sezioni di cui è composto, assicurando l’unità e l’organicità dell’offerta; essa risulta equilibrata tra le discipline caratterizzanti gli indirizzi sperimentali (PNI e LINGUISTICO) e le aree
comuni linguistico-storico-letteraria e matematico-scientifica. Tale
preparazione è conseguita attraverso una pluralità di metodologie,
comunemente caratterizzate da una didattica rigorosa e innovativa,
attiva e coinvolgente, resa completa con attività di laboratorio che,
almeno nella maggioranza dei casi, utilizzano le più moderne tecnologie in molti ambiti disciplinari. L’Istituto, in relazione alla dimensione europea della formazione, della cittadinanza e delle future
professioni, assicura la conoscenza delle lingue straniere in tutti gli
indirizzi e offre una particolare preparazione in due lingue europee
nella sezione linguistica. L’Istituto, nella progettazione e nella realizzazione dell’offerta formativa, attribuisce rilevante importanza ai
seguenti elementi:
269
---------
--
la centralità della relazione umana nel rapporto formativo;
la dimensione unitaria della cultura, umanistica e scientifica;
l’attenzione verso le problematiche giovanili;
la diversificazione e la flessibilità dell’offerta formativa, in relazione alla specificità dei bisogni e della utenza;
la compartecipazione e la collaborazione tra famiglia e scuola;
la promozione di esperienze di cittadinanza attiva e di forme di
solidarietà, nella scuola e nel territorio;
la cultura dell’’integrazione, della coesione e dell’inclusione sociale;
l’attenzione alle dinamiche di sviluppo del territorio, l’individuazione di indirizzi formativi e di nuove figure professionali
richieste dal mondo del lavoro e orientate al futuro;
la promozione di capacità di apprendere attraverso la relazione
umana, il lavoro in gruppo, l’uso delle nuove tecnologie comunicative.
Finalità educative
L’Istituto individua, dunque, le seguenti aree formative in cui operare
principalmente:
1. FORMAZIONE DELLA PERSONA, in cui rientrano le attività
riguardanti:
-- area di orientamento
-- area creativo-espressiva
-- socializzazione e sport
-- incontri culturali e di approfondimento
-- viaggi di istruzione
-- stare bene a scuola e salute
270
2. FORMAZIONE DEL CITTADINO, in cui rientrano le attività riguardanti:
-- area della cittadinanza
-- educazione alla legalità
-- educazione alla salute ed ecologica
-- educazione alla valorizzazione della diversità
-- educazione alla solidarietà
3. FORMAZIONE DELL’ALUNNO, in cui rientrano le attività riguardanti:
-- innovazione didattica
-- sostegno, recupero, eccellenza
-- valutazione
-- didattica laboratoriale
-- spazi e tempi per l’espressività dei giovani attraverso una pluralità di linguaggi
Curricoli esistenti
Il Liceo Salvemini è consapevole del fatto che un’operazione solida e organica sui curricoli sarà possibile solo con una riforma della
Scuola Secondaria Superiore, con la chiarificazione della specificità
dell’offerta formativa regionale, del monte orario, del rapporto tra
parte obbligatoria e parte opzionale del curricolo stesso, del ruolo
della scuola autonoma e dei singoli docenti nella definizione della
parte flessibile dei curricoli. Tuttavia, nel quadro delle possibilità
consentite dall’autonomia, tenendo conto delle indicazioni europee
per l’educazione, delle indicazioni nazionali esistenti, tenendo conto dello sviluppo teorico e delle sperimentazioni attuate nel nostro
Paese e all’estero, facendo tesoro delle migliori pratiche disponibili,
cercherà, a piccoli passi e gradualmente, di attuare un ampliamento
271
e una caratterizzazione della propria offerta formativa per rispondere
nel modo più adeguato ai bisogni formativi delle nuove generazioni.
A questo fine, il Liceo tiene conto di alcuni punti critici nei curricoli
esistenti per cercare possibili cambiamenti efficaci.
a) Curricoli di area umanistica e relativi punti critici
-- Persiste una impostazione storicistica enciclopedica nei programmi, che impedisce la qualità dell’insegnare e dell’apprendere. Un insegnamento che non vuole soltanto trasmettere nozioni,
ha bisogno di metodologie più efficaci, attive, coinvolgenti, laboratoriali, in grado di promuovere apprendimenti significativi,
personalizzati, capitalizzabili, duraturi, flessibili, attraverso la
progettazione di ambienti formativi più radicati nell’esperienza
e nei contesti problematici concreti, realizzabili, quindi, in tempi
più dilatati e in spazi più disponibili per la comunicazione didattica.
-- Occorrono scelte curricolari che selezionino i nuclei fondamentali delle discipline, sia da un punto di vista dei contenuti (le
conoscenze) sia dal punto di vista epistemologico (il modo di
produrre conoscenza) e che rendano liberi i docenti e i consigli di classe di progettare percorsi plurali, rispettosi di criteri di
rigore storico-critico, di rappresentatività della ricchezza della
tradizione nella pluralità degli ambiti di conoscenza e di metodi
di produzione di conoscenza, di espressività artistica e di generi
e codici comunicativi.
-- Presenza flebile del ‘900 nei curricoli di quasi tutte le materie.
-- Ancora scarsa l’attenzione al rapporto con altri campi del sapere e della cultura; produzione e fruizione artistica, produzione e
fruizione del sapere scientifico, l’area di cittadinanza del sapere,
in un momento storico in cui molti problemi e temi hanno la caratteristica della multidimensionalità e complessità, richiedono
la valorizzazione di approcci multidisciplinari e convergenti di
272
conoscenza.
b) Curricoli di area scientifica e relativi punti critici
-- In un moderno curricolo scientifico non può essere del tutto assente la dimensione tecnologica, perché questo darebbe un’immagine falsa di come la scienza è oggi, poiché il mondo costruito
dall’uomo è altrettanto degno di indagine quanto quello naturale
e perché, sul piano cognitivo, la soluzione di problemi pratici
dovrebbe essere una componente essenziale della formazione.
Quindi, deve essere messo in evidenza il legame e la continuità
fra aspetti scientifici e aspetti tecnologici.
-- La pratica sperimentale nelle sue diverse forme deve essere introdotta mediante adeguate soluzioni curricolari. Nell’insegnamento scientifico la pratica del metodo sperimentale deve essere
non solo conosciuta teoricamente ma “sperimentata”, in situazioni problematiche, per provare stili e competenze della ricerca scientifica, per mettere alla prova e applicare le conoscenze
teoriche .
-- Deve essere fatto ogni sforzo perché nelle programmazioni didattiche sia dato spazio all’approccio storico delle discipline
scientifiche e a un loro raccordo con le discipline umanistiche,
per collocare la nascita dei concetti, delle teorie e delle invenzioni nel loro contesto culturale e sociale, anche al fine di rendere
evidente il ruolo della scienza e della tecnologia nell’attività intellettuale del genere umano. La dimensione storica dello sviluppo e della crescita della ricerca scientifica, emblematicamente,
serve a promuovere la comprensione del senso costruttivo e problematico del progresso, più aderente all’immagine attuale della
conoscenza scientifica.
Il curricolo si è arricchito a partite dall’a.s. 2009/2010 delle seguenti
caratterizzazioni:
273
1.
2.
3.
4.
Biomedica-Biotecnologica
Fisico-ginnico-sportiva
Ecologico-ambientale
Linguistica: L2 italiano o L3 lingua straniera/insegnamento integrato: una disciplina in lingua straniera
Nel quadro della innovazione didattica perseguita dal Liceo Salvemini, vanno menzionate le caratterizzazioni – ecologica, linguistica
e ginnico sportiva – inserite nel curricolo delle classi prime nelle
sezioni A, C, D, E, o in continuità nelle classi seconde e terze nelle
sezioni E, F e G. L’uso dei laboratori e delle aule multimediali è
prassi consolidata in più discipline, come le uscite didattiche per
visitare mostre e musei o per assistere a spettacoli cinematografici
e/o teatrali. Il curriculum liceale può essere potenziato, arricchito o
diversificato attraverso la partecipazione ai Corsi previsti dai Progetti
interni all’istituto e/o finanziati dalla Comunità europea.
Il Liceo aderisce altresì al programma Intercultura, che favorisce
l’integrazione di studenti stranieri nelle classi per l’apprendimento
della lingua e cultura italiana. Tale esperienza si rivela proficua sia
per gli studenti stranieri, sia per gli studenti italiani, nell’ottica del
confronto e dell’apertura dei propri orizzonti culturali. Gli studenti
stranieri opportunamente seguiti da un docente tutor vengono inseriti
in classi diverse, a seconda delle discipline selezionate e dei diversi
livelli di conoscenze. Ciò consente allo studente straniero di avere un
piano di studi personalizzato e di seguire più discipline in più gruppi
classe e di allargare le proprie conoscenze e familiarizzare con diversi studenti e docenti.
Presenti corsi ECDL, Progetti Pon sulla multimedialità – (Pon su
realizzazione di disegni tridimensionali, sulla catalogazione multimediale di testi), presenta un sito internet estremamente ricco di collegamenti e informazioni, ma non particolarmente interattivo (presenza di un blog degli studenti ma non costantemente aggiornato).
274
L’Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri Leonardo da
Vinci nasce a Martina Franca nell’ a.s. 1962/63 come sezione staccata del Pitagora di Taranto. Dichiarata autonoma nel 1968, in poco
più di trent’anni la scuola si è sviluppata enormemente nonostante
le difficoltà strutturali connesse alla provvisorietà e precarietà delle sedi di volta in volta messe a disposizione dall’Amministrazione
Provinciale di Taranto.
Nell’anno scolastico 1991/92 l’Istituto ottiene la propria sede definitiva in Contrada Pergolo, dove è attualmente ubicato, e nello stesso
anno inizia in due prime classi la sperimentazione I.G.E.A. (Indirizzo Giuridico Economico Aziendale) divenuta ordinamento nell’a.s.
1999/2000.
A partire dall’anno scolastico 2000/2001, la graduale introduzione
dell’autonomia ha permesso di avviare significative innovazioni di
carattere didattico e organizzativo (“Laboratorio di Filosofia” e “Moduli integrati”) e ha favorito l’inserimento dell’Istituto nel Programma Operativo Nazionale (P.O.N. 2000-2006) con obiettivi di grande
rilievo.
Nell’anno scolastico 2004/2005 viene attivata la prima sezione del
Corso per perito aziendale e corrispondente in lingue estere (Progetto
E.R.I.C.A.).
A partire dallo stesso anno, inoltre, l’Istituto risulta inserito nell’elenco regionale quale sede operativa accreditata per la Formazione
Superiore (IFTS) e per la Formazione Continua.
Successivamente, in ordine al Piano provinciale di organizzazione
della rete scolastica l’istituto viene autorizzato dalla Regione Puglia ad ampliare la propria offerta formativa, per l’a.s. 2007/2008,
con l’istituzione dell’indirizzo Tecnico Turistico “Progetto ITER”,
per l’a.s. 2008/2009, con l’istituzione del Progetto SIRIO (un corso
IGEA e un corso per Geometri). Tutti i corsi hanno durata di 5 anni e
si suddividono in un biennio e in un triennio per i Corsi Igea, Erica e
Geometri e in due bienni e un quinto anno per i Corsi di AFM, TUR
e CAT.
275
Le principali innovazioni dei rispettivi curricoli riguardano:
1. la suddivisione, nel biennio, delle discipline tra area comune e
area di indirizzo;
2. l’ aggiunta di ore di insegnamento da destinare all’attività di laboratorio;
3. l’inserimento nell’area comune del biennio di una materia denominata Diritto ed economia per rispondere alle esigenze di formazione del cittadino in quanto tale;
4. la revisione sostanziale dell’insegnamento della Matematica integrato con l’insegnamento di Informatica (PNI);
5. l’istituzione delle materie Scienza della Materia e Scienza della
Natura per l’insegnamento integrato delle discipline scientifiche;
6. la creazione di un’area operativa denominata Trattamento testi
e dati, per l’acquisizione delle abilità necessarie ad operare in
ambiente informatico previste per il conseguimento della patente
europea del computer ECDL;
7. l’introduzione della seconda lingua straniera nell’IGEA e della
terza lingua straniera nell’ ERICA e nell’ITER;
8. l’insegnamento della lingua straniera per tutto il quinquennio
(Geometri);
9. nei Geometri l’inserimento nel triennio di una nuova materia denominata Impianti, lo studio della Fotogrammetria a integrazione della Topografia, l’inserimento della Geopedologia nell’ambito dello studio dell’Estimo e dell’Economia agraria.
Il BIENNIO ha un carattere introduttivo e informativo-culturale: nei primi due anni gli obiettivi di istruzione e socializzazione sono collocati all’interno di una prospettiva unitaria che
ha come finalità fondamentale quella di portare tutti gli alunni ad un livello di istruzione e socializzazione adeguato a proseguire autonomamente ed efficacemente il percorso di studio.
La presenza, quindi, di un’area di indirizzo nel biennio risponde a
276
tre esigenze:
-- partecipare alla formazione generale dell’alunno
-- anticipare qualche tema dell’area professionale
-- orientare la scelta dell’indirizzo
Il TRIENNIO ha un carattere prevalentemente tecnico-professionale
ed è finalizzato all’acquisizione da parte dello studente di un livello
di professionalità di base che sia spendibile nel mondo del lavoro.
Presenta un sito internet ricco, una piattaforma Moodle per l’e-learning, un blog per gli studenti e la possibilità di scaricare materiale
didattico interattivo. Vengono organizzati corsi ECDL e sono presenti 3 LIM. Si annoverano diversi progetti e laboratori legali alla multimedialità: tra questi segnaliamo il progetto “dall’aula alla classe
virtuale Al web OB.D1. Il progetto ha come obiettivi :
-- conoscere i vantaggi apportati dalle ITC alla didattica
-- apprezzare la valenza dell’approccio costruttivistico
-- conoscere le potenzialità di specifici strumenti d’interazione e di
apprendimento
-- conoscere la piattaforma di e-learning Moodle
-- acquisire la capacità di gestire le attività didattiche di una classe
virtuale in ambiente Moodle
-- saper usare gli strumenti per la realizzazione di un corso
-- progettare un corso o in alternativa un ambiente aperto per la
comunicazione e la costruzione dei saperi (blog, podcast)
IISS Antonietta de Pace di Lecce. La sede centrale dell’Istituto si
trova in Viale Marche, a pochi metri dal centro della città, ed ospita gli Uffici di Presidenza e di Segreteria. Poiché la sede centrale
ospita oltre agli indirizzi Grafico-Pubblicitario e Chimico-Biologico
anche i percorsi serali degli Indirizzi Moda e Grafico Pubblicitario,
la sede è aperta dalle 8.00 alle 21.00 con un Servizio Accoglienza
Orientamento. La sede è dotata di Biblioteca centrale (con oltre 2000
277
volumi pregiati) e di Biblioteca didattica/ CDD. L’edificio che ospita la scuola è stato per lunghi anni sede dell’importante istituzione
IPAI. La sede di via Miglietta ospita gli ambienti attrezzati interni ed
esterni del Centro Risorse FRECCIA, presidio provinciale contro la
dispersione scolastica e la disgregazione sociale. Il progetto è tra i
finalisti nell’ambito del concorso internazionale GLOBAL JUNIOR
CHALLENGE 2012 promosso dalla Fondazione Mondo Digitale, a
Roma, in Campidoglio, come esempio di buona pratica per la promozione dell’integrazione sociale e del successo formativo. L’innovazione didattica rappresenta un punto di forza dell’offerta formativa
realizzata dall’IISS Antonietta de Pace di Lecce e ha sviluppato un
nuovo concetto di “ambiente d’apprendimento”: oltre all’aula tradizionale, infatti, la laboratorialità si declina in ambienti di tipo interattivo, adeguati a stimolare l’apprendimento per problemi e le strategie
cooperative che facilitano lo sviluppo di competenze per la vita, per
lo studio, per la professione. Sulla base di questo convincimento,
pertanto, grazie ad un FESR Misura 4. Azione 4.1, l’Istituto ha dato
vita al Centro Risorse FRECCIA, acronimo di Formazione Riequilibrio Educazione Comunicazione Crescita Integrazione Accoglienza, contro la dispersione scolastica e la frammentazione sociale,
realizzato in partenariato con la Provincia di Lecce e inaugurato
nel corso dell’a.s. 2007/2008 come laboratorio di ricerca azione e
raccordo tra ricerca accademica e istituzioni in fatto di formazione
professionale, educazione alla cittadinanza attiva, istruzione di base,
Life Long Learning ed utilizzo delle nuove tecnologie. I laboratori sono accessibili gratuitamente a tutti e supportano le più svariate
attività: Lingue Straniere, Grafica e Fotografia, Giornalismo e Multimedialità, Teatro, Danza e Musica, Serra biologica e Orto botanico,
Scienze e Biotecnologie, Meteorologia, Moda, Artigianato e Bricolage, Simulazione d’Impresa, Informatica ed ECDL, Accoglienza ed
Integrazione con intermediazione culturale e Italiano per Stranieri,
Laboratori ed NT di supporto alla diversa abilità, Palestra e Campi
attrezzati per i diversi sport. La progettualità in rete (internazionale,
nazionale e locale) esplicitata dall’Istituto in questi anni è stata sor-
278
retta, diffusa e promossa dal team strategico formato da docenti ed
esperti dell’Istituto, grazie agli ambienti attrezzati del Centro Risorse
FRECCIA che hanno costituito un esempio di nuovo “ambiente di apprendimento” in cui l’educazione formale, informale e non formale
concorre allo sviluppo di competenze di cittadinanza e professionalità nei diversi settori ed indirizzi previsti dal Quadro Europeo delle
Qualifiche e in ottemperanza agli obiettivi di occupabilità e sviluppo
auspicati dal Consiglio di Lisbona. L’IISS de Pace, professionale per
vocazione e tecnico per evoluzione, ha interpretato ed utilizzato in tal
senso i dati nazionali e regionali relativi all’abbandono dei curricola tradizionali da parte di moltissimi giovani prima del compimento
del 18° anno di età e la conseguente necessità ribadita dal Consiglio
d’Europa e sottolineata attraverso la legislazione nazionale sull’obbligo formativo, di dare vita a percorsi irrituali, attraenti, in grado di
far dialogare scuola e territorio al fine di arginare il fenomeno della
“dispersione”, in particolar modo nelle regioni del sottosviluppo destinatarie di fondi europei speciali, quelli del cosiddetto Obiettivo
1. Il cambiamento auspicato e preparato dall’Istituto ha inteso attraversare, infatti, sistematicamente lo stesso concetto di “fare scuola”,
utilizzando l’innovazione tecnologica come acceleratore di processo
e strumento formativo d’eccellenza nell’ambito delle chances offerte
dall’autonomia organizzativa e didattica al fine di rendere interattivo
il processo di apprendimento/insegnamento nel contesto territoriale d’appartenenza. L’Istituto, attraverso il suo Centro Risorse si è
posto nell’ambito del territorio di riferimento come soggetto attivo
e propositivo in grado di dare alla propria offerta formativa quella
valenza orientativa necessaria alla costruzione di progetti di vita personali spendibili per l’utenza. Avvalendosi delle opportunità offerte
dai Fondi Europei, l’Istituto ha pianificato e gestito la propria progettualità sulla base di un’attenta autodiagnosi, implementando azioni
di tipo sistemico in grado di potenziare ed animare il Centro Risorse
FRECCIA rendendolo un presidio prezioso ai fini dello sviluppo del
territorio di riferimento e della comunità d’appartenenza in termini
di coesione sociale, supporto al disagio, riequilibrio culturale e co-
279
gnitivo, promozione delle competenze trasversali, di base e professionali nell’ottica del life long learning e della peer education.
Il centro servizi polifunzionale L@bNet
Il Centro Servizi polifunzionale L@bNet nasce per implementare e
potenziare gli ambienti di FRECCIA, grazie al Programma Operativo Nazionale n. 1999 IT 05 1 PO 013 Annualità 2003 – 2006 e alla
Misura 2 – azione 2.2, relativo alla “Costituzione e potenziamento
di reti telematiche e di comunicazione, sia interne che esterne, negli
istituti scolastici, compresi quelli sedi di centri servizi”.
L@bNet costituisce per l’area della provincia salentina (oltre 800.000
abitanti distribuiti su 100 e più comuni) il punto nodale di una rete
telematica nella quale ogni istituzione scolastica del territorio può
trovare sostegno per l’utilizzo ottimale delle nuove tecnologie nella
realizzazione di processi innovativi in ambito didattico ed organizzativo, avviando un profondo rinnovamento che ha ospitato percorsi afferenti alle varie misure del Pon legate alla formazione tecnologica a
partire dalla riscoperta di ambienti di apprendimento diversi dall’aula e dalla tradizionale lezione frontale, e conducendo docenti ed allievi alla gestione consapevole di strumenti tecnologici funzionali alle
strategie formative richieste dalla didattica laboratoriale finalizzata
allo sviluppo del curricolo per competenze. Gli ultimi progetti in ordine di tempo sono i percorsi E2 e D4 per i quali ancora una volta
l’IISS de Pace di Lecce ha funto da presidio provinciale.
L’IISS de Pace di Lecce, Scuola d’Eccellenza, del circuito europeo
ENIS, (European Network of Innovative Schools (ENIS) ha potuto
così potenziare la propria capacità di offrire percorsi d’eccellenza
relativi all’impiego delle TIC a supporto del processo di insegnamento/apprendimento, promuovendo innovazione e mobilitando conoscenze ed abilità nello sviluppo di competenze anche nell’ambito
dei progetti internazionali Leonardo e Comenius, dell’ECDL (per cui
la scuola è test center), della certificazione linguistica, della formazione formatori per l’alternanza scuola/lavoro, della centrale di
280
simulazione nazionale a supporto dell’agenzia delle entrate per la
rete delle Imprese Formative Simulate sostenuta dal portale ANSAS
per conto del MIUR (www.ifsnetwork.net).
La rete interistituzionale costituita dall’Istituto e dalle scuole ad esso
afferenti organizza già da quattro anni la manifestazione “Nella Rete
del PON” che promuove e socializza best practices e progettualità
sostenute dai Fondi Europei consentendo una indispensabile e mirata
comunicazione tra utenza e territorio.
­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­
Obiettivi ed elementi di innovazione
Quali sono gli obiettivi specifici del progetto e quali sono i mezzi
usati per raggiungerli?
Attraverso il centro risorse ed ai suoi laboratori attrezzati con le più
moderne tecnologie relative ai diversi settori produttivi, con un magnifico Auditorium, attrezzato con sala di registrazione audio- video,
teatro, sala conferenze e video-conferenze è possibile:
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realizzare attività formative e ludico-ricreative mirate a compensare e rimotivare adolescenti in situazione di disagio, valorizzando talenti ed attitudini (Laboratorio dell’arte bianca, Internet
Cafè, Emeroteca multimediale, Laboratorio tecnologico polifunzionale di orientamento per disabili, Serra con indicatori biologici vegetali e piante commestibili ed ornamentali della macchia
mediterranea)
realizzare attività di formazione sulle nuove tecnologie della didattica rivolte agli insegnanti delle scuole del primo ciclo destinatarie di finanziamenti sulle nuove tecnologie, potenziando la
didattica ECDL per cui la nostra scuola è Test Center e dando
vita al Centro SERVIZI L@B-Net che ha ulteriormente implementato le strutture con nuovi ed aggiornati ambienti laboratoriali
realizzare per conto dell’USR Puglia, con il supporto della piat-
281
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--
taforma ANSAS, attività di formazione come presidio provinciale per la diffusione del programma OCSE PISA e INVALSI,
al fine di innalzare le competenze degli studenti attraverso l’implementazione delle competenze didattico/valutative dei docenti
con la costruzione di prove mirate a rilevare processi cognitivi di
base e livelli di competenza
attivare sportelli di supporto e consulenza per attività legate alla
cittadinanza attiva come la formazione in alternanza scuola/lavoro, anche in modalità di simulazione d’impresa offrendo consulenza specialistica per l’Orientamento Professionale in collaborazione con il Centro Territoriale per l’Impiego, Borsa Lavoro
e CCIA
attivare laboratori in rete su progettualità finanziata dal FSE con
Istituti d’istruzione secondaria di primo e secondo grado per lo
sviluppo di competenze nell’utilizzo delle nuove tecnologie a
supporto della didattica (con certificazione esterna) e per il recupero delle competenze base degli allievi italiani e stranieri in
Italiano, Lingua Straniera, Matematica (la scuola è sede di Certificazione Trinity; Certificazione CILS per Stranieri; Formazione
[email protected] POSEIDON)
Grazie al progetto di internazionalizzazione Italia – Giordania, che ha
visto coinvolti l’Istituto de Pace e l’Istituto femminile di istruzione secondaria giordano di Fuhais, è nata la piattaforma “De Pace-learning”
strumento didattico completamente basato sul web che permette sia di
gestire corsi a distanza sia di supportare docenti e studenti durante lo
svolgimento dei corsi curriculari che si tengono all’interno dell’Istituto.
La piattaforma che ospita la classe virtuale “Let us meet!” composta
da studenti di entrambi le Nazioni che, a partire dal 2009, si scambiano materiale inerente la cultura e le tradizioni dei rispettivi Paesi,
supporterà a partire dall’a.s. 2012/2013 la sperimentazione CONFAO sul tempo d’apprendimento, consentendo a due classi terze di
affrontare l’e-learning in regime curricolare attraverso l’utilizzo ra-
282
gionato delle nuove tecnologie e degli strumenti già funzionali in
tal senso nell’ Istituto. “De Pace-learning” permette ai docenti, in
modo semplice ed autonomo, di pubblicare e rendere accessibile agli
studenti il materiale didattico delle lezioni, di veicolare comunicazioni, di pubblicare informazioni sul corso, di somministrare compiti/esercitazioni, test ed altro ancora. “De Pace-learning” è basata
su Moodle, la piattaforma di e-learning open source più diffusa al
mondo, in particolar modo nelle Istituzioni accademiche e scolastiche: moltissime organizzazioni di vario genere e tipologia, in numerosi paesi del mondo, hanno scelto la piattaforma Moodle per
gestire le attività di e-learning. L’utilizzo delle nuove tecnologie è
stato sicuramente promosso e supportato sia in ambito europeo che
nazionale e locale anche dalla sperimentazione MIUR della Cl@sse
2.0, ovvero una classe interamente gestita attraverso l’utilizzo delle
nuove tecnologie in funzione formativa con grande successo, come
dimostrano i numerosi materiali multimediali prodotti da allievi e
docenti e il successo formativo di ciascun allievo della classe (normodotato o diversamente abile) che non ha registrato alcun allievo
non ammesso alla classe successiva e una media più alta delle classi
ad essa parallele. Il processo di apprendimento attivato in cl@ssi 2.0
è di tipo multidirezionale contrariamente al classico sistema unidirezionale. In questo clima, è stato possibile sviluppare UDA trasversali
che hanno conseguito esiti in termini di “prestazioni osservabili e
valutabili” come, ad esempio, l’O.L. su un processo di lavorazione
relativo alla ideazione e realizzazione della “gonna dritta”, inserito
nella piattaforma “AScuolaOnLine”. Stimolando in modo nuovo la
riflessione e il ragionamento, il Consiglio di Classe che ha sperimentato il progetto [email protected] (partecipando anche ad una formazione
ad hoc) e che è stato monitorato da un esperto ANSAS attraverso
l’apposita piattaforma ministeriale, ha notato un miglioramento dei
risultati grazie anche al lavoro cooperativo, all’uso di peer tutoring e
soprattutto alla personalizzazione dell’apprendimento che riesce ad
ottenere i migliori livelli di comprensione e assimilazione fino all’eccellenza. I software didattici facilitano percorsi diversificati in base
283
alle particolari esigenze di ciascuno studente in modo da focalizzare
maggiormente l’attività didattica sugli aspetti più congeniali ed adeguati allo stile cognitivo. Tali successi sono registrati anche per l’introduzione di Socialprof, strumento di interazione che accompagna e
potenzia il forum istituzionale aiutando allievi e docenti a interagire,
riequilibrare, potenziare le proprie performance. Esistono infatti programmi che consentono di lavorare con l’intera classe, con piccoli
gruppi o con singoli studenti predisponendo attività comuni e diversificate. La personalizzazione consente agli studenti di accedere alla
formazione secondo i propri ritmi, ripercorrendo consapevolmente
l’attività anche in orario extracurricolare, esercitandosi a casa o in
un’aula laboratorio. L’IISS Antonietta de Pace di Lecce ha aderito
alla sperimentazione proposta dal CONFAO e riassunta nel documento dal titolo: “Ipotesi sperimentale – Il tempo scuola: dall’orario
scolastico all’orario di apprendimento”. Per tale ragione si è dotata
di una piattaforma tecnologica in grado di supportare le attività previste dalla sperimentazione stessa. Tale piattaforma, inoltre, deve
costituire uno strumento utile da utilizzare per eventuali altre iniziative finalizzate all’erogazione di contenuti formativi a distanza. È
stata proposta una soluzione tecnologica per l’implementazione una
piattaforma software in grado di supportare lo svolgimento di attività
di e-learning presso l’IISS Antonietta De Pace di Lecce (piattaforma
di e-learning). La piattaforma hai implementato un LMS (Learning
Management System) offrendo anche funzioni di CMS (Content Management System) e deve permettere di gestire classi virtuali organizzate in base alle specifiche esigenze.
In particolare ha reso possibile:
-- l’interazione tra docenti e studenti, supportando, ad esempio, l’istituzione di strumenti didattici grazie ai quali i docenti possano
rispondere in modalità sincrona o asincrona alle richieste degli
studenti;
-- gestire attività laboratoriali da remoto in cui i docenti assegnano
compiti ed esercizi ben definiti che lo studente può eseguire in
284
autonomia e da remoto;
-- avere la possibilità, per docenti e studenti, di utilizzare e conservare del materiale didattico come ad esempio i “Learning
Object”;
-- gestire l’integrazione con la piattaforma CONFAO;
-- l’organizzazione di “Webinar” durante i quali i docenti tengono
lezioni/seminari ed interagiscono in tempo reale con gli studenti;
-- effettuare un controllo delle attività effettuate online.
La soluzione tecnologica proposta ha previsto l’utilizzo di un LMS
open source, in particolare la piattaforma Moodle (Modular Object
Oriented Dynamic Learning Enviroment), il cui impiego è tra l’altro
suggerito nella stessa proposta di sperimentazione CONFAO. Moodle è un software progettato per aiutare gli educatori a creare corsi
online di alta qualità. Uno dei vantaggi principali di Moodle rispetto
ad altri sistemi risiede nelle solide basi di pedagogia sociocostruzionista. È completamente basato sul web e mette a disposizione di
docenti e studenti una serie di strumenti finalizzati all’apprendimento a distanza. Ad esempio, il software permette ai docenti, in modo
semplice ed intuitivo, di pubblicare e rendere accessibile agli studenti i Learning Object, di veicolare comunicazioni, di somministrare
compiti/esercitazioni, test ed altro ancora. Inoltre, dà agli studenti
la possibilità di effettuare degli elaborati in modalità collaborativa.
Moodle è la piattaforma di e-learning open source più diffusa al
mondo, in particolar modo nelle Istituzioni accademiche e scolastiche. Essendo open source è molto flessibile e permette di effettuare
autonomamente eventuali personalizzazioni. Inoltre, moltissimi sviluppatori nel mondo lavorano continuamente per migliorarla. Un’ulteriore motivazione all’uso di Moodle deriva dal fatto che l’Istituto de Pace ha già utilizzato tale piattaforma con successo durante
il progetto internazionale “Italia – Giordania”. In tale occasione la
piattaforma è stata utilizzata per permettere di creare un ambiente
virtuale in cui docenti e studenti italiani e giordani potessero condivi-
285
dere del materiale didattico, scambiare opinioni attraverso l’utilizzo
dei forum, interagire in modalità sincrona sfruttando la chat interna,
ecc. Grazie a tale esperienza, che ha permesso anche ad alcuni docenti di familiarizzare con la piattaforma Moodle, si può certamente
affermare di non essere nella condizione di “partire da zero” nella
realizzazione della sperimentazione.
La piattaforma Moodle non include la possibilità di effettuare delle
lezioni a distanza in modalità di videoconferenza come i Webinar.
Per questa ragione è generalmente integrata con altri software specifici, alcuni dei quali free (ed in alcuni casi open source) ed altri
a pagamento. Tale attività dovrà partire dall’analisi di tali prodotti
cercando di privilegiare quelli free ed open source ed effettuare l’integrazione tra Moodle e il prodotto scelto.
-- Integrazione con la piattaforma CONFAO. Dovranno essere valutate le modalità di integrazione della piattaforma dell’Istituto
con quella CONFAO e, qualora sia necessario, progettare ed implementare l’apposito software che permetta tale integrazione.
-- Formazione sull’utilizzo della piattaforma rivolta agli attori
coinvolti (docenti, studenti, tutor,..). Tale fase ha previsto l’erogazione di uno o più corsi durante i quali sono state illustrate le
funzionalità della piattaforma e le modalità di utilizzo.
Inoltre la piattaforma “A Scuola Online” già utilizzata dall’Istituto
per il progetto “classi 2.0” è stata utilizzata come strumento di supporto, ad esempio per la catalogazione e conservazione dei Learning
Object che è stato possibile caricare ed utilizzare all’occorrenza sulla
piattaforma di e-learning Moodle.
Il Liceo Scientifico Banzi di Lecce si trova in piazza Palio e propone
agli studenti i seguenti indirizzi di studio: scientifico; scientifico Progetto Brocca; linguistico CM27.
Analisi del contesto
-- Numero della popolazione scolastica: 1402 alunni
286
-- Numero di classi: 54
-- Numero alunni pendolari: 906
-- Condizione socio-economica di provenienza: medio-alta
-- Percentuale di promossi: 96%
-- Percentuale di non promossi: 4%
Bisogni formativi rilevati e risposte educative
Nella realtà del terzo millennio, dinamica e turbolenta, nella quale le
variabili mutano rapidamente ed in modo imprevedibile, la scuola si
presenta come laboratorio di competenze spendibili nel territorio. Il
Liceo unitas multiplex, attento alla complessità dei processi sociali,
sempre aperto agli input situazionali ,è fortemente legato al territorio
ed ai segmenti di società delle cui esigenze si sente chiamato a farsi
carico; pertanto ai fruitori del servizio il Liceo Banzi-Bazoli offre
una realtà scolastica intesa come una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, volta alla crescita della persona in tutte le
sue dimensioni; all’interno di questa comunità tutti collaborano con
pari dignità e nella diversità dei ruoli. I fruitori indiretti (le famiglie degli studenti) sono sempre più direttamente chiamate in causa
per assicurare quel reticolo di relazioni con l’ambiente che diventa, ormai, indispensabile alla scuola per adempiere alle sue nuove
funzioni. Al Liceo Banzi-Bazoli spetta il compito di “costruire una
persona fornita di un habitus scientifico” nell’approccio ai problemi, di un uso rigoroso dei contenuti, metodologie e strumenti per le
possibili soluzioni, di capacità critiche e creative. L’allievo in uscita
dal Liceo scientifico Banzi-Bazoli dovrà, pertanto, aver maturato la
consapevolezza del dinamismo storico-culturale della lingua, della
sua funzionalità pragmatica, volta alla corretta “lettura” della realtà
sociale e naturale.
L’istituto conferisce al termine del ciclo di studi il diploma liceale
che consente l’accesso a tutti i corsi di laurea e la partecipazione ai
concorsi della pubblica amministrazione per i quali sia richiesto il
possesso del titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado.
287
LE FINALITA’ EDUCATIVE
1° BIENNIO – NUOVO ORDINAMENTO
Conoscere se stessi
Mettere lo studente in grado di:
1. superare gli atteggiamenti egocentrici e gli stati d’ansia;
2. rafforzare il senso di responsabilità e l’autostima;
3. migliorare e potenziare l’autocontrollo.
Educare a vivere democraticamente
Mettere lo studente in grado di:
1. rispettare le risorse materiali, gli orari, gli impegni;
2. accettare la diversità di opinioni e di idee;
3. mantenere atteggiamenti rispettosi nei confronti degli altri, riconoscendone i diritti e i ruoli;
4. sviluppare atteggiamenti e comportamenti di solidarietà e di collaborazione.
Promuovere capacità di scelte autonome
Mettere lo studente in grado di:
1. sapersi interrogare sugli obiettivi delle diverse attività;
2. saper verificare e valutare il proprio comportamento in relazione
al lavoro svolto;
3. essere attivo e propositivo nelle scelte.
UTILIZZARE E PRODURRE TESTI MULTIMEDIALI:
1. comprendere i prodotti della comunicazione audiovisiva
2. elaborare prodotti multimediali (testi, immagini, suoni , ecc.),anche con tecnologie digitali
3. principali componenti strutturali ed espressive di un prodotto audiovisivo
288
4. semplici applicazioni per la elaborazione audio e video
5. uso essenziale della comunicazione telematica
ESSERE CONSAPEVOLE DELLE POTENZIALITÀ DELLE
TECNOLOGIE RISPETTO AL CONTESTO CULTURALE E SOCIALE IN CUI VENGONO APPLICATE
1. Riconoscere il ruolo della tecnologia nella vita quotidiana e
nell’economia della società.
2. Saper cogliere le interazioni tra esigenze di vita e processi tecnologici.
3. Adottare semplici progetti per la risoluzione di problemi pratici.
4. Saper spiegare il principio di funzionamento e la struttura dei
principali dispositivi fisici e software
5. Utilizzare le funzioni di base dei software più comuni per produrre testi e comunicazioni multimediali, calcolare e rappresentare
dati, disegnare, catalogare informazioni, cercare informazioni e
comunicare in rete.
TRIENNIO – VECCHIO ORDINAMENTO
Conoscere se stessi
Mettere lo studente in grado di:
1. saper costruire consapevolmente la propria identità culturale e
relazionale;
2. saper valutare i propri interessi, attitudini e capacità in relazione
alle scelte formative successive;
3. sapersi dare un progetto di vita autonomo.
Educare a vivere democraticamente
Mettere lo studente in grado di:
1. comprendere, analizzare e valorizzare il punto di vista altrui;
2. saper valutare e valorizzare il lavoro degli altri;
289
3. assumere atteggiamenti propositivi e positivi nello studio e nelle
relazioni interpersonali.
Promuovere capacità di scelte autonome
Mettere lo studente in grado di:
1. saper individuare gli scopi delle attività e saper scegliere gli strumenti più idonei a perseguirli;
2. saper verificare e valutare criticamente il proprio lavoro operando per il superamento dei limiti evidenziati;
3. saper formulare proposte in rapporto a criteri propri che riesce a
giustificare;
4. saper compiere autonomamente scelte relative al proprio progetto di vita.
La realizzazione di tali finalità è perseguita prevalentemente nel contesto della normale attività didattica, che risulterà tanto più efficace
quanto maggiormente sarà capace di promuovere un sereno e costruttivo confronto di idee e di comportamenti. In tale ottica, lo stesso
svolgimento dei programmi di insegnamento costituirà non il fine
dell’azione dei docenti, ma il mezzo attraverso cui
promuovere le capacità critiche degli studenti e la riflessione sui valori umani, tra i quali soprattutto il rispetto della “persona” propria
ed altrui.
L’Istituto Tecnico Economico Statale Vito Vittorio Lenoci di Bari,
divenuto autonomo nell’a.s. 1977/78, è localizzato presso il Centro
Studi Polivalente di Bari nella Circoscrizione Japigia Torre a Mare.
Unico I.T.E. presente nel quartiere, è frequentato da una utenza proveniente anche da tutti gli altri quartieri della città di Bari e da molti
centri vicini. L’Istituto opera in una zona facilmente raggiungibile
con i mezzi pubblici e collegata direttamente anche ai Quartieri San
Paolo, San Girolamo, Fesca, Torre a Mare. La possibilità di fruire di
importanti contenitori culturali e sportivi nelle immediate adiacenze
290
(Teatroteam, Auditorium, Palazzetto dello Sport) stimola le attività
didattiche e culturali e rende più proficuo il rapporto scuola/territorio. Nell’ambito del Quartiere esistono realtà economiche prevalentemente legate al settore terziario ed alla Pubblica Amministrazione.
Uno degli obiettivi dell’I.T.C.S. Lenoci è quello di curare la preparazione di un ragioniere che, partendo dalla realtà microeconomica
circostante, sappia disporre delle competenze che possano consentire l’inserimento nel mondo del lavoro o la prosecuzione negli studi
universitari, un ragioniere che punti a diventare un vero e proprio
consulente d’azienda, che sappia orientarsi nell’informazione online,
dalla ricerca nelle banche dati al giornale elettronico, nella consapevolezza che la information technology ormai è utilizzata in tutti i
settori aziendali, sia per snellire e rendere efficienti i processi di produzione interni, sia per migliorare i rapporti con clienti e fornitori.
Le nuove tecnologie, ed in particolare internet, hanno portato ad un
cambiamento radicale nelle strategie aziendali, ridefinendo i canali
di comunicazione tra aziende, offrendo nuove opportunità di business. Si punta alla formazione di un ragioniere che possa agevolmente inserirsi in un moderno studio professionale commerciale e sappia
utilizzare i principali pacchetti applicativi di tutti i tipi di contabilità
(ordinaria, semplificata, professionisti, ritenute d’acconto e cespiti)
oltre a collaborare alla redazione del bilancio ed alle dichiarazioni
fiscali. È prevista anche la istituzionalizzazione di specifici corsi con
docenti interni ed esterni per quanto attiene la contabilità pubblica,
la cui conoscenza rappresenta un importante requisito per chiunque
debba cimentarsi in prove concorsuali. Si cerca quindi di formare un
ragioniere che sappia utilmente orientarsi nella realtà socioeconomica in rapida evoluzione della nostra città, da sempre ponte verso
l’Oriente ed oggi, più di prima, attenta alle prospettive offerte dal
settore turistico e dai trasporti intermodali. L’istituto dispone di ampi
spazi per la didattica e laboratori dotati di moderne tecnologie. Grazie ai finanziamenti europei l’Istituto, negli ultimi anni, ha rinnovato
Laboratori Informatici, Linguistici e Scientifici e sono state installate
nella gran parte delle aule le LIM (lavagne interattive multimedia-
291
li). L’utilizzo delle nuove tecnologie si rivela prezioso per modellare
un cammino didattico più coinvolgente, permettendo di realizzare
percorsi individuali e cooperativi finalizzati sia al recupero di conoscenze ed abilità, sia al potenziamento di competenze chiave per
l’apprendimento permanente.
Il sito dell’Istituto dispone di Moodle (http://www.moodle.org),
una piattaforma per la formazione a distanza, cioè un pacchetto
software per erogare e gestire corsi di formazione online. Potete
utilizzarlo come repository per i materiali didattici da rendere disponibili per i vostri studenti, ma potete anche realizzare interi corsi
completi e ben articolati, con esercizi di autovalutazione ed esami.
Moodle fornisce un supporto all’attività didattica attraverso una
serie di strumenti molto ampia e articolata. I docenti e gli allievi, tramite password, possono accedere alle aree dei singoli corsi.
Le attività standard che Moodle permette sono: compiti, domande, forum, diari, risorse (cioè contenuti del corso), quiz, sondaggi, inchieste.
Il sito è aperto a tutti i docenti della scuola che vogliono sperimentare questo software per vivere l’esperienza dell’e-learning. Inoltre al
percorso base di Amministrazione Finanza e Marketing si aggiungono le seguenti articolazioni:
-- Amministrazione Finanza e Marketing Sportivo
-- Sistemi Informativi aziendali Sportivo (Indirizzo Informatico Aziendale Sportivo)
-- Sistemi Informativi Aziendali (Indirizzo Informatico Aziendale)
-- TURISMO Indirizzo linguistico e turistico aziendale
-- SIRIO Serale adulti Indirizzo Informatico ed Indirizzo Economico Aziendale.
Il perito in amministrazione finanza e marketing, con specializzazione informatica aziendale, è in possesso di capacità logico interpretative che si concretizzano in abilità relative allo sviluppo del
software legato alle solide conoscenze aziendali; è in grado di utiliz-
292
zare con facilità prodotti applicativi anche complessi; sa effettuare
interventi di manutenzione e adattamento dei programmi alle esigenze aziendali. Possiede conoscenze dei processi che caratterizzano la
gestione aziendale sotto il profilo economico giuridico, contabile e
informatico, oltre che una buona cultura generale accompagnata da
adeguate capacità linguistiche sia nella lingua madre che nella lingua
inglese.
Attraverso lo studio dell’informatica lo studente è in grado di:
-- Sviluppare software gestionali
-- Progettare, creare e mantenere siti web anche complessi (gestione data base)
-- Effettuare interventi di manutenzione e adattamento dei
programmi utilizzati
L’indirizzo di studi è caratterizzato dallo studio dell’informatica in
ambito economico e nella gestione dei sistemi informativi aziendali. Approfondimenti riguardano l’introduzione dei temi della new
economy in ambito economico-giuridico-informatico e web management (creazione, pubblicazione e gestione dei siti web). Sono previste attività di stage presso aziende del settore e creazione di Imprese Formative Simulate.
Risorse strutturali dell’Istituto
-- Biblioteca
-- Sala audiovisivi per le Discipline Scientifiche
-- Sala audiovisivi per tutte le discipline
-- Impianto di Antenna Parabolica
-- Laboratorio di Scienza della Materia
-- Laboratorio di Scienza della Natura
-- Laboratorio di Chimica
-- Laboratorio di Fisica
-- Laboratorio di Geografia Economica
-- 1 Sala di Videoscrittura e Trattamento testi
293
--------
--
2 Laboratori Multimediali destinati ai due Corsi MERCURIO
3 Laboratori tecnologicamente avanzati a finanziamento europeo (FESR e PSTD) con collegamento in rete e ad internet, per
l’insegnamento delle Lingue Comunitarie e delle altre Discipline
1 Laboratorio linguistico multimediale per l’autoapprendimento delle lingue comunitarie realizzato con finanziamento
FESR PON 2002
1 Laboratorio di Economia Aziendale realizzato con finanziamento FESR PON 2008
1 Laboratorio Multimediale di Simulazione Agenzia di Viaggio attivato per il percorso formativo ITER
1 Laboratorio multimediale con collegamento in rete e ad internet
Cablaggio di tutte le aule dell’istituto, per consentire, attraverso postazioni mobili, l’uso delle risorse internet nella didattica
ordinaria (progetto realizzato con finanziamento FESR PON
annualità 2002)
Rete intranet d’Istituto
CONOSCENZE:
Informatica terzo anno
COMPETENZE:
CAPACITÀ:
caratteristiche del com- programmazione nel lin- acquisizione di una diputer
guaggio studiato
screta manualità
sistema operativo: Win- uso appropriato della ter- partecipazione attiva neldows, MS-DOS
minologia tecnica
lo sviluppo di lavoro in
soluzioni algoritmiche di sviluppo
metodologico gruppo
problemi
nella stesura di program- uso dei software applicatilinguaggio di programma- mi per la risoluzione di vi più rilevanti
problemi semplici e comzione: Pascal
plessi
strutture di dati fondafasi del compilatore
mentali:
vettori, matrici, tabelle
294
CONOSCENZE:
Informatica quarto anno
COMPETENZE:
CAPACITÀ:
concetti principali su ar- esecuzione di tutte le opechivi e supporti di memo- razioni di I/O sui files
rizzazione
fasi di introduzione, verifiles sequential, indexed e fica,debugging ed esecurelative
zione relative alla gestiolinguaggio di programma- ne dei files
padronanza nello sviluppo
dei problemi di archiviazione
uso e consultazione di manuali tecnici
zione: Visual Basic
autonomia progettuale e
metodologie di documen- realizzativa di applicatazione problematiche di zioni
lavoro nell’area di progetto
CONOSCENZE:
Informatica quinto anno
COMPETENZE:
CAPACITÀ:
concetti basilari dei siste- sistemi operativi centra- gestione di comandi e
mi operativi
lizzati e in rete
tasks per tecnologie hardatabase
gestione di un database dware e software innovative
sistemi informativi azien- con ACCESS
dali
creazione di pagine WEB sviluppo di database relazionali
trasmissione di dati a di- con FrontPage specifiche
della rete Internet
attivazione, ricerche e
stanza
operazioni varie su Interproblematiche di svilupnet
po e di approfondimento
dell’area di progetto interdisciplinare
295
Liceo Statale Tito Livio (Classico, Scientifico, Linguistico) di Martina Franca.
RISORSE E DOTAZIONI TECNOLOGICHE
Tipi di collegamento
Infrastruttura di rete
LAN
INTERNET – INTRANET
Didattica – Gestione personale e
Amministrazione
74
Numero
14
46 + 50
1
4
112
4
15
10
Numero
1
2
5
4
9
8
Aree collegate dalla rete locale
Ambienti collegati alla rete locale
Dotazioni informatiche
PC DESKTOP
MONITOR (CTR LCD)
PC Master
PC portatile
SOFTWARE (Sistema Operativo)
LIM fisse laboratori
Stampante
Scanner
Dotazioni multimediali
Fotocamera digitale
Videocamera digitale
Videoproiettore
Videoproiettore per LIM
Videoregistratore, Lettore DVD
Televisori
L’istituto permette il conseguimento dell’ECDL Core Level, rilasciata dall’AICA (Associazione Italiana per l’Informatica ed il
Calcolo Automatico), che attesta la capacità di utilizzare il PC nelle
applicazioni più comuni.
Per ottenere la certificazione completa (ECDL Full) il candidato è
tenuto a:
-- procurarsi, presso un Test Center accreditato, un libretto d’esami (Skills Card personale, di validità triennale) su cui registrare
l’esito dei test previsti, che di fatto corrisponde all’iscrizione al
programma ECDL;
296
--
superare i 7 test d’esame, corrispondenti alle aree di conoscenza
previste. Le conoscenze teoriche e pratiche necessarie per superare i singoli test sono descritte in un documento denominato
Syllabus.
Come ogni anno il Test Center del Liceo Tito Livio organizza per i
suoi studenti corsi di preparazione al superamento degli esami per ottenere la certificazione finale dall’AICA. Utili materiali, esercitazioni
ed importanti informazioni per la preparazione e prenotazione degli
esami sono disponibili nel corso online ECDL presente nell’ambiente e-learning dell’Istituto a cui è possibile accedere con l’inserimento
di una “chiave di accesso” fornita dai docenti agli studenti iscritti ai
corsi. Il materiale contenuto nella piattaforma di e-learning del Liceo
Statale Tito Livio di Martina Franca, erogato con tecnologie e metodologie web learning, è indirizzato prioritariamente agli utenti del
Liceo e viene fruito in sinergia con le metodologie utilizzate nell’insegnamento in aula reale per:
-- migliorare i risultati dell’apprendimento
-- supportare alunni impossibilitati a frequentare
-- partecipare a progetti europei incentrati sulla creazione di campus virtuali e/o forme di collaborazione tra istituti per dare una
dimensione europea all’istruzione e rafforzare nei giovani la
consapevolezza del modello di società multilinguistica e multiculturale
-- affrontare le emergenze che limitano le possibilità di fruizione in
ambiente reale dell’offerta formativa garantendo continuità formativa in modalità blended learning.
8.3 I giovani e la rete: social network e dinamiche di relazione
Nel rilevare l’incidenza delle tecnologie elettroniche sui modi di per-
297
cepire e interpretare la realtà da parte di larghe fasce della popolazione adolescente, Meyrowitz ha dimostrato come queste abbiano a
tal punto cancellato le distanze e annullato gli spazi che separano gli
individui e i luoghi fisici da portare l’uomo contemporaneo a rielaborare totalmente i propri modelli di interazione sociale, proiettandolo
in una prospettiva che va al di là dello stesso senso del luogo. Sono
i nuovi media a trasformare radicalmente l’organizzazione spazio
temporale se è vero che essi distruggono le caratteristiche del luogo
e dello spazio e rendono i luoghi un tempo privati più accessibili
al mondo esterno e dunque più pubblici. Questo essere dovunque,
dappertutto, ha una valenza fattuale, potenziale e anche psicologica.
Il cittadino globale, il cittadino del mondo, si sente dappertutto; le
interazioni mediate elettronicamente non permettono più alla collocazione fisica di definire situazioni e comportamenti. Meyrowitz, nel
quadro dell’influenza dei media elettronici sul comportamento sociale, non dà peso al potere dei loro messaggi, piuttosto alla riorganizzazione degli ambienti sociali di interazione: e così che si indebolisce il
rapporto luogo fisico/luogo sociale.
Questi media hanno dato un nuovo assetto a molte occasioni sociali e
in questo modo la maggioranza degli individui si trova ora a contatto
con altre persone in nuovi modi.
Ma nella nostra ricerca queste dimensioni nuove della comunicazione sono state confermate?
La cosa che più mi affascina di internet e la possibilità di essere
nel mondo e nel suo flusso di informazioni ogni qualvolta io lo
voglia ..indipendentemente dal fatto che io mi trovi nel piccolo
paese di provincia o in una metropoli, basta un pc ed una connessione…non conta dove ti trovi
E. (Liceo)
Il campione pugliese della ricerca (costituito da 553 studenti fre-
298
quentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012 le classi
terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Martina Franca, Lecce e Bari) riveste tutte quelle caratteristiche della digital generation
confermando il dato inequivocabile: in casa è quasi impossibile non
avere l’accesso ad internet. Solo il 2.7% degli intervistati dichiara di
esserne sprovvisto, contro il 95.5% di “internauti” casalinghi.
Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero,
perché solo il 6.1% degli intervistati (34 studenti) dichiara di navigare con dei limiti di connessione.
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai
dati del Piemonte, si rileva la decisa maggiore presenza di studenti
(il 48.1% pari a 266 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo –
dalle 3 ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è sensibilmente
minore il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con
il 16.1% che riesce a contenersi entro l’ora).
Connessione ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 3.4% degli studenti pugliesi – percentuale ancora più bassa dei coetanei piemontesi – non
è iscritto a siti di questo genere; invece il 56.8% (314 casi) li utilizza
ogni giorno, evidenziando una fruizione superiore quasi del 10.0%
rispetto ai giovani piemontesi intervistati, mentre il 31.6% si collega
periodicamente con un social network.
Social network che ampliano quindi la sfera delle possibilità? Sarebbe utile riflettere su come la comunicazione online consenta infatti
nuove forme di “pubblici connessi” perché caratterizzata in modo
peculiare dalla persistenza (i suoi contenuti sono registrati e dunque
consentono la comunicazione asincrona), dalla ricercabilità (cosa
che agevola la costruzione di nuove relazioni, sia estensive sia di
nicchia), dalla replicabilità (che consente la produzione di più versioni dei medesimi contenuti senza alcuna distinzione tra copia ed
originale) e infine, dalla invisibilità dei pubblici (una condizione di
radicale incertezza a proposito di chi sta partecipando alla comunicazione insita nell’architettura degli spazi online e accentuata dalla
299
condizione di anonimato). Facebook è il social network più utilizzato dal 93.5% degli studenti intervistati. L’uso prevalente, ancor più
degli “amici” piemontesi, è chattare con gli amici (60.2%), molto
meno frequente è condividere link (17.2%) o leggere quello che fanno gli altri (10.7%); da evidenziare che in quest’ultimo item, invece,
la differenza percentuale – in meno rispetto agli studenti piemontesi
– è di oltre il 5%.
Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pugliese
da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook dichiarati.
Ben il 56.4% dei “pugliesi” (rispetto al 38.3% dei giovani piemontesi intervistati) ha dichiarato di avere più di 500 contatti
sul social network. Molto meno (23.1%) coloro che hanno tra i 200
ed i 400 contatti (rispetto al 35.1% sullo stesso item dichiarato dagli
studenti piemontesi). ”Solo” il 14.8% ha meno di 200 contatti.
Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network,
ma come già ribadito questo non dice nulla sull’intensità delle stesse.
Infatti, oltre il 52.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti siano da considerarsi davvero amici, mentre l’8.1% (42 casi) considera
amicizie almeno più della metà i contatti su Facebook. La preminenza da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al contatto face to
face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal
fatto che solo il 13.3% (68 casi) dei nostri studenti preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente,
anzi il 42.1% esclude il ricorso al web per tale scopo nel modo più
assoluto. Per inciso, un pericolo potenziale nella relazione tra me e
l’altro nella rete riguarda il concetto di omofilia (descritto per la
prima volta da Lazarsfeld e Merton) che consiste in quella che
potremmo definire come la tendenza a scegliere informazioni e
circondarci di persone che hanno le nostre medesime posizioni o
interessi. L’esito temuto di tale tendenza sarebbe un generale estremizzarsi delle diverse posizioni con una riduzione di circolazione di
informazioni e la creazione di cluster di utenti sempre più uniformi
al loro interno e distinti da confini sempre più netti. Si può quindi
300
immaginare che l’omofilia sia un rischio nella misura in cui si possa
tradurre in limitazioni nella innovazione e nella circolazione delle informazioni, costrette all’autoreferenzialità dei singoli gruppi omofili,
chiusi nei loro confini. Ribadiamo anche per gli studenti pugliesi che,
contrariamente ai luoghi comuni, gran parte di loro (84.8% dei casi)
non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete.
Solo il 5.6% (31 casi) dichiara la tendenza a mentire sulla propria
identità quando è in rete.
Il mio profilo su Facebook corrisponde alla mia reale identità; che
senso avrebbe fingere mettendo un nome e delle foto false? Tanto
non andrei mai a conoscere in rete qualcuno che non conosco
nella realtà. Forse è vero che sul profilo di un social network scriviamo dei nostri interessi e delle nostre passioni ma tendiamo ad
evidenziare quelle che passano per buone e filtriamo altri aspetti
più intimi della nostra personalità.
M. (Istituto Professionale)
Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (86.4%) ad isolarsi ed
evitare amici o familiari o addirittura a preferire la rete (77.9%) al
trascorrere una serata con questi.
Non mi è mai capitato di rinunciare a trascorrere del tempo con
amici o familiari per rimanere chiuso in camera collegato al pc.
Il rapporto diretto con l’altro, vedere il suo sguardo, sentire il suo
tono di voce, ridere e scherzare insieme sono cose possibili sono
nel contatto reale. Internet e i social network mi consentono di organizzare questi momenti in modo veloce e senza spendere soldi
per telefonate.
L. (Liceo)
301
Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli studenti pugliesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti
dall’aggregazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi con
quelle degli stessi studenti pugliesi).
I social network si confermano un utile strumento per relazioni multiculturali che diversamente difficilmente si potrebbero innescare. Ne
dà ragione il fatto che il 58.6% (673 casi) ha contatti con ragazzi non
italiani e che il 32,5% di questi sono anche incontrati offline.
Invece, il 37.0% (249 casi) sono relazioni online originatesi però da
una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio.
Io trovo che Facebook sia molto utile per mantenere i contatti con
gli amici e le amiche anche conosciute durante viaggi, vacanze
o periodi di studio all’estero. Come potrei altrimenti rimanere in
contatto quotidianamente con loro che magari vivono in un’altra
regione o in un altro Paese?
L. (Liceo)
Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è che i social
network sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intra-territoriali, molto meno
quelli extra-territoriali (dove, certamente, il fattore della competenza
linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il
dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in
rete che si attesta al 6.5%.
Non mi capita mai di digitare nomi a caso di ragazzi o ragazze di
altri Paesi per estendere le mie amicizie a ragazzi stranieri. Se gli
amici dei miei conoscenti esteri però mi chiedono l’amicizia io
gliela concedo.
A. (Professionale)
302
Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45.6% dei
casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie esperienze, mentre per il 20.9% tendenzialmente i contatti sono limitati a
qualche breve comunicazione, oppure sono da considerarsi solo dei
contatti (33.5%), nel significato formale che viene attribuito all’amicizia nei social network.
Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati complessivi, introdotta la questione se gli scambi cross-culturali possano
essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande successive del questionario somministrato agli studenti pugliesi
coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti
possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono
le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti aggregando le
risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli pugliesi.
Perché, se da un lato i nostri studenti nel 47.2% dei casi raramente
utilizzano social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti
ad altre nazioni e nel 32.2% non lo fanno mai – lo stesso item è stato
selezionato da oltre il 9.0% in più di studenti piemontesi – dall’altro
ritengono tali strumenti inadatti per conoscere le culture differenti da
quella di appartenenza (17.0%). Solo il 32.7% ha usufruito dei media
digitali per approcciarsi a culture altre, ma solo per puro caso e soltanto il 6.5% (36 casi) ne riconosce l’utilità per tale scopo. Riproponiamo anche per la Puglia, quanto già ipotizzato nell’analisi dei dati
generali, ossia che queste risposte invitano a pensare che i ragazzi
della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo
e molto interessati a vivere il proprio mondo quotidiano e locale.
Io mi sento aperto a voler conoscere altre tradizioni e stili di vita
ma se tu mi chiedi se mi sento più cittadino del mondo o leccese ti
rispondo leccese. Con internet allargo i miei orizzonti ma rimango centrato nella mia realtà.
M. (Professionale)
303
Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto ed è allora che i
social network possono risultare strumenti di facilitazione della conoscenza.
I nostri returnees
Come indicato nell’analisi dei dati complessivi sono giunti all’equipe di ricerca 22 questionari compilati da returnees pugliesi. A rispondere sono state prevalentemente donne (63.6% pari a 14 casi),
l’età dei returnees ha oscillato dai 18 anni ai 20 anni con percentuali di distribuzione piuttosto omogenee. Quasi il 46.0% dei returnees pugliesi coinvolti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero
con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010 i restanti
in parte nell’anno scolastico 2010/2011 (36.4%) in parte in quello
2008/2009 (18.2%). La durata in media è stata prevalentemente di 10
mesi (54.5%) o 1 anno (45.5%). Nord Europa ed il continente americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati. Gli USA (12 casi, pari
al 54.5% ) sono stati la nazione più frequentata; a seguire, il Belgio
(3 returnees, pari al 13.6%).
Anche i “nostri” returnees pugliesi confermano il dato inequivocabile già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli
studenti campione della ricerca: in casa è (quasi) impossibile non
avere l’accesso ad internet. Solo uno tra gli intervistati dichiara di
esserne sprovvisto.
La modalità di accesso è in gran parte senza limiti di connessione per
l’81.8%, pari a 18 casi.
Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che oltre il
40.0% (9 returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, mentre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora. Si evidenzia, quindi, su questo aspetto una netta differenziazione con i dati
provenienti dai returnees piemontesi. Come a casa propria, nell’esperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees pugliesi
304
(20 casi, pari al 90.9%) avevano internet in casa e l’accesso per gran
parte era senza limiti di connessione (18 casi, pari all’81.8%), invece
per 2 casi con dei limiti.
Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i returnees
pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti
rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di quelli piemontesi.
Infatti, in 6 casi (27.2%) in media la connessione ad internet è stata
pari o superiore alle 3 ore al giorno (a casa era il 40.9%), mentre il
45.5% (10 casi) si connetteva non più di 2 ore al giorno. Dunque, l’esperienza all’estero ha certamente modificato le abitudini quotidiane
circa l’utilizzo della rete, ma appare essere stata meno coinvolgente
ed assorbente rispetto al modo con cui è stata vissuta dai returnees
piemontesi. Connessione ad internet per i nostri giovani returnees
pugliesi corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network e
il 68.2% di essi utilizza ogni giorno questo tipo di piattaforma, ossia
quasi il 18.0% in più rispetto ai returnees piemontesi. Il 90.9% è
iscritto a Facebook .
L’uso prevalente è chattare con gli amici (68.2%), molto meno frequente (13.6%, pari a 3 casi) è leggere solo quello che fanno gli altri.
Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo
in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti
nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 72.7% (16
casi) dei returnees pugliesi – con circa il 24.0% in più degli stessi
studenti – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre nessuno
ha dichiarato di avere meno di 200 contatti. Confermata, quindi, appare la facilità di tessere relazioni sui social network, ma confermata
appare pure l’assenza di indicatori sull’intensità delle stesse. Infatti,
ben il 36.4% (8 casi) ha sostenuto che nessun contatto su Facebook
è da considerarsi davvero un’amicizia, come anche il 36.4% ritiene
che le vere amicizie siano da considerarsi non oltre un quarto dei
contatti. Comunque per i returnees pugliesi le vere amicizie non vanno oltre la metà dei contatti online.
305
Nel corso della permanenza all’estero il 90.9% dei returnees pugliesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100
nuovi contatti (il 77.3% di questi – ben oltre il doppio delle percentuali su questo item dichiarate dai returnees piemontesi – anche oltre 100) su Facebook.
Tuttavia, a differenza dei contatti italiani, un ampio numero delle
amicizie aggiunte nel corso dell’esperienza all’estero corrispondevano a persone davvero frequentate e conosciute. Infatti, il 27.2%
dei returnees (contro il 12.5% dei contatti in Italia) ha dichiarato che
circa la metà/più della metà dei nuovi amici su Facebook erano da
considerarsi realmente tali, mentre il 36.4% (8 casi) ha indicato che
il numero di amicizie su Facebook non corrispondeva per nulla ad
amicizie reali.
Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stesse questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti
piemontesi e pugliesi. Anche i giovani returnees pugliesi danno preminenza alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto
a quello virtuale della rete. Tale primazia è ampiamente confermata
dal fatto che solo uno preferisce contattare le persone via internet,
piuttosto che per telefono o direttamente, mentre il 54.5% (12 casi)
esclude l’uso del web per tale scopo nel modo più assoluto. Come
anche gran parte dei returnees (90.9% dei casi) non ama nascondersi,
falsare la descrizione di sé chattando in rete. L’uso di internet – tranne in un caso – non porta ad isolarsi ed evitare amici o familiari o,
addirittura, a preferire la rete (90.9%) al trascorrere una serata con
questi. Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre
più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Contrariamente all’esperienza prevalente dei
returnees piemontesi, il 31 8% dei pugliesi li ha utilizzati soprattutto
negli ultimi tre mesi della permanenza all’estero. Mentre il 27.3%
ne ha fatto uso per tutto il periodo come anche nel corso di ricorrenze particolari, come a Natale o per i compleanni. Così il
306
45.5% ancora adesso chatta spesso con loro e una stessa percentuale
di returnees cerca di mantenere i contatti, anche se spesso non ci
riesce. Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la propria esperienza. Infatti, il 54.5% (12 casi) ha condiviso
molte foto con i propri amici ed il 22.7% (5 casi) ha scritto dei post
per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno, questi ultimi
non sempre facili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento, come indicato dal 50.0% (115 casi) dei returnees pugliesi.
In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole piemontesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte
e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media
da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questionario somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere
in che modo i new media possano o meno influire sulle esperienze
all’estero e se la stessa esperienza extra-territoriale abbia modificato
o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei
social network. Anche da questa sezione del questionario abbiamo
ricavato dati molto interessanti. Un primo elemento rilevante è che
nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i nostri
giovani sembrano non considerare tali strumenti sostituibili all’esperienza sul campo. Quasi al 60.0% dei returnees pugliesi (oltre 10%
in meno) – 13 casi, un numero meno ampio rispetto ai “colleghi”
piemontesi – non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio
all’estero con la proposta di Intercultura, lo ha fatto invece il 31.8%
condividendo post. Però con internet ed i social network una parte dei “nostri” returnees ha attivato contatti prima della partenza:
in particolare lo ha fatto il 50.0%. In controtendenza, tali contatti
per il 63.7% (14 casi) – 22.0% in più rispetto alle preferenze sullo
stesso item fornite dai returnees piemontesi – sono serviti, contro
il 18.1% non ne ha tratto alcun vantaggio. Ribadiamo che per tali
risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla
superficialità, al non interesse, a motivazioni scarse nell’affrontare
l’impresa, ma in continuità con i risultati già emersi dai dati prece-
307
denti e da quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di sposare
l’idea che su certe questioni, come la costruzione e il mantenimento
delle relazioni interpersonali e le esperienze di vita extra-territoriali,
i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite reale e vita
virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda. Anche per
la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees pugliesi con
Intercultura solo il 22.7% ha ritenuto almeno abbastanza utile
quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà
culturale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze
pregresse per il 27.2%. Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del
Paese ospitante è stata disattesa secondo il 40.9% (9 casi) – quasi
il 22.0% di preferenze in meno di quelle espresse sullo stesso item
dai returnees piemontesi – mentre è stata pienamente confermata
solo da 3 intervistati. A giustificazione di ciò la convinzione di gran
parte dei returnees pugliesi (86.3%, pari a 19 casi) è che le emozioni
provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili.
L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma il 50.0% dei returnees ha deciso di non condividere
con familiari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei
momenti difficili, probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera oggettiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le proprie ansie sui propri cari e
mettersi in gioco nello gestire lo stress emozionale. Il 66.7% tra
coloro che hanno, invece, deciso di condividere le proprie difficoltà
ha considerato i social network particolarmente utili per alleggerirne
il peso. Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per
la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i
rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Diventa, al contrario,
necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con
i propri famigliari. “Solo” il 18.2% (4 casi) non poteva fare a meno
308
di connettersi con la propria famiglia, di contro al 27.2% che non
sentiva tale urgenza – dato notevolmente inferiore sullo stesso items
a quello corrispondente fornito dai returnees piemontesi – dall’altro
che al 72.7% (15 casi) – percentuale notevolmente superiore rispetto
a quella espressa sullo stesso item dai returnees piemontesi – interessava contattare gli amici italiani (contro solo 9%, pari a 2 casi, che
non sentiva tale bisogno – anche in questo caso percentuale bassissima rispetto a quella espressa dai returnees piemontesi sullo stesso
item).
8.4 La rete: strumento di educazione al cosmopolitismo
Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca
sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale
della nostra ricerca, quale è quello del cosmopolitismo, e quanto la
diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa
essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il
38.3% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi
una personale idea del mondo circostante, mentre il 30.9% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile
per la formazione della propria percezione del mondo. Tale ipotesi
interpretativa sembrerebbe avallata anche dal fatto che un buon numero dei nostri giovani (il 70.3% contro il 13.4% che ha convinzioni
opposte), pur nella consapevolezza che con internet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute, non ha ritenuto – da
quanto emerso dalla compilazione dei questionari – che questo potere della rete faccia sentire cittadini del mondo semmai cittadini nel
mondo. Quando poi nel corso dei focus group e delle interviste
etnografiche si è approfondito il concetto di cosmopolitismo e dei
suoi significati gli stessi studenti hanno invece confermato che la
rete costituisce un prezioso strumento di educazione nel diventare cittadini del mondo. Segnale questo che pone all’attenzione del
309
mondo scolastico e dell’educazione in generale come il termine
“cosmopolitismo” appaia oscuro nei suoi significati ai più.
Infatti, il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti pugliesi in maniera marcatamente più forte rispetto ai “colleghi”
piemontesi. Così al 35.1% di favorevoli, si oppone ben il 37.7% che
non si sente affatto o poco cittadino del mondo grazie ad internet,
mentre il 25.0% non sa esprimersi in merito. Anche nel questionario
somministrato ai returnees pugliesi coinvolti nella ricerca sono state
inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale del nostro
studio, quale è quello del cosmopolitismo e, nello specifico, quanto
la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa
essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il
31.8% degli intervistati (il 14.0% in meno rispetto ai returnees piemontesi) è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea
del mondo circostante, mentre il 27.3% è indeciso, confermando che
la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della
propria percezione del mondo.
Tuttavia, i returnees pugliesi sono convergono particolarmente
(81.8%) sul fatto che con internet siano state abbattute le distanze
geografiche. Ma, a differenza degli studenti delle scuole superiori
che hanno partecipato alla ricerca, in loro emerge una maggiore
convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita sia di quella di internet (i social networks in
primis) e l’educazione alla mondialità (e questo già dalle risposte
fornite nel questionario). Infatti, il 59.1% (pari a 13 casi) – percentuale di oltre l’11.0% inferiore a quella indicata dai returnees piemontesi sullo stesso item – è convinto che internet li faccia sentire
cittadini del mondo; mentre, più convinti dei loro “amici” piemontesi
(percentuali superiori quasi del 27.0%), il 72.7% (16 casi) ritiene
che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione
interculturale.
Grazie alla rete ed al mio tablet ho la possibilità di leggere gior-
310
nali internazionali, di capire cosa succede nel mondo e nel mio
Paese da diversi punti di vista, di trovare in una dimensione mondiale le proposte di studio più interessanti per i miei futuri studi
universitari, per leggere di eventuali master o per capire già da ora
nel mercato economico internazionale quali sono le figure professionali maggiormente ricercate. Tutte queste possibilità i miei
genitori non le hanno mai avute...per questo mi sento fortunata e
cosmopolita. E nel confronto con l’altro e le culture altre capisco
anche meglio chi sono.
V. (Liceo)
8.5 Scuola web 2.0: la sfida del nuovo millennio
Le ICT possono migliorare la qualità complessiva dell’insegnamento, dell’ap­
prendimento e dell’organizzazione scolastica. Per questa ragione, le ICT sono
al centro dell’impegno del DCSF per migliorare gli standard di apprendimen­to
per tutti gli alunni (ICT in Schools).
( http://about.becta.org.uk/5/09/08).
Non c’è dubbio che le più rilevanti aspettative che la società
nutre rispetto all’uso che i giovani fanno di internet siano incentrate sulle sue potenzialità educative, in contesti sia formali (come
nelle strutture scolastiche) sia informali (come in famiglia). Oggi
come oggi in Gran Bretagna ad esempio tutti i bambini usano
la rete e le altre tecnologie online: la maggior parte di loro sia a
scuola sia a casa, alcuni solo a scuola, altri anche in qualche altro
contesto. Ma non si tratta solo di avere a disposizione un computer per ogni banco, perché le ICT sono ormai parte integrante di
qualsiasi attività, un’infrastruttura su cui, sempre di più, si basano
l’apprendimento, la comunicazione e la partecipazione.
Ma le aspettative nei confronti delle potenzialità educative del web
311
non hanno soltanto un carattere strumentale. Quando parlano di internet, sia gli adulti sia i più giovani guardano con entusiasmo alla
possibilità di “avere il mondo intero a portata di mano”, tanto che
per molti di loro è ormai difficile immaginare un altro modo di
reperire informazioni. Gli accademici concordano e molti sono
impegnati in ricerche (ora pragmatiche, ora forse idealistiche) sui
possibili vantaggi pedagogici delle tecnologie educative. I governi dal canto loro stanno investendo risorse economiche per
fornire alle scuole ogni sorta di tecnologia informatica, non solo
sul piano dell’hardware ma anche della connettività, del software
e dei prodotti digitali da utilizzare all’interno dei programmi
di studio. Nel Regno Unito, la British Educational Communications and Technology Agency (Becta) ad esempio si propone
di promuovere e indirizzare, a livello nazionale, l’applicazione concreta
e innovativa delle tecnologie all’istruzione per offrire agli studenti di
qualsiasi età un’esperienza didattica più stimolante, gratificante ed efficace, per consentire loro di sviluppare al massimo le proprie potenzialità. La
speranza non è soltanto quella di migliorare i tradizionali risultati
scolastici, ma piuttosto di ampliare gli orizzonti dell’istruzione
anche attraverso metodi informali e formazione permanente. Nel
corso dell’ultimo decennio, l’idea che saper usare le ICT costituisca una terza forma di alfabetizzazione, insieme al saper leggere
e al saper fare di conto (Office of the e-Envoy, 2004), una volta
considerata eccentrica è diventata centrale: non perché le abilità
relative alle ICT siano importanti in sé, ma perché, con la stampa,
sono il mezzo attraverso il quale è possibile accedere a informazioni
di qualsiasi tipo, imparare in ambienti multimediali, comunicare in
contesti globali, partecipare a iniziative pubbliche, esprimersi creativamente e, non ultimo, trovare un lavoro in una società della
conoscenza sempre più competitiva. Come asserisce l’Office of the
e-Envoy (2004, p. 11) lo scopo
è fornire a tutti gli adulti le abilità relative alle ICT per istru-
312
irsi proficua­mente online, per essere cittadini attivi nell’età
dell’informazione e [...] per contribuire produttivamente allo
sviluppo economico.
Sembra che le tecnologie digitali siano, nel XXI secolo, tanto
importanti quanto, nel XIX, lo erano il libro stampato e il movimento per l’alfabetizzazione di massa (Luke, 1989). E il mutamento sociale che esse incoraggiano potrebbe essere altrettanto
radicale. Visto lo sforzo dei governi per varare politiche a favore
dell’accesso alle ICT come risorsa per sviluppare al massimo le
capacità di apprendimento dei giovani, il sostegno delle aziende
informatiche e l’impegno delle famiglie per mettere a loro disposizione un accesso domestico a internet, dubbi o perplessità sembrano fuori luogo. Eppure vale la pena porsi qualche domanda.
Questi progetti così ambiziosi si stanno realizzando? L’accesso
scolastico a internet produce realmente dei benefici dal punto
di vista educativo? I bambini e i ragazzi di oggi imparano di
più, o in modo diverso, rispetto a quelli delle generazioni precedenti?
Alcuni critici hanno accolto lo sviluppo di queste politiche mettendo in discussione il fatto che a un incremento quantitativo o
qualitativo della presenza delle ICT si accompagni necessariamente un’analoga crescita delle potenzialità educative. Secondo
queste posizioni, l’uso del computer nei contesti di apprendimento rischia di minare la creatività, sottraendo i bambini all’interazione faccia a faccia e amplificando le disuguaglianze sociali,
oltre a distrarre l’attenzione degli insegnanti dalle reali esigenze
dell’allievo per concentrarla sulla tecnologia. Sperare che le ICT,
di per sé, trasformino i processi di istruzione è un’aspettativa molto diffusa che, in effetti, può essere accusata di determinismo,
come nel caso di quei genitori che giudicano la scuola dei loro
figli dall’attrezzatura informatica a disposizione, prima ancora di
aver visto in faccia gli insegnanti. Le iniziative volte a diffondere
313
l’accesso domestico a internet danno spesso più peso al numero di computer connessi che al loro uso o alla loro utilità. Anche
il dibattito presso l’opinione pubblica si focalizza più facilmente
sull’introduzione fisica della tecnologia nel contesto scolastico
che sulla sperimentazione di nuove metodologie di insegnamento
che siano in grado di utilizzarla a vantaggio degli allievi. In molti
sostengono che sia la scuola a dover rispondere al compito di educare su larga scala le nuove generazioni a divenire cittadini di quel
nuovo ambiente culturale e sociale nel quale i media digitali hanno
un ruolo così centrale, e a divenire cittadini consapevoli, capaci di
operare razionalmente scelte e valutazioni. Se la scuola non riuscisse
a rispondere a questo compito, sarebbe la società nel suo complesso
a correre un grosso rischio.
Da questo punto di vista, risultano particolarmente preoccupanti alcuni fra i dati che emergono dalle statistiche esistenti sulla diffusione
del le tecnologie multimediali nella scuola italiana, statistiche che
mostrano come soprattutto i Licei classici, ma anche i Licei scientifici, siano in deciso ritardo, in questo settore, rispetto agli Istituti
tecnici e professionali. Se è confortante rilevare che molte scuole
tecniche e professionali hanno già imboccato la strada della multimedialità, colpisce tuttavia che siano proprio le scuole tradizionalmente considerate “culturalmente più formative” (stereotipo discutibile)
a denunciare un ritardo maggiore. L’idea che la formazione della
“classe dirigente” del futuro spetti solo ai Licei classici/scientifici è
per fortuna superata, ma questi dati tradiscono un’immagine “tecnicista” delle nuove tecnologie del cui pericolo è bene essere coscienti.
Se non si corre ai ripari, il rischio è che gli studenti che escono dai
Licei classici e scientifici siano non già i più preparati, ma i meno
preparati a rispondere a molte delle sfide culturali del mondo in cui
si troveranno a vivere (vedi indicazioni Ministeriali PSTD)2. Ma se
2 Le linee guida delle iniziative miranti all’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola
ed alla relativa formazione docenti sono fornite dal Programma di Sviluppo delle Tecnologie
Didattiche (PSTD) elaborato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Si tratta di un programma
su vasta scala che coinvolge l’intera sistema scolastico italiano, basato su un forte investimento
314
tralasciamo le critiche puramente arti-tecnologiche restano due
interrogativi. Abbiamo a disposizione evidenze empiriche a
sostegno dell’idea che le ICT migliorino i processi di insegnamento? E, dal punto di vista più teorico, cosa intendiamo per
“istruzione” e come sta cambiando la nostra idea in proposito?
Non appare semplice dare una risposta a queste due domande.
La prima può essere affrontata abbastanza direttamente, anche se
in merito è necessario fare ancora molta ricerca. La seconda, invece, è più complicata e le risposte sono controverse: come osservavano Scribner e Cole (1973), infatti, “ogni teoria dell’educazione
implica chiaramente una teoria complessiva della società e di come
i processi sociali influiscono sull’educazione” (p. 553).
A molti anni di distanza, è ancora difficile raccogliere il consenso
generale intorno a una teoria della società, anche perché la società
stessa continua a cambiare. Altre domande si pongono all’orizzonte. Le ICT sono destinate a sostituire il libro? O dovranno
integrarsi in qualche modo con esso? La tecnologia decisiva è
rappresentata dalla LIM al posto della vecchia lavagna o dal
portatile sul banco di ogni studente? Ancora una volta la storia
delle nuove tecnologie dimostra che esse tendono a integrare, piuttosto che a sostituire, le tecnologie precedenti (Adoni – Nossek,
2001; Livingstone, 2002; Neuman, 1988). Come hanno dimostrato
Bolter e Grusin (1999), sebbene i nuovi media difficilmente riescano a sostituire completamente quelli precedenti, essi li ri-mediano,
cioè ne modificano le potenzialità o ne incoraggiano un’ulteriore
pubblico. Il programma ha fissato tre grandi categorie di obiettivi:
• promuovere negli studenti la padronanza della multimedialità sia come capacità di comprendere e usare i diversi strumenti, sia come adozione di nuovi stili cognitivi nello studio, nell’indagine, nella comunicazione e nella progettazione
• migliorare l’efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento e la stessa organizzazione della didattica sia per quanto riguarda le singole discipline sia per le acquisizioni
di abilità di tipo generale
• migliorare la professionalità degli insegnanti non solo attraverso la formazione, ma anche
fornendo strumenti e servizi per il lavoro quotidiano.
315
specializzazione. In altre parole, dopo l’avvento di internet, neppure il libro è più lo stesso: da una parte, infatti il modello lineare
dei tradizionali media a stampa sembra ancora inaccessibile, faticoso, o semplicemente “noioso” per molti ragazzi (Livingstone,
2002); dall’altra, gli stessi libri di testo, come molti altri supporti
didattici “cartacei”, sono cambiati nel corso degli ultimi decenni:
“L’attuale libro di testo scientifico non è più un libro nel senso
tradizionali della parola; funziona, piuttosto, come un kit di risorse
didattiche pronte per l’uso” (Kress 1998, p.65). I libri di testo
di oggi, insomma, richiedono ai loro lettori la stessa alfabetizzazione visuale enfatizzata anche dalle tecnologie che si basano sullo
schermo (Kress, 2003). Curiosamente, non sono solo gli adulti a
nutrire dubbi circa il fatto che internet possa o debba rimpiazzare
i libri. Anche se è convinzione ampiamente diffusa che internet fornisca un accesso a quasi tutte le forme di sapere e di conoscenza,
consentendo di distribuire i diversi contenuti sulla base di ritmi di
apprendimento personalizzati e di sostenere test su misura, cercando suggerimenti just in time e condividendo risorse informative
grazie a network di specialisti, se proviamo ad analizzare questo
stralcio di discussione tra ragazzi di 17 anni, tratto dal focus
group da noi realizzato, troviamo qualcosa di diverso:
Mi sembra inimmaginabile dover fare i compiti a casa attraverso
il pc; il web e la rete possono aiutarci a migliorare il nostro livello
di conoscenza della lingue straniere o per approfondire ciò che
leggiamo sui libri ma mai potrebbe sostituirli. Il rapporto con il
testo cartaceo è essenziale e bisognerebbe evitare l’eccessiva dipendenza dalle nuove tecnologie
E. (Liceo) .
Il tablet a scuola potrebbe essere una buona idea in termini di
praticità considerando che invece di mettere nello zaino tutti i
testi necessari alle lezione del giorno o i dizionari (aggravando il
316
peso sulla colonna vertebrale) potrebbe sostituirli tutti in appena
un kg di peso. Ma per studiare io personalmente ho bisogno del
testo cartaceo per sottolineare con diversi colori, creare mappe
concettuali ai margini del testo.
L. (Liceo )
Trovo l’utilizzo della LIM in classe molto utile per gli infiniti
collegamenti ipertestuali il problema è che molti docenti non le
sanno ancora usare e rimangono in classe come arredo.
A. (Professionale)
Trovo utile l’utilizzo di internet a scuola ma come strumento di
supporto ai metodi tradizionali di insegnamento e non come strumento sostitutivo.
G. (Liceo)
Dovremmo imparare a scuola ad utilizzare le mille applicazioni
della rivoluzione digitale perché queste faranno parte delle competenze richieste a noi nel mondo del lavoro. Ma per fare questo
occorre un corpo docente che sia preparato su questi temi. Molti
dei miei docenti non sanno leggere un sms sul proprio telefono.
M. (Professionale)
Star e Bowker (2006) sottolineano come le infrastrutture (in questo
caso facendo riferimento a quelle informatiche) siano connesse alle
abitudini dei gruppi sociali che le usano. Man mano che il sostegno
delle politiche pubbliche, i cambiamenti legati alle ICT trovano spazio nella formazione degli insegnanti, nella pratica didattica, nella
definizione dei curricola e nelle forme di valutazione, appare evidente che fare entrare l’hardware nelle scuole è solo l’inizio di un
lungo processo di trasformazione dell’infrastruttura educativa. Si
317
tratta di un processo complesso, che vede gli obiettivi dei governi
definirsi strada facendo e modificare, di conseguenza, sia le aspettative degli studenti e dei genitori, sia le pratiche didattiche. Molto
ancora rimane da fare prima che le ICT costituiscano realmente una
parte integrante delle nostre infrastrutture educative. Ma un primo
problema che ci si trova ad affrontare nel programmare, in ambito
scolastico, iniziative di educazione ai nuovi media, è quello della loro
collocazione nell’ambito del curriculum didattico. Possiamo individuare, a questo riguardo, tre possibili soluzioni, ciascuna delle quali
ha i suoi sostenitori, e presenta vantaggi e svantaggi.
In primo luogo, è possibile prevedere una materia apposita, da
aggiungere al curriculum didattico tradizionale. Si tratta di una
strada esplorata soprattutto in ambito americano, dove i media studies fanno ormai parte del curriculum di moltissime scuole superiori e college.
Una seconda possibilità è quella di riservare a tali argomenti uno
spazio extracurrícolare, all’interno delle ore di attività integrative
previste nella maggior parte degli istituti scolastici. Per vari motivi
– non ultimo quello rappresentato dalla flessibilità di questa scelta,
che permette al singolo istituto di organizzare e calibrare in maniera totalmente autonoma le attività didattiche previste nell’ambito dell’educazione ai nuovi media – si tratta di una strada che
sembra incontrare un certo favore nel nostro paese.
Infine, si può pensare di integrare in maniera “distribuita” lo studio
dei nuovi media all’interno del curriculum didattico esistente, prevedendo che un’introduzione al loro uso sia fornita contestualmente
alle singole attività di studio nell’ambito delle diverse materie, in
tutte le occasioni nelle quali tali attività comprendano l’impiego di
strumenti multimediali.
Così, mentre i governi e il sistema scolastico puntano sulle ICT per
migliorare i punteggi finali, ridurre la forbice tra più e meno dotati
e garantire a tutti le basi del sapere umanistico e scientifico, alcuni
osservatori prendono le distanze da queste priorità, criticando una
318
visione della formazione priva di immaginazione, basata su esercizi
ripetitivi ed esami e degna del XX se non, addirittura, del XIX secolo (per esempio, vedi Smith – Curtin, 1998), per proporre idee
alternative. Una di queste, che sta raccogliendo grande interesse
ed entusiasmo, vede nelle ICT lo strumento per sviluppare, sia
all’interno sia all’esterno della scuola, le cosiddette soft skills,
cioè quelle competenze trasversali sempre più richieste dall’economia globale dei servizi e della conoscenza che caratterizza
il XXI secolo (Gee, 2008; Jenkins, 2006b; Merchant, 2007; Shaffer
et alii, 2005; Squire, 2005). Questa concezione dell’istruzione mira
a valorizzare l’evidente entusiasmo con cui i bambini e i ragazzi
usano internet nel contesto domestico per esplorare, divertirsi ed
esprimersi creativamente (Livingstone - Bober, 2004b). In essa trovano posto sia l’istruzione formale mediata dalle ICT, sia le informazioni che esse mettono a disposizione, ma è soprattutto l’uso
dell’instant messaging, dei giochi online e dei social network ad
attirare l’attenzione, perché favoriscono forme cooperative di apprendimento e incoraggiano le motivazioni personali. In altre parole, la difficoltà di cogliere con chiarezza i benefici delle ICT sul
fronte dell’istruzione dipenderebbe più dalle limitate aspettative dei pedagogisti e degli insegnanti che dalle scarse potenzialità
delle ICT stesse: affermazione che chiaramente comporta importanti conseguenze a proposito della formazione degli insegnanti,
della gestione delle classi e della definizione dei curricula. E che
fornisce un’altra chance a coloro che sono delusi dall’attuale stato
delle cose. Diverse sperimentazioni in ambito internazionale
illustrano come le ICT siano non solo in grado di motivare
un ragazzo poco interessato alla scuola, ma anche di aiutarlo a
esprimere le proprie idee, a trovare la propria voce e a comunicare in modo efficace. Se solo la scuola superasse il modello individualistico dell’apprendimento ripetitivo, il rapporto
gerarchico tra insegnante e allievo e la definizione di obiettivi
didattici rigidamente strumentali, potrebbe conseguire, anche
grazie all’uso delle ICT, quella nuova alfabetizzazione che è
319
richiesta dalla “cultura convergente”.
Jenkins (2006, p. 4) identifica così queste nuove competenze:
------
-------
Gioco: la capacità di sperimentare il proprio ambiente circostante come una forma di problem solving
Performance: la capacità di assumere identità alternative per
improvvisare ed esplorare nuove attività
Simulazione: la capacità di costruire modelli dinamici per interpretare i processi che avvengono nel mondo reale.
Appropriazione: la capacità di campionare e re-mixare in modo
significativo i contenuti dei media
Multitasking: la capacità di monitorare il proprio ambiente
e di spostare la propria attenzione sugli elementi più rilevanti
quando necessario
Conoscenza diffusa: la capacità di interagire adeguatamente
con strumenti tecnologici che espandono le capacità cognitive
Intelligenza collettiva: la capacità di condividere il sapere e di
scambiare idee con altri per conseguire un obiettivo comune
Giudizio: la capacità di valutare l’affidabilità e la credibilità di
differenti fonti di informazione
Navigazione trasnsmediale: la capacità di seguire flussi narrativi
e informativi attraverso modalità espressive diverse
Networking: la capacità di cercare, sintetizzare e ridistribuire le
informazioni
Negoziazione: la capacità di muoversi attraverso diverse comunità, riconoscendo e rispettandone le differenti prospettive,
cogliendo e accettandone le regole
Questo elenco è una boccata di aria fresca, una celebrazione della
creatività giovanile, dell’intelligenza e del desiderio di imparare
320
sempre e dovunque. La sua concezione di didattica si scontra con
il modello tradizionale di trasmissione del sapere da un’autorità
ad allievi che devono competere l’uno con l’altro per adeguarsi
a un curriculum definito a livello nazionale. Certo, si potrebbe
osservare che anche in questo caso, come per l’insegnamento tradizionale, mancano le prove evidenti che le ICT siano in grado
di stimolare nuove e più creative forme di apprendimento. Una
ragione potrebbe essere la mancanza di criteri per valutare simili competenze, trasversali o alternative, nel quadro dell’istituzione
scolastica: detto altrimenti, non è ancora chiaro come integrare
nella prassi didattica i software educativi e le altre risorse elettroniche che vengono spesso proposti come “una forma divertente di
apprendimento’’.
Vale la pena osservare che i tratti ottimistici riconosciuti nel lavoro di Marsh, Drotner e Cassell derivano dal modo in cui la
tecnologia rende possibili occasioni di collaborazione orizzontale e di apprendimento condiviso; le indicazioni più negative,
invece, come quelle contenute nel lavoro di Willet hanno a che
fare con l’uso delle tecnologie per supportare una relazione didattica che Cassell definisce come una forma di insegnamento
guidata verticalmente dall’insegnante. L’impiego delle tecnologie, insomma, sembra didatticamente più efficace in contesti
di apprendimento orizzontali più che verticali; ciò che conta,
ancora una volta, non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui
la si utilizzerà nei diversi ambiti educativi.
321
Riferimenti bibliografici
--
Adoni, (2001)
--
Bolter, (1999)
--
Bowker, (2006)
--
Cassell, (2004)
--
Cole, (2007)
--
Curtin, (1998)
--
Drotner, (2000)
--
Gee, (2008)
--
Grusin, (1999)
--
Jenkins, (2006)
--
Kress, (1998)
--
Lazarsfeld (2006)
--
Livingstone,(2002)
--
Marsh, (2000)
--
Merchant, (2007)
--
Merton, (2004)
--
Meyrowitz, (1985)
--
Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni PSTD (Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche), (2000)
--
Neuman, (1988)
--
Nossek, (2001)
--
Report Audiweb (2011)
--
Report Istat Cittadini e nuove Tecnologie, (2009)
--
Shaffer, (2005)
--
Scribner, (1973)
--
Smith, (1998)
--
Squire,(2005)
322
--
Star, (2006)
8.6 Analisi dei POF delle scuole partecipanti alla ricerca
Scuole Puglia (A. Fornasari)
Nome scuola, indirizzi, note su popolazione e territorio
LIM
PON/ECDL
Liceo Salvemini Bari
www.liceosalvemini.it
Sito
Presenti in labo- Corsi
ECDL,
ratorio
Progetti Pon sulla
multimedialità –
circoscrizione Japigia
(Pon su realizzazione di disegni
Liceo scientifico - con indirizzo P.N.I e inditridimensionali,
rizzo bilinguismo
sulla catalogazione multimediale
di testi)
Estremamente
ricco di collegamenti e informazioni, ma non
particolarmente
interattivo (presenza di un blog
degli studenti ma
non
constantemente aggiornato)
ITC Leonardo Da Vinci Martina Franca – Presenti 3 LIM
Contrada Pergolo
www.itcgdavinci.it
Ricco, presenza
di una piattaforma Moodle per
l’e-learning e di
un blog per gli
studenti, possiblità di scaricare materiale didattico.
Interattivo
Indirizzi: Amministrazione finanza e turismo, Giuridico, economico aziendale, Linguistico aziendale, Costruzioni ambienti e
territorio, Costruzione, territorio, ambiente
Popolazione studentesca: poco omogenea
per preparazione e motivazione, proveniente da vari comuni della provincia di
Taranto, Brindisi, Bari (Valle d’Itria)
323
Corsi ECDL
IISS Antonietta de Pace Lecce
www.ipdepace.com
Quartiere centro-storico
Indirizzi Istituto Professionale:
Servizi commerciali (Gestione aziendale –
servizi turistici-grafica pubblicitaria),
Produzioni industriali e artigianali (Moda –
Chimico biologico –Audiovisivo).
Sono
presenti
LIM e laboratori
multimediali (La
scuola ha fatto
parte del progetto
classi 2.0)
Corsi ECDL e
PON che interessano
l’area
informatica, attraverso l’ultilizzo di
software specifici
(Auto-CAD
ad
esempio)
Ricco e interattivo. Sono presenti
piattaforme multimediali per alunni con problemi
motori
Corsi ECDL
Il sito presenta
spazi interattivi
e piattaforme per
l’e-learning e per
l’e-democracy
(possono accedervi solo gli iscritti).
presenti Corsi ECDL
Sito internet con
informazioni ma
non interattivo.
Presenta alcuni
difetti di funzionamento
Indirizzi Istituto Tecnico, Tessile – settore
moda, Grafica e comunicazione
Popolazione studentesca: preparazione
di partenza medio-bassa, provenienza
soprattutto da paesi limitrofi, ampia presenza di ragazzi con genitori operai con
livello di istruzione medio-basso. Contesto
territoriale ritenuto pericoloso per quanto
concerne fenomeni di abbandono scolastico e carenza occupazionale
Liceo Linguistico Tito Livio Martina Presenti 4 LIM
Franca – Contrada Pergolo
www.titoliviomartinafranca.it
Liceo classico
Liceo scientifico
Liceo linguistico
Popolazione studentesca: prevalentemente femminile, proveniente soprattutto da
paesi limitrofi della provincia di Taranto
e, in misura maggiore, dalla Valle d’Itria
Liceo Scientifico Banzi Barzoli Lecce
Sono
www.liceobanzibarzoli.it/index.php
LIM
Zona polo fieristico-stadio
Indirizzi:
Liceo scientifico corso ordinario
Liceo scientifico corso P.N.I,
Liceo scientifico corso bilingue,
Liceo progetto maxiscientifico cod.min.
ISFN,
Liceo maxilinguistico COD. MIN.ISFU
Popolazione scolastica: 1239 studenti di
cui 726 pendolari, condizione socio-economica prevalente medio-alta, percentuali di
promozione del 95%
324
Istituto Lenoci Bari
www.itclenoci.it
Cablaggio di tutte
le aule dell’istituto, per consentire
Circoscrizione Japigia – Torre a Mare
attravreso postazioni mobili, l’uso
Indirizzi:
di internet nella
Amministratore Finanza e Marketing,
didattica ordinaEconomico aziendale sportivo,
ria.
Sistemi informativi aziendali (Indirizzo in- Presenti anche 8
formatico aziendale),
laboratori multiTURIMO Indirizzo linguistico e turistico mediali
aziendale,
SIRIO Serale-adulti indirizzo informatico
aziendale
Corsi ECDL e
corsi Pon su strumenti informatici
specifici (in particolare su reti di
connessioni)
Sito
aggiornato. Presenti un
giornalino online
degli
studenti,
un blog e collegamenti a social
network.
Presenza di piattaforma Moodle
per l’e-learning.
Pubblicati online
lavori degli studenti
Scuole Piemonte
Nome scuola, indirizzi, note su popolazione e territorio
LIM
PON/
ECDL
Sito
Liceo Scientifico Giordano Bruno di Torino 3 LIM
Il sito della scuola contiene tutta la mo-
Via Marinuzzi 1, Torino 011-2624884
dulistica e offre uno spazio agli studenti
www.gbruno.it
per la narrazione delle proprie iniziative.
Il liceo Scientifico Giordano Bruno è
dotato di una rete wireless che permette
di utilizzare PC e netbook in ogni zona
dell’edificio anche in palestra. Esso si
inserisce in un processo di digitalizzazione della documentazione, cominciato nel 2008 con la scelta di adottare il
registro online. Sulla piattaforma sono
inoltre presenti tutte le circolari, visualizzabili solo dagli utenti registrati (a
ogni studente e a ogni docente viene
fornito un identificativo a inizio anno).
325
Istituto Tecnico Commerciale Rosa Lu- 1 LIM ECDL
Ricco e aggiornato. Contiene tutte le in-
xemburg
formaizoni utili per studenti e genitori in
Corso Caio Plinio 6 - 10127 Torino -
modalità downloading e top-down.
0116192212 – 0116193021
http://www.luxemburg.it/
Oggi l’Istituto è frequentato da oltre 700
studenti provenienti per oltre il 50% circa da
scuole medie statali ubicate nelle vicinanze,
soprattutto Santa Rita, Lingotto, Mirafiori
Nord; il 20% da scuole medie statali dei comuni limitrofi (Moncalieri, Airasca, Beinasco, Candiolo, Nichelino), mentre il restante
12% da scuole di vari altri quartieri della città.
Liceo Scientifico Statale Antonio Gramsci
3 LIM ECDL
Sito ordinato e essenzialmente pensato
Via Alberton 10/A 10015 Ivrea -TO- tel. +39-
sopratutto per gli studenti, contiene do-
0125424357 / 0125424742
cumenti e piattaforme interattive
http://www.lsgramsci.it/
La parte dedicata all’e-learning del sito
dell’istituto Antonio Gramsci ospita
Indirizzi Istituto Tecnico
varie sezioni, alcune ad accesso aperto
Tessile – settore moda,
altre riservate agli studenti e ai docenti
Grafica e comunicazione
che richiederanno l’utilizzo di una login
e password.
Gli studenti provengono prevalentemente
dal distretto 40; ma, grazie alla collocazione
territoriale più favorevole o alla varietà di
indirizzi di studi attivati, sono numerosi gli
studenti provenienti da altri distretti, anche di
province limitrofe (Vercelli e Biella). Questo
comporta un notevole pendolarismo, di cui
si tiene conto, comunque, nella programmazione di tutte le attività scolastiche. Il Liceo
ospita periodicamente alunni stranieri.
326
Istituto Tecnico Industriale Camillo Oli- 6 LIM ECDL
Sito ricchissimo, interattivo e aggiorna-
vetti
to. Presenza di piattaforma Moodle per
Viale Liberazione Colle Bellavista - 10015
l’e-learning e di uno spazio per l’invio
Ivrea, tel. 0125 631863-0125 631209
del cv
http://www.istitutoolivetti.it
Liceo Scientifico Galileo Galilei di Alessan- 2 LIM ECDL
Sito ricco e aggiornato. Contiene una
dria
piattaforma Scuola-net, due forum per
Sede Centrale: spalto Borgoglio, 49 15121
rappresentanti e docenti, accesso ai so-
Alessandria, tel. 0131252996 - 0131251027
cial network
0131262847 fax. 0131262847.
Succursale: via Raffaele Lumelli, 22 15121
Alessandria, tel. 0131252308
http://www.scientificogalilei.net/
Istituto Tecnico Industriale Alessandro 4 LIM ECDL
Il sito dell’istituto presenta caratteri-
Volta di Alessandria
stiche molto interessanti. Esso infatti è
Via Spalto Marengo 42 0131227239
connotato da una forte interattività. In
http://itis.volta.alessandria.it/
particolare, la sezione dedicata alla didattica è composta da forum moderati
dai docenti, dove vengono inseriti materiali e stimoli per la discussione online
e offline con i ragazzi. Il sito, inoltre, è
sincronizzato con un gruppo di Facebook per raggiungere un più ampio numero di studenti della scuola
327
328
9. La rete strumento di educazione al
cosmopolitismo
A . Fornasari
La carta d’identità terrestre del nuovo cittadino
del mondo comporta una raccolta d’identità
concentriche, che parte dall’identità familiare, locale,
regionale, nazionale.
(Morin – Kern, Terra-Patria, p. 123)
9.1 Il cosmopolitismo ed i suoi significati
L’aggettivo “cosmopolita” e il sostantivo “cosmopolitismo” come
sostenuto da Pierluigi Valenza nel suo saggio (“Da Atene a Seattle.
Sguardo storico e considerazioni attuali sul cosmopolitismo”, in
«Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle finanze», 1,
2004, pag. 95-116) cui facciamo ampio riferimento “intendono entrambi, nell’accezione più comune del linguaggio corrente, l’idea
che il mondo possa essere riconducibile ad un’unità, da cui si ha poi
un’unica cittadinanza: l’uomo cosmopolita è, per l’appunto, il cittadino del mondo, colui che è a casa e può essere a casa dappertutto. Il
cosmopolitismo sarebbe allora quella teoria filosofico-politica che
sostiene questa possibilità: che il mondo sia un’unica città, ovvero
sia retto da un unico sistema di regole nel quale l’uomo, ogni uomo,
può essere cittadino. In realtà poi il binomio mondo-città si dipana,
sempre nel linguaggio e nell’uso corrente, in una quantità di sfumature: l’uomo cosmopolita in realtà non è l’uomo in quanto tale, né è
reso tale dal fatto che il mondo effettivamente sia ricondotto sotto un
unico sistema di regole. Se così fosse si potrebbe anche argomentare
329
che l’aver valore dei diritti umani sanciti nella Carta dell’ONU del
1948 configurerebbe per ciò stesso un unico sistema di regole, una
sorta di città, di repubblica mondiale, della quale gli uomini, per il
solo fatto di essere uomini, farebbero parte, e allora saremmo tutti
cosmopoliti”. Continua Valenza “è sufficiente richiamare alla mente
il senso di quell’aggettivo applicato all’uomo nel linguaggio ordinario per renderci conto che il senso è anche altro, che noi cioè usiamo
quella parola ugualmente per intendere una persona che ha vissuto in
molti paesi, che ne conosce le lingue, gli usi e i costumi, e quindi
vive in diverse parti del mondo come a casa sua perché si è adattato
ai diversi contesti e ci sa stare dentro. Ancora diverso poi l’uso quando lo riferiamo alla città: quando parliamo di città cosmopolita intendiamo dire che la città si è fatta mondo, è cioè abitata da una quantità
di persone di culture, costumi, razze diverse, le quali vivono fianco a
fianco senza particolari problemi. Questa adattabilità, in questo caso
della città, di nuovo non necessariamente ha a che fare con l’introduzione di un sistema di regole valido universalmente, una città può
essere cosmopolita naturalmente, per storia e tradizione, per l’indole
accogliente degli abitanti, perché gli interessi oggettivi, i vantaggi
economici, ad esempio, del viverci dentro hanno fatto sì che rispetto
alle incompatibilità delle differenze prevalessero le ragioni della
convivenza. Questa premessa dovrebbe chiarire, proprio attraverso il
riferimento a tre plessi tematici – l’unità di regole per soggetti diversi e provenienti da contesti, ordini valoriali, culture giuridiche differenti, l’adattabilità di singoli soggetti, la capacità di accoglienza del
diverso, cioè l’adattabilità dei luoghi – quanto la parola “cosmopolita” e la teorizzazione ad essa relativa, il “cosmopolitismo” rivestano
attualità nella fase storica che stiamo vivendo, nella quale fenomeni
imponenti, quali le migrazioni di massa o la comunicazione istantanea tra le diverse parti del mondo (attraverso la rete internet), paiono
realizzare quell’idea espressa nel linguaggio comune, che il mondo
si riduca a città, che gli uomini si facciano cittadini del mondo, che la
città stessa si faccia mondo perché abitata da uomini molto diversi tra
loro”. In realtà non è sufficiente che questi fenomeni si diano perché
330
si possano usare i termini in questione, non solo nella loro accezione
colta, ma probabilmente anche in quell’accezione deformata del linguaggio ordinario che da quell’accezione colta dipende: un uomo
che viva in un altro paese, in una cultura completamente differente,
non per questo è cosmopolita, né è ipso facto cosmopolita una città
nella quale vivano persone di molteplici culture, costumi, razze. Valenza sottolinea come il fermarsi su alcuni momenti significativi della storia del termine possa aiutare ad entrare meglio dentro i problemi
su menzionati e a vederli innestati all’interno della tradizione culturale cui apparteniamo: le diverse stratificazioni di senso mostrano
come l’idea del cosmopolitismo ha accompagnato le trasformazioni
nella convivenza tra gli uomini. Può essere utile - prosegue l’autore
- “partire, ad esempio, dal significato che hanno, nella cultura greca,
le singole parole che formano le radici dei termini composti qui in
discussione: polis e cosmos. “Polis è termine ambiguo, come ricorda
nel Politico Aristotele: ambiguo in quanto nomina, come d’altra parte il nostro “città”, sia il luogo geografico, ovvero il luogo in quanto
abitato dagli uomini, sia il luogo sociale, ovvero lo Stato che gli uomini che vivono in quel luogo organizzano dandosi una costituzione.
“Quest’ambiguità tende a trasferirsi sul polites, perché analogamente
il cittadino potrà essere semplicemente l’uomo che vive in un luogo,
o l’uomo in quanto dotato di diritti, partecipe della vita politica del
luogo in cui vive”. Nella discussione che Aristotele, sempre nel Politico, fa della nozione di cittadino la prima possibilità è però senz’altro esclusa, e si può dire in questo senso che la prima possibilità non
appartiene all’orizzonte di pensiero dell’uomo greco dell’età pre-ellenistica: “il cittadino non è cittadino in quanto abita in un certo luogo”; piuttosto cittadino in senso proprio, o, come dice Aristotele, “in
senso assoluto”, è colui che ha facoltà di partecipare alla vita pubblica, più esattamente “quegli che ha la facoltà di partecipare all’ufficio
di consigliere e di giudice questo noi diciamo senz’altro cittadino
dello stato in cui ha tale diritto”. Si tratta, sostiene Valenza, come
emerge dalle riflessioni che Aristotele svolge immediatamente dopo,
di una questione di fatto, che prescinde da come un uomo sia arrivato
331
a godere di tale facoltà, perché si può essere cittadini per discendenza, lo si può essere ugualmente per sanzione giuridica, come ad
esempio, al momento della fondazione di una nuova città. “I termini
polis e polites definiscono un ambito che è umano e convenzionale,
quello del luogo abitato fondato o governato da un numero più o
meno grande di persone, che si sono date un ordine, ordine che varia
nella Grecia di allora anche profondamente da luogo a luogo. Anche
il termine cosmos designa un ordine, questo però è un ordine che non
dipende da volontà di uomo, è un ordine naturale. In quanto ordine
naturale esso è anzitutto uno, rispetto ai molteplici ordini delle diverse polis, anche se non originario, perché prima nel mito, poi nelle
prime riflessioni filosofiche sulla natura, i Greci avevano visto il cosmos come ordine contrapposto al caos originario”. Anche in questo
Valenza ricorda di come facendo riferimento ad un classico della filosofia greca, il Timeo di Platone, possiamo trovare sintetizzata questa contrapposizione nella descrizione dell’attività dell’artefice nel
mito del demiurgo: “dio volendo che tutte le cose fossero buone e,
per quant’era possibile, nessuna cattiva, prese dunque quanto c’era di
visibile che non stava quieto, ma si agitava sregolatamente e disordinatamente, e lo ridusse dal disordine all’ordine, giudicando questo
del tutto migliore di quello”. Le due parole allora, associate l’una
all’altra, continua Valenza parrebbero generare una sorta di corto circuito: la parola polites riferita al cosmos sarebbe impropria perché
l’essere cittadino ha senso solo all’interno di realtà costituite dall’uomo, di istituzioni che hanno valore convenzionale. La nascita del termine “cosmopolita” però proprio questo intende realizzare, la rottura
dell’ordine politico ovvio della Grecia classica organizzata in una
molteplicità di polis. I primi usi del termine e soprattutto la concezione politica che ne assume il nucleo cadono nella fase in cui il mondo
delle libere città greche tramonta con l’egemonia macedone. È l’idea
di cittadino prima ricordata che viene meno: “L’uomo come essere
politico, elemento della polis o responsabile del governo della città-stato, era morto con Aristotele; con Alessandro si concepisce l’uomo come individuo”. Superata la polis si diventa cittadini di che
332
cosa? La parola cosmos intenderebbe, per quanto sostenuto da Valenza, la natura come insieme ordinato, tuttavia dipende dalla concezione che si sostiene della natura, e se si fa riferimento propriamente alla
natura, o alla natura in senso traslato, mondo come insieme più vasto
nel quale l’uomo si trova. Schematicamente: “le prime accezioni significative dell’espressione “cosmopolita”, cittadino del mondo, alludono a due concezioni dell’uomo che, oltrepassando entrambe la
polis, considerano l’uomo come individuo in termini molto diversi. Il
primo uso del termine è attestato presso il cinico Diogene di Sinope,
in Diogene Laerzio: “Interrogato sulla sua patria – scrive Diogene
Laerzio a proposito di Diogene – rispose: “Cittadino del mondo”.
Diogene deve sicuramente buona parte della sua fama, con l’anedottica che ne è fiorita ampiamente riportata nelle Vite dei filosofi, proprio al distacco dal consesso sociale e alla vita provocatoriamente
fuori dalle regole. L’opposizione della natura alla convenzione, l’assunzione di una regola dell’universo come unica, si realizza in una
vita che è precisamente negazione dell’idea di cittadinanza, di qualsiasi cittadinanza, sebbene, sempre secondo quanto riporta Diogene
Laerzio, Diogene di Sinope abbia riconosciuto comunque un valore
alla convivenza entro la città governata da leggi. Rispetto a questo
primo senso di “cosmopolita” quello maturato nello Stoicismo antico
si stacca radicalmente perché qui la natura coincide con una legge
divina, fondamento delle diverse costituzioni politiche, con un senso
nettamente più forte di regola morale, che bandisce il disimpegno
teorizzato e vissuto dal cinismo”. L’idea, balenata ad Alessandro Magno, di un’unione dei popoli, diviene in Zenone l’idea di uno stato
ideale, “un mondo non più formato da stati separati, ma come una
grande città retta da leggi divine dove tutti erano cittadini, vincolati
tra loro non da leggi umane, ma da un loro spontaneo assenso o ...
Amore”. La definizione di polis attribuita allo Stoicismo antico ripete quella della filosofia politica dell’età pre-ellenistica: la città “è una
moltitudine di uomini che abitano nello stesso luogo”, la novità è che
quest’idea di città può essere estesa al mondo. Quest’affermazione
rimonta alla convinzione che il mondo sia governato da una legge
333
che accomuna uomini e dei, che, sempre con riferimento allo Stoicismo antico, nel De legibus di Cicerone viene definita come “ragione
suprema, insita nella natura” o anche “forza insita in natura”, dove la
naturalità intende il suo carattere originario: “Essa è nata prima del
tempo, prima che fosse stata scritta una qualsiasi legge o fondata una
qualsiasi città”. Nel suo scritto Valenza ricorda come “non solo,
come per i Cinici, si ricava da questa nuova idea di cittadinanza che
la provenienza da diversi luoghi non fa gli uomini diversi; si ricava
anche l’idea che l’assenza di un luogo privilegiato di riferimento non
cancella l’idea di una legge e di una regola da seguire, che questa non
è prodotto di una convenzione, ma è iscritta nella natura (questo il
senso della sua originarietà e provenienza divina) e, stando al fondo
delle legislazioni storiche, ne è il riferimento e la misura”. Come sarà
espresso nel modo più chiaro dall’imperatore romano Marco Aurelio, l’imperatore filosofo, il riferimento al “cosmo” può rappresentare
una sorta di cittadinanza superiore, l’appartenenza all’umanità, che
può convivere in modo non conflittuale con l’appartenenza ad uno
Stato, così come è espresso nel frammento: “La mia città e la mia
patria è Roma in quanto sono Antonino. In quanto uomo, è l’universo”. La compatibilità di cittadinanza universale e identità locale (siamo in presenza ante litteram del significato oggi attribuito al termine
glocal) si annuncia, per le premesse poste dalla situazione contemporanea, particolarmente interessante, e tuttavia il senso apparentemente negativo, soltanto di rottura, proprio del Cinismo, potrebbe anch’esso annunciare una duplicità inevitabile nella nozione di cittadino
del mondo, forse non meno attuale. Per trovare un contesto culturale
altrettanto significativo che quello rapidamente visitato nella trattazione di Valenza, occorre compiere un grande salto nel tempo ed arrivare alla cultura del Settecento. In questo caso l’uso e la diffusione
del termine si accompagna ad un’altra radicale trasformazione, quella che porta all’affermarsi, con le rivoluzioni americana e francese
che hanno un qualche antecedente nella Gloriosa Rivoluzione della
fine del Seicento in Inghilterra, del modello dello Stato moderno. In
altre aree di Europa si consolidano processi centralistici e assolutisti-
334
ci, dall’Austria asburgica alla Prussia alla Russia. “Rispetto alla relativizzazione dell’appartenenza ad un luogo implicita nell’idea di cosmopolitismo si assiste nell’ultimo scorcio del Settecento al crescere
del valore delle diversità culturali e linguistiche con l’elaborazione di
idee sul valore dell’identità di un popolo nelle sue specifiche caratteristiche, che, da Rousseau a Herder, sfociano nella definizione dell’idea di nazione che alimenta movimenti politici e cospirativi nei due
secoli successivi, in Europa e nel mondo”. Quest’idea a sua volta
forma il motore del perfezionarsi del modello di Stato moderno come
Stato nazionale; il predominio di questo modello risulterà più evidente con la fine, tra XIX e XX secolo, dei grandi imperi multietnici.
Le domande che Valenza pone riguardano il fatto che l’idea di cittadinanza mondiale non sorga dunque in corrispondenza di un processo univoco come quello della fine delle polis greche. Come si connetta essa allora alle radicali trasformazioni prima ricordate?
Certamente - prosegue l’autore- “c’è in essa il senso dell’uguaglianza di tutti gli uomini, motivo ispiratore di fondo della visione emancipatrice dell’illuminismo, e quindi essa si pone in continuità con il
riferimento ad una legge universale che aveva visto nello Stoicismo
antico il suo albore. Ma, ovviamente, storia della cultura e contesti
sociali e politici sono troppo diversi per non far ritrovare questa idea
in termini anche molto mutati”. Concentrarsi sui alcuni passaggi di
una delle menti più alte della cultura settecentesca, Immanuel Kant,
può consentire di fare, come per il cosmopolitismo antico, un punto
sul senso del termine utile per una riflessione sull’oggi. Per Valenza
due sono i testi più significativi nei quali Kant parla di cosmopolitismo: “il saggio Idee zu einer allgemeinen Geschichte in weltbürgerlich Absicht (Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, del 1784) e il saggio Zum ewigen Frieden (Per la pace
perpetua, del 1795). In entrambi i testi l’idea di cosmopolitismo è
strettamente legata con quella della costituzione di un diritto di valore universale”. Nel primo saggio Kant indica come massimo problema del genere umano, alla cui soluzione esso è spinto dalla stessa
natura, quello del “pervenire ad una società civile che faccia valere
335
universalmente il diritto”, ponendosi poi l’interrogativo di quale possa essere l’esito più alto del processo della storia nella soluzione di
questo problema e individuando quest’esito in una “lega dei popoli”
che rappresenti, sul piano del rapporto tra gli Stati, la stessa dimensione comunitaria che il singolo Stato rappresenta rispetto ai singoli
individui. In Zum ewigen Frieden, delineando principi e articoli fondamentali per una pace perpetua Kant distingue tre livelli di diritto:
il diritto pubblico, il diritto internazionale ed infine il “diritto cosmopolitico”, il diritto secondo il quale “uomini e Stati in rapporto esteriore reciproco gli uni con gli altri sono da considerare come cittadini
di uno Stato universale degli uomini”.
9.2 Cosmopolitismo e globalizzazione
Alcuni dei problemi che il termine cosmopolitismo evoca hanno portato filosofi, sociologi, studiosi della politica, a schierarsi, più o meno
dichiaratamente, sul diritto del termine a sussistere e a rappresentare
una prospettiva possibile di convivenza tra gli uomini. Vorremmo
cercare, sostiene Valenza “restringendo lo sguardo ad alcune pubblicazioni recenti, di fissare alcune posizioni rispetto alle quali far
ordine sul possibile attuale significato del termine e sulle prospettive
che esso designa, completando, con uno sguardo rivolto agli antecedenti trattati, il nostro excursus tra storia e attualità. In un suo recente
saggio, Pluralismo, multiculturalismo e estranei, Giovanni Sartori fa
valere le ragioni del pluralismo contro quelle del multiculturalismo
di matrice americana e che comincia ad allignare anche nella cultura europea. Il multiculturalismo irrigidirebbe le diversità all’interno
della società creando una molteplicità di comunità chiuse, comunità
poi il cui legame è dato da caratteri, quali la religione e l’etnia, che
prospettano “estraneità radicali” Non che con questo Sartori intenda negare o cancellare le differenze, o riportarle alle differenze di
opzioni politiche, di visioni della società, delle quali si sostanzia il
pluralismo. Il contesto presupposto dal suo ragionamento contro il
336
multiculturalismo è quello dello Stato nazionale come ambito ancora
ovvio e naturale dell’organizzazione politica, quello del resto ancora
ampiamente vigente anche se in crisi, o al più di comunità politiche
di diversa dimensione, quindi anche sovranazionali, ma comunque
omogenee”. La crisi dello Stato nazionale, crisi, ricorda anche Sartori, costituita da un’erosione sia verso il basso, in direzione delle
comunità locali, sia verso l’altro, in direzione di organismi sovranazionali, non ha affatto come suo sbocco il ridefinirsi di un’identità
comunitaria in termini di cittadinanza mondiale. Proprio l’erosione
della cornice nella quale si è costituita l’idea di cittadinanza nella
quale viviamo, erosione dal basso e dall’alto, ha portato a formulare concezioni del cosmopolitismo più ambiziose di quelle di Kant.
“Mentre l’erosione dal basso, come rifiuto della burocrazia statale e
della politica centralistica, porta alla richiesta di una maggiore importanza del locale, dell’amministrazione più facilmente controllabile e interpellabile, e dunque al rafforzamento dell’identità particolare, l’erosione dall’alto evidenzia l’insufficienza tanto di questa sola
identità, quanto di quella nazionale e pone l’esigenza di assumerne
una superiore, planetaria. Anche questa esigenza si può presentare, si
è di fatto presentata, in una molteplicità di toni: la cittadinanza mondiale può configurarsi come superamento della rigidità delle strutture
nazionali, con strutture in cui prevale il lato federativo o anche il
carattere transnazionale, proprio di organismi o associazioni internazionali”. Esempio di queste strutture, vincenti rispetto agli Stati
nazionali e alle superpotenze nazionali, possono essere la Comunità
europea come federazione di Stati, ma anche associazioni transnazionali di consumatori o associazioni come Amnesty International,
dotate di alto valore morale e in questo senso legittimate a criticare
l’operato di governi. Nell’esporre questa visione delle prospettive
dell’età oltre lo Stato nazionale Valenza riprende il pensiero di Stephen Toulmin il quale sintetizza i due modelli contrapposti attraverso
le figure del Leviatano (lo Stato) e di Lilliput (strutture più piccole
in grado però di prevalere sul gigante Gulliver). “Qui però il termine cosmopolis non allude tanto al formarsi di una nuova identità,
337
quanto ad una visione armonizzante del mondo propria di ogni epoca: la nuova prospettiva enunciata non sarebbe altro che una nuova
cosmopolis caratterizzante la post-modernità o una nuova fase della
modernità e contrapposta a quella che ha segnato la scienza moderna e, in politica, la formazione e il dominio degli Stati nazionali.
In senso ancora più forte però l’urgenza di problemi non risolvibili
entro i confini del vecchio Stato nazione potrebbero richiedere non
soltanto strutture diverse e più adattabili, ma, a livello individuale,
la formazione di una vera e propria coscienza planetaria”. È questa
la prospettiva ancora più forte che ispira il testo-manifesto scritto
a quattro mani da Edgar Morin e Anne Brigitte Kern. La necessità
di un senso forte di “cosmopolitismo” prima ancora dei recentissimi processi di interdipendenza e integrazione va riportata all’intera
storia moderna, fino agli esiti tragici del XX secolo. Gli Stati nazionali sono anche in quest’analisi delle cornici ormai inadeguate, non
senz’altro da superare, ma almeno da integrare in strutture più vaste,
perché “l’associazione planetaria è l’esigenza razionale minima per
un mondo interdipendente”.
La carta d’identità terrestre del nuovo cittadino del mondo comporta una raccolta d’identità concentriche, che parte dall’identità familiare, locale, regionale, nazionale. L’identità occidentale, anche
quando avrà integrato in sé, come è auspicabile, componenti che
derivano da altre civiltà, dovrà essere concepita come una componente dell’identità terrestre, e non come questa identità. L’internazionalismo voleva fare della specie un popolo. Il mondialismo vuole
fare del mondo uno Stato. Si tratta di fare della specie un’umanità,
del pianeta una casa comune per la diversità umana. La società/comunità planetaria dovrebbe essere il compimento stesso dell’unità/
diversità umana. (Morin – Kern, Terra-Patria, p. 123)
Anche da qualche accento di questa descrizione traspare il senso
di vera e propria mutazione antropologica che la formazione della
cittadinanza planetaria richiede nella concezione dei nostri autori.
“La legittimità, giuridica e non solo morale, dei diritti umani può
338
essere argomentata anche in un mondo multiculturale, come risposta
adeguata alla globalizzazione come portato della modernità e della post-modernità” prosegue Valenza. “Questo vale per la capacità
di integrazione dello Stato nazionale in una società multietnica, uno
Stato che oltre a riconoscere la cittadinanza non su base etnica, la
riconosca di fatto non chiudendo nei ghetti, urbani e sociali; vale, e
in termini più problematici, per organizzazioni sovranazionali come
l’Unione europea”. Infine Valenza sottolinea un altro aspetto significativo della concezione di cosmopolitismo quale emerge nella visione di Habermas: “qui, diversamente che nelle altre posizioni prese in
considerazione, l’assunzione di un’identità cosmopolita non riguarda
il pianeta e non si aggiunge come identità ulteriore rispetto ad altre
già acquisite. Qui la rinuncia ad un’identità etnica già configura, con
il prevalere di una base di integrazione giuridico-democratica guidata dal senso ampio di “giustizia” di cui abbiamo detto, l’assunzione
di una visione cosmopolitica: questa vale per le organizzazioni sovranazionali, vale per gli Stati nazionali sempre più, in prospettiva,
a popolazione multietnica, vale addirittura, potremmo aggiungere
rispetto ad Habermas, anche per le comunità locali”. Il cosmopolitismo, inteso in questo senso, potrebbe designare l’identità possibile
nell’età della globalizzazione, un’identità che, senza cancellare le
identità culturali e linguistiche di una maggioranza, assuma come
base di integrazione un nucleo che non prende quelle come bagaglio
di partenza, semmai come punto d’arrivo, nella consapevolezza però
che in individui, famiglie, comunità con un’altra storia dietro, non
saranno più quelle, ma altre.
9.3 La rete ed il cosmopolitismo
I primi studi sul web erano incentrati sulla relazione tra sviluppo
dei media e rimozione di barriere spaziali, in continuum con la ormai celebre concezione sviluppata da McLuhan (1964) del moderno “villaggio globale”. Con questa locuzione il celebre esponente
della scuola di Toronto, la cosiddetta corrente determinista, vedeva
339
nei media elettronici gli strumenti in grado di segnare il passo tra
il modello spaziale urbano-centrico, saldamente ancorato all’idea di
città come fulcro della civiltà, e il modello appunto globale, basato
su una società vasta, in cui individui e istituzioni vivono liberi da
confini e barriere territoriali. Altro termine accostato all’aggettivo
globale con frequenza è “comunità” anch’esso saldamente connesso
al ruolo dei nuovi media. Di “comunità virtuali” ha iniziato a parlare Rheingold (1993), altro guru degli studi sociali su internet negli
anni Novanta, prevedendo la possibilità che attraverso la rete sarebbe
stato possibile sviluppare relazioni tanto vaste e profonde da portare
alla formazione di una sorta di nazione virtuale, composta da cittadini consapevoli, in grado di fare dei siti telematici dei veri e propri
spazi di confronto democratico. In questo anno trascorso in cui in
tanti luoghi di cultura e formazione hanno celebrato l’anniversario
della nascita di McLuhan (100 anni) e nell’attuale in cui sono già
annunciati convegni, dibattiti per il centenario della nascita di Alan
Turing, la riflessione sulle modificazioni sociali e umane portate dalla tecnologia della rete è determinante per capire la contemporaneità,
in specie quella legata alla comunicazione. La rete ha avuto nella
sua breve vita (in termini temporali ha solo circa 20 anni, ma la sua
esistenza è stata già piuttosto intensa per gli effetti prodotti) alcune
differenti fasi.
Si è partiti dall’entusiasmo per giungere a un’attenta considerazione del suo uso, passando attraverso lo scetticismo di molti. Nella
rete c’è davvero tutto. Dal sapere enciclopedico, alla ricerca di amici spesso solo coetanei (per Gergen questo slittamento da una relazione verticale – intergenerazionale – a una orizzontale – il gruppo
dei pari – è ben altra cosa rispetto al processo di democratizzazione
descritto da Giddens; esso sfocerebbe, piuttosto, in una “svalutazione complessiva della dimensione profonda delle relazioni”, dal
momento che gli adolescenti sono sempre più assorbiti dallo sforzo
di mantenere una pluralità di rapporti orizzontali con la loro rete di
riferimento e sempre meno disposti a sviluppare quei legami ricchi e
340
intensi che caratterizzano le relazioni con il nucleo degli adulti significativi e fisicamente presenti attorno a loro), al commento in tempo
reale a qualcosa che sta accadendo, c’è paura di perdita di identità,
di delega, di assenza dalla vita reale, ma c’è di contro la possibilità
di trovarsi ed incontrarsi a distanza, c’è la possibilità di tele-lavorare quando non ci è possibile spostarci. C’è la possibilità di essere
informati in modo plurale, veloce, in tempo reale. Viviamo indiscutibilmente in una epoca di “globalizzazione”, dove la nostra fortuna
è stata anzitutto quella di aver potuto usufruire delle strutture che ci
hanno permesso di viaggiare molto ed anche di trascorrere periodi
più o meno lunghi di soggiorno all’estero. Una boutade come quella
che spesso sentiamo: “La Ryanair ha fatto l’Europa!” può sembrare
banale, ma dovremmo riflettere seriamente con Rémi Brague quando
dice che gli acquedotti e le strade sono stati dei contributi fondamentali della Romanità alla formazione di un concetto concreto di res
publica maior (Seneca). La possibilità di un contatto reale, ancor più
della globalizzazione digitale di internet e dei social network, con gli
abitanti di qualsivoglia regione del mondo ha fatto cadere molti miti
e sorgere molti interrogativi. Siamo in una società dove il paradigma
auspicabile sembra essere rappresentato, come sostenuto da Bennet,
dalla cittadinanza autodeterminata, caratteristica cioè di una società
globalizzata, strutturata su relazioni reticolari e su un consegunente
modello di comunicazione orizzontale, privo di gerarchie, dinamico
e implementato dall’evoluzione di strumenti che non fanno altro che
alimentare la collaborazione, l’interazione e la partecipazione permanente tra soggetti, non più considerati come interlocutori passivi
ma dotati di un diritto di cittadinanza positivo, pro-attivo.
In questa direzione si è mossa la campagna “Internet for Peace” promossa da Wired Italia per candidare internet al Nobel per la pace.
Perché internet è un enorme propulsore di messaggi di pace e di
libertà ed è sempre più un vero e proprio luogo del possibile, in
cui milioni di persone dialogano, si scambiano speranze ed espe-
341
rienze, scienza e conoscenza.
Con queste parole anche il governatore della Puglia Nichi Vendola
ha ufficializzato il suo appoggio alla campagna aggiungendo che internet è una
Chance per la democratizzazione della società, come rottura delle
barriere culturali, come abbattimento di quel muro invalicabile
che rende il rapporto tra i pubblici poteri e i cittadini come una
corsa a ostacoli.
Internet ci fa vedere la faccia pulita della globalizzazione, quella
dell’estensione dei diritti civili e sociali e della rivendicazione di
libertà e giustizia per gli oppressi.
La Rete quindi come una formidabile palestra di democrazia, dove
esercitarsi in “forme di democrazia partecipata, in cui ognuno è
chiamato al proprio compito di cittadino del mondo”.
Il noto sociologo tedesco Ulrich Beck nel suo testo La società cosmopolita (2003) usa il termine “cosmopolita” in un’accezione rivista e corretta rispetto al suo significato corrente: qui non si parla
infatti più di un vago e ideale amore per l’umanità tutta ma, citando
l’autore, di uno sguardo che si interroga sul senso del mondo, senso
della mancanza di confini. Uno sguardo quotidiano, vigile sulla storia, riflessivo. Questo sguardo dialogico nasce in un contesto in cui
confini, distinzioni e contraddizioni culturali svaniscono. Esso non
mostra soltanto la lacerazione, ma anche le possibilità di organizzare
in una cornice culturale multietnica la propria vita e il vivere insieme.
Sin dalla premessa, Beck si scaglia contro ciò che bolla come l’errata
teoria territoriale dell’identità.
Ciò non toglie che la teoria territoriale dell’identità sia un errore
fatale, che possiamo definire errore-prigione dell’identità. Perché
le persone diventino consapevoli di se stesse e agiscano politi-
342
camente non è necessario tenerle separate le une dalle altre, né
orientarle e organizzarle le une contro le altre, men che meno nello spazio di una nazione.
L’identità odierna di coloro che abitano il pianeta Terra sta, infatti,
assumendo viepiù le sembianze di un composito intreccio di appartenenze collegate fra di loro secondo lo schema della rete. La globalizzazione - scrive Beck - implica la nascita di lealtà multiple e lo
sviluppo di molteplici stili di vita transnazionali e più in là sintetizza
così li suo pensiero:
Sguardo cosmopolita significa che in un mondo di crisi globali e
di pericoli generati dal progresso le vecchie distinzioni - tra dentro e fuori, nazionale e internazionale, noi e gli altri - perdono il
loro carattere vincolante e che per sopravvivere c’è bisogno di un
nuovo realismo, un realismo cosmopolita.
In seguito, Beck approfondisce così il suo rifiuto degli ormai obsoleti
steccati nazionali:
In base all’immagine dello sguardo nazionale la cultura viene
intesa come unità territorialmente delimitata, introvertita; tra le
culture domina il silenzio (che nel migliore dei casi si pone in
ascolto) dell’incomparabilità (incommensurabilità) dei punti di
vista. La fede in ciò esime dal lavoro del dialogo, conduce con
una certa necessità all’imperialismo, allo scontro di culture, allo
scontro di civiltà (clash of civilisations).
Infatti, ribadisce Beck
Il nazionalismo metodologico pensa e studia la dimensione socia-
343
le, quella culturale e quella politica mediante categorie del tipo
‘o... o’, mentre il cosmopolitismo metodologico pensa e studia la
dimensione sociale e quella politica servendosi di categorie del
tipo ‘sia... sia’.
E la rete che ci consente di essere glocali ed il localismo è oramai un
dato empirico che non può essere messo in discussione. Questo termine è stato introdotto dagli studi di sociologi come Roland Robertson e Zygmunt Bauman per indicare i fenomeni derivanti dall’impatto della globalizzazione sulle realtà locali e viceversa. Oggi, non
esistono luoghi che non siano in misura crescente attraversati da
flussi globali di varia natura, né flussi globali che non siano declinati
secondo le molteplici particolarità dei luoghi. La glocalizzazione è
dunque una svolta epocale, determinata dal mutamento dei paradigmi organizzativi del mondo e della società, soprattutto per effetto
dell’innovazione tecnologica, che ha profondamente cambiato il nostro modo di rapportarci ai concetti di tempo e di luogo. Oggi l’uomo
sta sperimentando la scoperta dell’opportunità di vivere in un contesto dominato dalla mobilità, delle persone, delle cose e dei segni. Nel
passaggio da un mondo inter-nazionale ad uno glocal, è stata proprio
la nuova concezione della mobilità a modificare profondamente tutta una serie di parametri concettuali ai quali eravamo abituati, fra i
quali l’idea di cittadinanza, di appartenenza e di nazionalità (e dunque anche del concetto stesso di relazioni inter-nazionali). Su questa
trasformazione e sulle conseguenti nuove concettualizzazioni legate
alla definizione di confine e di territorio si dovrebbero sviluppare
profonde riflessioni. Lo studio della rete e dei social network, una
delle emergenze più rilevanti degli ultimi anni, per chi si occupa di
educazione e comunicazione, deve ancora fornirci molte risposte, ma
credo sia comunque possibile fare ora alcune osservazioni a partire
dai risultati della nostra ricerca.
I social network si confermano strumento di relazioni multiculturali.
Ne dà ragione il fatto che il 58.6% (673 casi) ha contatti con ragazzi
344
non italiani e che il 32.5% di questi si sono anche incontrati offline. Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è il fatto
che i social network sembrino essere particolarmente utilizzati dai
“nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intra-territoriali,
molto meno quelli extra-territoriali (dove, certamente, il fattore della
competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a
riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia
conosciuti in rete che si attesta al 9.5%.
Introdotta la questione se gli scambi cross-culturali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande successive del questionario somministrato agli studenti coinvolti nella
ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare
a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative.
Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 45.0% dei casi di
utilizzare raramente i social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni e nel 36.9% di non impiegarli mai a tale
scopo (Tab. 15); dall’altro – soprattutto – ritengono tali strumenti
inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza
(19.1%), mentre il 30.4% ne ha usufruito, ma solo per puro caso.
Soltanto il 4.4% (51 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 16). Queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano
poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il
proprio universo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne
venuto a contatto. Ed ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della conoscenza – Scarsa percezione
dell’essere glocali –.
Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca
sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale
della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in particolare, quanto la diffusione di questo atteggiamento, esistenziale e
relazionale, possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 37.2% degli intervistati è convinto che internet
345
aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il
33.0% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce un fattore
insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo
(Tab. 17).
Inoltre, un buon numero dei nostri giovani (69.8%, contro il 12.9%
che ha convinzioni opposte) pur riconoscendo che con internet le
distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 18),
ritiene che questo potere della rete non li faccia sentire cittadini del
mondo. Infatti (Tab. 19), il legame internet – cosmopolitismo è percepito dal 29.6% degli studenti intervistati, contro il 42.1% che la
pensa in maniera differente ed il 25.8% che non sa esprimersi in merito. Il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti pugliesi in maniera marcatamente più forte. Infatti, poco più del 35.0%
(10.0% di preferenze in più) si sente cittadino del mondo. Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti
utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Il
momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo la permanenza all’estero, come spesso accade dopo lunghe esperienze di
viaggio. Infatti, il 26.1% (pari a 12 casi) ha utilizzato maggiormente
i social network nei primi tre mesi. Dopo il “riassestamento” i contatti si diradano e per il 45.7% vengono mantenuti attivi soprattutto
nel corso di ricorrenze particolari, come a Natale, per i compleanni.
(Tab. 22). In generale, il 50.0% dei returnees chatta ancora spesso
con le nuove amicizie fatte, mentre il 34.8% cerca di mantenere i
contatti, anche se spesso non ci riesce (Tab. 23).
Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la propria esperienza. Infatti, il 56.5% (26 casi) ha condiviso molte foto
con i propri amici ed il 17.4% (8 casi) ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 24), con questi
ultimi rivelatisi difficili da esprimere ai familiari e/o agli amici al
momento, come indicato dal 56.5% (26 casi) dei returnees. Un primo
elemento rilevante è che nonostante il largo utilizzo di internet e dei
346
social network i nostri giovani sembrano non considerare tali strumenti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. Al 65.2%
dei returnees (30 casi) non è mai venuto in mente di usare i networks
per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello
studio all’estero con la proposta di Intercultura (Tab. 26). Però con
internet ed i social network i “nostri” returnees hanno attivato contatti prima della partenza, in particolare lo hanno fatto in 25, pari al
54.3% (Tab. 27).
Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees con
Intercultura, solo il 19.6% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale.
Poco e per nulla proficue le conoscenze pregresse per il 32.6% (Tab.
29). Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa per il 52.2% (24 casi), confermata – invece – soltanto
dall’8.7% (4 casi) dei returnees (Tab. 30). A giustificazione di ciò,
la convinzione di quasi tutti (93.5%) che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 31). Dunque,
nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi
strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale,
né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il
contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Il
che sembrerebbe confermare le dimensioni cardinali del progetto
educativo di Intercultura. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri famigliari
come si evince dalla lettura delle tabelle 40 e 41, nelle quali emerge
da un lato il dato che “solo” il 19.6% (9 casi) non poteva fare a meno
di connettersi con la propria famiglia (di contro al 45.6% che non
sentiva tale urgenza) e dall’altro che al 58.7% (27 casi) interessava
contattare gli amici italiani (contro il 17.3%, pari a 8 casi, che non
sentivano tale bisogno). Tuttavia, come per gli studenti piemontesi e pugliesi, anche i nostri returnees sono pienamente d’accordo,
quasi all’unanimità, (91.3%, pari a 42 casi) sul fatto che grazie ad
internet siano state abbattute le distanze geografiche (Tab. 35). Ma, a
347
differenza dei primi, in questi emerge una maggiore convinzione sia
della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita, sia
di quella tra il web (i social networks in primis) e l’educazione alla
mondialità. Infatti, il 65.2% (pari a 30 casi) è convinto che internet li
faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 36) e, soprattutto, il 58.7%
(27 casi) – contro il 17.4% che la pensa in maniera opposta – ritiene
che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione
interculturale (Tab. 37).
Dicono :
Di Londra ho avuto un’impressione che non c’entrava nulla con
quello che avevo visto sul web. Lo stile di vita era molto diverso,
il mangiare le persone. Il web poteva aiutare solo per piccole cose
come il clima. Per capire una cultura occorre viverla.
Dell’Inghilterra mi ero fatto un’idea più in base ai film o ad altre
persone che al web. Pensavo a un paese piovoso e a gente fredda,
a un modo di mangiare male. Invece mi ha colpito la frenesia
delle persone, nelle metropolitane. Solo in alcune zone si aveva
un’impressione di maggiore tranquillità come Nothing Hill.
La rete potrebbe essere uno strumento di cosmopolitismo. In rete
sembra di essere in uno stesso posto, non si avvertono distanze e
sembra di essere più vicini.
Perchè no? Penso ai NO TAV. Mi sono sentito vicino al problema,
ma penso anche ai vari disastri. Li possiamo sentire più vicini a
noi. Molti aspetti ci vengono avvicinati (Come attraverso una
sorta di lente).
Un rete quindi che connette e non che separa.
348
Riferimenti bibliografici
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Aristotele, (2010)
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Bauman (2001)
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Beck., (2003)
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Wellman , (2004)
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Wyatt, (2005)
349
350
10. Conclusioni
A. Fornasari
10.1 Glocalismo e mondo digitale
Da quanto esplicitato nel precedente paragrafo appare quindi, in maniera molto più marcata nei returnees che nei loro compagni di scuola, l’idea che l’identità odierna di coloro che abitano il pianeta Terra
stia assumendo sempre più le sembianze di un composito intreccio
di appartenenze collegate fra di loro secondo lo schema della rete.
Sguardo cosmopolita significa che in un mondo di crisi globali e di
potenziali pericoli generati dal progresso le vecchie distinzioni - tra
dentro e fuori, nazionale e internazionale, noi e gli altri - perdono il
loro carattere vincolante e che per sopravvivere c’è bisogno di un
nuovo realismo, un realismo cosmopolita (Beck, 2002). E la rete che
ci consente di essere glocali ed il localismo è oramai un dato empirico che non può essere messo in discussione. Oggi, non esistono
luoghi che non siano in misura crescente attraversati da flussi globali
di varia natura, né flussi globali che non siano declinati secondo le
molteplici particolarità dei luoghi. La glocalizzazione è dunque una
svolta epocale, determinata dal mutamento dei paradigmi organizzativi del mondo e della società, soprattutto per effetto dell’innovazione tecnologica, che ha profondamente cambiato il nostro modo
di rapportarci ai concetti di tempo e di luogo (Orgad, 2007). Oggi
l’uomo sta sperimentando la scoperta dell’opportunità di vivere in
un contesto dominato dalla mobilità, delle persone, delle cose e dei
segni. Nel passaggio da un mondo inter-nazionale a uno glocal, è
stata proprio la nuova concezione della mobilità a modificare profondamente tutta una serie di parametri concettuali ai quali eravamo
abituati, fra i quali l’idea di cittadinanza, di appartenenza, e di nazionalità (e dunque anche del concetto stesso di relazioni inter-nazionali). Su questa trasformazione e sulle conseguenti nuove concettualiz-
351
zazioni legate alla definizione di confine e di territorio si dovrebbero
sviluppare profonde riflessioni. Comprendere a fondo la portata di
una rivoluzione, in qualunque sfera essa si manifesti, proprio mentre
è in pieno svolgimento, è impresa ardua se non impossibile (Bakardjieva, 2005).
Come prevedere quali e quante tra le promesse o le minacce, le aspettative o i timori saranno confermati tra dieci o venti anni? Il nostro
tempo appare caratterizzato da un vivere sociale nel quale la sfera
economica, quella politica e quella culturale mostrano rapporti reciproci sempre più fitti e interconnessioni che oltrepassano i confini
locali e nazionali delle comunità tradizionali. Proprio in questa idea
di interconnessione, di rete, si colloca il complesso intreccio tra fenomeni sociali e fenomeni tecnologici sul quale sarebbe utile riflettere
(Tapscott, 2008).
Il rapporto tra lo sviluppo tecnologico e la sfera economica è infatti sempre stato una delle chiavi di lettura privilegiate delle scienze
sociali al fine di comprendere e descrivere i sistemi sociali e la loro
evoluzione storica. Certamente esso non esaurisce tutti gli aspetti del
problema, ma è un dato di fatto che ogni tappa dello sviluppo che ha
caratterizzato la società occidentale negli ultimi due secoli sia stata
legata strettamente all’introduzione di grandi innovazioni tecnologiche.
A partire dalla macchina a vapore (che ebbe un ruolo importante nella prima rivoluzione industriale), per passare al treno, all’elettricità,
all’automobile con il motore a scoppio, alla radio, alla televisione,
ogni nuova tecnologia ha cambiato il modo di produrre ricchezza e
aperto nuovi mercati, favorendo grandi cambiamenti sociali e conflitti profondi.
Altrettanto interessanti appaiono, inoltre, i fenomeni che si collocano sull’asse del rapporto tra tecnologie e politica. Anche in questo
caso ci possiamo aspettare notevoli cambiamenti nel funzionamento
della politica e delle sue istituzioni. Non solo perché come sempre
è avvenuto l’economia influisce sulle forme politiche di una società,
352
ma anche perché le nuove tecnologie della comunicazione potrebbero modificare i meccanismi stessi della politica. Ritroviamo anche
in questo campo i due poli della dialettica. Alcuni entusiasti della
rivoluzione digitale sostengono che siamo in procinto di sviluppare
un nuovo modello di rapporto tra cittadini e istituzioni, un nuovo
modello di democrazia (Livingstone, 2005). Ma non sono in pochi a
far notare i rischi impliciti in diversi aspetti i questo cambiamento,
soprattutto se esso non è governato in modo consapevole (Castell,
2000). E quante volte ciò che al momento sembrava una rivoluzione,
riconsiderata con la consapevolezza che la storia ci regala, si rivela una semplice correzione di rotta o una superficiale agitazione? È
questa la situazione in cui ci troviamo oggi: la rivoluzione digitale
promette, attraverso i suoi sostenitori e i suoi protagonisti, di cambiare radicalmente e in meglio sia il funzionamento globale della società
sia la vita degli individui (Buckingham, 2006). E naturalmente genera simmetriche paure tra quanti temono invece che tali cambiamenti
si possano rivelare involuzioni e regressioni. Le tensioni ideologiche
sono tanto più acute in quanto alla base del cambiamento si pone una
pervasiva diffusione della tecnologia nella vita sociale. Abbiamo cercato di assumere in questo contesto una posizione equidistante dalle
opposte ideologie e cercato semplicemente di descrivere i processi
di cambiamento in atto senza concedere troppo all’apologia o alla
detrazione. Per questo abbiamo ritenuto opportuno fornire i dati scaturiti dalla ricerca per capire a fondo in che cosa consista e che uso ne
venga fatto dagli adolescenti italiani del complesso di tecnologie che
sono alla base della rivoluzione digitale. Supportati da tale bagaglio
ci siamo volti a studiare come tali tecnologie stiano influenzando varie sfere della vita sociale e culturale, cercando di individuare quelle
che riteniamo tendenze del cambiamento piuttosto che risultati conseguiti e processi conclusi.
353
Riferimenti bibliografici
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Jenkins, H. (2006)
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Livingstone, S.(2005)
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Orgad, S. (2007)
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Tapscott, D. (2008)
354
10.2 I risultati emersi per mappe concettuali. (A. Fornasari, F. Schino)
355
Viaggi
Incontri con
compagni
di classe
Internet serve
per
organizzare
Attività di
ricerca e
di studio
Lettura
articoli
quotidiani
on-line
Collegamento su
siti specializzati
356
Approfondimenti
su culture altre
(spesso con aspettative
non confermate nelle
esperienze dirette)
Rinforzare il
senso di
appartenenza ad
un gruppo
Superare la
timidezza
Nelle relazioni
internet è utile
Verificare i legami
affettivi e/o
amicizia in contesti
di lontananza
Con la
condivisione delle
proprie esperienze
Tuttavia
-Avere più contatti sulla rete
non equivale ad avere più amici
-Le relazioni su internet non
sostituiscono quelle faccia a
faccia
357
Per avere visibilità
Con
l’inserimento nei
gruppi (“scalata”)
attirando
l’attenzione su di
sé
(Foto,Messaggi)
Relazionarsi
con persone
Ascoltare
musica
Condividere
esperienze
Navigare
Chattare
Utilizzo
di
Internet
Visibilità
PER
Percepirsi
Glocali
(radicati nella propria
cultura ma inseriti in una
rete sovranazionale )
358
Gestire il tempo
libero
Per collegarsi
con Social
Network
Perché è una
finestra per
conoscere il
mondo
Nell’esperienza
all’estero, non positivo
condividere con
familiari eventuali
momenti difficili
Le idee maturate in
rete prima della
partenza sulla cultura
del Paese ospitante
sono risultate
differenti sul campo
Considerazioni
essenziali dei
returnees
La condivisione piena
delle finalità di
Intercultura consente di
non inficiare i processi di
nuova socializzazione in
assenza di contatti con
l’ambiente di origine
359
E’ necessario per
mantenere contatti con il
proprio Paese
Utile per
attivare contatti
prima della
partenza
Rinforza i contatti
con i nuovi amici di
classe conosciuti
nell’esperienza
all’estero
Nel primo mese
all’estero non aiuta.
Occorre gettarsi nelle
relazioni
Reteurnees,
internet
e relazioni
Mantiene al
rientro la conoscenza
dei nuovi contatti
360
Condividere con
gli amici italiani la
nuova esperienza
all’estero
Fa sentire
cosmopoliti (consente
di condividere i
diversi codici
culturali come modo
di essere nel mondo)
Educa alla
mondialità
Riferimenti bibliografici generali:
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363
364
Allegati
365
QUESTIONARIO PER STUDENTI
Per conto della Fondazione INTERCULTURA stiamo svolgendo un’indagine su
un campione rappresentativo di studenti di alcune scuole secondarie di secondo grado della Puglia e del Piemonte per conoscere l’utilizzo della rete virtuale (Internet,
social networks ,Facebook,Twitter…) ed i suoi effetti sulle relazioni sociali.
Per favore, rispondi con sincerità alle seguenti domande, il contenuto delle risposte è strettamente riservato e visionato solo da ricercatori universitari esterni alla scuola; il questionario è anonimo.
Rispondi ad ogni domanda con una X. In alcune domande, quando indicato, sono
possibili 2 risposte.
Data di compilazione:…./…../2012
Scuola:…………………………………………………………
Classe: ….………………….……
Regione:………………………………Città: ……………..………
1) Hai Internet a casa?
□ Si
□ No
Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (2)
Se hai risposto “No”, continua:
1.1. Accedi ugualmente e regolarmente ad Internet?
□ Si
□ No
Se hai risposto “NO”, la tua collaborazione termina qui. Grazie
Se hai risposto “SI”, continua
1.2. Come accedi ad Internet?
□ con computer della scuola
□ con computer di un amico
366
□ con un Internet point
□ con connessione sul mio cellulare
□ con I-Pad o Tablet, smarphone,ecc.
□ Altro (specificare) ………………………………………………….
2) Puoi accedervi liberamente o ti vengono dati dei limiti?
□ Posso accedervi liberamente
□ Ho dei limiti di connessione
3) Quante ore al giorno resti connesso su Internet?
□ Non più di 1 ora al giorno
□ Da 1 a 2 ore al giorno
□ 3 ore al giorno
□ 3 o più ore al giorno
4) Usi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)
□ effettuare ricerche scolastiche
□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…
□ giocare on-line
□ ascoltare musica
□ cercare e vedere video
□ chattare (Messenger o altre chat)
□ navigare su social-network ( tipo ..Facebook, Twitter ,Badoo)
□ scaricare musica
□ altro (specificare) ………………………………………………..
5) Usi abitualmente Social Network (Facebook, Twitter ecc..)?
□ tutti i giorni
□ si ma non tutti i giorni
□ ho dei profili ma vi accedo raramente
□ 3 o più ore al giorno
□non sono iscritto a Social Network
367
6) Se sei iscritto a social network quali attività fai più spesso?
□ chatto con gli amici
□ scrivo post e messaggi personali
□ condivido link o posto delle foto
□ scrivo tutto quello che faccio
□ leggo solo quello che fanno gli altri
7) Sei iscritto a Facebook (FB)?
□ Si
□ No
8) Quanti contatti hai su FB?
□ da 50 a 100
□ da 100 a 200
□ da 200 a 400
□ più di 500
9) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che conosci solo di vista (o non
conosci)?
□ nessuno
□ circa un quarto
□ meno della metà
□ circa la metà
□ più della metà
□ circa i due terzi
□ tutti
10) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che frequenti e consideri
davvero amici?
□ nessuno
□ circa un quarto
□ meno della metà
□ circa la metà
368
□ più della metà
□ circa i due terzi
□ tutti
11) Nei social network hai avuto modo di conoscere o chattare con ragazzi/e
stranieri ?
□ si
□ no
12) Se hai risposto SI alla precedente domanda, indica come li hai conosciuti
(max due risposte):
□ sono ragazzi/e che vivono in Italia che conosco anche off-line (per esempio amici,
compagni di classe, amici di palestra...)
□ sono ragazzi/e che vivono in Italia, ma che conosco solo in Rete
□ sono ragazzi/e che ho conosciuto durante un viaggio (ad esempio vacanze, college
estivi)
□sono ragazzi/e che non vivono in Italia e che ho conosciuto in rete
□ sono ragazzi/e inseriti/e nei contatti di miei amici che hanno un profilo su social
network
□ altro(specificare).………………………………………………..
12.1) Che tipo di confronti hai con loro?
□ chatto con loro discutendo della mia vita
□ ci scambiamo solo qualche contenuto da condividere (ad esempio condividiamo
dei post )
□ siamo amici ma di fatto non interagisco con loro
13) Hai mai usato i Social Network per conoscere aspetti riferiti ad altre nazionalità? (ad esempio la lingua, le abitudini, il clima, la musica, la cultura ecc..)
□ Si, ma raramente
□ Con una certa frequenza
□ Mai
□ Mi capita quasi tutti i giorni
369
14) Generalmente credi che i Social Network ti abbiano aiutato a conoscere
altre culture? (max 2risposte)
□ No, per niente perchè sono uno strumento inadatto e non avevo interesse a farlo
□ No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono
□ Si, ma per puro caso perchè ho trovato di tanto in tanto post o messaggi su altre
nazioni che ho trovato interessanti, inseriti dagli amici
□ Si ma solo grazie anche all’aiuto di esperienze esterne (ad esempio dopo viaggi
all’estero o dopo aver conosciuto ragazzi stranieri)
□ Si, molto. Mi interessava farlo e i Social Network si sono dimostrati uno strumento adatto
□ Si, molto. La mia visione delle altre culture è cambiata tanto da quando uso i social
network
15) Leggi le seguenti affermazioni e per ciascuna barra con una “X” il numero
che corrisponde alla tua opinione, tenendo conto della seguente scala
1 Assolutamente falso
2 Piuttosto falso
3 Né vero né falso
4 Abbastanza vero
5 Assolutamente vero
Quando sono in rete ho la sensazione che il tempo voli
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Preferisco contattare le persone via Internet, piuttosto che per telefono o di
persona
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Ho l’impressione che in rete sia tutto più facile
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Quando sono in rete non nascondo la mia vera identità
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
370
Divento di malumore se ho problemi tecnici di connessione (lentezza di collegamento, linea occupata, etc.)
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi sembra che la rete sia una sorta di mondo parallelo
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet facilita i miei rapporti sociali
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Amici o familiari non si lamentano perché trascorro troppo tempo “on-line”
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Spesso le cose mi riescono meglio grazie a Internet
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Tendo a descrivermi in modo diverso da quello che sono quando uso chat, posta
elettronica o giochi di ruolo
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
A causa di Internet tendo ad evitare amici o familiari
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi sembra che in Internet la mia identità (sessuale, sociale o professionale) sia
più sfumata e meno soggetta a vincoli
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Penso che Internet sia il mio rifugio
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Non mi capita mai di preferire Internet a una serata con amici o familiari
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
371
Dopo alcune ore di collegamento ho la sensazione che il mondo intorno a me
abbia qualcosa di irreale
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Qualche volta penso che la vita reale sia più deprimente della vita “on-line”
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Non penso che le relazioni “on-line” siano più soddisfacenti di quelle reali
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
In rete non mi preoccupo di quello che gli altri possono pensare di me
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet influenza i miei pensieri o i miei sogni
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet mi aiuta a costruirmi una personale idea del mondo che mi circonda □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi piacerebbe che i docenti usassero le nuove tecnologie web per la didattica
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!
(Questionario elaborato da Alberto Fornasari, Francesco Schino,Andrea Cassano)
372
QUESTIONARIO PER STUDENTI “RETURNEES”
Per conto della Fondazione INTERCULTURA stiamo svolgendo un’indagine su
un campione rappresentativo di studenti di alcune scuole secondarie di secondo grado della Puglia e del Piemonte per conoscere l’utilizzo della rete virtuale (Internet,
social networks,…) ed i suoi effetti sulle relazioni sociali. Vorremmo poi confrontare i dati emersi con quelli di 60 returnes di Intercultura. Sei stato selezionato come
parte importante di questo campione nazionale!
Per favore, rispondi con sincerità alle seguenti domande, il contenuto delle risposte è strettamente riservato ed il questionario è anonimo.
Rispondi ad ogni domanda con una X. In alcune domande, quando indicato, sono
possibili 2 risposte.
Data di compilazione:…./..../2012
Scuola:………………………………………………………….......
Classe: ….………………….……
Regione:………………………………..Città: ………...........…….
A riguardo dell’esperienza fatta all’Estero con INTERCULTURA:
Anno………………............. Periodo: dal …………al ……............
Stato …………………….…
Luogo ………………………………………….................................
Scuola frequentata………………………………..............................
1) Hai Internet a casa?
□ Si
□ No
Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (2)
Se hai risposto “No”, continua:
1.1. Accedi ugualmente e regolarmente ad Internet?
□ Si
373
□ No
Se hai risposto “NO”, vai subito alla domanda (9)
Se hai risposto “SI”, continua
1.2. Come accedi ad Internet?
□ con computer della scuola
□ con computer di un amico
□ con un Internet point
□ con connessione sul mio cellulare
□ con I-Pad o Tablet, ecc.
□ Altro (specificare) ………………………………………………….
2) Puoi accedervi liberamente o ti vengono dati dei limiti?
□ Posso accedervi liberamente
□ Ho dei limiti di connessione
3) Quante ore al giorno resti connesso su Internet?
□ Non più di 1 ora al giorno
□ Da 1 a 2 ore al giorno
□ 3 ore al giorno
□ 3 o più ore al giorno
4) Usi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)
□ effettuare ricerche scolastiche
□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…
□ giocare on-line
□ ascoltare musica
□ cercare e vedere video
□ chattare (Messenger o altre chat)
□ navigare su social-network
□ scaricare musica
□ altro (specificare).................……………………………………..
374
5) Usi abitualmente Social Network (Facebook, Twitter ecc..)?
□ tutti i giorni
□ si ma non tutti i giorni
□ ho dei profili ma vi accedo raramente
□ 3 o più ore al giorno
□non sono iscritto a Social Network
6) Se sei iscritto a social network quali attività fai più spesso?
□ chatto con gli amici
□ scrivo post e messaggi personali
□ condivido link o posto delle foto
□ scrivo tutto quello che faccio
□ leggo solo quello che fanno gli altri
7) Sei iscritto a Facebook (FB)?
□ Si
□ No
8) Quanti contatti hai su FB?
□ da 50 a 100
□ da 100 a 200
□ da 200 a 400
□ più di 500
9) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che conosci solo di vista (o non
conosci)?
□ nessuno
□ tra 0 e un quarto
□ circa un quarto
□ più di un quarto
10) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che frequenti e consideri
davvero amici?
375
□ circa un quarto
□ meno della metà
□ circa la metà
□ più della metà
□ circa i due terzi
□ tutti
A riguardo dell’esperienza fatta all’Estero con INTERCULTURA
11) Avevi anticipatamente acquisito informazioni su Internet sulla nuova realtà
culturale nella quale ti accingevi a vivere?
□ Si
□ No
12) Avevi anticipatamente stabilito contatti su FB (o altro social network) con
persone/amici del posto?
□ Si
□ No
13) Se si erano tuoi futuri compagni di classe ?
□ Si
□ No
14) Avevi Internet nella casa dove eri ospitato/a?
□ Si
□ No
Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (12)
Se hai risposto “NO”, continua
14.1. Accedevi ugualmente e regolarmente ad Internet?
□ Si
□ No
376
Se hai risposto “NO”, la tua collaborazione termina qui. Grazie!
Se hai risposto “SI”, continua
14.2. Come accedevi ad Internet?
□ con computer della scuola
□ con computer di un amico
□ con un internet point
□ con connessione sul mio cellulare
□ con I Pad o Tablet, ecc.
□ Altro (specificare) ………………………………………………….
15) Potevi accedere liberamente o ti venivano dati dei limiti?
□ Potevo accedervi liberamente
□ Avevo dei limiti di connessione
16) Quante ore al giorno restavi connesso su Internet?
□ Non più di 1 ora al giorno
□ Da 1 a 2 ore al giorno
□ 3 ore al giorno
□ 3 o più ore al giorno
17) Usavi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)
□ effettuare ricerche scolastiche
□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…
□ giocare on-line
□ ascoltare musica
□ cercare e vedere video
□ chattare (Messenger o altre chat)
□ navigare su social-network
□ scaricare musica
□ altro (specificare)………………………………………………..
18) Eri iscritto a Facebook (FB)?
377
□ Si
□ No
19) Quanti nuovi contatti avevi inserito su FB?
□ circa 25
□ circa 50
□ circa 100
□ più di 100
20) Tra i nuovi amici che avevi inserito su FB quanti erano quelli che conoscevi
solo di vista (o non conoscevi)?
□ nessuno
□ tra 0 e un quarto
□ circa un quarto
□ più di un quarto
21) Tra gli amici che avevi inserito su FB quanti erano quelli che frequentavi e
consideravi davvero amici?
□ circa un quarto
□ meno della metà
□ circa la metà
□ più della metà
□ circa i due terzi
□ tutti
22) Leggi le seguenti affermazioni e per ciascuna barra con una X il numero
che corrisponde alla tua opinione, tenendo conto della seguente scala
1 Assolutamente falso
2 Piuttosto falso
3 Né vero né falso
4 Abbastanza vero
5 Assolutamente vero
378
Quando sono in rete ho la sensazione che il tempo voli
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Preferisco contattare le persone via Internet, piuttosto che per telefono o di
persona
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Ho l’impressione che in rete sia tutto più facile
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Quando sono in rete non nascondo la mia vera identità
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Divento di malumore se ho problemi tecnici di connessione (lentezza di collegamento, linea occupata, etc.)
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi sembra che la rete sia una sorta di mondo parallelo
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet facilita i miei rapporti sociali
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Qualche volta, quando sono in rete, ho la sensazione di allontanarmi dalla realtà o di essere altrove
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Amici o familiari non si lamentano perché trascorro troppo tempo “on-line”
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Spesso le cose mi riescono meglio grazie a Internet
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
379
Tendo a descrivermi in modo diverso da quello che sono quando uso chat, posta
elettronica o giochi di ruolo
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
A causa di Internet tendo ad evitare amici o familiari
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi sembra che in Internet la mia identità (sessuale, sociale o professionale) sia
più sfumata e meno soggetta a vincoli
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Penso che Internet sia il mio rifugio
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Non mi capita mai di preferire Internet a una serata con amici o familiari
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Dopo alcune ore di collegamento ho la sensazione che il mondo intorno a me
abbia qualcosa di irreale
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Qualche volta penso che la vita reale sia più deprimente della vita “on-line”
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Non penso che le relazioni “on-line” siano più soddisfacenti di quelle reali
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
In rete non mi preoccupo di quello che gli altri possono pensare di me
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet influenza i miei pensieri o i miei sogni
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet mi fa sentire cittadino del mondo
380
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Internet mi aiuta a costruirmi una personale idea del mondo che mi circonda □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Mi piacerebbe che i docenti usassero le nuove tecnologie web per la didattica
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
Quando sono stato all’Estero con Intercultura:
mi sono serviti i contatti che avevo attivato già prima della partenza
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
ciò che avevo appreso da Internet mi è stato utile per adattarmi subito alla
nuova realtà culturale
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
non mi interessava contattare gli amici “italiani” □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
non riuscivo a non connettermi con i miei genitori/fratelli
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
l’idea della cultura del Paese ospitante che mi ero fatto su internet corrispondeva con quella verificata nella realtà □ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
internet e i social network posso essere un utile strumento di educazione alla
mondialità
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
le emozioni che ho provato durante il mio soggiorno all’estero non le avevo
381
previste
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
la conoscenza reale di amici e compagni di scuola si è rivelata più complessa che
on-line
□ 1
□ 2
□ 3
□ 4
□5
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!
(Questionario elaborato da Alberto Fornasari, Francesco Schino, Andrea Cassano)
382
Biblioteca della Fondazione
Nella stessa collana:
1.
M. Furloni, AFS e Intercultura - un viaggio per il mondo, un viaggio per la vita
2.
Atti del Convegno, Identità italiana tra Europa e società multiculturale
3.
Autori Vari, L’altro/a tra noi. La percezione dei confini da parte delle e degli
adolescenti italiani
4.
Autori Vari, Internazionalizzazione della scuola e mobilità studentesca. Il ruolo degli insegnanti
5.
A. Fornasari, F. Schino e M.C. Spotti, Interpretare il successo. L’integrazione e
il successo scolastico degli studenti esteri di Intercultura in Italia
6.
Atti del Convegno, Ricomporre Babele. Educare al cosmopolitismo
7.
C. Roverselli e A. R. Paolone, Competenze trasversali. Valutazione e valorizzazione delle esperienze di studio all’estero.
8.
Atti del Convegno, Il corpo e la rete. Strumenti di apprendimento interculturale
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