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l`integrazione socio-sanitaria nell`esperienza del friuli

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l`integrazione socio-sanitaria nell`esperienza del friuli
Programmazione e gestione dei servizi
sociali: modelli a confronto
Fabrizio Oleari
L’integrazione socio-sanitaria
nell’esperienza del Friuli-Venezia Giulia
Lecco, 19 maggio 2007
19/05/2007
Lecco
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L’integrazione socio-sanitaria
nell’esperienza del Friuli-Venezia Giulia
Secondo l’ordinamento friulano gli
strumenti aziendali della programmazione
sanitaria e socio-sanitaria sono
rappresentati dai Piani delle attività
territoriali (PAT).
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L’integrazione socio-sanitaria
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Lo strumento della programmazione
sociale degli Ambiti dei Comuni
è rappresentato, invece, dai Piani di zona
(PdZ).
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L’integrazione socio-sanitaria
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Il PAT è lo strumento che declina le politiche
sanitarie e socio-sanitarie di Distretto e, più
in generale, del territorio.
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L’integrazione socio-sanitaria
nell’esperienza del Friuli-Venezia Giulia
I PAT riportano obbligatoriamente anche le
iniziative/azioni/misure di livello
sopradistrettuale: la necessità di perseguire
una logica d’Area vasta negli interventi
aziendali richiede, infatti, una visione dei
PAT distrettuali non in termini di
separatezza ma come un insieme organico
di atti programmatori.
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L’integrazione socio-sanitaria
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I PAT costituiscono parte sostanziale del
complessivo PAL dell’Azienda.
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L’integrazione socio-sanitaria
nell’esperienza del Friuli-Venezia Giulia
Il PAT rappresenta, dunque, il terreno
privilegiato di confronto tra Aziende sanitarie
ed Enti locali nonché lo strumento per
assicurare azioni congiunte nelle aree
dell’integrazione, in ragione dell’obbligo che
la programmazione delle attività
socio-sanitarie di PAT e PDZ debba
essere coincidente.
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L’integrazione socio-sanitaria
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In concreto, PAT e PDZ devono prevedere,
descrivere e quindi programmare le
azioni congiunte (sociali e sanitarie)
finalizzate al raggiungimento di obiettivi
condivisi e integrati.
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L’integrazione socio-sanitaria
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Il percorso di costruzione delle attività
socio-sanitarie di PAT e PDZ vede coinvolti,
per la parte aziendale, tutte le strutture
territoriali ed ospedaliere e, per la parte
Ambiti, i servizi sociali, le categorie, le
associazioni, il volontariato, il mondo
cooperativo e – più genericamente –
qualsiasi portatore di interesse.
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L’integrazione socio-sanitaria
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La metodologia utilizzata per la definizione
degli interventi socio-sanitari di PAT e PDZ
prevede diverse fasi di lavoro, non sempre
facili da realizzare, non fosse altro che per i
livelli di interlocuzione da sviluppare.
Schematicamente, essa può essere
riassunta in 4 step, come segue:
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L’integrazione socio-sanitaria
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- analisi del bisogno;
- fissazione degli obiettivi;
- esame dei servizi e delle attività
assicurati, anche in relazione alle modalità
operative ed alle azioni di coordinamento
necessarie all’integrazione socio-sanitaria;
- valutazione delle risorse da mettere in
campo e dei relativi costi.
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Tale metodologia è stata applicata nelle sei
aree di sviluppo programmatorio individuate
dalla Regione e. cioè:
 promozione della salute;
 prevenzione e assistenza maternoinfantile;
 cura e recupero dei soggetti
tossicodipendenti;
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cura e recupero dei soggetti malati di
mente;
 assistenza, riabilitazione ed
integrazione sociale delle persone con
disabilità e, più in generale, delle
situazioni di non autosufficienza;
 tutela della salute delle persone
anziane.

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Ciascuna delle predette aree di sviluppo ha
proprie peculiarità ed, inoltre, è fortemente
influenzata dalla specifica realtà
(demografica, prima che epidemiologica o
strutturale) locale. Non di meno, può
risultare d’interesse – anche in termini di
confronto – accennare agli snodi critici
emersi in ciascuna di esse.
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L’integrazione socio-sanitaria
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Promozione della salute:
 educazione
agli stili di vita più apropriati;
 scelta consapevole/simmetria informativa;
 screening, vaccinazioni;
 tutela degli immigrati e delle altre fasce
deboli.
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Materno-infantile (1):
maternità e paternità responsabili;
• lotta al/presa in carico del
disagio/abuso/maltrattamento;
• prevenzione dei comportamenti a rischio
degli adolescenti;
•
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Materno-infantile (2):
offerta
di accoglimento/residenzialità
per adolescenti;
presa in carico integrata delle famiglie
multiproblematiche.
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
Disabilità:
 revisione
dell’EMDH;
 offerta in ambito neuromotorio,
neuropsicologico e psicopatologico;
 sostegno alle famiglie;
 revisione dei servizi in delega.
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
Persone adulte ed anziane:
 cure
domiciliari;
 continuità assistenziale, sia in termini
nosologici (multipatologie,diabete,
cardiologia, oncologia, demenza, ecc.), che
di percorso/organizzativi (UVD/UVO,
protocolli operativi, ruolo e capienza di RSA
e CdR, funzioni respiro, ecc.).
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
Tossicodipendenze:
 prevenzione
dell’uso di sostanze illecite;
 presa in carico della dipendenza.
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
Salute mentale:
 pazienti
giovani con psicosi e pazienti con
depressione grave;
 disturbi del comportamento alimentare;
 soggetti con doppia diagnosi;
 riduzione del rischio suicidario.
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
Organizzazione:
 coerenza
delle linee di responsabilità
sociali e sanitarie;
 sportello unico di presa in carico;
 offerta di residenzialità temporanea in
strutture socio-riabilitative di tipo
intermedio;
 centri diurni ed abitare protetto in tutte le
sue varianti.
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Quasi tutte le criticità emerse nel corso
delle attività di programmazione locale
hanno ruotato fondamentalmente intorno
ai problemi della continuità assistenziale e
dell’inclusione sociale.
Conviene, allora, precisare alcuni “limiti”
intrinseci ai PAT e PDZ.
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Il cambiamento epistemologico del
concetto di salute ha, nel giro di pochi
anni, spostato l’attenzione di chi si
occupa di sanità pubblica dai determinanti
di malattia a tutti i fattori proattivanti lo
stare bene (istruzione, reddito, tempo
libero, abitare, ecc.).
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Così, oggi, il concetto di salute è
strettamente associato a quello di welfare
e quest’ultimo è a sua volta connesso al
modello ed al grado di sviluppo socioeconomico di realtà regionali o locali,
intese quali aree territoriali caratterizzate
da specifici fattori di coesione.
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Tali principi - fatti propri da OCSE, OMS
ed UE - sono stati introdotti anche nella
pianificazione sanitaria nazionale 20062008, laddove espressamente si afferma
che “la salute rappresenta il risultato
marginale (unintended effect)
praticamente di tutte le politiche e gli
interventi che hanno a che fare con lo
sviluppo”.
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L’integrazione socio-sanitaria
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Al contrario, la logica di costruzione di PAT
e PDZ - nonostante la forte interazione fra
Aziende e Comuni – solo marginalmente
sembra sottesa ad avvicinare l’obiettivo di
un approccio multidimensionale al tema
della salute, superando singole
referenzialità e perseguendo logiche di
rete.
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Insomma:
- intorno ai “tavoli concertati” di PAT e PDZ
si sono seduti, fondamentalmente, due soli
agenti istituzionali, quando, invece, i
modelli di intervento a tutela della
collettività richiedono azioni integrate di
carattere sanitario, sociale, ambientale,
economico e culturale; e comunque
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- la programmazione di interventi (sanitari,
sociali o socio-sanitari) curata dai
medesimi soggetti che erogano i servizi
inevitabilmente ha un focus più marcato
sull’offerta che sulla domanda (per cui si
rischiano di perdere di vista i problemi
della fragilità, la strategicità dei PAI, i
modelli ed i percorsi di assistenza, ecc.).
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I rischi connessi con l’accennato problema
della autoreferenzialità vanno sottolineati
con vigore, giacchè l’integrazione
(sanitaria e socio-sanitaria) ha davanti a
sé la sfida della cronicità.
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La cronicità è un mondo complesso:
 in progressiva crescita;
 che richiede una forte embricatura tra
servizi;
 che necessita di percorsi residenziali e
territoriali oggi non compiutamente
disegnati e tanto meno implementati.
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Se così è, impegno strategico deve essere
quello di realizzare nuove modalità
assistenziali basate sul principio della
continuità delle cure per periodi di lunga
durata, in ambiti molto diversificati
(ospedali, strutture sanitarie intermedie,
case di riposo, domicilio) e ricercando
l’integrazione con tutto il mondo sociale.
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In una parola la meta tendenziale che si
dovrebbe perseguire è quella di spostare
(come detto in precedenza) il focus
dall’offerta alla domanda ovvero di creare
tra i nodi dei servizi (che già esistono)
le connessioni che oggi difettano.
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Il target [per età e/o per condizione
patologica e/o per livello di
autosufficienza] della continuità
assistenziale ha la ragionevole
aspirazione di:
 mantenere il più a lungo possibile una
vita (almeno parzialmente) attiva e di
una accettabile qualità; e, poi,di
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soggiornare il più a lungo possibile nella
propria casa e tra i propri affetti;
 e, ove richiesto dal suo stato, essere
considerato come il centro
dell’intervento assistenziale

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I precedenti due primi punti non sono di
pertinenza esclusiva della sfera sanitaria e
comunque richiedono un collegamento forte
con l’insieme delle politiche e degli interventi
sociali (in estrema sintesi: si tratta di
supportare l’autonomia funzionale della
persona).
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Il terzo punto, invece, può mettere in
discussione la capacità dei soli servizi sanitari
di programmare secondo la logica del
progetto personalizzato e di agire attraverso
processi integrati di produzione, asserviti al
progetto personalizzato.
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Dando per scontato che la presa in carico
unitaria della persona pertenga al
Distretto [il quale sceglierà la migliore
soluzione possibile che incontri il
gradimento e rispetti la libertà di scelta
dell’interessato] e che a questa fase possa
conseguire la formulazione di una
commessa, la programmazione degli
interventi dovrebbe:
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garantire l’assenza di vuoti nel passaggio
da un nodo all’altro del sistema dei servizi
sanitari e nel passaggio dai nodi sanitari a
quelli sociali e viceversa;
 essere consapevole che l’obiettivo
assistenziale è – nella maggioranza dei
casi - la stabilizzazione della situazione in
atto ed il miglioramento della qualità di
vita, raramente la guarigione.

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Un’ultima annotazione riguarda le leve da
utilizzare per realizzare i progetti dei PAT.
Secondo la Regione FVG esse sono
sostanzialmente tre:
 rivedere la produzione sanitaria e
socio-sanitaria in termini di processi
unitari d’assistenza asserviti alle necessità
degli utenti;
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riuscire a potenziare gli organici dei
servizi operanti sul territorio;
 riuscire a costruire/ampliare l’offerta di
residenzialità e di semiresidenzialità in
talune aree d’intervento.

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Orbene, tralasciando il primo punto
(perché accennato in precedenza) e per
esemplificare le difficoltà anche
economiche ad implementare i
programmi di attività territoriale, basterà
annotare che - nel caso di una specifica
ASS friulana – il finanziamento ricevuto
per la realizzazione dei PAT non ha mai
raggiunto 1/10 del valore dei PAT
medesimi.
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