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Bullo
Bullismo: quale intervento? Dott.ssa Gabriella Russo Il bullismo è un concetto usato pressoché unanimemente per indicare tutta quella serie di comportamenti tenuti da soggetti giovani (bambini, adolescenti) nei confronti di loro coetanei, ma non solo, caratterizzati da intenti violenti, vessatori, e prevaricatori. Il termine italiano proviene dell'inglese bullying. In Svezia, dove hanno avuto inizio le primissime ricerche sul fenomeno, si usa il termine mobbing. Tuttavia, sia nel mondo anglosassone che in Italia, con mobbing ci si riferisce unicamente ai fenomeni di prevaricazione interni all’ambiente di lavoro. Il bullismo per essere definito tale deve presentare tre caratteristiche precise: - Intenzionalità - Persistenza nel tempo - Asimmetria nella relazione Vale a dire che deve essere un’azione fatta intenzionalmente per provocare un danno alla vittima; ripetuta nei confronti di un particolare compagno; caratterizzata da uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce. Il bullismo, quindi, presuppone la condivisione del medesimo contesto Esistono diversi tipi di bullismo, che si dividono principalmente in: bullismo diretto bullismo indiretto Bullismo diretto E’ caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e può essere catalogato come: •bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spintoni, o la molesta sessualmente; •bullismo verbale: Il bullo prende in giro la vittima, dicendole frequentemente cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi o minacciandola; •bullismo psicologico: Il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro false voci sul suo conto; •cyberbullying o bullismo elettronico: il bullo invia messaggi molesti alla vittima tramite sms o in chat o la fotografa/filma in momenti in cui non desidera essere ripreso e poi invia le sue immagini ad altri per diffamarlo, per minacciarlo o dargli fastidio; Bullismo indiretto Il bullismo indiretto è meno visibile, ma non meno pericoloso, e tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola per mezzo soprattutto del bullismo verbale e quindi con pettegolezzi e calunnie sul suo conto. Una prima distinzione di variabili di Bullismo può esser fatta in base al sesso del bullo: i bulli maschi sono maggiormente inclini al bullismo diretto, mentre le femmine a quello indiretto. Per quanto riguarda, invece, l'età in cui si riscontra questo fenomeno si hanno due diversi periodi. Il primo tra i 7 e 8 anni di età, il secondo tra i 14 e i 18. Infine, i luoghi teatro di fenomeni di bullismo sono principalmente luoghi di raccolta di giovani, e quindi prevalentemente la scuola. Le cause primarie di questo fenomeno sono da ricercarsi non solamente nella personalità del giovane bullo, ma anche nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi imposti dai mass-media, nella società di oggi a volte disattenta alle relazioni sociali. E' importante sottolineare il disagio enorme vissuto dalla vittima che si sente isolata ed esposta, e che ha spesso paura di riferire gli episodi in cui è stata coinvolta perchè teme delle ripercussioni. A lungo andare subisce una flessione molto forte anche il livello dell'autostima e della fiducia in se stessi che possono portare ad un considerevole disinvestimento dalla scuola, influendo sulla concentrazione e l'apprendimento Possono manifestarsi anche sintomi quali mal di testa, mal di pancia, incubi o attacchi d'ansia, paura di andare a scuola. Le vittime rischiano quadri patologici con sintomatologie anche di tipo depressivo. Alcune ricerche indicano una diffusione più generalizzata del bullismo nelle scuole elementari e nei primi anni delle medie come fenomeno socio-relazionale e come modalità diffusa di soluzione dei conflitti. Successivamente si assiste ad una diminuzione della frequenza in particolare delle forme dirette con una maggiore accentuazione in un numero ristretto di casi come forma stabile di disagio individuale ed un incremento delle forme indirette nelle scuole superiori. L'intera classe tende ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo, tramite meccanismi di consenso, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio , la cultura identitaria del gruppo. Non rientrano nelle tipologie di bullismo le seguenti azioni: •Atti particolarmente gravi, costituenti reato e quindi punibili dalla legge nei ragazzi dai 14 anni in su. •Comportamenti "quasi" aggressivi, e quindi giochi o attività di qualsiasi genere con un livello di aggressività minimo e in cui vi è una relazione paritaria, e non quindi asimmetrica tra gli individui. BULLI E VITTIME Chi assume il ruolo di "bullo" riesce ad esercitare il suo potere non solo perchè è più grande o più forte, ma perchè spesso gli altri si alleano con lui per proteggere se stessi mimetizzandosi. Fare il bullo, in sintesi, significa dominare i più deboli con atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continui maltrattamenti i compagni di classe o di giochi fisicamente e caratterialmente più indifesi. I ragazzi con questa modalità radicata di comportamento sono a rischio di problematiche antisociali e devianti e altri comportamenti problematici come l’abuso di sostanze, alcool e droghe, inoltre se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali. A volte la loro personalità sconfina in quadri clinici descritti dalla nosografia psichiatrica. Vedi ad es. i c.d. disturbi della condotta. I disturbi della condotta vengono definiti come modalità comportamentali abituali di violazione delle regole o dei diritti degli altri (regole naturalmente rapportate e relazionate all'età del soggetto) che tendono ad esprimersi nei vari ambiti sociali. All’interno delle scuole il bullismo riguarda tutti gli alunni, e non solo quelli che vi prendono parte in maniera più evidente. I ruoli che possono essere assunti dagli allievi, sono sintetizzati nell’elenco seguente: Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma come “seguace” del bullo Sostenitore: chi rinforza il comportamento del bullo, ridendo, incitandolo o semplicemente stando a guardare Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola o cercando di far cessare le prepotenze Esterno: chi non fa niente ed evita il coinvolgimento diretto o indiretto in situazione di prepotenza Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze. Nonostante la portata del fenomeno si è constatato che la maggior parte degli insegnanti ha difficoltà a riconoscere atti di bullismo che accadono nella propria classe, soprattutto perchè i ragazzi, veri esperti delle dinamiche del loro gruppo, tendono a nasconderle. Caratteristiche del comportamento del bullo (I) La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è chiaramente quella dell'aggressività rivolta verso i compagni, ma molto spesso anche verso i genitori e gli insegnanti. I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si dimostrano spesso impulsivi. Vantano spesso la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare le contrarietà e i ritardi. Caratteristiche del comportamento del bullo (II) Tentano a volte di trarre vantaggio anche utilizzando l'inganno. Spesso si dimostrano abili nelle attività sportive e di gioco e sanno trarsi d'impaccio anche nelle situazioni difficili. Al contrario di ciò che generalmente si pensa, non presentano ansia o insicurezze. Sono caratterizzati quindi da un modello reattivo-aggressivo associato, se maschi, alla forza fisica che, suscitando popolarità, tende ad auto-rinforzarsi negativamente raggiungendo i propri obiettivi. Caratteristiche del comportamento del bullo (III) I bulli hanno generalmente un atteggiamento positivo verso l'utilizzo di mezzi violenti per ottenere i propri scopi e mostrano una buona considerazione di se stessi. Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l'aumentare dell'età e, parallelamente, si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. L'atteggiamento aggressivo prevaricatore di questi giovani sembra essere correlato con una maggiore possibilità, nelle età successive, di essere coinvolti in altri comportamenti problematici, quali la criminalità o l'abuso da alcool o da sostanze. Caratteristiche del comportamento del bullo (IV) All'interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo. È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l'ambiente. Questo fatto spiegherebbe in parte la soddisfazione di vedere soffrire i loro compagni. Questo tipo di atteggiamento è rinforzato spesso da un accresciuto prestigio. […] tenterò di riassumere la situazione problematica di questo tipo di fanciulli nella pubertà e nell’adolescenza. Tutti i pazienti da me esaminati sembrano essere giunti alla pubertà e all’adolescenza in uno stato di organizzata innocenza. Apparivano introversi, quasi claustrofobici, piuttosto depersonalizzati, con un tipo di personalità chiaramente schizoide, eppure palpitanti di un bisogno latente della vita e degli altri, che non riuscivano ad appagare realisticamente in esperienze vissute o in relazioni oggettuali con coetanei. Potevano perciò sentirsi nel medesimo tempo pieni di desiderio e disprezzati, fortemente coinvolti e tuttavia opachi e vuoti, pieni di sé stessi ma senza nulla da offrire agli altri, e soprattutto speciali. Avevano uno spiccato senso segreto di aspettare di essere scoperti e incontrati. È in un tale clima interiore di affettività strozzata e di tensione pulsionale che un’occasione o un incontro con qualcuno avrebbero potuto fornire loro un’apertura sulla vita. Masud Khan, a proposito degli adulti perversi: Caratteristiche del comportamento di vittima (I) Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure, spesso caute, sensibili e calme. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un'opinione negativa di sé e della propria situazione. Caratteristiche del comportamento di vittima (II) Le vittime sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso, spesso associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori. Tali conseguenze sono sempre a svantaggio della vittima perché non possiede le abilità per affrontare la situazione o, se le possiede, le padroneggia in maniera inefficace. Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di isolamento e di abbandono. Caratteristiche del comportamento di vittima (III) Manifestano particolari preoccupazioni riguardo al proprio corpo: hanno paura di farsi male, sono incapaci nelle attività di gioco o sportive, sono abitualmente non aggressivi e non prendono in giro i compagni, ma hanno difficoltà ad affermare se stessi nel gruppo dei coetanei. Il rendimento scolastico è di vario tipo e tende a peggiorare nella scuola media. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive, che segnalano agli altri l'insicurezza, l'incapacità, l'impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti ricevuti; le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie capacità. Bullo e vittima: il disagio sottostante ai modelli reattivi I due modelli reattivi, che abbiamo presentato precedentemente, rappresentano due modalità inadeguate di rapportarsi con gli altri. È importante intervenire precocemente su tali modalità in quanto su queste basi si possono instaurare veri e propri disturbi. Bullo e vittima: il disagio sottostante ai modelli reattivi In particolare il modello reattivo-ansioso (tipico della vittima) conduce ad evitare le situazioni che si considerano potenzialmente pericolose. Questo può creare un terreno fertile sul quale si possono sviluppare fobie, depressioni, ecc. L'altro modello, reattivo-aggressivo (tipico del bullo), può creare una base sulla quale possono innestarsi disturbi quali atteggiamenti di dipendenza, comportamenti delinquenziali, ecc. Bullo e vittima: il disagio sottostante ai modelli reattivi Anche laddove non si manifestano vere e proprie patologie, gli individui che utilizzano modelli reattivi inadeguati strutturano personalità che non sono in grado di adeguarsi alle richieste dell'ambiente. Una personalità ansiosa rinuncerà ad esprimere i propri bisogni, eviterà il conflitto e diventerà una persona insicura e passiva. Una personalità aggressiva svilupperà una modalità attraverso la quale cercherà di imporsi sempre sugli altri, vivendo le relazioni in una costante conflittualità. Bullo e vittima: il disagio sottostante ai modelli reattivi Questa situazione a lungo termine, porterà la persona ad essere isolata dalle altre. In questa prospettiva è quindi importante agire non solo sul fenomeno in sé e sulle sue manifestazioni, ma anche sulle competenze sociali sia della vittima che dell'aggressore. Per conseguire tale scopo occorre permettere l'acquisizione delle abilità della comunicazione e di competenze per riconoscere ed esprimere le proprie emozioni attraverso pensieri e parole e non solo attraverso azioni a corto circuito. La specificità di un intervento preventivo è quindi rivolto a tutti gli alunni e non direttamente ai "bulli" e alle loro vittime, perché, al fine di un cambiamento stabile e duraturo, risulta maggiormente efficace agire sulla comunità. È importante sottolineare questo punto perché, come indicato in letteratura, l'intervento psicologico individuale sul "bullo“non è risolutivo se isolato. Infatti il "bullo" non è motivato al cambiamento in quanto le sue azioni non sono percepite da lui come un problema, e queste sono un problema soltanto per la vittima, gli insegnanti e il contesto. L'intervento diretto sulla vittima, pur efficace a fini individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del fenomeno del "bullismo". Quella vittima cesserà di essere tale e il bullo ne cercherà presto un'altra nel medesimo contesto. Per questi motivi è necessario attuare un programma di intervento di carattere preventivo e diretto al gruppo classe/scuola. Questo intervento rappresenta un'occasione di crescita per il gruppo classe stesso che, attraverso un maggiore dialogo ed una maggiore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni, diventerà risorsa e sostegno per ciascun membro della classe. E’ necessario che gli insegnanti, le famiglie e le strutture del territorio collaborino, come modelli e come soggetti promotori di modalità adeguate di interazione, affinché l'esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi. Il compito degli insegnanti è quindi quello di intervenire precocemente finché permangono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati. Per migliorare la collaborazione con le famiglie è importante che si spieghi anche ai genitori che i loro figli possono assumere diversi atteggiamenti a seconda degli ambienti in cui si trovano. Questo è utile per prevenire la sorpresa delle famiglie nello scoprire modalità di comportamento differenti a casa e a scuola. “Cyberbullismo” ovvero una vera e propria aggressione sociale on-line che si concretizza con l’invio di contenuti offensivi attraverso cellulari e internet. Dall'osservazione e dalla formazione nelle competenze sociali gli stessi insegnanti possono imparare a scoprire le proprie modalità relazionali, anche inaspettate. Stili educativi se la famiglia ha uno stile educativo coercitivo, il bambino ha più probabilità di interiorizzare schemi di comportamento aggressivi, si sentirà quindi autorizzato ad utilizzare gli stessi modelli di comportamento anche nelle relazioni al di fuori della famiglia se la famiglia presenta uno stile educativo permissivo e tollerante, il bambino sarà incapace di porre adeguati limiti al proprio comportamento Occorre inquadrare il fenomeno in un’ottica interazionista, che non privilegi risposte parziali, basate cioè sulle sole differenze di personalità o sulle sole circostanze ambientali. La personalità, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai massa media, un’istituzione scolastica spesso disattenta alle relazioni fra ragazzi, dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono tutti fattori concomitanti che, in maggiore o minore misura, contribuiscono al determinarsi del fenomeno. Tra i vari meccanismi psicologici, implicati nella relazione vittima-prepotente, ci limitiamo a sottolinearne due in particolare: l’empatia e il disimpegno morale. Per empatia si intende la capacità di un individuo nel comprendere e condividere gli stati emotivi sperimentati da un’altra persona. Si può condividere la gioia, ma anche la sofferenza altrui. Probabilmente i soggetti che prevaricano i propri compagni difettano fortemente di capacità empatiche dal momento che sembrano non rendersi conto delle sofferenze che inducono in quei ragazzi che subiscono le loro prevaricazioni. Probabilmente anche le vittime hanno una scarsa abilità nel sintonizzarsi affettivamente con i propri compagni, interagendo con essi in modo spesso inadeguato, stimolando la loro aggressività. Molti programmi di intervento, finalizzati a prevenire e a ridurre il bullismo nella scuola, sono incentrati sulla stimolazione e sull’incremento delle capacità empatiche, favorendo i processi di identificazione reciproca tra i ragazzi. Il disimpegno morale è invece un meccanismo psicologico, attraverso il quale un individuo legittima dei comportamenti che contraddicono i propri stessi convincimenti morali. In altri termini, è quel processo per cui si può giustificare un’azione violenta sostenendo che la si fa a fin di bene, o che contravvenire a una norma «non è poi così grave (ad esempio, evadere le tasse) perché lo fanno tutti». Spesso i ragazzi che vittimizzano i propri compagni non sembrano assumersi pienamente la responsabilità di ciò che fanno e tendono sovente a sminuire le conseguenze della loro azione («sono solo scherzi»), a deresponsabilizzarsi («è tutta la classe che li prende in giro») o tendono a giustificare il loro comportamento svalutando la persona bersaglio delle loro angherie («in fondo se lo meritano»). Non va dimenticato infine il ruolo di meccanismi di gruppo che sclerotizzano la persona all’interno di un ruolo per cui risulta molto difficile per un ragazzo, che è stato etichettato come vittima o come prepotente, modificare il proprio status all’interno di un gruppo che continua a interpretare i suoi comportamenti alla luce del ruolo che gli è stato assegnato. Nella ricerca dell’identi-kit del bullo, si rinviene chiaramente un ‘vuoto’, cioè una carenza del senso di responsabilità (che si riporta all’assenza di fondamenti morali) e una mancanza di interessi che possano essere di stimolo a un impegno gratificante in determinate attività. Si riscontra un’esaltazione della propria persona e una componente esibizionistica, che si rafforzano con l’umiliazione degli altri. L’aggregazione giovanile, se da un lato si pone come fattore di crescita irrinunciabile per lo sviluppo del soggetto e per la costruzione della sua identità, dall’altro può rappresentare anche un fattore di rischio, in quanto può porsi come ricettacolo degli aspetti più fragili della personalità del ragazzo e diviene il luogo di condivisione identificativa delle problematiche affettive dei suoi componenti, tanto da generare una sorta di psichismo individuale e da agire quale amplificatore di deficit soggettivi. In tale contesto deresponsabilizzato può dunque germogliare la sopraffazione. E' fondamentale intervenire precocemente finché sussistono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati. Oltre ai ragazzi i soggetti interessati sono sia i genitori che gli insegnanti. Obiettivi principali di intervento integrato a) formare e sostenere i docenti, fornendo loro le conoscenze necessarie sul fenomeno e le strategie più efficaci di gestione della classe e delle situazioni problematiche; b) sviluppare negli alunni la consapevolezza e la sensibilità circa il fenomeno, aiutarli nell'acquisizione delle competenze socio-emotive più importanti, favorire l'aiuto reciproco tra pari all'interno del gruppo tramite specifici progetti di supporto tra pari; c) aiutare e sostenere le vittime in difficoltà; d) coinvolgere le famiglie non solo di bulli e vittime ma di tutti gli alunni coinvolti, tramite incontri e percorsi di formazione e riflessione ad esse specificamente dedicati; e) collaborare con le altre istituzioni (Enti Locali, ASL, agenzie educative esterne alla scuola, ecc) mediante la creazione di reti territoriali. Lo scopo comune a tutti gli interventi è quello di migliorare le relazioni tra compagni nella classe. 1) Interventi Individuali; 1) Interventi collettivi. Interventi Individuali all’interno delle attività scolastiche Puntano sulla modifica degli atteggiamenti del singolo. Le tipologie fondamentali prevedono: Con i Bulli : a) ferma condanna dei comportamenti di prepotenza; b) colloqui individuali, di ascolto e discussione. Con le Vittime: a) ascolto empatico; b) training abilità sociali, per renderle più sicure di sé e capaci nei rapporti con gli altri; c) attività per migliorare l'autostima, come ad esempio attribuire loro dei ruoli (in classe o nel gruppo) che le valorizzino. Intervento di tipo psicologico Un intervento psicologico di tipo individuale sul bullo ha lo scopo di interrompere questo tipo di modalità di soluzione dei conflitti e fornire le indicazioni necessarie per imparare a gestire diversamente le relazioni sociali, offrire la possibilità di sentire, provare, riconoscere e manifestare emozioni positive e adottare comportamenti collaborativi. La vittima, spesso, non possiede le abilità per affrontare la situazione o, se le possiede, le utilizza in maniera inefficace. In questo caso l'intervento psicologico ha l'obiettivo di sviluppare la capacità di esprimere la rabbia derivante dal subire soprusi,di raccontare con chiarezza, fermezza e senza timore le situazioni a cui sono esposti, di recuperare il controllo della situazione, di proteggersi da soli, di riacquistare fiducia in se stessi. Interventi collettivi In classe Interventi di tipo didattico, attraverso le normali attività curricolari, cioè che "sfruttano" gli argomenti e i metodi usuali nell'insegnamento delle discipline Interventi collettivi, extracurricolari che necessitano del coinvolgimento della intera scuola, attraverso la preparazione di contesti fisico-psicologici specifici e messa in atto di processi formativi più articolati, che richiedono l’intervento di figure professionali diverse accanto agli insegnanti. Gli interventi previsti dal Centro per il Disagio Psichico in Adolescenza utilizzano lo strumento gruppale. L’esperienza scolastica rappresenta per gli adolescenti un luogo privilegiato di relazioni che influenzano in modo considerevole il lavoro di costruzione di una identità che non ha ancora assunto una definitiva connotazione. L’adolescente oscilla, infatti, tra una dimensione di indipendenza, di desiderio di autonomia, sollecitata anche da un corpo che lancia segnali di cambiamento, e un bisogno di dipendenza che rimanda ad un’epoca precedente. La risposta dell’ambiente in questa fase è determinante per il suo funzionamento mentale oltre che per la formazione della sua personalità soprattutto quando il mondo interno è caotico e conflittuale. Gli oggetti esterni, cioè le esperienze relative alla realtà esterna, hanno per l’adolescente un ruolo di sostegno e di organizzazione del mondo interno. Nel lavoro clinico, che da parecchi anni svolgo con alcuni colleghi presso il Centro per Adolescenti che pensiamo rappresenti un osservatorio privilegiato del disagio giovanile nella nostra città, emerge quotidianamente l’importanza delle esperienze scolastiche nella vita di un adolescente sia per quanto riguarda gli apprendimenti delle conoscenze in senso stretto, sia per quanto riguarda la possibilità o l’impossibilità di sperimentare la propria capacità di relazioni interpersonali con il gruppo dei pari, e con gli adulti di riferimento relativi a questa esperienza, cioè gli insegnanti. La scuola rappresenta un luogo intermedio tra famiglia e mondo esterno; è un luogo di emancipazione, ma anche di competizione; è un luogo di incontri, ma anche di scontri; è un luogo di apprendimenti e di investimenti continui, ma anche di possibili disinvestimenti e frustrazioni. La cultura odierna è però giocata molto a livello individuale, una cultura in cui tutto è possibile, specie in vista dell’efficienza e del successo e in cui il senso di identità è fortemente legato al raggiungimento dei modelli ideali forniti dai media e dalla rete, con un conseguente possibile inaridimento della vita affettiva ed emozionale. Per questo riteniamo utile da diversi anni effettuare interventi rivolti alla realtà scolastica. L’idea di partenza è stata quella che bisognasse attivare un pensiero condiviso, sia con i ragazzi che con i loro insegnanti, allo scopo di favorire, all’interno delle relazioni scolastiche, tutti quei fattori promuoventi l’apprendimento e le capacità relazionali attraverso l’attivazione di una capacità riflessiva. A questo scopo abbiamo proposto una lettura dei fenomeni e delle esperienze che consentisse una possibilità di ascolto e di osservazione che tenesse conto degli elementi emotivo-affettivi nei processi di apprendimento scolastico privilegiando quindi un modello di intervento che prevede lo sviluppo di un pensiero che anticipi l’azione. Fondamentale è comprendere e modificare tutte le cristallizzazioni di ruoli e allargare il campo emotivo-relazionale. QUALE MODELLO DI INTERVENTO POSSIBILE? Un modello rivolto al gruppo classe con il coinvolgimento degli insegnanti estendibile ai genitori. In questa prospettiva riteniamo fondamentale favorire tutte quelle condizioni che consentano la nascita di un gruppo di lavoro, cioè di un gruppo integrato, non necessariamente amicale, ma in cui possano essere tollerate le diversità senza che queste vengano vissute come minaccia alla propria identità. In questa fascia d’età il gruppo rappresenta il luogo fisiologico dove l’adolescente trae l’energia psichica per attivare i processi di separazione-individuazione che lo porteranno verso la crescita e l’autonomia. Per tale motivo il progetto ha previsto l’uso dello strumento gruppale, volto ad una estensione dei processi elaborativi del pensiero e alla nascita di un pensiero comune attraverso la costituzione di un linguaggio condiviso. Obiettivi e finalità Rimozione degli ostacoli emozionali che rallentano la formazione dei gruppi di lavoro Favorire una mobilizzazione dei ruoli ed un allargamento del campo affettivo-relazionale per lo sviluppo di un clima di reciproca fiducia, attraverso una migliore comunicazione tra mondo degli adulti e mondo degli adolescenti Strumenti e metodologia E’ stato utilizzato lo strumento gruppale rivolto ai gruppi classe,e al gruppo dei docenti Il progetto si è sviluppato attraverso alcuni passaggi che consentono di creare dei “contenitori” nei quali il lavoro possa essere svolto con chiarezza ed efficacia e che rappresentano degli indicatori di cui teniamo conto nella lettura conclusiva dell’esperienza. Inizialmente si procede con un accordo preliminare con la dirigenza scolastica in cui vengono formalizzate le richieste dell’istituzione scolastica, i bisogni che sottendono questa richiesta e le aspettative che la scuola ha relativamente al progetto. Il passo successivo è l’incontro con i docenti delle classi segnalate e coinvolte nel progetto Questo momento è particolarmente importante ed ha diversi obiettivi: chiarire le problematiche emerse all’interno della classe e conoscere il punto di vista degli insegnanti prestare attenzione alla dinamica del gruppo dei docenti per comprendere le loro modalità di relazione con i ragazzi. stabilire con il gruppo dei docenti un’alleanza che eviti possibili “scontri” di competenze diverse. evitare una delega “depressiva” agli “esperti” attivare una chiara condivisione tra docenti ed “esperti” favorire una adeguata presentazione del progetto agli studenti Il momento successivo è quello degli incontri con il gruppoclasse. Generalmente il numero degli incontri è di quattro a cadenza settimanale di cui l’ultimo ha una funzione di “restituzione” dell’esperienza effettuata. Vengono proposti ai ragazzi degli stimoli filmici che trattano tematiche adolescenziali. Questi hanno lo scopo di attivare la discussione e difficilmente, per la nostra esperienza, ciò rende saturo il campo della comunicazione, ma si avviano percorsi di pensiero che traggono spunto per poi allontanarsi dalle immagini filmiche. Questo tende molto rapidamente ad attivare i processi comunicativi e di pensiero del gruppo–classe e rende possibile l’individuazione dei nodi problematici che in quella classe rendono difficoltoso l’instaurarsi di un clima accogliente e favorente lo studio. I bisogni espressi dai ragazzi possono essere ricondotti ai bisogni che ciascun adolescente avverte nei propri processi di crescita: essere ascoltati essere valorizzati sentire la possibilità di un riscatto I ragazzi sentono che l’essere stimati equivale ad essere riconosciuti in quanto individui e desiderano essere riconosciuti non solo per ciò che si sa, ma anche per ciò che si è o si vorrebbe diventare. I nodi problematici che più frequentemente sono emersi in questi anni all’interno dei gruppi-classe (I) elevata competività con conseguente divisione in sottogruppi cristallizzati che rappresentano un ostacolo all’apprendimento (bravi, normali, invisibili, scarsi etc.) richieste di contenimento e di un “limite” agite, attraverso atti trasgressivi e con la creazione di un clima di agitazione, e di provocazione difficoltà a tollerare la diversità (intesa come altro diverso da sé) che può avere come conseguenza un blocco del piacere di apprendere e di conoscere I nodi problematici che più frequentemente sono emersi in questi anni all’interno dei gruppi-classe (II) modalità relazionali con gli insegnanti che interferiscono con l’apprendimento: di dipendenza eccessiva, di eccessiva idealizzazione, disinvestimento negazione del disagio relativo alla costruzione di identità con tendenza allo svilupparsi di sottogruppi in cui “prendere in prestito” un’identità accettabile tendenza all’agito difficoltà relative alle dinamiche interne al gruppo dei docenti con ricadute sul gruppo-classe Due esempi di incontri con gruppi-classe con problematiche differenti ma comunque legate al fenomeno del bullismo. Prima classe Nella classe si sono evidenziati due nodi fondamentali. Il primo riguarda le relazioni interpersonali e i rapporti tra i gruppi, che sono tesi, provocando un clima di disagio che rende difficoltoso l'apprendimento e provoca alterazioni del comportamento Il secondo è inerente proprio il comportamento, il rispetto delle regole e il loro significato. Gli insegnanti hanno difficoltà a mantenere la disciplina e l’attenzione della classe. Se da un canto, infatti, il clima della classe, attraverso gli scontri e le contrapposizioni, favorisce il disordine e il poco rispetto dell'altro, d'altro canto sembra esistere proprio una intrinseca scarsa consapevolezza dei propri limiti, accanto ad una certa ipervalorizzazione dei propri diritti. Il disagio si manifesta con una contrapposizione tra due gruppi con mancanza di dialogo e frequenti scontri. I gruppi sembrano essersi formati sulla base della reciproca identificazione, nello sforzo comune di essere uniti ad affrontare l'incognita di una nuova realtà scolastica. L'ingresso alla scuola superiore inaugura infatti un capitolo pieno di elementi perturbanti. Nuovi sono infatti i compagni, gli insegnanti, il contesto, il metodo di studio e la valutazione, nuovo è anche il corpo, che si modifica proprio in quel periodo e del quale non si sa ancora cosa pensare. Il parere degli altri, dei pari, è a questo punto fondamentale e l'essere accettati il veicolo della propria autostima. Il gruppo unisce e rassicura, fornisce un'identità in prestito sulla quale poggiare durante la crescita, mentre l'Io esamina la realtà e trova proprie strategie di adattamento. Il gruppo protegge ma si edifica anche sulla reciproca contrapposizione: noi così, voi colì; noi bravi, voi scarsi; noi "fighetti", voi "palliati", misurando le proprie forze anche in questo sovrastare e mortificare gli altri. Nella rivalità tra i gruppi emergono alcuni individui che la indirizzano e la sostengono in modo insinuante, favorendo il clima di tensione ed emergendo come leader. Z.: "Quando la mattina vengo a scuola ho un nodo allo stomaco pensando alle occhiate e agli sfottò...perchè non porto vestiti firmati, non vado in discoteca, sono invisibile, palliata, così mi dicono..mi chiamno Mortisia perché sono pallida di carnagione, ho provato a controbattere ma non serve a niente " W.: “Qui ti danno un’etichetta e te la puoi tenere, non serve protestare anzi è peggio”. Y. ascoltando un compagno che ha chiesto la parola, dà di gomito al compagno di banco, sfottendo:“ Sentiamo, sentiamo ora che cosa dice questo!” Il clima è molto teso e la classe è divisa ma il nostro intervento mobilita il dialogo. Alla loro iniziale difesa "non si può diventare tutti amici" viene opposto un modello aperto in cui il rispetto per la diversità lascia spazio ad ognuno di esprimere le proprie idee e comportamenti. L'elemento nuovo è che "se ne può parlare“, “dirsi le cose in faccia”, mentre prima non sembrava possibile. E possono dirsele perchè la premessa è che il dialogo sarà costruttivo e la nostra presenza lo garantisce. Emerge che alcuni insegnanti promuovevano le differenze invece di sminuirle, e usavano parametri diversi che nascevano secondo i ragazzi da “simpatie” e non da “giustizia”. I ragazzi riescono ad esprimere il loro senso di sconforto nel sentirsi lasciati soli dall’istituzione.”Se neanche la scuola ti protegge e garantisce!” Q. che nel primo incontro aveva detto: “è inutile, non può cambiare niente, ci abbiamo già provato ma non c'è proprio volontà", nel corso degli incontri successivi dice " forse qualcosa si muove, almeno se ne può parlare!". Nella classe si insinua un movimento di autocritica che mobilita una iniziale consapevolezza dei propri limiti anche per ciò che riguarda il comportamento. Ma dalle proposte che emergono in tema di disciplina si comprende che si reputano ancora lontani dalla capacità di autocontrollo. Quasi tutti infatti ritengono necessario ancora un controllo esterno, vigile ed autorevole, sul loro comportamento, con metri di giudizio chiari, efficaci universali e condivisibili. Ciò da un canto mette in evidenza la loro immaturità nell’autodeterminarsi, ma dall'altro mostra una iniziale riflessione sulle cause del disagio. Alla fine del percorso, che come premesso mira alla trasformazione della tendenza all'agire in capacità di pensare, i ragazzi sono apparsi ancora interessati a questo modello di interazione ed hanno richiesto un approfondimento del progetto con nuovi incontri. Lo stile di comportamento che portava alla indispensabile appartenenza al gruppo degli sfottenti fighetti o al soccombere da tragici palliati, ora pare meno efficace visto che sono stati individuate nuove possibili qualità di interazione. Negli incontri successivi, avvenuti a distanza di un mese, il clima della classe appare del tutto modificato: le energie psichiche volte in senso aggressivo, l’impulso trasgressivo ad agire appaiono convogliati verso nuove forme di relazione sostenute da una intensa curiosità nei confronti dell’altro. I rigidi gruppi dei primi incontri si sono trasformati in gruppetti che continuamente si formano e si sciolgono sulla base di dinamiche fluide ed attuali. Il processo di naturale evoluzione della classe, che appariva ostacolato dall’organizzazione in gruppi conflittuali, sembra aver ripreso il suo corso. SECONDA CLASSE Un altro intervento si è svolto in una seconda superiore. Gli insegnanti lamentano la netta divisione della classe in due parti oltre a fenomeni preoccupanti di isolamento. I due gruppi sono formati da maschi da un lato e femmine dall’altro. L’isolamento riguarda principalmente tre persone di cui due sono cugini e fanno in un qualche modo parte per sè stessi e un ragazzo è invece totalmente isolato. Lo stile della classe è caotico, tutti parlano in continuazione non curandosi di ascoltare gli altri. Si formano rapidamente sottogruppi in cui tutto quello che viene detto o fatto dai compagni è sottoposto a critica e sfottò. Un ragazzo fa cenno ad un’altro, comprendiamo che sta iniziando a registrare la seduta con il cellulare. Quando viene fermato e si richiede a tutti di spegnere i telefoni, reagisce lamentandosi in malo modo con tono violento a mala pena represso. Rapidamente si chiarisce che questi è il leader negativo del gruppo, più anziano degli altri e più “scafato”, boicotterà il lavoro in molti modi. Sia i maschi che le femmine ne sentono l’autorità e ne accettano in qualche modo il modello seppur mantenendo una linea di condotta meno trasgressiva. L’idea è che il comportamento “violento” blocchi la capacità di pensare e tutti ridacchiano e sfotticchiano tutti; ogni volta che un nostro stimolo ideativo sembra prendere piede interviene Q. o Y. sminuendo e portando il discorso su qualche sciocchezza detta o fatta da W. o da K. Ciò provoca risa e scherno e lo stimolo si perde del tutto. Il ragazzo isolato, A., tace con sguardo un pò smarrito. Le ragazze dicono che è oggetto di scherno da parte degli altri. Se ne parla.. Q. dice che A. è un morto, non parla mai, il fratello si che è scaltro, ma lui è una mummia. E’ come se A. non fosse presente, parlano di lui come se non ci fosse, lui tace e poi sollecitato dice con tono incerto che sono affari suoi. La classe rumoreggia e ridacchia, sottolineando la sua inadeguatezza. Successivamente proponiamo la visione del film: “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, che verte sulla tematica dell’integrazione e del calarsi nei panni degli altri. Durante la proiezione sono attenti e partecipano del pathos del film ma nella discussione successiva ci rendiamo conto che non operano nessuna identificazione con i personaggi della storia, in una sorta di distanziamento emotivo. Si agitano anzi ancor più della volta precedente, anche se iniziano a parlare delle difficoltà della classe. Sono legate, dicono, al comportamento indisciplinato di alcuni, dei maschi in particolare. Il discorso avviene in un clima molto caotico, continuamente interrotto da risa e sub discorsi tra loro. Una ragazza dice che un’altra, R., una tipa tosta, all’inizio dell’anno visto che alcuni dei caporioni erano stati bocciati aveva detto: “ Quest’anno comando io!” lasciando intravedere come la classe venga presa come territorio di conquista, il più forte e più aggressivo ne prenderà le redini.. Parliamo dei motivi per cui vengono a scuola. Abbastanza concordemente dicono che è per avere un futuro lavorativo, alcuni spinti dai genitori, altri autonomamente. Sanno anche che c’è poco lavoro e il futuro ò incerto. Chiediamo se non pare loro contraddittorio il comportamento che tengono verso la scuola stessa. Da un lato è qualcosa che dovrebbe aiutarli, dall’altro la trattano come qualcosa che li attacca e da cui si difendono, sporcano, rompono, ci hanno detto che ci sono stati dei furti.. Come se il pensiero di prendersi delle responsabilità, di crescere, li facesse sentire a disagio. Meglio allora fare i bambini rumorosi ed eccitati e non pensare. Q. ormai qualificatosi come leader negativo, dice con tono provocatorio che viene a scuola anche se ha 18 anni, perchè non gli va di lavorare. Ma gli altri non gli badano molto , stanno pensando a se stessi. A. dice che vuole andare all’università. Q., sostenuto da Y. cerca di sfotterlo ma gli altri dicono che ce la può fare. W. dice che lui potrebbe lavorare con il padre, anche subito, ma vuole far qualcosa che gli piace di più, per questo studia. Il clima della classe sembra un pò cambiato e Q. chiede di uscire. I compagni mormorano.. Al suo rientro prova ancora a prendere in giro A. che è proprio la vittima designata, ma le ragazze si dissociano ripetendo quello che avevano sentito da noi.. ”Non è che siamo tutti uguali, se lui non ha voglia di parlare e di stare appresso a voi non è detto che è inutile..” Al momento del commiato, che è definitivo, i più sembrano sinceramente dispiaciuti, dicono che è stato diverso e interessante, hanno riflettuto su cose a cui non pensano mai. Come si può vedere questo modello è un modello insaturo, la parola bullismo non è stata neanche pronunciata e i nostri interventi tendono ad inserire, al di là della censura, un elemento di pensiero che possa servire a controllare le emozioni attraverso la loro comprensione. Il leader negativo che aveva trovato gioco facile nel clima di scarsa identificazione e incertezza che stimolava l’eccitazione, può anche essere un pò ridimensionato. Se i ragazzi pensano di avere intrinsecamente valore possono essere meno sensibili all’illusione di vincere attraverso la sopraffazione. Incontro con Dirigente scolastico Incontro con Consiglio di classe Incontri con il Gruppo-classe Restituzione al consiglio di classe Presentazione del progetto alla classe Stimolo filmico o letterario Situazioni problematiche Incontri Congiunti Studenti-insegnanti