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Bullo
Bullismo:
quale intervento?
Dott.ssa Gabriella Russo
Il bullismo è un concetto usato pressoché
unanimemente per indicare tutta quella serie di
comportamenti tenuti da soggetti giovani
(bambini, adolescenti) nei confronti di loro
coetanei, ma non solo, caratterizzati da intenti
violenti, vessatori, e prevaricatori.
Il termine italiano proviene dell'inglese bullying.
In Svezia, dove hanno avuto inizio le primissime
ricerche sul fenomeno, si usa il termine mobbing.
Tuttavia, sia nel mondo anglosassone che in Italia, con
mobbing ci si riferisce unicamente ai fenomeni di
prevaricazione interni all’ambiente di lavoro.
Il bullismo per essere definito tale deve presentare tre
caratteristiche precise:
- Intenzionalità
- Persistenza nel tempo
- Asimmetria nella relazione
Vale a dire che deve essere un’azione fatta intenzionalmente per
provocare un danno alla vittima; ripetuta nei confronti di un
particolare compagno; caratterizzata da uno squilibrio di potere tra
chi compie l’azione e chi la subisce. Il bullismo, quindi,
presuppone la condivisione del medesimo contesto
Esistono diversi tipi di bullismo, che si
dividono principalmente in:

bullismo diretto

bullismo indiretto
Bullismo diretto
E’ caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e può essere catalogato
come:
•bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spintoni, o la
molesta sessualmente;
•bullismo verbale: Il bullo prende in giro la vittima, dicendole frequentemente
cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi o minacciandola;
•bullismo psicologico: Il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal
suo gruppo o mette in giro false voci sul suo conto;
•cyberbullying o bullismo elettronico: il bullo invia messaggi molesti alla
vittima tramite sms o in chat o la fotografa/filma in momenti in cui non
desidera essere ripreso e poi invia le sue immagini ad altri per diffamarlo, per
minacciarlo o dargli fastidio;
Bullismo indiretto
Il bullismo indiretto è meno visibile, ma non meno
pericoloso, e tende a danneggiare la vittima nelle sue
relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola per
mezzo soprattutto del bullismo verbale e quindi con
pettegolezzi e calunnie sul suo conto.
Una prima distinzione di variabili di Bullismo può esser fatta in
base al sesso del bullo: i bulli maschi sono maggiormente inclini
al bullismo diretto, mentre le femmine a quello indiretto.
Per quanto riguarda, invece, l'età in cui si riscontra questo
fenomeno si hanno due diversi periodi. Il primo tra i 7 e 8 anni
di età, il secondo tra i 14 e i 18.
Infine, i luoghi teatro di fenomeni di bullismo sono
principalmente luoghi di raccolta di giovani, e quindi
prevalentemente la scuola.
Le cause primarie di questo fenomeno sono da ricercarsi
non solamente nella personalità del giovane bullo, ma
anche nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi
imposti dai mass-media, nella società di oggi a volte
disattenta alle relazioni sociali.
E' importante sottolineare il disagio enorme vissuto dalla
vittima che si sente isolata ed esposta, e che ha spesso paura di
riferire gli episodi in cui è stata coinvolta perchè teme delle
ripercussioni. A lungo andare subisce una flessione molto forte
anche il livello dell'autostima e della fiducia in se stessi che
possono portare ad un considerevole disinvestimento dalla
scuola, influendo sulla concentrazione e l'apprendimento
Possono manifestarsi anche sintomi quali mal di testa, mal di
pancia, incubi o attacchi d'ansia, paura di andare a scuola.
Le vittime rischiano quadri patologici con sintomatologie
anche di tipo depressivo.
Alcune ricerche indicano una diffusione più generalizzata del
bullismo nelle scuole elementari e nei primi anni delle medie
come fenomeno socio-relazionale e come modalità diffusa di
soluzione dei conflitti.
Successivamente si assiste ad una diminuzione della frequenza
in particolare delle forme dirette con una maggiore
accentuazione in un numero ristretto di casi come forma
stabile di disagio individuale ed un incremento delle forme
indirette nelle scuole superiori.
L'intera classe tende ad essere coinvolta nel bullismo,
attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo,
tramite
meccanismi
di
consenso,
più
o
meno
consapevole, non solo nel timore di diventare nuove
vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro
confronti, ma perché questi spesso riescono ad
esprimere
sia
pur
in
negativo,
attraverso
la
designazione della vittima quale capro espiatorio , la
cultura identitaria del gruppo.
Non rientrano nelle tipologie di bullismo le seguenti azioni:
•Atti particolarmente gravi, costituenti reato e quindi punibili
dalla legge nei ragazzi dai 14 anni in su.
•Comportamenti "quasi" aggressivi, e quindi giochi o attività
di qualsiasi genere con un livello di aggressività minimo e in
cui vi è una relazione paritaria, e non quindi asimmetrica tra
gli individui.
BULLI E VITTIME
Chi assume il ruolo di "bullo" riesce ad esercitare il suo potere
non solo perchè è più grande o più forte, ma perchè spesso gli
altri si alleano con lui per proteggere se stessi mimetizzandosi.
Fare il bullo, in sintesi, significa dominare i più deboli con
atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continui
maltrattamenti i compagni di classe o di giochi fisicamente e
caratterialmente più indifesi.
I ragazzi con questa modalità radicata di comportamento sono
a rischio di problematiche antisociali e devianti e altri
comportamenti problematici come l’abuso di sostanze, alcool e
droghe, inoltre se non vengono aiutati a modificare i loro
comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare
modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali. A volte
la loro personalità sconfina in quadri clinici descritti dalla
nosografia psichiatrica. Vedi ad es. i c.d. disturbi della
condotta.
I disturbi della condotta vengono definiti come
modalità
comportamentali
abituali
di
violazione delle regole o dei diritti degli altri
(regole naturalmente rapportate e relazionate
all'età del soggetto) che tendono ad esprimersi
nei vari ambiti sociali.
All’interno delle scuole il bullismo riguarda tutti gli alunni, e non solo quelli
che vi prendono parte in maniera più evidente. I ruoli che possono essere
assunti dagli allievi, sono sintetizzati nell’elenco seguente:
Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni
Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma come “seguace” del bullo
Sostenitore: chi rinforza il comportamento del bullo, ridendo, incitandolo o
semplicemente stando a guardare
Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola o cercando di far
cessare le prepotenze
Esterno: chi non fa niente ed evita il coinvolgimento diretto o indiretto in
situazione di prepotenza
Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.
Nonostante la portata del fenomeno si è
constatato che la maggior parte degli
insegnanti ha difficoltà a riconoscere atti di
bullismo che accadono nella propria classe,
soprattutto perchè i ragazzi, veri esperti delle
dinamiche del loro gruppo, tendono a
nasconderle.
Caratteristiche del comportamento del bullo (I)
La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è
chiaramente quella dell'aggressività rivolta verso i
compagni, ma molto spesso anche verso i genitori e gli
insegnanti.
I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si
dimostrano spesso impulsivi.
Vantano spesso la loro superiorità, vera o presunta, si
arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla
frustrazione.
Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel
tollerare le contrarietà e i ritardi.
Caratteristiche del comportamento del bullo (II)
Tentano a volte di trarre vantaggio anche utilizzando
l'inganno.
Spesso si dimostrano abili nelle attività sportive e di gioco e
sanno trarsi d'impaccio anche nelle situazioni difficili.
Al contrario di ciò che generalmente si pensa, non
presentano ansia o insicurezze.
Sono caratterizzati quindi da un modello reattivo-aggressivo
associato, se maschi, alla forza fisica che, suscitando
popolarità, tende ad auto-rinforzarsi negativamente
raggiungendo i propri obiettivi.
Caratteristiche del comportamento del bullo (III)
I bulli hanno generalmente un atteggiamento positivo verso
l'utilizzo di mezzi violenti per ottenere i propri scopi e
mostrano una buona considerazione di se stessi.
Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con
l'aumentare dell'età e, parallelamente, si manifesta un
atteggiamento negativo verso la scuola.
L'atteggiamento aggressivo prevaricatore di questi giovani
sembra essere correlato con una maggiore possibilità, nelle
età successive, di essere coinvolti in altri comportamenti
problematici, quali la criminalità o l'abuso da alcool o da
sostanze.
Caratteristiche del comportamento del bullo (IV)
All'interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli
passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano
attivamente agli episodi di bullismo.
È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni
familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe
provocare un certo grado di ostilità verso l'ambiente.
Questo fatto spiegherebbe in parte la soddisfazione di
vedere soffrire i loro compagni.
Questo tipo di atteggiamento è rinforzato spesso da un
accresciuto prestigio.
[…] tenterò di riassumere la situazione problematica di questo tipo di
fanciulli nella pubertà e nell’adolescenza. Tutti i pazienti da me esaminati
sembrano essere giunti alla pubertà e all’adolescenza in uno stato di organizzata
innocenza. Apparivano introversi, quasi claustrofobici, piuttosto depersonalizzati,
con un tipo di personalità chiaramente schizoide, eppure palpitanti di un bisogno
latente della vita e degli altri, che non riuscivano ad appagare realisticamente in
esperienze vissute o in relazioni oggettuali con coetanei. Potevano perciò sentirsi
nel medesimo tempo pieni di desiderio e disprezzati, fortemente coinvolti e
tuttavia opachi e vuoti, pieni di sé stessi ma senza nulla da offrire agli altri, e
soprattutto speciali. Avevano uno spiccato senso segreto di aspettare di essere
scoperti e incontrati. È in un tale clima interiore di affettività strozzata e di
tensione pulsionale che un’occasione o un incontro con qualcuno avrebbero
potuto fornire loro un’apertura sulla vita.
Masud Khan, a proposito degli adulti perversi:
Caratteristiche del comportamento di vittima (I)
Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure,
spesso caute, sensibili e calme.
Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si
tratta di bambini piccoli, piangendo.
Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno
un'opinione negativa di sé e della propria situazione.
Caratteristiche del comportamento di vittima (II)
Le vittime sono caratterizzate da un modello reattivo
ansioso, spesso associato, soprattutto se maschi, ad una
debolezza fisica, modello che viene rinforzato
negativamente dalle conseguenze dei comportamenti
sopraffattori.
Tali conseguenze sono sempre a svantaggio della vittima
perché non possiede le abilità per affrontare la situazione
o, se le possiede, le padroneggia in maniera inefficace.
Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di
isolamento e di abbandono.
Caratteristiche del comportamento di vittima (III)
Manifestano particolari preoccupazioni riguardo al
proprio corpo: hanno paura di farsi male, sono incapaci
nelle attività di gioco o sportive, sono abitualmente non
aggressivi e non prendono in giro i compagni, ma hanno
difficoltà ad affermare se stessi nel gruppo dei coetanei.
Il rendimento scolastico è di vario tipo e tende a
peggiorare nella scuola media.
Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite
passive, che segnalano agli altri l'insicurezza, l'incapacità,
l'impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti
ricevuti; le ripetute aggressioni non fanno altro che
peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie
capacità.
Bullo e vittima:
il disagio sottostante ai modelli reattivi
I due modelli reattivi, che abbiamo presentato precedentemente,
rappresentano due modalità inadeguate di rapportarsi con gli altri.
È importante intervenire precocemente su tali modalità in quanto
su queste basi si possono instaurare veri e propri disturbi.
Bullo e vittima:
il disagio sottostante ai modelli reattivi
In particolare il modello reattivo-ansioso (tipico della vittima)
conduce ad evitare le situazioni che si considerano
potenzialmente pericolose.
Questo può creare un terreno fertile sul quale si possono
sviluppare fobie, depressioni, ecc.
L'altro modello, reattivo-aggressivo (tipico del bullo), può creare
una base sulla quale possono innestarsi disturbi quali
atteggiamenti di dipendenza, comportamenti delinquenziali, ecc.
Bullo e vittima:
il disagio sottostante ai modelli reattivi
Anche laddove non si manifestano vere e proprie patologie, gli
individui che utilizzano modelli reattivi inadeguati strutturano
personalità che non sono in grado di adeguarsi alle richieste
dell'ambiente.
Una personalità ansiosa rinuncerà ad esprimere i propri bisogni,
eviterà il conflitto e diventerà una persona insicura e passiva. Una
personalità aggressiva svilupperà una modalità attraverso la quale
cercherà di imporsi sempre sugli altri, vivendo le relazioni in una
costante conflittualità.
Bullo e vittima:
il disagio sottostante ai modelli reattivi
Questa situazione a lungo termine, porterà la persona ad essere
isolata dalle altre.
In questa prospettiva è quindi importante agire non solo sul
fenomeno in sé e sulle sue manifestazioni, ma anche sulle
competenze sociali sia della vittima che dell'aggressore.
Per conseguire tale scopo occorre permettere l'acquisizione delle
abilità della comunicazione e di competenze per riconoscere ed
esprimere le proprie emozioni attraverso pensieri e parole e non
solo attraverso azioni a corto circuito.
La specificità di un intervento preventivo è quindi rivolto a
tutti gli alunni e non direttamente ai "bulli" e alle loro vittime,
perché, al fine di un cambiamento stabile e duraturo, risulta
maggiormente efficace agire sulla comunità.
È importante sottolineare questo punto perché, come indicato
in letteratura, l'intervento psicologico individuale sul
"bullo“non è risolutivo se isolato.
Infatti il "bullo" non è motivato al cambiamento in quanto le
sue azioni non sono percepite da lui come un problema, e
queste sono un problema soltanto per la vittima, gli insegnanti
e il contesto.
L'intervento diretto sulla vittima, pur efficace a fini
individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del
fenomeno del "bullismo".
Quella vittima cesserà di essere tale e il bullo ne cercherà
presto un'altra nel medesimo contesto. Per questi motivi è
necessario attuare un programma di intervento di carattere
preventivo e diretto al gruppo classe/scuola.
Questo intervento rappresenta un'occasione di crescita per il
gruppo classe stesso che, attraverso un maggiore dialogo ed
una maggiore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni,
diventerà risorsa e sostegno per ciascun membro della classe.
E’ necessario che gli insegnanti, le famiglie e le
strutture del territorio collaborino, come modelli e
come soggetti promotori di modalità adeguate di
interazione, affinché l'esempio possa essere acquisito
e diventare uno stile di vita per i ragazzi.
Il compito degli insegnanti è quindi quello di intervenire
precocemente finché permangono le condizioni per modificare
gli atteggiamenti inadeguati.
Per migliorare la collaborazione con le famiglie è importante
che si spieghi anche ai genitori che i loro figli possono
assumere diversi atteggiamenti a seconda degli ambienti in cui
si trovano.
Questo è utile per prevenire la sorpresa delle famiglie nello
scoprire modalità di comportamento differenti a casa e a
scuola.
“Cyberbullismo” ovvero una vera e propria
aggressione sociale on-line che si concretizza con
l’invio di contenuti offensivi attraverso cellulari e
internet.
Dall'osservazione e dalla formazione nelle competenze sociali
gli stessi insegnanti possono imparare a scoprire le proprie
modalità relazionali, anche inaspettate.
Stili educativi

se la famiglia ha uno stile educativo coercitivo, il bambino ha
più probabilità di interiorizzare schemi di comportamento
aggressivi, si sentirà quindi autorizzato ad utilizzare gli stessi
modelli di comportamento anche nelle relazioni al di fuori
della famiglia

se la famiglia presenta uno stile educativo permissivo e
tollerante, il bambino sarà incapace di porre adeguati limiti al
proprio comportamento
Occorre inquadrare il fenomeno in un’ottica interazionista, che non
privilegi risposte parziali, basate cioè sulle sole differenze di personalità o
sulle sole circostanze ambientali.
La personalità, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai massa media,
un’istituzione scolastica spesso disattenta alle relazioni fra ragazzi,
dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono tutti fattori
concomitanti che, in maggiore o minore misura, contribuiscono al
determinarsi del fenomeno.
Tra i vari meccanismi psicologici, implicati
nella relazione vittima-prepotente, ci limitiamo
a sottolinearne due in particolare: l’empatia e il
disimpegno morale.
Per empatia si intende la capacità di un individuo nel
comprendere e condividere gli stati emotivi sperimentati da
un’altra persona.
Si può condividere la gioia, ma anche la sofferenza altrui.
Probabilmente i soggetti che prevaricano i propri compagni
difettano fortemente di capacità empatiche dal momento che
sembrano non rendersi conto delle sofferenze che inducono in
quei ragazzi che subiscono le loro prevaricazioni.
Probabilmente anche le vittime hanno una scarsa abilità nel
sintonizzarsi affettivamente con i propri compagni,
interagendo con essi in modo spesso inadeguato, stimolando la
loro aggressività.
Molti programmi di intervento, finalizzati a prevenire e a
ridurre il bullismo nella scuola, sono incentrati sulla
stimolazione e sull’incremento delle capacità empatiche,
favorendo i processi di identificazione reciproca tra i ragazzi.
Il disimpegno morale è invece un meccanismo psicologico,
attraverso il quale un individuo legittima dei comportamenti
che contraddicono i propri stessi convincimenti morali.
In altri termini, è quel processo per cui si può giustificare
un’azione violenta sostenendo che la si fa a fin di bene, o che
contravvenire a una norma «non è poi così grave (ad esempio,
evadere le tasse) perché lo fanno tutti».
Spesso i ragazzi che vittimizzano i propri compagni non
sembrano assumersi pienamente la responsabilità di ciò che
fanno e tendono sovente a sminuire le conseguenze della loro
azione («sono solo scherzi»), a deresponsabilizzarsi («è tutta la
classe che li prende in giro») o tendono a giustificare il loro
comportamento svalutando la persona bersaglio delle loro
angherie («in fondo se lo meritano»).
Non va dimenticato infine il ruolo di meccanismi di gruppo
che sclerotizzano la persona all’interno di un ruolo per cui
risulta molto difficile per un ragazzo, che è stato etichettato
come vittima o come prepotente, modificare il proprio status
all’interno di un gruppo che continua a interpretare i suoi
comportamenti alla luce del ruolo che gli è stato assegnato.
Nella ricerca dell’identi-kit del bullo, si rinviene chiaramente
un ‘vuoto’, cioè una carenza del senso di responsabilità (che si
riporta all’assenza di fondamenti morali) e una mancanza di
interessi che possano essere di stimolo a un impegno
gratificante in determinate attività.
Si riscontra un’esaltazione della propria persona e una
componente esibizionistica, che si rafforzano con
l’umiliazione degli altri.
L’aggregazione giovanile, se da un lato si pone come fattore di
crescita irrinunciabile per lo sviluppo del soggetto e per la
costruzione della sua identità, dall’altro può rappresentare
anche un fattore di rischio, in quanto può porsi come
ricettacolo degli aspetti più fragili della personalità del ragazzo
e diviene il luogo di condivisione identificativa delle
problematiche affettive dei suoi componenti, tanto da generare
una sorta di psichismo individuale e da agire quale
amplificatore di deficit soggettivi. In tale contesto
deresponsabilizzato può dunque germogliare la sopraffazione.
E' fondamentale intervenire precocemente finché
sussistono le condizioni per modificare gli
atteggiamenti inadeguati.
Oltre ai ragazzi i soggetti interessati sono sia i
genitori che gli insegnanti.
Obiettivi principali di intervento integrato
a) formare e sostenere i docenti, fornendo loro le conoscenze
necessarie sul fenomeno e le strategie più efficaci di gestione
della classe e delle situazioni problematiche;
b) sviluppare negli alunni la consapevolezza e la sensibilità
circa il fenomeno, aiutarli nell'acquisizione delle competenze
socio-emotive più importanti, favorire l'aiuto reciproco tra pari
all'interno del gruppo tramite specifici progetti di supporto tra
pari;
c) aiutare e sostenere le vittime in difficoltà;
d) coinvolgere le famiglie non solo di bulli e vittime ma di
tutti gli alunni coinvolti, tramite incontri e percorsi di
formazione e riflessione ad esse specificamente dedicati;
e) collaborare con le altre istituzioni (Enti Locali, ASL,
agenzie educative esterne alla scuola, ecc) mediante la
creazione di reti territoriali.
Lo scopo comune a tutti gli interventi è quello di migliorare
le relazioni tra compagni nella classe.
1) Interventi Individuali;
1) Interventi collettivi.
Interventi Individuali all’interno delle attività
scolastiche
Puntano sulla modifica degli atteggiamenti del singolo.
Le tipologie fondamentali prevedono:
Con i Bulli :
a) ferma condanna dei comportamenti di prepotenza;
b) colloqui individuali, di ascolto e discussione.
Con le Vittime:
a) ascolto empatico;
b) training abilità sociali, per renderle più sicure di sé e capaci nei
rapporti con gli altri;
c) attività per migliorare l'autostima, come ad esempio attribuire
loro dei ruoli (in classe o nel gruppo) che le valorizzino.
Intervento di tipo psicologico
Un intervento psicologico di tipo individuale sul bullo ha lo
scopo di interrompere questo tipo di modalità di soluzione dei
conflitti e fornire le indicazioni necessarie per imparare a
gestire diversamente le relazioni sociali, offrire la possibilità di
sentire, provare, riconoscere e manifestare emozioni positive e
adottare comportamenti collaborativi.
La vittima, spesso, non possiede le abilità per affrontare la
situazione o, se le possiede, le utilizza in maniera inefficace.
In questo caso l'intervento psicologico ha l'obiettivo di
sviluppare la capacità di esprimere la rabbia derivante dal
subire soprusi,di raccontare con chiarezza, fermezza e senza
timore le situazioni a cui sono esposti, di recuperare il
controllo della situazione, di proteggersi da soli, di riacquistare
fiducia in se stessi.
Interventi collettivi
In classe
Interventi di tipo didattico, attraverso le normali attività curricolari,
cioè
che
"sfruttano"
gli
argomenti
e
i
metodi
usuali
nell'insegnamento delle discipline
Interventi collettivi, extracurricolari
che necessitano del coinvolgimento della intera scuola, attraverso la
preparazione di contesti fisico-psicologici specifici e messa in atto di
processi formativi più articolati, che richiedono l’intervento di
figure professionali diverse accanto agli insegnanti.
Gli interventi previsti dal Centro per il Disagio
Psichico in Adolescenza utilizzano lo
strumento gruppale.
L’esperienza scolastica rappresenta per
gli adolescenti un luogo privilegiato di
relazioni che influenzano
in modo
considerevole il lavoro di costruzione di
una identità che non ha ancora assunto
una definitiva connotazione.
L’adolescente oscilla, infatti, tra una dimensione
di indipendenza, di desiderio di autonomia,
sollecitata anche da un corpo che lancia segnali di
cambiamento, e un bisogno di dipendenza che
rimanda ad un’epoca precedente.
La risposta dell’ambiente in questa fase è
determinante per il suo funzionamento mentale
oltre che per la formazione della sua personalità
soprattutto quando il mondo interno è caotico e
conflittuale.
Gli oggetti esterni, cioè le esperienze
relative alla realtà esterna, hanno per
l’adolescente un ruolo di sostegno e di
organizzazione del mondo interno.
Nel lavoro clinico, che da parecchi anni svolgo con alcuni
colleghi presso il Centro per Adolescenti che pensiamo
rappresenti un osservatorio privilegiato del disagio
giovanile nella nostra città, emerge quotidianamente
l’importanza delle esperienze scolastiche nella vita di un
adolescente sia per quanto riguarda gli apprendimenti
delle conoscenze in senso stretto, sia per quanto riguarda
la possibilità o l’impossibilità di sperimentare la propria
capacità di relazioni interpersonali con il gruppo dei pari,
e con gli adulti di riferimento relativi a questa esperienza,
cioè gli insegnanti.
La scuola rappresenta un luogo intermedio tra
famiglia e mondo esterno; è un luogo di
emancipazione, ma anche di competizione; è
un luogo di incontri, ma anche di scontri; è un
luogo di apprendimenti e di investimenti
continui, ma anche di possibili disinvestimenti
e frustrazioni.
La cultura odierna è però giocata molto a livello
individuale, una cultura in cui tutto è possibile, specie
in vista dell’efficienza e del successo e in cui il senso
di identità è fortemente legato al raggiungimento dei
modelli ideali forniti dai media e dalla rete, con un
conseguente possibile inaridimento della vita affettiva
ed emozionale.
Per questo riteniamo utile da diversi anni effettuare
interventi rivolti alla realtà scolastica.
L’idea di partenza è stata quella che bisognasse
attivare un pensiero condiviso, sia con i ragazzi che
con i loro insegnanti, allo scopo di favorire,
all’interno delle relazioni scolastiche, tutti quei fattori
promuoventi l’apprendimento e le capacità relazionali
attraverso l’attivazione di una capacità riflessiva.
A questo scopo abbiamo proposto una lettura dei
fenomeni e delle esperienze che consentisse una
possibilità di ascolto e di osservazione che tenesse
conto degli elementi emotivo-affettivi nei processi di
apprendimento scolastico privilegiando quindi un
modello di intervento che prevede lo sviluppo di un
pensiero che anticipi l’azione.
Fondamentale è comprendere e modificare
tutte le cristallizzazioni di ruoli e allargare il
campo emotivo-relazionale.

QUALE MODELLO DI INTERVENTO
POSSIBILE?
Un modello rivolto al gruppo classe con il
coinvolgimento degli insegnanti estendibile ai
genitori.
In questa prospettiva riteniamo fondamentale
favorire tutte quelle condizioni che consentano
la nascita di un gruppo di lavoro, cioè di un
gruppo integrato, non necessariamente
amicale, ma in cui possano essere tollerate le
diversità senza che queste vengano vissute
come minaccia alla propria identità.
In questa fascia d’età il gruppo rappresenta il luogo
fisiologico dove l’adolescente trae l’energia psichica
per attivare i processi di separazione-individuazione
che lo porteranno verso la crescita e l’autonomia.
Per tale motivo il progetto ha previsto l’uso dello
strumento gruppale, volto ad una estensione dei
processi elaborativi del pensiero e alla nascita di un
pensiero comune attraverso la costituzione di un
linguaggio condiviso.
Obiettivi e finalità
 Rimozione degli ostacoli emozionali che
rallentano la formazione dei gruppi di lavoro
 Favorire una mobilizzazione dei ruoli ed un
allargamento del campo affettivo-relazionale
per lo sviluppo di un clima di reciproca
fiducia, attraverso una migliore comunicazione
tra mondo degli adulti e mondo degli
adolescenti
Strumenti e metodologia
E’ stato utilizzato lo strumento gruppale rivolto
ai gruppi classe,e al gruppo dei docenti
Il progetto si è sviluppato attraverso alcuni
passaggi che consentono di creare dei
“contenitori” nei quali il lavoro possa essere
svolto con chiarezza ed efficacia e che
rappresentano degli indicatori di cui teniamo
conto nella lettura conclusiva dell’esperienza.
Inizialmente si procede con un accordo
preliminare con la dirigenza scolastica in cui
vengono
formalizzate
le
richieste
dell’istituzione scolastica, i bisogni che
sottendono questa richiesta e le aspettative che
la scuola ha relativamente al progetto.
Il passo successivo è l’incontro con i docenti
delle classi segnalate e coinvolte nel progetto
Questo momento è particolarmente importante
ed ha diversi obiettivi:

chiarire le problematiche emerse all’interno della classe e
conoscere il punto di vista degli insegnanti

prestare attenzione alla dinamica del gruppo dei docenti per
comprendere le loro modalità di relazione con i ragazzi.

stabilire con il gruppo dei docenti un’alleanza che eviti possibili
“scontri” di competenze diverse.

evitare una delega “depressiva” agli “esperti”

attivare una chiara condivisione tra docenti ed “esperti”

favorire una adeguata presentazione del progetto agli studenti
Il momento successivo è quello degli incontri con il gruppoclasse.
Generalmente il numero degli incontri è di quattro a cadenza
settimanale di cui l’ultimo ha una funzione di “restituzione”
dell’esperienza effettuata.
Vengono proposti ai ragazzi degli stimoli filmici che trattano
tematiche adolescenziali.
Questi hanno lo scopo di attivare la discussione
e
difficilmente, per la nostra esperienza, ciò rende saturo il
campo della comunicazione, ma si avviano percorsi di
pensiero che traggono spunto per poi allontanarsi dalle
immagini filmiche.
Questo tende molto rapidamente ad attivare i processi
comunicativi e di pensiero del gruppo–classe e rende
possibile l’individuazione dei nodi problematici che
in quella classe rendono difficoltoso l’instaurarsi di
un clima accogliente e favorente lo studio.
I bisogni espressi dai ragazzi possono essere
ricondotti ai bisogni che ciascun adolescente avverte
nei propri processi di crescita:



essere ascoltati
essere valorizzati
sentire la possibilità di un riscatto
I ragazzi sentono che l’essere stimati equivale
ad essere riconosciuti in quanto individui e
desiderano essere riconosciuti non solo per ciò
che si sa, ma anche per ciò che si è o si
vorrebbe diventare.
I nodi problematici che più frequentemente sono
emersi in questi anni all’interno dei gruppi-classe (I)

elevata competività con conseguente divisione in
sottogruppi cristallizzati che rappresentano un ostacolo
all’apprendimento (bravi, normali, invisibili, scarsi etc.)

richieste di contenimento e di un “limite” agite, attraverso
atti trasgressivi e con la creazione di un clima di
agitazione, e di provocazione

difficoltà a tollerare la diversità (intesa come altro diverso
da sé) che può avere come conseguenza un blocco del
piacere di apprendere e di conoscere
I nodi problematici che più frequentemente sono
emersi in questi anni all’interno dei gruppi-classe (II)

modalità relazionali con gli insegnanti che interferiscono
con l’apprendimento: di dipendenza eccessiva, di
eccessiva idealizzazione, disinvestimento

negazione del disagio relativo alla costruzione di identità
con tendenza allo svilupparsi di sottogruppi in cui
“prendere in prestito” un’identità accettabile
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tendenza all’agito
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difficoltà relative alle dinamiche interne al gruppo dei
docenti con ricadute sul gruppo-classe
Due esempi di incontri con gruppi-classe con
problematiche differenti ma comunque legate
al fenomeno del bullismo.
Prima classe
Nella classe si sono evidenziati due nodi fondamentali.
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Il primo riguarda le relazioni interpersonali e i rapporti tra i
gruppi, che sono tesi, provocando un clima di disagio che
rende difficoltoso l'apprendimento e provoca alterazioni del
comportamento

Il secondo è inerente proprio il comportamento, il rispetto
delle regole e il loro significato. Gli insegnanti hanno difficoltà
a mantenere la disciplina e l’attenzione della classe.
Se da un canto, infatti, il clima della classe, attraverso
gli scontri e le contrapposizioni, favorisce il disordine
e il poco rispetto dell'altro, d'altro canto sembra
esistere proprio una intrinseca scarsa consapevolezza
dei propri limiti, accanto ad una certa
ipervalorizzazione dei propri diritti.
Il disagio si manifesta con una contrapposizione tra
due gruppi con mancanza di dialogo e frequenti
scontri.
I gruppi sembrano essersi formati sulla base della
reciproca identificazione, nello sforzo comune di essere
uniti ad affrontare l'incognita di una nuova realtà
scolastica.
L'ingresso alla scuola superiore inaugura infatti un
capitolo pieno di elementi perturbanti.
Nuovi sono infatti i compagni, gli insegnanti, il contesto,
il metodo di studio e la valutazione, nuovo è anche il
corpo, che si modifica proprio in quel periodo e del quale
non si sa ancora cosa pensare.
Il parere degli altri, dei pari, è a questo punto
fondamentale e l'essere accettati il veicolo della propria
autostima.
Il gruppo unisce e rassicura, fornisce un'identità in
prestito sulla quale poggiare durante la crescita, mentre
l'Io esamina la realtà e trova proprie strategie di
adattamento.
Il gruppo protegge ma si edifica anche sulla reciproca
contrapposizione: noi così, voi colì; noi bravi, voi scarsi;
noi "fighetti", voi "palliati", misurando le proprie forze
anche in questo sovrastare e mortificare gli altri.
Nella rivalità tra i gruppi emergono alcuni individui che
la indirizzano e la sostengono in modo insinuante,
favorendo il clima di tensione ed emergendo come leader.
Z.: "Quando la mattina vengo a scuola ho un nodo allo
stomaco pensando alle occhiate e agli sfottò...perchè non
porto vestiti firmati, non vado in discoteca, sono invisibile,
palliata, così mi dicono..mi chiamno Mortisia perché sono
pallida di carnagione, ho provato a controbattere ma non
serve a niente "
W.: “Qui ti danno un’etichetta e te la puoi tenere, non serve
protestare anzi è peggio”.
Y. ascoltando un compagno che ha chiesto la parola, dà di
gomito al compagno di banco, sfottendo:“ Sentiamo, sentiamo
ora che cosa dice questo!”
Il clima è molto teso e la classe è divisa ma il nostro intervento mobilita il
dialogo. Alla loro iniziale difesa "non si può diventare tutti amici" viene
opposto un modello aperto in cui il rispetto per la diversità lascia spazio ad
ognuno di esprimere le proprie idee e comportamenti.
L'elemento nuovo è che "se ne può parlare“, “dirsi le cose in faccia”,
mentre prima non sembrava possibile.
E possono dirsele perchè la premessa è che il dialogo sarà costruttivo e la
nostra presenza lo garantisce.
Emerge che alcuni insegnanti promuovevano le differenze invece di
sminuirle, e usavano parametri diversi che nascevano secondo i ragazzi da
“simpatie” e non da “giustizia”. I ragazzi riescono ad esprimere il loro
senso di sconforto nel sentirsi lasciati soli dall’istituzione.”Se neanche la
scuola ti protegge e garantisce!”
Q. che nel primo incontro aveva detto: “è inutile, non
può cambiare niente, ci abbiamo già provato ma non
c'è proprio volontà", nel corso degli incontri
successivi dice " forse qualcosa si muove, almeno se
ne può parlare!".
Nella classe si insinua un movimento di autocritica
che mobilita una iniziale consapevolezza dei propri
limiti anche per ciò che riguarda il comportamento.
Ma dalle proposte che emergono in tema di disciplina
si comprende che si reputano ancora lontani dalla
capacità di autocontrollo. Quasi tutti infatti ritengono
necessario ancora un controllo esterno, vigile ed
autorevole, sul loro comportamento, con metri di
giudizio chiari, efficaci universali e condivisibili.
Ciò da un canto mette in evidenza la loro immaturità
nell’autodeterminarsi, ma dall'altro mostra una
iniziale riflessione sulle cause del disagio.
Alla fine del percorso, che come premesso mira alla
trasformazione della tendenza all'agire in capacità di pensare, i
ragazzi sono apparsi ancora interessati a questo modello di
interazione ed hanno richiesto un approfondimento del
progetto con nuovi incontri. Lo stile di comportamento che
portava alla indispensabile appartenenza al gruppo degli
sfottenti fighetti o al soccombere da tragici palliati, ora pare
meno efficace visto che sono stati individuate nuove possibili
qualità di interazione.
Negli incontri successivi, avvenuti a distanza di un mese, il
clima della classe appare del tutto modificato: le energie
psichiche volte in senso aggressivo, l’impulso trasgressivo ad
agire appaiono convogliati verso nuove forme di relazione
sostenute da una intensa curiosità nei confronti dell’altro.
I rigidi gruppi dei primi incontri si sono trasformati in
gruppetti che continuamente si formano e si sciolgono sulla
base di dinamiche fluide ed attuali. Il processo di naturale
evoluzione della classe, che appariva ostacolato
dall’organizzazione in gruppi conflittuali, sembra aver ripreso
il suo corso.
SECONDA CLASSE
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Un altro intervento si è svolto in una seconda
superiore. Gli insegnanti lamentano la netta divisione
della classe in due parti oltre a fenomeni preoccupanti
di isolamento.
I due gruppi sono formati da maschi da un lato e
femmine dall’altro.
L’isolamento riguarda principalmente tre persone di
cui due sono cugini e fanno in un qualche modo parte
per sè stessi e un ragazzo è invece totalmente isolato.

Lo stile della classe è caotico, tutti parlano in
continuazione non curandosi di ascoltare gli altri. Si
formano rapidamente sottogruppi in cui tutto quello
che viene detto o fatto dai compagni è sottoposto a
critica e sfottò. Un ragazzo fa cenno ad un’altro,
comprendiamo che sta iniziando a registrare la seduta
con il cellulare. Quando viene fermato e si richiede a
tutti di spegnere i telefoni, reagisce lamentandosi in
malo modo con tono violento a mala pena represso.
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Rapidamente si chiarisce che questi è il leader negativo del
gruppo, più anziano degli altri e più “scafato”, boicotterà il
lavoro in molti modi.
Sia i maschi che le femmine ne sentono l’autorità e ne
accettano in qualche modo il modello seppur mantenendo una
linea di condotta meno trasgressiva.
L’idea è che il comportamento “violento” blocchi la capacità di
pensare e tutti ridacchiano e sfotticchiano tutti; ogni volta che
un nostro stimolo ideativo sembra prendere piede interviene Q.
o Y. sminuendo e portando il discorso su qualche sciocchezza
detta o fatta da W. o da K. Ciò provoca risa e scherno e lo
stimolo si perde del tutto.
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Il ragazzo isolato, A., tace con sguardo un pò
smarrito. Le ragazze dicono che è oggetto di scherno
da parte degli altri. Se ne parla..
Q. dice che A. è un morto, non parla mai, il fratello si
che è scaltro, ma lui è una mummia.
E’ come se A. non fosse presente, parlano di lui come
se non ci fosse, lui tace e poi sollecitato dice con tono
incerto che sono affari suoi.
La classe rumoreggia e ridacchia, sottolineando la sua
inadeguatezza.
Successivamente proponiamo la visione del film: “Quando sei
nato non puoi più nasconderti”, che verte sulla tematica
dell’integrazione e del calarsi nei panni degli altri.
Durante la proiezione sono attenti e partecipano del pathos del
film ma nella discussione successiva ci rendiamo conto che
non operano nessuna identificazione con i personaggi della
storia, in una sorta di distanziamento emotivo.
Si agitano anzi ancor più della volta precedente, anche se
iniziano a parlare delle difficoltà della classe. Sono legate,
dicono, al comportamento indisciplinato di alcuni, dei maschi
in particolare. Il discorso avviene in un clima molto caotico,
continuamente interrotto da risa e sub discorsi tra loro. Una
ragazza dice che un’altra, R., una tipa tosta, all’inizio
dell’anno visto che alcuni dei caporioni erano stati bocciati
aveva detto: “ Quest’anno comando io!” lasciando intravedere
come la classe venga presa come territorio di conquista, il più
forte e più aggressivo ne prenderà le redini..
Parliamo dei motivi per cui vengono a scuola. Abbastanza concordemente
dicono che è per avere un futuro lavorativo, alcuni spinti dai genitori, altri
autonomamente. Sanno anche che c’è poco lavoro e il futuro ò incerto.
Chiediamo se non pare loro contraddittorio il comportamento che tengono
verso la scuola stessa. Da un lato è qualcosa che dovrebbe aiutarli,
dall’altro la trattano come qualcosa che li attacca e da cui si difendono,
sporcano, rompono, ci hanno detto che ci sono stati dei furti.. Come se il
pensiero di prendersi delle responsabilità, di crescere, li facesse sentire a
disagio. Meglio allora fare i bambini rumorosi ed eccitati e non pensare.
Q. ormai qualificatosi come leader negativo, dice con tono
provocatorio che viene a scuola anche se ha 18 anni, perchè
non gli va di lavorare. Ma gli altri non gli badano molto ,
stanno pensando a se stessi. A. dice che vuole andare
all’università. Q., sostenuto da Y. cerca di sfotterlo ma gli altri
dicono che ce la può fare. W. dice che lui potrebbe lavorare
con il padre, anche subito, ma vuole far qualcosa che gli piace
di più, per questo studia.
Il clima della classe sembra un pò cambiato e Q. chiede di
uscire. I compagni mormorano..
Al suo rientro prova ancora a prendere in giro A. che è proprio
la vittima designata, ma le ragazze si dissociano ripetendo
quello che avevano sentito da noi.. ”Non è che siamo tutti
uguali, se lui non ha voglia di parlare e di stare appresso a voi
non è detto che è inutile..”
Al momento del commiato, che è definitivo, i più sembrano
sinceramente dispiaciuti, dicono che è stato diverso e
interessante, hanno riflettuto su cose a cui non pensano mai.
Come si può vedere questo modello è un modello insaturo, la
parola bullismo non è stata neanche pronunciata e i nostri
interventi tendono ad inserire, al di là della censura, un
elemento di pensiero che possa servire a controllare le
emozioni attraverso la loro comprensione.
Il leader negativo che aveva trovato gioco facile nel clima di
scarsa identificazione e incertezza che stimolava l’eccitazione,
può anche essere un pò ridimensionato. Se i ragazzi pensano di
avere intrinsecamente valore possono essere meno sensibili
all’illusione di vincere attraverso la sopraffazione.
Incontro con
Dirigente scolastico
Incontro con
Consiglio di classe
Incontri con il
Gruppo-classe
Restituzione
al consiglio
di classe
Presentazione
del progetto
alla
classe
Stimolo filmico o letterario
Situazioni problematiche
Incontri
Congiunti
Studenti-insegnanti
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