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Alessandro Manzoni power
Alessandro Manzoni
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno
Istituto Comprensivo “Fanelli – Marini”
Prof.ssa Maria Rosaria Naddeo
Prof.ssa Filomena Anna Rainone
• Vita
• Opere
• Poetica
• Frasi celebri
Vita
Alessandro Manzoni nasce a Milano il 7 marzo 1785 da una relazione
adulterina di Giulia Beccaria e Giovanni Verri.
Grazie al buon cuore di Pietro Manzoni, marito di Giulia, viene
riconosciuto come suo figlio legittimo.
Dopo pochi anni dalla sua nascita, i genitori si separano: la madre va
a vivere con l’illuminista Carlo Imbonati e lui, dapprima in un collegio
gestito dai Padri Somaschi a Merate, in Brianza, e poi presso i
Barnabiti a Milano.
All’inizio dei suoi studi, Manzoni si presenta nelle vesti di un
intellettuale razionalista, antitirannico, anticlericale, fortemente legato
alle idee giacobine, poi, grazie ai suoi viaggi e alla conoscenza di
intellettuali del calibro di Cuoco, Monti, Lomonaco e Ugo Foscolo si
trasforma in un letterato romantico, divenendo portavoce di alti
sentimenti patriottici e ispiratore del Risorgimento nazionale.
Grazie al matrimonio con Enrichetta Blondel nel 1811 si riavvicina e si
riconcilia con la religione cattolica.
La sua vita professionale è gratificata da tante bellissime opere
letterarie, mentre quella affettiva da grandissimi dolori, dovuti alle
perdite premature di sua moglie Enrichetta e dei figli Giulia, Cristina,
Sofia, Matilde, Filippo e Teresa Borri, sposata in seconde nozze nel
1837.
Nonostante gli ultimi anni della sua vita siano duramente provati dai
lutti e dalle sofferenze, confortato dalla fede, continua imperterrito a
dedicarsi ai suoi studi di carattere storico e al suo lavoro di scrittore.
Muore quasi novantenne a Milano nel 1873, in seguito ai postumi di
una caduta.
Gli vengono tributati i funerali solenni e, nel primo anniversario della
scomparsa, il compositore Giuseppe Verdi scrive in sua memoria la
Messa da requiem.
Opere
La produzione letteraria di Manzoni è piuttosto voluminosa, creativa, ed è frutto di:
• una continua maturazione intellettuale e artistica;
• perfezionamento contenutistico e linguistico;
• ricerca incessante di conoscenza.
Tra i suoi lavori più importanti, dobbiamo annoverare:
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Il Trionfo della Libertà (1801);
In morte di Carlo Imbonati (1806);
Inni Sacri ( 1812-1815);
Lettre à monsieur Chauvet sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie (1820);
Lettera Sul romanticismo al marchese Cesare D’Azeglio (1823);
Le tragedie “Il Conte di Carmagnola”(1816-1820); e ”Adelchi”( 1820-1822);
Le odi “Marzo 1821” (1821) e “ Il Cinque maggio” (1821-1823);
I Promessi Sposi (1827);
Del romanzo storico e in genere dé componimenti misti di storia e di invenzione (1830)
Saggio sul vocabolario italiano secondo l’uso di Firenze (1856);
Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla (1868);
Intorno al libro “De vulgari eloquentia” di Dante (1868);
Intorno al vocabolario (1868).
Il Trionfo della Libertà
Il trionfo della Libertà” è un poemetto in quattro canti, in terzine, che il Manzoni
scrisse all’età di 15 anni, nel 1801, all’indomani di Marengo.
L’opera non è mai stata pubblicata dall’Autore, ma affidata all’amico G.B. Pagani, se
ne viene a conoscenza solo parzialmente dopo la morte del Manzoni e pubblicata nel
1878 a cura di C. Romussi. Dopo la Pace di Lunéville, il Poeta immagina che la
Libertà celebri il proprio trionfo procedendo per le vie della città su un cocchio
dorato, “coronata di rose e di viole”, affiancata dalla Pace e dalla Guerra e seguita
dall’Eguaglianza e dall’Amor Patrio.
Con essa sfilano pure gli eroi antichi della libertà (fra cui Bruto, l’uccisore di Cesare,
che pronuncia un’accesa invettiva contro il papato e il clero) e quelli recenti.
In effetti il Poeta, mentre esalta i primi liberatori francesi, che hanno portato in Italia
le idee di libertà, eguaglianza e giustizia e l’hanno liberata dal giogo austriaco,
impreca contro gli altri francesi che l’hanno, poi, depredata d’ogni ricchezza e l’hanno
asservita ad un giogo ancora peggiore, tanto che “il vulgo sospira le prime catene e 'l
suo tiranno al ciel domanda”.
Particolarmente acceso e feroce, in questo poemetto è l’anticlericalismo del Manzoni,
il quale precisa all’amico Pagani che l’invettiva non riguarda affatto i princìpi cattolici,
ma la condotta dei preti: «Altronde il Vangelo stima la mansuetudine, il dispregio
delle ricchezze e del comando; e qui si attacca la crudeltà, l'avidità delle ricchezze e
del comando; cose tutte che diametralmente si oppongono a questi princìpi ai quali
per conseguenza diametralmente si opposero e s'oppongono coloro che qui son
descritti».
Il poemetto rappresenta una prima e chiara testimonianza della moralità dell’Autore,
il quale scriveva, in tempi più maturi, del poemetto: «Questi versi scriveva io,
Alessandro Manzoni, nell'anno quindicesimo dell'età mia, non senza compiacenza e
presunzione di nome di Poeta, i quali ora, con miglior consiglio e forse con più fino
occhio rileggendo, rifiuto; ma veggendo non menzogna, non laude vile, non cosa di
me indegna, esservi alcuna, i sentimenti riconosco per miei; i primi come follia di
giovanile ingegno, i secondi come dote di puro e civile animo».
In morte di Carlo Imbonati
“In morte di Carlo Imbonati” è un carme, composto nel 1805 e
pubblicato nel 1806 a Parigi, dedicato alla madre, allora in lutto per la
morte dell’Imbonati, col quale essa conviveva fin dal 1792, anno della
separazione legale dal marito.
La composizione del carme, in cui sono celebrate le virtù
dell’Imbonati, è dovuta all’affetto verso la madre, che egli vuol
difendere dalle calunnie dei malevoli, ma risponde anche allo spirito
di quell’ambiente libertario, in cui il libero coniugio era approvato e
giustificato.
Il carme, analogamente a tutte le poesie precedenti la “conversione”
religiosa, non verrà più stampato da Manzoni.
Il testo può essere distinto in tre momenti fondamentali:
•Il Manzoni finge che gli appaia in sogno l’Imbonati che gli rivela il
suo affetto e gli porge ammaestramenti; a lui, il giovane manifesta il
dolore suo e della madre. A una domanda del Manzoni, l’Imbonati
risponde che la sua morte fu placida, né egli può rammaricarsi di aver
abbandonato una società priva di virtù. Segue una tirata satirica
(vv.145-164) contro il presente e una presa di distanza verso la
corruzione di quello che viene definito secol sozzo;
•I versi (165-215) costituiscono la parte più nota del testo ed anche
la più originale, dedicata moralità e al ruolo civile che deve possedere
un letterato. Alla domanda se abbia poco amato la poesia, l’Imbonati
risponde tessendo le lodi del Parini e dell’Alfieri, condannando,
invece, i poetastri ed esaltando l’immortale figura di Omero e
delineando il modello etico di intellettuale.
•I vv. 216-242 segnano il distacco dall’atteggiamento satirico con il
quale l’autore esordisce nei versi iniziali, ora grazie all’Imbonati è
finalmente in possesso di un modello positivo di letterato a cui
ispirarsi e può finalmente abbandonare la strada della satira.
Inni Sacri
Dopo la riconversione alla fede cattolica, Manzoni compone gli Inni Sacri allo
scopo di celebrare poeticamente:
•le solennità liturgiche più importanti del calendario cristiano;
•l’ impegno cristiano della sua poesia;
•la presenza attuale, confortatrice e illuminatrice di Dio nella vita degli uomini;
•il senso della “grazia divina”;
•l’importanza della preghiera;
•l’importanza dell’incontro con Dio e della santificazione dell’esistenza umana
grazie alla presenza di Dio.
•In origine dovevano essere solo dodici inni, uno per ogni festività dell’anno
liturgico; successivamente, però, ne compone solo cinque e precisamente:
•La Resurrezione, 1812;
•Il Nome di Maria, 1812 – 1813;
•La Passione, 1815;
•La Pentecoste, 1817 – 1822;
•Ognissanti, solo abbozzato.
•In essi sono forti:
•i valori cristiani e gli ideali di uguaglianza, fratellanza e giustizia che devono
appartenere a tutti gli uomini perché tutti fratelli di Cristo;
•la riprovazione degli oppressi;
•la glorificazione degli oppressi.
Le Odi
Il Manzoni è uno dei primi e più convinti assertori
dell’unità e dell’indipendenza italiana.
Sono talmente forti in Lui il senso della patria e
dell’appartenenza al suolo italiano che li rende
soggetti e oggetto delle sue due odi.
E’ profondamente convinto che la libertà dell’Italia è
qualcosa fortemente voluta da Dio, in nome della
giustizia, dell’uguaglianza e della fratellanza degli
uomini.
Il letterato grazie alla sua moralità e doti espressive
deve spronare e incitare pacificamente gli uomini a
lottare per la propria indipendenza e dignità di esseri
liberi.
In tale prospettiva, egli compone le due odi Marzo
1821 e il Cinque maggio.
Marzo 1821
Questa ode viene scritta in occasione dei moti carbonari piemontesi del’21, quando sembrava che il re Carlo Alberto fosse
sul punto di attraversare il Ticino e liberare la Lombardia dall’oppressione austriaca.
Manzoni in questa ode presenta tale passaggio come avvenuto e proclama la propria fede nell’Italia una, libera e
indipendente.
Purtroppo, come sappiamo, l’insurrezione viene rapidamente stroncata e per tale ragione l’ode viene pubblicata soltanto
nel’48 a cura del governo provvisorio milanese, dopo le Cinque giornate.
L' ode è un appello contro ogni forma di violenza, un invito ad abbandonare la via del male per seguire quella del diritto
dei popoli, rivolto proprio a quelle genti e a quei governi che solo qualche anno prima l'avevano sbandierato per liberarsi
dall'oppressione napoleonica.
Essa rappresenta la voce di un cattolico liberale che esorta gli Italiani a insorgere contro l’oppressione in nome di un Dio
che è amore ma anche giustizia.
Il diritto alla libertà diviene cosi un dovere e un momento della lotta per l’affermazione del bene sul male.
Fondamentali e forti sono:
l’idea di Dio protettore degli uomini oppressi e degli umili;
l’idea di un’Italia unita, resa nazione dall’avere un’unica lingua, un’unica religione, comuni tradizioni, principi, valori, leggi
e governo politico.
Nelle prime cinque strofe l'autore ci spiega la causa della guerra, lo stato d' animo e fisico dei soldati italiani e il
giuramento che hanno fatto prima di andare a combattere.
Nelle strofe 6,7,8 Manzoni si rivolge agli stranieri e li invita ad abbandonare l'Italia.
Nella strofa 10 l'autore parla di Dio e di come (citando tratti della Bibbia) abbia aiutato sempre quelli dalla parte del
giusto. Infatti dice chiaramente che Dio rifiuta la guerra ingiustificata come quella degli Austriaci.
Qui si rivolge poi all'Italia ed espone le due possibili conseguenze della battaglia: o sarà libera o rimarrà sotto il controllo
dei nemici. Parla degli aiuti che invano ella “cercò” da fuori e che invece “vide” arrivare proprio da dentro di lei.
Infine, rivolge un pensiero lodevole ai valorosi che combatteranno la battaglia e uno disonorevole ai vili che non saranno
presenti.
Cinque maggio
Alla notizia della morte di Napoleone presso l’isola di Sant’ Elena, appresa dalla
Gazzetta di Milano del 16 luglio del 1821, suscita in Manzoni una grandissima
commozione cristiana per questo abile e spregiudicato condottiero corso.
In soli tre giorni, dal 18 al 20 luglio 1821, quest’ode viene composta e divulgata in
tutta Europa, viene persino tradotta in tedesco dal Goethe.
Manzoni con toni solenni ed epici rievoca la personalità e le azioni di questo abile
condottiero, arbitro per anni dei destini d’Europa.
La bellezza di questa ode sta nel aver messo in primo piano e in luce la storia non di
un uomo o di un condottiero ma la storia di un’anima peccatrice che alla fine si
redenta,
la cui presenza nel mondo è dovuta ai disegni imperscrutabili e
incomprensibili di Dio – provvidenza.
La presenza di Napoleone in questo preciso momento storico è voluta da Dio perché
quest’uomo deve svolgere una missione, uno scopo che solo Dio conosce.
Napoleone , però, non è solo uno strumento di cui Dio si avvale per i propri disegni
divini, ma è anche un uomo che lo vede protagonista di un destino di grandezza e
miseria, di trionfi e sconfitte, di amori e dolori, di solitudine e abbandono.
Molto struggente e commovente è l’ultimo colloquio che Napoleone ha con Dio, nel
quale c’è l’incontro – scontro tra due vite, quella passata, fatta di gloria, onori,
potenza, successi e quella presente, fatta di solitudine, abbandono, miseria umana e
disperazione: ma Dio è misericordioso e paterno, infatti sebbene si sia servito di lui
per realizzare i propri misteriosi progetti, nel momento più difficile della sua
esistenza, sul letto di morte, abbandonato da tutti e solo, solamente Dio gli è vicino,
quel Dio che solleva e consola i giusti e che punisce i malvagi.
Alla misericordia di Dio, che ha permesso a Napoleone di redimersi e di salvarsi,
devono accompagnarsi la pietà e la clemenza degli uomini per quest’uomo: gli uomini
devono capire che nella sua vita, riscattata dalla sconfitta e dall’umiliazione, si è
realizzato il disegno divino.
I Promessi Sposi
I promessi sposi è un romanzo storico di Alessandro Manzoni che
mescola realtà e finzione.
E’considerato il più importante romanzo della letteratura italiana prima
dell’unità nazionale.
Preceduto dal Fermo e Lucia, spesso considerato romanzo a sé, è edito
in una prima versione nel 1827; rivisto in seguito dallo stesso autore,
soprattutto nel linguaggio, è ripubblicato nella versione definitiva fra il
1840 e il 1841-42.
Ambientato dal 1628 al 1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo,
è il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo
un'interpretazione risorgimentista, il periodo storico era stato scelto da
Manzoni con l'intento di alludere al dominio austriaco sul nord Italia.
Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo,
con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene.
Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII
secolo, come ad esempio le vicende della Monaca di Monza e la grande
peste del 1629 - 1631, si fondano tutti su documenti d'archivio e
cronache dell'epoca.
Il romanzo si fonda su tre perni principali:
•Il vero per soggetto: l'autore mette al centro la ricostruzione storica
degli eventi che caratterizzarono quei luoghi a quel tempo;
•L'utile per scopo: l'opera deve mirare ad educare l'uomo ai valori che
Manzoni vuole diffondere.
•Il dilettevole per mezzo: l'argomento del romanzo deve essere
moderno, popolare, e quindi avere forti legami con la realtà contadina
ed operaia.
Trama
La vicenda si svolge in Lombardia tra il 1628 e il
1630, al tempo della dominazione spagnola. A don
Abbondio, curato di un piccolo paese posto sul lago di
Como, viene imposto di non celebrare il matrimonio di
Renzo Tramaglino con Lucia Mondella, della quale si è
invaghito Don Rodrigo, il signorotto del luogo.
Costretti dall'arroganza dei potenti a lasciare il paese
natale con l'aiuto del buon frate Cristoforo, Lucia e la
madre Agnese si rifugiano in un convento di Monza,
mentre Renzo si reca a Milano con il vago proposito di
ottenere in qualche modo giustizia. Don Rodrigo fa
rapire Lucia dall'Innominato, un altro signore
prepotente e rotto a tutti i delitti, ma la vista della
fanciulla così ingiustamente tormentata e l'arrivo del
cardinale Borromeo provocano al losco sicario una
crisi di coscienza: invece di consegnare la fanciulla a
Don Rodrigo, l'Innominato la libera.
Intanto Renzo è arrivato a Milano mentre il popolo
tumultua per la carestia e, scambiato per uno dei
capintesta della sommossa, è costretto a fuggire a
Bergamo. La Lombardia è straziata dalla guerra e
dalla peste, ma Renzo torna a Milano per cercare la
sua promessa sposa. Ritrova Lucia in un lazzaretto
insieme a frate Cristoforo che cura gli infermi tra i
quali, abbandonato da tutti, c'è Don Rodrigo morente.
Placata la peste, dopo tante vicissitudini Renzo e Lucia
possono finalmente diventare marito e moglie.
I personaggi Principali
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Renzo Tramaglino;
Lucia Mondella;
Don Rodrigo;
L’innominato;
La monaca di Monza;
Padre Cristoforo;
Accanto a questi personaggi principali
ruotano molti personaggi minori.
I temi dell’opera
• LA SCELTA DEGLI UMILI : scelta innovativa sia per una questione di
ordine religioso, il messaggio evangelico porta in primo piano gli
UMILI, gli OPPRESSI, sia per una critica alla STORIA, che è sempre
e solo storia dei GRANDI.
• IL SEICENTO : è il secolo dei grandi squilibri sociali, dei contrasti,
delle ipocrisie e dell’oppressione.
• LA PROVVIDENZA : è il filo conduttore che lega e dà senso a tutte le
vicende narrate dal romanzo; la storia è lo svolgimento del dramma
eterno di PECCATO e REDENZIONE, e la poesia coglie e svela la
valenza religiosa e salvifica delle vicende; “provvida sventura”.
Poetica
All’inizio della sua attività letteraria, Manzoni , grazie all’educazione illuministica ricevuta e alla giovinezza trascorsa a
Parigi, fa suoi gli ideali di democrazia, libertà e, soprattutto, di giustizia.
L’amicizia con Vincenzo Cuoco e con alcuni idealisti giacobini lo porta a nutrire un forte interesse per la “Storia”, per le
epoche passate e soprattutto per le vicende che riguardano i deboli, gli umili, gli oppressi.
Nasce in Lui, grazie anche al riavvicinamento alla fede cattolica, la convinzione che compito di un bravo letterato fosse
di denunciare, attraverso i suoi scritti, le ingiustizie, le sopraffazioni, le disuguaglianze di cui erano vittime gli umili, il
popolo.
Riesce con estrema facilità a coniugare i valori della fede cristiana con gli ideali che caratterizzeranno la Rivoluzione
Francese, dimostrando che alla base di entrambe ci sono gli stessi valori e ideali, che si debbano ritenere universali e
immortali.
Con gli Inni Sacri riesce a denunciare le azioni della classe dirigente, la quale attraverso una “presunta difesa dei
principi religiosi cattolici” cerca maldestramente di giustificare i propri soprusi e i propri privilegi di classe sociale
privilegiata.
Si fa sostenitore e portavoce delle istanze e dei bisogni dei poveri, degli umili, del popolo, sostenendo che fosse giunto
il momento per la religione cattolica di sostenere e promuovere un rinnovamento spirituale improntato al
riconoscimento della dignità e santità della persona umana, la quale fatta ad immagine e somiglianza di Dio e redenta,
grazie al sangue versato da Gesù, la rendeva uguale: tutti gli uomini sono uguali per Dio e devono essere uguali
davanti alle leggi umane, avere pari diritti e doveri perché esseri umani con pari dignità umana.
In questo rinnovamento, la Storia svolge un ruolo importante: essa deve aiutare il letterato a comprendere meglio
l’uomo, la sua vita, le sue relazioni, la sua coscienza, mediante le sue azioni e scelte.
Sebbene essa dimostra che la vita dell’uomo è costellata di sofferenza e difficoltà, dovute alla presenza del male e del
dolore, che affliggono indicibilmente ed inesorabilmente l’uomo, tuttavia corre in suo aiuto Dio: forte in Manzoni è la
presenza amorevole di un Dio - provvidenza, il quale corre in aiuto dei deboli e degli oppressi, facendo trionfare il
bene, quando è possibile e, quando non è possibile, l’idea di una vita migliore, fatta di eternità, amore e pace.
Ogni opera d’arte deve avere:
• Il vero per oggetto
• L’utile per scopo
• L’interessante per mezzo
Frasi celebri
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«Or bene,» gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, «questo matrimonio non s'ha da fare,
né domani, né mai».
Si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene: e cosi si finirebbe anche a star meglio.
Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia.
Il coraggio uno non se lo può dare.
È male minore l'agitarsi nel dubbio che il riposare nell'errore.
Il raziocinio è un lume che uno può accendere quando vuole obbligar gli altri a vedere, e può soffiarci sopra,
quando non vuol più veder lui.
Il delitto è un padrone rigido e inflessibile, contro cui non divien forte se non chi se ne ribella interamente.
La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’uno e dell’altra.
All‘ avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle
Gran segreto è la vita, e nol comprende | che l'ora estrema.
Le vie di Dio son molte, | Più assai di quelle del mortal.
Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente.
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