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Locke - iRagadiRinanaS
John Locke
prof. Rinaldo Anastasi
L’unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene
Con il contributo della relazione di
Ferrari Eleonora
Gori Rosella
Costantino Fabio
Scheda di Synt - Ultimo aggiornamento 12-03-2006
ref: Antologia di Filosofia - Ubaldo Nicola
Storia della filosofia Occidentale - Bertrand Russell
La filosofia moderna - Emanuele Severino
Razionalismo ed Empirismo
• A partire dal Sei-Settecento la filosofia iniziò a
dividersi in due tradizioni: quella europea e quella
anglosassone. La prima tendenzialmente
razionalista, la seconda prettamente empirista.
• Il termine "razionalismo" designa la persuasione
che la realtà sia conoscibile e interpretabile
mediante la ragione, al di là di ogni esperienza. Il
termine "empirismo" indica invece ogni dottrina
che considera l'esperienza come condizione
essenziale della conoscenza.
Il Razionalismo
• Dal latino razionalem, deriv. di ratio-onis =
“ragione”.
• È un atteggiamento teorico o pratico che assume la
ragione a suo principio fondamentale.
• La realtà viene tradotta in termini di ragione per
cui l’essenza di essa si coglie, indipendentemente
da ogni esperienza, attraverso l’analisi dei principi
della stessa ragione.
• Nasce con Renato Cartesio (1596-1650) si
sviluppa con Baruch Spinoza (1632-1677) e
Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716),
L’Empirismo inglese
• Il termine empirismo deriva dal latino empiricum, che è
dal greco empeirikós, deriv di empeiría = “esperienza”.
• È una corrente della filosofia moderna proseguita poi da
Berkeley (1685-1753) e Hume (1711-1776), avente come
obiettivo l'analisi del mondo umano nei suoi diversi campi,
si sviluppa tra Seicento e Settecento inscrivendosi in parte
già nel prossimo clima Illuministico e vede sicuramente in
John Locke (1632-1704)il suo fondatore.
• Sul piano storico l'Empirismo si collega ad Ockham
(1295/1300-1349/1350) ed a Bacone (1561-1626) .
• Definisce inconoscibile e indimostrabile tutto ciò che
oltrepassa i limiti dell'esperienza per cui le verità
teologiche che riguardano il mondo soprannaturale e Dio e
tutto ciò che oltrepassa i limiti dell'esperienza si collocano
al di fuori di una possibile ricerca.
La concezione empiristica dell’esperienza
Ideologicamente, quindi, l'Empirismo si caratterizza
con la teoria della ragione vista come un insieme di
poteri limitati dall'esperienza intendendo
quest'ultima:
• fonte e origine del processo conoscitivo
• criterio di verità o strumento di certificazione delle
tesi dell'intelletto, che risultano adeguate e certe solo
se suscettibili di controllo empirico.
La tendenza critica ed anti-metafisica
dell’Empirismo
Il richiamo costante all’esperienza fa sì che
l’empirismo, in antitesi al razionalismo, tenda
ad assumere un atteggiamento limitativo o
critico nei confronti delle possibilità
conoscitive dell’uomo e a seguire un indirizzo
anti-metafisico che respinge fuori dalla
filosofia e da ogni ricerca legittima i problemi
riguardanti realtà che non sono accessibili agli
strumenti mentali di cui l’uomo dispone.
L’Empirismo in Locke
• Locke è considerato uno dei massimi esponenti
dell'empirismo inglese, una corrente filosofica
nata dal diffondersi del metodo sperimentale
proposto dalla rivoluzione scientifica. Secondo
l'empirismo i dati della certezza epistemica (“che
riguarda la conoscenza scinetifica”) erano da
ricavare dall'osservazione dei fenomeni reali:
analogamente alla scienza fisica, anche la filosofia
doveva attenersi alla critica dei fatti e delle
sensazioni tratte dalla percezione immediata.
JOHN LOCKE (1632-1704)
Fondatore del liberalismo
politico moderno:
• Riconoscimento del carattere
naturale e inalienabile dei diritti
dell' uomo
• Negazione di ogni forma di potere
assoluto
• Affermazione del diritto di
resistenza
• Formulazione della dottrina della
separazione dei poteri.
FORMAZIONE E PRIMI SCRITTI
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1632 J.Locke nasce a Wrington, il 29 Agosto
1647 viene ammesso alla Westminster School
1652 si immatricola al Christ Church College di Oxford
1658 conseguito il titolo di Master of Arts, Locke è eletto Senior Student e
ricopre incarichi accademici
1660 Trattati sul magistrato civile
1665 viaggio al Cleves
1666 rientra ad Oxford
1667 incontro con Lord Ashley e partecipazione attiva alla vita politica
1675 soggiorno in Francia
1679-1682 Locke ritorna in Inghilterra e riprende la collaborazione politica
con Lord Ashley
1683-1688 esilio volontario in Olanda
1689 ritorna in Inghilterra al seguito di William of Orange
1690 pubblicazione “Due trattati sul Governo”
1704 muore il 28 Ottobre
La vita
John Locke nasce a Wrington, vicino a Boston (Inghilterra).
Diventa professore di greco e di retorica ad Oxford, mentre
come autodidatta si interessa di anatomia, fisiologia e fisica,
tanto da essere chiamato dottore senza peraltro esserlo.
Nel 1667 abbandona l'insegnamento ad Oxford (reputava
l'insegnamento ricevuto parole oscure e inutili ricerche) per
diventare il Segretario privato del conte Shaftesbury, Lord
Ashley, esponente del partito liberale whig. Viaggia in Francia
e conosce così gli ambienti cartesiani.
Organizzò in Olanda l'avvento sul trono d'Inghilterra di
Guglielmo d'Orange, suo massimo successo politico. La figura
di Locke è legata poi all'instancabile opera di divulgazione
delle idee democratiche e di tolleranza, della sua idea di netta
divisione fra potere della Chiesa e potere statale.
Opere
• Le principali opere di Locke sono Il saggio
sull’intelletto umano (1690), che è il suo
capolavoro, Due trattati sul governo civile
(1690), in cui espone la teoria liberale dello
stato, La ragionevolezza del cristianesimo
(1695) e l’Epistola sulla tolleranza (1689).
Sommario
1. Tabula rasa: la mente nasce vuota e si riempie durante la
vita, critica all'innatismo cartesiano, il metodo degli
empiristi
2. Percezioni semplici e percezioni complesse: ogni
conoscenza è graduale e cumulativa
3. Il convenzionalismo linguistico: i nomi delle cose sono
puri simboli arbitrari
4. Retaggio teologico dello "stato di natura":
I principi costitutivi della società civile: l'uomo tende
all'aggregazione civile
5. La tolleranza religiosa
1. Tabula rasa
•
•
Analogamente a Leibniz, anche Locke muove dalla polemica nei confronti del
pensiero cartesiano: mentre Leibniz aveva attaccato il meccanicismo, Locke ne
critica l'idea di innatismo (l'innatismo sosteneva che fossero innate quelle verità
che avevano il carattere dell'evidenza, che fossero chiare e distinte,
immediatamente percebilili, per il fatto di essere evidenti per tutti gli uomini,
queste capacità innate dovevano essere universali).
Secondo Locke nulla fa pensare che esistano idee innate nella mente degli uomini,
anzi, portando come esempio quello dei bambini e dei pazzi, che non hanno in sé
alcuna idea strutturata di Dio, nessuna nozione innata di logica, di geometria e di
matematica universale, Locke afferma che la mente umana nasce vuota e priva
di ogni conoscenza; all'origine, la mente è una tabula rasa, una tavola ancora
da incidere. Se la mente nasce priva di ogni conoscenza, è l'esperienza che fa
durante lo svolgersi della vita che la riempie di nozioni. Tutto ciò che apprendiamo
è dunque frutto della nostra esperienza.
Altra considerazione che può andare a favore della tesi di Locke è l'evidente
inesistenza di principi universalmente accettati e validi. Nulla è accettato
universalmente giusto dagli uomini, vi sono al mondo differenze enormi di giudizio
etico, legate ai diversi costumi appresi nelll'ambito delle diverse società, in campo
accademico e scientifico nulla vi è di indiscusso: la scienza è lotta di tesi opposte,
la stessa esperienza empirica dimostra che tutto deve essere scoperto e nulla di ciò
che conosciamo è conosciuto a priori.
2. Percezioni semplici e percezioni complesse
• Da buon empirista, Locke sostiene che tutto ciò che la mente produce è una
elaborazione di percezioni esterne (fatti empirici, "che si muovono entro
l'esperienza"), non esistono quindi idee direttamente prodotte dalla mente ma
solamente la rielaborazione di esperienze percettive. Nulla vi è nell'intelletto che
prima non vi sia stato nella percezione.
• "Anzitutto, i sensi fanno entrare idee particolari, cominciando ad arredare quel
locale vuoto; e la mente, familiarizzandosi poco a poco con alcune idee, le ripone
nella memoria e dà loro dei nomi. In seguito vengono a presentarsi nella mente altre
idee, che essa astrae da quelle prime, e apprende gradualmente l'uso dei nomi
generali. In questa maniera la mente si rifornisce di idee e di linguaggio, ossia dei
materiali sui quali eserciterà la sua facoltà discorsiva. E l'uso della ragione diviene
più evidente ogni giorno, via via che aumentano questi materiali sui quali essa
opera.“ (tratto da Saggio sull'intelletto umano).
• Si delinea così una gerarchia delle percezioni: esse entrano nella mente dalle più
semplici, e queste percezioni semplici servono poi da base alle percezioni più
complesse, in un continuo e progressivo lavoro di accumulo e affinamento.
• Analogamente esistono qualità della percezione primarie e qualità secondarie. Le
qualità primarie sono le percezioni oggettive che coincidono con la materia estesa
cartesiana: la forma, il numero, l'estensione nello spazio. Quelle secondarie sono le
impressioni soggettive che riceviamo da un oggetto: il gusto, il colore, ecc.
3. Il convenzionalismo linguistico
•
•
•
Fino all'epoca di Locke si pensava che vi fosse una ragione precisa per cui un oggetto
ha un certo nome, si pensava cioè che vi fosse un collegamento necessario tra un
nome e la natura profonda dell'oggetto nominato. Era questa una visione naturalistica
del rapporto che lega i nomi delle cose al loro significato, si pensava che radice di tutti
i significati fosse l'originaria lingua adamitica (nella Bibbia, Adamo nomina le cose e
gli animali per la prima volta). Con la confusione babelica delle lingue questa antica
chiarezza adamitica venne meno, tuttavia si pensava comunque che l'antico rapporto
naturale tra nomi e cose fosse conservato in ragione di una radice comune.
In ragione del concetto di "tabula rasa", che porta a rifiutare qualsiasi tipo di
conoscenza a priori, Locke non può aderire a questa visione naturalistica del
linguaggio (come non aderì un altro grande empirista quale Hobbes). Per Locke i
nomi sono attribuiti alle cose in via convenzionale, ovvero i nomi delle cose sono
"puri simboli arbitrari eventualmente sostituibili con altri" (Ubaldo Nicola,
Antologia di Filosofia).
È questo un altro aspetto dell'allontanamento della filosofia moderna dai legami
metafisici. Fino a quando si crede che esista un collegamento naturalistico tra nomi
delle cose e le cose stesse si crede ancora che esista un legame ontologico forte tra le
cose e i loro significati, un legame che proviene da altro rispetto alla sola utilità
pratica. Con il convenzionalismo linguistico si ribadisce una volta di più che il
significato delle cose non racchiude in sé la prova di una essenza metafisica che le
determina. Il mondo è costituito dalle cose alle quali l'uomo attribuisce un significato.
Non è quindi l'essere metafisico "altro" rispetto all'uomo che determina i significati
determinando l'uomo, ma l'uomo stesso in ragione di una sua utilità pratica. Vedremo
come in realtà resista qualcosa della tradizione teologica anche nel pensiero di Locke.
4. Retaggio teologico dello "stato di natura"
• "[la legge di natura] insegna a tutti gli uomini, purché vogliano
consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve
danneggiare l'altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella
proprietà". (Trattati sul governo civile).
• Anche per Locke, come per Hobbes, esiste uno "stato di natura" (la
ragione) che può determinare aprioristicamente il comportamento
degli uomini in assenza di vincoli civili e politici. Qualcuno ha notato
come l'appellarsi al concetto di "stato di natura", che serve a Locke
per entrare in polemica con Hobbes sui principi che spingono l'uomo
ad aggregarsi in istituzioni, sia di fatto un modo per contraddire il
concetto di "tabula rasa". Uno "stato di natura" è infatti un qualcosa di
aprioristico, che non si apprende attraverso l'esperienza, ma che è già
presente nell'uomo indipendentemente dalle sue esperienze (come
sarebbe già presente la ragione, secondo quanto farà notare anche
Kant). Lo "stato di natura" è infatti un modo di essere primigenio, un
qualcosa di già presente nell'animo, appunto, naturalmente (secondo
natura).
• Alcuni, come ad esempio Russell, vedono in questo appellarsi a un
principio di ragione innato un retaggio teologico o addirittura mitico,
mutuato dalla credenza in una originaria e remota età dell'oro.
5. I principi costitutivi della società civile
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Riprendiamo il passo: "[la legge di natura] insegna a tutti gli uomini, purché vogliano
consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l'altro nella
vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà".
Esiste dunque questo stato di natura che per Locke equivale a consultare la ragione. Se la
ragione viene consultata, ascoltata, allora l'uomo vive nel suo stato naturale. In natura l'uomo
non è dunque lupo per gli altri uomini (come sosteneva Hobbes), in natura l'uomo
comprende come ogni individuo si pone sullo stesso piano, ogni individuo è "uguale e
indipendente", per cui "nessuno deve danneggiare l'altro" in ragione di questa parità di
valore.
Tuttavia vi è la possibilità che l'uomo non ascolti la ragione e che si allontani dai suoi
principi, in questo caso si cade nella condizione descritta da Hobbes, in quella condizione innaturale per Locke - in cui l'unica legge che agisce tra gli uomini è il puro rapporto di forza.
Per uscire da questa condizione è necessario ascoltare la ragione (che per Locke è espressione
dello stato di natura), quella ragione che conduce gli uomini alla formazione di una società
civile che garantisce non tanto la forza necessaria per sopprimere le tendenze anarchiche dei
bassi istinti umani (come è nello stato assolutista teorizzato da Hobbes), ma la garanzia della
tutela dei diritti ugualitari di ciascun cittadino.
Dunque lo stato naturale della ragione, se ascoltato, permette di fondare quel tipo di governo
che non si erge al di sopra dei diritti dei singoli individui (il governo autoritario), ma è
garanzia e sicurezza stessa del diritto di ciascun individuo. Ecco perché lo stato teorizzato da
Locke è in sostanza un'istituzione di garanzia liberale cui spetta il compito di vigilare sul
rispetto del principio paritario che vige, secondo ragione, tra gli uomini.
L'uomo, nel suo stato di natura, non tende quindi alla reciproca sopraffazione, ma alla
naturale aggregazione sociale in vista di una reciproca collaborazione volta a garantire i
suoi diritti civili: la vita, la libertà, l'integrità del corpo, l'assenza del dolore e la
proprietà privata dei beni.
6. La tolleranza religiosa
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Lo Stato che nasce dall'aggregazione degli individui è naturalmente liberale e democratico, poiché nasce
sulla spinta di un principio egualitario. Questo tipo di Stato è quindi garante di se stesso, nel senso che gli
stessi legislatori sono sottoposto alle leggi (non così in uno Stato assoluto). Ogni potere - quello
legislativo, esecutivo e giudiziario - è autonomo, separato dagli altri e in grado di vigilare sul reciproco
operato. Il potere che produce le leggi non può essere incaricato di attuarle, come deve esistere un potere
di garanzia che vigili sulla correttezza dei legislatori e dell'esecutivo.
Locke, in aperta polemica con Hobbes, si spinge perfino ad affermare che, qualora lo stato liberale e
democratico venisse meno ai suoi principi, i cittadini sarebbero giustificati a ribellarsi, spezzando il
legame di obbedienza che li lega alle istituzioni ormai corrotte.
Nella "Lettera sulla tolleranza", Locke formula poi il principio della tolleranza religiosa: ogni
confessione deve essere rispettata dallo Stato, il quale non può intromettersi nelle questioni riguardanti la
fede preferendone una all'altra. Potere dello Stato e potere della Chiesa vanno separati, in quanto al
primo spetta la garanzia dei diritti civili, al secondo la salvezza delle anime. I due poteri sono
quindi autonomi ed è buon principio che non confondano i rispettivi ambiti d'azione. I poteri dello
Stato devono essere ispirati ai valori di laicità ed uguaglianza, ma devono comunque impedire i
comportamenti che vadano a negare i diritti civili, come del resto non potrà ammettere sette o società
segrete che attentino all'integrità dei principi liberali e democratici.
Tuttavia, nonostante questa visione moderna dei rapporti che devono intercorrere tra i poteri, Locke
affermerà che in uno stato liberale, come non può essere tollerata una religione che tenda ad opporsi ai
principi civili della tolleranza e della libertà di culto e di coscienza, non può essere tollerato anche
l'ateismo, in quanto la ragione naturale è in grado di provare l'esistenza di Dio. L'ateismo è dunque quella
condizione che si pone contro la ragione naturale e per questo non è in grado di garantire la moralità
dell'individuo.
Locke affermerà che il cristianesimo (esistenza di Dio e di Gesù come annunciatore del regno del Padre),
pur nel rispetto delle regole civili, "è una religione ragionevole e ha il compito di diffondere a tutto il
genere umano quelle verità fondamentali e quelle norme morali che altrimenti sarebbero state accessibili
solo ai filosofi." (La filosofia moderna, Emanuele Severino).
Ecco dunque come in Locke resiste quel retaggio teologico per cui non può esistere morale che non
discenda da Dio, e che l'assenza di Dio, anche solo nel pensiero dell'uomo, produce di fatto
immoralità.
DIRITTO DI PROPRIETA’
=
DIRITTO FONDAMENTALE DI OGNI UOMO
GARANTITO DAL LAVORO
“Sebbene la terra e tutte le creature inferiori siano comuni a tutti gli
uomini, pure ognuno ha la proprietà della propria persona, alla quale
ha diritto nessun altro che lui. Il lavoro del suo corpo e l'opera delle
sue mani possiamo dire che sono propriamente suoi. A tutte quelle
cose dunque che egli trae dallo stato in cui la natura le ha prodotte e
lasciate, egli ha congiunto il proprio lavoro, e cioè unito qualcosa che
gli è proprio, e con ciò le rende proprietà sua. Poiché sono rimosse da
lui dallo stato comune in cui la natura le ha poste, esse, mediante il
suo lavoro, hanno, connessa con sé, qualcosa che esclude il diritto
comune di altri. Infatti poiché questo lavoro è proprietà incontestabile
del lavoratore, nessun altro che lui può avere diritto a ciò che è stato
aggiunto mediante esso, almeno quando siano lasciate in comune per
gli altri cose sufficienti e altrettanto buone” (II Trattato, cap. V, § 2732, 43-50)
LO STATO DI NATURA
• Condizione di “assoluta libertà” ed “eguaglianza”
• Soggetto alla legge di natura
“Sebbene questo sia uno stato di libertà, tuttavia non è uno stato di
licenza: sebbene in questo stato si abbia 1a libertà incontrollabile di
disporre della propria persona e dei propri averi, tuttavia non si ha la
libertà di distruggere né se stessi, né qualsiasi creatura “ (II Trattato,
cap. II, § 6)
• Lo Stato di natura è precario necessità di un’organizzazione politica
della società
LEGGE DI NATURA
• = fonte e origine del potere politico
• Norme dettate dalle ragione per garantire a ogni uomo i
diritti fondamentali la cui violazione va punita
• La legge di natura è anteriore a ogni altra legge positiva
• Norma fondamentale della legge di natura =
autoconservazione e conservazione di tutti gli uomini
“ come ciascuno è tenuto a conservare se stesso e a non
abbandonare volontariamente il suo posto, così, per la
medesima ragione, quando non sia in gioco la sua stessa
conservazione, deve, per quanto può, conservare gli altri,
e non può, se non nel caso di far giustizia di un offensore,
sopprimere o menomare a un altro la vita o quanto
contribuisce alla conservazione della vita, come la
libertà,la salute,le membra del corpo, o i beni.” (II
Trattato,Cap 2, § 6).
I DIRITTI DELLO STATO DI NATURA
• Diritto alla vita
• Diritto alla libertà
• Diritto alla proprietà (senza la proprietà è
impossibile conservare la vita o, almeno,
conservarla in modo che si possa dire
umana)
STATO E LIBERTA’
•Diritto naturale limitato dall’uguale diritto degli altri
•Lo stato di natura può diventare uno stato di guerra quando una o
più persone ricorrono alla forza per ottenere un controllo sulla
libertà, sulla vita e sui diritti fondamentali degli altri individui
↓
Costituzione della SOCIETA’ POLITICA
=
garanzia dei diritti naturali originari
vincoli al solo fine di mantenere e proteggere I diritti fondamentali propri
dello stato di natura
“…il godimento della proprietà che egli ha è in questa condizione molto incerto e
malsicuro. Il che lo rende desideroso di abbandonare una condizione che, per quanto
libera, è piena di timori e continui pericoli, e non è senza ragione ch’egli cerca e
desidera unirsi in società con gli altri che già sono riuniti, o hanno intenzione di
riunirsi, per la mutua conservazione delle loro vite, libertà e averi, cose ch’io
denomino, con termine generale, proprietà”
(Due trattati sul governo, II, cap. VIII, par. 123)
Notevole intreccio tra istanza democratica (costituita dalla fondazione del
potere politico sul consenso popolare) ed istanza liberale (limiti posti al
potere politico stesso)
Esclusione di un potere assoluto o illimitato
↓
Suddivisione dei poteri:
• Legislativo
• Esecutivo
• Federativo
DIRITTO ALLA RESISTENZA
Quando i cittadini sono oppressi da un governo che non gode più del consenso si
ritrovano in condizioni analoghe a quelle dello stato di guerra
Unica risorsa possibile: “Appello
al Cielo”
Diritto di un ritorno allo stato di natura e successiva istituzione di una nuova
comunità sociale
“…Ogni potere conferito con fiducia per il raggiungimento di un fine essendo
limitato da tal fine, ogniqualvolta questo fine è manifestamente trascurato
od ostacolato, la fiducia deve infatti necessariamente essere ritirata, e il
potere deve essere trasferito nelle mani di coloro che l’avevano dato, i
quali possono porlo nuovamente dove essi crederanno meglio per la loro
sicurezza.”
(Due trattati sul governo, II, cap. XIII, par. 149)
Quattro casi:
•Conquista;
•Usurpazione;
•Tirannide;
•Dissoluzione del governo;
Importantissimo significato del diritto alla resistenza:
nessuna autorità ha il potere di privare gli uomini della
libertà e dei diritti fondamentali che hanno in base alla
legge di natura. La ribellione contro chi vi tenti è legittima,
perché costituisce il ricorso a Dio per rivendicare proprio
quei diritti che non possono venir meno.
Il compito dello Stato ed i suoi
limiti
• “Mi sembra che lo stato sia una società di uomini costituita
per conservare e promuovere soltanto i beni civili. Chiamo
beni civili la vita, la libertà, l'integrità del corpo, la sua
immunità dal dolore, i possessi delle cose esterne, come la
terra, il denaro, le suppellettili".
• Lo stato dunque, per i mezzi, i modi ed i fini della sua
istituzione, non ha alcun potere decisionale o coercitivo in
materia di fede. Infatti, al magistrato civile la cura delle anime
non è stata affidata in modo particolare: "Né la cura dello
stato, né il diritto di far leggi hanno svelato con maggior
certezza al magistrato la via che conduce al cielo di quanto
non l'abbia svelato ad un privato cittadino la propria ricerca”
La fede non può essere imposta
con la forza.
• l'affermazione più completa e profonda della libertà di coscienza del singolo
• la fede, per portare alla salvezza deve scaturire spontaneamente da una
profonda e convinta adesione ai principi di una chiesa e che dunque a nulla
vale la coercizione che si dimostra assolutamente controproducente.
• "Nessuna via che io imbocchi contro in comando della coscienza mi porterà
mai in paradiso…non posso salvarmi con una religione sulla quale ho dei
dubbi, con un culto che odio".
• Lo stato, o il potere politico, non ha quindi possibilità alcuna di interferire
con le scelte religiose del singolo, di imporre una religione piuttosto che
un'altra, dal momento che "il potere dello stato concerne i beni civili, è
contenuto entro la cura delle cose di questo mondo e non tocca in alcun
modo le cose che spettano alla vita futura".
La Chiesa
• la Chiesa non ha e non deve avere
possibilità di interferenze in ambito politico.
• Se la fede è un fatto esclusivamente
personale, essa non può avere ripercussioni,
positive o negative, sullo stato politicosociale di chi vi ha aderito
La Chiesa come società libera e
volontaria
• "Mi sembra che una chiesa sia una libera società di uomini che si riuniscono
spontaneamente per onorare pubblicamente Dio nel modo che credono sarà
accetto alla divinità, per ottenere la salvezza dell'anima. Dico che è una
società libera e volontaria…".
• per essa sono diversi non soltanto i modi, ma anche i fini, benché utilizzi mezzi
uguali a quelli utilizzati dalla comunità politica: le leggi
• Leggi sono assolutamente necessarie per permettere ad una comunità di uomini
di qualunque genere di sussistere senza dissolversi immediatamente
• Nella definizione data della Chiesa, fondamentale importanza hanno due
termini: libera e volontaria. L'uomo per sua natura non è costretto a far parte di
alcuna comunità del genere, come invece, in un certo senso, è "costretto" dalla
necessità a fare parte di una comunità politica, ma entra spontaneamente nella
Chiesa che egli ritiene portatrice della vera religione
Il fine della società religiosa
• Da ciò scaturisce la liceità di abbandonare la comunità se vi si trovasse col
tempo qualcosa di contrario alle proprie opinioni, o alla dottrina. Si
evidenzia altresì come il fine della Chiesa nulla abbia a che fare con quello
della società politica, constando nella salvezza delle anime di chi vi si
riunisce: "Il fine della società religiosa è il culto pubblico di Dio e,
attraverso di esso, il conseguimento della vita eterna
• A questo fine ed a questo soltanto devono tendere le leggi ecclesiastiche che
abbiamo visto essere indispensabili, e che però non dispongono della forza
della costrizione. La Chiesa possiede il potere di "cacciare ed eliminare del
tutto dalla società i riluttanti e gli ostinati, che non danno speranza di poter
essere corretti". Ma per la distinzione operata tra Stato e Chiesa, la
scomunica non può colpire il singolo nei suoi beni terreni.
Individui che non possono godere
di tolleranza
• Gli atei sono considerati elementi potenzialmente molto
pericolosi per lo Stato stesso, in quanto non credendo in
alcun dio sono considerati da Locke privi di una
qualsivoglia legge morale, e quindi incapaci di mantenersi
fedeli al patto che ha fondato la società stessa
• I cattolici, non possono essere tollerati in quanto,
professando la confessione della Chiesa di Roma, essi sono
tenuti a riconoscere una autorità politica nel Papa, il che ne
fa, all'interno di uno Stato autonomo, "sudditi di un altro
principe", e come tali estremamente destabilizzanti per il
potere.
Sintesi
•
•
•
Netta separazione tra Chiesa e Stato per quanto riguarda le finalità , le funzioni
e i poteri che ad essi rispettivamente competono
Lo Stato é un' associazione di individui che ha come scopo la tutela del diritto
naturale alla vita , alla libertà e alla proprietà . Esso non può dunque
intervenire con la costrizione ( che gli compete essenzialmente ) in questioni
che , come quelle religiose , non hanno alcuna attinenza con la difesa di quei
diritti , a meno che esse non comportino pratiche nocive per la salute sociale o
l' integrità dello Stato stesso
La Chiesa é invece un' associazione intesa a procurare ai propri membri la
salvezza dell' anima , la qual cosa , dipendendo esclusivamente dalle
convinzioni interiori del credente , non può in nessun modo essere indotta con
la forza . Il sacerdote non può richiedere l' intervento del magistrato per
realizzare con la coazione ciò che non riesce a ottenere con le armi della parola
e della convinzione . La Chiesa può legittimamente espellere dal proprio seno
mediante la scomunica coloro che non condividono i dogmi e i riti che essa
propone come strumenti di salvezza : ma lo scomunicato non deve
assolutamente perdere i diritti civili di cui gode come membro dello Stato
Locke nella filosofia moderna
• Empirismo= Locke come figura di riferimento per Berkeley e Hume
• Illuminismo= considerato da Voltaire l’anti-Cartesio e continuatore
della tradizione sperimentale e scientifica inglese
• Kant riprende nella “Critica della ragion pura” l’analisi critica della
conoscenza
• Opere di Locke come fondamento giustificativo della Rivoluzione
Francese (Montesquieu) e della Rivoluzione Americana
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