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comorb psic td
Urgenze, crisi ed
opportunità terapeutiche.
Vincenzo MANNA
DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE
AZIENDA U.S.L. ROMA H
tel. cell. 333.3625218
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
IL PAZIENTE AGITATO
TRATTAMENTO SANITARIO
LA CRISI COME RISORSA
CONCLUSIONI
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
La definizione di urgenza, in ambito
medico, non è agevole sebbene la maggior
parte degli Autori tende a considerarla
come « una situazione acuta e grave che
richiede un intervento terapeutico
immediato ».
Un ruolo viene giocato nella definizione di
urgenza da parametri diversi:
 quello descrittivo e nosografico (acuzie);
quello prognostico (gravità);
e quello terapeutico (necessità di un
trattamento immediato).
Cuzzolaro, 1982
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
Per altri Autori:
«….non è il quadro clinico in sé che sembra
caratterizzare la richiesta di intervento
urgente, ma una serie di variabili dipendenti
dal luogo dell’incontro medico-paziente, dal
ruolo dei familiari, dal grado di
“sopportazione” dell’ambiente di lavoro e
dalle variabili sociali che condizionano, in
genere, la tolleranza nei confronti dei
comportamenti che si discostano dalla
norma».
Casacchia e Sconci, 1990
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
Per emergenza si intende:
« una situazione in cui non si assiste tanto
ad un peggioramento del paziente o ad uno
scompenso acuto, quanto piuttosto alla
rottura di un equilibrio con l’ambiente ».
L’emergenza riguarda, perciò, più di uno
scompenso nelle relazioni interpersonali e
sociali in cui l’elemento psicopatologico
giocherebbe un ruolo di secondo piano
rispetto alle problematiche psicosociali.
Cuzzolaro, 1982; Casacchia e Sconci, 1990
URGENZE, EMERGENZE, CRISI
Il termine acuzie, in psichiatria viene
riservato alla « insorgenza improvvisa
di
una sintomatologia psichica ritenuta dal
soggetto o da chi vive con lui tale da
richiedere un intervento terapeutico
immediato ».
Al contrario il termine crisi viene
comunemente inteso come:
«
rottura di un equilibrio, sia a livello
individuale, sia a livello relazionale, fino ad
allora relativamente stabile ».
De Martis e Vender, 1993
IL RISCHIO IN PSICHIATRIA
A questo proposito è necessario distinguere le
variabili che possono costituire un fattore di
• rischio psicopatogenetico
per un soggetto affettivamente fragile
(adolescenza, senilità, gravidanza, lutti, malattia);
•
dai rischi comportamentali
associati a quadri psicopatologici eclatanti,
soprattutto relati a danni irreparabili per l’individuo o per
altri (suicidio, omicidio, sperpero dei beni, ecc.).
•
•
I fattori di rischio psicopatogenetico, capaci di indurre la
rottura dell’omeostasi del soggetto, si possono distinguere
fattori scatenanti (affettivi, economici e culturali) da
fattori favorenti (emarginazione, età, emigrazione, processi
maturativi, cambiamenti, eventi stressanti).
De Martis e Vender, 1993
Urgenze che necessitano di risposta psichiatrica
(sia essa farmacologica, psicologica o di contenimento e ricovero)
Esse risultano essere prevalentemente legate al quadro
propriamente psicopatologico (disturbi affettivi, depressivi e
maniacali, disturbi d’ansia, scompensi deliranti, disturbi
somatici
su base funzionale).
Sono in genere ad eziopatogenesi funzionale endogena ma
talora anche esogena o mista, come nel caso di
una intossicazione da farmaci, droghe o altre sostanze.
In questo contesto rientrano anche le situazioni di grave
conflittualità, con o senza specifici quadri psicopatologici, le reazioni
psichiche abnormi ad eventi esterni (lutti, separazioni, violenze, arresti,
etc.), o comunque le situazioni di crisi che vanno affrontate
precocemente al fine di evitare lo strutturarsi di una patologia
psichiatrica propriamente detta.
Urgenze che necessitano di risposta somatica
In esse la sintomatologia che richiede l’intervento
immediato è quella organica, anche se è presente
una
patologia psichiatrica o vi sono sintomi psicopatologici.
È il caso delle psicosi esogene e degli stati di
scompenso nell’alcolismo, come nel caso del delirium
tremens, che necessitano più di un ricovero in reparto
internistico che in reparto psichiatrico, in quanto il
prevalente bisogno è sul piano fisico.
Altre situazioni di questo gruppo sono costituite dalle
intossicazioni volontarie da farmaci, le lesioni autoprovocate a scopo suicidario e
le urgenze somatiche legate alla
tossicodipendenza.
Urgenze che necessitano di risposta
socio-ambientale e/o assistenziale.
Esse rappresentano quelle condizioni cliniche in cui
l’intervento va fatto in tempi rapidi, ma con risposte di tipo
sociale più che medico, sui bisogni della
quotidianità
(cibo, igiene, alloggio), del supporto e dell’assistenza,
sulle relazioni familiari e sociali critiche o infine su quegli
stati psicologici alterati ma non legati a vera psicopatologia,
che non necessitano
di un supporto psichiatrico
propriamente detto.
Per questo tipo di urgenze viene spesso coinvolto lo
psichiatra, sia per la presenza di sintomi di tipo
psichico sia per far da collegamento tra istituzione
sanitaria, famiglia e istituzioni sociali.
Urgenze che necessitano di risposte
di tipo giudiziario
sono quelle situazioni legate all’espressione di
comportamenti violenti, aggressivi e/o anti-sociali.
In questi casi viene spesso richiesto impropriamente
un intervento psichiatrico.
Tali comportamenti devono essere affrontati e
contenuti dalle forze dell’ordine a ciò preposte.
La comparsa di crisi d’ordine psicopatologico, ad esempio, dopo
un fermo di polizia (crisi di agitazione, crisi d’ansia, atti violenti auto
oppure eteroaggressivi) possono talora avvantaggiarsi di un
intervento
medico, in questi casi, rivolto esclusivamente al
contenimento del
quadro sintomatico presente.
Eventuali valutazioni di tipo psichiatrico, rispetto ad atti delittuosi
commessi, possono essere richiesti, come perizia, solo successivamente
e al di fuori della condizione d’urgenza.
Valutazione clinica in psichiatria d’urgenza
In seguito alla richiesta di aiuto immediato da
parte di una o più persone
(paziente, familiari, ambiente sociale e professionale, forze
dell’ordine, assistenza sociale, figure sanitarie, organi di giustizia),
• con l’invito più o meno esplicito ad effettuare un ricovero in
•
•
•
•
tempi rapidi,
i tempi spesso brevi di consultazione,
il carattere drammatico e spesso pubblico dello scompenso,
la frequente scarsa compliance del paziente designato,
nonché la scarsità di informazioni o la loro contraddittorietà,
è opportuno strutturare le priorità secondo il
seguente schema.
SCHEMA DI PRIORITÀ
1. Raccolta delle informazioni disponibili sul
paziente da tutte le fonti utilizzando:
- colloquio attento con il soggetto, i familiari e
conoscenti accompagnatori e quanti
richiedano l’intervento;
- documenti clinici a disposizione (cartelle
cliniche, certificazioni, ricettazioni, ecc.);
2. Valutazione medica attenta al fine di
accertare ogni possibile eziologia organica
del quadro psicopatologico (danni organici
neurologici o sistemici, intossicazioni,
astinenza):
- accurata anamnesi con domande su
eventuale uso-abuso di sostanze e farmaci o di
esposizione a prodotti tossici;
- valutazione attenta delle funzioni cognitive
(vigilanza, coscienza, orientamento, ecc.);
- esame neurologico;
SCHEMA DI PRIORITÀ
3. Informazioni sull’esordio dei sintomi ed i
fattori scatenanti (anche su informazioni di
più persone):
- organici o biologici;
- relazionali-sociali;
- psicologici;
4. valutazione tipologica della crisi:
- ansiosa;
- depressiva;
- delirante allucinatoria;
- aggressivo- comportamentale;
5. formulazione diagnostica presuntiva, con
attenzione alla comorbidità;
6. valutazione dei rischi connessi al tipo di
crisi e di diagnosi (in particolare agiti
e
violenza auto-eterodiretta);
7. valutazione del sostegno sociale e della
tolleranza ambientale alla crisi;
8. valutazione di compliance del paziente e del
supporto terapeutico dei familiari.
Aspetti psicologici dell’urgenza
Sempre più spesso l’utenza tende ad utilizzare
l’ospedale come punto di riferimento per la cura del
proprio disagio, qualunque esso sia.
All’ospedale ed in particolar modo al pronto
soccorso giungono non solo le reali emergenze ma
anche le richieste d’aiuto più regressive (da quelle sul
piano somatico, alle domande di passività, dipendenza, etc.) in
cui il soggetto assume un ruolo di completa passività,
rispetto alla soluzione delle sue problematiche, con un
atteggiamento mentale infantile, in cui ci si aspetta
che la sanità, in un ruolo inconsciamente materno,
dia accoglienza e sostegno, soprattutto per quelle
situazioni soggettivamente allarmanti, per le quali
procrastinare una risposta non sembra
soggettivamente tollerabile.
Aspetti psicologici dell’urgenza
« La situazione acuta, consentendo la
soddisfazione di bisogni regressivi così immediati
che difficilmente riescono ad essere mentalizzati, può
favorire una sorta di tossicomania dell’urgenza »
secondo De Martis e Vender (1993).
L’ospedale viene esperito, infatti, tanto come la
struttura più idonea a dare una risposta globale
(corporea, psichica, sociale) ad ogni domanda
d’aiuto, quanto come l’unico contenitore capace di
dare un “limite” (scientifico, organizzativo, ecc.) a
difficoltà e bisogni esplosi e trattati in un contesto
territoriale, meno definito e visibile.
Il pronto soccorso può svolgere per il paziente
quella funzione di “pelle temporanea” capace di
contenere l’angoscia e la disgregazione emergente.
Aspetti psicologici dell’urgenza
L’ospedale esprime anche
una funzione paterna
collegata al ruolo attivo, normativo,
decisionale, che mette ordine alla fusioneconfusione dando un nome ad eventi e
disturbi, storicizzando l’emergenza e stabilendo
dei limiti spazio-temporali precisi con ricoveri e
prescrizioni.
Aspetti psicologici dell’urgenza
La situazione di urgenza, con il suo carattere di
drammatica impellenza, richiede decisioni immediate che
spesso mettono in
crisi
l’operatore.
Quadri sindromici particolarmente intensi di tipo
ansioso, delirante-allucinatorio, maniacale o
depressivo, oppure di tipo aggressivocomportamentale, mettono chiunque le osservi
in contatto con le proprie parti angoscianti, psicotiche,
confuse, scisse.
Ciò può indurre nei familiari, negli accompagnatori
e negli operatori psichiatrici stessi
l’uso di modalità difensive che possono
condizionare il
tipo di risposta.
Aspetti psicologici dell’urgenza
Tali modalità difensive possono includere reazioni di
rifiuto ed espulsione, reazioni di negazione, reazioni di
controllo e di stanziamento, reazioni fusionali e
riparative, reazioni di empatia e contenimento.
È frequente che, a fronte di spinte così forti ad intervenire da
parte del paziente stesso, dei familiari, degli operatori
sociali,
delle forze dell’ordine, dei colleghi medici o anche degli stessi
psichiatri, l’operatore si senta costretto ad agire
e subito,
spesso con un ricovero o con farmaci, senza dare un primo
contenimento mentale alle angosce del paziente.
È importante una presa in carico immediata del
problema ed una risposta in termini di presenza e
sostegno a chi fa la richiesta, potendo rimandare
anche
ad un secondo tempo ulteriori misure
terapeutiche.
Aspetti psicologici dell’urgenza
Prima di agire non è sbagliato pensare,
anche e soprattutto in urgenza/emergenza.
In alcuni casi l’azione terapeutica più efficace
può essere l’attesa.
È ovvio, naturalmente, che ci sono delle situazioni in cui
è impossibile rimandare un intervento come nel caso delle
grosse crisi di agitazione psicomotoria, nel caso di suicidio,
di grave violenza su persone e cose e/o di sperpero di beni.
In questi casi il contenimento e l’assistenza necessaria al
soggetto è resa possibile solo da una condizione di degenza
ospedaliera.
Se tali misure non vengono accettate dal paziente si deve
procedere al Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).
Approccio al paziente ed ai familiari
La prima fase dell’intervento psichiatrico in
urgenza / emergenza consiste
necessariamente in un tentativo di
drammatizzare la situazione,
trasformandola
da contesto di emergenza in cui è necessario
fornire una risposta immediata e non
dilazionabile,
in un contesto
in cui è possibile
parlare dei problemi,
cercando di capire ciò
che sta succedendo.
Non è possibile seguire in questa prima
fase schemi preordinati.
Approccio al paziente ed ai familiari
E’ importante che ogni operatore abbia consapevolezza
del fatto che tutto ciò che egli farà nel corso di questo primo
contatto segnerà inevitabilmente i suoi successivi rapporti
con il paziente e con i familiari.
E’ utile, perciò:
– evitare inganni o sotterfugi circa il proprio ruolo e le
finalità dell’intervento;
– utilizzare un linguaggio semplice, chiaro, facilmente
accessibile e che non sia ambiguo;
– trasmettere la disponibilità ad ascoltare e capire quanto
sta succedendo;
– tranquillizzare le persone che si sentono minacciate,
spaventate o in colpa;
– allontanare i presenti coinvolti sul piano emotivo,
rimanendo, se opportuno, soli con il paziente;
– evitare ogni collusione con familiari o altri
accompagnatori;
Approccio al paziente ed ai familiari
E’ importante che ogni operatore abbia consapevolezza del
fatto che tutto ciò che egli farà nel corso di questo primo
contatto segnerà inevitabilmente i suoi successivi rapporti
con il paziente e con i familiari.
E’ utile, perciò:
– non assumere atteggiamenti moralistici o punitivi verso il
paziente o i familiari;
– creare un’atmosfera di rispetto per la condizione di
sofferenza del paziente e di partecipazione attenta ai problemi
presentati;
– accettare che sia il paziente a stabilire di cosa parlare,
cercando di portare poi il discorso sulla crisi attuale e
sulle sue eventuali motivazioni;
– evitare commenti diretti sulle “convinzioni” del paziente e
sui suoi comportamenti bizzarri;
– manifestare sicurezza nelle decisioni, pieno controllo
della situazione.
Approccio al paziente ed ai familiari
Di fronte ad un paziente particolarmente agitato o
violento, è importante che l’operatore eviti di mettersi
in situazioni potenzialmente pericolose, di assumere
atteggiamenti eccessivamente direttivi o minacciosi, di
ostacolare la possibilità del paziente di allontanarsi
dalla stanza.
Quando nonostante tutte queste precauzioni il
paziente continui ad essere agitato, l’obiettivo
immediato dovrà essere quello di ricorrere alla
sedazione farmacologica, da attuare, se possibile, in
maniera non drammatica ed evitando la contenzione
fisica.
La necessità di adottare questi provvedimenti
dovrebbe essere spiegata in maniera esplicita e
decisa al paziente e ai suoi familiari.
Definizione del problema
Una volta ridotta la tensione, è necessaria la raccolta delle
informazioni anamnestiche, con particolare attenzione a:
– le condizioni del paziente prima dell’insorgenza della
sintomatologia (pregressi episodi psicopatologici,
personalità premorbosa, adattamento sociale e
lavorativo, sintomi prodromici);
– il ruolo di eventuali fattori stressanti;
– l’uso di farmaci o droghe;
– la concomitanza di specifiche patologie somatiche;
– le modalità di esordio e l’evoluzione delle manifestazioni
cliniche;
– gli interventi terapeutici già attuati (adeguatezza e
specificità dei trattamenti, dosaggi, durata, effetti
collaterali, compliance);
– l’eventuale presenza di malattie psichiatriche o
neurologiche tra i familiari.
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
Quadri di intossicazione da sostanze si
esprimono talora con comportamenti
particolarmente violenti ed aggressivi, per cui il
paziente senza controllo e nel suo stato
confusionale mostra aggressività nei confronti
di cose e di persone, tra cui il medico, di cui
disconosce ogni autorità.
Con particolare frequenza tale
intossicazione è indotta da alcolici.
Spesso, ma non necessariamente, tali
comportamenti sono appannaggio di soggetti
con tratti personologici disfunzionali
prevalentemente antisociali e borderline.
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
L’evoluzione tipica dello stato di intossicazione,
caratterizzato da disinibizione ed euforia, correlata
all’alcolemia del soggetto, può associarsi a perdita di
capacità critica, atteggiamenti aggressivi ed impulsivi
sia auto- che etero-diretti, rischio di incidenti stradali,
infortuni e traumi.
In seguito il soggetto può presentare instabilità affettiva
ed emotiva con oscillazioni dell’umore che può
giungere ad una profonda depressione; in questa fase
non è raro il suicidio.
A rischio di comportamenti aggressivi e minacciosi è il
soggetto che, con atteggiamento smarrito, a volte atterrito,
confuso e diffidente entra nella fase di astinenza, dopo
cessazione (o riduzione) di una abbondante e prolungata
assunzione di alcolici e ancora più nell’evenienza,
nei casi più gravi, di un delirium tremens.
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
Stati di delirium,
condizioni di confusione mentale,
con disturbi formali e di contenuto del pensiero,
spesso con tratti deliranti persecutori,
possono conseguire a:
1. Condizioni mediche quali: intossicazioni, traumi
cranici, lesioni cerebrali focali, episodi convulsivi;
2. Effetti delle sostanze che devono essere
comunque tenuti presenti
nella fase diagnostico-terapeutica.
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
Un comportamento agitato e non
collaborativo può essere evenienza
frequente in emergenza / urgenza.
Nella eterogeneità delle condizioni
psicopatologiche e delle sintomatologie
presentate, diverse entità diagnostiche
possono convergere verso una via finale
comune di lotta e fuga contro una realtà
minacciosa che i soggetti sentono
gravemente porre in pericolo la loro stessa
incolumità.
IL PAZIENTE AGITATO, MINACCIOSO, VIOLENTO
Alcune variabili cliniche possono essere
considerate predittive di comportamenti violenti:
 giovane età,
 sesso maschile,
 basso livello intellettivo, culturale, economico ed
occupazionale,
 ambiente familiare deviante,
 imponenti eventi stressanti,
 una pregressa storia di comportamenti violenti
nell’anamnesi.
Un corretto approccio sanitario all’urgenza /
emergenza può permettere di gestire adeguatamente il
rapporto con un paziente in stato di agitazione
psicomotoria potenzialmente violento e non collaborante.
T.S.O. - TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
IL TRATTAMENTO SANITARIO
OBBLIGATO
In medicina il rapporto tra urgenza,
intervento medico e ricovero ospedaliero
è logico ed accettato, in psichiatria e nella
medicina delle dipendenze la proposta di
ricovero va sempre ponderata,
considerando il carico di valenze negative
che esso può assumere nella storia
individuale del soggetto, ma soprattutto
non sempre viene accettato da paziente.
IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
Nel determinare la necessità di un ricovero in
regime di TSO possono giocare un ruolo di
rilievo diversi fattori sociali oltre alla sola
gravità sintomatologica.
Infatti, è stato osservato che non è la gravità
del quadro psicopatologico la principale
caratteristica del paziente in TSO.
Il fallimento delle capacità di contenimento
del soggetto di un ambiente familiare e/o
microsociale con scarsa accettazione della
disabilità del paziente sembra direttamente
correlato al ricovero coatto.
IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
La legge 180/78 ha prodotto il superamento
della precedente legislazione che si fondava
su di un concetto custodialistico e di
pericolosità del malato di mente.
Tale cambiamento ha permesso di elaborare
un nuovo concetto di ricovero coattocce è
un provvedimento non più difensivo da
parte dell’ambiente, ma uno strumento
terapeutico per il paziente, in situazioni di
urgenza, che non possono essere gestite
diversamente.
IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
All’art. 34 della legge 833/78, che ha recepito la
legge 180/78 viene stabilito che il medico, dopo aver
eseguito ogni tentativo di convincimento del
paziente, può richiedere il ricovero contro la volontà
del malato se sussistono le seguenti tre condizioni:
 l’esistenza di alterazioni psichiche tali da
richiedere urgenti provvedimenti terapeutici;
 la non accettazione di tali provvedimenti da parte
del paziente;
 l’assenza delle condizioni e delle circostanze che
consentono di adottare tempestivamente idonee
misure sanitarie extraospedaliere.
IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
Il provvedimento di TSO viene adottato in base ad una
proposta motivata, di un medico che ha visitato il
paziente (art. 33 della legge 180/78), redatta in triplice
copia (una copia è per il reparto psichiatrico, una copia
è per il Sindaco ed una copia per il Giudice Tutelare).
Si propone il TSO in modo consono all’attuale legislazione e
motivato con chiara descrizione sintomatologica delle
condizioni psicopatologiche del paziente.
Nella compilazione della certificazione è preferibile, non
indicare semplici definizioni diagnostiche, ma offrire notizie
cliniche relative al paziente e la descrizione delle condizioni
del soggetto e delle circostanze rilevate, così da rispettare il
concetto di “proposta motivata” propria della certificazione
stessa.
IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATO
Tali condizioni e circostanze che rendono
necessario il provvedimento costituiscono
una diagnosi di stato che va oltre la
patologia psichica di cui è affetto il paziente
e può essere comune a varie categorie
diagnostiche
dalla schizofrenia, ai disturbi dell’umore,
dalla dipendenza da sostanze
alla sindrome astinenziale da alcool,
ecc.
IL TRATTAMENTO SANITARIO
OBBLIGATO
La proposta di TSO deve essere
convalidata dal medico dell’Unità
Sanitaria Locale (USL) competente per il
territorio (art. 34 della legge 180/78).
In genere è a ciò preposto un medico del
Servizio Psichiatrico o della Direzione
Sanitaria dell’ospedale ove si trova il
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura
(SPDC) competente.
Il provvedimento di TSO viene disposto
dal Sindaco in qualità di
autorità sanitaria locale (art. 35).
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
La crisi è ...« uno stato che si verifica quando una
persona si trova a fronteggiare un ostacolo che le
impedisce il raggiungimento di importanti obiettivi vitali;
questo è, per un certo lasso di tempo, insormontabile
tramite l’utilizzazione di metodi
abituali di risoluzione di problemi.
Ne consegue un periodo di disorganizzazione, un
periodo di sconvolgimento, durante il quale vengono fatti
molti tentativi verso la risoluzione del problema, che
però abortiscono.
Alla fine viene raggiunta una qualche forma di
adattamento, che può rivelarsi o meno come la
soluzione più utile per la persona e per chi le sta vicino »
Caplan, 1961
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
La crisi, in questa prospettiva, innesca un processo
suddivisibile in quattro fasi identificabili:
1. iniziale ascesa della tensione connessa con la messa in atto
degli abituali meccanismi di risoluzione dei problemi;
2. il fallimento di queste strategie comporta un aumento della
tensione, tale per cui l’individuo ne risulta sconvolto ed
incapace di agire;
3. vengono tentate nuove strategie. Possono essere presi in
considerazione aspetti del problema prima trascurati ed
utilizzati strumenti già sperimentati in passato.
La persona può anche rassegnarsi e rinunciare alla
soddisfazione del bisogno;
4. il fallimento di ogni tentativo porta ad un ulteriore aumento
della tensione ma, dopo un periodo di circa 4-6 settimane, la
crisi tende spontaneamente a concludersi, ed una risposta,
qualunque essa sia, viene trovata.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
All’interno del modello teorico di Caplan trova ampio
spazio una vera e propria teoria sulla crisi, che si fonda
sul concetto di omeostasi emozionale, secondo il quale
l’individuo deve continuamente fronteggiare situazioni
che minacciano di sconvolgere il modello stabilizzato ed
equilibrato del suo funzionamento emozionale.
Solitamente queste minacce durano poco e la situazione
viene affrontata con gli abituali mezzi di risoluzione dei
problemi della vita.
Durante il periodo precedente l’acquisizione di una
strategia di fronteggiamento le persone sperimentano
uno stato di tensione che è generalmente sopportabile
perché il periodo è breve e le persone sanno, dalle loro
precedenti esperienze, che la risoluzione è vicina.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Caplan in tal modo:
 enfatizza la possibilità di trattare gli
episodi psichiatrici acuti;
 sviluppa e concettualizza una concezione
interpersonale della psichiatria;
 valorizza gli aspetti intrapsichici delle
reazioni agli eventi.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Principi di Bellak e Small (1965)
per l’intervento di crisi:
1. Presa di contatto con la realtà,
intellettualizzazione e percezione cognitiva
appropriata alla situazione critica;
2. Counseling e guida nell’orientare
il comportamento e nel trovare strade alternative;
3. Repressione e maggior controllo sulle pulsioni;
4. Sostegno (riduzione dell’ansietà mediante
gratificazione del bisogno di dipendenza,
ascolto, rassicurazione diretta,
supporto alle difese nevrotiche);
5. Interpretazioni;
6. Catarsi.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Bancroft (1984), partendo dalla teoria
dell’apprendimento di Lazarus, ha definito
quattro modelli di comportamento
di fronte ad una situazione critica:
1. il problem solving, comportamento maturo
ed adattativo;
2. la regressione, intesa come il ricorso a
comportamenti appresi in fasi precedenti
dello sviluppo;
3. la negazione;
4. l’inerzia, che si osserva quando l’individuo
non ritiene possibile alcuna soluzione
utile od efficace.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Principi di Bancroft (1979)
per l’intervento di crisi:
1. Facilitare l’espressione dei
sentimenti;
2. Facilitare la comunicazione;
3. Facilitare la comprensione
intellettuale;
4. Dimostrare sollecitudine ed empatia;
5. Facilitare il problem solving.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Principi di Flegenheimer (1978)
per l’intervento di crisi:
1. Facilitare la comprensione intellettuale
degli elementi di realtà;
2. Accettare i bisogni di dipendenza e la posizione
regressiva del paziente;
3. Incoraggiare l’espressione delle emozioni;
4. Aiutare nella ricerca di nuove difese e strategie;
5. Manifestare empatia nei confronti dei
bisogni attuali del paziente;
6. Interpretare esclusivamente, qualora necessario,
i meccanismi di difesa maladattativi e dannosi.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
Si può quindi osservare che, nei contributi di diversi
Autori, la conduzione dell’intervento di crisi si ispira
ad alcuni principi largamente condivisi:
 è prontamente utilizzabile e breve;
 è focalizzato sul problema attuale;
 mira a favorire la comprensione intellettuale degli
elementi che hanno determinato la crisi;
 mira a favorire l’espressione dei sentimenti;
mira a favorire un miglior controllo sulla situazione.
L’atteggiamento del terapeuta è realistico (uso di un
contratto terapeutico su obiettivi ragionevolmente
raggiungibili), “supportivo” e mira ad instaurare una
relazione significativa con il paziente,
che possa essere esperita da questi
come una relazione di aiuto.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
L’intervento di crisi non si pone l’obiettivo:
- di modificare dei tratti stabili della personalità
- di risolvere situazioni conflittuali strutturate.
L’obiettivo è quello di aiutare la persona a
superare la crisi evitando i rischi immediati:
- sintomi psicopatologici,
- condotte autolesive,
- agiti distruttivi verso le relazioni significative,
permettendo che il paziente compia
un’esperienza soggettiva,
in cui è stato possibile tollerare ed integrare
un dolore mentale.
LA CRISI COME RISORSA TERAPEUTICA
L’intervento di crisi si connota come un trattamento di
“psicoterapia breve di sostegno”, che si presenta come
uno strumento di lavoro duttile ed elastico in cui vengono
utilizzati prevalentemente fattori terapeutici di sostegno.
Tra i fattori utilizzati, oltre a quelli di tipo cognitivo,
occupa una posizione preminente l’uso finalizzato e
controllato della relazione terapeuta-paziente.
L’intervento di crisi va utilizzato in tutte quelle situazioni
in cui nasce una richiesta di aiuto.
La richiesta stessa può essere ridefinita con il paziente
proprio attraverso l’interazione che questo tipo di
intervento consente di instaurare.
L’obiettivo, che a volte può rivelarsi ambizioso, è di
trasformare tale richiesta di aiuto in una domanda
di ascolto e comprensione.
Grazie per l’attenzione !
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