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Sociologia economica - Facoltà di Scienze Politiche

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Sociologia economica - Facoltà di Scienze Politiche
Sociologia economica
PARADIGMA DELL’ECONOMIA:
• Azione economica
• ALLOCAZIONE RAZIONALE DI
RISORSE SCARSE
• PERSEGUIMENTO RAZIONALE DI
FINI
INDIVIDUALI (ATOMISMO)
• MOTIVAZIONI UTILITARISTICHE
• PREFERENZE DATE
• Regole
• MERCATI DI TIPO CONCORRENZIALE
• MOLTI VENDITORI E COMPRATORI
• MOBILITA’ DEI FATTORI
• PIENA INFORMAZIONE CIRCA LE
OPPORTUNITA’ OFFERTE DAL
MERCATO
• LO STATO IN FUNZIONE SOLO DI
TUTELA DEI CONTRATTI E
DELL’ORDINE
• Metodo
• DEDUTTIVO-ANALITICO
* SI VALUTANO LE CONSEGUENZE
DELL’AZIONE DEGLI ATTORI
SOCIALI, PRESUPPONENDO
PREFERENZE E REGOLE DATE
* SI MIRA A COSTRUIRE AMPIE
GENERALIZZAZIONI
RITENENDOLE APPLICABILI A
CONTESTI GEOGRAFICAMENTE E
STORICAMENTE DIVERSI
Paradigma della Sociologia
• Azione economica
• ATTIVITA’ VOLTA ALLA RICERCA DI
MEZZI DI SUSSISTENZA
• MOTIVAZIONI UTILITARISTICHE E
NON UTILITARISTICHE
• L’AZIONE ECONOMICA E’ SEMPRE
AZIONE SOCIALE INFLUENZATA
DALLE ISTITUZIONI
REGOLE
• L’AZIONE ECONOMICA RISPONDE AD
UNA PLURALITA’ DI PRINCIPI E FORME
DI REGOLAZIONE:
- MERCATO
- ISTITUZIONI SOCIALI FONDATE SU
OBBLIGAZIONI SOCIALI E SENSO DI
APPARTENENZA (RECIPROCITA’)
- ISTITUZIONI POLITICHE BASATE SU
SANZIONI DI TIPO AUTORITAIVO
(REDISTRIBUZIONE)
METODO DI INDAGINE
• METODO INDUTTIVO:
* INDAGINI STORICO-EMPIRICHE E
COMPARATIVE
* GENERALIZZAZIONI LIMITATE
NELLO SPAZIO E NEL TEMPO
IL MERCATO: L’APPROCCIO
ECONOMICO
- IL MERCATO SI AFFERMA GRAZIE
ALLA SUA EFFICIENZA (CAPACITA’
DI UTILIZZARE AL MEGLIO I
FATTORI DI PRODUZIONE E DI
SODDISFARE I BISOGNI DEGLI
INDIVIDUI).
- L’EFFICIENZA PRODUCE
LEGITTIMAZIONE
• Ma :
• Carenza di trasparenza
• Scarsa affidabilità
• tendenze a limitare la concorrenza
• disuguaglianze
• limiti alla libertà di competere
• scarsa propensione alla produzione di
beni pubblici
• da qui la tendenza alla:
– limitazione all’efficienza
– carenza di legittimazione
– Quindi:
– Il mercato con il suo funzionamento crea
le condizioni per la sua legittimazione ma
anche per la sua delegittimazione
IL MERCATO COME COSTRUZIONE
SOCIALE
* La legittimazione è requisito essenziale
per l’affermarsi del mercato. Essa
scaturisce da:
• misure politiche che favoriscono
l’accumulazione del capitale e la sua
circolazione
• culture che alimentano e legittimano
l’orientamento alla competizione e al
profitto
La legittimazione del mercato
• Il mercato va legittimato con vincoli che lo
•
•
•
•
condizionano favorevolmente
politiche che generano fiducia con rapporti
interpersonali (istituzioni comunitarie)
politiche che generano fiducia in modo
impersonale (stato)
Con misure di riequilibrio
Con
politiche
che
alimentano
l’imprenditorialità e l’efficienza
IL CONSUMO
• TEORIA NEO-CLASSICA
• SODDISFAZIONE DEI BISOGNI ORDINATA
•
SECONDO UNA GERARCHIA BASATA SU
PREFERENZE DATE:
IL CONSUMATORE BEN INFORMATO E
RAZIONALE COMPRERA’ FINCHE’ IL
PREZZO NON EGUAGLIA LA SUA LA SUA
UTILITA’ MARGINALE
• APPROCCIO SOCIOLOGICO
• FA RIFERIMENTO AI CARATTERI
CONCRETI CHE VIENE AD ASSUMERE
IL COMPORTAMENTO DEI
CONSUMATORI
• SCARSA TRASPARENZA DEL
MERCATO/ INFORMAZIONE
PILOTATA DALLA PUBBLICITA’
• FATTORI SOCIO-CULTURALI
INFLUENZANO LE PREFERENZE E IL
MODO DI PERSEGUIRLE
• I BENI NON HANNO UTILITA’ PER I
SINGOLI SOGGETTI MA SONO
DESIDERATI E CONSUMATI A
SECONDA DEL LORO VALORE
SIMBOLICO (SIMMEL).
• ATTRAVERSO IL CONSUMO DI BENI
GLI INDIVIDUI SODDISFANO IN
REALTA’ ILORO BISOGNI DI:
• * APPARTENENZA
• * DISTINZIONE
• EROSIONE DELLE ISTITUZIONI
TRADIZIONALI DI APPARTENENZA
CHE FORNIVANO IDENTITA’ AI
SINGOLI E SERVIVANO AD
INTEGRARLI NELLA SOCIETA’
• - IL POSTO DEGLI INDIVIDUI
DIVENTA PIU’ INCERTO, MENO
LEGATO A FORME DI
RICONOSCIMENTO CONSOLIDATE
• IL CONSUMO DIVENTA UN MODO PER
FARSI RICONOSCERE, PER ACQUISIRE
IDENTITA’ E PRESTIGIO
• WEBER: STILE DI CONSUMO COME
INDICATORE DI STATUS
• VEBLEN: CONSUMO VISTOSO COME
COMPETIZIONE PER LO STAUS SOCIALE
• I BENI VISTOSI SONO DESIDERATI PER LA
LORO CAPACITA’ DI COMPETIZIONE E
CIO’ GENERA SPRECO DI RISORSE
PRODUTTIVE
Dall’economia alla sociologia
Dopo Smith
• Da una parte, l’analisi economica si
consolida, dando luogo alla svolta
economicista
• Dall’altra, una valutazione più pessimistica
sulla possibilità di crescita della ricchezza e
di diffusione del benessere si contrappone
all’ottimismo di Smith (la scienza triste:
Malthus e Ricardo)
• Contro tali tendenze si dirigeranno le
critiche dello storicismo tedesco e del
marxismo, tese a contrastare il tentativo di
separare radicalmente economia e società,
un
orientamento
che
prevale
nell’economia neoclassica
•
•
•
•
Nell’ambito del pensiero economico si può
individuare un filone istituzionalista (che
guarda alla influenza di norme e valori sul
comportamento umano) che va da Adamo Smith
a Marshall (1842-1924)
Marshall infatti:
Intende studiare equilibri parziali e non
l’equilibrio economico generale
Si interroga sull’emergere dei bisogni sociali
considerandoli effetto e causa delle attività
economiche
Lega la dinamica della domanda, dell’offerta di
lavoro e degli investimenti al diffondersi di
culture che li sostengano
Modo di pensare sociologico
XVIII-XIX secolo
• Il comportamento individuale e le strutture
stabili a cui esso dà luogo non sono spiegabili
con riferimenti religiosi o politici, né con
automatismi economici, ma con riferimenti
sociali, cioè con norme di comportamento che
derivano dall’azione umana, ma che a loro volta
tendono ad influenzarla.
Spencer e Comte
• La sociologia come disciplina che
intende studiare l’agire sociale
applicando il metodo delle scienze
naturali
• Doppia tendenza:
• Studio empirico della società
• Pretesa di individuare leggi generali di
spiegazione dell’agire sociale
• L’azione sociale è influenzata dalle
esigenze funzionali della società
(principio di sopravvivenza del più
adatto)
• La società viene paragonata ad
un organismo costituito da parti
interdipendenti
Lo storicismo tedesco
• Necessità di studiare empiricamente i
fenomeni sociali
• Influenza dell’idealismo nell’ipotizzare il
ruolo dei valori dello spirito nella
spiegazione dell’evoluzione storica
La sociologia
• Con Sombart e Weber acquista un suo statuto
•
•
teorico e metodologico
L’uomo è un essere libero e consapevole che
forgia le istituzioni sociali e le modifica . Queste,
quindi, non sono analizzabili come leggi generali
La possibilità di capire si basa non su spiegazioni
causali, ma sulla possibilità di comprendere un
determinato contesto storico con la motivazione
all’azione dei soggetti
Necessità di generalizzazioni per comprendere:
• Motivazioni dei soggetti
• Regolarità dei comportamenti
• Approccio non nomotetico (formulazione di
leggi)
• Approccio idiografico che ipotizza la spiegazione
di fenomeni storici particolari
Es. il complesso di condizioni culturali e
istituzionali legati alle origini del capitalismo
occidentale
Come è possibile studiare i fenomeni sociali
nella loro individualità storica?
Che si faccia riferimento alle motivazioni
dei soggetti agenti (a differenza dei fenomeni
naturali queste sono mutevoli)
Che
si studino le uniformità di
comportamento derivanti da motivazioni
simili (infatti è possibile individuare delle uniformità di
motivazioni e comportamenti)
Comprensione e causalità
La comprensione non è alternativa rispetto alla
spiegazione causale e alla verifica empirica, ma
anzi deve essere coniugata con esse
Ogni conoscenza implica sempre un punto di
vista che permette di selezionare i fenomeni e
metterli in ordine tra loro (relazione ai valori, che
permette di formulare ipotesi e rapporti causali), ma è la
verifica empirica che garantisce dall’interno la
validità intersoggettiva della spiegazione
La sociologia comprendente
• La sociologia comprendente
mira
ricostruire il senso soggettivo, cioè
motivazioni che spingono gli attori
comportarsi in un certo modo sulla base
aspettative
condivise
relative
comportamento altrui
a
le
a
di
al
Il ruolo della teoria
• Gli schemi teorici nascono dalle conoscenze
•
storico-empiriche,
ma
contribuiscono
ad
orientarle in una interazione comune.
La teoria sociologica studia i tipi di agire sociale,
vale a dire le regolarità di comportamento
socialmente determinate, prodotte dal fatto che
l’azione
individuale
tiene
conto
del
comportamento di altri individui con cui si
interagisce e delle loro reazioni
L’agire si concretizza in relazioni sociali più o meno
prevedibili. Esse possono essere fondate su:
Usi (moda) e costumi (consuetudini)
Interessi (rapporti di mercato)
Convenzioni (es. rapporti familiari)
Ordinamenti giuridici
Le relazioni possono essere:
consensuali (appartenenza)
Associative (identità di interessi)
Conflittuali (concorrenza, conflitto politico)
Tipi di motivazioni
Razionale rispetto allo scopo (massimizzazione
dell’utile)
Razionale rispetto al valore (credenze, principi
etici)
Affettive (legami familiari)
Trdizionali (adesione ad abitudini acquisite)
In concreto spesso ci si trova davanti a
motivazioni diverse
Tipi ideali
Sono desunti dalla realtà empirica, ma non vi
corrispondono, sono costruzioni analitiche che
servono al ricercatore per mettere in evidenza
uniformità e nessi causali:
Tipi astratti, relativi alle determinanti dell’azione
sociale
Tipi volti alla ricostruzione di fenomeni storici
(capitalismo, feudalesimo)
Tipi specifici (chiesa, stato, famiglia, ecc)
Max Weber (1864-1920)
• Interesse fondamentale: guardare al complesso
•
di condizioni culturali e istituzionali legati alle
origini del capitalismo occidentale (osservazione
delle differenze di sviluppo tra Germania
dell’Ovest e del sud e quella dell’est)
L’interesse per le motivazioni degli attori è
l’apporto
metodologico
fondamentale
in
polemica con lo storicismo, con la sociologia
positivista e con Marx
Due posizioni
Per vedere le differenze di sviluppo
occorre vedere le differenze di risorse
naturali o di capitale disponibile, trattando
come scontata e invariante l’attitudine
imprenditoriale ovvero la capacità dei
soggetti di combinare le risorse
L’attività imprenditoriale non è considerata
una costante, ma una variabile che
dipende dal contesto istituzionale in cui i
soggetti sono inseriti
• Come si formano gli orientamenti culturali
favorevoli alla crescita imprenditoriale?
- Influenza della religione protestante e
della diffusione di un’etica economica che
alimenta lo spirito del capitalismo (Etica
protestante e lo spirito del capitalismo
1904-05)
- Ruolo delle città e dei gruppi sociali in essa
presenti (Storia economica)
Lo spirito del capitalismo
• non si identifica con l’impulso acquisitivo
• È diverso dall’orientamento economico
tradizionalistico in cui:
- Il profitto non è eticamente giustificato
- L’acquisitività si manifesta nel commercio,
nella guerra, nel capitalismo predatorio o
d’avventura, ma non nella produzione
- L’orientamento può perdurare anche i
periodo capitalistico
Lo spirito del capitalismo
• La ricerca del profitto non solo giustificata,
ma eticamente fondata (il lavoro come
professione, condanna del godimento
spensierato,
orientamento
al
reinvestimento)
• Penetrazione progressiva della ricerca del
profitto, basata sul calcolo razionale del
rendimento del capitale nella sfera della
produzione
Il nuovo imprenditore
• Qualità etiche
• Qualità personali
• Orientamento all’innovazione
Come si è formato questo spirito?
• Conseguenza
inintenzionale
dell’etica
economica
del
protestantesimo,
soprattutto nella sua variante calvinista
• La predestinazione e la negazione di
valore ai mezzi sacramentali genera
disincantamento, solitudine, individualismo
nella ricerca della salvezza
• La ricerca del profitto come dovere etico
• La formazione del capitale attraverso la
costrizione ascetica al risparmio
• Il consolidamento dello spirito del
capitalismo
funge
da
stimolo
all’utilitarismo,
all’individualismo
di
mercato (ma può contraddire l’ideale
ascetico del lavoro)
Le cause dello sviluppo del
capitalismo
• Lo spirito del capitalismo condizione
necessaria ma non sufficiente
• Infatti il capitalismo moderno è una forma
di organizzazione economica che consente
il soddisfacimento dei bisogni attraverso
imprese private che producono beni per il
mercato sulla base di un calcolo di
redditività del capitale da investire
Presupposti del capitalismo
moderno
• Libertà di mercato (riguardo al consumo e ai
•
•
•
•
fattori di produzione)
L’esistenza di una forza lavoro libera
Disponibilità di una tecnologia meccanica che
consente il calcolo dei costi
Collegamento più razionale tra risparmio e
investimento (azioni, titoli di credito)
Ordinamento giuridico che renda prevedibili i
rapporti tra privati e tra questi e la PA
Perché i caratteri del capitalismo
moderno si sono affermati in
occidente?
• Fattori complementari (non specifici).
- Le vicende belliche
- le conquiste coloniali, l’afflusso di metalli
preziosi
- la domanda di beni di lusso delle corti
- le condizioni geografiche favorevoli
Fattori essenziali e specifici
dell’occidente
- L’etica economica di origine religiosa
- La città occidentale
- Lo stato razionale
- La scienza razionale
L’etica economica di origine
religiosa
Demagizzazione (separazione del mondo
naturale dal mondo soprannaturale,
riduzione dell’influenza della magia)
Religioni universali (tendono al monopolio
del rapporto della divinità, vale a dire
pretesa di validità e solidarietà ampia,
superamento del dualismo etico)
• Le religioni profetiche sono di due tipi
- Esemplari
- Etiche
- Il calvinismo. Ascesi intramondana per
realizzare i precetti religiosi
La città occidentale
• Nel medioevo la città diventa comunità
politica autonoma che doveva trovare i
mezzi di sussistenza
• Status giuridico libero dei cittadini
• Difesa militare con coinvolgimento di tutti
• Nascita dei mercanti imprenditori
Lo stato razionale
• Il diritto razionale si afferma solo in
Occidente dove lo stato svolge due
funzioni
(stato
razionale
e
non
patrimoniale)
- Si fonda su un ordinamento giuridico che
regola le modalità di accesso al potere
politico e al suo esercizio
- Si avvale di un corpo di funzionari
specializzati e regolati da leggi di
reclutamento
- Avoca a sé il monopolio della violenza
Rischi per il capitalismo
• Pericolo di capitalismo politico tradizionale
• Controllo burocratico sulla società
La scienza razionale
• Orientamento a studiare la realtà con
metodo
scientifico
(verificabilità,
generalizzazione,
presupposti
teorici,
metodo conseguente, obiettivi)
Durkheim
(1858-1917)
• Influenza del positivismo
• Porre le basi di una scienza della morale
• Il problema dell’ordine sociale
- La scienza positiva della morale in
Germania (1887)
- La divisione sociale del lavoro (1893)
- Le regole del metodo sociologico (1895)
• CRITICA DELL’INDIVIDUALISMO UTILITARISTICO
• il
comportamento degli individui è
influenzato da regole e norme morali che
mutano nel tempo, ma che rispondono a
delle leggi (il suo obiettivo, influenzato dal
positivismo, è costruire una scienza della
morale). Le istituzioni non sono il frutto di
un
accordo
tra
individui
guidati
dall’interesse individuale, ma hanno una
natura non contrattuale, sono esse che
influenzano il comportamento utilitaristico
degli individui.
• Anche
una società basata su
un’elevata differenziazione sociale
non può prescindere da regole morali
condivise
• l’individualismo utilitaristico non è un
a priori, ma un prodotto della
divisione del lavoro
• la divisione del lavoro non si sviluppa
per cause individuali e psicologiche,
ma
per
ragioni
riconducibili
all’influenza dell’ambiente sociale
(crescita della popolazione, degli
scambi, della quantità e qualità dei
rapporti sociali). E’ dovuta alla
pressione
della
società
sugli
individui.
• La
società
capitalistica
è
caratterizzata da regole meno rigide
e più snelle che lasciano più libertà
agli individui, ma presuppone sempre
l’esistenza
di
una
solidarietà
(organica e non più meccanica). Il
diritto
da
repressivo
diventa
restituivo.
• L’efficacia dei contratti dipende sia
dalle norme giuridiche, sia dai
costumi e dalle norme morali. Per
l’ordine sociale occorre mettere un
freno all’interesse individuale
• la felicità non è data dal
perseguimento individualistico del
proprio utile, ma dall’equilibrio tra
bisogni e mezzi per soddisfarli
CHE COSA SONO LE
ISTITUZIONI
• frutto dell’interazione degli individui
per
rispondere
a
determinati
problemi della vita collettiva
• il precipitato di ideali che si formano
in
momenti
di
particolare
effervescenza storica che inducono
gli uomini a superare gli interessi
individuali e a sviluppare un’identità
collettiva
• Le istituzioni una volta affermatesi
assumono autonomia e carattere
costrittivo
• rendono possibile il perseguimento
dei propri interessi perché aiutano a
definirli e a percepirli e a limitare i
conflitti
IL PROBLEMA DELL’ORDINE SOCIALE E
DELLE CONSEGUENZE NEGATIVE DEL
CAPITALISMO
• La divisione del lavoro crea tensioni e
conflitti in due modi:
• quando tende a crescere più
rapidamente
rispetto alle regole
istituzionali (anomia o carenza di
norme)
• quando le regole sono inadeguate
rispetto
ai
problemi
(divisione
coercitiva)
ANOMIA
• Due manifestazioni:
1) crisi economiche: sfasamento tra
produzione e consumo, tra domanda e
offerta.
Il
mercato
tende
molto
faticosamente all’equilibrio.
2) Rapporti capitale-lavoro (mancanza di
normazione giuridica del rapporto di
lavoro)
• assenza di tutela dei lavoratori
• alienazione dovuta alla parcellizzazione
dei compiti.
• Tutto ciò entra in contrasto con
gli ideali di autorealizzazione e
acquisitività che sono alla base
della coscienza collettiva della
società moderna e produce
conflitti
LA DIVISIONE COERCITIVA
INADEGUATEZZA DELLE REGOLE
a) rispetto all’assegnazione degli
individui ai compiti specializzati
b)
rispetto
all’attribuzione
delle
ricompense per tali compiti
 l’assegnazione degli individui ai compiti
•
•
specializzati
la società differenziata legittima le
aspirazioni al perfezionamento e alla
realizzazione individuale, prescrive che
ognuno sia assegnato alla funzione che
egli può adempiere al meglio. Ma
esistono norme scritte e non scritte che
limitano la piena attuazione di questi
principi, assegnando un ruolo preminente
a condizioni ascrittive (razza, sesso,
diritto ereditario)
Occorre rimuovere le regole che limitano
la libera competizione degli individui
partendo da una base di parità (problema
competizione ed equità)
 l’attribuzione delle ricompense per
tali compiti
• Le ricompense per i compiti svolti
dovrebbero dipendere dall’utilità
sociale della funzione svolta
• In realtà anche quando gli scambi
assumono la forma di contratti
liberamente scelti possono
nascondere asimmetrie di potere
• Necessità di determinare le funzioni
morali dello scambio, di introdurre
un’equità nei rapporti sociali
CRISI DEL CAPITALISMO,
CORPORAZIONI E SOCIALISMO
• Obiettivo:
• limitare il ruolo del mercato
• intervenire a ristabilire condizioni di
equità
• accrescere l’adesione degli individui
ad una società fondata sul merito
Passaggio dal capitalismo concorrenziale al
capitalismo regolato dagli interessi
organizzati
le corporazioni come gruppi intermedi
(lavoratori e datori di lavoro) ma a
carattere obbligatorio, nazionale,
affiancate da tribunali congiunti, con
l’obiettivo di stimolare la formazione di
legami morali e promuovere l’equità.
Funzioni complesse: economiche,
assistenziali, formative, ricreative
Implicazioni autoritarie: divaricazione dal
corporativismo autoritario e
corporativismo societario
Joseph Shumpeter
1883-1950
• Metodologicamente si sottrae alla critica radicale
•
•
dell’economia neoclassica poiché sostiene che
occorre distinguere tra teoria economica, storia
economica e sociologia economica.
Ciascuna di queste prospettive ha una sua
legittimità
L’economista, tuttavia non può precindere dalla
conoscnza delle altre discipline, compresa la
statistica
• L’analisi economica tratta dei problemi
relativi a come si comportano le persono
in un certo tempo e quali effetti economici
producono
• La sociologia economica studia come le
persone giungono a comportarsi in un
certo modo
La Teoria dello sviluppo economico
(1912)
• La prospettiva economica tradizionale non
è in grado di spiegare la discontinuità, la
rivoluzione produttiva
• Non si tratta di combinare al meglio le
risorse, ma di combinarle in modo diverso
La crescita è un fenomeno graduale, fatto
di continui aggiustamenti
Lo sviluppo implica discontinuità, non una
graduale evoluzione
La novità può riguardare:
Creazione di nuovi prodotti
Nuovi modi di produzione
Apertura di mercati
Scoperta di nuove fonti di
approvvigionamento
Riorganizzazione industriale (es.
monopolio)
L’imprenditore
• Realizza un’innovazione in una o più
dimensioni
• Occorre distinguer tra attività di gestione o
management e attività innovative
• L’imprenditore può quindi essere
• Il classico uomo di affari o il manager
• Non è necesario che abbia con l’impresa
un rapporto continuativo
• Non appartiene ad una specifica classe
sociale e può non disporre di capitali
propri
• L’imprenditore innovatore deve possedere
qualità speciali che non sono diffuse tra
tutti i membri della società e non sono
riconducibili al mero calcolo razionale, ma
a caratteristiche psicologiche e
personologiche, che tuttavia si sviluppano
in ambiente sociale favorevole:
• Intuizione
• Chiarezza di visione
• Competenza
• determinazione
Ostacoli all’innovazione
• Carenza di informazioni
• Condizioni di incertezza per la novità non
sperimentata
• Resistenze interiori al soggetto
• Resistenze
dell’ambiente
sociale
(impedimenti
giuridici
e
politici,
disapprovazione sociale, difficoltà a
trovare
cooperazione,
difficoltà
di
convincere i consumatori)
Tipi di imprenditore e fasi storiche
quattro tipi di imprenditore
Fase
iniziale
(economia
di
mercato
concorrenziale): padrone di fabbrica che
assomma compiti amministrativi, tecnici e
burocatici insieme
Fase più evoluta (separazione proprietà e
gestione)
- Capitano di industria che controlla il capitale
azionario
- Manager di formazione tecnica, innovatore di
professione
- Imprenditore puro, fondatore di imprese con cui
intrattiene rapporti temporanei
Capitalismo, socialismo e democrazia (1942)
 Dal punto di vista economico il capitalismo potrebbe
sopravvivere, sono i cambiamenti culturali e istituzionali
che generano il declino del capitalismo
 La crisi del ’29 non fu una crisi di stampo tipicamente
“liberale”, ma fu aggravata dall’adozione di misure
vincolistiche
- Crisi agraria, per sfasamento tra aumento della
produttività e le politiche doganali
- Deflazione per politiche monetarie e ripristino del
sistema aureo
- Pagamenti di guerra
- Livello troppo alto dei salari
Le politiche di pressione fiscale e di
protezione del lavoro frenano gli
investimenti e l’occupazione e sono un
rimedio peggiore del male
In realtà il capitalismo genera nel suo
sviluppo un’atmosfera ostile e, quindi, la
crisi ha cause culturali e sociali
Tre ambiti di crisi
indebolimento della borghesia
Cambiamenti relativi alla stratificazione
sociale
Politiche anticapitalistiche
Indebolimento della borghesia:
- Indebolimento
della
funzione
(burocratizzazione,
automatismi
imprenditoriale
spersonalizzazione,
nell’innovazione)
- Prevalenza di rentier, amministratori di
possessi ereditati
- Indebolimento della famiglia borghese
(calo della fecondità, dell’acquisitività,
della progettualità)
Cambiamenti relativi alla stratificazione sociale e
-
-
-
ai rapporti con la politica
l’aristocrazia era sopravvissuta alla distruzione
del feudalesimo, assumendo un ruolo essenziale
di sostegno alla borghesia. La sua erosione
sottrae alla borghesia una risorsa di
legittimazione
La concentrazione della struttura produttiva
provoca la crisi della piccola imprenditoria
agricola, industriale e commerciale, che erano i
principali alleati della borghesia
La crescita dei manager e degli amministratori
amplia lo strato di chi non ha diretti interessi
nell’impresa
- Crescono i gruppi interessati a fomentare e
organizzare il risentimento nei confronti della
borghesia, vale a dire gli intellettuali critici del
capitalismo (giornalisti, professionisti, leaders
politici), che costruiscono il loro status sul ruolo
di outsiders
Discrasia tra crescita dei livelli di istruzione e le
aspettative sociali e le concrete chances di
reddito e occupazione. Opportunità di voice data
dalla libertà di espressione.
politiche anticapitalistiche:
misure legislative
e amministrative che estendono il ruolo dello
stato e della contrattazione collettiva
- Politiche a sostegno della domanda
- Strumenti regolativi per le imprese
(antitrust)
- Legislazione assistenziale sul lavoro
crisi del capitalismo del laissez faire
avvento del socialismo e non del
riformismo
laburista
Karl Polanyi
(1886-1964)
-
La grande trasformazione
Traffici e mercati negli antichi imperi
Economie primitive, arcaiche e moderne
La sussustenza dell’uomo
L’economia come processo istituzionalizzato
L’economia dell’uomo è di regola sommersa nei
suoi rapporti sociali
Non esiste l’economia, ma tipi di economie e
sistemi economici, che fanno riferimento ai
diversi modi in cui il processo economico è stato
istituzionalizzato
L’uomo per sopravvivere dipende dall’interazione
istituzionalizzata fra se stesso e il suo ambiente
naturale (significato sostanziale di economia),
che può assumere forme diverse (forme di
integrazione)
Le forme di integrazione dell’economia
modalità di organizzazione delle attività economiche
e rapporti con le altre sfere della vita sociale
Reciprocità
- produzione e scambio di beni sulla base di
-
aspettative di ricevere altri beni e servizi
secondo modalità e tempi fissati da norme
sociali condivise
simmetria
prevalenza istituzioni familiari e comunitarie,
motivazioni non utilitaristiche
società primitive, famiglia, comunità
Redistribuzione (grandi imperi dell’antichità,
feudalesimo, welfare state)
- Produzione e distribuzione sulla base di principi
autoritativi
- Asimmetria
- Rilevanza istituzioni politiche
Scambio di mercato (società di mercato
autoregolato XIX secolo)
- Proprietà privata dei mezzi di produzione
- Lavoro salariato
- Commercializzazione di tutti i fattori produttivi
- L’economia si svincola dalla società
Come nasce la società di mercato autoregolato
tutta la produzione è in vendita e tutti i redditi derivano da queste vendite
l’invenzione e realizzazione di macchinari
complessi e costosi che hanno bisogno di
molti input e mercati ampi
L’emergere della figura dell’imprenditore
capitalista (dai vecchi mercanti)
Creazione di un mercato della terra
Creazione di un mercato del lavoro
Creazione di un mercato della moneta
Rilevanza degli interventi politici
Le conseguenze sociali del mercato autoregolato
terra, moneta e lavoro sono merci fittizie
La mercificazione del lavoro porta alla
distruzione delle forme di protezione
tradizionale e alla miseria moderna
La mercificazione della terra porta alla
distruzione della società rurale e
dell’ambiente (concorrenza internazionale)
La mercificazione della moneta porta a
crisi di liquidità interna e deflazione
L’autodifesa della società
(il doppio movimento)
Conflitti di lavoro, leggi protettive del
lavoro
Protezionismo agrario (tariffe doganali,
sostegno all’agricoltura)
Sistemi di controllo del credito (banche
centrali)
I vincoli al mercato
Riduzione della flessibilità del lavoro
Restringimento del commercio
internazionale
Politiche coloniali
Indebitamento
crisi economiche e politiche
Soluzioni possibili
non contraddittorietà tra mercato e forme
di programmazione economica
Combattere contro le “cattive libertà”
(sfruttamento,mercificazione
dell’ambiente)
Difendere le “buone libertà” (libertà civili,
libertà di lavoro)
socialismo riformista
LA FINE DEL CAPITALISMO
LIBERALE
Cause:
Lo sviluppo dei mercati genera conflitti per
il controllo delle materie prime e dei
mercati di sbocco e stimola i governi a
intervenire con misure protezionistiche o
con interventi armati
La difficoltà per i paesi late comers di
competere
con
i
paesi
di
prima
industrializzazione
rende
cruciale
l’intervento dello stato (finanziamenti,
misure doganali, commesse pubbliche)
La
mercificazione della forza lavoro
produce condizioni di lavoro e di vita
inique e stimola l’organizzazione dei
lavoratori e la rivendicazione di una
limitazione allo sfruttamento della classe
operaia attraverso misure legislative e il
riconoscimento
delle
rappresentanze
sindacali
Da parte imprenditoriale si affermano
tendenze al controllo dei mercati di sbocco
e di approvvigionamento (influenze sui
governi, accordi e monopoli) e tendenze a
tenere alto il livello dei prezzi, limitando la
concorrenza (monopoli o differenziazione
dei prodotti)
Il capitalismo regolato
Organizzazione dell’impresa (impresa
fordista)
Politiche macroeconomiche
La rivoluzione keynesiana
John Maynard Keynes 1883-1946
• Figlio d’arte (il padre era un’economista, la madre una scrittrice),
cominciò giovanissimo a scrivere e a ricoprire incarichi pubblici.
• Consulente finanziario del governo e di molte aziende, incaricato del
ruolo di amministratore da importanti compagnie d’assicurazione,
consigliere della Banca d'Inghilterra, capo della delegazione inglese
a Bretton Woods, negoziatore dell'accordo finanziario tra la Gran
Bretagna e gli USA nel 1945, da molti considerato il più grande
economista del 20° secolo, poiché ha influenzato, direttamente ed
indirettamente, con le idee, le proposte, le opinioni, sia le scienze
economiche che quelle politiche.
• Allievo anche di Marshall, importante membro del circolo letterario
Bloomsbury Group, circolo di Lytton Strachey, Virginia Woolf e
Bertrand Russell, brillante speculatore e polemista.
Opere
• Valuta e Finanza Indiana nel 1913,
• Trattato sulla Probabilità, 1921
• Trattato sulla moneta, 1930
• Teoria generale dell'occupazione,
interesse, moneta (1936).
L'impatto delle teorie keynesiane sulle
scienze economiche fu di enormi
proporzioni: esse rappresentano i pilastri e
le
fondamenta
della
moderna
macroeconomia,
cioé
di
quell'area
dell'economia
che
studia
problemi
aggregati, ossia derivati dalla somma
totale delle azioni nei diversi mercati.
Opera fondamentale è Teoria generale
dell'occupazione,
pubblicata
interesse,
originariamente
moneta,
nel
1936.
Analizzando il rapporto tra i risparmi e gli
investimenti,
l'opera
keynesiana
ripropone lo schema teorico-economico
liberista neoclassico, ma capovolgendone
la prospettiva rispetto alle fondamentali
variabili della domanda e dell'offerta
Si nega l'esistenza di un meccanismo
spontaneo per la piena utilizzazione delle
risorse produttive e il riassorbimento della
disoccupazione,
meccanismo
che
può
essere sintetizzato dalla famosa immagine
ipotizzata da Adam Smith della "mano
invisibile"che pone in equilibrio i mercati.
• Keynes sostenne infatti la necessità, per
superare le depressioni economiche e
mantenere alti i livelli di occupazione, di
un controllo sui tassi di interesse bancari e
sugli investimenti privati, di una forte
tassazione di tipo progressivo, oltre che di
una politica di investimenti pubblici, come
politica riequilibratrice della distribuzione
dei redditi e apportatrice di una maggiore
propensione al consumo.
• La
propensione al consumo è la
percentuale del proprio reddito che un
consumatore è disposto ad utilizzare per i
consumi,
all'aumentare
della
quale
corrisponde un aumento della ricchezza: la
maggiore domanda di consumi genera,
infatti, una maggiore produzione di beni e
servizi e, in conseguenza, un aumento
ipotizzabile di ricchezza.
• Keynes attaccò la mera esistenza del
sistema capitalistico come sicurezza
implicita di equilibrio dei mercati: degli
anni trenta, periodo di crisi economica
fortissima, di disoccupazione e produzione
a bassi livelli, egli considerò la
sottoutilizzazione delle risorse produttive
come fattore determinante del collasso
economico.
• Il ragionamento di Keynes avvicinava
causalmente lo scarso livello produttivo di
beni e servizi alla mancanza della
necessaria domanda degli stessi. Vi era il
problema chiaro di aumentare la domanda
di beni e servizi, affinché il sistema
economico riuscisse a produrre quanto era
potenzialmente possibile. Quindi era
necessario
stimolare
la
domanda,
incrementandola attraverso un adeguato
programma di investimenti pubblici.
• Keynes si trovò a doversi confrontare non soltanto con
una teoria che riteneva sbagliata, ma con l'intero corpo
delle convenzioni etiche che su quella teoria erano state
edificate e che predicavano le virtù del risparmio, anzi,
della "astinenza”, della libera iniziativa e, naturalmente,
della moderazione salariale. Il problema non era solo di
una teoria contraddetta dall’osservazioine empirica, ma
di convinzioni morali: ai tempi di Keynes gli economisti
ortodossi additavano a causa della disoccupazione i
salari a loro dire ancora "troppo elevati", nonostante
ogni ulteriore diminuzione di essi si traducesse in
ulteriori cadute della domanda, del reddito e
dell'occupazione stessa.
•
• In effetti, più ancora che come il secolo
dell'industrializzazione, l'Ottocento appariva anche a
Keynes fondato su una "religione“: la vocazione al
risparmio. La vitalità dell'intero sistema, non solo
economico ma anche politico e sociale, riposava sul
differimento dei consumi. "Era precisamente la
ineguaglianza di distribuzione della ricchezza che
rendeva possibili quelle vaste accumulazioni di
ricchezza fissa e di sviluppo dei capitali che
contraddistinguono quel periodo da ogni altro”
• Lo sviluppo di questo sistema dipendeva perciò da
un doppio inganno. Da un lato le classi lavoratrici
accettavano, per ignoranza o per impotenza, ad
accettare una situazione per la quale esse potevano
chiamare propria una ben piccola parte della torta che
esse stesse e la natura e i capitalisti avevano
cooperato a produrre.
• Dall'altro lato era consentito ai capitalisti di
considerare propria la miglior parte della torta
ed essi erano teoricamente liberi di consumarla,
nella tacita, sottintesa condizione che in pratica
ne avrebbero consumato una ben piccola
porzione. Il dovere di risparmiare divenne
celebrata virtù e l'ingrossamento della torta
oggetto di una vera religione.
• Il XIX secolo era soggetto a due pericoli:
che, nonostante tutto, la popolazione
crescesse più in fretta della torta, o che
questa fosse "un bel giorno inghiottita
prematuramente dalla guerra". Fu in
effetti la guerra a rivelare il duplice
inganno su cui poggiava il sistema, con il
suo principio dell'accumulazione.
• Le immani distruzioni provocate dalla guerra e
l'inflazione "hanno rivelato a tutti la possibilità
del consumo immediato e a molti la vanità
dell'astinenza". A guerra finita, Keynes poteva
avanzare qualche ipotesi sul prossimo futuro: "le
classi lavoratrici possono non essere più disposte
a così larghe rinunzie e le classi capitalistiche,
non più fiduciose nel futuro, possono avere
voglia di godere in modo più completo la loro
libertà di consumo". Le due previsioni, il
prossimo acuirsi delle lotte sociali e l'effimero
boom consumistico dei ruggenti anni venti,
erano entrambe ben fondate.
• Poteva così dire anche l' 'indicibile': e cioè che "il
decadente capitalismo, internazionale ma individualistico,
nelle cui mani ci siamo trovati dopo la guerra, non sta
avendo molto successo. Non è intelligente, né bello, né
giusto, né virtuoso, né si comporta come dovrebbe. In
breve non ci piace e anzi stiamo cominciando a detestarlo".
E' così che, sull'austero Times, dopo aver paragonato l'impasse in cui
si trovavano le economie capitalistiche avanzate alla situazione di due
automobilisti incrociatisi nel mezzo di una strada e incapaci di capire
come andare avanti senza scontrarsi (perché nessuno sa da che lato
spostarsi per passare e lasciar passare l'altro), Keynes può paragonare
il deficit spending ad un "espediente grazie al quale ciascuno si muove
simultaneamente un pò più sulla propria sinistra".
E' così che, in una conversazione radiofonica alla Bbc
sulla pianificazione (un esperimento allora tentato solo
dai sovietici e dai fascisti e ritenuto dai più del tutto
incompatibile
con
i
principi
di
una
comunità
democratica), egli può affermare senza timore che gli
piacerebbe "tentare di verificare se non sia
possibile godere dei vantaggi di entrambi i
mondi",
vale
a
dire
dei
vantaggi
pianificazione e di quelli della democrazia.
della
In sintesi il ragionamento di Keynes era iò
seguente:
• il perseguimento dell’utile individuale non
coincide con il perseguimento dell’utile
collettivo
• l’attore atomistico spesso non dispone
delle informazioni e delle capacità
adeguate per perseguire il proprio utile
• Rischi,
incertezza
ed
ignoranza
condizionano la vita economica e sociale e
limitano
le
capacità
di
crescita
dell’economia e tendono a tenere bassi gli
investimenti e a sottoutilizzare il capitale e
il lavoro
• Problema: come garantire il livello di
produzione e di occupazione? (ottica
macroeconomica in contrapposizione
all’ottica micro che si interrogava
sulla formazione dei prezzi e la
distribuzione dei redditi)
• Legge di Say
(economia classica e
neoclassica): l’offerta crea sempre la sua
domanda. Gli squilibri sono momentanei,
poiché la concorrenza riallocherà le risorse
in modo da garantire il pieno impiego. In
particolare si suppone che tutto il
risparmio si traduca in investimento e che
basti agire sul tasso di interesse e sul
livello dei salari per stimolare gli
investimenti (bassi interessi e bassi salari
= maggiori investimenti).
• In realtà condizioni di incertezza
circa i futuri rendimenti possono
limitare gli investimenti e produrre
un equilibrio di sotto-occupazione.
• La Grande Depressione dimostra che
il meccanismo concorrenziale non
riesce a frenare la caduta degli
investimenti e dell’occupazione
• E’ l’intervento dello stato che può invece
•
•
efficacemente porsi come regolatore della
domanda attraverso:
il deficit spending (come manovra di breve
periodo)
lo stimolo della domanda attraverso un
incremento
dei
redditi,
poiché
la
propensione al consumo è superiore per i
redditi più bassi occorre puntare non solo
su commesse e finanziamenti alle imprese,
ma soprattutto sul pieno impiego pubblico
e le politiche redistributive
• Due versioni:
• Keynesianesimo debole (interventi
anticongiunturali di breve periodo)
• keynesianesimo della crescita
(obiettivi di crescita economica sul
lungo periodo)
• "Dobbiamo tendere a separare quei
servizi che sono tecnicamente sociali
da quelli che sono tecnicamente
individuali. L'azione più importante
dello Stato si riferisce non a quelle
attività che gli individui privati
esplicano già, ma a quelle funzioni
che cadono al di fuori del raggio
d'azione degli individui, a quelle
decisioni che nessuno compie se non
vengono compiute dallo Stato.
• Non è necessario un sistema di socialismo di Stato che abbracci la
maggior parte della vita economica della collettività. Non è la proprietà
degli strumenti di produzione che è importante che lo Stato si assuma.
Se lo Stato è in grado di determinare l'ammontare
complessivo dei mezzi dedicati a aumentare gli
strumenti di produzione e il saggio base di
remunerazione per coloro che li posseggono, esso
avrà compiuto tutto quanto è necessario".
manifesto, se non rivoluzionario, certamente radicale
Un
• L'assunzione di questa prospettiva era imposta,
per il Keynes del '36, anche da importanti e
lungimiranti considerazioni politiche: "il mondo
non tollererà ancora per molto tempo la
disoccupazione, che è associata, inevitabilmente
associata,
con
l'individualismo
capitalista
d'oggigiorno". L'assunzione di questa stessa
prospettiva sarebbe inoltre più favorevole alla
pace di quanto non sia un sistema teso alla
conquista dei mercati altrui.
• Se le nazioni imparassero a costituirsi una situazione di
piena occupazione mediante la loro politica interna, non
vi sarebbero più ragioni economiche per contrapporre
l'interesse di un paese a quello dei suoi vicini: "il
commercio internazionale cesserebbe di essere quello
che è ora, ossia un espediente disperato per preservare
l'occupazione interna forzando le vendite sui mercati
esteri e limitando gli acquisti - metodo che, se avesse
successo, sposterebbe semplicemente il problema della
disoccupazione sul vicino che ha la peggio nella lotta ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti
di merci e servizi, in condizioni di vantaggio reciproco".
I trenta gloriosi anni
del capitalismo regolato
• Cause:
* La politica degli aiuti americani (piano Marshall)
* L’incremento del commercio internazionale grazie alla
liberalizzazione degli scambi e alla stabilizzazione dei cambi
* La crescita della domanda dovuta alle esigenze della
ricostruzione prima e alla crescita dei redditi poi
* La disponibilità di un’ampia offerta di lavoro proveniente dai
settori a bassa produttività
* Lo sviluppo tecnologico che permette di abbassare i costi e
incrementare la produzione
Aspetti nuovi rispetto
al capitalismo degli anni ’30:
• regolarità e continuità della crescita
• crescita della produzione e del
reddito a tassi mai registrati prima
• diffusione sociale della prosperità
anche
attraverso
le
politiche
pubbliche di redistribuzione (salario
indiretto)
• flusso elevato di risparmi e
investimenti
La violenza del mercato viene
addomesticata (Shonfield)
• per effetto:
• dell’azione dello
•
stato attraverso un
orientamento
alla
pianificazione
dell’economia a fini di sviluppo (controllo
del credito, imprese statali, regolazione
del mercato, piena occupazione) e
attraverso i sistemi di protezione sociale.
Dell’azione
delle
imprese
che
si
burocratizzano,
assumono
grandi
dimensioni con investimenti ingenti per
produzioni di grande serie
• Sinergia
positiva
(Gourevitch:
compromesso storico) tra azione
pubblica che stabilizza il mercato,
sostiene l’occupazione e regola la
domanda e imprese che accrescono
la
produzione
grazie
alla
liberalizzazione degli scambi e alla
crescita dei consumi.
Fordismo
• Il Fordismo, cioè l'insieme delle teorie sull'organizzazione
•
della produzione industriale elaborate da Henri Ford e
dall'ing. F. Taylor, nasce come risposta ai limiti della
tecnologia e dell'economia del capitalismo delle origini,
che ne avevano frenato lo sviluppo date le limitate
potenzialità
della
meccanizzazione
del
secolo
diciannovesimo.
Ma l'aspetto principale, la vera 'filosofia' del metodo
fordista, trasformatosi poi in un vero e proprio modello
economico, era l'idea della possibilità di una crescita
illimitata, sia della quantità di merce prodotta, sia degli
insediamenti produttivi, delle fabbriche, sul territorio.
Tipico sarà, infatti, il gigantismo degli impianti. Questa
certezza quasi assoluta della crescita progressiva e
inarrestabile rappresenterà per quasi un secolo la
condizione essenziale del modello fordista.
• La catena di montaggio, come lo scorrimento continuo di
•
un sistema di ganci e carrelli, trasferiva l’oggetto in
lavorazione davanti ai singoli operai, i quali eseguivano
mansioni talmente limitate da non permettere loro di
capire in quale fase della produzione fossero impegnati.
Il lavoratore fu così ridotto a esecutore di gesti ripetitivi
e rapidi tipici della produzione in serie, divenne in un
certo senso servitore piuttosto che utilizzatore della
macchina.
Fu così introdotto il cottimo differenziale che consisteva
in un sistema retributivo calcolato e diversificato sulla
base della quantità del lavoro svolto. Il cottimo contribuì
a migliorare i salari, ma al tempo stesso condusse ad
accelerare ulteriormente i ritmi di lavoro e talvolta a
creare un ambiente di esasperata competizione tra i
lavoratori stessi.
• La razionalizzazione produttiva ebbe come
conseguenze il notevole aumento della quantità
di beni prodotti e la diminuzione del loro prezzo.
Questo aspetto, unito al miglioramento salariale
derivante dal cottimo, creò nuove condizioni di
mercato. Alla produzione di massa fece seguito il
consumo di massa: grazie anche alla
diminuzione dei costi di trasporto e a tecnologie
a più alto rendimento. I consumi migliorarono
considerevolmente la qualità della vita nei paesi
industrializzati: l’alimentazione divenne più ricca
e variata, le condizioni igieniche più sicure.
• La società fu spinta a omologarsi nei gusti e
•
nelle scelte, a perdere l’identità e la particolarità
delle comunità ristrette. Ciò rappresentò una
fonte di malessere sociale dalle grandi
conseguenze.
L'industria, infatti, non trovava ostacoli alla sua
espansione se non nella sua medesima capacità
di produrre. Ma anche l'esiguo potere d'acquisto
dei redditi delle masse popolari di inizio secolo
rappresentava un ostacolo. L'industria fordista lo
superò erogando alti salari e introducendo un
servizio sanitario e di prevenzione nelle
fabbriche, uno per ogni livello di inquadramento,
che riduceva i costi per la salute di operai e
impiegati, tecnici e dirigenti.
• I lavoratori si trasformavano da produttori
in 'consumatori' del loro stesso prodotto:
infatti producevano una merce e
percepivano un salario adeguato per
comprarla. Le merci prodotte venivano
vendute a sempre minor prezzo in forza
dell'automazione e della produzione in
serie, mettendo così in condizione i
'produttori-consumatori' di acquistarne
sempre di più.
• Il modello produttivo fordista identificava i diritti
•
dei cittadini con le esigenze del mercato: veniva
riconosciuto il diritto di cittadinanza solo a coloro
che erano collocati all'interno del mondo
produttivo, in funzione della loro capacità di
produrre.
Nella filosofia fordista la produzione produce il
mercato, ossia la fabbrica produce ciò che si
'deve' comperare, genera i consumi, e con i
consumi le mode, i costumi, le abitudini, i modi
di vivere e di pensare, e con essi le pseudo e le
vere culture. Come diceva Ford, "tutto ciò che si
produce si vende". Il Fordismo sanziona il
primato della fabbrica sul mercato, dell'offerta
sulla domanda.
• E in effetti le fabbriche non producono
quello che i consumatori desiderano
comperare, ma i consumatori comprano
quello che le fabbriche decidono di
produrre. Si può affermare quindi che la
fabbrica produce la società. Dunque la
fabbrica è luogo centrale di decisioni
strategiche: vi si decide cosa produrre,
quanto produrre, con quali tempi e con
quali modi.
• La tradizionale figura del padrone della fabbrica,
•
che con gli operai aveva un rapporto personale e
diretto, era stata sostituita da quella astratta e
lontana della società per azioni, in cui uomini
sconosciuti e lontani disponevano delle sorte dei
dipendenti.
La conseguenza di ciò fu che spesso l’intero
agglomerato urbano divenne una sorta di
appendice della fabbrica: nacquero le “one
company town”, città gravitante intorno alla sua
fabbrica più importante dalla quale dipendeva
interamente la maggior parte della popolazione.
Caratteristiche dell’impresa
fordista
grandi dimensioni
integrazione verticale
(inclusione
di
diverse fasi produttive, di servizi di ricerca
e sviluppo, fino alla distribuzione e al
controllo
delle
fonti
di
approvvigionamento di materie prime)
separazione tra proprietà e management.
Produzione
di
massa di beni
standardizzati prodotti in grande
quantità con macchine specializzate
 Organizzazione
del
lavoro
tayloristica (divisione del lavoro in
compiti semplici e ripetitivi)
 separazione
tra
ideazioneprogettazione ed esecuzione;
Manodopera poco qualificata
Varietà delle forme nazionali relative:
• alla proprietà e gestione dell’impresa
• ai rapporti con la finanza (ruolo della
borsa e delle banche)
• all’organizzazione del lavoro
• al ruolo dello stato.
Caratteri comuni:
• il requisito della stabilità (mercati,
forza lavoro, organizzazione)
• il ruolo dello stato sociale (politiche
di redistribuzione, sostegno alle
imprese e di stabilizzazione)
• Relazioni industriali (contrattazione
collettiva e istituzionalizzazione)
• Fordismo e post-fordismo vengono assunti dalla
letteratura
socioeconomica
non
come
descrizione
di
una
particolare
filosofia
produttiva, ma come paradigmi di un sistema
economico globale. Infatti, se per fordismo
intendiamo
un
sistema
di
produzione
centralizzato e parcellizzato, basato sulla catena
di montaggio, è bene sapere che solo in pochi
stati e per brevi periodi la forza lavoro
industriale ha superato il 40% del totale e che
mai più del 20-25% di essa (8-10% del totale)
ha lavorato alla catena di montaggio
La
fabbrica fordista non era la norma
nemmeno quando c’era il fordismo.
• Le imprese fordiste costituiscono il
settore più visibile e ad alta
produttività, ma hanno dei limiti alla
loro estensione:
– Tecnologici (richiedono elevati
investimenti)
– Di mercato (richiedono mercati ampi e
stabili)
• Persiste una domanda di beni non
standardizzati prodotti in serie
limitata che viene soddisfatta da
piccole imprese organizzate in modo
diverso (organizzazione del lavoro
meno
parcellizzata,
manodopera
specializzata, macchine più flessibili):
• macchine utensili
• beni di alta qualità
• beni a domanda instabile
CRISI DEL FORDISMO
Fattori congiunturali:
• l’aumento del costo del petrolio
• l’abbandono del regime dei cambi
fissi
• Fattori strutturali
• saturazione del mercato dei beni di
massa (nuovi stili di vita e modelli di
consumo,
indotti
anche
dalle
politiche delle imprese)
• concorrenza dei paesi di nuova
industrializzazione
• la crescita della conflittualità operaia
(piena
occupazione,
rifiuto
del
taylorismo)
• gigantismo industriale ed eccesso di
complessità organizzativa
• introduzione
di
tecnologie
elettroniche in grado di abbassare i
costi
per
produzioni
non
standardizzate di elevata qualità in
serie limitata.
Lo stato sociale
Definizione
Origini
Tappe
Ambiti di intervento
Cause
Modelli
Welfare state
Insieme di politiche pubbliche connesse al
processo di modernizzazione
Tramite le quali lo stato fornisce ai propri
cittadini protezione contro i rischi e bisogni
prestabiliti sotto forma di assistenza,
assicurazione e sicurezza sociale
Introducendo specifici diritti sociali nonché
specifici doveri di contribuzione
Modalita di intervento
Assistenza Assicurazione sociale
sociale
Sicurezza
sociale
Copertura
selettiva
universale
Prestazioni
Copertura Contributive/retributive A somma
del bisogno
fissa
finanziamento Fiscalità
generale
occupazionale
contributiva
Fiscalità
generale
Radici storiche
Assistenza pubblica ai poveri
Tutela dei datori di lavoro
Mutualismo
Fasi
Instaurazione (dalla fine dell’ottocento,
1883, alla prima guerra mondiale).
Assicurazione di lavoratori
Consolidamento (tra le due guerre):
assicurazione sociale
Espansione (dopoguerra): sicurezza
sociale
Crisi (metà anni settanta): sicurezza
sociale
Funzioni del welfare
Sostegno all’accumulazione (riproduzione
della forza lavoro, domanda di beni)
Consenso sociale(capitalismo regolatoe
riformista)
Differenze tra paesi
Tipologia delle prestazioni
Generosità delle prestazioni
Aventi titolo
Modelli di welfare
Residuale
Occupazionale
universalistico
Modelli misti. Processi di convergenza
Welfare system
In realtà il benessere della popolazione
dipende da un mix di:
Risorse di mercato
Risorse familiari/solidaristiche
Risorse pubbliche
Tendenza: un eccessivo squilibrio verso
le risorse pubbliche
scivolamento
distributivo
Crisi del Welfare
Crisi fiscale
Crisi di legittimazione
Crisi di funzionamento
Vecchie premesse:
- Economia in crescita
- Società industriale
- Stabilità familiare e divisione di genere del
lavoro
- Struttura demografica in equilibrio
- Aspettative morigerate e stabili
- Solidità e centralità dello stato nazione
Trasformazioni
Rallentamento dello sviluppo
Società post-industriale
Ridefinizione dei rapporti di genere
Invecchiamento della popolazione e
migrazioni
Aspettative crescenti
Internazionalizzazione economica, perdita
di capacità di governo dello stato nazione
Sfide
Contenimento dei costi
Ammortizzatori sociali, tutela della flessibilità
Conciliazione tra vita professionale
e
responsabilità familiari
Contenimento delle spese pensionistiche e
sanitarie e ammortizzatori sociali per gli
immigrati
Ridefinizione degli standard di prestazione
Adattamento alle nuove condizioni di apertura
dei mercati
Difficoltà
Gruppi di interessi non utenti
Scarsa visibilità del rapporto tra contributi
e prestazioni
Maggiore voice di chi perde la protezione
rispetto a chi dovrebbe acquistarla
Problemi di consenso politico
Gli anni ’70: crisi del fordismo
e crisi dello stato sociale
• Stagflazione: contemporanea presenza di
•
•
•
•
inflazione e disoccupazione
Caratteristiche:
conflitto industriale e quindi spinte
rivendicative e inflative
diminuzione dei tassi di crescita della
produzione
crescita della disoccupazione
Cause
gli effetti perversi dello stato sociale
keynesiano
I limiti del sistema fordista, in un
quadro economico mutato
• a livello micro
• piena occupazione (esaurimento del
serbatoio agricolo, nonostante i
processi migratori)
• nuovi profili socio-biografici e
culturali della classe operaia
• inasprirsi della parcellizzazione e
alienazione del lavoro
• rafforzamento dei sindacati
• quindi crescita della conflittualità
operaia
• a livello macro
• crescente difficoltà dei governi a
tenere sotto controllo la spesa
sociale
• utilizzo crescente della spesa
pubblica a fini di consenso politico
• eccesso di regolazione pubblica del
mercato
LA NUOVA POLITICAL
ECONOMY
• L’insieme di studi che negli anni ’70
affrontano con un approccio neoistituzionale
la spiegazione dell’inflazione
Due filoni
1. filone neoutilitarista
• fa riferimento all’offerta di moneta e cioè
all’incapacità dei governi a resistere alle
pressioni politiche per un’espansione della
spesa (nei confronti delle imprese e dei
sindacati), che alimenta una spirale
inflazionistica (Samuel Brittan)
2. filone istituzionalista
• fa riferimento alla domanda sociale di
beni. La sua crescita è il risultato di un
conflitto distributivo, in un contesto in cui
le disuguaglianze sono sempre più
delegittimate e le rappresentanze degli
interessi sociali hanno acquistato più
potere.
• L’inflazione, pertanto, è la conseguenza
dell’incapacità
del
sistema
di
rappresentanza a gerarchizzare le diverse
domande e a tenere sotto controllo il
conflitto distributivo tra i diversi gruppi
NEOCORPORATISMO E
CONCERTAZIONE
• Concetti contrapposti a quelli di
pluralismo e politica di pressione,
fanno riferimento alle prassi seguite
dai
governi
e
dagli
interessi
organizzati dei paesi sviluppati in
relazione
al
sistema
della
rappresentanza degli interessi e della
decisione
politica
(Schmitter,
Lehmbruch)
• Due dimensioni:
1. organizzazione degli interessi
sistema pluralistico: elevato numero
di associazioni di piccole dimensioni
che competono tra loro; interessi
specifici
e
settoriali;
scarso
coordinamento;
 sistema
neocorporativo:
poche
grandi organizzazioni degli interessi
che esercitano il monopolio della
rappresentanza; forte centralismo;
2. processo di decisione politica
sistema
pluralistico:
politica
di
pressione
per
acquisire
risorse
all’interno del mercato politico; scarso
coinvolgimento nell’attuazione delle
politiche;
sistema neocorporativo. Prassi di
concertazione che coinvolge le
rappresentanze nei meccanismi di
decisione e attuazione delle politiche
Neo-corporativismo
Che cosa si scambia
Gli attori interessati
Gli interessi degli attori
I diversi modelli
Fly UP