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PON IT 161 PO 001 ASSISTENZA TECNICA E AZIONI DI SISTEMA –MISURA II.2 Progetto Traguardi Linee guida per la realizzazione del Sistema Formativo Pubblico 1 LINEE GUIDA SVILUPPO COMPETENZE 2 SVILUPPO COMPETENZE PER IL PERSONALE DELLA P.A. Il lavoro di supervisione svolto a fianco dei team regionali impegnati in complessi interventi a supporto dello sviluppo delle competenze del personale pubblico dei territori regionali ha consentito un confronto con i differenti contesti in cui interviene il Progetto Traguardi. Proprio la diversità dei contesti e la conseguente specificità delle proposte di intervento formulate e avviate dai team regionali consente di estrarre alcune “costanti”, delle linee-guida, che possono servire come punto di riferimento e di riflessione per le esperienze sul campo. Alcune “costanti” degli interventi effettuati Le note che seguono propongono pertanto le “costanti”, vale a dire i punti di riflessione che possono essere utili per tutte le esperienze di sviluppo competenze avviate nei territori. Tali punti di riflessione, rappresentando una sorta di “emersione” dalle esperienze, costituiscono pertanto una prima restituzione per chi opera quotidianamente sui territori e si propongono come un “work in progress” che tutti possono arricchire e integrare, allo scopo di trarre utili indicazioni per i lavori in corso e per le attività future di Traguardi. 3 Punti di riflessione 1. LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE Il focus della formazione si è concentrato in maniera abbastanza diffusa nelle diverse Regioni coinvolte (Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia) sul nodo delle competenze, ponendo alcuni punti di riflessione. a) Sembra più funzionale agli obiettivi da perseguire nei diversi interventi la scelta di una definizione “estesa” di competenza (rispetto a quella più limitata di meta-competenza o di competenza trasversale relativa alla sola sfera degli atteggiamenti/comportamenti). In senso più esteso, e utilizzando un lessico consolidato, si può parlare di competenze come “insieme di conoscenze, capacità e comportamenti finalizzato al conseguimento delle performance richieste”. b) Due sono gli approcci di riferimento più applicati o applicabili: un primo approccio, già abbastanza sperimentato, concerne la identificazione e rilevazione delle competenze a supporto dello sviluppo dei ruoli professionali, che ha come scopo di fotografare il tasso di copertura del ruolo/posizione e di identificare, rispetto ai gap evidenziati, le eventuali azioni da programmare per incrementare il bagaglio professionale e il knowledge di singoli individui o di gruppi di popolazione omogenei; una variante più interessante, ma poco sperimentata è la correlazione delle competenze alle famiglie professionali (insieme di ruoli connotati appunto da competenze omogenee), in quanto la P.A. ha finora privilegiato il riferimento ai profili professionali e disciplinari; Definizione diffusa e condivisa di “competenza” I due approcci più applicati: le competenze riferite ai ruoli 4 Punti di riflessione un secondo approccio, di cui si stanno iniziando le prime sperimentazioni, concepisce il sistema di rilevazione delle competenze come supporto diretto alla realizzazione degli obiettivi programmatici, attraverso la costruzione di repertori che evidenzino le competenze centrali per il conseguimento dei risultati attesi (con riferimento ad esempio ai programmi dei Presidenti regionali e alla loro traduzione nei PRS, o dei programmi dei sindaci e della loro articolazione nei PEG) e identifichino conseguentemente le aree professionali o manageriali da rafforzare per facilitare le generazione delle performance attese e quindi del valore pubblico auspicato. Il primo approccio è funzionale solitamente all’impostazione di piani di formazione continua; il secondo è particolarmente utile per definire piani di formazione strategica, a supporto del ciclo della programmazione ministeriale, regionale, provinciale, comunale oppure per sostenere interventi formativi di natura interistituzionale multilivello e per accompagnare le “gestione per politiche”. Un terzo possibile approccio, che correla le competenze ai processi organizzativi, può essere adatto per accompagnare processi di riorganizzazione o di reingegnerizzazione, ma richiede investimenti rilevanti e un commitment interno molto forte, difficilmente generalizzabili nelle amministrazioni pubbliche. I due approcci più applicati: le competenze riferite agli obiettivi Formazione continua e formazione strategica Le competenze riferite ai processi 5 Punti di riflessione c) Sembrerebbe preferibile, rispetto al tema delle competenze, adottare un approccio “per scopi” piuttosto che un approccio “per sistemi”. Quest’ultimo presuppone che la rilevazione delle competenze venga applicata a tutta la popolazione dell’ente, dal momento che qualsiasi utilizzo esteso e “sistematico” di natura gestionale prevede che nessun collaboratore venga escluso dalla sua applicazione (pena la non applicabilità del sistema stesso); si rischia in tal modo di dover realizzare impianti di rilevazione delle competenze complessi e ad alto impatto organizzativo che diventano ingestibili e quindi inutili (come hanno insegnato i casi di imprese industriali e di servizi che hanno adottato, nel caso delle competenze, una gestione per sistemi). La gestione per scopi consente invece di adottare l’analisi delle competenze per fini specifici (come testimoniato anche da alcune esperienze di “bilancio delle competenze”): un obiettivo da perseguire, una figura professionale da riqualificare o da introdurre, un’area critica da migliorare. Gestione “per scopi” piuttosto che “per sistemi” Le esperienze realizzate nelle quattro Regioni coinvolte (Basilicata, Molise, Sardegna e Sicilia) attestano nei fatti le potenzialità di approcci ben mirati che utilizzano l’analisi delle competenze come strumento per la costruzione di percorsi formativi o per la istituzione di sistemi di formazione territoriali. 6 Punti di riflessione d) Particolare attenzione va posta al nodo delle competenze (connesso anche ai sistemi dei crediti formativi) come unità base di riferimento per la configurazione dei sistemi di education pubblici e per la loro integrazione con i sistemi formativi delle imprese: l’unità base di competenza tende a configurarsi infatti come minimo comune denominatore per le interconnessioni nei percorsi di apprendimento degli individui e per il dialogo tra gli attori coinvolti nei processi di sviluppo delle competenze (erogatori di formazione, destinatari dei processi formativi, regolatori del mercato del lavoro…). Un approfondimento a parte richiederebbe la certificazione delle competenze acquisite nell’ambito dell’ente di appartenenza ai fini delle progressioni orizzontali e verticali dei dipendenti pubblici. Un’area particolarmente critica è rappresentata proprio dai processi di certificazione che richiedono, per essere opportunamente applicati, omogeneità di linguaggi e di approcci, oggi quasi inesistente, tra i soggetti interagenti. Su questa strada si stanno muovendo alcune Regioni, in tentativi di approccio che non hanno ancora generato esisti soddisfacenti. Unità base di competenza Certificazione delle competenze 7 Punti di riflessione 2. IL CICLO DI VITA DELLE AMMINISTRAZIONI Un secondo tema particolarmente rilevante per l’impostazione di percorsi di sviluppo delle competenze è rappresentato dal concetto di ciclo di vita dell’Amministrazione. La centralità, nei processi di strutturazione della programmazione e del controllo strategico, del programma votato dalla maggioranza dei cittadini comporta la differenziazione delle fasi temporali della legislatura (nel caso di governo centrale e governo regionale) e del mandato (nel caso degli enti locali). In entrambi i casi la costante è data dalla diversa focalizzazione che amministratori e tecnici pongono alla propria azione e alle priorità realizzative a seconda della fase del ciclo di vita. Dal punto di vista del Formez è decisivo tener conto dell’impatto che il ciclo di vita dell’Amministrazione ha o può avere sui percorsi di sviluppo delle competenze del personale. Il criterio del “ciclo di vita amministrativo” In via esemplificativa è possibile ritenere – come molte esperienze confermano – che: - nella fase iniziale della legislatura/mandato (primi sei mesi circa) l’attenzione vada posta sulla traduzione del programma votato dagli elettori in obiettivi attribuibili alla struttura manageriale e tecnica delle amministrazioni: in questa fase la formazione può concentrarsi sull’accompagnamento ai processi di 8 Punti di riflessione pianificazione strategica e operativa e sulla scomposizione delle competenze correlate agli obiettivi individuati e, in attesa che questi vengano definiti, sulla predisposizione delle competenze chiave di governo centrale, ragionale o locale; - nella fase centrale della legislatura/mandato (secondo e terzo anno) la priorità si sposti sulla creazione delle condizioni di contesto e di metodo per il conseguimento degli obiettivi definiti e per il costante aggiornamento degli stessi: lo sviluppo dei saperi e delle capacità si concentra sulla predisposizione delle competenze specialistiche e metodologiche connesse all’attuazione dei programmi e sull’accompagnamento alla governance degli obiettivi di governo e su piani formativi di ampio respiro finalizzati a far fare un salto di qualità complessivo all’azione amministrativa; Il focus delle azioni di sviluppo delle competenze nelle diverse fasi del ciclo di vita dell’amministrazione - nella fase finale della legislatura/mandato (quarto e quinto anno) l’attenzione sia posta quasi esclusivamente sul conseguimento dei risultati attesi: lo sviluppo delle competenze si concentra essenzialmente sul conferimento dei saperi strettamente finalizzati agli obiettivi da raggiungere e sull’accompagnamento al loro raggiungimento attraverso metodologie orientate all’ampio spettro dell’action learning o del learning by doing; 9 Punti di riflessione - nella fase di “interregno” della legislatura/mandato (ultimi mesi della vecchia e primissimi mesi della nuova) l’attenzione sia abbastanza defocalizzata dagli aspetti gestionali: ci si può concentrare sull’aggiornamento delle competenze di base e su piani formativi pervasivi scollegati da specifiche priorità strategiche. Al di là della semplificazione è da ritenere che l’attenzione alla fase del ciclo di vita possa incrementare significativamente il valore degli interventi realizzati. 10 Punti di riflessione 3. LA FORMAZIONE COME STRUMENTO DI GOVERNO Un terzo tema è costituito dalla nuova connotazione che ha assunto la leva formativa (intesa in senso ampio come presidio delle competenze e del loro sviluppo) per il governo del territorio ai diversi livelli di articolazione della Pubblica Amministrazione. E’ infatti insito nel paradigma del “governo”, nella sua estensione alle Regioni e agli enti locali e visto soprattutto in chiave di governance territoriale, l’orientamento a “far accadere” piuttosto che a “fare” direttamente. L’inclusione di molteplici soggetti pubblici e privati nell’attuazione dei programmi e nel conseguimento dei risultati attesi presuppone la loro “abilitazione”. Processi devolutivi, partenariati pubblicoprivato, sussidiarietà (soprattutto in linea orizzontale), che connotano oggi modelli di policy making complessi, presuppongono l’attivazione di risorse e competenze dei territori locali. La formazione, intesa come processo di abilitazione dei soggetti territoriali (istituzionali e non), costituisce pertanto uno strumento di governo, dal momento che conferire capacità, suscitare innovazione, accompagnare la strutturazione della governance, costituiscono azioni indispensabili per costituire la rete degli attori e degli stakeholder coinvolti e per conseguire gli obiettivi prestabiliti. Questo punto di vista sui processi di sviluppo delle competenze apre alcune considerazioni. La formazione e l’abilitazione dei soggetti territoriali 11 Punti di riflessione a) La formazione orientata agli obiettivi programmatici e la correlazione con i programmi degli amministratori costituiscono un punto ineludibile dello sviluppo delle competenze del personale pubblico. La formazione è infatti tanto più efficace quanto più supporta direttamente il conseguimento degli obiettivi strategici dei diversi enti coinvolti, in riferimento alle diverse fasi del ciclo di vita dell’Amministrazione. Questo comporta che da un lato i i responsabili e gli addetti alla formazione abbiano come prima competenza la conoscenza degli obiettivi programmatici e della loro articolazione nei vari documenti strategici e ad essi facciano riferimento per la progettazione formativa e dall’altro i soggetti fornitori si attrezzino per accompagnare l’attuazione delle strategie prima ancora che per conferire conoscenze e capacità professionali. b) Il riferimento agli obiettivi programmatici rimanda alla rilevanza della formazione interistituzionale e all’attivazione di processi partecipati di progettazione e erogazione delle attività formative da parte dei diversi livelli della P.A.. Tale approccio pone contemporaneamente un problema di governance tra istituzioni, soprattutto in contesti multilivello, e di riconfigurazione dei processi e delle metodologie formative, soprattutto nel caso in cui la formazione debba accompagnare processi di decentramento e di conferimento di attribuzioni. La formazione a supporto delle politiche pubbliche La formazione a supporto della cooperazione interistituzionale 12 Punti di riflessione Per alcuni versi – e il tema viene posto anche dalla formazione orientata agli obiettivi programmatici – il tema può diventare ancor più complesso a fronte nell’inclusione nei processi di abilitazione dei soggetti territoriali anche di attori e stakeholder privati. Il partenariato formativo richiede modalità di gestione e strumenti di finanziamento non usuali. c) Ne consegue, con riferimento ai due punti precedenti, la rilevanza dell’architettura del sistema formativo territoriale. Nessun soggetto da solo è in grado di fornire tutte le competenze necessarie al governo territoriale ed è quindi necessario mettere in rete risorse pubbliche e private, utilizzando anche metodologie innovative. La rete formativa può consolidarsi maggiormente se è in grado di rendere evidente il vantaggio generato nel conseguimento di obiettivi comuni o complementari dei diversi livelli di articolazione della P.A. sul territorio. La costituzione di una governance della rete formativa diventa a questo proposito un importante fattore critico di successo. Per poter funzionare efficacemente una rete territoriale ha bisogno di strutture e logiche di governance che favoriscano la partecipazione attiva dei soggetti e garantiscano il conseguimento degli obiettivi della rete. Inoltre è da segnalare la differenza tra un sistema formativo governato da un unico soggetto in base al principio della controllabilità e un sistema fondato sul paradigma della corresponsabilità. La governance territoriale della formazione 13 Punti di riflessione d) Anche la ridefinizione del processo formativo e la rifocalizzazione delle diversi fasi che lo compongono sembrano assumere una nuova rilevanza. Non è infatti la stessa cosa identificare fabbisogni formativi a partire da variabili esclusivamente interne alle organizzazioni pubbliche (i gap di competenza legate al grado di copertura dei ruoli o l’acquisizione di nuove competenze connesse a un importante cambiamento di struttura o di processo) oppure a partire da variabili anche di natura esogena (rafforzamento di competenze nella gestione di partenariati pubblico-privati, attivazione di nuovi comportamenti in una filiera territoriale connessa all’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, azioni di empowerment dei cittadini…). Analogamente, per quanto riguarda la fase di valutazione dell’efficacia formativa, è evidente la differenza tra un circolo di feed-back che si conclude con il punto di vista dei Capi dei partecipanti alle attività formative (ad esempio, sulla base di interviste effettuate a distanza di tempo dall’erogazione degli interventi) e un ambito di verifica che comprenda soggetti variegati appartenenti ad amministrazioni e a circuiti autorizzativi di diversa natura. L’attenzione di sposta cioè dai beneficiari interni alle amministrazioni che attivano percorsi formativi ai beneficiari esterni dell’incremento delle competenze realizzato con tali percorsi. Qualsiasi arricchimento di competenze deve cioè essere valutato in funzione del valore generato, attraverso i comportamenti del personale della P.A., per i beneficiari finali dell’azione amministrativa, cittadini e imprese. La formazione a supporto della cooperazione interistituzionale L’attenzione ai beneficiari esterni e finali dell’azione amministrativa 14 Punti di riflessione Si propone pertanto una riflessione anche sui “confini” dell’ente pubblico (regionale e locale). Una visione di governo partecipato del territorio, sulla base di politiche di inclusione di soggetti non istituzionali e in una logica di democrazia deliberativa, presuppone anche una organizzazione “allargata” della P.A., che consideri parte integrante dei processi di apprendimento necessari per attuare gli obiettivi di governo regionale anche la crescita delle competenze degli attori che concorrono direttamente o indirettamente al loro conseguimento. Si tratta di prospettive nuove, di cui si stanno sperimentando i primi timidi approcci, che presumibilmente rappresentano una frontiera inedita e ineludibile per le strutture e i sistemi di formazione delle Amministrazioni regionali orientate a esercitare un effettivo ruolo di governo territoriale. La sfida è particolarmente impegnativa, infatti, in quanto si tratta non solo di attuare forme di sviluppo delle competenze in una logica interistituzionale, ma anche di predisporre opportunità di apprendimento per soggetti non istituzionali e per stakeholder implicati nei processi di attuazione delle politiche pubbliche. L’impressione è che la maggior parte dei piani di formazione siano orientati a creare le condizioni per una “buona amministrazione” piuttosto che per sostenere il governo regionale. Una semplice cartina al tornasole potrebbe essere rappresentata dalla misurazione di semplici indicatori applicati ai piani formativi: ad esempio percentuale di corsi oppure totale giornate di formazione oppure ammontare degli investimenti dedicati alla manutenzione/sviluppo di ruoli professionali, piuttosto che all’accompagnamento alla realizzazione di obiettivi di governo. Una nuova sfida per le strutture e i sistemi di formazione del personale pubblico 15 Punti di riflessione e) Un’ultima riflessione riguarda anche il tema dell’innovazione delle metodologie formative applicate a processi di governo del territorio. Azioni di abilitazione degli attori e degli stakeholder inclusi nei processi di governo comportano l’adozione di un mix di metodi e tecniche che consentano di ridurre la discrezionalità soggettiva del trasferimento degli apprendimenti e avvicinino l’erogazione di competenze alla attuazione delle performance attese. Si tratta quindi di metodologie in grado di comporre momenti di approfondimento concettuale con momenti in cui sia possibile imparare facendo, con percorsi flessibili di accompagnamento a processi reali. La tradizionale articolazione dei percorsi di apprendimento attorno alle lezioni strutturate in aula, per quanto spesso necessarie e insostituibili, possono agevolmente trasferire informazioni o conoscenze, oppure abilitare capacità operative in una logica di addestramento, ma non è in grado di supportare lo sviluppo di competenze complesse che implicano contemporaneamente capacità tecnico/metodologiche e comportamenti connotati di un elevato gradiente di interazione con soggetti istituzionali e sociali. Innovazione delle metodologie formative 16 Punti di riflessione 4. LA FORMAZIONE E LA PEOPLE STRATEGY I sistemi di formazione, per migliorare la propria efficacia, devono anche essere progettati e realizzati in stretta coerenza con gli altri strumenti di sviluppo delle risorse umane. Sono parte infatti delle politiche del personale, che contribuiscono a definire e a realizzare. Si è già accennato alla correlazione possibile con i sistemi retributivi e di carriera (progressioni orizzontali e verticali). Un altro legame rilevante è con i sistemi di valutazione del personale: oltre alla già ampiamente citata rilevazione delle competenze, la formazione è uno strumento di sviluppo atto a colmare i gap di prestazione e di potenziale del personale. a) La formazione da sola non è in grado di generare i comportamenti e le performance attese, ma deve essere integrata con gli strumenti di valutazione, di carriera, di retribuzione, di premio. Sviluppare azioni di sistema attorno al perno formativo è un fondamento chiave delle politiche di sviluppo del personale. Si continua ad intendere la formazione, ovviamente, in senso ampio, vale a dire come insieme degli strumenti e delle opportunità che, intenzionalmente predisposti, consentono di incrementare il bagaglio di competenze esplicite degli individui (e a valorizzare quelle tacite) e ad accrescere il capitale sociale delle organizzazioni. La formazione a supporto della cooperazione interistituzionale Azioni di sistema attorno ai piani formativi 17 Punti di riflessione b) In termini di people strategy è importante quindi definire le politiche della formazione identificando, di periodo in periodo, i principi guida e le priorità realizzative che devono orientare i piani formativi. Ad esempio, focalizzare gli investimenti in formazione sul supporto al conseguimento dei risultati attesi in una determinata fase del ciclo di vita dell’Amministrazione costituisce una scelta di politica della formazione. La formazione può essere più efficace se strettamente correlata con la fase evolutiva in atto: ad esempio se si vogliono formare competenze in grado di far trainare la spesa pubblica dai progetti (piuttosto che sia la disponibilità di finanziamenti a generare progetti estemporanei) servono interventi che consolidino i compiti di governo territoriale piuttosto che interventi finalizzati a rafforzare capacità di gestione degli atti amministrativi (istruttoria di finanziamenti). Ciò è tanto più vero in quanto la formazione, intesa come strumento di governo e non come processo autoreferenziato, è un supporto fondamentale per il conseguimento degli obiettivi programmatici regionali, provinciali e comunali, oltre che per garantire la generazione di valore pubblico per i soggetti beneficiari dell'azione amministrativa. Le politiche della formazione, che generalmente sono implicite, costituiscono, se opportunamente esplicitate e condivise dei selettori fondamentali di priorità e quindi degli ottimizzatori di investimenti. . La definizione di politiche della formazione 18 Punti di riflessione c) Da ultimo è da sottolineare il tema più importante di tutti i punti di riflessione qui riportati: la diversa centralità della persona nei processi di crescita professionale. Lo sviluppo delle risorse umane è infatti la risultante di due movimenti centripeti: gli investimenti delle organizzazioni per la valorizzazione del proprio capitale sociale (di natura prevalentemente intangibile e non riducibile a parametri di natura esclusivamente economica) e gli investimenti delle persone su se stesse per il proprio futuro professionale. Questa transizione, nel mercato interno delle aziende, funziona nella misura in cui entrambi le parti percepiscono vantaggi adeguati. Per questo, da un lato, le organizzazioni pubbliche tendono a “prendersi cura” delle proprie risorse più di quanto non facessero in passato e dall’altro gli individui si orientano a diventare protagonisti, in misura maggiore rispetto al passato, del proprio sviluppo professionale. Nessuna azienda pubblico o privata, per quanto ben intenzionata, può garantire tutta la formazione necessaria a generare comportamenti e prestazioni attese, come pure nessun individuo da solo può fronteggiare esigenze conoscitive sempre più ampie e complesse. Sta cambiando quindi il “patto fondamentale” che regola gli scambi tra individui e organizzazioni pubbliche: queste ultime, oltre a programmare interventi mirati tendono a mettere a disposizione dei propri collaboratori strumenti e opportunità di autosviluppo e di autoformazione; le persone tendono a mobilitare i propri interessi e le proprie energie, se opportunamente supportate, a vantaggio dei risultati e dell’evoluzione della propria organizzazione. Una nuova centralità della persona nei processi di crescita professionale Un diverso “patto” tra individui e organizzazioni 19 Punti di riflessione La visione della persona che si sta affermando anche nelle organizzazioni pubbliche non è quella del dipendente tendenzialmente passivo, a cui viene richiesto fondamentalmente di attuare quanto stabilito da altri. Così come nella società italiana è cresciuta negli ultimi anni una componente ampia di cittadinanza attiva anche all’interno delle pubbliche amministrazioni operano individui che non chiedono solo garanzie e tranquillità, ma che amano tentare e “rischiare” strade nuove, investire la propria intelligenza, vedere valorizzato il proprio impegno: essere, come si usa dire e senza retorica, imprenditori di se stessi. Certo la specificità dell’azione amministrativa richiede un’attenzione forte alla legittimità degli atti e dei comportamenti e una adesione al sistema autorizzativo, ma la generazione di valore pubblico per i cittadini e per le imprese identificano nelle risorse umane la componente chiave di successo. Da “dipendenti” a imprenditori di se stessi 20 Punti di riflessione 5. IL RUOLO DEL FORMEZ Un’ultima rapida riflessione riguarda infine il ruolo che il Formez sta assumendo con sempre maggior nitidezza nei processi di sviluppo delle risorse umane. La mission di supportare i processi di ammodernamento della P.A. focalizza il ruolo del Centro sull’accompagnamento strategico a percorsi di cambiamento complessi, piuttosto che sulla assistenza di natura tecnica a fasi circoscritte dell’azione amministrativa. Ciò comporta, rispetto al tema dello sviluppo delle competenze: - l’interiorizzazione di un ruolo “alto” nei confronti dei destinatari dei programmi e dei progetti: sviluppare modelli e sistemi di crescita professionale per enti di governo e di regolazione porta a porsi dal punto di vista dei vertici amministrativi (Ministri, Presidenti e Sindaci) piuttosto che dei tecnici delle risorse umane, in quanto la formazione serve fondamentalmente a facilitare il conseguimento degli obiettivi programmatici dei primi (è questa infatti la mission dei secondi); Accompagnamento strategico ai processi di ammodernamento della P.A. - la propensione a sviluppare forme prototipali di intervento da sperimentare e diffondere all’interno della P.A. che siano contestualizzate e sostenibili nel tempo; 21 Punti di riflessione - l’incorporazione di “intelligenza” e di Knowledge nel personale e nei processi che caratterizzano il Centro, per governare i sistemi di acquisizione dei saperi variegati, articolati e in continua evoluzione che connotano oggi un’efficace azione amministrativa. 22 Glossario minimo di riferimento Abilitazione: l’abilitazione di un soggetto territoriale o di altri interlocutori consiste nella messa a disposizione, se ne fosse privo in tutto o in parte, delle risorse e delle capacità necessarie per esercitare un ruolo attivo e responsabile nei processi di definizione e attuazione delle politiche pubbliche. Azioni di sistema: un approccio che correla il conseguimento dei risultati attesi al concorrere di diverse leve e variabili, nell’ipotesi che obiettivi complessi possano essere più facilmente conseguite se affrontati simultaneamente con interventi plurimi e convergenti. Ciclo della programmazione: il processo che, a partire dai programmi politici votati dalla maggioranza degli elettori e per successive disaggregazioni, consente di attribuire risultati specifici a manager e operatori pubblici e di verificarne il conseguimento, saldando in tal modo programmazione strategica e programmazione operativa. Competenza: in questo caso il termine “competenza” non è utilizzato, come normalmente avviene nel linguaggio della P.A., per indicare l’attribuzione di responsabilità ad un soggetto istituzionale, ma nel senso, proprio delle teorie manageriali, dell’insieme di conoscenze, abilità e comportamenti incorporati nelle persone e che, opportunamente utilizzato, può consentire di conseguire efficacemente le performance attese. Controllabilità: paradigma direzionale che designa situazioni gestionali in cui l’attore organizzativo principale presidia tutte le variabili in grado di consentire il conseguimento degli obiettivi prefissati e la correlazione tra azioni sviluppate e risultati raggiunti. 23 Glossario minimo di riferimento Cooperazione interistituzionale multivello: l’integrazione tra soggetti istituzionali che appartengono a livelli diversi di articolazione della Repubblica Italiana, di tipo quindi verticale. Corresponsabilità: paradigma direzionale che designa situazioni in cui l’attore organizzativo può conseguire i propri obiettivi soltanto integrando variabili e processi presidiati da altri soggetti, per cui il conseguimento dei risultati attesi dipende da eventi e variabili non direttamente presidiabili. Empowerment dei cittadini: attivazione della consapevolezza dei cittadini singoli e aggregati e attribuzione ad essi di quote di potere nei processi di definizione e attuazione delle politiche pubbliche. Gestione per politiche: La gestione per “politiche”, a differenza della gestione per “obiettivi”, pone l’accento sulla capacità di governo e di regolazione degli enti istituzionali, fondata sulla definizione di indirizzi, di programmi e di outcome da conseguire, con impatti di ampio respiro sulla comunità e sul territorio presidiato, che richiedono necessariamente la collaborazione tra soggetti diversificati e l’individuazione di responsabilità articolate. 24 Glossario minimo di riferimento Governance: la regolazione del concorso di soggetti diversi per fisionomia, natura e finalità, al conseguimento di obiettivi di beneficio pubblico e di interesse generale; una forma intenzionale di presidio degli interessi in gioco, attraverso una particolare e mai definitiva disposizione delle relazioni e degli equilibri di potere tra molteplici soggetti pubblici e privati, finalizzata a generare l’ottimizzazione dell’azione amministrativa e a conseguire con successo i risultati programmati. “Il concetto di governance – si legge nel Libro bianco della Commissione Europea sulla Governance del 2001 – designa le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza”. People strategy: insieme dei principi, dei valori e degli obiettivi che connotano le politiche del personale delle organizzazioni e che orientano le priorità di intervento e di investimento gestionale. 25