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Presentazione di PowerPoint - Dott. Filippi
Legge 12 marzo 1999, n. 68 Norme per il diritto al lavoro dei disabili (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.68 del 23 marzo 1999 Supplemento Ordinario n. 57) Capo I DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI Art. 1. (Collocamento dei disabili) 1. La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato Art. 2. (Collocamento mirato) 1. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione. Capo II SERVIZI DEL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO Art. 6. (Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469) 1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati "uffici competenti", provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonchè all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato. 2. All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono apportate le seguenti modificazioni: … omissis … b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Nell'ambito di tale organismo è previsto un comitato tecnico composto da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del presente decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilità, con compiti relativi alla valutazione delle residue capacità lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all'inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per il funzionamento della Commissione di cui al comma 1". Art. 10. (Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti) ... Omissis … 3. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. … omissis. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda. Tralasciando ogni altro commento al disposto legislativo vigente Affrontiamo in questa sede un discorso inerente i problemi pratici che l’operatore incontra quotidianamente al momento di indirizzare un soggetto “disabile” ad un lavoro che possa essere confacente alle sue capacità psico-fisiche residue Alcuni argomenti saranno trattati in maniera più approfondita perché, secondo la mia ottica di medico del lavoro, di più rilevante importanza mentre altri saranno solo accennati per temi generali e l’approfondimento sarà eventualmente conseguente al dibattito che ne scaturirà. INVALIDITA’ CIVILE: •NON INVALIDO (assenza di patologia o con riduzione della capacità lavorativa in misura INFERIORE AD 1/3 o minore deambulate •INVALIDO con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura SUPERIORE AD 1/3 (art. 2 legge 118/71), (L. 23/11/88 n. 509): … % •INVALIDO con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura non inferiore ad 1/3 (L. 118/71 e D.Lgs. 509/88): … % •INVALIDO con riduzione permanente della capacità lavorativa in misura SUPERIORE AI 2/3 (art. 2 e 13 legge 118/71), (L. 23/11/88 n. 509): … % •INVALIDO con TOTALE e PERMANENTE inabilità lavorativa (art. 2 e 12 legge 118/71): 100 % Immagine copertina manuale Nel manuale vengono descritti i principali cicli tecnologici del settore tessile, indicando per ognuno di essi quelle che possono essere considerate le residue capacità psico-fisiche necessarie per la collocazione al lavoro di un soggetto disabile Nelle premesse di carattere generale del manuale vengono evidenziati invece alcuni problemi, relativi alla persona ed al suo stato di salute, che si presentano indipendentemente dalla mansione designata e che sono fortemente condizionanti la possibilità di una sua collocazione in un qualsiasi posto di lavoro. Il lavoro non deve essere mai causa di nocumento per la salute. Questa parte necessita di una analisi un po’ più approfondita in quanto sicuramente fa parte dei vostri problemi quotidiani. Alcuni problemi verranno più estesamente trattati: movimentazione manuale dei carichi, microclima, cardiopatia, uso dei D.P.I. (dispositivi di protezione individuali). UN CORRETTO APPROCCIO VALUTATIVO DEVE NECESSARIAMENTE FONDARSI SUI SEGUENTI CRITERI: 1. DIAGNOSI CLINICA CERTA ED ACCURATA, SOPRATTUTTO NEI TERMINI DELLA INFERMITA’, ESAMINANDO LA SUA EVENTUALE EMENDABILITA’ TERAPEUTICA E LA SUA POTENZIALE EVOLUTIVITA’. 2. INQUADRAMENTO DELLA MENOMAZIONE RAPPORTANDOLA ALL’ATTIVITA’ LAVORATIVA ED ALL’EVENTUALE USURA VERIFICANDO CONTEMPORANEAMENTE IL REQUISITO DELLA SUA PERMANENZA, QUALE STATO SOMATO-PSCICHICO DUREVOLE SENZA PREVISIONE DI CAMBIAMENTO A BREVE SCADENZA. Vale il principio per cui è indispensabile valutare la capacità complessiva individuale residua, in quanto conta non tanto quanto si è perso , ma, soprattutto, quel che è residuato al fine di consentire il recupero e di attribuire al singolo caso la valenza assistenziale che gli compete nella prospettiva di una sua idonea integrazione lavorativa IN ALTRI TERMINI: 1. IL PUNTO DI PARTENZA E’ COSTITUITO DALLA MENOMAZIONE DELLA INTEGRITA’ PSICO-FISICA CHE RAPPRESENTA L’ELEMENTO VALUTATIVO FONDAMENTALE, UNIFORME ED OMOGENEO. 2. IL PUNTO DI ARRIVO: IL DISABILE DEVE ESSERE DEFINITO NON SOLO PER LA CAPACITA’ FUNZIONALE PERDUTA, MA ANCHE E SOPRATTUTTO PER LA SUA CAPACITA’ FUNZIONALE RESIDUA AL FINE DI CONSENTIRE IL SUO RECUPERO ED IL SUO POSSIBILE COLLOCAMENTO LAVORATIVO IN MANSIONE CONGRUE AL SUO STATO E’ del tutto evidente che una precisa quantificazione medico-legale di una menomazione rappresenta la fase preliminare per l’apprezzamento di un eventuale danno. E’ indispensabile a tale scopo poter disporre di linee-guida valutative utili ad omogeneizzare i comportamenti ed a garantire equità. Abitualmente criticate le tabelle orientative possono soddisfare questa esigenza semprechè siano consultate con flessibilità, nel rispetto del principio della personalizzazione del danno. Le linee guida devono essere considerate una fonte culturale e non un vincolo per l’operatore, giacchè esse cercano solo di tracciare un percorso valido per la maggior parte dei casi. IL CONTRIBUTO DI QUESTO LAVORO NON HA LA PRETESA DI TABELLARE ESAURIENTEMENTE LE INFERMITA’, MA ESPRIME UNICAMENTE IL TENTATIVO DI PROPORRE UN APPROCCIO METOLOGICO. ANALISI DELLE PATOLOGIE CHE PIU’ FREQUENTEMENTE PRESENTANO PROBLEMI PER L’INSERIMENTO AL LAVORO DI UN DISABILE: •PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE •PATOLOGIE CARDIO-VASCOLARI •PATOLOGIE RESPIRATORIE •PATOLOGIE DI INTERESSE PSICHIATRICO E NEUROLOGICO ANALISI DEI PROBLEMI INERENTI IL LAVORO CHE PIU’ FREQUENTEMENTE PRESENTANO DIFFICOLTA’ PER L’INSERIMENTO AL LAVORO DI UN DISABILE: •MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI •MOVIMENTI RIPETITIVI DEGLI ARTI SUPERIORI •MICROCLIMA •ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI PERICOLOSI •LAVORO NOTTURNO •STRESS DA LAVORO Mantenimento della postazione eretta: Praticamente quasi tutte le mansioni esistenti in un’industria, tessile o di altro comparto, prevedono la necessità di mantenere la stazione eretta costantemente per tutto il turno di lavoro. La funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico degli arti inferiori e del rachide deve essere pertanto sufficiente allo scopo. Movimentazione manuale dei carichi Difficile pensare che esista una mansione in un’azienda che non preveda lo spostamenti di oggetti più o meno pesanti. Anche per l’effettuazione della movimentazione manuale è prevista una funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico degli arti inferiori e del rachide, ed in questo caso anche degli arti superiori, sufficiente allo scopo. IL D.Lgs. 626/94 PONE L’ATTENZIONE DEL MEDICO E DELL’AZIENDA SUI RISCHI CONNESSI ALLA MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO. L’ALLEGATO VI DEL D.Lgs. 626 INTENDE RICAVARE QUALE CONSIDERAZIONE ABBIA L’AZIENDA SULL’OPERAZIONE DEL SOLLEVAMENTO E SU COME ESSO VENGA SVOLTO AL SUO INTERNO, ED E’ PERTANTO UN GIUDIZIO PURAMENTE SOGGETTIVO CHE DEVE VENIRE ESPRESSO. IL MODELLO NIOSH E’ IN GRADO INVECE, IN MODO OGGETTIVO, DI IDENTIFICARE QUALI SARANNO I RISCHI INERENTI ALL’OPERAZIONE DELLA MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO E PERMETTE DI SELEZIONARE LE PERSONE IDONEE ALLA MANSIONE E PUO’ INOLTRE SUGGERIRE QUALI SARANNO I PROVVEDIMENTI DA ATTUARE. MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94 CARATTERISTICHE DEL CARICO •Il carico e’ troppo pesante (30 Kg) •E’ ingombrante o difficile da tenere •E’ in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi •E’ collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco •Puo’, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94 SFORZO FISICO RICHIESTO •E’ eccessivo •Puo’ essere effettuato soltanto con movimento di torsione del tronco •Puo’ comportare un movimento brusco del carico •E’ compiuto con il corpo in posizione instabile MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94 CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO •Lo spazio libero, in particolare verticale, e’ insufficiente per l’attivita’ richiesta •Il pavimento e’ ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento scarpe calzate dal lavoratore per le •Il posto o l’ambiemte di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale dei carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione •Il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implichino la manipolazione del carico a livelli diversi •Il pavimento o il punto di appoggio sono instabili •La temperatura, l’umidità o la circolazione dell’aria sono inadeguate MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94 ESIGENZE CONNESSE ALL’ATTIVITA’ •L’attività può comportare sforzi fisici che sollecitano particolarmente la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati •L’attività concede periodi di riposo o di recupero insufficienti •L’attività comporta distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto •L’attività comporta un ritmo imposto da un processo che non puo’ essere modulato dal lavoratore MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94 FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO •Il lavoratore e’ idoneo fisicamente a svolgere il compito in questione •Gli indumenti, le calzature e gli altri effetti personali portati dal lavoratore sono adeguati •Il lavoratore e’ sufficientemente formato e informato sui rischi costituiti nello svolgere il compito in questione MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO MODELLO NIOSH PER IL CALCOLO DEL LIMITE DEL PESO RACCOMANDATO NEL SOLLEVAMENTO AGGIORNATO ALLA NORMA EN 1005-2 (relativa a Prestazioni fisiche umane) IL MODELLO NIOSH PER IL CALCOLO DEL PESO LIMITE RACCOMANDATO TIENE INVECE CONTO DI VARIE CARATTERISTICHE INERENTI LE MODALITA’ CON CUI VIENE EFFETTUATO ILL SOLLEVAMENTO •COSTANTE DI PESO •ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL’INIZIO DEL SOLLEVAMENTO (FATTORE ALTEZZA) •DISTANZA VERTICALE DI SPOSTAMENTO TRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO (FATTORE DISLOCAZIONE) •DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE DISTANZA DEL PESO DAL CORPO (distanza massima raggiunta durante il sollevamento) (FATTORE ORIZZONTALE) •DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO (FATTORE ASIMMETRIA) •GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO (FATTORE PRESA) •LIMITAZIONE DELLO SPAZIO VERTICALE •LAVORO IN AMBIENTI CALDO-UMIDI •PRECISIONE DI COLLOCAZIONE DEL CARICO •FREQUENZA DEI GESTI IN RELAZIONE A DURATA espressa in atti al minuto (FATTORE FREQUENZA) •FATTORI AGGIUNTIVI (sollevamento con uno o due arti – una o due persone AD OGNUNA DI QUESTE CARATTERISTICHE VIENE ATTRIBUITO UN FATTORE DEMOLTIPLICATIVO CHE RAPPORTANDOSI AD UNA COSTANTE DI PESO LEGATA ALL’ETA’ ED AL SESSO DI CHI OPERA IL SOLLEVAMENTO PERMETTE LA DETERMINAZIONE DI UN PESO IDEALE ED IL CALCOLO DI UN INDICE DI SOLLEVAMENTO PESO SOLLEVATO ———————————————— PESO LIMITE RACCOMANDATO = I.S. (INDICE DI SOLLEVAMENTO) CRITERI DI VALUTAZIONE I.S. < 0,85 intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = I.S. < 0,75 (fino a 0,75 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale inferiori a 350 Kgr “AREA DI SICUREZZA”) SITUAZIONE ACCETTABILE —> NESSUN PROVVEDIMENTO 0,85 < I.S. < 1,00 intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = 0,75 < I.S. < 1,25 (tra 0,75 e 1,25 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale tra 350 e 650 Kgr “AREA DI ATTENZIONE”) ATTENZIONE —> ATTIVARE SORVEGLIANZA SANITARIA controlli con periodicita’ al massimo triennale, a seconda del giudizio medico - formazione ed informazione del personale. I.S. > 1,00 intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = I.S. > 1,25 (oltre 1,25 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale maggiori di 650 Kgr “AREA DI RISCHIO”) RISCHIO —> INTERVENTI DI PREVENZIONE necessitano interventi di prevenzione immediati, dando la prorita’ alle situazioni con indice piu’ elevato, nel frattempo attivare la sorveglianz sanitaria ravvicinata e avviare la formazione e l’informazione del personale. SONO PRESENTI CONDIZIONI DI SOLLEVAMENTO PERICOLOSE QUANDO I.S. E’ UGUALE O SUPERIORE A 3 NON VA ADIBITO A MOVIMENTAZIONE MANUALE CON QUESTO INDICE NEMMENO IL SOGGETTO PERFETTAMENTE SANO. PESI DI RIFERIMENTO PER SOGGETTI IPERSUSCETTIBILI Giovani ed anziani 15 Kgr - Donne in gravidanza 5 Kgr Pressocchè tutte le patologie che coinvolgono il rachide, indipendentemente dai meccanismi etiopatogenetici che le determinano, sono di nostro interesse, se non altro ai fini dell’espressione di un giudizi di idoneità al lavoro. Tuttavia è bene suddividere anche grossolanamente tali patologie in due diversi gruppi: •Patologie non etiologicamente correlabili con l’attività di lavoro (come patologie su base costituzionale, metabolica o genetica di tipo prevalentemente malformativo, ma che sono influenzate negativamente dal sovraccarico biomeccanico e che pertanto rappresentano una condizione di ipersuscettibilità nei soggetti che ne sono portatori. •Patologie ad etiologia multifattoriale nelle quali condizioni di sovraccarico biomeccanico lavorativo possono agire come cause primarie o secondarie rilevanti. Tali sono le forme che si incentrano su processi di degenerazione intervertebrale , come discopatie e protrusioni od ernie del disco, nonché le forme generiche acute come le lombalgie da sforzo. PATOLOGIE GRAVI (A CARICO DEL RACHIDE LOMBO-SACRALE) •ERNIA DISCALE •ERNIA DISCALE RIDOTTA CHIRURGICAMENTE •STENOSI DEL CANALE CON COMPROMISSIONE RADICOLARE •SPONDILOLISTESI DI 2° GRADO (SCIVOLAMENTO > 25 %) •SINDROME DI KLIPPEL-FEIL •SCOLIOSI IMPORTANTI •MORBO DI SCHEUERMANN CON DORSO CURVO STRUTTURATO DI CIRCA 40° CON PRESENZA DI DISCOPATIA NEL TRATTO LOMBARE •LESIONI DELLA STRUTTURA OSSEA E ARTICOLARE DI NATURA DISTRUTTIVA O NEOFORMATIVA (es. osteoporosi grave, angioma vertebrale, ecc.) •SPONDILITE ANCHILOSANTE •QUALSIASI ALTRA CAUSA DI INSTABILITA’ VERTEBRALE GRAVE ESCLUDERE PERMANENTEMENTE: da lavori che comportino sollevamenti o spostamenti di carichi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili dal 99,9 % della popolazione sana). I sollevamenti consentiti devono essere occasionali con frequenza di sollevamento massima di 1 volta ogni 5 minuti per non più di 2 ore nel turno lavorativo. SINDROME DI KLIPPEL-FEIL – patologia malformativa del rachide cervicale e del primo tratto dorsale e talvolta anche lombare, dovuta alla fusione delle vertebre e con alto indice di instabilità, caratterizzata dalla presenza di scoliosi e cifosi, associate spesso ad alterazioni renali e sordità. MORBO DI SCHEUERMANN – osteocondrosi giovanile dovuta a distrofia epifisaria e caratterizzata dalla presenza di marcata ipercifosi (> 40 %) a determinare un vero dorso curvo strutturato con deformazione a cono delle vertebre. SINDROME DI BAASTRUP – la malattia è caratterizzata da forte dolore lombare ai movimenti di flesso-estensione e da una evidente iperlordosi lombare formazione di pseudoarticolazione tra le apofisi spinose SPONDILOLISI – difetto di saldatura dell’istmo dell’arco vertebrale su base malformativa che configura la predisposizione alla spondilolistesi SPONDILOLISTESI – scivolamento vertebrale anteriore di una vertebra su quella sottostante, porta a rapida degenerazione del disco intervertebrale; il grado è determinato dalla percentuale di scivolamento 1° < 24 % - 2° < 49 % - 3° < 74 % - 4° > 74% SPONDILITE ANCHILOSANTE – malattia infiammatoria cronica caratterizzata da dolore e rigidità ed atteggiamento cifotico; fa parte delle malattie reumatiche. Limitazione ai sollevamenti: I.S. inferiore a 0,75 o comunque inferiori a 9 Kgr (immagine tratta da DOSSIER AMBIENTE) PATOLOGIE DI MEDIA GRAVITA’ (A CARICO DEL RACHIDE LOMBO-SACRALE) •SCOLIOSI SIGNIFICATIVA •SINDROME DI BAASTRUP •MORBO DI SCHEUERMANN CON DORSO CURVO STRUTTURATO •SINDROME DI KLIPPEL-FEIL •SPONDILOLISTESI 1° GRADO •SPONDILOLISI •EMISACRALIZZAZIONE CON PSEURO-ARTICOLAZIONE •STENOSI DEL CANALE IN ASSENZA DI SEGNI NEUROLOGICI •DISCOPATIA LOMBARE GRAVE •INVERSIONE LORDOSI LOMBARE IN PRESENZA DI DISCOPATIA •INSTABILITA’ VETEBRALI LIEVI ESCLUDERE PERMANENTEMENTE: da lavori che comportino sollevamenti o spostamenti di carichi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili dal 99,9 % della popolazione sana). Frequenza di sollevamento consigliata pari a 1 volta ogni 5 minuti per non più di 4 ore nel turno lavorativo non continuativa. Limitazione ai sollevamenti: I.S. inferiore a 0,75 o comunque inferiore a 15 Kgr (immagine tratta da DOSSIER AMBIENTE) Il rischio da movimenti ripetuti degli arti superiori Le patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori possono essere definite come alterazioni delle unità muscolo-tendinee, dei nervi periferici e del sistema vascolare. Riconoscono nella loro etiologia sia cause generiche, sia cause occupazionali. Possono comunque essere aggravate o precipitate da movimenti e sforzi ripetuti legati all’attività lavorativa svolta. Affezioni muscolo-scheletriche dell’arto superiore più frequenti •Tendinite della spalla o periartrite scapolo-omerale •Epicondilite e epitrocleite •Tendinite mano polso, s. di DeQuervain, dito a scatto •S. del tunnel carpale e altre sindromi canalicolari •S. dello stretto toracico •Borsiti e cisti tendinee •Artrosi Lavorazioni e comparti produttivi interessati al problema movimenti ripetuti degli arti superiori •Confezionamento •Macelleria •Maglieria •Industria meccanica •Addetti alle pulizie •Autotrasporto •Uso di forbici ed altri utensili •Uso del mouse e della tastiera REINSERIMENTO LAVORATIVO DI SOGGETTI PORTATORI DI PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE DEGLI ARTI SUPERIORI Il reinserimento lavorativo di soggetti affetti da patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori rappresenta uno dei problemi più rilevanti in quei contesti di lavoro in cui sono molteplici i compiti comportanti un potenziale sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI COMPITI E POSTI DI LAVORO PER SOGGETTI “PATOLOGICI” •Formazione •Predisposizione di una lista di compiti e posti di lavoro “potenzialmente “ adatti a soggetti patologici •Analisi e valutazione dei posti individuali •Predisposizione dei suggerimenti di modifica del posto di lavoro per l’inserimento dei soggetti portatori di patologia •Verifica della fattibiltà e dei tempi di attuazione dei provvedimenti di riprogettazione ESEMPIO – criteri minimi per l’identificazione di un posto di lavoro per soggetto patologico •Frequenza di azione non superiore a 20 azioni/minuto •Uso di forza minimale e comunque inferiore al 5 % della MCV scala di Borg •Assenza sostanziale di posture e movimenti che comportino “elevato impegno” delle principali articolazioni, soprattutto per l’articolazione portatrice di patologia •Presenza, all’interno di ogni ora di lavoro, di un adeguato tempo di recupero INDICI PER LA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE A MOVIMENTI RIPETUTI – tra i più usati •Scala di Borg •Indice O.C.R.A. E’ assolutamente pacifica, e banalmente evidente, l’importanza primaria e peculiare propria delle patologie dell’apparato cardiovascolare nell’ambito del giudizio tecnico concernente la validità psico-fisica e la capacità di lavoro di un soggetto. Sebbene lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni abbia profondamente modificato il mondo industriale, mutando radicalmente il lavoro e le modalità di estrinsecazione delle prestazioni lavorative, sebbene siano richiesti soltanto per talune speciali e ben definite attività il possesso e l’impiego della forza muscolare ed il ricorrere di “atti di forza” e di “sforzi” molto ripetuti, tuttavia non v’è alcun dubbio che permane e permarrà ancora a lungo la concezione clinica (e il correlato impegno valutativo) secondo cui le condizioni dell’apparato cardiocircolatorio sono essenziali per il giudizio tecnico sullo stato di salute del soggetto e le patologie dello stesso apparato costituiscono oggetto della valutazione dell’invalidità del lavoratore. LE INFERMITA’ CARDIOVASCOLARI SONO PARADIGMATICHE PER LA COMPLESSITA’ DELL’APPROCCIO CLINICO-VALUTATIVO NONSTANTE L’UNIVERSALE ADOZIONE DELLA STADIAZIONE NYHA (classificazione funzionale definita dalla New York Heart Association): • I CLASSE: la persona è portatrice di una malattia cardiaca che non influisce sulla sua attività fisica ordinaria • II CLASSE: la malattia determina una lieve limitazione dell’attività fisica ordinaria ed il soggetto può svolgere un’attività fisica di lieve entità • III CLASSE: la malattia determina una marcata limitazione di ogni attività fisica ed il soggetto può svolgere solo un’attività fisica sedentaria • IV CLASSE: il soggetto può presentare anche a riposo affaticamento, dispnea, palpitazioni, cianosi e dolore di tipo anginoso AI FINI DI UNA CORRETTA VALUTAZIONE E’ PERO’ COMUNQUE NECESSARIO INQUADRARE COMPIUTAMENTE IL GRADO DI INVALIDITA’ RAPPORTANDOLO ALL’IMPEGNO ERGOMETRICO, ALL’USURA ED OGNI ALTRO FATTORE CONOSCIUTO DELL’ATTIVITA’ LAVORATIVA. NELLA VALUTAZIONE DI UNA CARDIOPATIA RISULTA IMPORTANTE LA MISURA DELLA CAPACITA’ DI ESERCIZIO E DELLA SOGLIA ISCHEMICA (COMPETENZA QUESTA DEL MEDICO COMPETENTE DELL’AZIENDA CHE DOVRA’ POI ACCOGLIERE IL LAVORATORE DISABILE, CUI COMUNQUE SPETTA SEMPRE IL GIUDIZIO FINALE). SOGLIA ISCHEMICA: LA SOGLIA ISCHEMICA CORRISPONDE AL LIVELLO DI SFORZO AL QUALE COMPARE ISCHEMIA MIOCARDICA DURANTE UNO STRESS-TEST. LA COMPARSA DI ISCHEMIA AD ALTO CARICO E’ INDICATIVA DI: • UNA RISERVA CORONARICA SUFFICIENTE PER SFORZI SUB-MASSIMALI •UNA CORONAROPATIA LIEVE •DI UNA PROGNOSI FAVOREVOLE ALL’OPPOSTO DI UNA FORMA RIVELATASI A BASSO CARICO CARATTERIZZATA DA: •UNA RISERVA CORONARICA ADEGUATA SOLO A SFORZI DI LIEVE ENTITA’ •UN’ARTERIOSCLEROSI CORONARICA SEVERA •UNA PROGNOSI SFAVOLREVOLE IMPEGNO ERGONOMICO L’IMPEGNO ERGONOMICO PRIVO DI RISCHIO DEVE ESSERE INDIVIDUATO SULLA BASE DELLA PRESTAZIONE AL TEST DA SFORZO AD UN LIVELLO PARI A QUELLO DELL’ATTIVITA’ LAVORATIVA CONFACENTE AL SOGGETTO. AI FINI DEL GIUDIZIO E’ PERTANTO DETERMINANTE LA STIMA DEL REALE IMPEGNO ERGONOMICO CONNESSO ALL’ATTIVITA’DI LAVORO PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI 1. ANGINA 2. RIVASCOLARIZZAZIONE MIOCARDICA TRAMITE ANGIOPLASTICA CORONARICA 3. ARITMIE VASCOLARI 4. CARDIOPATIA IPERTENSIVA 5. INSUFFICIENZA VALVOLARE 6. CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA 7. TRAPIANTO CARDIACO 8. ANEURISMA AORTICO ALTRE PATOLOGIE VASCOLARI 1. ISCHEMIA CRONICA DEGLI ARTI INFERIORI 2. CEREBROPATIA ISCHEMICA Un rischio per la salute è connesso anche alla permanenza di un soggetto affetto da cardiopatia vascolare o meno ma di rilievo in un ambiente caratterizzato da sfavorevoli condizioni microclimatiche, in particolare si pensi livelli di temperatura elevati, specialmente se uniti ad un tasso di umidità anch’esso elevato, o a livelli di temperatura eccessivamente bassi. Considerazioni analoghe si possono fare anche per altre patologie vascolari che tutte, in genere, risentono in modo negativo dei disagi legati a condizioni di microclima sfavorevole. IL MICROCLIMA 1. IL BILANCIO TERMICO 2. IL BENESSERE TERMICO 3. PARAMETRI AMBIENTALI 4. MECCANISMI TERMOREGOLATORI IL BILANCIO TERMICO L’uomo è avvolto per tutta la sua superficie corporea ed in ogni sua attività da una coltre d’aria in mezzo alla quale vive, respira e vegeta, compiendo con essa continui adattamenti ed interscambi, in modo da mantenere costante la sua temperatura corporea, a prescindere dai frequenti o anche repentini mutamenti dei diversi fattori climatici e microclimatici, ovvero dalla sua più o meno intensa attività lavorativa. L’intimo contatto con l’aria ambiente che si verifica su tutta la superficie cutanea e sulle vie respiratorie (a mezzo della circolazione dei distretti cutanei e della ventilazione polmonare) permette di compensare attraverso i meccanismi termoregolatori dell’organismo umano le eventuali variazioni dell’azione strettamente congiunta dei fattori individuali (quale può essere il grado di lavoro svolto) e dei fattori fisici dell’ambiente di lavoro (temperatura, umidità e ventilazione) senza compromettere la sensazione di benessere termico dell’individuo. L’omeotermia del nucleo centrale a 36,7° è necessaria all’organismo umano per ul regolare svolgimento delle reazioni biochimiche. L’organismo perciò è fornito di validi sistemi (meccanismi termoregolatori: calore metabolico e termodispersione) atti a mantenere l’omeotermia IL BENESSERE TERMICO E’ una sensazione soggettiva legata fondamentalmente allo sforzo maggiore o minore imposto al sistema termoregolatore per la conservazione dell’equilibrio termico ed è in stretto rapporto con l’attività metabolica del soggetto a seconda che egli si trovi in stato di riposo o di lavoro. Esso di fatto esprime la soddisfazione per le condizioni microclimatiche e corrisponde alla “neutralità termica” dell’organismo. Al contrario il disagio o disconfort indica l’insoddisfazione per le condizioni microclimatiche che sarà tanto maggiore quanto più saranno impegnati i meccanismi di termoregolazione. Permettere ai lavoratori, specialmente se portatori di condizioni patologiche che li rendano ipersuscettibili, di operare in condizioni di confort termico equivale a prevenire danni alla loro salute. Una review di pubblicazioni scientifiche mostra che le capacità neuromuscolari e cognitive sono alterate mano a mano che ci si allontana dalla “neutralità termica” e le alterazioni sono più rapide se la temperatura varia verso il caldo piuttosto che versi il freddo. MECCANISMI TERMOREGOLATORI PRODUZIONE DI CALORE: La principale sorgente di calore per l’organismo umano è rappresentata dai processi ossidativi delle sostanze alimentari (calore metabolico). A seconda del grado di attività fisica si distingue un calore metabolico basale che corrisponde alla condizione di riposo ed un calore metabolico energetico che corrisponde alla condizione di attività fisica. PERDITA DI CALORE: E’ determinata quasi esclusivamente da due fattori: La rapidità con la quale il calore è trasportato dal nucleo centrale alla cute (vasodilatazione e frequenza cardiaca). La rapidità con la ,quale il calore può essere dissipato dalla cute all’ambiente circostante (irraggiamento, conduzione, convenzione ed evaporazione) In considerazione di quanto peso possano avere le caratteristiche personali dei lavoratori nel determinare la risposta dell’organismo alle varie condizioni di stress termico si rivela fondamentale la necessità di una valutazione del rischio espositivo e di una valutazione della condizione individuale di suscettibilità e resistenza allo stress termico Indicazioni in merito alla valutazione di disabilità e di ipersuscettibilità in esposizione a clima caldo-umido o a basse temperature sono nelle norme UNI EN ISO 9886-2004, ISO 12894, ISO 7243 e nel protocollo SIMLII 1978. In relazione ad attività gravosa in stress termico, tra le patologie più rilevanti, seppur non necessariamente causa di non idoneità assoluta, oltre alle malattie cardio-vascolari erano ivi riportate anche una significativa riduzione della funzione polmonare, alcune patologie gastro-enteriche o nefropatie croniche, metaboliche o psichiche, l’abuso di alcoolici. Tra le patologie meno rilevanti invece, oltre all’età superiore ai 40 anni, il sovrappeso. Per esposizioni a basse temperature erano indicate le seguenti patologie: rilevanti patologie cardio-vascolari e respiratorie, disturbi del circolo periferico, l’em oglobinuria parossistica da freddo, la crioglobulinemia el’orticaria da freddo. Un rischio evidente esiste per chi sia affetto da patologia dell’apparato respiratorio, in quanto tale situazione sicuramente ne controindica l’esposizione, oltre che a microclima sfavorevole, anche all’inalazione di vapori acidi o di altre sostanze irritanti (etichettatura: R20-nocivo per inalazione, R23-tossico per inalazione, R26-molto tossico per inalazione, R37-irritante per le vie respiratorie, R42-può provocare sensibilizzazione per inalazione, R49-può provocare il cancro per inalazione). Anche un tasso elevato di polverosità ambientale può essere controindicato per tale patologia, in particolare per certi tipi di fibre (per esempio quelle vegetali) o per polveri di granulometria piuttosto ridotta, e quindi capaci di penetrare in profondità nell’albero respiratorio. PATOLOGIE DELL’APPARATO RESPIRATORIO 1. ASMA BRONCHIALE 2. ASMA BRONCHIALE CRONICO 3. B.P.C.O. (BRONCO PNEUMO PATIA CRONICA OSTRUTTIVA) 4. IPERSUSCETTIBILITA’ BRONCHIALE ASPECIFICA 5. ENFISEMA 6. FIBROSI POLMONARI 7. TABAGISMO 8. altro ESEMPI DI SOSTANZE IRRITANTI BRONCO-POLMONARI 1. ISOCIANATI 2. ACIDI ORGANICI ED INORGANICI: ac. Solforico, ac. Solfidrico, ac. Foforico, ac. Ossalico, ecc. 3. ALCALI E LORO SALI: Ammoniaca, Idrossido di Sodio e di Potassio, ecc. 4. ALDEIDI EALCOLI: Acroleina, Aldeide Formica, Alcol Furfurilico, ecc. 5. ALOGENO-DERIVATI: Cloro e ac. Cloridrico, Bromo e ac. Bromidrico, ecc. 6. AMINE ALIFATICHE: Idrazina, ecc. 7. CIANODERIVATI: Acrilonitrile, ecc. 8. METALLI E LORO SALI: Argento, Berillio, Cadmio, Cromo, Ferro, Vanadio, Rame, Selenio, Stagno, ecc. 9. OSSIDI DI AZOTO: sono numerosi, indicati ingenere come gas nitrosi, sono inquinanti ambientali ed industriali. 10. PEROSSIDI: Ozono, ecc. 11. TERPENI E RESINE NATURALI: Colofonia, ecc. POLVERI LE PARTICELLE, SOLIDE E LIQUIDE, AERODISPERSE CHE SI AFFACCIANO ALL’INGRESSO DELLE VIE RESPIRATORIE POSSONO ESSERE INALATE (FRAZIONE INALATORIA). DEFINIREMO COME PERICOLOSE PER LA SALUTE SOLO QUELLE CHE, PER LA LORO PICCOLA GRANULOMETRIA, POSSONO GIUNGERE SINO AL COMPARTO ALVEOLARE (FRAZIONE RESPIRATORIA). POLVERI DANNOSE PER LA SALUTE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. SILICE LIBERA CRISTALLINA SILICATI (silicati di alluminio, talco, mica, caolino e altre argille, ecc.) CARBONE ASBESTO POLVERI INERTI (ferro, stagno, bario, terre rare, cemento, marmo, ecc.) METALLI DURI BERILLIO DERIVATI DERMICI FARINE E POLVERI VEGETALI ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI PERICOLOSI DECRETO LEGISLATIVO N.626/94 TITOLO VII-bis PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI secondo le LINEE GUIDA del Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro delle Regioni e delle Province Autonome RISULTA UTILISSIMO IL PROCEDIMENTO DI ANALISI PROPOSTO CHE PUO’ ESSERE SINTETIZZATO COME SEGUE INVENTARIO DEI PRODOTTI PRESENTI IN AZIENDA NOME COMMERCIALE COMPOSIZIONE CHIMICA VALUTAZIONE PRELIMINARE (1° FASE) ANALISI DELLE SCHEDE DI SICUREZZA PERICOLOSITA’ DELL’AGENTE SOSTANZE PERICOLOSE DATA DI REVISIONE FRASI R - (frasi di rischio) PRESENTI IN PICCOLA (rispetto della norma vigente) FRASI S - (frasi di sicurezza o consigli di PERCENTUALE prudenza) SIMBOLI DI RISCHIO - (classe di pericolo) proprietà fisico-chimiche proprietà tossicologiche ecc. TIPO E DURATA di ESPOSIZIONE CONSUMO MEDIO (anno/mese/turno di lavoro, totale o per addetto) FATTORI CHE DETERMINANO UN AUMENTO DEL RISCHIO PER LA SALUTE POSSIBILITA’ CHE SI FORMINO MISCELE EMISSIONI NON VOLUTE INTERMEDI DI LAVORAZIONE potenziamento reciproco effetti dannosi SOTTOPRODOTTI RIFIUTI (non etichettabili) FATTORI CHE DETERMINANO UNA DIMINUZIONE DEL RISCHIO PER LA SALUTE (misure preventive e protettive adottate) MISURE DI IGIENE AMBIENTALE MISURE DI IGIENE PERSONALE (organizzazione del lavoro, distribuzione FORMAZIONE DEL PERSONALE automatica dei prodotti, dispositivi di UTILIZZO DEI D.P.I. protezione collettivi, impianto di aspirazione, ecc.) AUTOGIUSTIFICAZIONE OPPURE VALUTAZIONE ANALITICA (2° FASE) RILEVAZIONI AMBIENTALI (esposizione cutanea e/o inalatoria) TLV e LIVELLO ESPOSIZIONE PROFESSIONALE RELAZIONE ANONIMA ANNUALE VALORI LIMITE BIOLOGICI e RISULTATI SORVEGLIANZA SANITARIA altro . . . MODALITA’ DI UTILIZZO (circostanze di svolgimento del lavoro) MODALITA’ DI STOCCAGGIO (rischio ambientale) STATO PSICHICO STRESS DA LAVORO STATO PSICHICO La manipolazione di sostanze chimiche, in particolare di quelle ad azione caustica o comunque di sostanze ad azione irritante, o di acqua bollente, necessita che il soggetto adibito a tale mansione debba essere in condizioni psichiche tali da essere sempre cosciente e presente all’ambiente circostante. Tale attenzione è necessaria anche per l’eventuale utilizzo del paranco e per la conduzione di macchinari robotizzati che prevedano una sequenza prestabilita di operazioni e tempi di svolgimento delle stesse. Il lavoratore che per il suo stato psichico non fosse nelle condizioni di integrità accennate, si dimostrerebbe pericoloso sia per sè stesso che per gli altri lavoratori. (Non si fa cenno al pericolo di essere catturati da organi meccanici in movimento, in quanto si presume l’azienda tipo abbia provveduto alla loro incarcerazione, come previsto dalle normative vigenti). STRESS DA LAVORO Negli ultimi anni il progresso, l’acquisizione di nuove tecnologie, le modifiche portate all’organizzazione del lavoro come la maggior flessibilità hanno determinato la crescente esigenza di sviluppare interventi e modalità di lavoro diversi dal passato e caratterizzati da più ampia disponibilità, maggiore specializzazione, spesso accelerazione degli impegni anche in relazione a studi, nuove tecnologie utilizzate, aggiornamenti, percorsi, sedi di lavoro, associati impegni familiari e sociali. Il sovraccarico di nuove richieste così determinato è stato ed è causa di fenomeni che definiamo con il concetto di stress e che hanno sempre più crescente importanza nella valutazione delle condizioni di benessere. Negli ultimi 10 anni, lo stress collegato al lavoro è diventato una delle maggiori preoccupazione per gli imprenditori che ne subiscono i costi e per tutti i cultori della prevenzione. Gli studi effettuati dalla Fondazione Europea tra il 1996 ed il 2000 hanno evidenziato come almeno il 28 % dei lavoratori abbia in quegli anni denunciato sintomi collegati allo stress. Altre indagini hanno segnalato come almeno il 50-60 % delle giornate persia sia riconducibile allo stress da lavoro. Secondo ulteriori indagini effettuate negli U.S.A. e riportate dal N.I.O.S.H. dal 26-29 % al 40 % dei lavoratori avrebbe segnalato di essere molto o estremamente stressato a causa del proprio lavoro. LO STRESS DA LAVORO PUO’ ESSERE DEFINITO COME un insieme di reazioni emotive, cognitive, comportamentali e fisiologiche collegate ad aspetti negativi e nocivi del contenuto, dell’organizzazione e del luogo di lavoro o secondo un’altra definizione come la risposta non specifica dell’organismo davanti a qualsiasi sollecitazione si presenti, innestando una normale reazione di adattamento che può arrivare ad essere patologica in situazioni estreme Rischi psico-sociali I rischi psico-sociali ai quali può essere correlato lo stress possono essere definiti in sostanza come gli aspetti della concezione dell’organizzazione e della gestione del lavoro che, come il contesto sociale ed ambientale, possono provocare disturbi psicologici o fisici. Se consideriamo l’esistenza di condizioni di predisposizione individuale ed il fatto che nella nostra vita quotidiana e di relazione possiamo essere sempre esposti in continuità a “stressors” risulta evidente come il soggetto portatore di disturbi di ordine psichiatrico sia particolarmente esposto a sviluppare vere e proprie condizioni di inadeguata soddisfazione e benessere lavorativo che portano inevitabilmente a sviluppare sintomi dovuti allo stress da lavoro. Rapporto tra mobbing e stress occupazionale Occorre fare molta attenzione a non confondere il mobbing con lo stress ed è necessario tracciare una netta distinzione, un specie di linea di confine da non valicare mai, tra loro. Sono due entità da tenere decisamente distinte ma il rapporto tra esse è tuttavia estremamente complesso nel senso che se è vero che il mobbing può essere causa di stress è anche vero che lo stress (derivante da impegni gravosi, da superlavoro, da cattiva distribuzione dei compiti, da cattiva organizzazione del lavoro e da fattori relazionali) in determinate occasioni può a sua volta essere causa di mobbing. Va tenuto presente comunque che il mobbing non è nè una sindrome ansioso-depressiva, nè uno stress occupazionale, nè tantomeno un disadattamento lavorativo. Tutte e tre queste condizioni possono essere conseguenza di una situazione di mobbing, come possono essere conseguenza, allo stesso modo, di altri problemi di lavoro, organizzativi o relazionali, come la disorganizzazione del lavoro, le mancanze ergonomiche, l’eccessivo carico di lavoro, lo stress, le difficoltà nei rapporti interpersonali, ecc. Così come anche la sindrome da affaticamento cronico ed i “bournout” (definito come una condizione di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione, di ritirata psicologica dal lavoro in risposta ad un eccessivo stress) possono essere a tutti gli effetti conseguenze di mobbing. Attenzione quindi a non confondere la causa con l’effetto. Importante, anzi iportantissima, è la mancanza di finalità in caso di stress, cito parte della definizione di mobbing: “la finalità o la conseguenza del mobbing è l’estromissione del lavoratore dal posto di lavoro”. LAVORO NOTTURNO - (D.L. 532/99) L’articolo 5 del D.Lgs. 532/99 prevede che i lavoratori notturni devono essere sottoposti a cura e spese del datore di lavoro, per il tramite del medico competente … omissis … a) ad accertamenti preventivi volti a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti; b) ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per il controllare il loro stato di salute; c) ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno. CONFERIMENTO DELL’IDONEITA’ AL LAVORO NOTTURNO 1. malattie cardiache, come insufficienza coronarica o cardiaca, con funzione cardiaca alterata o da ipertensione arteriosa grave 2. malattie del tratto gastroenterico, come cirrosi epatica, colite ulcerosa o morbo di Chron 3. malattie del sistema nervoso centrale, come epilessia, malattie cerebrali con sequele o malattie che richiedano terapia importante a base di psicofarmaci e sonniferi. 4. Essere dedito all’uso di sostanze stupefacenti o affetto da etilismo. 5. malattie endocrine, come diabete insulino-dipendente, tireotossicosi o patologie della surrene 6. malattie respiratorie, come asma bronchiale grave o bronco-pneumo-patia cronica ostruttiva in fase di riacutizzazione 7. essere sottoposto a dialisi 8. essere sottoposto a chemioterapia o radioterapia 9. essere al momento attuale in stato di gravidanza (per le lavoratrici in età fertile) CONDIZIONI UDITIVE Viene inoltre sempre richiesta a qualsiasi soggetto (abile o disabile) che presti la propria opera in un’azienda una condizione dell’udito tale da permettergli non solo di rendersi conto di quanto sta accadendo attorno a lui (come per esempio il transito di un carrello elevatore) ma anche di avvertire il rumore del macchinario al quale è stato adibito, al fine di cogliere anomalie di funzionamento tali da poter determinare un danno al macchinario stesso, nei casi più gravi, ma anche un danno al tessuto lavorato. CONDIZIONI VISIVE Un’ultima considerazione, sempre di carattere generale, va fatta per chi sia affetto da deficit visivo importante, in quanto potrebbe risultare difficile, se non addirittura impossibile, •la sua mobilità all’interno di una azienda (che comunque presenta rischi di varia natura: dal semplice inciampamento fino alla possibilità di collisione contro ostacoli vari) •l’utilizzo di macchinari comandati da tastiere o pulsantiere. D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale IDONEITA’ individuale], DEI D.P.I. [dispositivi di protezione le normative principali possono essere riassunte dai: •D.L. 475/92 requisiti dei D.P.I. •D.L. 626/94 uso dei D.P.I. (in particolare Titolo IV: uso dei dispositivi di protezione individuale, artt. 40-41-4243-44-45-46) •D.M. 02/maggio/2001 individuazione e uso dei D.P.I. D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale CORRETTO USO DEI D.P.I. (tra gli obblighi del datore di lavoro elencati nell’art. 43 comma 4 lettera g del Titolo IV del D.L. 626/94: assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo dei D.P.I., in particolare vige l’obbligo dell’addestramento per i D.P.I. di terza categoria, dispositivi complessi, e per quelli destinati a proteggere l’udito) ecc. L’accettabilità e l’utilizzo dei D.P.I. da parte dei lavoratori sono strettamente legati all’efficacia dei metodi impiegati durante le fasi di informazione, formazione e addestramento attuate dal datore di lavoro. D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale POSSIBILITA’ DELL’UTILIZZO DEI D.P.I. Va da se che le condizioni psico-fisiche del soggetto considerato devono necessariamente essere tali da permettere un corretto indossamento, e conseguentemente un corretto uso, dei D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) come previsto dalle normative vigenti. L’impossibilità all’uso di uno di tali dispositivi, se ritenuto necessario in base all’analisi dei rischi effettuata dall’azienda, prevede la non idoneità alla mansione specifica e quindi l’impossibilità di essere adibiti alla lavorazione in esame. L’idoneità alla mansione specifica viene determinata da tutta una serie di fatto di fattori, non ultimo dei quali è appunto la POSSIBILITA’ DELL’UTILIZZO DEI D.P.I. IL REQUISITO DELLA PERMANENZA, QUALE STATO SOMATO-PSCICHICO DUREVOLE SENZA PREVISIONE DI CAMBIAMENTO A BREVE SCADENZA E IL MECCANISMO DELLA RIVEDIBILITA’ ALCUNE PATOLOGIE, BENCHE’A BREVE SCADENZA NON PRESENTINO GENERALMENTE VARIAZIONI SIGNIFICATIVE SUL PIANO CLINICO TALI DA DETERMINARE VARIAZIONI DEL GRADO DI INVALIDITA’, IN TEMPI PIU’ LUNGHI, POSSONO INVECE PRESENTARE SOSTANZIALI MUTAMENTI, SIA IN SENSO POSITIVO, GRAZIE ALLA LORO EMENDABILITA’ TERAPEUTICA, CHE IN SENSO NEGATIVO, PER LA LORO NATURALE EVOLUZIONE, TALI DA DETERMINARE, AI GRADI ESTREMI DI VARIABILITA’, UNA CONDIZIONE DI INABILITA’ ASSOLUTA A QUALSIASI LAVORO O, AL CONTRARIO, LA PERDITA DELLO STATO DI INVALIDITA’ IN QUANTO L’INCIDENZA FUNZIONALE SULLA CAPACITA’ LAVORATIVA NON RAGGIUNGE PIU’ LA MISURA RICHIESTA DAL DISPOSTO LEGISLATIVO Il meccanismo della rivedibilità appare molto più chiaro sia nella disciplina I.N.P.S. che in quella I.N.A.I.L. in quanto, in questi casi, il soggetto viene regolarmente richiamato a visita periodica per la conferma del grado di invalidità precedentemente riconosciuto. E’ tipico l’esempio fornito da una parte: 1. dalla malattia neoplastica dopo il trattamento chemioterapico coronato da successo terapeutico 2. dal post-infarto Dall’altra: 1. dalle cardiopatie che progrediscono nella stadiazione NYHA 2. del diabete che progredisca verso una forma insulino-dipendente comoplicata 3. nell’evoluzione sempre purtroppo peggiorativa della sclerosi multipla DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992 APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE INVALIDANTI TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI 1. DIABETE MELLITO TIPO 1° O 2° CON COMPLICANZE MICRO-MACROANGIOPATICHE CON MANIFESTAZIONI CLINICHE DI MEDIO GRADO (CLASSE III): Percentuale di invalidità: min 41 - max 50 2. DIABETE MELLITO INSULINO-DIPENDENTE CON MEDIOCRE CONTROLLO METABOLICO E IPERLIPEMIA O CON CRISI IPOGLICEMICHE FREQUENTI NONOSTANTE TERAPIA (CLASSE III): Percentuale di invalidità: min 51 - max 60 3. DIABETE MELLITO COMPLICATO DA GRAVE NEFROPATIA E/O RETINOPATIA PROLIFERATIVA, MACULOPATIA, EMORRAGIE VITREALI E/O ARTERIOPATIA OSTRUTTIVA /CLASSE IV): Percentuale di invalidità: min 91 - max 100 (Noterete, curiosamente, che manca una patologia che comprenda l’intervallo tra 61 e 90) DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992 APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE INVALIDANTI TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI 1. NEOPLASIE A PROGNOSI FAVOREVOLE CON MODESTA COMPROMISSIONE FUNZIONALE: Percentuale di invalidità: fissa 11 2. NEOPLASIE A PROGNOSI FAVOREVOLE CON GRAVE COMPROMISSIONE FUNZIONALE: Percentuale di invalidità: fissa 70 3. NEOPLASIE A PROGNOSI INFAUSTA O PROBABILMENTE SFAVOREVOLE NONOSTANTE L’ASPORTAZIONE CHIRURGICA: Percentuale di invalidità: fissa 100 DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992 APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE INVALIDANTI TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI 1. SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA LIEVE: Percentuale di invalidità: fissa 30 2. SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA MEDIA: Percentuale di invalidità: min 41 - max 50 3. SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA GRAVE: Percentuale di invalidità: min 71 - max 80 DA QUANTO SINO AD ORA ESPOSTO EMERGE QUINDI LA NECESSITA’ DI ACQUISIRE QUANTE PIU’ POSSIBILE NUMEROSE INFORMAZIONI RIGUARDANTI: 1. LA MENOMAZIONE DEL SOGGETTO DISABILE (DIAGNOSI CLINICA CERTA ED ACCURATA) 2. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI CUI SARA’ ESPOSTO IL SOGGETTO PER LO SVOLGIMENTO DELLA PROPRIA MANSIONE IN AZIENDA (INQUADRAMENTO DELLA MENOMAZIONE RAPPORTANDOLA ALL’ATTIVITA’ LAVORATIVA) ))) DEVE QUINDI ESSERE APPRONTATA UNA IDONEA CHECK-LIST CHE RACCOLGA TUTTE LE INFORMAZIONI NECESSARIE CHECK-LIST UNA CORRETTA INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI CONNESSI ALLA MANSIONE DA SVOLGERE ALL’INTERNO DELL’AZIENDA SI PUO’ RICAVARE SOLO DA UNA ATTENTA LETTURA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI, OBBLIGATORIAMENTE REDATTA DAL DATORE DI LAVORO AI SENSI DEL D.Lgs. 626/94 SAREBBE COMUNQUE UTILE POTER PREDISPORRE UNA CHECK-LIST DA SOTTOPORRE ALL’AZIENDA IN PREVISIONE DELL’IMMISSIONE AL LAVORO DI UN SOGGETTO DISABILE RESTA COMUNQUE INSOSTITUIBILE IL GIUDIZIO FINALE DEL MEDICO COMPETENTE DELL’AZIENDA CIRCA L’IDONEITA’ DEL DISABILE A SVOLGERE LA MANSIONE DETERMINTA Proposta di una CHECK-LIST La raccolta delle notizie, al di là delle veste grafica, deve comprendere, oltre all’indicazione di mansione e reparto, notizie relative a tutti i rischi cui sarà sottoposto il lavoratore disabile, sia generici (legati alla semplice presenza del lavoratore in azienda) che specifici (legati allo svolgimento della mansione specifica). Rischi generici: 1- Rischi relativi all’ambiente di lavoro: • Condizioni microclimatiche: eccessivo calore o freddo, umidità, ricambio d’aria, presenza di mezzi di condizionamento della temperatura ed umidità, ecc. • Struttura dell’azienda: presenza di barriere architettoniche, fatiscenza delle strutture murarie, idoneità dei servizi, disponibilità di ambienti di ristoro, ecc. 2 - Rischi legati ai ritmi di lavoro • Lavoro straordinario • Lavoro notturno • Lavoro atipico • Cottimo • Catena di montaggio • ecc. 3 - Rischi relativi al percorso casa-lavoro • Viabilità • Mezzo proprio • Disponibilità di mezzo pubblico, in relazione anche all’orario di lavoro Rischi specifici: 1. Rischi relativi all’esposizione al rumore (D-Lgs.277/91): calcolo del LEP-D 2. Rischi relativi alla movimentazione manuale: calcolo dell’Indice di Sollevamento (modello NIOSH) 3. Rischi relativi alla necessita di compiere movimenti ripetuti degli arti superiori (modello OCRA) 4. Rischi connessi all’esposizione a polveri: misurazione dell’esposizione professionale 5. Rischi connessi all’esposizione a sostanze chimiche pericolose: misurazione dell’esposizione professionale 6. Rischi connessi alla possibile esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni 7. Rischi connessi all’esposizione ad agenti biologici 8. Rischi connessi all’esecuzione di lavori in altezza e/o in precarie condizioni di equilibrio 9. Rischi connessi all’utilizzo di strumenti vibranti 10. Rischi connessi all’esposizione a campi elettromagnetici 11. Rischi connessi all’esposizione a strumenti muniti di videoterminale LA CHECK-LIST deve inoltre individuare altre caratteristiche di svolgimento del lavoro delle quali tener conto e che siano adattabili al soggetto disabile, quali per esempio la necessità di relazionarsi con i colleghi ed i superiori o con il pubblico, lavorare in squadra, ecc. Più ogni altra notizia che interessi specificatamente il vostro lavoro che al medico del lavoro può non apparire evidente: numero dipendenti, referente aziendale, motivo della richiesta, titolo di studio richiesto, qualifica richiesta, precedenti esperienze lavorative, percorso formativo, ecc. e necessariamente i dati anagrafici dell’azienda