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Presentazione di PowerPoint - Dott. Filippi

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Presentazione di PowerPoint - Dott. Filippi
Legge 12 marzo 1999, n. 68
Norme per il diritto al lavoro dei disabili
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.68 del 23
marzo 1999 Supplemento Ordinario n. 57)
Capo I
DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI
Art. 1.
(Collocamento dei disabili)
1. La presente legge ha come finalità la promozione
dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone
disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di
collocamento mirato
Art. 2.
(Collocamento mirato)
1. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella
serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di
valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro
capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso
analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e
soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e
le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di
relazione.
Capo II
SERVIZI DEL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO
Art. 6.
(Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469)
1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4
del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito
denominati "uffici competenti", provvedono, in raccordo con i
servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo
le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione,
all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire
l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonchè
all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle
autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla
stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato.
2. All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, sono apportate le seguenti modificazioni:
… omissis …
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Nell'ambito di tale
organismo è previsto un comitato tecnico composto da funzionari
ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi
individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del presente
decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilità, con
compiti relativi alla valutazione delle residue capacità lavorative,
alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti
all'inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla
permanenza delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il
funzionamento del comitato tecnico si provvede mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per il
funzionamento della Commissione di cui al comma 1".
Art. 10.
(Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti)
... Omissis …
3. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di
significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile
può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni
a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi
il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le
condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle
sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso
l'azienda. … omissis. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel
caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti
dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la
definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno
dell'azienda.
Tralasciando ogni altro commento al disposto
legislativo vigente
Affrontiamo in questa sede un discorso inerente i
problemi pratici che l’operatore incontra
quotidianamente al momento di indirizzare un
soggetto “disabile” ad un lavoro che possa essere
confacente alle sue capacità psico-fisiche residue
Alcuni argomenti saranno trattati in maniera più
approfondita perché, secondo la mia ottica di medico del
lavoro, di più rilevante importanza mentre altri saranno solo
accennati per temi generali e l’approfondimento sarà
eventualmente conseguente al dibattito che ne scaturirà.
INVALIDITA’ CIVILE:
•NON INVALIDO (assenza di patologia o con riduzione della
capacità lavorativa in misura INFERIORE AD 1/3 o minore
deambulate
•INVALIDO con riduzione permanente della capacità
lavorativa in misura SUPERIORE AD 1/3 (art. 2 legge 118/71),
(L. 23/11/88 n. 509): … %
•INVALIDO con riduzione permanente della capacità
lavorativa in misura non inferiore ad 1/3 (L. 118/71 e D.Lgs.
509/88): … %
•INVALIDO con riduzione permanente della capacità
lavorativa in misura SUPERIORE AI 2/3 (art. 2 e 13 legge
118/71), (L. 23/11/88 n. 509): … %
•INVALIDO con TOTALE e PERMANENTE inabilità lavorativa
(art. 2 e 12 legge 118/71): 100 %
Immagine
copertina
manuale
Nel manuale vengono descritti i principali cicli tecnologici del settore
tessile, indicando per ognuno di essi quelle che possono essere
considerate le residue capacità psico-fisiche necessarie per la
collocazione al lavoro di un soggetto disabile
Nelle premesse di carattere generale del manuale vengono
evidenziati invece alcuni problemi, relativi alla persona ed al suo
stato di salute, che si presentano indipendentemente dalla mansione
designata e che sono fortemente condizionanti la possibilità di una sua
collocazione in un qualsiasi posto di lavoro.
Il lavoro non deve essere mai causa di nocumento per la salute.
Questa parte necessita di una analisi un po’ più approfondita in quanto
sicuramente fa parte dei vostri problemi quotidiani. Alcuni problemi
verranno più estesamente trattati: movimentazione manuale dei
carichi, microclima, cardiopatia, uso dei D.P.I. (dispositivi di
protezione individuali).
UN CORRETTO APPROCCIO VALUTATIVO DEVE
NECESSARIAMENTE FONDARSI SUI SEGUENTI CRITERI:
1.
DIAGNOSI CLINICA CERTA ED ACCURATA, SOPRATTUTTO NEI TERMINI DELLA
INFERMITA’, ESAMINANDO LA SUA EVENTUALE EMENDABILITA’ TERAPEUTICA E
LA SUA POTENZIALE EVOLUTIVITA’.
2.
INQUADRAMENTO DELLA MENOMAZIONE RAPPORTANDOLA ALL’ATTIVITA’
LAVORATIVA ED ALL’EVENTUALE USURA VERIFICANDO CONTEMPORANEAMENTE
IL REQUISITO DELLA SUA PERMANENZA, QUALE STATO SOMATO-PSCICHICO
DUREVOLE SENZA PREVISIONE DI CAMBIAMENTO A BREVE SCADENZA.
Vale il principio per cui è indispensabile valutare la capacità complessiva individuale
residua, in quanto conta non tanto quanto si è perso , ma, soprattutto, quel che è
residuato al fine di consentire il recupero e di attribuire al singolo caso la valenza
assistenziale che gli compete nella prospettiva di una sua idonea integrazione lavorativa
IN ALTRI TERMINI:
1.
IL PUNTO DI PARTENZA E’ COSTITUITO DALLA MENOMAZIONE DELLA INTEGRITA’
PSICO-FISICA CHE RAPPRESENTA L’ELEMENTO VALUTATIVO FONDAMENTALE,
UNIFORME ED OMOGENEO.
2.
IL PUNTO DI ARRIVO: IL DISABILE DEVE ESSERE DEFINITO NON SOLO PER LA CAPACITA’
FUNZIONALE PERDUTA, MA ANCHE E SOPRATTUTTO PER LA SUA CAPACITA’
FUNZIONALE RESIDUA AL FINE DI CONSENTIRE IL SUO RECUPERO ED IL SUO POSSIBILE
COLLOCAMENTO LAVORATIVO IN MANSIONE CONGRUE AL SUO STATO
E’ del tutto evidente che una precisa quantificazione medico-legale di una menomazione
rappresenta la fase preliminare per l’apprezzamento di un eventuale danno.
E’ indispensabile a tale scopo poter disporre di linee-guida valutative utili ad omogeneizzare i
comportamenti ed a garantire equità.
Abitualmente criticate le tabelle orientative possono soddisfare questa esigenza semprechè siano
consultate con flessibilità, nel rispetto del principio della personalizzazione del danno. Le
linee guida devono essere considerate una fonte culturale e non un vincolo per l’operatore,
giacchè esse cercano solo di tracciare un percorso valido per la maggior parte dei casi.
IL CONTRIBUTO DI QUESTO LAVORO NON HA LA PRETESA DI TABELLARE
ESAURIENTEMENTE LE INFERMITA’, MA ESPRIME UNICAMENTE IL TENTATIVO DI
PROPORRE UN APPROCCIO METOLOGICO.
ANALISI DELLE PATOLOGIE CHE PIU’ FREQUENTEMENTE
PRESENTANO PROBLEMI PER L’INSERIMENTO AL LAVORO DI UN
DISABILE:
•PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE
•PATOLOGIE CARDIO-VASCOLARI
•PATOLOGIE RESPIRATORIE
•PATOLOGIE DI INTERESSE PSICHIATRICO E NEUROLOGICO
ANALISI DEI PROBLEMI INERENTI IL LAVORO CHE PIU’
FREQUENTEMENTE PRESENTANO DIFFICOLTA’ PER L’INSERIMENTO AL
LAVORO DI UN DISABILE:
•MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
•MOVIMENTI RIPETITIVI DEGLI ARTI SUPERIORI
•MICROCLIMA
•ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
•LAVORO NOTTURNO
•STRESS DA LAVORO
Mantenimento della postazione eretta:
Praticamente quasi tutte le mansioni esistenti in un’industria, tessile o
di altro comparto, prevedono la necessità di mantenere la stazione
eretta costantemente per tutto il turno di lavoro.
La funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico degli arti inferiori
e del rachide deve essere pertanto sufficiente allo scopo.
Movimentazione manuale dei carichi
Difficile pensare che esista una mansione in un’azienda che non
preveda lo spostamenti di oggetti più o meno pesanti.
Anche per l’effettuazione della movimentazione manuale è prevista
una funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico degli arti
inferiori e del rachide, ed in questo caso anche degli arti superiori,
sufficiente allo scopo.
IL D.Lgs. 626/94 PONE L’ATTENZIONE DEL MEDICO E DELL’AZIENDA SUI RISCHI
CONNESSI ALLA MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO.
L’ALLEGATO VI DEL D.Lgs. 626 INTENDE RICAVARE QUALE CONSIDERAZIONE
ABBIA L’AZIENDA SULL’OPERAZIONE DEL SOLLEVAMENTO E SU COME ESSO
VENGA SVOLTO AL SUO INTERNO, ED E’ PERTANTO UN GIUDIZIO PURAMENTE
SOGGETTIVO CHE DEVE VENIRE ESPRESSO.
IL MODELLO NIOSH E’ IN GRADO INVECE, IN MODO OGGETTIVO, DI
IDENTIFICARE QUALI SARANNO I RISCHI INERENTI ALL’OPERAZIONE DELLA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO E PERMETTE DI SELEZIONARE LE
PERSONE IDONEE ALLA MANSIONE E PUO’ INOLTRE SUGGERIRE QUALI SARANNO
I PROVVEDIMENTI DA ATTUARE.
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94
CARATTERISTICHE DEL CARICO
•Il carico e’ troppo pesante (30 Kg)
•E’ ingombrante o difficile da tenere
•E’ in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi
•E’ collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa
distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco
•Puo’, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il
lavoratore, in particolare in caso di urto
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94
SFORZO FISICO RICHIESTO
•E’ eccessivo
•Puo’ essere effettuato soltanto con movimento di torsione del tronco
•Puo’ comportare un movimento brusco del carico
•E’ compiuto con il corpo in posizione instabile
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94
CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE DI LAVORO
•Lo spazio libero, in particolare verticale, e’ insufficiente per l’attivita’ richiesta
•Il pavimento e’ ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento
scarpe calzate dal lavoratore
per le
•Il posto o l’ambiemte di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale
dei carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione
•Il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implichino la manipolazione del
carico a livelli diversi
•Il pavimento o il punto di appoggio sono instabili
•La temperatura, l’umidità o la circolazione dell’aria sono inadeguate
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94
ESIGENZE CONNESSE ALL’ATTIVITA’
•L’attività può comportare sforzi fisici che sollecitano particolarmente la colonna
vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati
•L’attività concede periodi di riposo o di recupero insufficienti
•L’attività comporta distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di
trasporto
•L’attività comporta un ritmo imposto da un processo che non puo’ essere modulato dal
lavoratore
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
ALLEGATO VI del D.Lgs. 626/94
FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
•Il lavoratore e’ idoneo fisicamente a svolgere il compito in questione
•Gli indumenti, le calzature e gli altri effetti personali portati dal lavoratore sono adeguati
•Il lavoratore e’ sufficientemente formato e informato sui rischi costituiti nello svolgere il
compito in questione
MOVIMENTAZIONE MANUALE DI UN CARICO
MODELLO NIOSH PER IL
CALCOLO DEL LIMITE DEL PESO RACCOMANDATO
NEL SOLLEVAMENTO
AGGIORNATO ALLA NORMA EN 1005-2
(relativa a Prestazioni fisiche umane)
IL MODELLO NIOSH PER IL CALCOLO DEL PESO LIMITE RACCOMANDATO
TIENE INVECE CONTO DI VARIE CARATTERISTICHE INERENTI LE MODALITA’ CON CUI VIENE
EFFETTUATO ILL SOLLEVAMENTO
•COSTANTE DI PESO
•ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL’INIZIO DEL SOLLEVAMENTO (FATTORE ALTEZZA)
•DISTANZA VERTICALE DI SPOSTAMENTO TRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO (FATTORE
DISLOCAZIONE)
•DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE DISTANZA DEL
PESO DAL CORPO (distanza massima raggiunta durante il sollevamento) (FATTORE ORIZZONTALE)
•DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO (FATTORE ASIMMETRIA)
•GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO (FATTORE PRESA)
•LIMITAZIONE DELLO SPAZIO VERTICALE
•LAVORO IN AMBIENTI CALDO-UMIDI
•PRECISIONE DI COLLOCAZIONE DEL CARICO
•FREQUENZA DEI GESTI IN RELAZIONE A DURATA espressa in atti al minuto (FATTORE FREQUENZA)
•FATTORI AGGIUNTIVI (sollevamento con uno o due arti – una o due persone
AD OGNUNA DI QUESTE CARATTERISTICHE VIENE ATTRIBUITO UN FATTORE DEMOLTIPLICATIVO
CHE RAPPORTANDOSI AD UNA COSTANTE DI PESO LEGATA ALL’ETA’ ED AL SESSO DI CHI OPERA IL
SOLLEVAMENTO PERMETTE LA DETERMINAZIONE DI UN PESO IDEALE ED IL CALCOLO DI UN
INDICE DI SOLLEVAMENTO
PESO SOLLEVATO
————————————————
PESO LIMITE RACCOMANDATO
=
I.S. (INDICE DI SOLLEVAMENTO)
CRITERI DI VALUTAZIONE
I.S. < 0,85
intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = I.S. < 0,75
(fino a 0,75 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale inferiori a 350 Kgr “AREA DI SICUREZZA”)
SITUAZIONE ACCETTABILE —> NESSUN PROVVEDIMENTO
0,85 < I.S. < 1,00
intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = 0,75 < I.S. < 1,25
(tra 0,75 e 1,25 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale tra 350 e 650 Kgr “AREA DI ATTENZIONE”)
ATTENZIONE —> ATTIVARE SORVEGLIANZA SANITARIA
controlli con periodicita’ al massimo triennale, a seconda del giudizio medico - formazione ed informazione del personale.
I.S. > 1,00
intervallo di riferimento antecedente alla NORMA EN 1005-2 = I.S. > 1,25
(oltre 1,25 forze compressive esercitate sul disco intervertebrale maggiori di 650 Kgr “AREA DI RISCHIO”)
RISCHIO —> INTERVENTI DI PREVENZIONE
necessitano interventi di prevenzione immediati, dando la prorita’ alle situazioni con indice piu’ elevato, nel frattempo attivare la sorveglianz
sanitaria ravvicinata e avviare la formazione e l’informazione del personale.
SONO PRESENTI CONDIZIONI DI SOLLEVAMENTO PERICOLOSE QUANDO
I.S. E’ UGUALE O SUPERIORE A 3
NON VA ADIBITO A MOVIMENTAZIONE MANUALE CON QUESTO INDICE NEMMENO IL SOGGETTO PERFETTAMENTE SANO.
PESI DI RIFERIMENTO PER SOGGETTI IPERSUSCETTIBILI
Giovani ed anziani 15 Kgr - Donne in gravidanza 5 Kgr
Pressocchè tutte le patologie che coinvolgono il rachide,
indipendentemente dai meccanismi etiopatogenetici che le determinano,
sono di nostro interesse, se non altro ai fini dell’espressione di un
giudizi di idoneità al lavoro.
Tuttavia è bene suddividere anche grossolanamente tali patologie in due diversi gruppi:
•Patologie non etiologicamente correlabili con l’attività di lavoro (come patologie su base
costituzionale, metabolica o genetica di tipo prevalentemente malformativo, ma che sono
influenzate negativamente dal sovraccarico biomeccanico e che pertanto rappresentano una
condizione di ipersuscettibilità nei soggetti che ne sono portatori.
•Patologie ad etiologia multifattoriale nelle quali condizioni di sovraccarico biomeccanico
lavorativo possono agire come cause primarie o secondarie rilevanti. Tali sono le forme che si
incentrano su processi di degenerazione intervertebrale , come discopatie e protrusioni od ernie
del disco, nonché le forme generiche acute come le lombalgie da sforzo.
PATOLOGIE GRAVI (A CARICO DEL RACHIDE LOMBO-SACRALE)
•ERNIA DISCALE
•ERNIA DISCALE RIDOTTA CHIRURGICAMENTE
•STENOSI DEL CANALE CON COMPROMISSIONE RADICOLARE
•SPONDILOLISTESI DI 2° GRADO (SCIVOLAMENTO > 25 %)
•SINDROME DI KLIPPEL-FEIL
•SCOLIOSI IMPORTANTI
•MORBO DI SCHEUERMANN CON DORSO CURVO STRUTTURATO DI CIRCA 40° CON PRESENZA
DI DISCOPATIA NEL TRATTO LOMBARE
•LESIONI DELLA STRUTTURA OSSEA E ARTICOLARE DI NATURA DISTRUTTIVA O
NEOFORMATIVA (es. osteoporosi grave, angioma vertebrale, ecc.)
•SPONDILITE ANCHILOSANTE
•QUALSIASI ALTRA CAUSA DI INSTABILITA’ VERTEBRALE GRAVE
ESCLUDERE PERMANENTEMENTE:
da lavori che comportino sollevamenti o spostamenti di carichi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili
dal 99,9 % della popolazione sana). I sollevamenti consentiti devono essere occasionali con frequenza di
sollevamento massima di 1 volta ogni 5 minuti per non più di 2 ore nel turno lavorativo.
SINDROME DI KLIPPEL-FEIL – patologia malformativa del rachide cervicale e del primo tratto dorsale
e talvolta anche lombare, dovuta alla fusione delle vertebre e con alto indice di instabilità, caratterizzata
dalla presenza di scoliosi e cifosi, associate spesso ad alterazioni renali e sordità.
MORBO DI SCHEUERMANN – osteocondrosi giovanile dovuta a distrofia epifisaria e caratterizzata
dalla presenza di marcata ipercifosi (> 40 %) a determinare un vero dorso curvo strutturato con
deformazione a cono delle vertebre.
SINDROME DI BAASTRUP – la malattia è caratterizzata da forte dolore lombare ai movimenti di
flesso-estensione e da una evidente iperlordosi lombare formazione di pseudoarticolazione tra le apofisi
spinose
SPONDILOLISI – difetto di saldatura dell’istmo dell’arco vertebrale su base malformativa che configura
la predisposizione alla spondilolistesi
SPONDILOLISTESI – scivolamento vertebrale anteriore di una vertebra su quella sottostante, porta a
rapida degenerazione del disco intervertebrale; il grado è determinato dalla percentuale di scivolamento
1° < 24 % - 2° < 49 % - 3° < 74 % - 4° > 74%
SPONDILITE ANCHILOSANTE – malattia infiammatoria cronica caratterizzata da dolore e rigidità ed
atteggiamento cifotico; fa parte delle malattie reumatiche.
Limitazione ai sollevamenti:
I.S. inferiore a 0,75
o comunque inferiori a 9 Kgr
(immagine tratta da DOSSIER AMBIENTE)
PATOLOGIE DI MEDIA GRAVITA’ (A CARICO DEL RACHIDE LOMBO-SACRALE)
•SCOLIOSI SIGNIFICATIVA
•SINDROME DI BAASTRUP
•MORBO DI SCHEUERMANN CON DORSO CURVO STRUTTURATO
•SINDROME DI KLIPPEL-FEIL
•SPONDILOLISTESI 1° GRADO
•SPONDILOLISI
•EMISACRALIZZAZIONE CON PSEURO-ARTICOLAZIONE
•STENOSI DEL CANALE IN ASSENZA DI SEGNI NEUROLOGICI
•DISCOPATIA LOMBARE GRAVE
•INVERSIONE LORDOSI LOMBARE IN PRESENZA DI DISCOPATIA
•INSTABILITA’ VETEBRALI LIEVI
ESCLUDERE PERMANENTEMENTE:
da lavori che comportino sollevamenti o spostamenti di carichi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili
dal 99,9 % della popolazione sana). Frequenza di sollevamento consigliata pari a 1 volta ogni 5 minuti per
non più di 4 ore nel turno lavorativo non continuativa.
Limitazione ai sollevamenti:
I.S. inferiore a 0,75
o comunque inferiore a 15 Kgr
(immagine tratta da DOSSIER AMBIENTE)
Il rischio da movimenti ripetuti degli arti superiori
Le patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori possono essere
definite come alterazioni delle unità muscolo-tendinee, dei nervi
periferici e del sistema vascolare.
Riconoscono nella loro etiologia sia cause generiche, sia cause
occupazionali.
Possono comunque essere aggravate o precipitate da movimenti e sforzi
ripetuti legati all’attività lavorativa svolta.
Affezioni muscolo-scheletriche dell’arto superiore più
frequenti
•Tendinite della spalla o periartrite scapolo-omerale
•Epicondilite e epitrocleite
•Tendinite mano polso, s. di DeQuervain, dito a scatto
•S. del tunnel carpale e altre sindromi canalicolari
•S. dello stretto toracico
•Borsiti e cisti tendinee
•Artrosi
Lavorazioni e comparti produttivi interessati al
problema movimenti ripetuti degli arti superiori
•Confezionamento
•Macelleria
•Maglieria
•Industria meccanica
•Addetti alle pulizie
•Autotrasporto
•Uso di forbici ed altri utensili
•Uso del mouse e della tastiera
REINSERIMENTO LAVORATIVO DI SOGGETTI PORTATORI DI
PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE DEGLI ARTI SUPERIORI
Il reinserimento lavorativo di soggetti affetti da patologie muscolo-scheletriche
degli arti superiori rappresenta uno dei problemi più rilevanti in quei contesti di
lavoro in cui sono molteplici i compiti comportanti un potenziale sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori.
CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DI COMPITI E POSTI DI LAVORO PER
SOGGETTI “PATOLOGICI”
•Formazione
•Predisposizione di una lista di compiti e posti di lavoro “potenzialmente “ adatti a
soggetti patologici
•Analisi e valutazione dei posti individuali
•Predisposizione dei suggerimenti di modifica del posto di lavoro per
l’inserimento dei soggetti portatori di patologia
•Verifica della fattibiltà e dei tempi di attuazione dei provvedimenti di
riprogettazione
ESEMPIO – criteri minimi per l’identificazione di un posto di lavoro
per soggetto patologico
•Frequenza di azione non superiore a 20 azioni/minuto
•Uso di forza minimale e comunque inferiore al 5 % della MCV scala di Borg
•Assenza sostanziale di posture e movimenti che comportino “elevato impegno” delle
principali articolazioni, soprattutto per l’articolazione portatrice di patologia
•Presenza, all’interno di ogni ora di lavoro, di un adeguato tempo di recupero
INDICI PER LA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE A
MOVIMENTI RIPETUTI – tra i più usati
•Scala di Borg
•Indice O.C.R.A.
E’ assolutamente pacifica, e banalmente evidente, l’importanza primaria
e peculiare propria delle patologie dell’apparato cardiovascolare
nell’ambito del giudizio tecnico concernente la validità psico-fisica e la
capacità di lavoro di un soggetto.
Sebbene lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni abbia profondamente
modificato il mondo industriale, mutando radicalmente il lavoro e le
modalità di estrinsecazione delle prestazioni lavorative, sebbene siano
richiesti soltanto per talune speciali e ben definite attività il possesso e
l’impiego della forza muscolare ed il ricorrere di “atti di forza” e di
“sforzi” molto ripetuti, tuttavia non v’è alcun dubbio che permane e
permarrà ancora a lungo la concezione clinica (e il correlato impegno
valutativo) secondo cui le condizioni dell’apparato cardiocircolatorio
sono essenziali per il giudizio tecnico sullo stato di salute del soggetto
e le patologie dello stesso apparato costituiscono oggetto della
valutazione dell’invalidità del lavoratore.
LE INFERMITA’ CARDIOVASCOLARI SONO PARADIGMATICHE PER LA COMPLESSITA’
DELL’APPROCCIO CLINICO-VALUTATIVO NONSTANTE L’UNIVERSALE ADOZIONE DELLA
STADIAZIONE NYHA (classificazione funzionale definita dalla New York Heart Association):
•
I CLASSE: la persona è portatrice di una malattia cardiaca che non influisce sulla sua attività fisica
ordinaria
•
II CLASSE: la malattia determina una lieve limitazione dell’attività fisica ordinaria ed il soggetto può
svolgere un’attività fisica di lieve entità
•
III CLASSE: la malattia determina una marcata limitazione di ogni attività fisica ed il soggetto può
svolgere solo un’attività fisica sedentaria
•
IV CLASSE: il soggetto può presentare anche a riposo affaticamento, dispnea, palpitazioni, cianosi e
dolore di tipo anginoso
AI FINI DI UNA CORRETTA VALUTAZIONE E’ PERO’ COMUNQUE NECESSARIO INQUADRARE
COMPIUTAMENTE IL GRADO DI INVALIDITA’ RAPPORTANDOLO ALL’IMPEGNO
ERGOMETRICO, ALL’USURA ED OGNI ALTRO FATTORE CONOSCIUTO DELL’ATTIVITA’
LAVORATIVA.
NELLA VALUTAZIONE DI UNA CARDIOPATIA RISULTA IMPORTANTE LA MISURA DELLA
CAPACITA’ DI ESERCIZIO E DELLA SOGLIA ISCHEMICA (COMPETENZA QUESTA DEL
MEDICO COMPETENTE DELL’AZIENDA CHE DOVRA’ POI ACCOGLIERE IL LAVORATORE
DISABILE, CUI COMUNQUE SPETTA SEMPRE IL GIUDIZIO FINALE).
SOGLIA ISCHEMICA:
LA SOGLIA ISCHEMICA CORRISPONDE AL LIVELLO DI SFORZO AL QUALE
COMPARE ISCHEMIA MIOCARDICA DURANTE UNO STRESS-TEST.
LA COMPARSA DI ISCHEMIA AD ALTO CARICO E’ INDICATIVA DI:
• UNA RISERVA CORONARICA SUFFICIENTE PER SFORZI SUB-MASSIMALI
•UNA CORONAROPATIA LIEVE
•DI UNA PROGNOSI FAVOREVOLE
ALL’OPPOSTO DI UNA FORMA RIVELATASI A BASSO CARICO
CARATTERIZZATA DA:
•UNA RISERVA CORONARICA ADEGUATA SOLO A SFORZI DI LIEVE ENTITA’
•UN’ARTERIOSCLEROSI CORONARICA SEVERA
•UNA PROGNOSI SFAVOLREVOLE
IMPEGNO ERGONOMICO
L’IMPEGNO ERGONOMICO PRIVO DI RISCHIO DEVE ESSERE INDIVIDUATO
SULLA BASE DELLA PRESTAZIONE AL TEST DA SFORZO AD UN LIVELLO
PARI A QUELLO DELL’ATTIVITA’ LAVORATIVA CONFACENTE AL
SOGGETTO.
AI FINI DEL GIUDIZIO E’ PERTANTO DETERMINANTE LA STIMA DEL REALE
IMPEGNO ERGONOMICO CONNESSO ALL’ATTIVITA’DI LAVORO
PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI
1.
ANGINA
2.
RIVASCOLARIZZAZIONE MIOCARDICA TRAMITE ANGIOPLASTICA
CORONARICA
3.
ARITMIE VASCOLARI
4.
CARDIOPATIA IPERTENSIVA
5.
INSUFFICIENZA VALVOLARE
6.
CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA
7.
TRAPIANTO CARDIACO
8.
ANEURISMA AORTICO
ALTRE PATOLOGIE VASCOLARI
1.
ISCHEMIA CRONICA DEGLI ARTI INFERIORI
2.
CEREBROPATIA ISCHEMICA
Un rischio per la salute è connesso anche alla permanenza di un
soggetto affetto da cardiopatia vascolare o meno ma di rilievo in
un ambiente caratterizzato da sfavorevoli condizioni
microclimatiche, in particolare si pensi livelli di temperatura
elevati, specialmente se uniti ad un tasso di umidità anch’esso
elevato, o a livelli di temperatura eccessivamente bassi.
Considerazioni analoghe si possono fare anche per altre patologie
vascolari che tutte, in genere, risentono in modo negativo dei
disagi legati a condizioni di microclima sfavorevole.
IL MICROCLIMA
1.
IL BILANCIO TERMICO
2.
IL BENESSERE TERMICO
3.
PARAMETRI AMBIENTALI
4.
MECCANISMI TERMOREGOLATORI
IL BILANCIO TERMICO
L’uomo è avvolto per tutta la sua superficie corporea ed in ogni sua attività da una
coltre d’aria in mezzo alla quale vive, respira e vegeta, compiendo con essa continui
adattamenti ed interscambi, in modo da mantenere costante la sua temperatura
corporea, a prescindere dai frequenti o anche repentini mutamenti dei diversi fattori
climatici e microclimatici, ovvero dalla sua più o meno intensa attività lavorativa.
L’intimo contatto con l’aria ambiente che si verifica su tutta la superficie cutanea e
sulle vie respiratorie (a mezzo della circolazione dei distretti cutanei e della
ventilazione polmonare) permette di compensare attraverso i meccanismi
termoregolatori dell’organismo umano le eventuali variazioni dell’azione strettamente
congiunta dei fattori individuali (quale può essere il grado di lavoro svolto) e dei
fattori fisici dell’ambiente di lavoro (temperatura, umidità e ventilazione) senza
compromettere la sensazione di benessere termico dell’individuo.
L’omeotermia del nucleo centrale a 36,7° è necessaria all’organismo umano per ul
regolare svolgimento delle reazioni biochimiche. L’organismo perciò è fornito di
validi sistemi (meccanismi termoregolatori: calore metabolico e termodispersione)
atti a mantenere l’omeotermia
IL BENESSERE TERMICO
E’ una sensazione soggettiva legata fondamentalmente allo sforzo maggiore o
minore imposto al sistema termoregolatore per la conservazione dell’equilibrio
termico ed è in stretto rapporto con l’attività metabolica del soggetto a seconda
che egli si trovi in stato di riposo o di lavoro. Esso di fatto esprime la
soddisfazione per le condizioni microclimatiche e corrisponde alla “neutralità
termica” dell’organismo. Al contrario il disagio o disconfort indica
l’insoddisfazione per le condizioni microclimatiche che sarà tanto maggiore
quanto più saranno impegnati i meccanismi di termoregolazione.
Permettere ai lavoratori, specialmente se portatori di condizioni patologiche che
li rendano ipersuscettibili, di operare in condizioni di confort termico equivale a
prevenire danni alla loro salute.
Una review di pubblicazioni scientifiche mostra che le capacità neuromuscolari
e cognitive sono alterate mano a mano che ci si allontana dalla “neutralità
termica” e le alterazioni sono più rapide se la temperatura varia verso il caldo
piuttosto che versi il freddo.
MECCANISMI TERMOREGOLATORI
PRODUZIONE DI CALORE:
La principale sorgente di calore per l’organismo umano è rappresentata dai processi
ossidativi delle sostanze alimentari (calore metabolico).
A seconda del grado di attività fisica si distingue un calore metabolico basale che
corrisponde alla condizione di riposo ed un calore metabolico energetico che
corrisponde alla condizione di attività fisica.
PERDITA DI CALORE:
E’ determinata quasi esclusivamente da due fattori:
La rapidità con la quale il calore è trasportato dal nucleo centrale alla cute
(vasodilatazione e frequenza cardiaca).
La rapidità con la ,quale il calore può essere dissipato dalla cute all’ambiente
circostante (irraggiamento, conduzione, convenzione ed evaporazione)
In considerazione di quanto peso possano avere le caratteristiche
personali dei lavoratori nel determinare la risposta dell’organismo alle
varie condizioni di stress termico si rivela fondamentale la necessità di
una valutazione del rischio espositivo e di
una valutazione della condizione individuale di suscettibilità e
resistenza allo stress termico
Indicazioni in merito alla valutazione di disabilità e di ipersuscettibilità in esposizione a
clima caldo-umido o a basse temperature sono nelle norme UNI EN ISO 9886-2004,
ISO 12894, ISO 7243 e nel protocollo SIMLII 1978.
In relazione ad attività gravosa in stress termico, tra le patologie più rilevanti, seppur
non necessariamente causa di non idoneità assoluta, oltre alle malattie cardio-vascolari
erano ivi riportate anche una significativa riduzione della funzione polmonare, alcune
patologie gastro-enteriche o nefropatie croniche, metaboliche o psichiche, l’abuso di
alcoolici. Tra le patologie meno rilevanti invece, oltre all’età superiore ai 40 anni, il
sovrappeso.
Per esposizioni a basse temperature erano indicate le seguenti patologie: rilevanti
patologie cardio-vascolari e respiratorie, disturbi del circolo periferico, l’em oglobinuria
parossistica da freddo, la crioglobulinemia el’orticaria da freddo.
Un rischio evidente esiste per chi sia affetto da patologia dell’apparato
respiratorio, in quanto tale situazione sicuramente ne controindica
l’esposizione, oltre che a microclima sfavorevole, anche all’inalazione di
vapori acidi o di altre sostanze irritanti (etichettatura: R20-nocivo per
inalazione, R23-tossico per inalazione, R26-molto tossico per inalazione,
R37-irritante per le vie respiratorie, R42-può provocare sensibilizzazione
per inalazione, R49-può provocare il cancro per inalazione).
Anche un tasso elevato di polverosità ambientale può essere
controindicato per tale patologia, in particolare per certi tipi di fibre (per
esempio quelle vegetali) o per polveri di granulometria piuttosto ridotta,
e quindi capaci di penetrare in profondità nell’albero respiratorio.
PATOLOGIE DELL’APPARATO RESPIRATORIO
1.
ASMA BRONCHIALE
2.
ASMA BRONCHIALE CRONICO
3.
B.P.C.O. (BRONCO PNEUMO PATIA CRONICA OSTRUTTIVA)
4.
IPERSUSCETTIBILITA’ BRONCHIALE ASPECIFICA
5.
ENFISEMA
6.
FIBROSI POLMONARI
7.
TABAGISMO
8.
altro
ESEMPI DI SOSTANZE IRRITANTI BRONCO-POLMONARI
1.
ISOCIANATI
2.
ACIDI ORGANICI ED INORGANICI: ac. Solforico, ac. Solfidrico, ac.
Foforico, ac. Ossalico, ecc.
3.
ALCALI E LORO SALI: Ammoniaca, Idrossido di Sodio e di Potassio, ecc.
4.
ALDEIDI EALCOLI: Acroleina, Aldeide Formica, Alcol Furfurilico, ecc.
5.
ALOGENO-DERIVATI: Cloro e ac. Cloridrico, Bromo e ac. Bromidrico, ecc.
6.
AMINE ALIFATICHE: Idrazina, ecc.
7.
CIANODERIVATI: Acrilonitrile, ecc.
8.
METALLI E LORO SALI: Argento, Berillio, Cadmio, Cromo, Ferro, Vanadio,
Rame, Selenio, Stagno, ecc.
9.
OSSIDI DI AZOTO: sono numerosi, indicati ingenere come gas nitrosi, sono
inquinanti ambientali ed industriali.
10. PEROSSIDI: Ozono, ecc.
11. TERPENI E RESINE NATURALI: Colofonia, ecc.
POLVERI
LE PARTICELLE, SOLIDE E LIQUIDE, AERODISPERSE CHE SI AFFACCIANO
ALL’INGRESSO DELLE VIE RESPIRATORIE POSSONO ESSERE INALATE
(FRAZIONE INALATORIA).
DEFINIREMO COME PERICOLOSE PER LA SALUTE SOLO QUELLE CHE, PER LA
LORO PICCOLA GRANULOMETRIA, POSSONO GIUNGERE SINO AL
COMPARTO ALVEOLARE (FRAZIONE RESPIRATORIA).
POLVERI DANNOSE PER LA SALUTE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
SILICE LIBERA CRISTALLINA
SILICATI (silicati di alluminio, talco, mica, caolino e altre argille, ecc.)
CARBONE
ASBESTO
POLVERI INERTI (ferro, stagno, bario, terre rare, cemento, marmo, ecc.)
METALLI DURI
BERILLIO
DERIVATI DERMICI
FARINE E POLVERI VEGETALI
ESPOSIZIONE AD AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
DECRETO LEGISLATIVO N.626/94 TITOLO VII-bis
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI
secondo le LINEE GUIDA
del Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro
delle Regioni e delle Province Autonome
RISULTA UTILISSIMO IL PROCEDIMENTO DI ANALISI PROPOSTO
CHE PUO’ ESSERE SINTETIZZATO COME SEGUE
INVENTARIO DEI PRODOTTI
PRESENTI IN AZIENDA
NOME
COMMERCIALE
COMPOSIZIONE
CHIMICA
VALUTAZIONE PRELIMINARE
(1° FASE)
ANALISI DELLE SCHEDE DI SICUREZZA PERICOLOSITA’ DELL’AGENTE
SOSTANZE PERICOLOSE
DATA DI REVISIONE
FRASI R - (frasi di rischio)
PRESENTI IN PICCOLA
(rispetto della norma vigente)
FRASI S - (frasi di sicurezza o consigli di
PERCENTUALE
prudenza)
SIMBOLI DI RISCHIO - (classe di pericolo)
proprietà fisico-chimiche
proprietà tossicologiche
ecc.
TIPO E DURATA di ESPOSIZIONE
CONSUMO MEDIO
(anno/mese/turno di lavoro, totale o per
addetto)
FATTORI CHE DETERMINANO UN
AUMENTO DEL RISCHIO
PER LA SALUTE
POSSIBILITA’ CHE SI FORMINO MISCELE EMISSIONI NON VOLUTE
INTERMEDI DI LAVORAZIONE
potenziamento reciproco effetti dannosi
SOTTOPRODOTTI
RIFIUTI
(non etichettabili)
FATTORI CHE DETERMINANO UNA
DIMINUZIONE DEL RISCHIO
PER LA SALUTE
(misure preventive e protettive adottate)
MISURE DI IGIENE AMBIENTALE
MISURE DI IGIENE PERSONALE
(organizzazione del lavoro, distribuzione
FORMAZIONE DEL PERSONALE
automatica dei prodotti, dispositivi di
UTILIZZO DEI D.P.I.
protezione collettivi, impianto di aspirazione,
ecc.)
AUTOGIUSTIFICAZIONE
OPPURE
VALUTAZIONE ANALITICA
(2° FASE)
RILEVAZIONI AMBIENTALI
(esposizione cutanea e/o inalatoria)
TLV
e
LIVELLO ESPOSIZIONE
PROFESSIONALE
RELAZIONE ANONIMA ANNUALE
VALORI LIMITE BIOLOGICI
e
RISULTATI SORVEGLIANZA
SANITARIA
altro . . .
MODALITA’ DI UTILIZZO
(circostanze di svolgimento del lavoro)
MODALITA’ DI STOCCAGGIO
(rischio ambientale)
STATO PSICHICO
STRESS DA LAVORO
STATO PSICHICO
La manipolazione di sostanze chimiche, in particolare di quelle ad azione
caustica o comunque di sostanze ad azione irritante, o di acqua bollente,
necessita che il soggetto adibito a tale mansione debba essere in
condizioni psichiche tali da essere sempre cosciente e presente
all’ambiente circostante.
Tale attenzione è necessaria anche per l’eventuale utilizzo del paranco e
per la conduzione di macchinari robotizzati che prevedano una sequenza
prestabilita di operazioni e tempi di svolgimento delle stesse.
Il lavoratore che per il suo stato psichico non fosse nelle condizioni di
integrità accennate, si dimostrerebbe pericoloso sia per sè stesso che per
gli altri lavoratori.
(Non si fa cenno al pericolo di essere catturati da organi meccanici in
movimento, in quanto si presume l’azienda tipo abbia provveduto alla
loro incarcerazione, come previsto dalle normative vigenti).
STRESS DA LAVORO
Negli ultimi anni il progresso, l’acquisizione di nuove tecnologie, le modifiche portate
all’organizzazione del lavoro come la maggior flessibilità hanno determinato la
crescente esigenza di sviluppare interventi e modalità di lavoro diversi dal passato e
caratterizzati da più ampia disponibilità, maggiore specializzazione, spesso
accelerazione degli impegni anche in relazione a studi, nuove tecnologie utilizzate,
aggiornamenti, percorsi, sedi di lavoro, associati impegni familiari e sociali.
Il sovraccarico di nuove richieste così determinato è stato ed è causa di fenomeni che
definiamo con il concetto di stress e che hanno sempre più crescente importanza nella
valutazione delle condizioni di benessere.
Negli ultimi 10 anni, lo stress collegato al lavoro è diventato una delle maggiori
preoccupazione per gli imprenditori che ne subiscono i costi e per tutti i cultori della
prevenzione.
Gli studi effettuati dalla Fondazione Europea tra il 1996 ed il 2000 hanno evidenziato
come almeno il 28 % dei lavoratori abbia in quegli anni denunciato sintomi collegati
allo stress. Altre indagini hanno segnalato come almeno il 50-60 % delle giornate persia
sia riconducibile allo stress da lavoro. Secondo ulteriori indagini effettuate negli U.S.A.
e riportate dal N.I.O.S.H. dal 26-29 % al 40 % dei lavoratori avrebbe segnalato di essere
molto o estremamente stressato a causa del proprio lavoro.
LO STRESS DA LAVORO PUO’ ESSERE DEFINITO COME
un insieme di reazioni emotive, cognitive, comportamentali e fisiologiche
collegate ad aspetti negativi e nocivi del contenuto, dell’organizzazione
e del luogo di lavoro
o secondo un’altra definizione come
la risposta non specifica dell’organismo davanti a qualsiasi
sollecitazione si presenti, innestando una normale reazione di
adattamento che può arrivare ad essere patologica in situazioni estreme
Rischi psico-sociali
I rischi psico-sociali ai quali può essere correlato lo stress possono essere
definiti in sostanza come gli aspetti della concezione dell’organizzazione
e della gestione del lavoro che, come il contesto sociale ed ambientale,
possono provocare disturbi psicologici o fisici.
Se consideriamo l’esistenza di condizioni di predisposizione individuale
ed il fatto che nella nostra vita quotidiana e di relazione possiamo essere
sempre esposti in continuità a “stressors” risulta evidente come il
soggetto portatore di disturbi di ordine psichiatrico sia particolarmente
esposto a sviluppare vere e proprie condizioni di inadeguata
soddisfazione e benessere lavorativo che portano inevitabilmente a
sviluppare sintomi dovuti allo stress da lavoro.
Rapporto tra mobbing e stress occupazionale
Occorre fare molta attenzione a non confondere il mobbing con lo stress ed è necessario
tracciare una netta distinzione, un specie di linea di confine da non valicare mai, tra loro.
Sono due entità da tenere decisamente distinte ma il rapporto tra esse è tuttavia
estremamente complesso nel senso che se è vero che il mobbing può essere causa di stress è
anche vero che lo stress (derivante da impegni gravosi, da superlavoro, da cattiva
distribuzione dei compiti, da cattiva organizzazione del lavoro e da fattori relazionali) in
determinate occasioni può a sua volta essere causa di mobbing.
Va tenuto presente comunque che il mobbing non è nè una sindrome ansioso-depressiva, nè
uno stress occupazionale, nè tantomeno un disadattamento lavorativo. Tutte e tre queste
condizioni possono essere conseguenza di una situazione di mobbing, come possono essere
conseguenza, allo stesso modo, di altri problemi di lavoro, organizzativi o relazionali, come la
disorganizzazione del lavoro, le mancanze ergonomiche, l’eccessivo carico di lavoro, lo stress,
le difficoltà nei rapporti interpersonali, ecc.
Così come anche la sindrome da affaticamento cronico ed i “bournout” (definito come una
condizione di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione, di ritirata psicologica dal lavoro in
risposta ad un eccessivo stress) possono essere a tutti gli effetti conseguenze di mobbing.
Attenzione quindi a non confondere la causa con l’effetto.
Importante, anzi iportantissima, è la mancanza di finalità in caso di stress, cito parte della
definizione di mobbing: “la finalità o la conseguenza del mobbing è l’estromissione del
lavoratore dal posto di lavoro”.
LAVORO NOTTURNO - (D.L. 532/99)
L’articolo 5 del D.Lgs. 532/99 prevede che i lavoratori notturni devono
essere sottoposti a cura e spese del datore di lavoro, per il tramite del
medico competente … omissis … a) ad accertamenti preventivi volti a
constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono
adibiti; b) ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per il
controllare il loro stato di salute; c) ad accertamenti in caso di evidenti
condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno.
CONFERIMENTO DELL’IDONEITA’ AL LAVORO
NOTTURNO
1.
malattie cardiache, come insufficienza coronarica o cardiaca, con funzione cardiaca
alterata o da ipertensione arteriosa grave
2.
malattie del tratto gastroenterico, come cirrosi epatica, colite ulcerosa o morbo di
Chron
3.
malattie del sistema nervoso centrale, come epilessia, malattie cerebrali con sequele o
malattie che richiedano terapia importante a base di psicofarmaci e sonniferi.
4.
Essere dedito all’uso di sostanze stupefacenti o affetto da etilismo.
5.
malattie endocrine, come diabete insulino-dipendente, tireotossicosi o patologie della
surrene
6.
malattie respiratorie, come asma bronchiale grave o bronco-pneumo-patia cronica
ostruttiva in fase di riacutizzazione
7.
essere sottoposto a dialisi
8.
essere sottoposto a chemioterapia o radioterapia
9.
essere al momento attuale in stato di gravidanza (per le lavoratrici in età fertile)
CONDIZIONI UDITIVE
Viene inoltre sempre richiesta a qualsiasi soggetto (abile o
disabile) che presti la propria opera in un’azienda una condizione
dell’udito tale da permettergli non solo di rendersi conto di
quanto sta accadendo attorno a lui (come per esempio il transito
di un carrello elevatore) ma anche di avvertire il rumore del
macchinario al quale è stato adibito, al fine di cogliere anomalie
di funzionamento tali da poter determinare un danno al
macchinario stesso, nei casi più gravi, ma anche un danno al
tessuto lavorato.
CONDIZIONI VISIVE
Un’ultima considerazione, sempre di carattere generale, va fatta
per chi sia affetto da deficit visivo importante, in quanto potrebbe
risultare difficile, se non addirittura impossibile,
•la sua mobilità all’interno di una azienda (che comunque
presenta rischi di varia natura: dal semplice inciampamento fino
alla possibilità di collisione contro ostacoli vari)
•l’utilizzo di macchinari comandati da tastiere o pulsantiere.
D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale
IDONEITA’
individuale],
DEI
D.P.I.
[dispositivi
di
protezione
le normative principali possono essere riassunte dai:
•D.L. 475/92 requisiti dei D.P.I.
•D.L. 626/94 uso dei D.P.I. (in particolare Titolo IV: uso
dei dispositivi di protezione individuale, artt. 40-41-4243-44-45-46)
•D.M. 02/maggio/2001 individuazione e uso dei D.P.I.
D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale
CORRETTO USO DEI D.P.I.
(tra gli obblighi del datore di lavoro elencati nell’art. 43
comma 4 lettera g del Titolo IV del D.L. 626/94:
assicura una formazione adeguata e organizza, se
necessario, uno specifico addestramento circa l’uso
corretto e l’utilizzo dei D.P.I., in particolare vige
l’obbligo dell’addestramento per i D.P.I. di terza
categoria, dispositivi complessi, e per quelli destinati a
proteggere l’udito) ecc.
L’accettabilità e l’utilizzo dei D.P.I. da parte dei
lavoratori sono strettamente legati all’efficacia dei
metodi impiegati durante le fasi di informazione,
formazione e addestramento attuate dal datore di lavoro.
D.P.I. – Dispositivi di protezione individuale
POSSIBILITA’ DELL’UTILIZZO DEI D.P.I.
Va da se che le condizioni psico-fisiche del soggetto
considerato devono necessariamente essere tali da permettere
un corretto indossamento, e conseguentemente un corretto
uso, dei D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) come
previsto dalle normative vigenti. L’impossibilità all’uso di uno
di tali dispositivi, se ritenuto necessario in base all’analisi dei
rischi effettuata dall’azienda, prevede la non idoneità alla
mansione specifica e quindi l’impossibilità di essere adibiti
alla lavorazione in esame.
L’idoneità alla mansione specifica viene determinata da tutta
una serie di fatto di fattori, non ultimo dei quali è appunto la
POSSIBILITA’ DELL’UTILIZZO DEI D.P.I.
IL REQUISITO DELLA PERMANENZA, QUALE STATO
SOMATO-PSCICHICO DUREVOLE SENZA PREVISIONE
DI CAMBIAMENTO A BREVE SCADENZA
E IL MECCANISMO DELLA RIVEDIBILITA’
ALCUNE PATOLOGIE, BENCHE’A BREVE SCADENZA NON PRESENTINO
GENERALMENTE VARIAZIONI SIGNIFICATIVE SUL PIANO CLINICO
TALI DA DETERMINARE VARIAZIONI DEL GRADO DI INVALIDITA’,
IN TEMPI PIU’ LUNGHI, POSSONO INVECE PRESENTARE
SOSTANZIALI MUTAMENTI, SIA IN SENSO POSITIVO, GRAZIE ALLA
LORO EMENDABILITA’ TERAPEUTICA, CHE IN SENSO NEGATIVO,
PER LA LORO NATURALE EVOLUZIONE, TALI DA DETERMINARE,
AI GRADI ESTREMI DI VARIABILITA’, UNA CONDIZIONE DI
INABILITA’ ASSOLUTA A QUALSIASI LAVORO O, AL CONTRARIO,
LA PERDITA DELLO STATO DI INVALIDITA’ IN QUANTO
L’INCIDENZA FUNZIONALE SULLA CAPACITA’ LAVORATIVA NON
RAGGIUNGE PIU’ LA MISURA RICHIESTA DAL DISPOSTO
LEGISLATIVO
Il meccanismo della rivedibilità appare molto più chiaro sia nella
disciplina I.N.P.S. che in quella I.N.A.I.L. in quanto, in questi
casi, il soggetto viene regolarmente richiamato a visita periodica
per la conferma del grado di invalidità precedentemente
riconosciuto.
E’ tipico l’esempio fornito da una parte:
1.
dalla malattia neoplastica dopo il trattamento chemioterapico coronato da successo
terapeutico
2.
dal post-infarto
Dall’altra:
1.
dalle cardiopatie che progrediscono nella stadiazione NYHA
2.
del diabete che progredisca verso una forma insulino-dipendente comoplicata
3.
nell’evoluzione sempre purtroppo peggiorativa della sclerosi multipla
DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992
APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE
PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE
INVALIDANTI
TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI
1.
DIABETE MELLITO TIPO 1° O 2° CON COMPLICANZE MICRO-MACROANGIOPATICHE CON
MANIFESTAZIONI CLINICHE DI MEDIO GRADO (CLASSE III):
Percentuale di invalidità: min 41 - max 50
2.
DIABETE MELLITO INSULINO-DIPENDENTE CON MEDIOCRE CONTROLLO METABOLICO
E IPERLIPEMIA O CON CRISI IPOGLICEMICHE FREQUENTI NONOSTANTE TERAPIA
(CLASSE III):
Percentuale di invalidità: min 51 - max 60
3.
DIABETE MELLITO COMPLICATO DA GRAVE NEFROPATIA E/O RETINOPATIA
PROLIFERATIVA, MACULOPATIA, EMORRAGIE VITREALI E/O ARTERIOPATIA OSTRUTTIVA
/CLASSE IV):
Percentuale di invalidità:
min 91 - max 100
(Noterete, curiosamente, che manca una patologia che comprenda l’intervallo tra 61 e 90)
DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992
APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE
PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE
INVALIDANTI
TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI
1.
NEOPLASIE A PROGNOSI FAVOREVOLE CON MODESTA COMPROMISSIONE FUNZIONALE:
Percentuale di invalidità: fissa 11
2.
NEOPLASIE A PROGNOSI FAVOREVOLE CON GRAVE COMPROMISSIONE FUNZIONALE:
Percentuale di invalidità: fissa 70
3.
NEOPLASIE A PROGNOSI INFAUSTA O PROBABILMENTE SFAVOREVOLE NONOSTANTE
L’ASPORTAZIONE CHIRURGICA:
Percentuale di invalidità: fissa 100
DECRETO MINISTERIALE 5/febbraio/1992
APPROVAZIONE DELLA NUOVA TABELLA INDICATIVA DELLE
PERCENTUALI D’INVALIDITà PER LE MINORAZIONI E MALATTIE
INVALIDANTI
TABELLA DELLE PERCENTUALI DI INVALIDITA’ ORDINATA PER APPARATI
1.
SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA LIEVE:
Percentuale di invalidità: fissa 30
2.
SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA MEDIA:
Percentuale di invalidità: min 41 - max 50
3.
SINDROME DEPRESSIVA ENDOGENA GRAVE:
Percentuale di invalidità: min 71 - max 80
DA QUANTO SINO AD ORA ESPOSTO EMERGE QUINDI LA
NECESSITA’ DI ACQUISIRE QUANTE PIU’ POSSIBILE
NUMEROSE INFORMAZIONI RIGUARDANTI:
1. LA MENOMAZIONE DEL SOGGETTO DISABILE (DIAGNOSI
CLINICA CERTA ED ACCURATA)
2. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI CUI SARA’ ESPOSTO IL
SOGGETTO PER LO SVOLGIMENTO DELLA PROPRIA
MANSIONE IN AZIENDA (INQUADRAMENTO DELLA MENOMAZIONE
RAPPORTANDOLA ALL’ATTIVITA’ LAVORATIVA) )))
DEVE QUINDI ESSERE APPRONTATA UNA IDONEA
CHECK-LIST CHE RACCOLGA TUTTE LE
INFORMAZIONI NECESSARIE
CHECK-LIST
UNA CORRETTA INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI CONNESSI
ALLA MANSIONE DA SVOLGERE ALL’INTERNO
DELL’AZIENDA SI PUO’ RICAVARE SOLO DA UNA ATTENTA
LETTURA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI,
OBBLIGATORIAMENTE REDATTA DAL DATORE DI LAVORO AI
SENSI DEL D.Lgs. 626/94
SAREBBE COMUNQUE UTILE POTER PREDISPORRE UNA
CHECK-LIST DA SOTTOPORRE ALL’AZIENDA IN PREVISIONE
DELL’IMMISSIONE AL LAVORO DI UN SOGGETTO DISABILE
RESTA COMUNQUE INSOSTITUIBILE IL GIUDIZIO FINALE DEL
MEDICO COMPETENTE DELL’AZIENDA CIRCA L’IDONEITA’
DEL DISABILE A SVOLGERE LA MANSIONE DETERMINTA
Proposta di una CHECK-LIST
La raccolta delle notizie, al di là delle veste grafica, deve
comprendere, oltre all’indicazione di mansione e reparto,
notizie relative a tutti i rischi cui sarà sottoposto il lavoratore
disabile, sia generici (legati alla semplice presenza del
lavoratore in azienda) che specifici (legati allo svolgimento
della mansione specifica).
Rischi generici:
1- Rischi relativi all’ambiente di lavoro:
•
Condizioni microclimatiche: eccessivo calore o freddo, umidità, ricambio d’aria, presenza
di mezzi di condizionamento della temperatura ed umidità, ecc.
•
Struttura dell’azienda: presenza di barriere architettoniche, fatiscenza delle strutture
murarie, idoneità dei servizi, disponibilità di ambienti di ristoro, ecc.
2 - Rischi legati ai ritmi di lavoro
•
Lavoro straordinario
•
Lavoro notturno
•
Lavoro atipico
•
Cottimo
•
Catena di montaggio
•
ecc.
3 - Rischi relativi al percorso casa-lavoro
•
Viabilità
•
Mezzo proprio
•
Disponibilità di mezzo pubblico, in relazione anche all’orario di lavoro
Rischi specifici:
1.
Rischi relativi all’esposizione al rumore (D-Lgs.277/91): calcolo del LEP-D
2.
Rischi relativi alla movimentazione manuale: calcolo dell’Indice di Sollevamento (modello
NIOSH)
3.
Rischi relativi alla necessita di compiere movimenti ripetuti degli arti superiori (modello
OCRA)
4.
Rischi connessi all’esposizione a polveri: misurazione dell’esposizione professionale
5.
Rischi connessi all’esposizione a sostanze chimiche pericolose: misurazione
dell’esposizione professionale
6.
Rischi connessi alla possibile esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni
7.
Rischi connessi all’esposizione ad agenti biologici
8.
Rischi connessi all’esecuzione di lavori in altezza e/o in precarie condizioni di equilibrio
9.
Rischi connessi all’utilizzo di strumenti vibranti
10. Rischi connessi all’esposizione a campi elettromagnetici
11. Rischi connessi all’esposizione a strumenti muniti di videoterminale
LA CHECK-LIST
deve inoltre individuare altre caratteristiche di svolgimento del lavoro
delle quali tener conto
e che siano adattabili al soggetto disabile,
quali per esempio la necessità di relazionarsi con i colleghi ed i
superiori o con il pubblico, lavorare in squadra, ecc.
Più ogni altra notizia che interessi specificatamente il vostro lavoro
che al medico del lavoro può non apparire evidente:
numero dipendenti, referente aziendale, motivo della richiesta, titolo di
studio richiesto, qualifica richiesta, precedenti esperienze lavorative,
percorso formativo, ecc.
e necessariamente i dati anagrafici dell’azienda
Fly UP