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Modelli di progettazione pedagogica e politiche
Ha ancora senso un approccio progettuale in un’epoca in cui si tende all’autoapprendimento, in cui si vanno diffondendo le tecnologie personal ? . leggere bisogni . darsi dei fini . saper valutare processi Mettere sempre l’uomo, il suo sviluppo personale e culturale, al centro di ogni sorta di progetto La progettazione non può essere concepita in modo rigido Ogni progetto formativo è un continuo farsi e rifarsi di finalità, modalità, contenuti, …. Per progettare formazione applicando parametri che possano dirsi pedagogici occorre in primo luogo liberare la mente da ogni forma di determinismo. Si sollevano una serie di problemi: Analisi del progetto (finalità, politiche,…) Analisi degli orientamenti pedagogici in tema di formazione Obiettivi operativi fissati dai tecnici Accostarsi alla formazione in termini di progetto focalizza l’attenzione sulla persona, sull’individuo La formazione, così come è stata progettata e si va realizzando, consente a ciascuno di realizzare il proprio progetto personale ? Consente alle comunità e ai singoli di trovare risposte alla continua evoluzione ? Il progetto troverà una diversa impostazione, a seconda che si tratti di : Accrescere le possibilità di accesso alla formazione da parte di utenti svantaggiati; Favorire la riproducibilità Sviluppare la creatività Sostenere i privilegi di una élite sociale o economica Tentativo di classificazione dei modelli intellettuali ed operativi di progettazione. Strategie progettuali: 3 principali famiglie . Strategie funzionali (modello classico, positivista) basate sui modelli della razionalità assoluta, il cui criterio di scelta è l’ottimizzazione come ricerca della soluzione migliore in assoluto. Si suppone l’esistenza di obiettivi progettuali chiari ed univoci, definiti. Il risultato deve coincidere con quello predeterminato, essendo l’unico possibile. L’azione non deve subire influenze esterne al contesto definito. Strategie dell’apprendimento basate sui modelli della razionalità limitata il cui criterio di scelta è la soddisfazione come soluzione che in condizioni date, risulti la più soddisfacente. Gli approcci ispirati a questo tipo di strategie sottolineano la problematicità del processo di progettazione: le informazioni non sono mai complete a-priori, ma si arricchiscono in itinere. Continuo scambio interattivo fra azione progettuale ed ambiente esterno Gli obiettivi non si configurano come vincolo normativo, piuttosto in termini di orientamenti I risultati possono non coincidere con le finalità predeterminate. . Strategie dialogico-discorsive (o dell’indagine) Orientate ad una interpretazione del processo progettuale come continuo dialogo tra gli attori coinvolti nell’azione sui fini e sui mezzi e, quindi, come indagine collettiva i cui esiti non sono mai prevedibili. Un sistema ipercomplesso come quello della formazione sollecita in ordine alla necessità di disporre di un’ampia gamma di processi, strumenti, metodi. Analisi dei bisogni formativi L’analisi dei bisogni è il primo momento del progetto formativo … accresce la consapevolezza dei limiti e delle potenzialità proprie e del contesto. È il primo momento utile ad individuare le competenze formative. da sviluppare nelle azioni dal latino cum-petere, dirigersi a…, si intende la piena capacità di orientarsi in determinati campi … Evoca il verbo italiano “competere” ossia far fronte a una situazione sfidante La competenza è “skill in a medium” cioè “abilità in un contesto” (David Olson – 1979) “capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo” (M. Pellerey – 2001) Si devono identificare le competenze-chiave comuni a più istituzioni o aziende operanti in uno stesso settore e/o operanti su uno stesso territorio ? Analisi dei bisogni in un contesto interistituzionale Rientrano progetti finanziati prevalentemente da istituzioni pubbliche che tendono a soddisfare una domanda di formazione espressa dai soggetti territoriali (es. associazioni sindacali o imprenditoriali) In tal caso per individuare i bisogni necessita sapere: Quali settori produttivi strategici sono alla base della domanda di professionalità e dello sviluppo delle relative competenze ? Per ogni settore individuato, quale domanda, quale offerta, quali tecnologie, quali quadri legislativi ? Anche allo scopo di individuare eventuali fattori critici nelle dinamiche evolutive e di processo Quali competenze necessarie per la esecuzione delle attività relative a ciascun prosecco di lavoro ? Possiamo definire tre tipologie di competenze: COMPETENZE CHIAVE (o tecnico-prof.) Insieme di conoscenze, saper fare, disposizioni determinanti per la specifica attività che la figura professionale dovrà svolgere, per il suo inserimento nella vita sociale, e per l’impiego professionale. COMUNICAZIONE E INTERAZIONE (in lingua madre e straniera) USO ESPERTO DELLE TECNOLOGIE MULTIMEDIALI SPIRITO DI INIZIATIVA (problem solving, sapersi relazionare a contesti e persone) IMPARARE AD APPRENDERE (lifelong learning) COMPETENZE DI BASE Area linguistica Area tecnologica Area scientifica Area storico-economica COMPETENZE TRASVERSALI Riguardano quelle competenze relative ai comportamenti sul lavoro, patrimonio della persona, non legate ad un contesto professionale specifico. Competenze comunicative: SAPERSI RELAZIONARE IN MODO ADEGUATO CON L’AMBIENTE FISICO, TECNICO E SOCIALE, SAPER IDENTIFICARE e GESTIRE OPERATIVAMENTE LE CARATTERISTICHE DI UN AMBIENTE, DI UN COMPITO DI UN RUOLO. Si devono individuare delle competenze all’interno di un’istituzione che richiede un intervento formativo e/o di miglioramento organizzativo ? Contesto intraistituzionale In aggiunta ai precedenti si richiede: - Analisi della committenza - Analisi dell’utenza - Condivisione dell’analisi dei bisogni Il progettista nel condurre l’analisi dei bisogni deve tenere in conto il punto di vista del committente (persona fisica o ente), la sua idea diagnostica ed accettarla emotivamente per poterla efficacemente collocare all’interno di un complessivo quadro di metodo (composto da più punti di vista). Bisogna da parte del committente: - Consenso all’intervento formativo - Attesa di efficacia Quale funzione la committenza attribuisce alla formazione. Conservativa? Legata al cambiamento? Il progettista nel condurre l’analisi dei bisogni deve tenere in conto il punto di vista dell’utenza e puntare ad ottenere il consenso all’intervento formativo. L’efficacia di un intervento formativo è condizionata dal consenso dell’utenza. Tale consenso si ottiene se c’è credibilità della struttura organizzativa entro cui agiscono i ruoli professionali. Diventano vani tutti quei tentativi tesi a migliorare un’organizzazione con interventi formativi senza un’adeguata relazione committente-utente, senza una credibilità organizzativa. Logica progettuale che coinvolge tutti gli attori sia in fase diagnostica che formativa Strumenti per la rilevazione dei bisogni OSSERVAZIONE INTERVISTA QUESTIONARIO STORIE DI VITA PROFESSIONALE DOCUMENTAZIONE VARIA Effettuata l’analisi dei bisogni formativi bisogna tradurre i bisogni rilevati in una congruente proposta formativa in obiettivi didattici Ma non sempre l’insieme delle competenze può essere tradotto negli obiettivi corrispondenti … bisogna lavorare su scala La letteratura sugli obiettivi converge nell’individuare nei seguenti elementi le componenti fondamentali di un obiettivo: La performance (ciò che deve essere in grado di fare un discente) Le condizioni (il contesto entro il quale si produce la performance ) Il criterio (il livello accettabile di performance. Le condizioni minime per cui si può dire che l’obiettivo è stato raggiunto) p. 49 Avvalersi di un approccio dinamico La formazione è un processo in evoluzione la cui traiettoria evolutiva non può essere determinata a priori. L’attività formativa deve adattarsi continuamente alle dinamiche degli apprendimenti Es. Il metodo del Ponte delle competenze Per collegare una meta desiderata alla situazione iniziale di un percorso va costruito uno strumento concettuale. Compilazione di un questionario (da parte di ciascun partecipante) finalizzato all’analisi dei bisogni. b) Lasciar riflettere ciascun partecipante sulla visione di un futuro da raggiungere attraverso metafore, disegni, simboli, ecc. (Tale visione può essere riferita ad una situazione personale o organizzativa da raggiungere). c) Focus sulle problematiche emergenti d) Nuovo arco temporale….. a) Nel corso del XX secolo i paradigmi della conoscenza sono cambiati passando da una concezione oggettivistica ad una concezione costruttivista. Le pratiche didattiche ne hanno risentito nella loro impostazione Se la concezione è oggettivistica allora la conoscenza è verità astorica, universale, unificante e trascendentale. In tal caso l’insegnamento è trasmissione delle conoscenze, travaso. Ne consegue una immersione nella disciplina per estrarre le informazioni e i comportamenti da inculcare: Nel modello comportamentista S/R Programma didattico chiuso. Didattica per contenuti. Modello neo-comportamentista -programmazione per obiettivi e unità didattiche Ma la conoscenza è un prodotto costruito in relazione a … sociale, temporale, culturale. La costruzione dei significati viene negoziata e quindi condivisa all’interno di una comunità di interpreti. Da programmazione per concetti a programmazione per significati Le discipline propongono allora conoscenze-contenuti , tanto materiali, quanto come oggetti culturali educativi (simbolico-figurativo-concettuale-comportamentali). Ognuna di esse può consentire una verifica continua e aperta della sua produttività conoscitiva, del suo potere di interpretazione, di identificazione e di soluzione dei problemi materiali. La didattica diventa una didattica per argomentazione-interpretazione L’immersione nella disciplina serve per estrarre problemi e problematiche da ricondurre a significati , e occorrono processi vitali di argomentazione-interpretazione, negoziati e condivisi nell’esserci-farsi La programmazione per significati ingloba quindi necessariamente quella per valori ed evolve in una programmazione didattica per processi dove si sperimentano modi di collaborazione-cooperazione che portano a distinguere il dato dal costruito. La didattica per processi (sapere/saper fare/saper essere) quindi presuppone processi di argomentazione-interpretazione, di abilitazione, di negoziazione-condivisione, di significazioneenunciazione. L’azione formativa è nello stesso tempo una filosofia, (cioè una maniera di essere nel mondo e di agire su di esso); una scienza, (cioè una maniera di conoscere, di sperimentare e di far progredire la conoscenza); un’arte (cioè una maniera di sentire, di creare e di inventare secondo le circostanze e le persone, per liberare tutte le ricchezze individuali e sociali) Per poter costruire una strategia di intervento responsabile e coerente della formazione nelle professioni educative necessita pertanto: - La qualità della formazione delle persone che esercitano l’azione formativa - La specificità dell’atto educativo È una professione che mette gli altri sulla scena dell’esistenza, come se il teatro della vita avesse bisogno delle nostre capacità a far vivere le situazioni, per renderle comprensibili a coloro che vi si trovano dentro senza comprendere o da spettatori. In tal senso l’azione formativa si iscrive nella quotidianità della vita: accompagnare senza sorvegliare, saper far vivere perché si ama vivere, valorizzare ogni gesto perché si valorizzi ogni persona, … sentirsi valorizzati dai progetti che si riesce a suscitare. L’azione formativa si distingue dall’azione terapeutica , ma può contribuire al risultato terapeutico cercato nel servizio o nell’istituzione in cui viene svolto il compito. … si distingue dall’azione dell’insegnare, ma può contribuire ad arricchire le conoscenze. … si distingue dall’azione sociale, ma può determinare l’evoluzione dei rapporti sociali. Dal punto di vista operativo l’intervento didattico ha a che fare con la prassi sorge come rievocazione della pratica, presuppone l’ingresso nel circuito verbale di tale rievocazione come analisi orientata verso la formulazione di decisioni. Epistemologia operativa (Fabbri e Munari) Per possedere intimamente un sapere non si può separarlo dal suo prendere forma e dal suo costituirsi in diverse dimensioni temporali … Il conoscere avviene secondo strategie non puramente razionali, ma sporcate dalla pratica, dalle opportunità, da tutte quelle tattiche di utilizzazione che non possono non influenzare il nostro modo di conoscere Alcune teorie applicate alla formazione possono facilmente diventare fisse e unicamente ornamentali Nelle situazioni formative, se le teorie hanno un ruolo da svolgere è a livello delle strategie educative a lungo termine …. I legami concettuali vanno innervati sull’esperienza reale. La teoria gradatamente e personalmente costruita svolge una funzione positiva sul lungo percorso, modula i nostri atteggiamenti concreti. Le ipotesi invece rappresentano il contrappunto dell’esperienza culturale riferita al professionale. Esse poggiano sempre su e si modellano a partire dalle nostre impressioni, percepite dalle nostre sensibilità. Niente è così pratico quanto una buona teoria Indissolubilità e importanza dei legami che connettono sistemi di concettualizzazione e sistemi di valori. Un interfaccia da leggere attraverso lo studio dei comportamenti di costruzione, di appropriazione, di uso, di scelta, di rappresentazione, di difesa o di rifiuto, del sapere e più generalmente della cultura. “Il nostro progetto si propone di dare al processo riflessivo un potere operativo cosciente sul soggetto che agisce, in aggiunta al potere cognitivo che già possiede sul soggetto che pensa” La maggior parte dei filosofi, dei pedagogisti, degli psicologi appartenenti all’area dell’Education Nouvelle ha insistito, con toni diversi, sulla necessità di partire dall’esperienza per muoversi verso il pensiero astratto. L’azione eseguita diventa essa stessa oggetto di riflessione. “ I concetti sono situati in viali che bisogna percorrere prima di conseguire lo scopo” (G. Bachelard) Metodologia della ricerca pedagogica Un dispositivo investigativo o di progettazione non dovrebbe essere definito “pedagogico” per il solo fatto che è utilizzabile in relazione a contesti o questioni concernenti l’educazione. Sebbene ogni disciplina, e dunque anche la pedagogia, può aver bisogno di apporti multidisciplinari, tali apporti sono da considerarsi “esterni”. La pedagogia deve essere sempre in grado di distinguere tra dispositivi investigativi e di intervento propriamente pedagogici e modalità tipiche di altre scienze dell’educazione utilizzabili in via meramente accessoria e di supporto. J. Dewey: Le fonti di una scienza dell’educazione “… le pratiche dell’educazione forniscono i dati, gli argomenti, che costituiscono i problemi dell’indagine pedagogica; esse sono l’unica fonte dei problemi fondamentali su cui si deve investigare”. Questa impostazione consente di valutare la pertinenza pedagogica delle metodologie di ricerca non considerandole in sé e per sé arbitrariamente, ma rispetto alla loro rilevanza per i problemi fondamentali affrontati dalla ricerca; vengono quindi accolte come pedagogiche quelle metodologie di ricerca che esibiscono tale genere di rilevanza, mostrandosi strumenti efficaci rispetto a questi problemi. Il territorio che stiamo affrontando appare simile ad un arcipelago di forme metodologiche , ricco, eterogeneo e la M.R.P. appare intrisa di una radicale problematicità: - da un lato la sua molteplicità di forme rischia di degenerare in frammentazione, di degradarsi in un eclettismo caotico e ateorico; - dall’altro non si può irrigidirne il senso in una ipostasi metafisica incapace di com-prendere la sua molteplicità di forme e di significati. Individuare una prospettiva che cerchi di assicurare una comprensione teorica unitaria senza sopprimere varietà e molteplicità di forme della metodologia di ricerca e di progettazione pedagogica. Connessione di 3 momenti speculativi da non concepire come una successione, ma in forma di sistema: momento dialettico, eidetico, fenomenologico dialettico: La ragione si pone come puramente “negativa” verso una posizione concettuale univoca e determinata, attivando contro questa una posizione antinomica. Si crea un rapporto oppositivo tra due termini la cui antinomicità deriva dal fatto che essi non possono essere posti in sé e per sé senza negarsi l’un l’altro. Con il momento dialettico si garantisce perciò un approccio antidogmatico che affranca il pensiero da posizioni univoche, parziali, riduttive. Eidetico: La negatività creatasi nel momento dialettico assume carattere positivo nell’idea trascendentale, sintesi antinomica dei due termini antitetici che rappresenta il principio in funzione del quale l’esperienza inerente a un certo campo si connette e si integra in maniera unitaria. La natura “trascendentale” dell’idea razionale ha varie implicazioni: - l’idea non è ricavata da un’analisi a-posteriori dell’esperienza come è tipico del “concetto”; - l’idea non ha un ruolo costitutivo, ma soltanto regolativo, principio per dare connessione e unitarietà ad un certo campo d’esperienza; - La sintesi e di tipo antinomico; l’idea è immanente e trascendente al tempo stesso, in quanto è attiva a in rapporto a ogni singola forma senza che nessuna di essa riesca ad esprimerla compiutamente. Fenomenologico gli aspetti concreti e determinati dell’esperienza si connettono e si ordinano secondo un principio unitario che non è un sistema chiuso e compiuto. La varietà e la complessità dell’esperienza viene compresa e ordinata in maniera unitaria senza che ne vengano soppresse la ricchezza e l’eterogeneità. Definire la categoria del “rigore” non come un’ipostasi concettuale determinata, che cerchi di fondare “dal di fuori” le pratiche della ricerca piegandole alla propria logica, ma come una pura esigenza razionale, in sé formale e “vuota”, che consenta di comprendere “dal di dentro” la peculiarità secondo cui viene soddisfatta da ogni singola metodologia. Occorre effettuare il passaggio dal concetto di rigore all’idea trascendentale di rigore metodologico Induzione – deduzione Ricerca teorica – ricerca empirica Quantità – qualità conoscenza – decisioni/scelte Momento oppositivo e momento conciliativo: molte posizioni intermedie Le categorie che abbiamo identificato come componenti della MRP rappresentano degli A- Priori, ma di carattere puramente “storico relativo”, sono intrinsecamente provvisorie, mai immutabili. Il congegno del discorso pedagogico sembra cercare di assolvere alla giustificazione delle proprie asserzioni più attraverso dispositivi argomentativi (di matrice speculativa e retorica) che tramite la corroborazione empirica …. Ma spesso le ipotesi sono soltanto supposizioni genericamente plausibili rispetto ai fatti Accrescere il ruolo dei controlli empirici Cercare di rendere più chiare ed esplicite le concatenazioni logiche che legano ipotesi e dati Di enunciati osservativi, di base empirica, si può parlare soltanto mettendo tra virgolette queste espressioni, come modi di dire depurati dalla pretesa che i “protocolli” possano rispecchiare in maniera univoca la struttura dei fatti. Tuttavia resta imprescindibile: la consequenzialità logica negli assunti accuratezza nel controllo empirico dei processi Si deve riconoscere la presenza di un genere di indagine che cerca di formulare interpretazioni in grado di comprendere il significato di un certo evento nei suoi aspetti di singolarità e irripetibilità. Di una ricerca indirizzata allo “studio di un caso”. Andrebbe ridefinito il rigore metodologico; passare: Dalla controllabilità empirica al Dalla consequenzialità logica riferimento ad una base empirica alla coerenza Natura formale di queste categorie che sono vuote di contenuti specifici, pertanto hanno validità generale, … possono contenere i diversi casi particolari Il rigore metodologico è concepibile come un’esigenza razionale che risulta immanente alle diverse forme metodologiche della ricerca e della progettazione pedagogica e che contemporaneamente le trascende tutte, in quanto nessuna di esse la esprime in maniera esaustiva. Data la sua natura generale, la nozione di “gioco linguistico” può essere estesa alle procedure di ricerca scientifica. Ogni metodologia di ricerca pedagogica può essere considerata un particolare “gioco linguistico”, retto da proprie regole specifiche. La Sistematica aperta della MRP consisterebbe in una fenomenologia di “giochi linguistici” alla quale sarebbe immanente l’esigenza trascendentale di rigore. … ma di rigore si può parlare in maniera concreta e determinata soltanto nell’ambito di un dato “gioco linguistico” Il significato di rigore viene almeno in parte a corrispondere a un principio generale che prescrive che ogni gioco linguistico deve essere giocato in accordo con le regole proprie di quello specifico gioco. Sebbene ci troviamo di fronte ad una posizione pluralista ed incline al relativismo, tuttavia questo non conduce ad esiti anarchici del tipo “tutto è legittimo”…… esiste una terza via. Se vuoi indagare su X allora è consigliabile la procedura Y Un significato corrisponde all’adeguatezza o meno di un certo “gioco linguistico” in relazione agli scopi della ricerca; in questo senso vi sarebbero giochi maggiormente appropriati e giochi meno appropriati rispetto a certi interessi. È possibile definire uno schema generalissimo dei tratti procedurali appartenenti a giochi linguistici della medesima famiglia (quella della ricerca/progettazione pedagogica)? esemplare lo schema tracciato da Dewey: “alcuni modi di pensare sono preferibili ad altri”. - in un ordine pedagogico il pensiero è sempre controllato in vista di un chiaro fine educativo intrinseco Ogni progetto/ricerca è una ricerca/progetto che tende, in forma controllata e diretta, a trasformare una situazione indeterminata in una situazione determinata nelle sue distinzioni e relazioni costitutive, a tal punto da convertire gli elementi della situazione originaria, in una totalità unificata (insieme sinergico) in vista di un fine. Ogni esperienza in fieri può essere riorganizzata in diverse maniere. Tappe del pensiero riflessivo (How we think, 1910) Il pensiero riflessivo è opposto al pensiero di senso comune Prima fase …. Suggestione Mentre il pensiero esplora la situazione, affiorano le prime impressioni, la loro natura è preintellettuale . Si tratta di prime intuizioni che scaturiscono dalla qualità emozionale della situazione che appare ancora oscura e pertanto suggerisce un differimento dell’azione immediata. Si bada bene a non prendere per buona la prima congettura che si affaccia alla mente Seconda fase … Intellettualizzazione Identificazione precisa della difficoltà posta dalla situazione e sua formulazione più chiara, definizione del problema. Terza fase …. Idea come guida vengono passate al vaglio un ventaglio di supposizioni poste tra loro in rapporto di comparazione, se ne commisura il grado di plausibilità. Si approda ad ipotesi di lavoro per il proseguimento dell’indagine. Quarta fase … Ragionamento in senso stretto (o controllo dell’ipotesi) Una volta sviluppate le implicazioni connesse alle ipotesi di lavoro prima formulate emergono le conseguenze più o meno accettabili che permettono di riformulare le precedenti congetture. Quinta fase …. Controllo dell’ipotesi mediante l’azione Ricerca di prove ed evidenze . Tale schema di pensiero riflessivo egli applica a ogni tipo di situazione, dalle deliberazioni pratiche ai problemi teoretici. … vi sarà sempre un problema scaturito dalla intellettualizzazione di una certa situazione perturbata, vi saranno dati destinati a suggerire idee, vi saranno idee destinate a indicare quali dati raccogliere e come interpretarli vi sarà sempre una nuova indagine… In realtà quello che Dewey vuole suggerire è un atteggiamento investigativo atto ad affrontare situazioni che possono presentarsi confuse ed ambigue (sia da un punto di vista pratico che teorico) Non attraverso modi di agire abituali o facili soluzioni dettate da - pregiudizi, ma inibendo l’azione immediata, sospendendo il giudizio circa le prime suggestioni, per compiere una riflessione che chiarisca la natura del problema da affrontare, vagli congetture alternative, definisca ipotesi di lavoro da provare con qualche tipo di azione, progressivamente proceda ad una ridefinizione del problema. Nel pensare quotidiano: pensiero riflessivo e pensiero di senso comune si danno molto raramente allo stato puro. È una caratteristica propria del senso comune quella di portare l’individuo ad agire immediatamente secondo schemi abituali, di indurlo ad accettare acriticamente la prima idea che viene in mente, esso è intessuto di pre-giudizi. L’educatore di conseguenza rischia di dare per scontato ciò che ancora non è emerso quale dato d’osservazione e di riflessione rigorosa. Per Dewey la filosofia dell’educazione non dovrebbe stabilire o creare fini, dovrebbe piuttosto riflettere sul materiale empirico fornito dalle pratiche educative, sulle conseguenze effettivamente prodotte dai processi formativi, valutandole alla luce di schemi generali di valore. … qualsiasi scelta educativa, infatti, qualsiasi metodo o forma di organizzazione delle attività produce un insieme di risultati che tende ad essere più ampio degli obiettivi intenzionalmente perseguiti. Gli obiettivi di una scelta educativa non coincidono necessariamente con l’insieme degli effetti previsti; spesso ne rappresentano solo un sottoinsieme. Gli obiettivi potrebbero essere descritti come quella porzione di effetti prevedibili che si vogliono raggiungere effettivamente intraprendendo le azioni implicate in una data scelta: essi rappresentano il movente(motivo) di tale scelta. Allora per esaminare la giustificazione di una scelta educativa non basta interrogarsi sui suoi obiettivi, ma occorre analizzare in maniera più ampia l’insieme dei suoi effetti, prendendo in considerazione anche gli effetti collaterali, previsti e imprevisti. Occorre chiedersi sempre se alla luce delle finalità e di altri criteri teorici, tali effetti siano desiderabili, quale sia il loro significato formativo; se vi sono effetti che appaiono indesiderabili occorre chiedersi in che senso lo siano, valutare se la loro entità sia tale da rendere ingiustificabile quel tipo di azione formativa, o se invece possano essere sufficientemente limitati, tali da rendere ugualmente desiderabili i risultati riscontrati. Es. Situazione scolastica Spesso per un insegnante l’intervento riguarda un singolo gruppo-classe, la sua classe. Di solito la propria classe, il gruppo su cui l’insegnante interviene in termini educativi rappresentano un universo molto circoscritto. Vi sono forti limiti alla generalizzabilità. Una situazione educativa complessa, caratterizzata da un groviglio di variabili Gli insegnanti avvertono una duplice esigenza: - Dare razionalità e scientificità alla prassi educativa - Eleggere la prassi educativa stessa a terreno di ricerca e a momento conoscitivo, secondo un processo di apprendimento dall’esperienza. La ricerca-azione è sembrata il dispositivo metodologico in grado di saldare la ricerca alla prassi educativa così come essa si realizza, in condizioni “naturali”, nell’istituzione scolastica Si tratta di una famiglia di approcci investigativi che condividono l’orientamento pratico, il taglio prevalentemente qualitativo, ma varie diversità di accenti procedurali. Caratteristiche generali distintive (Pourtois, la r-a in pedagogia) Connessione con i problemi socioeducativi A differenza della ricerca orientata alla conoscenza, la r-a non nasce da una questione epistemica, bensì da un problema socioeducativo avvertito come rilevante . Ha per scopo la soluzione di questo problema, attraverso un intervento di cambiamento della realtà determinata. Circolo analisi-azione passaggio continuo e reciproco tra il piano della riflessione e il piano dell’azione. Poiché i risultati cui perviene rispecchiano un processo di apprendimento dall’esperienza sono sempre provvisori e rappresentano il risultato di un confronto interpersonale e di un accordo intersoggettivo circa il cambiamento Elaborazione delle transizioni il concetto di cambiamento che implica non si basa non si limita ai risultati formativi in senso stretto, ma prende in considerazione anche l’adeguamente dell’ambiente educativo e istituzionale ai bisogni degli attori. Implica una dimensione politica e una trasformazione profonda dei rapporti sociali. Emancipazione degli attori gli attori non sono eterodiretti. Devono negoziare tra loro le scelte, partecipano all’ambito decisionale. L’attore è collocato in un processo di apprendimento che accresce le sue capacità di analisi e di azione. Il coinvolgimento esistenziale degli attori è peculiare il coinvolgimento esistenziale dell’attore nella ricerca. L’attore partecipa portando il contributo della propria soggettività, della propria visione delle questioni affrontate. Riabilitazione dell’affettività e dell’immaginario - in termini di mobilitazione dell’immaginazione degli attori - in termini di emergere della sfera affettiva sia per effetto del costante confronto con gli altri che per il coinvolgimento nel cambiamento. La centralità dell’efficacia lo scopo fondamentale è rappresentato dall’efficacia dell’azione stessa messa in atto per risolvere un dato problema. Le strategie di intervento sono guidate dalla ricerca dell’efficacia . la valutazione degli esiti non ha lo scopo di validare ipotesi esplicative, ma di orientare il corso dell’azione. Si tratta di un corpus di assunti che disegnano una identità “altra” della ricerca pedagogica, più legata ad un paradigma fenomenologico-ermeneutico Tratti peculiari della ricerca-azione (elaborazione da J. Pourtois, 1986) Connessione con i problemi educativi Centralità dell’efficacia Riabilitazione dell’affettività e dell’immaginario Circolo analisi-azione Emancipazione degli attori Coinvolgimento esistenziale degli attori La ricerca azione è: “una pratica con scarsa fondazione teorica … anche se dotata di forte carica ideologica e politica; un territorio di azione conquistato con fatica e ancora esposto a incursioni e occupazioni - … si tratta di una pratica prospera” (E: Becchi, Ricerca-azione: riflessioni su voci di dizionari, manuali, enciclopedie, “Scuola e Città”, Firenze, apr. 1992, pp. 145 e segg.) MA: - Difficoltà del ricercatore pedagogico a sfuggire al coinvolgimento esistenziale nel proprio lavoro di ricerca - coscienza della dimensione sociale e politica dell’attività di ricerca e di progettazione Il ricercatore pedagogico è chiamato a prendere posizione rispetto ai problemi che studia. Cercare di sfuggire a questo compito vuol dire soltanto lasciare nella latenza le implicazioni sociali e politiche della propria ricerca. Bisogna andare in direzione di una più matura epistemologia delle scienze umane, verso una epistemologia che comprenda nel proprio quadro le implicazioni ideologiche della ricerca e i vissuti affettivi che ad essa si legano. “Tutto ciò che è detto, è detto da un osservatore” (H. Maturana) Qualsiasi descrizione di un certo sistema è operata a partire dalla determinazione di un metadominio descrittivo, di un punto di vista che consente all’osservatore di distinguere tale sistema come una unità e di descriverne. Pertanto è la prospettiva dell’osservatore rispetto al sistema che fonda un dominio descrittivo. I punti di vista che può assumere l’osservatore sono molteplici e nessuno di essi è in sé privilegiato. Un punto di vista interno al sistema implica un osservatore che per definizione è collocato in una posizione tale da essere coinvolto nelle dinamiche del sistema, in quanto egli ne fa parte, è una delle componenti del sistema stesso e subisce perciò molteplici interazioni con le altre componenti di tale sistema; ciò porta l’osservatore a a vivere in termini di senso e di significato quanto avviene nel sistema e lo induce a prese di posizione personali rispetto alla situazione e alle trasformazioni di questa. Per l’osservatore esterno il sistema è un “oggetto epistemico” da conoscere e da analizzare, mentre per l’osservatore interno il sistema è “un’esperienza vissuta . Il primo atteggiamento è più legato al paradigma neopositivista centrato sulla descrizione oggettiva Il secondo è di preferenza legato al paradigma fenomenologico, basato syulla percezione soggettiva del senso.