Diapositiva 1 - Tecnologie autonome nella didattica. Verso la
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Diapositiva 1 - Tecnologie autonome nella didattica. Verso la
Didattica A • “Lo sforzo del didatta è teso a trasformare un discorso specialistico in uno comprensibile e più consono alla natura dell’allievo. • Il didatta è sensibile all’allievo, lo pone al centro della sua attenzione, ma la sua azione didattica non è tanto focalizzata sull’apprendimento, quanto soprattutto sull’argomento posto in gioco, quindi sui temi del sapere trattato e sull’insegnamento di quel sapere” D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Didattica A • l’obiettivo è creare situazioni (lezioni, attività, oggetti, ambienti, ..) per un insegnamento migliore; • l’assunto è: se migliora l’insegnamento, migliorerà anche l’apprendimento; • si vogliono suscitare l’attenzione e la motivazione dello studente, sostenendo che queste siano le caratteristiche essenziali perché questo apprenda; D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Didattica A • Quanto affermato non vuole negare che esistano dei docenti che sappiano suscitare attenzione e quindi motivazione; si vuole dire che: – l’efficacia degli apprendimenti non dipende solamente da queste doti, anche se ovviamente sapendo suscitare attenzione si può generare anche motivazione; – non è detto che un perfetto insegnante riesca ad ottenere un buon risultato sul piano dell’apprendimento, solo per questo motivo. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Didattica B • “Il focus della didattica B sta nell’individuazione delle caratteristiche dell’apprendimento. In questo ambito si studiano in modo approfondito le caratteristiche, le condizioni e le modalità della costruzione delle conoscenze dell’allievo”; • L’assunto di base è che l’allievo costruisce in modo attivo una sua propria conoscenza interagendo con l’ambiente ed organizzando le sue costruzioni mentali. • L’istruzione influenza ciò che l’allievo apprende, ma non determina tale apprendimento. L’allievo, cioè, non si limita a recepire passivamente la conoscenza, ma la rielabora costantemente in modo autonomo” (questa posizione può essere ascritta al “costruttivismo”). D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Didattica B • Costruttivismo: visione forte e visione debole (Baldacci); • visione forte: la conoscenza è costruita; la conoscenza è una costruzione dell’uomo; • visione debole: la costruzione è relativa agli schemi concettuali da noi usati per dare forma alla conoscenza della realtà; • per il costruttivismo debole la metafora della conoscenza è un ragno che costruisce la sua tela per catturare la preda; • perciò si ha conoscenza quando si cattura la realtà attraverso la rete concettuale costruita. L’esperienza è l’urto con la realtà, mediato dallo schema concettuale. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Didattica C • Si interessa delle influenze dell’insegnante sulla didattica A e sulla didattica B; • Le convinzioni dell’insegnante possono condizionare e determinare l’insegnamento (A) e l’apprendimento (B). Didattica C • in definitiva, la didattica C che studia la formazione, le convinzioni, il ruolo dell’insegnante, – entra nella didattica A che «studia criticamente il Sapere e le sue forme di diffusione»; – entra nella didattica B che «studia criticamente le forme di apprendimento dell’allievo, subordinato a questioni d’aula»“ D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica nel tempo didattica A didattica B didattica C oggi insegnante (didattica C) allievo (didattica B) sapere (didattica A) D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica sapere (didattica A) ma anche La didattica A enfatizza l’insegnamento, le scelte relative al Sapere; ogni suo interesse è centrato sui contenuti, su una loro divulgazione studente (didattica B) La didattica B enfatizza l’apprendimento, dunque i modi di costruzione di conoscenza dell’allievo; ogni suo interesse è centrato sui motivi dei successi e degli insuccessi dell’apprendimento insegnante (didattica C) La didattica C si interessa dell’insegnante, delle sue convinzioni, del suo ruolo, della sua formazione per indicare Che una azione didattica si può trovare alla confluenza di un certo tasso di didattica A, di didattica B, di didattica C sapere (didattica A) studente (didattica B) insegnante (didattica C) Se il sapere è un sapere tecnologico sapere (didattica A) insegnante (didattica C) La didattica C si interessa dell’insegnante, delle sue convinzioni sulle tecnologie, del loro ruolo, della sua formazione sulle stesse La didattica A enfatizza l’insegnamento, le scelte relative al Sapere tecnologico; ogni suo interesse è centrato sui contenuti, su una loro divulgazione studente (didattica B) La didattica B enfatizza l’apprendimento, attraverso le tecnologie, dunque i modi di costruzione di conoscenza dell’allievo; ogni suo interesse è centrato sui motivi dei success e degli insuccessi dell’apprendimento Se analizziamo il rapporto fra un sapere e le tecnologie sapere (didattica A) tecnologia nell’insegnamento studente (didattica B) tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione docente (didattica C) le convinzioni dell’insegnante sulle tecnologie Situazioni (didattiche) • teoria delle situazioni: filone di ricerca iniziato con Brousseau (1986). Le situazioni (dal punto di vista degli attori/strumenti) sono delle relazioni tra l’insegnante, l’allievo, elementi al contorno (strumenti, materiali, ..), avendo come scopo che gli studenti apprendano. insegnante sapere allievo D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica • Vengono individuate tre tipologie diverse: – situazioni a-didattiche – situazioni non didattiche – situazioni didattiche Situazioni a-didattiche • “l’allievo apprende adattandosi ad un ambiente che è fattore di contraddizioni, di difficoltà, di disequilibri, un po’ come la società umana. Questo sapere, frutto dell’adattamento degli allievi, si manifesta con delle nuove risposte che sono la prova dell’apprendimento […]. [L’allievo sa che] il problema è stato scelto per fargli acquisire una nuova conoscenza ma sa anche che questa conoscenza è giustificata dalla logica interna della situazione e che può costituire senza fare appello a delle ragioni didattiche.” (Brousseau) D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • sono in ballo gli studenti e l’oggetto della conoscenza, non l’insegnante; • la situazione suggerisce delle esigenze e gli studenti danno risposte a queste; • quello che si fa non è legato a spinte dell’insegnante (che assume il ruolo di regista), non ci sono obblighi didattici; • gli studenti si impegnano in una attività di costruzione di conoscenza legata alla situazione. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • l’allievo fa dei tentativi; verifica che tali tentativi sono efficaci, inefficaci, errati; • li modifica adattando il proprio sistema di conoscenze alla situazione; • i tentativi interni alla situazione che fa sono dovuti alla situazione non ad esigenze didattiche; • sono dei bisogni dettati dall’attività; • questa modalità sembra essere quella più idonea alla costruzione di conoscenza; • Brousseau sostiene che lo studente costruisce la conoscenza solo se si interessa personalmente della risoluzione di quanto gli è stato proposto attraverso la situazione. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • “Nelle situazioni a-didattiche si individuano sei fasi: • Devoluzione: è un atto che riguarda l’insegnante nei confronti degli allievi: egli consegna l’obiettivo cognitivo agli studenti. E’ il processo di responsabilizzazione attraverso il quale l’insegnante ottiene che lo studente impegni la sua responsabilità nella risoluzione di un problema, o in generale di una attività cognitiva, che diventa allora problema dell’allievo, […]. Brousseau definisce la devoluzione come «l’atto attraverso il quale l’insegnate fa accettare all’allievo la responsabilità di una situazione di apprendimento[…] o di un problema […]». La devoluzione è dunque una situazione in base alla quale l’allievo ‘funziona’ in modo scientifico, e non solo in risposta a spinte esterne alla situazione, per esempio di tipo didattico. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • Implicazione: fase nella quale lo studente accetta l’offerta e si implica in essa; • Costruzione della conoscenza privata: fase nella quale ciascuno studente crea una propria conoscenza interna singolare; • Validazione: processo che si adotta per raggiungere la convinzione che un certo risultato ottenuto risponda effettivamente alle richieste e ai suoi requisiti. Momento nel quale lo studente mette in discussione e la difende la propria soluzione con gli altri. In questa situazione trasforma il proprio prodotto di conoscenza in uno di comunicazione; in questo modo oltre che per la discussione, diviene padrone della propria conoscenza; D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • Socializzazione: il sapere personale, costruito, validato da un singolo studente viene presentato e discusso con tutta la classe. Avviene uno scambio sociale tra gli allievi, cosicché singole conoscenze private diventano conoscenza sociale condivisa dalla classe. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni a-didattiche • Istituzionalizzazione delle conoscenze: atto esplicito che compie l’insegnante al fine di permettere ad una conoscenza costruita dagli allievi, e socialmente condivisa, di essere ufficialmente riconosciuta. E’ un momento importante nell’apprendimento e quindi deve essere un atto forte. Lo studente tende a non accettare le costruzioni cognitive proprie e della classe, mentre tende ad accettare quelle dell’insegnante. L’insegnante cessa di essere regista e torna ad assumere il ruolo istituzionale che lo studente gli riconosce. D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni non-didattiche • È una situazione non volontariamente costruita per un sapere: “l’insegnante e l’allievo non hanno un rapporto specifico con un sapere in gioco, manca la volontà specifica didattica di insegnare. L’insegnante non ha costruito un ‘ambiente didattico’ finalizzato all’apprendimento di qualche nozione specifica del sapere da insegnare. Dunque non è previsto un apprendimento come scopo, come traguardo di quella attività. Se un apprendimento avviene ugualmente, è casuale.” (ricorda l’apprendimento informale) D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni didattiche • “l’insegnante struttura l’ambiente in modo opportuno, con strumenti opportuni, al fine di giungere alla fine dell’attività ad una conoscenza specifica. Tutto avviene […] alla luce del sole, in un ambiente dichiarato: – l’allievo sa che sta imparando, che l’insegnante sta insegnando; – l’insegnante è consapevole del suo ruolo e di come la situazione si sta sviluppando. • C’è intenzione esplicita di insegnare. Sono situazioni di stimolo concreto a fare attività, a risolvere problemi, ad eseguire consegne. La situazione è tutta esplicita: l’allievo sa che in quel momento si stanno delineando ed evolvendo nozioni che fanno parte del sapere della scuola. L’insegnante dichiara fin da subito l’obiettivo cognitivo che si vuole raggiungere, spesso dichiara anche quali sono le sue proprie attese, che cosa egli si aspetta che gli studenti facciano, costruiscano, che risposte devono dare alle sue domande.“ D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica Situazioni didattiche • “Lo studente viene impegnato non tanto ad apprendere [l’argomento] che costituisce l’oggetto dell’attività, ma ad apprendere che cosa fare o dire per assecondare le attese dell’insegnante su quel determinato tema. […] E’ tutto così esplicito che l’allievo, giunto al momento di dover dare risposte, non si pone domande sul contenuto, ma su cosa l’insegnante si aspetta che egli faccia o risponda.” D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica confronto • “Confrontando le situazioni a-didattiche con quelle didattiche si deduce che l’apprendimento d’aula e l’impegno richiesti allo studente sono ben diversi: nella situazione a-didattica si chiede all’allievo di attivarsi, mentre nella situazione didattica si chiede all’allievo di riprodurre ciò che ha detto la maestra”. • “Quello che si riesce a mettere sotto forma di situazione adidattica risulta vincente nell’apprendimento. In effetti pur essendo una situazione di apprendimento più lenta, permette un apprendimento concettuale; è attraverso la costruzioni di situazioni a-didattiche in aula che si arriva ad una vera e propria conoscenza, capace anche di transfer cognitivi.“ D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica • “Non è necessario affrontare tutti gli argomenti nuovi attraverso la ostruzione di situazioni adidattiche, ma è bene, in fase di progettazione e programmazione, individuare a priori i nuclei fondanti della disciplina che si vogliono far costruire agli alunni. Almeno quelli dovrebbero essere costruiti attraverso situazioni adidattiche.” D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica situazioni a-didattiche, devoluzione • “si può dire che l’allievo costruisce la conoscenza solo se si interessa personalmente del problema della risoluzione di quanto gli è stato proposto attraverso la situazione didattica: in tal caso si usa dire che è avvenuta la devoluzione e questo avviene nelle situazioni a-didattiche.” didattica situazioni a-didattica non-didattica per indicare che una situazione si può trovare alla confluenza di un certo tasso di situazione adidattica, di situazione didattica, di situazione non-didattica didattica a-didattica non-didattica Se analizziamo il rapporto fra situazioni e le tecnologie didattica tecnologia nell’insegnamento a-didattica tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione non-didattica tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione compito autentico compiti autentici: •compiti reali, •rilevanza nel mondo reale, •una utilità, •avere un livello di complessità e novità “[…] la complessità e novità del compito o dell’attività da sviluppare caratterizzano anche la qualità e il livello della competenza implicata.” 1 Pellerey: le caratteristiche di una competenza • Competenze in situazione “una competenza è definibile a partire dalla tipologia di compiti o attività che si debbono svolgere validamente ed efficacemente. La complessità e novità del compito o dell’attività da sviluppare caratterizzano anche la qualità e il livello della competenza implicata.” 2 complessità compiti complessi con qualche famigliarità; p.e. competenze in discipline (come mat. e fis.) con le quali si ha una certa dimestichezza che permette di affrontare problemi impegnativi 1 compiti di grande complessità e novità: competenze elevate 2 novità famigliarità automatismi consolidati, attivabili con correttezza e facilità; attenzione: un compito non è ‘facile’ allo stesso modo per tutti; anche di fronte ad un compito ‘facile’ si attivano abilità e/o conoscenze per un fine compiti semplici ma meno famigliari: possono costituire una novità che può mettere in difficoltà. Compiti estranei alla vita (scolast. e extrascol.) degli studenti, per i quali essi non riescono a realizzare dei riferimenti. semplicità Pellerey - Mobilizzazione risorse • “Una competenza si manifesta perché si riesce a mettere in moto e coordinare un insieme di conoscenze, abilità e altre disposizioni interne al fine di svolgere positivamente il compito o l’attività prescelta. Queste risorse interne debbono quindi essere possedute a un grado di significatività, stabilità, fruibilità adeguato, tale cioè da poter essere individuate e messe in moto quando esse siano necessarie per affrontare il compito richiesto.” (Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio) Pellerey • Risorse anche esterne “Tra le risorse che occorre saper individuare, utilizzare e coordinare molto spesso occorre considerare non solo risorse interne, ma anche risorse esterne. Non si tratta solo di risorse di natura fisica o materiale come libri, strumenti di calcolo, computer, ma anche umane come il docente stesso, i compagni, altre persone che è possibile coinvolgere nella propria attività.” (Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio) • “l’uso di compiti complessi diventa particolarmente efficace in quanto è altamente coinvolgente per gli allievi e permette loro – la riflessione attiva sui contenuti, – l’applicazione di idee chiave in situazione, […], – il controllo sulle proprie strategie di apprendimento” • “si intende […] competente la prestazione di chi in un dato contesto, esegue un compito, sfruttando opportunamente le risorse e i mezzi a disposizione, tenendo conto di motivazioni, valori, emozioni […], […] imprimendo il proprio marchio professionale alla risoluzione del problema.” • è, quindi, “fondata su una prestazione reale e adeguata alla esplicitazione di competenze”, che favorisce un apprendimento significativo. L’apprendimento significativo è: • • • • • • • attivo, costruttivo, collaborativo, intenzionale, contestualizzato, riflessivo, complesso. Jonassen D.H., Rohrer-Murphy L.,1999 Apprendimento significativo • attivo: quando il soggetto è responsabile e consapevole del proprio apprendimento, agisce mettendo attenzione ed impegno nello sviluppo delle proprie azioni. Si apprende quando si è coinvolti in modo attivo nel processo di apprendimento; • costruttivo: l’apprendimento si costruisce a partire dalle conoscenze possedute con una costante interazione fra mente e nuova conoscenza; sono importanti processi che allertino le conoscenze personali al fine di creare degli ancoraggi per nuove conoscenze; Apprendimento significativo • collaborativo: il soggetto lavora naturalmente in una comunità, ricevendo supporto dagli altri, ed osservando il modo di fare degli altri. • riflessivo, il soggetto riesamina il proprio apprendimento riflettendo sui processi svolti e sulle relative decisioni. Rianalizzando il percorso seguito e riflettendo sulle decisioni prese, si comprende di più e si saprà applicare in contesti diversi la conoscenza costruita; Apprendimento significativo • intenzionale: il soggetto è coinvolto nel conseguimento di obiettivi che originano da motivazioni intrinseche; come tutti i comportamenti umani tendono ad uno scopo, così i comportamenti degli studenti debbono tendere ad un obiettivo; • contestualizzato: i compiti assumono significatività se inseriti in una particolare cornice di riferimento. Risolvere un problema in una situazione reale, permette di trasferire la modalità di soluzione applicata anche in altri contesti. Apprendimento significativo • complesso: occorre presentare agli studenti i problemi con la loro effettiva complessità; spesso invece si semplifica il problema e lo si offre alla soluzione degli studenti; così facendo si commettono diversi errori: il problema viene tolto dal suo contesto naturale, si offre una visione personale del problema e una visione non vera della realtà. Occorre presentare problemi complessi altrimenti gli studenti finiranno per vedere e credere il mondo in modo semplicistico e banale. situazioni a-didattiche devoluzione compiti autentici Apprendimento significativo Le convinzioni degli insegnanti • Abbiamo parlato in precedenza di convinzioni degli insegnanti. • Ne vediamo un esempio nella presentazione delle tecnologie che segue. Una definizione (B. Arthur) • “La tecnologia è un mezzo per soddisfare uno scopo umano. […] In quanto ‘mezzo’, la tecnologia può essere un apparecchio fisico (un motore diesel, un frigorifero), un processo (un processo di filtrazione nell’ingegneria chimica o il processo risolutivo per una equazione di secondo grado, eventualmente codificato in algoritmo), un metodo (il metodo adottato per lo sviluppo di un algoritmo per il riconoscimento vocale, la modalità di progettazione didattica, ..). […]; può essere materiale […] oppure immateriale […]. Comunque è sempre un mezzo creato per soddisfare un fine umano”. Spesso le tre tipologie si integrano: • un processo sviluppato con un determinato metodo; • un processo che ha bisogno di un apparecchio per essere eseguito (un algoritmo); • un processo, sviluppato con un certo metodo, che si realizza con un determinato apparecchio (ancora il caso di un algoritmo). Tecnologie di sostegno & tecnologie autonome • Il senso del loro utilizzo nella didattica sembra oscillare in un continuo che va da forme di sostegno alle varie discipline, facilitandone e migliorandone l’apprendimento, ad approcci che accentuano il carattere di autonomia delle stesse tecnologie. Analizzeremo il significato delle tecnologie quando vengono intese come Tecnologie di sostegno e come Tecnologie autonome tecnologie di sostegno autonome per presentare per facilitare Tecnologie di sostegno, come: • tecnologie per presentare • tecnologie per facilitare tecnologie per presentare • elemento essenziale: il video, attraverso il quale l’utente riceve informazioni; un esempio è il web; • il mondo del web è complesso e variegato; la presentazione è spesso il segno della propria esistenza; si può presentare se stessi e interagire con altri attraverso post nel proprio blog o con interventi in blog altrui o attraverso un social network; si possono presentare contenuti in un wiki, ma anche realizzare e pubblicare tutorial, video, prodotti ipertestuali, creati da soli o in collaborazione con altri. la rete oggi • siti vetrina – è prevalente la presentazione • siti officina – è prevalente la discussione, la collaborazione, la costruzione siti vetrina • siti degli utenti • portali – virgilio – yahoo – …… spesso nei portali ci sono degli spazi-officina: blog, spazi per discutere, .. siti officina • siti per comunità: – di aiuto – di discussone – professionali – di ………. – ………………… • siti per la formazione • applicazioni web 2.0 sviluppo del web comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione web 2.0 tool comunicazione/condivisione protagonismo/silenzio Sviluppo del Web vetrina comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione • una moltitudine di utenti presenti in rete • pagine e pagine che parlano degli stessi argomenti • vivevano in siti sperduti e, forse, erano presenti in qualche bookmark • si era protagonisti, creatori di pagine che però finivano nel silenzio più assoluto web 2.0 tool comunicazione/condivisione portali/monopolio informazione Sviluppo del Web vetrina comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione • alcuni siti, prevalevano su tutti e i navigatori si sono così ritrovati ad essere semplici fruitori di informazioni messe a disposizioni da altri • la rete, da luogo di produzione per tutti, diventa luogo di fruizione per gran parte degli utilizzatori e luogo di produzione per pochi • nei portali nascono degli angoli-officina dove iniziano ad esistere i primi tool per com. e forme di interazione web 2.0 tool comunicazione/condivisione comunità Sviluppo del Web vetrina officina comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione • parallelamente, nuove esperienze proponevano tentativi di condivisione e costruzione collaborativa di conoscenza. • vengono sperimentate forme nuove di gestione della propria vita nel web: si esiste anche negoziando/interagendo con altri utenti. • nascono comunità di apprendimento, di pratica, si sperimentano forme di apprendimento che possono essere facilitate dalla esistenza in rete. web 2.0 tool comunicazione/condivisione tool comunicazione/condivisione Sviluppo del Web vetrina officina comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione web 2.0 tool comunicazione/condivisione Queste esperienze hanno prodotto uno sviluppo del software che ha portato alla realizzazione di tool per diverse forme di collaborazione e condivisione. Si genera dunque un percorso virtuoso fra società e tecnologia che porta la prima ad individuare nuove esigenze, costantemente sul versante dello scambio con altri utenti nella rete, e così si realizzano nuovi strumenti che possano soddisfare queste esigenze. In una prima fase queste erano sentite e vissute e quindi soddisfatte dalla tecnologia internamente agli ambienti per l’online e-learning e a quelli per la vita di comunità. web 2.0 Sviluppo del Web vetrina officina comunità protagonismo/silenzio portali/monopolio informazione web 2.0 tool comunicazione/condivisione … poi si è cominciata a sentire l’esigenza di allargare i confini e di vivere nel web aperto queste esperienze. Lo sviluppo delle tecnologie, orientato dalle esigenze sociali, ha prodotto nuovi servizi e questi hanno iniziato a vivere una vita propria diventando essi stessi centri intorno ai quali vivere nel web. Si sviluppano sempre più strumenti come blog, wiki, social network, social bookmarking, … Parallelamente nascono comunità che orientano i propri interessi verso l’uno o l’altro. Nasce il Web 2.0. tecnologie per presentare • E’ variegato e complesso anche il mondo delle realizzazioni e delle possibili analisi sul versante delle sinergie con la formazione; • sono stati realizzati diversi approcci; si va da azioni formative nelle quali è prevalente il • flusso in direzione dell’utente (approccio unidirezionale); • ad altre, nelle quali il flusso è frammentato in segmenti dettati e prodotti da forme di interazione multiple (approccio dialogico); approccio unidirezionale • la tecnologia tende a integrare o a sostituire la fonte informativa tradizionalmente rappresentata dal docente; • tecnologia legata alla sua interfaccia: scatola nera che si presenta con delle modalità d’uso (l’interfaccia) che l’utente si limita ad utilizzare; • prevalente la scelta di tecnologie già pronte all’uso; • prima soglia di utilizzo delle tecnologie nella didattica; • il docente elabora percorsi didattici distribuendo, internamente a questi, dei supporti tecnologici che favoriscano la presentazione sia a distanza sia in presenza; approccio unidirezionale • Esempi: – videolezione [esempio GeoGebra; esempio 2 (Youtube) biologia, esempio 3 (Youtube) biologia, esempio 4 (Youtube) matematica]; – audio [esempio] – sito per presentare contenuti [esempio, Altervista] – lezioni in ambienti di apprendimento con modalità trasmissiva [moodle scaricabile da qui, guida installazione, esempio] – LO [tool per creare LO: eXelearning] – Ebook [epubeditor (ebook online)] una novità??!! • il flip teaching predica un rovesciamento: non più lezioni in aula e compiti a casa ma lezioni a casa e compiti in aula; • si erogano contenuti da studiare autonomamente e poi in aula si sviluppano compiti ed esercizi su quanto già esaminato; • momenti di autoapprendimento e altri di esercitazioni, attraverso le quali il docente può chiarire dubbi e migliorare l’apprendimento nell’interazione con gli studenti; • il ruolo del docente non è quello di somministrare contenuti, ma di essere tutor durante il lavoro degli studenti in aula. Approccio dialogico • caratteristiche maggiormente orientate alla dialogicità, alla riflessione, alla interazione; • le tecnologie tendono a perdere la loro invasività verticale per assumere una consistente, ma sempre più trasparente, presenza orizzontale; • è prevalente la frammentarietà della presentazione; non approccio disarticolato, disorganico, ma interazione; • gli attori dialogano, riflettono, collaborano nei loro percorsi apprenditivi; • da uno a molti a molti a molti. approccio dialogico • Esempi: – ambienti di apprendimento con materiali e attività tipo quelle dell’approccio unidirezionali, però in un tessuto collaborativo e costruttivo realizzato attraverso tool per la comunicazione e per la collaborazione: • web forum, chat, blog, wiki, … – applicazioni del web 2.0 che segnano un passaggio da approcci centralizzati a quelli decentralizzati: Applicazioni del Web 2.0 Le applicazioni del Web 2.0 sono generalmente chiamate social software, ricordando con ciò le loro specificità che sono quelle di permettere alle persone di dialogare, collaborare, costruire in rete; alcune fra queste: – Blog – Social network – Wiki – Social Bookmarking Blog • Attraverso un blog è possibile inserire propri interventi (riflessioni, semplici considerazioni, pensieri, ..) e vederli pubblicati secondo un ordine cronologico, con l’ultimo intervento in testa. L’utente non deve avere competenze informatiche né deve installare software sul proprio personal. La sua struttura è assimilabile a quella di un diario personale, sul quale possono scrivere il proprietario ma anche altri, amici, colleghi o qualunque utente del web. • Con un blog, una persona stabilisce la sua presenza nella rete divenendo un nodo connesso ad altri nodi, che possono essere altri blog. Un blog assume la sua caratteristica sociale quando entra in una rete di collegamenti. • Per creare un blog: blogger Social network • Nel web si sono diffuse delle applicazioni che permettono alle persone di aggregarsi e formare delle comunità online intorno a svariati interessi. • Nascono nel 2003 con Friendster, Tribe.net, LinkedIn. In seguito il motore di ricerca Google ha lanciato Orkut. In Italia il primo social network è stato superEva. Il social network, attualmente più diffuso, è Facebook. • Un utente, accedendo al portale che gestisce una di queste applicazioni, può iscriversi ed inserire poi opportune informazioni per presentarsi e delineare il proprio profilo. In seguito colleghi ed amici possono iscriversi. Il portale diventa luogo di contatto fra le persone iscritte. Social networking • Il social networking permette e facilita la possibilità di mettere in contatto le persone nella rete; Fini afferma che “il web, nato per realizzare una connessione ipertestuale di documenti, ha finito oggi per collegare direttamente le persone. […] far parte di un determinato network, avere la possibilità di essere presentati ad altre persone tramite i propri contatti, sono tutte attività di notevole valore, realizzate grazie ai servizi di social networking.” (Fini A., p. 186, in Bonaiuti A., 2006). Il senso complessivo del social networking risiede nella creazione di una rete di contatti che possa rappresentare uno spazio di confronto, di sostegno, di aiuto, di consultazione per problemi nel campo personale e pubblico (lavoro, vita sociale), ……… Wiki • Gli utenti, in un wiki, possono scrivere in modo collaborativo un testo. È possibile intervenire su un testo già scritto e modificarlo; tutte le versioni precedenti vengono conservate e, in caso di necessità, possono essere ripristinate. Nel testo è possibile creare dei collegamenti a nuove pagine che vengono generate all’istante e, ciascuna di queste, assume come nome la parola scelta come collegamento. • I wiki sono strumenti ideali quando si ha la necessità di costruire collaborativamente un testo, dando la possibilità a utenti remoti di poter intervenire nella sua realizzazione. Anche in presenza rappresenta uno strumento ideale per la costruzione collaborativa di documenti. • Per creare un wiki: sito 1, sito 2 Social bookmarking • Il social bookmarking permette di classificare risorse di Internet in base a reti di segnalibri che l’utente può liberamente scegliere e condividere. • Tradizionalmente: operazioni di bookmarking sul proprio browser. • Social bookmarking: bookmarking condiviso in rete; • Navigando è possibile catalogare risorse o attraverso descrittori già creati oppure attraverso dei nuovi creati al momento. • Nel proprio social bookmark l’utente può: – visualizzare l’elenco dei preferiti raggruppati in base ai descrittori, – può creare raggruppamenti di descrittori, come ad esempio avviene nei bookmark tradizionali, Social bookmarking • Il procedimento di classificazione, chiamato folksonomia, e di costruzione di reti di social bookmarking parte dal basso; non esiste un centro regolatore, ciascun utente crea il proprio set di descrittori, attraverso questi crea il proprio bookmark che poi aggrega a quello degli altri; • il termine inglese folksonomy deriva da folk (gente, popolo) e tassonomy (tassonomia, classificazione) e sta ad indicare il fatto che la classificazione è creata dal popolo degli utilizzatori. Secondo questa accezione non esistono gli esperti che preparano elenchi di descrittori in base ai quali poi altri classificano oggetti, ma gli “attori di questa organizzazione dell’informazione sono gli utenti, i cittadini della Rete […].” (Infante C., 2006, p. 150). • Un esempio: delicious E-learning 2.0; si afferma: • quando la formazione online avviene in ambienti chiusi dove vengono proposte delle attività collegate a forme di studio di materiali, il ciclo consiste in apertura, sviluppo, chiusura. Questo percorso riproduce quelle situazioni in presenza che vedono una netta separazione fra vita scolastica e vita quotidiana, e nelle quali occorre ricreare un contesto artificiale dentro il quale sviluppare il processo apprenditivo. E-learning 2.0; si afferma: • “L’approccio tradizionale all’e-learning tende ad essere strutturato in corsi, orari e test. Questo è un approccio che è stato imposto in modo da soddisfare i bisogni delle istituzioni piuttosto che quelli di coloro che dovrebbero apprendere.” (O’Hear S., 2006). • negli ambienti di apprendimento online si trascurano le forme di apprendimento spontaneo che avvengono in situazioni meno formali; la formazione parte da contenuti scientifici e disciplinari da proporre, non da esigenze sentite o che provengono da situazioni informali. E-learning 2.0; si afferma: attraverso l’e-learning 2.0 si possono aprire gli ambienti di apprendimento agli strumenti tipici e comunemente utilizzati del Web 2.0 e provare a collocare la formazione in situazioni meno artificiali ma che si avvicinino maggiormente a quelle di apprendimento spontaneo l’e-learning 2.0 può rappresentare l’occasione per ripensare (!!) sia la formazione nei sistemi educativi scolastici attraverso l’uso delle tecnologie che il Web 2.0 mette a disposizione, sia la formazione online, facendola uscire dagli ambienti di apprendimento per farla tornare nella libera rete E-learning 2.0; si afferma: con l’e-learning 2.0, attraverso le applicazioni del Web 2.0, la formazione può riappropriarsi del web come spazio per un apprendimento spontaneo ed informale. Una sintesi • approccio unidirezionale: didattica A, situazioni didattiche; anche didattica B, situazioni a-didattiche quando, cioè, non si ‘fa lezione’, ma gli allievi ‘stanno lavorando’ su problemi e/o su progetti ed hanno bisogno, ad esempio, di video; anche situazioni non-didattiche durante le quali, in modo informale, l’allievo lavora intorno a suoi interessi; • approccio dialogico: didattica B, situazioni a-didattiche, situazioni non-didattiche esiste il Web 2.0? • la sua collocazione non è sempre individuabile: vive internamente al Web e si distingue per qualche accentuazione sull’aspetto sociale e collaborativo, oppure rappresenta una netta e distinta evoluzione del web tale da poter essere identificato attraverso una propria denominazione, ovvero Web 2.0? • non è universalmente accettata una suddivisione del web che identifica il 2.0 in base a specifiche caratteristiche che dovrebbe avere; • in una intervista del 2006, Tim Berners Lee si allontana da un riconoscimento del web 2.0: – l’espressione Web 2.0 può definirsi gergale e non riferibile ad un preciso significato; – web 1.0: spazio interattivo, o comunque quello che il web avrebbe dovuto essere fin dalle sue origini, ovvero uno spazio collaborativo aperto all’interazione degli utenti; – le applicazioni del web 2.0 (siano esse wiki o blog), per quanto divertenti e popolari non sono altro che applicazioni create con standard creati per il Web 1.0; • i blog già esistevano internamente alle piattaforme tipiche degli ambienti di apprendimento online (che, erroneamente, si tende a ‘confinare’ nella preistoria); • esperienze di scrittura collaborativa (il futuro wiki) erano sviluppate all’interno degli stessi ambienti; • inoltre venivano sperimentati e realizzati variegati strumenti per la creazione collaborativa di segmenti di percorso e di contenuti; • in definitiva quello che è un profilo caratteristico del Web 2.0, cioè l’esigenza della socialità nell’azione, nasce e si sviluppa in epoca precedente; • in definitiva, sono stati implementati alcuni di questi standard per migliorare l’interazione fra client e server; • basta tutto ciò per chiamare questo come web 2.0? • tutto è web; internamente ad esso abbiamo degli strumenti (applicazioni) di vario tipo; alcuni maggiormente orientati alla produzione di contenuti, altri alla comunicazione, altri alla trasmissione e così via; ciascuno può aver avuto una propria evoluzione nel tempo; ??????????? • Pollock J.T (2009) afferma che il motore della crescita del Web 2.0 sono gli utenti che, a differenza di quelli sconnessi e dediti a leggere pagine statiche del Web 1.0, sono intensamente connessi mentre interagiscono e costruiscono comunità sul web; afferma inoltre che il fenomeno del Web 2.0 è chiaramente sociale e non di natura tecnica. • Una voce fuori dal coro degli entusiasti del cosiddetto Web 2.0 è quella di Metitieri (2008, pag. 48); • analisi sul Web 2.0 e in particolare sul blog, accusando una categoria di blogger di manipolare la plausibilità delle preferenze assegnate dai lettori ai blog; • i navigatori si orientano verso i post che emergono come maggiormente scelti supponendo che ciò sia dovuto alla loro significatività; • alcuni studi ed esperimenti hanno, invece, dimostrato la fallacità degli attuali sistemi di rancking nel web. Nuove tecnologie? AR • Nuove tecnologie? • Le tecnologie nascono così per caso, oppure esiste una coerenza? • Brian Arthur e Kevin Kelly affermano qualcosa in merito Brian Arthur • Arthur (2011, pag. 16) afferma che le tecnologie sono combinazioni di altre già disponibili; ogni componente di una data tecnologia è in sé una tecnologia[…]; Kevin Kelly • la tecnologia evolve nel tempo in modo autonomo; • termine technium per indicare un sistema di creazioni che si auto rafforza • parla di convergenza delle tecnologie technium • lo studioso conia il termine technium per indicare un sistema di creazioni che si auto rafforza. A un certo punto della sua evoluzione, il nostro sistema di strumenti, macchine e idee è diventato così denso, quanto a rimandi circolari e interazioni complesse, da raggiungere una sorta di indipendenza, iniziando dunque a esercitare una certa autonomia convergenza[1] • Fino ai nostri giorni, l’evidenza storica dice che molte invenzioni sono nate negli stessi tempi, ma in aree geografiche diverse; ad esempio l’agricoltura, è dimostrato, che è stata inventata, reinventata, coinventata, diverse volte. convergenza[2] • Kelly sostiene che è dimostrato come diverse invenzioni vengano alla luce perché si arriva ad un punto nel quale il technium può partorire la loro nascita e, in luoghi diversi, diversi ricercatori sembrano gareggiare per essere i primi a raggiungerle convergenza[] • l’autore afferma che esiste una convergenza storica che porta alla nascita delle nuove invenzioni. Se diversi ricercatori arrivano a conclusioni che, seppur non identiche nella loro realizzazione, sfruttano gli stessi principi, ciò significa che il technium segue il suo sviluppo e gli scienziati non fanno altro che svelarlo nelle loro invenzioni. Non può essere altrimenti: non si spiega perché diversi ricercatori arrivino alle stesse conclusioni negli stessi tempi technium&combinazione • quindi convergenza, da un lato (Kelly), e processo di combinazione di precedenti tecnologie in nuove (Arthur) • la nascita di una tecnologia avviene perché il technium lo permette e lo invoca e ciò si realizza attraverso una combinazione di tecnologie esistenti Due esempi • Realtà aumentata • MOOC (Massive Open Online Course) Realtà aumentata • sovrapposizione di due livelli di presentazione: a un primo, viene sovrapposto un secondo che fornisce informazioni aggiuntive; • nasce nei laboratori della Boeing, nel 1990 quando per il montaggio dei cinque milioni circa di pezzi del Boeing 747 si capì ………... • prevedere una sovrapposizione che, al di sopra della parte fisica reale, aggiungesse qualcosa di virtuale che spiegasse come montare i diversi pezzi • esempio: BMW http://www.futurix.it/2008/09/bmwe-la-realt-aumentata_14.html realtà virtuale vs realtà aumentata • • • le esperienze di realtà virtuale si realizzavano facendo indossare agli esseri umani dei dispositivi il passo che portò alle prime realizzazioni di AR fu il rendere trasparente la visiera. Meccanismo della AR: – casco con telecamera – telecamera riprende la realtà – esiste una memoria di immagini di realtà con una serie di frame supplementari esplicativi di quella realtà; – quando la telecamera rileva un segmento di realtà che combacia con una immagine memorizzata, – viene proiettata sulla visiera la serie di immagini supplementari (o il video) – viene generata una rappresentazione sovrapposta a quella reale – quindi realtà aumentata: a quella sullo sfondo, quella vera, si aggiunge quella ricostruita – oggi il casco è generalmente rappresentato da occhiali • con la AR abbiamo una inversione rispetto alla realtà virtuale: con questa un essere umano entra e vive nel virtuale (eventualmente facendosi rappresentare da un avatar), mentre nella realtà aumentata è il virtuale che entra nel reale dell’uomo e ne permette un accrescimento. uso didattico • l’uso didattico dell’AR sembra esaltare al massimo l’approccio al miglioramento della presentazione dell’informazione • in situazioni di – apprendimento simbolico sequenziale ricostruttivo (aumento dell’informazione) tipo percettivo motorio (apprendere facendo) una considerazione • mediante la realtà aumentata si vive in quella reale, tuttavia ciascuno può abitarla trasformandola a piacimento. Si assiste ad una personalizzazione della realtà, ognuno può aggiustarla a proprio piacimento aggiungendovi un po’ di suo. • “La conseguenza sociale di un uso massiccio di Realtà Aumentata, soprattutto se sufficientemente manipolabile, è l’apoteosi di una nuova prospettiva: la realtà ‘super-soggettiva’, una realtà che è più soggettiva di quanto non lo sia mai stata” (Communication Strategies Lab, 2012, pag. 111) • Un esempio: – utilizzo di Layar Nuove tecnologie (?)-MOOC • MOOC (Massive Open Online Course) MOOC (Massive Open Online Course) • proposta di Ivan Illich e confronto • con proposte degli attuali sistemi di formazione online, in particolare MOOC Ivan Illich[1] • Ivan Illich è stato uno scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco. Personaggio di vasta cultura, viene citato spesso come teologo, linguista, per la sua vasta conoscenza di diversi idiomi, e storico. Wikipedia • Data di nascita: 4 settembre 1926, Vienna • Data di morte: 2 dicembre 2002, Brema Ivan Illich[2] Ivan Illich[3] • In Descolarizzare la società (1971) – analisi avversa alla scolarizzazione istituzionale, – ciascuno deve gestire autonomamente il proprio percorso formativo – la scuola non è un luogo generatore di apprendimento, – in essa s’istruisce, ma istruire non corrisponde necessariamente ad apprendere. Ivan Illich[4] • no all’istruzione nella scuola, ma – valorizzazione della vita quotidiana, dove si apprende attraverso incidentalità, ma anche partecipazione, interessamento • fornire a tutti un’uguale possibilità d’istruzione è lodevole ed anche possibile, però non è raggiungibile attraverso una scolarizzazione obbligatoria che garantisce solamente una successione di diplomi Ivan Illich[5] • Illich: “intendo dimostrare che il contrario della scuola è possibile; che possiamo affidarci a un apprendimento autonomo invece di assumere insegnanti che allettino o costringano lo studente a trovare il tempo e la voglia d'imparare; che possiamo fornire al discente nuovi agganci con il mondo anziché continuare a somministrare tutti i programmi didattici attraverso l'imbuto dell'insegnante” [ivi, pag. 76]. Ivan Illich[6] • restituire allo studente l’autonomia nella scelta degli obiettivi personali di apprendimento e la possibilità di soddisfarli attraverso l’accesso a idonei servizi messi a disposizione della comunità; • propone un sistema che si articola in quattro servizi per gestire la formazione: servizi per la consultazione di oggetti didattici, centrali delle capacità, assortimento degli eguali, servizi per la consultazione di educatori Ivan Illich[7] servizi per la consultazione di oggetti didattici facilitino l'accesso alle cose o ai processi usati per l’apprendimento formale. Tali risorse possono essere in parte riservate a questo scopo e conservate in biblioteche, agenzie di noleggio, laboratori e sale d'esposizione come i musei e i teatri; oppure adoperate quotidianamente nelle fabbriche, negli aeroporti o nelle fattorie, ma messe a disposizione degli studenti, siano essi apprendisti o frequentatori fuori orario centrali delle capacità - permettano agli individui di esporre le proprie capacità, le condizioni che pongono per servire da modelli a chi vuole impararle, e gli indirizzi ai quali sia possibile reperirli Ivan Illich[8] assortimento degli eguali - una rete di comunicazione che permetta alle persone di descrivere il tipo di apprendimento cui vogliono dedicarsi, nella speranza di trovare un compagno di ricerca servizi per la consultazione di educatori in genere professionisti, para-professionisti e liberi operatori, che potrebbero essere elencati in una guida con l'indirizzo, una descrizione fatta dagli stessi interessati e le condizioni per accedere ai loro servizi. Questi professionisti potrebbero essere scelti mediante un voto o una consultazione dei loro ex clienti. Ivan Illich[9]; in definitiva, occorrerebbe rivoluzionare l’istruzione sulla base dei seguenti principi • “Liberare l'accesso alle cose, sopprimendo il controllo che oggi persone e istituzioni esercitano sui loro valori didattici.” Servizi per la consultazione di oggetti didattici • “Liberare la trasmissione delle capacità, riconoscendo a chi ne faccia richiesta la libertà di insegnarle o esercitarle.” Centrali delle capacità • “Liberare le risorse critiche e creative della gente, restituendo ai singoli la possibilità di indire e tenere riunioni, possibilità che oggi è sempre più monopolizzata da istituzioni che pretendono di parlare in nome di tutti.” Assortimento degli eguali • “Liberare l'individuo dall'obbligo di adattare le proprie aspettative ai servizi offerti da una professione costituita, fornendogli la possibilità di attingere dall'esperienza dei suoi eguali e di affidarsi all'insegnante, alla guida, al consulente o al guaritore da lui stesso scelto” [ivi, pag. 103] Servizi per la consultazione di educatori in genere MOOC[1] Massive Open Online Course • un corso MOOC è un corso con molti partecipanti, distribuiti in tutto il mondo e con accesso modulato secondo tempi e ritmi personali; • l’aggettivo “molti” riferito agli studenti è da intendersi in senso indefinito, dovuto al fatto che, essendo il corso aperto a tutti, si prevede e spesso accade che i frequentanti siano presenti in numeri anche molto significativi MOOC[2] Massive Open Online Course • un MOOC (Massive Open Online Course) è tipologia di percorso che offre qualcosa di simile a servizi per la consultazione di oggetti didattici, centrali delle capacità, assortimento degli eguali, servizi per la consultazione di educatori, di illichiana memoria • esempio: http://change.mooc.ca/index.html MOOC[3] Massive Open Online Course • i corsi sono predisposti da esperti, e riguardano diversi campi disciplinari; viene creata una struttura fondamentale flessibile, che orienta la partecipazione alle attività del corso; vengono messe a disposizione delle risorse (consultazione di oggetti didattici), altri docenti o esperti operano come tutor (servizi per la consultazione di educatori), privilegiando i profili di facilitatori e moderatori, i partecipanti possono mettere a disposizione le proprie risorse e competenze (centrali delle capacità) e si impegnano in attività collaborative (assortimento degli eguali) su questioni significative del corso MOOC[4] Massive Open Online Course • riportiamo una frase di Downes tratta dalla presentazione delle modalità di lavoro in un corso (http://change.mooc.ca/how.htm): – “This is an unusual course. It does not consist of a body of content you are supposed to remember. Rather, the learning in the course results from the activities you undertake, and will be different for each person. In addition, this course is not conducted in a single place or environment. It is distributed across the web. We will provide some facilities. But we expect your activities to take place all over the internet. We will ask you to visit other people's web pages, and even to create some of your own.” MOOC[4] Massive Open Online Course • “Questo è un corso insolito. Non si tratta di un corpo di contenuti che si suppone di ricordare. Piuttosto, l'apprendimento nel corso di risulta dalle attività che si intraprendono, e sarà diverso per ogni persona. Inoltre, questo corso non si svolge in un unico luogo o ambiente. E 'distribuito in tutto il web. Vi forniremo alcune strutture. Ma ci aspettiamo che le vostre attività si svolgono in tutto il Internet. Vi chiediamo di visitare le pagine web di altre persone, e anche di crearne di vostre.” MOOC[5] Massive Open Online Course • In definitiva internamente a un MOOC che ha un itinerario macro/una proposta macro, l’utente può sviluppare le proprie azioni aggregando applicazioni, sviluppando itinerari personali, creando propri contenuti MOOC[6] Massive Open Online Course • In About This Course del precedente esempio si dice “This course will introduce participants to the major contributions being made to the field of instructional technology by researchers today. Each week, a new professor or researcher will introduce his or her central contribution to the field.” MOOC[7] Una sintesi • i MOOC sono in alternativa alla formazione/istruzione istituzionale rifiutata da Illich: – nei MOOC si enfatizzano i concetti di gratuità, di assenza di percorsi standard canalizzati, quindi di assoluta libertà di composizione del proprio profilo professionale, senza dover seguire percorsi che si compongono in base all’obbligatorietà di segmenti formativi precedenti; in definitiva attuano un superamento della formazione erogata in modo istituzionale. problemi • Certificazione del percorso: 1. approccio maggiormente formale (sembra che i MOOC si stiano orientando verso questo obiettivo) – MOOC+portfolio personale delle competenze Tecnologie per facilitare • tecnologie che si pongono fra lo studente che apprende e l’oggetto dell’apprendimento; • facilitare il processo di apprendimento introducendo delle rappresentazioni che possano aiutare nella comprensione. Non ridurre la complessità, bensì di farla comprendere; • un esempio di tecnologia come mediatore è la simulazione: “una riproduzione, nella forma o nel contenuto, di un qualche aspetto della realtà” (Landriscina F., 2009); • far conoscere la realtà non utilizzando i metodi tradizionali, ma ricreandola utilizzando opportuni strumenti; simulazioni • una simulazione dà all’utilizzatore la possibilità di interagire con gli aspetti della realtà che sono riprodotti; • è possibile “prendere delle decisioni e osservare le conseguenze delle proprie azioni nell’ambiente simulato” (ibidem); • la simulazione come ricreazione di segmenti di realtà per capire i meccanismi e i processi che fanno vivere i fenomeni simulati (Parisi D., 2001); simulazioni per Parisi (ibidem) le simulazioni sono: • un nuovo modo di esprimere le teorie scientifiche; • laboratori sperimentali virtuali; • macchine per derivare predizioni empiriche dalle teorie; simulazioni in ambito didattico: • simulazioni già realizzate: valenza nella gestione dei parametri dei programmi che le realizzano, permettendo di studiare i sistemi simulati in variegate situazioni; • progettare e costruire proprie simulazioni; ciclo continuo fra le seguenti fasi: ricerca → progettazione → realizzazione algoritmo → prove; continuo passaggio dal reale alla formalizzazione e da questa nuovamente al reale (Alessandri G. Paciaroni M., 2011); • la simulazione si pone come mediatore fra chi apprende e la realtà e permette di sviluppare forme di apprendimento basate sull’azione anche quando non sarebbe possibile compiere esperienze dirette con la realtà; • in questo contesto (tecnologie per facilitare) si fa riferimento a simulazioni già realizzate simulazioni esempi: • https://phet.colorado.edu/it/about – esempio:https://phet.colorado.edu/it/simulation/si gnal-circuit • Yenka • Scrath (vedere gli esempi in Scratch, in particolare le simulazioni) Computer Algebra System (CAS) • I CAS (sistemi di calcolo algebrico) sono degli ambienti di calcolo in grado di eseguire calcoli algebrici, analitici, trigonometrici, numerici, tracciare grafici. • Hanno avuto un grande successo, però i docenti, via via, si resero conto che l’uso di CAS non era sempre possibile nella pratica quotidiana per diverse ragioni, fra le quali perdita di abilità di calcolo algebrico, di trovare soluzioni ragionate ed efficienti. Un CAS non mostra (sempre) quello che fa e perché lo fa. Può essere utilizzato quando si ha bisogno di un risultato, non quando si vuole impostare un procedimento (ad esempio lo studio di una funzione). Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma Computer Algebra System (CAS) • Tuttavia, può essere utilizzato quando gli elementi che costituiscono il processo sono conosciuti dall’allievo. Ad esempio se l’allievo sa costruire il grafico di una funzione e sta studiando un fenomeno che ha fra i suoi elementi l’andamento di una funzione, può utilizzare un CAS che restituisca quell’andamento. Allo stesso modo se sa calcolare le derivate prime, può farle calcolare ad un CAS quando sta studiando una funzione, oppure se vuole verificare che un ‘proprio’ limite sia corretto, può verificarlo facendolo calcolare ad un CAS. Computer Algebra System (CAS) • Un CAS famoso è Derive, ora sostituito da TINSPIRETM • CAS free: – Mathematics – Maxima (presentazione) Dynamic Geometry Software (DGS) • Programmi informatici che permettono di creare e manipolare figure geometriche. Traslazione in forma informatica delle tradizionali costruzioni su carta con matita, riga e compasso; le figure geometriche realizzate possono essere manipolate e in questo modo qualsiasi cambiamento nella costruzione è visibile in tempo reale. Sono ambienti nei quali si materializzano gli enti astratti della geometria. Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma Dynamic Geometry Software (DGS) • “La caratteristica precipua di questi software è la possibilità di costruire figure geometriche che non sono statiche, bensì possono essere manipolate dinamicamente trascinando vertici, ruotando lati, modificando angoli. • Attraverso il dragging [gli allievi] possono verificare i vincoli e le relazioni che limitano il movimento dei punti e delle figure in genere; in tal modo oltre a risolvere un compito riescono ad assumere i significati di concetti matematici.” • Lo strumento da un lato permette lo sviluppo del compito e quindi la produzione di segni/significati (le soluzioni) ma, dall’altro, queste, attraverso i vincoli imposti dallo strumento, sono figlie di processi matematici possibili. Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma Dynamic Geometry Software (DGS) • Da un lato i significati personali sono legati all’uso di tecnologie, in particolare allo scopo di svolgere un compito; dall’altro i significati matematici possono essere legati al software e al suo uso. • La tecnologia è utilizzata (su proposta e ‘controllo’ del docente) per mediare contenuti matematici agli studenti. In altre parole: – l’insegnante utilizza la tecnologia come strumento di mediazione semiotica Maria G. Bartolini Bussi & Maria A. Mariotti, Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij Dynamic Geometry Software (DGS) • Un DGS è Cabrì Geometre • DGS free: GeoGebra • MatCos: software sviluppato dal CIRD (Centro Interdipartimentale di Ricerca e Didattica) dell'Università degli Studi della Calabria. IL programma è disponible nel CD del testo Costabile Francesco, Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013 • qui altri software per la matematica Apprendimento Simbolico-ricostruttivopercettivo-motorio • L’utilizzo delle tecnologie per facilitare può rappresentare un tentativo di passare da un apprendimento simbolico-ricostruttivo ad uno percettivo-motorio. (Francesco Antinucci, La scuola si è rotta, Laterza, 2001) • Due sono i modelli di apprendimento ricordati da Antinucci: quello percettivo-motorio e quello simbolico-ricostruttivo. • La modalità percettivo-motoria fa leva sui cinque sensi, i più importanti dei quali sono la vista, l’udito e il tatto. L’individuo percepisce ‘esperienzalmente’ la realtà, che ha così la possibilità di modificare e di far propria. • Percezione (TRECCANI): L’atto del percepire, cioè del prendere coscienza di una realtà che si considera esterna, attraverso stimoli sensoriali, analizzati e interpretati mediante processi intuitivi, psichici, intellettivi http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf • Tale modalità si è sviluppata attraverso decine di milioni di anni di evoluzione della specie umana e risulta perciò del tutto naturale, spontanea, veloce, non-stancabile. Per es., imparare a usare il computer con la pratica, per tentativi ed errori, con l’ aiuto di qualcuno che ci indichi come fare, significa apprendere attraverso una modalità di tipo percettivo-motorio. Tutto ciò dà risultati stabili e concreti in misura ben maggiore rispetto a quelli che può dare un apprendimento attraverso la lettura di un manuale. http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf • Modalità simbolico-ricostruttiva. Un manuale di istruzioni, per quanto chiaro, propone una via di accesso alla conoscenza attraverso le parole (accesso simbolico), che devono essere perfettamente capite per consentire una ricostruzione mentale (ricostruttivo). Dapprima occorre leggere, quindi capire e ricostruire. http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf • La figura (storica) del mastro (e della bottega) viene contrapposta a quella dell’ insegnante della scuola moderna. Il mastro competente trasmetteva il proprio sapere a pochi allievi con modalità percettive-motorie, attraverso cioè il saper fare, attraverso l’ esperienza concreta. La classe con molti alunni può imparare soprattutto attraverso il testo, che va decifrato in quanto fatto di parole. La produzione di testi presenta il vantaggio del loro costo assai basso, rispetto al mastro, consentendo nel contempo la diffusione della cultura. http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf • In tal modo la modalità simbolico-ricostruttiva (costosa in termini di apprendimento, ma realizzata attraverso i testi riproducibili a basso costo) ha finito col dominare gran parte della scuola nel mondo. • Che fare? Occorre reintrodurre la modalità percettiva-motoria nell’ apprendimento della scuola. Si può fare ciò con il computer, che consente di simulare la realtà e ricostruire segmenti di discipline, di usare software per costruire/ricostruire la matematica, ….. E permette anche di creare simulazioni ed applicazioni con che rendano l’allievo autonomo nella costruzione della propria conoscenza. http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf Una sintesi • Didattica Aapprendimento simbolicoricostruttivo situazioni didattiche tecnologie per presentare (approccio unidirezionale) • Didattica Bapprendimento percettivomotorio situazioni a-didattiche tecnologie per facilitare (simulazioni, DGS, CAS, MatCos), tecnologie per presentare (approccio dialogico) Tecnologie autonome • hanno un loro linguaggio, loro regole; • permettono di sviluppare esperienze che altrimenti non sarebbe possibile svolgere; • il loro valore non sta nel presentare, nel miglior modo possibile, la fruizione di mondi fittizi che realizzino il reale attraverso il digitale, ma nel costruire questi mondi. Tecnologie autonome • esistono pratiche didattiche che si possono realizzare solo mediante tali tecnologie, • esse disegnano percorsi di apprendimento consapevole nei domini che sono loro tipici e • propongono metodologie di lavoro attive e autonome. • in questo ambito, la realizzazione di prodotti multimediali e ipertestuali è pratica diffusa nella didattica e diversi aspetti ne validano l’uso: – più codici per la costruzione del messaggio; alla ricezione dimensione più completa perché ricostruito attraverso i diversi canali mediali coinvolti che, in maniera sinergica, ne danno una versione più naturale; – la costruzione di prodotti; – la reticolarità della struttura ipertestuale, assimilabile alla struttura della conoscenza e al nostro modo di accedere ad essa. • rappresenta oggi il principale modello dell’impiego delle tecnologie nella didattica; si caratterizza per: – la realizzazione di artefatti fortemente indirizzati ad una rappresentazione di conoscenza; un ipertesto è una mappa della conoscenza su un determinato argomento; – l’uso di strumenti che ne facilitano la costruzione; ad esempio, nella realizzazione di ipertesti, l’utente può evitare di dover conoscere il linguaggio HTML; • esperienze rilevanti: approccio per progetti, aspetto sperimentale, modalità collaborativa attuabile nella costruzione di prodotti; Realizzazione ipertesti • Qui un documento sugli ipertesti. • Spesso (quasi sempre) gli ipertesti vengono “messi” in rete e da qui vengono letti. Per scrivere un ipertesto da inserire in rete ocorre conoscere il linguaggio HTML (Hypertext Markup Language); • esistono dei programmi che facilitano la creazione di un ipertesto, evitando di dover conoscere il linguaggio html; • uno di questi è NVU, scaricabile da qui • tuttavia esistono altri significativi approcci all’uso di tecnologie nella didattica; essi delineano: – gestione della conoscenza che si sviluppa anche con approcci maggiormente procedurali ovvero orientati alla soluzione di problemi, – percorsi nella realizzazione di artefatti che facilitino la creazione di metodologie di lavoro in grado di migliorare la significatività del processo di apprendimento; • spesso nella scuola le tecnologie informatiche sono un sostegno nei vari contesti disciplinari; • occorre, invece, spingere l’allievo ad agire con le tecnologie per sviluppare competenze nella produzione mediante il loro uso; • non è sufficiente adoperarle come delle scatole nere che espongono esclusivamente le proprie interfacce. Costruire applicazioni e formazione • inizialmente uso degli elaboratori per programmazione da parte di esperti • poi, successive generazioni di computer e di nuovi utenti; verso nuovi campi di interesse, spesso fortemente orientati a realizzazioni grafiche e ad attività con alto tasso di partecipazione e interazione. Costruire applicazioni e formazione • spesso si afferma che i computer siano utilizzati non solo per attività di programmazione informatica, ma anche per attività legate alla formazione, per il gioco, per comunicare, per organizzare e gestire informazione e/o conoscenza. Però!! Costruire applicazioni e formazione • quando si afferma ciò si intende dire che le attività di programmazione (informatica) non siano formative ed anche che esistono da una parte le attività formative e da un’altra il gioco, la comunicazione, l’organizzazione e la gestione dell’informazione e della conoscenza, quasi ad affermare che queste attività o modalità non abbiano un valore formativo oppure che la formazione non possa avvenire attraverso esse. Probabilmente occorrerebbe riformulare quella affermazione nel seguente modo: Costruire applicazioni e formazione • … i computer siano utilizzati anche per attività formative che investono i campi della programmazione informatica, del gioco, della comunicazione, della gestione dell’informazione e della conoscenza. Costruire applicazioni e formazione • occorre ampliare l’orizzonte di utilizzo delle tecnologie nei percorsi formativi; • inoltre, dopo che per anni l’attenzione si è concentrata principalmente su web, ipertestualità e multimedialità, si potrebbero individuare altri settori che offrono la possibilità di sviluppare efficaci esperienze didattiche; • più che individuare, occorre prendere atto che esistono altri settori già ben delineati ed accettarli nella didattica della propria proposta formativa; Costruire applicazioni e formazione • nel campo della costruzione di prodotti ipertestuali e multimediali è possibile rilevare una esigenza che sembra avvalorare la necessità di allargare il ventaglio di esperienze nel campo tecnologico; • nella realizzazione di ipertesti, infatti, si usano strumenti semplici e di facile utilizzo, • ma spesso nasce un problema quando si vogliono inserire effetti particolari: lo strumento che si ha a disposizione non riesce a soddisfare quelle esigenze; • bisognerebbe intervenire con una prassi di programmazione, solitamente presente e attivabile in questi strumenti, molte volte anche in modo non complesso: occorrerebbe essere in grado di programmare Costruire applicazioni e formazione • si assiste invece a ricerche forsennate di strumenti per realizzare, in modo trasparente alla programmazione, questi artefatti. Da una parte si trascura o si nega la validità della programmazione, dall’altra se ne sente la necessità e si interroga il mondo della tecnologia affinché provveda alla realizzazione di strumenti che possano sostituirla, quando invece basterebbe una competenza di base per poter superare in modo anche formativo queste criticità. Costruire applicazioni e formazione • a tal proposito ricordiamo Friedrich Kittler (citato in Manovich L., 2012, pag. 20), letterato e teorico dei media, il quale afferma che oggi i ricercatori dovrebbero conoscere almeno due linguaggi di programmazione; solo “allora saranno in grado di dire qualcosa su ciò che la ‘cultura’ è in questo momento”. In questa prospettiva è sicuramente importante l’introduzione, a diversi livelli e nei diversi ordini di scuola e con significati diversi, di attività di programmazione • di certo, in questo contesto non si intende sostenere la necessità di saper costruire programmi per superare le difficoltà evidenziate, nonostante tale aspetto sia rilevante; piuttosto, si vuole insistere sull’aspetto formativo della costruzione di programmi. Costruire applicazioni e formazione • Gli approcci alla realizzazione attraverso la programmazione possono essere diversi, ad esempio costruzioni di micromondi, di storie, di simulazioni, di esperienze con dispositivi robotici; in particolare, con questi ultimi, è possibile organizzare esperienze che incontrano momenti legati a realizzazioni di micromondi e/o narrazioni e/o simulazioni. Ciascuno di questi approcci ha significati diversi, ma tutti uniscono ai tratti formativi legati a proprie prospettive, quelli derivanti dall’esperienza di realizzazione di artefatti che coinvolgono attività di costruzione programmi. Costruire applicazioni attraverso cosa? • Sratch: esempio 1, esempio 2, esempio 3, esempio 4 • appInventor, guida online, altra guida, per iniziare Conoscere la struttura delle tecnologie • importanza della conoscenza della struttura delle tecnologie – alcuni autori hanno affrontato il tema; fra questi Phlippe Meirieu (Meirieu P., Liesenborghs J., 2008, pag. 71) parla di tre possibili campi della conoscenza che gli studenti dovrebbero acquisire: – delle conoscenze scientifiche e tecniche, delle conoscenze patrimoniali, delle conoscenze riferibili alla salute, all’ambiente e allo sviluppo durevole. • Analizziamo le prime due • conoscenze scientifiche e tecniche: il loro sviluppo non ha viaggiato con una conseguente crescita della loro conoscenza, anzi per certi versi il divario è aumentato. Oggi esiste un analfabetismo scientifico. “Ciò che avviene in un interruttore, in un videogioco o in un televisore deve essere capito per non avere un effetto alienante. Il bambino deve avere ben presente che tutti gli oggetti che lo circondano sono stati creati dagli uomini, funzionano grazie a dei dispositivi concepiti dagli uomini e non hanno niente di magico al loro interno. Nessuno può essere privato del diritto di comprendere ciò che gli uomini hanno creato” (ivi, pag. 70). Phlippe Meirieu conoscenze patrimoniali: importanza della dimensione storica delle conoscenze; • importante capire perché quella determinata scoperta sia avvenuta in un certo periodo, così come comprendere l’orizzonte di conoscenza che caratterizzava la cultura del tempo (che ha prodotto quella scoperta). • “Trasmettiamo le conoscenze come se fossero delle essenze eterne e immutabili, dimenticando che è stato necessario battersi per imporle contro i pregiudizi! […] È fondamentale far capire agli alunni che non insegniamo nozioni fuori dal tempo, ma conoscenze sulle quali esseri in carne e ossa come loro si sono mobilitati” (ibidem). • l’avanzamento della conoscenza caratterizza lo sviluppo della storia. Occorre, quindi, incardinare l’evoluzione negli episodi significativi che l’hanno permessa; presentare i personaggi con la loro quotidianità, i loro problemi, le loro manie e le loro vicissitudini sociali; solo così si può dare un senso al determinarsi della cultura e si potrà capire il significato vero della scoperta. Un nuovo digital divide • questa deriva, purtroppo, sta coinvolgendo anche l’ambito scolastico: l’emergere di un nuovo, più significativo e profondo digital divide, si può far risalire, oggi, non tanto alle diverse possibilità di accesso alle tecnologie quanto, piuttosto, a diversi livelli di qualità nell’utilizzo delle stesse, laddove, la scuola dovrebbe essere il luogo in cui è possibile raggiungere lo stesso spessore competenziale. Un nuovo digital divide • nella scuola superiore di secondo grado, alcuni istituti ad indirizzo tecnico forniscono percorsi didattici finalizzati all’acquisizione di competenze tecnologiche specifiche nel settore informatico ed elettronico. • sarebbe invece auspicabile che la scuola tutta, in ogni ordine e grado e tenendo conto delle diverse proposte formative, contribuisca a formare, negli studenti, un background culturale che permetta loro di dialogare, in futuro, in modo consapevole ed efficace con le tecnologie. Formare ad una consapevolezza tecnologica significherebbe poter contare anche e soprattutto sulla possibilità di incidere sulla diffusione dello sviluppo tecnologico e del suo orientamento secondo una modalità piuttosto che secondo un’altra. • non si possono delegare queste decisioni solo agli esperti. Esagerazione??!!!! • oltre a ciò, la “scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniose, non ridotti a specialisti. Questo, secondo me, è vero in certa misura anche per le scuole tecniche, i cui studenti si dedicheranno ad una ben determinata professione. Lo sviluppo dell’abitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente, dovrebbe essere sempre al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate. Se una persona è padrona dei principi fondamentali del proprio settore e ha imparato a pensare e a lavorare indipendentemente, troverà sicuramente la propria strada e inoltre sarà in grado di adattarsi al progresso e ai mutamenti più di una persona la cui istruzione consiste principalmente nell’acquisizione di una conoscenza particolareggiata” (Einstein A., 1966, citato in Antiseri D, 2000, pag. 10). Esagerazione??!!!! • quanto affermato da Einstein ci spinge a considerare dannosi i percorsi che forzano gli studenti verso forti specializzazioni in quanto rischiano di pregiudicare una crescita armoniosa. Inoltre una competenza meno specialistica ma maggiormente distribuita su diversi ambiti, permetterebbe di maturare un atteggiamento più propositivo nei confronti di se stessi: si può scegliere con più libertà, evitando percorsi canalizzati esclusivamente verso i settori pesantemente praticati durante la formazione scolastica. Un nuovo digital divide • si ribadisce che non si vuole proporre una ‘ingegnerizzazione informatica’ in modo capillare, anche se con carichi diversi fra i vari ordini di scuole, ma si auspica unicamente un approccio alla costruzione con le tecnologie, piuttosto che al semplice uso. Un nuovo digital divide • L’orientamento verso una comprensione degli aspetti formativi legati alle realizzazioni di applicazioni informatiche non ha sempre incontrato dei sostenitori. • Ad esempio, Jonassen (Jonassen D., 2000, pag. 8) si chiede retoricamente: “Was it necessary to complete a course on ‘washing machine literacy’ in order to use the last new washing machine that you encountered?”; probabilmente non serve all’addetto all’uso della lavatrice seguire un corso di alfabetizzazione sulla struttura e sul funzionamento di una lavatrice, però se riformuliamo la domanda nel seguente modo “Was it necessary to complete a course on ‘computer literacy’ in order to use the last new computer that you encountered?”, la domanda perde il suo valore retorico e potrebbe valere la pena di articolare una risposta. Un nuovo digital divide • Pierre Bourdieu in Les héritiers. Les étudiants et la culture (1964, pagg. 103-109), scritto insieme a Jean-Claude Passeron, conduce una significativa critica alla riproposizione della disuguaglianza sociale da parte della scuola del suo tempo. Gli autori spiegavano che i giovani delle classi popolari erano, non solo, esclusi dagli studi superiori e universitari ma, fatto ancor più grave, nel frequentare la scuola ritrovavano una riproduzione della selezione che già pativano nella società. La scuola avallava i dislivelli sociali riproponendoli in forme di ineguaglianze scolastiche; così facendo ratificava e riproduceva la suddivisione classista esistente nel tessuto sociale. In altre parole la scuola, piuttosto che rappresentare strumento di liberazione e quindi di emancipazione, diveniva custode della conservazione della suddivisione della società in classi. Un nuovo digital divide • Prendendo ad esempio l’analisi di Bourdieu, applicandola alla diffusione delle tecnologie, la scuola attualmente mantiene e anzi perpetua la suddivisione in classi delle competenze digitali. Invece di proporre un uso significativo delle tecnologie, spesso si interroga ancora se usarle oppure no e, comunque, troppo spesso nell’ottica di strumenti facilitatori nei vari ambiti disciplinari. • Nella sua analisi, Bourdieu propone un’azione bifronte: da un lato una spinta riformatrice che proviene dal mondo della scuola attraverso una didattica rinnovata e sotto l’impulso dei docenti e, dall’altro, attraverso delle illuminate prese di posizione della classe politica deputata a percepire le esigenze emergenti dalla società. Un nuovo digital divide • Nell’orizzonte attuale, invece, così come nel mondo della scuola e nei vertici politico-istituzionali, allignano, prosperano e si diffondono iniziative volte a prefigurare un uso massiccio delle cosiddette ‘nuove tecnologie’: lavagne interattive multimediali, tablet, e-book, libri misti; nel complesso ci si allontana sempre più da una pratica, se mai è esistita, e si preferisce un semplice uso delle tecnologie, assottigliandone costantemente il vero significato; sempre più esse diventano piatte e trasparenti e sempre più assume dimensioni rilevanti il nuovo digital divide. Realizzazioni informatiche nella pratica didattica • Ci stiamo riferendo alle tecnologie autonome: tecnologie che si pongono non solo in una veste di aiuto ma, anche ed essenzialmente, come strumenti che esistono come altro polo con “una propria autonomia”, che espongono un insieme di regole e un proprio linguaggio attraverso i quali è possibile progettare nuovi artefatti. • tecnologie non solo per aiutare, per presentare: in questo caso il loro valore aggiunto sarebbe tutto interno ad una buona progettazione didattica rispetto ad un percorso che preveda il loro utilizzo. Non esiste cioè, oltre a quella del percorso, una progettazione di itinerari che consentano di ottenere artefatti da una opportuna gestione di regole e del linguaggio delle stesse tecnologie. • Parliamo ora di: – narrazione, micromondi, simulazioni, attività laboratoriale La narrazione • Le storie (Smorti A., 2003) sono trame di fatti ed eventi frutto dell’immaginazione, o realmente accaduti, vissute dai personaggi che, in un percorso con un inizio, uno sviluppo e una fine, agiscono secondo intenzioni, credenze e sentimenti attraverso i quali vengono caratterizzati dal narratore. Una storia si sviluppa in un itinerario che prevede alcune fasi: • una focalizzazione iniziale su un contesto nel quale si svilupperà la storia (introduzione del contesto e dei personaggi); • un problema che genera un turbamento della situazione iniziale e del suo equilibrio; un evento altro rispetto alla ordinarietà della situazione iniziale (un evento iniziale che spinge il protagonista o i protagonisti a prefiggersi il raggiungimento di uno scopo); • una trama di tentativi per ristabilire l’equilibrio attraverso una soluzione o un fallimento del problema (i tentativi dei personaggi di raggiungere uno scopo e gli impedimenti e/o gli aiuti esterni); • il raggiungimento di un nuovo equilibrio che può consistere o in un nuovo stato o nel ripristino di quello iniziale (il raggiungimento dello scopo); • una conclusione della storia che restituisca un tessuto di sensazioni e indicazioni estrapolate dalla trama narrativa per essere riproposte nella vita reale. Storie digitali; Jason Ohler • Nel mondo digitale, una storia può essere realizzata attraverso diverse modalità, dispositivi e procedure; • per Jason Ohler (Ohler, 2007) si snoda attraverso alcune fasi: la creazione - da parte dello studente - di una mappa della storia; il feedback del gruppo, con eventuale aggiunta di ulteriori elementi; la scrittura vera e propria della storia; la registrazione; l'ascolto con eventuale revisione. Se il prodotto non risulta soddisfacente si interviene a modificare il processo di realizzazione, altrimenti si passa a digitalizzare la storia (computer-based narration). Joe Lambert; le caratteristiche Jason Ohler propone modalità di realizzazione di storie, altri si soffermano sulle caratteristiche; per Joe Lambert (Bull G., Kajder S, 2004) esse: • mettono in scena trame che espongono i punti di vista rispetto a fatti realmente accaduti e riportati in forma di storia o a situazioni di fantasia però rese reali, perché sapientemente intessute di vissuti personali di chi racconta; • assumono una valenza pedagogica in quanto tendono ad esplicitare valori e morali; • emozionano perché hanno una trama significativa e sovrapponibile al vissuto dell’ascoltatore; • sono raccontate con una voce che esprime stati d’animo, sensazioni, gioia, dolore; la voce diventa quasi una colonna sonora con il suo variare di timbri in base alle situazioni che scorrono sulla scena della storia; • sono una sapiente mistura di diversi ingredienti che interagiscono fra loro entro la dimensione della storia stessa, dimensionandola secondo le esigenze: dilatando e sintetizzando in modo opportuno le situazioni; • sono espresse con il giusto ritmo; non annoiano mai; la stessa storia ha in tempi diversi, ritmi diversi che coinvolgono sempre. • Una narrazione può rappresentare il tessuto che permette lo sviluppo di una esperienza da realizzare attraverso tecnologie digitali autonome. La trama viene messa in scena con opportune modalità o dentro il computer o nel mondo reale attraverso, ad esempio, dei robot. micromondi • attraverso la realizzazione di artefatti informatici, si possono esplorare segmenti di mondo realizzandone una versione personale, desunta da contatto e confronto con la realtà (micromondi) • un micromondo è una piccola versione di un qualche dominio di interesse. L'obiettivo non è quello di realizzare una rappresentazione accurata della realtà, ma di fare qualcosa che permetta di mettere in atto e di sviluppare la qualità dell'immaginazione del realizzatore, spesso uno studente; micromondi • un micromondo può: – fornire un esempio concreto di analisi di un determinato ambiente; – permettere di comprendere le variabili che sono presenti nell’ambiente e le loro funzioni; – fornire una conoscenza da più punti di vista del problema. • permettendo di manipolare rappresentazioni di realtà in modo artificiale, un micromondo rende gli studenti autori di percorsi personali nei quali addestrare le proprie idee; è un ambiente di apprendimento nel quale è possibile imparare ad imparare, cioè creare conoscenza, sperimentarla e ricrearne di nuova in un continuo feed-back; micromondi • sicuramente un micromondo non ha valenza di oggettività scientifica; è un primo approccio con il dominio ed è una sua prima rappresentazione, molto spostata sulla visione che il soggetto che lo sta realizzando ha del dominio stesso • può diventare un prodotto migliore attraverso incrementi riferibili alla conoscenza del dominio e alla competenza nell’uso di strumenti tecnologici per realizzarlo e, soprattutto, alla volontà di realizzare un dispositivo che divenga di uso universale. micromondi • Il micromondo è comunque una visione personale di quel dominio; anche se il realizzatore ha idonei strumenti per realizzare rappresentazioni di un certo livello, ciò che realizza è comunque una sua visione personale di quel mondo; un micromondo può essere tale per un soggetto e non per un altro. • non bisogna scambiare la sua realizzazione con un compito da assegnare per verificare se uno studente ha una rappresentazione corretta di segmenti di realtà o se sa utilizzare con competenza idonei strumenti; • quello che interessa è dare la possibilità di sperimentarsi nel processo attraverso il quale si costruisce il micromondo; così facendo sono indotte delle metodologie di lavoro che possono educare a individuare personali e significativi percorsi di apprendimento. simulazioni • “Una simulazione è una teoria dei meccanismi, dei processi e dei fattori sottostanti a certi fenomeni, tradotta in un programma per computer” (Parisi D., 2001, citato in Bertacchini P. e altri, 2006, pag. 68); • in ambito didattico l’utilizzo di simulazioni già costruite mostra indubbia valenza nella gestione dei parametri dei programmi che le realizzano, permettendo di studiare i sistemi simulati in svariate situazioni. • È tuttavia possibile progettare e costruire proprie simulazioni attraverso un ciclo continuo fra ricerca → progettazione → realizzazione modello → realizzazione algoritmo → prove → ricerca. In altri termini, si attua un continuo passaggio dal reale alla formalizzazione e, da questa, nuovamente al reale. simulazioni • è evidente la differenza fra uso di simulazioni già pronte e creazione di simulazioni ex novo: nel primo caso si tratta di risolvere il problema derivante dal contesto simulato mentre, nel secondo caso, l’obiettivo è dato dall’individuazione del modello astratto del problema da affrontare e dei conseguenti passi risolutivi. simulazioni • possono esistere simulazioni che riproducono mondi nel computer, ma anche simulazioni nel mondo reale: è il caso delle simulazioni robotiche, nelle quali il computer entra nel mondo. Nel primo caso occorre istruire degli agenti a risolvere tali problemi muovendosi nel mondo nel computer, nel secondo bisogna istruire il robot (i robot) a risolvere tali problemi vivendo nel nostro mondo. • realizzare artefatti informatici per costruire simulazioni, consente lo sviluppo di attività sperimentali che spaziano dalla individuazione di un ambiente nel quale progettare e realizzare gli attori (agenti) dell’applicazione, fino alla progettazione di ‘comportamenti autonomi’ che gli stessi attori possono assumere in base alle situazioni che si presentano loro (cioè fino e farli “vivere” nel mondo realizzato). simulazioni • attraverso la realizzazione di simulazioni, quindi, gli studenti possano impegnarsi in atteggiamenti da ricercatori che continuamente scoprono e verificano la validità di personali intuizioni, secondo una coerenza ricerca-sperimentazione. • tuttavia nella scuola, spesso ci si limita a illustrare, anche attraverso strumenti multimediali, gli esperimenti standard riferiti alla disciplina d’interesse, piuttosto che organizzare delle esperienze che possano far capire il contesto e il processo che hanno permesso questa o quella teorizzazione. Occorrerebbe, invece, allestire modalità di lavoro e anche spazi all’interno dei quali facilitare “l’invenzione”. simulazioni • Le indicazioni nazionali per il curricolo del 2007 e del 2012 interpretano questa esigenza ribadendo la valenza didattica e formativa del laboratorio, inteso “sia come luogo fisico (aula, o altro spazio specificatamente attrezzato), sia come momento in cui l’alunno è attivo, progetta e sperimenta, formulando le proprie ipotesi e controllandone le conseguenze, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive”. Robotica Educativa • Giuseppe Alessandri, Martina Paciaroni • Facoltà di Scienze della Formazione • Università degli Studi di Macerata costruttivismo tecnologie costruzionismo micromondi robotica ‘cieca’1 nel virtuale robotica educativa robotica simulazioni robotica autonoma nel reale [1.D. Marocco, Intelligenza Artificiale, Bonanno, Roma, 2006] dove: come: attività laboratoriale perché: competenze Costruttivismo • le conoscenze non possono essere trasmesse o convogliate già pronte ad un'altra persona, ma si costruiscono come relazione tra un soggetto e gli oggetti della sua esperienza; Costruzionismo • Papert arricchisce la prospettiva costruttivista: costruzionismo. Papert sottolinea: – il processo di costruzione di conoscenza viene facilitato se affiancato dalla realizzazione di artefatti, – il sapere si acquisisce attraverso un processo interattivo che si avvale della pratica. Costruzionismo • in riferimento all’interazione con il computer la realizzazione consiste nella produzione di artefatti informatici; • applicazioni software che permettono un uso attivo della componente tecnologica; • si tratta di creare, mediante essa, prodotti, realizzabili solo attraverso l’uso dei linguaggi e delle caratteristiche che la stessa tecnologia mette a disposizione. Micromondi • attraverso la realizzazione di artefatti, si possono esplorare segmenti di mondo realizzandone una versione personale, desunta da contatto e confronto con la realtà; • costruendo artefatti informatici si possono ricreare segmenti di mondo reale, chiamati micromondi. Micromondi • un micromondo, permettendo di manipolare artificialmente rappresentazioni di realtà, rende gli studenti autori di percorsi personali nei quali addestrare le proprie idee; • è un ambiente di apprendimento nel quale è possibile imparare ad imparare, cioè creare conoscenza , sperimentarla e ricrearne di nuova in un continuo feed-back Simulazioni “Una simulazione è una teoria dei meccanismi, dei processi e dei fattori sottostanti a certi fenomeni, tradotta in un programma per computer” [Parisi, Simulazioni. La realtà rifatta al computer, Il Mulino, Bologna, 2001] Simulazioni • simulazione già realizzate; • progettare e costruire simulazioni – ricercaprogettazionerealizzazione algoritmoprovericerca – realeformalizzazionereale Robotica • Possono essere delle: – simulazioni che vivono “nel computer” e che si riferiscono ad una “realtà rifatta nel computer”, – simulazioni che portano il computer nel mondo; sono delle realizzazioni che vivono nel mondo e sono “controllate” da un pgm Robotica Educativa L’ambito di indagine della Robotica Educativa si focalizza sulla valenza formativa della messa a punto di dispositivi digitali reali, inseriti all’interno di mondi nei quali essi possano interagire fra loro e con il mondo stesso in modo autonomo. “Questo settore di ricerca non ha l'obiettivo di emulare le caratteristiche proprie dell'intelligenza umana, bensì realizzare artefatti che introducono metodologie in grado di migliorare le condizioni che facilitano il processo di apprendimento“ [M.R. Strollo (a cura di), Scienze cognitive e aperture pedagogiche. Nuovi orizzonti nella formazione degli insegnanti, Franco Angeli] Progettazione 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. individuazione del dominio (mondo nel quale vive il robot), individuazione delle modalità di interazione con il mondo (scelta delle opportune interfacce - sensori), individuazione del modello di robot e relativa costruzione del robot, individuazione delle azioni che il robot deve compiere, realizzazione del programma che permette lo sviluppo di queste azioni, assegnando comportamenti al robot, trasferimento del programma al robot, prove e correzioni, condivisione e riflessione. Progettazione • Possiamo individuare due progettazioni, sequenziali fra loro ma che, nondimeno, interagiscono influenzandosi a vicenda: • la progettazione del dispositivo (fasi 1, 2, 3), • la progettazione del programma che ‘dà vita’ al dispositivo (fasi 4, 5, 6). Il punto 5 esprime il momento in cui le due progettazioni si fondono, dando luogo al prodotto completo e sottoposto a sperimentazione. Nel punto 7 le due progettazioni tornano a distinguersi, al fine di individuare problemi e/o miglioramenti che possono derivare da una errata/parziale realizzazione del dispositivo o dell’algoritmo, per poi fondersi nuovamente. attività laboratoriale • tutte le discipline dell’area (matematico-scientifico-tecnologica) hanno come elemento fondamentale il laboratorio, inteso – sia come luogo fisico (aula, o altro spazio specificatamente attrezzato) – sia come momento in cui l’alunno è attivo, • progetta e sperimenta, formulando le proprie ipotesi e controllandone le conseguenze, • discute e argomenta le proprie scelte, • impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate, • negozia e costruisce significati interindividuali, • porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze personali e collettive. attività laboratoriale nella scuola con maggior frequenza, ed in generale nelle strutture formative, spesso gli esperimenti standard riferiti alla disciplina di interesse vengono solo descritti, raccontati. Occorrerebbe, invece, trovare ed allestire spazi, intesi non soltanto come luoghi fisici ma anche come occasioni di attività laboratoriale, all’interno dei quali facilitare ‘l’invenzione’. [R. Didoni, Il laboratorio di robotica, TD-Tecnologie Didattiche 27, numero 3, pp. 29-35,2002] attività laboratoriale l’uso di kit robotici consente lo sviluppo di attività sperimentali che spaziano dalla individuazione di un ambiente nel quale progettare e costruire un robot o un insieme di robot, fino alla progettazione di ‘comportamenti autonomi’ che gli stessi robot possono assumere in base alle situazioni che si presentano loro. [R. Didoni, Il laboratorio di robotica, TD-Tecnologie Didattiche 27, numero 3, pp. 29-35,2002] competenze trasversali Facendo riferimento alla competenze trasversali, generalmente definite dalle tre macroaree del Diagnosticare, del Relazionarsi, dell’Affrontare [Pellerey], è possibile cogliere assonanze con il processo a spirale di Resnick : •il Diagnosticare è evidente nei momenti in cui lo studente imagine, create, reflect; •le caratteristiche del Relazionarsi si mostrano nella fase della condivisione (share) •ed infine quelle dell’Affrontare sono riscontrabili nelle azioni imagine, create, experiment. [M. Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio, Rizzoli, Milano, 2004 ] [M. Resnick, All I Really Need to Know (About Creative Thinking) I Learned (By Studying How Children Learn) in Kindergarten, Creativity & Cognition conference, June 2007] Competenze e discipline • matematica, lavorando per problemi [B. D’Amore, M.I. Fandiño Pinilla, I. Marazzani, “Esercizi anticipati” e “zona di sviluppo prossimale”] • lingua italiana lavorando sulle tipologie di testo: • testo descrittivo: negli iniziali momenti di progettazione del robot, per descriverne forma e funzioni; • testo regolativo: per elencare i diversi passaggi attraverso cui si giunge alla costruzione dell’artefatto. Si può proporre, ad esempio, ad un gruppo di studenti lo smontaggio di un semplice meccanismo precedentemente assemblato dall’insegnante, per poi chiedere ad un altro gruppo di compagni di scrivere le istruzioni per farlo ricostruire; • testo informativo possono essere inoltre utilizzati per comunicare a compagni e docenti gli sviluppi del lavoro all’interno del gruppo, redigendo un bollettino sull’andamento delle attività e strategie messe in atto; • testo narrativo: gli studenti possono annotare la loro esperienza in un diario di bordo, personale o di gruppo, privato o da condividere, utilizzando la forma del testo narrativo; • testo argomentativo: in una fase finale di confronto tra le soluzioni adottate dai diversi gruppi di studenti, argomentandole in maniera valida. NXT 2.0 NXT 2.0 WeDo WeDo WeDo Robotica ludica • «I giochi ci rendono felici perché sono un lavoro duro che abbiamo scelto noi stessi, e a quanto pare non c’è quasi nulla che ci renda più felici di un buon lavoro duro» (McGonigal J., 2011, pag. 28). • Siamo abituati a dire che il lavoro, o meglio, il nostro lavoro è duro. Diciamo così probabilmente perché non sentiamo nostre le motivazioni che ci costringono a farlo: lo facciamo per poter vivere, non lo abbiamo scelto e tutto ciò che facciamo pensiamo sia per gli altri, per chi ci comanda di fare qualcosa. Lo mettiamo in alternativa alla nostra vita privata, ci porta via del tempo, non ci dà soddisfazione. • Può anche darsi che il lavoro che facciamo ci annoi, non ci impegni abbastanza. In definitiva non sopportiamo il lavoro che facciamo. • Tutto ciò noi lo definiamo lavoro duro, ma è tale solo perché non lo abbiamo scelto noi, non lo abbiamo preferito ad altri, non lo sentiamo nostro, non cresciamo con esso. • Saremmo felici se potessimo trovare un lavoro duro che, però, ci piace: non sarebbe duro, forse fisicamente, ma non psicologicamente • «Ogni buona condizione di gioco è un lavoro duro. È lavoro duro che ci piace e che abbiamo scelto noi da soli. E quando facciamo un lavoro che ci sta a cuore, prepariamo la nostra mente per la felicità» (ivi, pag. 29). • è dimostrato che – se ci impegniamo in attività rilassanti, leggere, che crediamo divertenti, usciamo dall’esperienza sentendoci peggio rispetto al nostro stato iniziale; – se invece ci impegniamo in attività complesse, in giochi che ci fanno lavorare in modo duro, usciamo fortificati da queste esperienze. • In definitiva «un buon gioco è un modo speciale di strutturare l’esperienza e produrre emozioni positive. È uno strumento estremamente potente per ispirare partecipazione e motivare a un lavoro duro […]». • «Tutto il buono che viene dai giochi (tutti i modi in cui i giochi possono renderci più felici nella vita quotidiana e possono aiutarci a cambiare il mondo) deriva dalla loro capacità di organizzarci per affrontare un ostacolo scelto volontariamente» (ivi, pagg.34-35). • Per i più piccoli è difficile individuare esperienze lavorative e separarle da quelle di gioco. Per essi il lavoro è il gioco. • È compito dell’adulto educatore impegnarli in un lavoro duro che è rappresentato da un gioco significativo. Sullo sfondo occorre individuare sempre un impegno che porti oltre, che conduca a sfide che siano sempre un po’ più in là. • L’educatore deve riuscire a far incontrare il bambino con attività di gioco che egli trovi stimolanti e interessanti, che lo coinvolgano in una sfida e non solamente che lo intrattengano per un periodo di tempo. Gioco e robot Si possono impostare diversi modelli di gioco che si reggono su diverse polarità; ad esempio quella fra polo deliberativo e polo reattivo, quella fra polo chiuso e polo aperto. Il primo modello si esplica fra due estremi che riferiamo alle modalità attraverso le quali i robot si muovono/agiscono nell’ambiente: – nel polo deliberativo l’utente guida il robot dall’esterno (passo dopo passo) oppure lo dota di un programma che lo conduce in modo imperativo, cioè senza farlo interagire con l’ambiente; – in quello reattivo il robot è dotato di applicazioni che lo guidano dall’interno e sanno reagire alle sollecitazioni dell’esterno; il secondo modello ha agli estremi diverse tipologie di robot che riferiamo a due modalità di realizzazione di esperienze: – nel primo si possono usare dispositivi robotici già costruiti e non è possibile realizzarne di nuovi, – a differenza di quanto accade nel secondo estremo. • L’incrocio fra questi due modelli ne genera a sua volta quattro che esplicitano altrettante modalità: deliberativo-chiuso (quadrante b), deliberativoaperto (a), reattivo-chiuso (c), reattivo-aperto (d)(Figura 1). • nel quadrante b si utilizzano dispositivi già costruiti; • nel quadrante a è possibile costruire dei dispositivi robotici che agiscono nell’ambiente con le stesse modalità precedenti; • nel quadrante c si usano robot già costruiti, però dotati di sensori; • nel quadrante d si ha il massimo della flessibilità e della creatività: vanno progettati e i dispositivi robotici e i programmi che debbono mettere in grado il robot di interagire con l’ambiente • Simone (2012, pagg. 62-65) afferma che i testi sono delle rappresentazioni del mondo e, in particolare, quelli narrativi esplicitano l’ordine cronologico degli eventi che si verificano nello stesso mondo. Esiste un ordine testuale e un ordine reale; se questi coincidono si ha un ordine naturale (gli eventi sono rappresentati così come avvengono nel mondo reale) che viene realizzato attraverso l’operatore E-DOPO (un evento, EDOPO un altro, E-DOPO un altro, …), • se invece non coincidono si ha un ordine artificiale • si può avere un ordine inverso attraverso l’operatore E-PRIMA • oppure un ordine che esprime la contemporaneità, attraverso l’operatore EINTANTO (un evento, E-INTANTO un altro, EDOPO un altro, E-INTANTO un altro, EINTANTO un altro, …). • È importante ricordare che un bambino prende coscienza di questi operatori in successivi momenti diversi; nell’ordine: EDOPO, E-PRIMA e poi, infine, l’operatore EINTANTO. • Tale sequenza è fondamentale per poter sviluppare delle esperienze di robotica. deliberativo-chiuso • Il modello deliberativo-chiuso, applicabile per bambini di quattro-cinque anni, prevede l’utilizzo di robot, già costruiti, che possono essere guidati dall’esterno e anche ‘programmati’. Un esempio è rappresentato dai Bee-Bot della Lego Deliberativo-aperto • Deliberativo-aperto (stessa fascia di età). In questo modello si possono sviluppare attività che prevedono la costruzione di robot che agiscono nell’ambiente secondo le modalità già viste per il modello deliberativo-chiuso; un esempio è il kit WeDo della Lego reattivo-chiuso • Per quanto concerne il modello reattivo-chiuso, il salto in avanti è notevole. Siamo proiettati nella fase nella quale il bambino riesce a cogliere le situazioni contemporanee del tipo E-INTANTO. Impostare esperienze in questo contesto comporta un arricchimento dell’hardware del robot (in genere un insieme di sensori) e, fatto ancor più significativo, una evoluzione nella costruzione dell’applicazione che guida il robot. Questa deve essere in grado di raccogliere determinati segnali che provengono dall’ambiente nel quale il robot è sistemato, comprendendo anche la tastiera e altri dispositivi di input del pc collegato al robot. reattivo-aperto • Il modello reattivo-aperto rappresenta l’esposizione massima alle esperienze di robotica. In questo si possono costruire dei robot che sappiano reagire all’ambiente raccogliendo gli eventi che si verificano in esso, quando cioè il robot rileva una qualche variazione nell’ambiente in cui agisce (può essere una variazione rilevata con i sensori, oppure una azione dell’utente sul pc collegato) ed in corrispondenza di questa si attiva un procedimento nell’applicazione che lo guida. E-INTANTO Un evento è caratterizzato da: • un oggetto (hardware) capace di rilevare delle variazioni (sensore, tastiera, joystick, mouse) e di inviare opportune segnalazioni all’applicazione (software); • l’ascolto, nell’applicazione (software), delle segnalazioni che arrivano; • la procedura che deve essere conseguentemente eseguita e che fa agire il robot. La gestione e comprensione degli eventi è connessa alla possibilità di concepire situazioni del tipo E-INTANTO. E-INTANTO • Nella figura è possibile intuire la contemporaneità di azioni; in questo caso è generata da un evento: con un click sulla freccia di avvio (triangolo verde) si avvia una ripetizione infinita di un motivo musicale e, quando si vuole, è possibile avviare l’auto con un click sulla lettera A. Dall’iconico al testuale • Per molti anni le esperienze di costruzione di artefatti ipertestuali sono state al centro dell’approccio alle tecnologie, in particolare nelle scuole primarie. Queste esperienze sono state e sono sicuramente significative per diversi morivi, di certo noti, che non si intende qui riproporre. • Tuttavia l’aspetto procedurale-strategico al problemsolving ha sofferto di qualche latenza, sia perché non è stato facile individuare risorse umane disponibili ma anche tecnologiche proponibili che potessero esplicitarlo, sia perché, a fronte di conoscenze adeguate su questo versante, spesso si è ritenuto opportuno non affrontare questi percorsi. • Così pure è stato poco affrontato l’aspetto della soluzione di problemi per via algoritmica. L’algoritmo è stato spesso accostato a forme di proceduralismo imperativo di tipo top-down, prescrittivo, in definitiva quasi imprigionante la creatività. Se è pur vero che l’esecuzione di un algoritmo organizzato in forma deliberativa può sembrare un processo rigido, tuttavia la sua progettazione non è sicuramente un prodotto di un approccio meccanico. • Per sua stessa matrice la progettazione è il ponte fra prescrizione e creatività: ad una ipotesi iniziale segue la sua messa in opera attraverso verifiche che mettono in gioco la flessibilità in un continuo ciclo prova-valutazione-sistemazionenuova prova. • Assegnando il dovuto peso alla progettazione, ci sembra che utilizzare strumenti software che permettano la realizzazione di animazioni possa essere un utile esercizio, da un lato possibile se si tiene conto della progressione dalla sequenzialità alla contemporaneità, dall’altro utile perché la rinforza. • Inoltre la costruzione di una applicazione non si esaurisce solo in un approccio deliberativo ma investe anche modalità che permettono la realizzazione di interazioni con l’ambiente. • L’ipotesi che si intende qui sostenere procede all’inverso rispetto alla tendenza che vede l’elaboratore sempre più orientato verso applicazioni desktop fortemente iconiche, per suggerire un itinerario che possa procedere dall’iconico al testuale. • Ci si colloca sia nel campo delle tecnologie inclusive, che in quello delle esclusive. • Un possibile percorso può vederle in sequenza; si può iniziare dalle tecnologie inclusive che realizzano esperienze dove l’hardware (il dispositivo fisico) diventa parte fondamentale per procedere, poi, verso un duplice binario: in una prima direzione si prosegue sulle tecnologie di uso inclusivo potenziando sia l’aspetto hardware sia quello software; in una seconda direzione, si incontrano le tecnologie utilizzate in modo esclusivo, per le quali le esperienze che si possono sviluppare prevedono l’uso del software che realizza animazioni sul video in un ambito artificiale. • In definitiva, si parte da esperienze di robotica nelle quali il robot è guidato attraverso software iconici, per procedere poi, da un lato, allo sviluppo di esperienze di robotica sempre più significative, dall’altro alla realizzazione di animazioni con robot senza corpo che si muovono sullo schermo attraverso software basati su un approccio realizzativo testuale o parzialmente testuale (ad esempio Scratch). Un possibile itinerario • dopo esperienze di robotica con approccio deliberativo-chiuso, si passa a quelle di tipo deliberativo-aperto; in questa fase si ha una introduzione alla realizzazione di programmi nella modalità iconica; • nel frattempo il bambino inizia ad acquisire elementari strumenti di lettura e da questo momento in poi è possibile sviluppare esperienze su due versanti: da un lato potenziare quelle sulla robotica, da un altro, indirizzarsi verso ambientazioni completamente virtuali (esiste, comunque, una terza via: quella di applicazioni ibride che vivono in parte nel virtuale e in parte nel mondo reale). Un metodo in Problemi, scopi e responsabilità della scienza (1996), Popper ci dice: • “Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste in questi tre passi: – inciampiamo in qualche problema; – tentiamo di risolverlo, ad esempio, proponendo qualche nuova teoria; – impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione. • O, per dirla in tre parole: problemi-teorie-critiche. Credo che in queste tre parole, problemi-teorie-critiche, si possa riassumere tutto quanto il modo di procedere della scienza razionale” (Popper K.R, 1969, pag. 146, citato in Antiseri D., 2000, pag. 13). per Popper, dunque, quando • si incontra un problema, • si escogita un’ipotesi risolutiva, una congettura e la si sperimenta, • si attendono delle confutazioni o si partoriscono proprie confutazioni che possano smentire quella congettura; • la confutazione può partorire una congettura, quindi • ipotesi • nuova confutazione,….. quindi: di un’ipotesi non si potrà mai dire che è vera in assoluto, per sempre, perché non possiamo sapere se poi interverranno delle confutazioni a falsificarla; la via seguita è opposta a quella dell’induzione. Il metodo induttivo si basa sul procedimento di raccolta di grande quantità di accurate osservazioni, dalle quali il ricercatore trarrà delle leggi; in sostanza si passa da molteplici casi singolari a una legge generale. • Popper nega con forza che possa esistere un metodo induttivo. Scardina fin dalle basi il processo d’induzione: eccepisce che una legge possa essere inferita da una quantità di osservazioni. In pratica, non accetta che l’esperienza (l’osservazione) venga prima della teoria. • il metodo della scienza di Popper utilizzabile per lo sviluppo di esperienze didattiche (in special modo orientate all’uso di tecnologie autonome) Storiografia della scienza • la ricerca scientifica muove i suoi passi su controversie, su confutazioni per produrre nuove teorie; • la storiografia deve indagare e immedesimarsi in quei ‘fatti controversi’ e reinventare i problemi che rappresentano il punto di partenza di nuovi percorsi. • uno storiografo della scienza, nel ricostruirne il cammino, indaga sempre le cause che hanno generato lo sviluppo delle varie teorie. • un docente dovrebbe assumere questo approccio da storiografo della scienza per evitare di presentare le teorie come oggetti astorici, che non hanno una genesi e uno sviluppo legato al prima e al durante della loro evoluzione. • se assumiamo che la storia della scienza sia la storia dei problemi della scienza e, come docenti, decidiamo di assumere l’atteggiamento dello storiografo, allora dobbiamo conoscere quei problemi ed essere in grado di ricrearli • come fare? • è necessario partire dai problemi dei nostri allievi e se questi non ci conducono a quelli profondi legati alla disciplina, occorre saper creare delle situazioni che possano farli, via via, emergere • la metodologia proposta da Popper per la ricerca scientifica, può essere presa a modello per realizzare percorsi formativi basati sulla soluzione di problemi e, in particolare, quei processi attivabili attraverso la realizzazione di applicazioni con tecnologie autonome come il computer e il relativo software. In sostanza, si ha un problema, lo studente ipotizza una soluzione e la realizza. attenzione!! • una applicazione informatica si regge su un programma che ha una struttura logica, la quale rappresenta la simulazione di quello che verrà realizzato durante l’esecuzione; • leggere e studiare la struttura del programma, significa capire la ‘teoria’ che lo sostiene e, un’eventuale confutazione, può avvenire anche attraverso una sperimentazione, nella mente del ‘confutatore’, dello sviluppo risolutivo voluto dall’autore. • fondamentale valenza: esprime ‘il pensiero risolutivo’ dell’autore su quel problema. • forte valenza formativa: si opera su idee e processi risolutivi; sia in auto confutazione (si riflette sulla propria azione ricostruendo percorsi e loro motivazioni), sia che in confutazione di soluzioni di altri (ci si confronta con il pensiero, le motivazioni, i processi risolutivi altrui, entrando in un processo che spinge alla comparazione con i propri processi mentali, riflettendo su di essi). • no a prassi istintiva di prova, errore, prova, errore, …, per sviluppare confutazioni; • isterico vortice di tentativi superficiali e veloci di correzioni nel punto in cui l’elaboratore indica un errore, evitando di leggere e interpretare la logica complessiva che sostiene quella teoria (il programma). due livelli nell’impiego delle tecnologie nella didattica: • un primo livello che prevede la realizzazione di artefatti (tecnologie autonome); • un secondo livello che prevede l’uso di artefatti già realizzati; questi vengono inseriti in percorsi didattici e utilizzati secondo proprie modalità (tecnologie come sostegno). • evitare l’assenza di una storicizzazione nella presentazione di teorie; spesso si ritiene che in fondo il progresso della scienza è fatto di errori e di nuove ipotesi che sono state o verranno a loro volta confutate; in quanto datati, questi errori, non sono più interessanti, dunque neppure significativi rispetto all’attuale stato dell’arte di questa o quell’altra scienza; • così facendo si finisce per avere una superficiale conoscenza dell’attuale fisica, dell’attuale matematica, …. “È necessario, insomma, che noi, nell’insegnamento di una scienza, vestiamo ogni tanto la toga dello storico della scienza, per indagare l’oggettivo stato problematico, pratico e teorico, nel quale una teoria è poi germogliata e successivamente si è sviluppata” (Antiseri D., 2000, pag. 122). Una sintesi • Didattica Bapprendimento percettivomotorio situazioni a-didattiche tecnologie autonome (costruire simulazioni; realizzare applicazioni con Scratch, appInventor; realizzare esperienze con la robotica (Robotica educativa) Proposte di lavori • Organizzazione di una lezione con tecnologie: – per presentare [creazione sito (Altervista), Moodle (scaricare), Learning object (eXelearning), ebook (http://www.epubeditor.it), video (Youtube)]; – per facilitare [simulazioni (yenka, programmi in rete, altri programmi), CAS (Mathematics, Maxima, altri programmi), DGS (GeoGebra, altri programmi), MatCos (testo di Costabile)]; – autonome [narrazione/simulazioni/animazioni (Scratch o altri programmi), app (appInventor), robotica (NxtLego, Enchanting, …), ipertesto (NVU)] • Inserire in Olat un documento con la presentazione e descrizione del lavoro; • Se il lavoro realizzato è in rete, inserire anche il link