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Diapositiva 1 - Tecnologie autonome nella didattica. Verso la

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Diapositiva 1 - Tecnologie autonome nella didattica. Verso la
Didattica A
• “Lo sforzo del didatta è teso a trasformare un
discorso specialistico in uno comprensibile e più
consono alla natura dell’allievo.
• Il didatta è sensibile all’allievo, lo pone al centro
della sua attenzione, ma la sua azione didattica
non è tanto focalizzata sull’apprendimento,
quanto soprattutto sull’argomento posto in gioco,
quindi sui temi del sapere trattato e
sull’insegnamento di quel sapere”
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Didattica A
• l’obiettivo è creare situazioni (lezioni, attività,
oggetti, ambienti, ..) per un insegnamento
migliore;
• l’assunto è: se migliora l’insegnamento,
migliorerà anche l’apprendimento;
• si vogliono suscitare l’attenzione e la
motivazione dello studente, sostenendo che
queste siano le caratteristiche essenziali
perché questo apprenda;
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Didattica A
• Quanto affermato non vuole negare che esistano
dei docenti che sappiano suscitare attenzione e
quindi motivazione; si vuole dire che:
– l’efficacia degli apprendimenti non dipende solamente
da queste doti, anche se ovviamente sapendo
suscitare attenzione si può generare anche
motivazione;
– non è detto che un perfetto insegnante riesca ad
ottenere un buon risultato sul piano
dell’apprendimento, solo per questo motivo.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Didattica B
• “Il focus della didattica B sta nell’individuazione delle
caratteristiche dell’apprendimento. In questo ambito si
studiano in modo approfondito le caratteristiche, le
condizioni e le modalità della costruzione delle conoscenze
dell’allievo”;
• L’assunto di base è che l’allievo costruisce in modo attivo
una sua propria conoscenza interagendo con l’ambiente ed
organizzando le sue costruzioni mentali.
• L’istruzione influenza ciò che l’allievo apprende, ma non
determina tale apprendimento. L’allievo, cioè, non si limita
a recepire passivamente la conoscenza, ma la rielabora
costantemente in modo autonomo” (questa posizione può
essere ascritta al “costruttivismo”).
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Didattica B
• Costruttivismo: visione forte e visione debole (Baldacci);
• visione forte: la conoscenza è costruita; la conoscenza è
una costruzione dell’uomo;
• visione debole: la costruzione è relativa agli schemi
concettuali da noi usati per dare forma alla conoscenza
della realtà;
• per il costruttivismo debole la metafora della conoscenza è
un ragno che costruisce la sua tela per catturare la preda;
• perciò si ha conoscenza quando si cattura la realtà
attraverso la rete concettuale costruita. L’esperienza è l’urto
con la realtà, mediato dallo schema concettuale.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Didattica C
• Si interessa delle influenze dell’insegnante
sulla didattica A e sulla didattica B;
• Le convinzioni dell’insegnante possono
condizionare e determinare l’insegnamento
(A) e l’apprendimento (B).
Didattica C
• in definitiva, la didattica C che studia la
formazione, le convinzioni, il ruolo
dell’insegnante,
– entra nella didattica A che «studia criticamente il
Sapere e le sue forme di diffusione»;
– entra nella didattica B che «studia criticamente le
forme di apprendimento dell’allievo, subordinato
a questioni d’aula»“
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
nel tempo
didattica A
didattica B
didattica C
oggi
insegnante (didattica C)
allievo (didattica B)
sapere (didattica A)
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
sapere (didattica A)
ma anche
La didattica A enfatizza
l’insegnamento, le scelte
relative al Sapere; ogni suo
interesse è centrato sui
contenuti, su una loro
divulgazione
studente (didattica B)
La didattica B enfatizza l’apprendimento,
dunque i modi di costruzione di
conoscenza dell’allievo; ogni suo interesse
è centrato sui motivi dei successi e degli
insuccessi dell’apprendimento
insegnante (didattica C)
La didattica C si interessa
dell’insegnante, delle sue
convinzioni, del suo ruolo,
della sua formazione
per indicare
Che una azione didattica si può trovare alla confluenza di un certo tasso di didattica A, di
didattica B, di didattica C
sapere (didattica A)
studente (didattica B)
insegnante (didattica C)
Se il sapere è un
sapere tecnologico
sapere (didattica A)
insegnante (didattica C)
La didattica C si interessa
dell’insegnante, delle sue convinzioni
sulle tecnologie, del loro ruolo, della
sua formazione sulle stesse
La didattica A enfatizza
l’insegnamento, le scelte
relative al Sapere tecnologico;
ogni suo interesse è centrato
sui contenuti, su una loro
divulgazione
studente (didattica B)
La didattica B enfatizza l’apprendimento,
attraverso le tecnologie, dunque i modi di
costruzione di conoscenza dell’allievo; ogni
suo interesse è centrato sui motivi dei success
e degli insuccessi dell’apprendimento
Se analizziamo il rapporto
fra un sapere e le
tecnologie
sapere (didattica A) tecnologia nell’insegnamento
studente (didattica B)
tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione
docente (didattica C)
le convinzioni dell’insegnante sulle tecnologie
Situazioni (didattiche)
• teoria delle situazioni: filone di ricerca iniziato con
Brousseau (1986). Le situazioni (dal punto di vista
degli attori/strumenti) sono delle relazioni tra
l’insegnante, l’allievo, elementi al contorno
(strumenti, materiali, ..), avendo come scopo che gli
studenti apprendano.
insegnante
sapere
allievo
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
• Vengono individuate tre tipologie diverse:
– situazioni a-didattiche
– situazioni non didattiche
– situazioni didattiche
Situazioni a-didattiche
• “l’allievo apprende adattandosi ad un ambiente
che è fattore di contraddizioni, di difficoltà, di
disequilibri, un po’ come la società umana.
Questo sapere, frutto dell’adattamento degli
allievi, si manifesta con delle nuove risposte che
sono la prova dell’apprendimento […]. [L’allievo sa
che] il problema è stato scelto per fargli acquisire
una nuova conoscenza ma sa anche che questa
conoscenza è giustificata dalla logica interna della
situazione e che può costituire senza fare appello
a delle ragioni didattiche.” (Brousseau)
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• sono in ballo gli studenti e l’oggetto della conoscenza,
non l’insegnante;
• la situazione suggerisce delle esigenze e gli studenti
danno risposte a queste;
• quello che si fa non è legato a spinte dell’insegnante (che
assume il ruolo di regista), non ci sono obblighi didattici;
• gli studenti si impegnano in una attività di costruzione di
conoscenza legata alla situazione.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• l’allievo fa dei tentativi; verifica che tali tentativi sono
efficaci, inefficaci, errati;
• li modifica adattando il proprio sistema di conoscenze alla
situazione;
• i tentativi interni alla situazione che fa sono dovuti alla
situazione non ad esigenze didattiche;
• sono dei bisogni dettati dall’attività;
• questa modalità sembra essere quella più idonea alla
costruzione di conoscenza;
• Brousseau sostiene che lo studente costruisce la
conoscenza solo se si interessa personalmente della
risoluzione di quanto gli è stato proposto attraverso la
situazione.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• “Nelle situazioni a-didattiche si individuano sei fasi:
• Devoluzione: è un atto che riguarda l’insegnante nei confronti
degli allievi: egli consegna l’obiettivo cognitivo agli studenti. E’ il
processo di responsabilizzazione attraverso il quale l’insegnante
ottiene che lo studente impegni la sua responsabilità nella
risoluzione di un problema, o in generale di una attività
cognitiva, che diventa allora problema dell’allievo, […].
Brousseau definisce la devoluzione come «l’atto attraverso il
quale l’insegnate fa accettare all’allievo la responsabilità di una
situazione di apprendimento[…] o di un problema […]».
La devoluzione è dunque una situazione in base alla quale
l’allievo ‘funziona’ in modo scientifico, e non solo in risposta a
spinte esterne alla situazione, per esempio di tipo didattico.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• Implicazione: fase nella quale lo studente accetta l’offerta e si
implica in essa;
• Costruzione della conoscenza privata: fase nella quale
ciascuno studente crea una propria conoscenza interna
singolare;
• Validazione: processo che si adotta per raggiungere la
convinzione che un certo risultato ottenuto risponda
effettivamente alle richieste e ai suoi requisiti. Momento nel
quale lo studente mette in discussione e la difende la propria
soluzione con gli altri. In questa situazione trasforma il proprio
prodotto di conoscenza in uno di comunicazione; in questo
modo oltre che per la discussione, diviene padrone della
propria conoscenza;
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• Socializzazione: il sapere personale, costruito,
validato da un singolo studente viene
presentato e discusso con tutta la classe.
Avviene uno scambio sociale tra gli allievi,
cosicché singole conoscenze private diventano
conoscenza sociale condivisa dalla classe.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni a-didattiche
• Istituzionalizzazione delle conoscenze: atto
esplicito che compie l’insegnante al fine di
permettere ad una conoscenza costruita dagli
allievi, e socialmente condivisa, di essere
ufficialmente riconosciuta. E’ un momento
importante nell’apprendimento e quindi deve
essere un atto forte. Lo studente tende a non
accettare le costruzioni cognitive proprie e della
classe, mentre tende ad accettare quelle
dell’insegnante. L’insegnante cessa di essere
regista e torna ad assumere il ruolo istituzionale
che lo studente gli riconosce.
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni non-didattiche
• È una situazione non volontariamente costruita
per un sapere: “l’insegnante e l’allievo non hanno
un rapporto specifico con un sapere in gioco,
manca la volontà specifica didattica di insegnare.
L’insegnante non ha costruito un ‘ambiente
didattico’ finalizzato all’apprendimento di qualche
nozione specifica del sapere da insegnare.
Dunque non è previsto un apprendimento come
scopo, come traguardo di quella attività. Se un
apprendimento avviene ugualmente, è casuale.”
(ricorda l’apprendimento informale)
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni didattiche
• “l’insegnante struttura l’ambiente in modo opportuno, con
strumenti opportuni, al fine di giungere alla fine dell’attività ad una
conoscenza specifica. Tutto avviene […] alla luce del sole, in un
ambiente dichiarato:
– l’allievo sa che sta imparando, che l’insegnante sta insegnando;
– l’insegnante è consapevole del suo ruolo e di come la situazione si sta
sviluppando.
• C’è intenzione esplicita di insegnare. Sono situazioni di stimolo
concreto a fare attività, a risolvere problemi, ad eseguire consegne.
La situazione è tutta esplicita: l’allievo sa che in quel momento si
stanno delineando ed evolvendo nozioni che fanno parte del sapere
della scuola. L’insegnante dichiara fin da subito l’obiettivo cognitivo
che si vuole raggiungere, spesso dichiara anche quali sono le sue
proprie attese, che cosa egli si aspetta che gli studenti facciano,
costruiscano, che risposte devono dare alle sue domande.“
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
Situazioni didattiche
• “Lo studente viene impegnato non tanto ad
apprendere [l’argomento] che costituisce
l’oggetto dell’attività, ma ad apprendere che
cosa fare o dire per assecondare le attese
dell’insegnante su quel determinato tema. […]
E’ tutto così esplicito che l’allievo, giunto al
momento di dover dare risposte, non si pone
domande sul contenuto, ma su cosa
l’insegnante si aspetta che egli faccia o
risponda.”
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
confronto
• “Confrontando le situazioni a-didattiche con quelle didattiche si
deduce che l’apprendimento d’aula e l’impegno richiesti allo
studente sono ben diversi: nella situazione a-didattica si chiede
all’allievo di attivarsi, mentre nella situazione didattica si chiede
all’allievo di riprodurre ciò che ha detto la maestra”.
• “Quello che si riesce a mettere sotto forma di situazione adidattica risulta vincente nell’apprendimento. In effetti pur
essendo una situazione di apprendimento più lenta, permette un
apprendimento concettuale; è attraverso la costruzioni di
situazioni a-didattiche in aula che si arriva ad una vera e propria
conoscenza, capace anche di transfer cognitivi.“
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
• “Non è necessario affrontare tutti gli argomenti
nuovi attraverso la ostruzione di situazioni adidattiche, ma è bene, in fase di progettazione e
programmazione, individuare a priori i nuclei
fondanti della disciplina che si vogliono far
costruire agli alunni. Almeno quelli dovrebbero
essere costruiti attraverso situazioni adidattiche.”
D’Amore B., Sbaragli S., Didattica della Matematica
situazioni a-didattiche, devoluzione
• “si può dire che l’allievo costruisce la
conoscenza solo se si interessa personalmente
del problema della risoluzione di quanto gli è
stato proposto attraverso la situazione
didattica: in tal caso si usa dire che è avvenuta
la devoluzione e questo avviene nelle
situazioni a-didattiche.”
didattica
situazioni
a-didattica
non-didattica
per indicare
che una situazione si può trovare alla confluenza di un certo tasso di situazione adidattica, di situazione didattica, di situazione non-didattica
didattica
a-didattica
non-didattica
Se analizziamo il rapporto
fra situazioni e le tecnologie
didattica
tecnologia nell’insegnamento
a-didattica
tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione
non-didattica
tecnologia nell’apprendimento/nella costruzione
compito autentico
compiti autentici:
•compiti reali,
•rilevanza nel mondo reale,
•una utilità,
•avere un livello di complessità e novità
“[…] la complessità e novità del
compito o dell’attività da
sviluppare caratterizzano
anche la qualità e il livello della
competenza implicata.”
1
Pellerey: le caratteristiche di una
competenza
• Competenze in situazione
“una competenza è definibile a partire dalla
tipologia di compiti o attività che si debbono
svolgere validamente ed efficacemente. La
complessità e novità del compito o dell’attività da
sviluppare caratterizzano anche la qualità e il livello
della competenza implicata.”
2
complessità
compiti complessi con qualche famigliarità;
p.e. competenze in discipline (come mat. e fis.)
con le quali si ha una certa dimestichezza che
permette di affrontare problemi impegnativi
1
compiti di grande
complessità e novità:
competenze elevate
2
novità
famigliarità
automatismi consolidati, attivabili con
correttezza e facilità; attenzione: un compito
non è ‘facile’ allo stesso modo per tutti; anche
di fronte ad un compito ‘facile’ si attivano
abilità e/o conoscenze per un fine
compiti semplici ma meno famigliari: possono
costituire una novità che può mettere in
difficoltà. Compiti estranei alla vita (scolast. e
extrascol.) degli studenti, per i quali essi non
riescono a realizzare dei riferimenti.
semplicità
Pellerey - Mobilizzazione risorse
• “Una competenza si manifesta perché si riesce a
mettere in moto e coordinare un insieme di
conoscenze, abilità e altre disposizioni interne al fine
di svolgere positivamente il compito o l’attività
prescelta. Queste risorse interne debbono quindi
essere possedute a un grado di significatività,
stabilità, fruibilità adeguato, tale cioè da poter essere
individuate e messe in moto quando esse siano
necessarie per affrontare il compito richiesto.”
(Pellerey, Le
competenze individuali e il portfolio)
Pellerey
• Risorse anche esterne
“Tra le risorse che occorre saper individuare,
utilizzare e coordinare molto spesso occorre
considerare non solo risorse interne, ma anche
risorse esterne. Non si tratta solo di risorse di natura
fisica o materiale come libri, strumenti di calcolo,
computer, ma anche umane come il docente stesso, i
compagni, altre persone che è possibile coinvolgere
nella propria attività.”
(Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio)
• “l’uso di compiti complessi diventa
particolarmente efficace in quanto è
altamente coinvolgente per gli allievi e
permette loro
– la riflessione attiva sui contenuti,
– l’applicazione di idee chiave in situazione, […],
– il controllo sulle proprie strategie di
apprendimento”
• “si intende […] competente la prestazione di chi in
un dato contesto, esegue un compito, sfruttando
opportunamente le risorse e i mezzi a disposizione,
tenendo conto di motivazioni, valori, emozioni […],
[…] imprimendo il proprio marchio professionale
alla risoluzione del problema.”
• è, quindi, “fondata su una prestazione reale e
adeguata alla esplicitazione di competenze”, che
favorisce un apprendimento significativo.
L’apprendimento significativo è:
•
•
•
•
•
•
•
attivo,
costruttivo,
collaborativo,
intenzionale,
contestualizzato,
riflessivo,
complesso.
Jonassen D.H., Rohrer-Murphy L.,1999
Apprendimento significativo
• attivo: quando il soggetto è responsabile e
consapevole del proprio apprendimento,
agisce mettendo attenzione ed impegno nello
sviluppo delle proprie azioni. Si apprende
quando si è coinvolti in modo attivo nel
processo di apprendimento;
• costruttivo: l’apprendimento si costruisce a
partire dalle conoscenze possedute con una
costante interazione fra mente e nuova
conoscenza; sono importanti processi che
allertino le conoscenze personali al fine di
creare degli ancoraggi per nuove conoscenze;
Apprendimento significativo
• collaborativo: il soggetto lavora naturalmente
in una comunità, ricevendo supporto dagli
altri, ed osservando il modo di fare degli altri.
• riflessivo, il soggetto riesamina il proprio
apprendimento riflettendo sui processi svolti e
sulle relative decisioni. Rianalizzando il
percorso seguito e riflettendo sulle decisioni
prese, si comprende di più e si saprà applicare
in contesti diversi la conoscenza costruita;
Apprendimento significativo
• intenzionale: il soggetto è coinvolto nel
conseguimento di obiettivi che originano da
motivazioni intrinseche; come tutti i
comportamenti umani tendono ad uno scopo,
così i comportamenti degli studenti debbono
tendere ad un obiettivo;
• contestualizzato: i compiti assumono
significatività se inseriti in una particolare
cornice di riferimento. Risolvere un problema
in una situazione reale, permette di trasferire
la modalità di soluzione applicata anche in
altri contesti.
Apprendimento significativo
• complesso: occorre presentare agli studenti i
problemi con la loro effettiva complessità; spesso
invece si semplifica il problema e lo si offre alla
soluzione degli studenti; così facendo si
commettono diversi errori: il problema viene
tolto dal suo contesto naturale, si offre una
visione personale del problema e una visione non
vera della realtà. Occorre presentare problemi
complessi altrimenti gli studenti finiranno per
vedere e credere il mondo in modo semplicistico
e banale.
situazioni a-didattiche
devoluzione
compiti
autentici
Apprendimento
significativo
Le convinzioni degli insegnanti
• Abbiamo parlato in precedenza di convinzioni
degli insegnanti.
• Ne vediamo un esempio nella presentazione
delle tecnologie che segue.
Una definizione (B. Arthur)
• “La tecnologia è un mezzo per soddisfare uno scopo
umano. […] In quanto ‘mezzo’, la tecnologia può essere
un apparecchio fisico (un motore diesel, un frigorifero),
un processo (un processo di filtrazione nell’ingegneria
chimica o il processo risolutivo per una equazione di
secondo grado, eventualmente codificato in algoritmo),
un metodo (il metodo adottato per lo sviluppo di un
algoritmo per il riconoscimento vocale, la modalità di
progettazione didattica, ..). […]; può essere materiale […]
oppure immateriale […]. Comunque è sempre un mezzo
creato per soddisfare un fine umano”.
Spesso le tre tipologie si integrano:
• un processo sviluppato con un determinato
metodo;
• un processo che ha bisogno di un apparecchio
per essere eseguito (un algoritmo);
• un processo, sviluppato con un certo metodo,
che si realizza con un determinato apparecchio
(ancora il caso di un algoritmo).
Tecnologie di sostegno & tecnologie
autonome
• Il senso del loro utilizzo nella didattica sembra
oscillare in un continuo che va da forme di
sostegno alle varie discipline, facilitandone e
migliorandone l’apprendimento, ad approcci che
accentuano il carattere di autonomia delle stesse
tecnologie. Analizzeremo il significato delle
tecnologie quando vengono intese come
Tecnologie di sostegno e come Tecnologie autonome
tecnologie
di sostegno
autonome
per presentare
per facilitare
Tecnologie di sostegno, come:
• tecnologie per presentare
• tecnologie per facilitare
tecnologie per presentare
• elemento essenziale: il video, attraverso il quale
l’utente riceve informazioni; un esempio è il
web;
• il mondo del web è complesso e variegato; la
presentazione è spesso il segno della propria
esistenza; si può presentare se stessi e interagire
con altri attraverso post nel proprio blog o con
interventi in blog altrui o attraverso un social
network; si possono presentare contenuti in un
wiki, ma anche realizzare e pubblicare tutorial,
video, prodotti ipertestuali, creati da soli o in
collaborazione con altri.
la rete oggi
• siti vetrina
– è prevalente la presentazione
• siti officina
– è prevalente la discussione, la collaborazione, la
costruzione
siti vetrina
• siti degli utenti
• portali
– virgilio
– yahoo
– ……
spesso nei portali ci sono degli spazi-officina: blog,
spazi per discutere, ..
siti officina
• siti per comunità:
– di aiuto
– di discussone
– professionali
– di ……….
– …………………
• siti per la formazione
• applicazioni web 2.0
sviluppo del web
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
protagonismo/silenzio
Sviluppo del Web
vetrina
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
• una moltitudine di utenti presenti in rete
• pagine e pagine che parlano degli stessi
argomenti
• vivevano in siti sperduti e, forse, erano
presenti in qualche bookmark
• si era protagonisti, creatori di pagine che
però finivano nel silenzio più assoluto
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
portali/monopolio informazione
Sviluppo del Web
vetrina
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
• alcuni siti, prevalevano su tutti e i navigatori
si sono così ritrovati ad essere semplici
fruitori di informazioni messe a disposizioni
da altri
• la rete, da luogo di produzione per tutti,
diventa luogo di fruizione per gran parte degli
utilizzatori e luogo di produzione per pochi
• nei portali nascono degli angoli-officina dove
iniziano ad esistere i primi tool per com. e
forme di interazione
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
comunità
Sviluppo del Web
vetrina
officina
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
• parallelamente, nuove esperienze proponevano
tentativi di condivisione e costruzione collaborativa
di conoscenza.
• vengono sperimentate forme nuove di gestione
della propria vita nel web: si esiste anche
negoziando/interagendo con altri utenti.
• nascono comunità di apprendimento, di pratica, si
sperimentano forme di apprendimento che
possono essere facilitate dalla esistenza in rete.
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
tool comunicazione/condivisione
Sviluppo del Web
vetrina
officina
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
Queste esperienze hanno prodotto uno sviluppo del software che ha portato alla
realizzazione di tool per diverse forme di collaborazione e condivisione. Si genera
dunque un percorso virtuoso fra società e tecnologia che porta la prima ad
individuare nuove esigenze, costantemente sul versante dello scambio con altri
utenti nella rete, e così si realizzano nuovi strumenti che possano soddisfare queste
esigenze. In una prima fase queste erano sentite e vissute e quindi soddisfatte dalla
tecnologia internamente agli ambienti per l’online e-learning e a quelli per la vita di
comunità.
web 2.0
Sviluppo del Web
vetrina
officina
comunità
protagonismo/silenzio
portali/monopolio informazione
web 2.0
tool comunicazione/condivisione
… poi si è cominciata a sentire l’esigenza di allargare i confini e di vivere nel web
aperto queste esperienze. Lo sviluppo delle tecnologie, orientato dalle esigenze
sociali, ha prodotto nuovi servizi e questi hanno iniziato a vivere una vita propria
diventando essi stessi centri intorno ai quali vivere nel web. Si sviluppano sempre
più strumenti come blog, wiki, social network, social bookmarking, …
Parallelamente nascono comunità che orientano i propri interessi verso l’uno o
l’altro. Nasce il Web 2.0.
tecnologie per presentare
• E’ variegato e complesso anche il mondo delle
realizzazioni e delle possibili analisi sul versante
delle sinergie con la formazione;
• sono stati realizzati diversi approcci; si va da azioni
formative nelle quali è prevalente il
• flusso in direzione dell’utente (approccio
unidirezionale);
• ad altre, nelle quali il flusso è frammentato in
segmenti dettati e prodotti da forme di interazione
multiple (approccio dialogico);
approccio unidirezionale
• la tecnologia tende a integrare o a sostituire la fonte
informativa tradizionalmente rappresentata dal docente;
• tecnologia legata alla sua interfaccia: scatola nera che si
presenta con delle modalità d’uso (l’interfaccia) che
l’utente si limita ad utilizzare;
• prevalente la scelta di tecnologie già pronte all’uso;
• prima soglia di utilizzo delle tecnologie nella didattica;
• il docente elabora percorsi didattici distribuendo,
internamente a questi, dei supporti tecnologici che
favoriscano la presentazione sia a distanza sia in presenza;
approccio unidirezionale
• Esempi:
– videolezione [esempio GeoGebra; esempio 2 (Youtube)
biologia, esempio 3 (Youtube) biologia, esempio 4
(Youtube) matematica];
– audio [esempio]
– sito per presentare contenuti [esempio, Altervista]
– lezioni in ambienti di apprendimento con modalità
trasmissiva [moodle scaricabile da qui, guida
installazione, esempio]
– LO [tool per creare LO: eXelearning]
– Ebook [epubeditor (ebook online)]
una novità??!!
• il flip teaching predica un rovesciamento: non più lezioni in
aula e compiti a casa ma lezioni a casa e compiti in aula;
• si erogano contenuti da studiare autonomamente e poi in
aula si sviluppano compiti ed esercizi su quanto già
esaminato;
• momenti di autoapprendimento e altri di esercitazioni,
attraverso le quali il docente può chiarire dubbi e migliorare
l’apprendimento nell’interazione con gli studenti;
• il ruolo del docente non è quello di somministrare
contenuti, ma di essere tutor durante il lavoro degli studenti
in aula.
Approccio dialogico
• caratteristiche maggiormente orientate alla
dialogicità, alla riflessione, alla interazione;
• le tecnologie tendono a perdere la loro invasività
verticale per assumere una consistente, ma sempre
più trasparente, presenza orizzontale;
• è prevalente la frammentarietà della presentazione;
non approccio disarticolato, disorganico, ma
interazione;
• gli attori dialogano, riflettono, collaborano nei loro
percorsi apprenditivi;
• da uno a molti a molti a molti.
approccio dialogico
• Esempi:
– ambienti di apprendimento con materiali e attività tipo
quelle dell’approccio unidirezionali, però in un tessuto
collaborativo e costruttivo realizzato attraverso tool per
la comunicazione e per la collaborazione:
• web forum, chat, blog, wiki, …
– applicazioni del web 2.0 che segnano un passaggio da
approcci centralizzati a quelli decentralizzati:
Applicazioni del Web 2.0
Le applicazioni del Web 2.0 sono generalmente
chiamate social software, ricordando con ciò le loro
specificità che sono quelle di permettere alle
persone di dialogare, collaborare, costruire in rete;
alcune fra queste:
– Blog
– Social network
– Wiki
– Social Bookmarking
Blog
• Attraverso un blog è possibile inserire propri interventi
(riflessioni, semplici considerazioni, pensieri, ..) e vederli
pubblicati secondo un ordine cronologico, con l’ultimo
intervento in testa. L’utente non deve avere competenze
informatiche né deve installare software sul proprio personal.
La sua struttura è assimilabile a quella di un diario personale,
sul quale possono scrivere il proprietario ma anche altri,
amici, colleghi o qualunque utente del web.
• Con un blog, una persona stabilisce la sua presenza nella rete
divenendo un nodo connesso ad altri nodi, che possono
essere altri blog. Un blog assume la sua caratteristica sociale
quando entra in una rete di collegamenti.
• Per creare un blog: blogger
Social network
• Nel web si sono diffuse delle applicazioni che permettono alle
persone di aggregarsi e formare delle comunità online intorno
a svariati interessi.
• Nascono nel 2003 con Friendster, Tribe.net, LinkedIn. In
seguito il motore di ricerca Google ha lanciato Orkut. In Italia il
primo social network è stato superEva. Il social network,
attualmente più diffuso, è Facebook.
• Un utente, accedendo al portale che gestisce una di queste
applicazioni, può iscriversi ed inserire poi opportune
informazioni per presentarsi e delineare il proprio profilo. In
seguito colleghi ed amici possono iscriversi. Il portale diventa
luogo di contatto fra le persone iscritte.
Social networking
• Il social networking permette e facilita la possibilità di mettere
in contatto le persone nella rete; Fini afferma che “il web,
nato per realizzare una connessione ipertestuale di
documenti, ha finito oggi per collegare direttamente le
persone. […] far parte di un determinato network, avere la
possibilità di essere presentati ad altre persone tramite i
propri contatti, sono tutte attività di notevole valore,
realizzate grazie ai servizi di social networking.” (Fini A., p.
186, in Bonaiuti A., 2006). Il senso complessivo del social
networking risiede nella creazione di una rete di contatti che
possa rappresentare uno spazio di confronto, di sostegno, di
aiuto, di consultazione per problemi nel campo personale e
pubblico (lavoro, vita sociale), ………
Wiki
• Gli utenti, in un wiki, possono scrivere in modo
collaborativo un testo. È possibile intervenire su un
testo già scritto e modificarlo; tutte le versioni
precedenti vengono conservate e, in caso di necessità,
possono essere ripristinate. Nel testo è possibile
creare dei collegamenti a nuove pagine che vengono
generate all’istante e, ciascuna di queste, assume
come nome la parola scelta come collegamento.
• I wiki sono strumenti ideali quando si ha la necessità di
costruire collaborativamente un testo, dando la
possibilità a utenti remoti di poter intervenire nella
sua realizzazione. Anche in presenza rappresenta uno
strumento ideale per la costruzione collaborativa di
documenti.
• Per creare un wiki: sito 1, sito 2
Social bookmarking
• Il social bookmarking permette di classificare risorse di
Internet in base a reti di segnalibri che l’utente può
liberamente scegliere e condividere.
• Tradizionalmente: operazioni di bookmarking sul proprio
browser.
• Social bookmarking: bookmarking condiviso in rete;
• Navigando è possibile catalogare risorse o attraverso
descrittori già creati oppure attraverso dei nuovi creati al
momento.
• Nel proprio social bookmark l’utente può:
– visualizzare l’elenco dei preferiti raggruppati in base ai
descrittori,
– può creare raggruppamenti di descrittori, come ad
esempio avviene nei bookmark tradizionali,
Social bookmarking
• Il procedimento di classificazione, chiamato
folksonomia, e di costruzione di reti di social
bookmarking parte dal basso; non esiste un centro
regolatore, ciascun utente crea il proprio set di
descrittori, attraverso questi crea il proprio
bookmark che poi aggrega a quello degli altri;
• il termine inglese folksonomy deriva da folk (gente,
popolo) e tassonomy (tassonomia, classificazione) e
sta ad indicare il fatto che la classificazione è creata
dal popolo degli utilizzatori. Secondo questa
accezione non esistono gli esperti che preparano
elenchi di descrittori in base ai quali poi altri
classificano oggetti, ma gli “attori di questa
organizzazione dell’informazione sono gli utenti, i
cittadini della Rete […].” (Infante C., 2006, p. 150).
• Un esempio: delicious
E-learning 2.0; si afferma:
• quando la formazione online avviene in ambienti chiusi
dove vengono proposte delle attività collegate a forme
di studio di materiali, il ciclo consiste in apertura,
sviluppo, chiusura. Questo percorso riproduce quelle
situazioni in presenza che vedono una netta separazione
fra vita scolastica e vita quotidiana, e nelle quali occorre
ricreare un contesto artificiale dentro il quale sviluppare
il processo apprenditivo.
E-learning 2.0; si afferma:
• “L’approccio tradizionale all’e-learning tende ad essere
strutturato in corsi, orari e test. Questo è un approccio
che è stato imposto in modo da soddisfare i bisogni
delle istituzioni piuttosto che quelli di coloro che
dovrebbero apprendere.” (O’Hear S., 2006).
• negli ambienti di apprendimento online si trascurano le
forme di apprendimento spontaneo che avvengono in
situazioni meno formali; la formazione parte da
contenuti scientifici e disciplinari da proporre, non da
esigenze sentite o che provengono da situazioni
informali.
E-learning 2.0; si afferma:
attraverso l’e-learning 2.0 si possono aprire gli ambienti
di apprendimento agli strumenti tipici e comunemente
utilizzati del Web 2.0 e provare a collocare la
formazione in situazioni meno artificiali ma che si
avvicinino maggiormente a quelle di apprendimento
spontaneo
l’e-learning 2.0 può rappresentare l’occasione per ripensare
(!!) sia la formazione nei sistemi educativi scolastici
attraverso l’uso delle tecnologie che il Web 2.0 mette a
disposizione, sia la formazione online, facendola uscire
dagli ambienti di apprendimento per farla tornare nella
libera rete
E-learning 2.0; si afferma:
con l’e-learning 2.0, attraverso le applicazioni
del Web 2.0, la formazione può
riappropriarsi del web come spazio per un
apprendimento spontaneo ed informale.
Una sintesi
• approccio unidirezionale: didattica A, situazioni
didattiche; anche didattica B, situazioni a-didattiche
quando, cioè, non si ‘fa lezione’, ma gli allievi
‘stanno lavorando’ su problemi e/o su progetti ed
hanno bisogno, ad esempio, di video; anche
situazioni non-didattiche durante le quali, in modo
informale, l’allievo lavora intorno a suoi interessi;
• approccio dialogico: didattica B, situazioni a-didattiche,
situazioni non-didattiche
esiste il Web 2.0?
• la sua collocazione non è sempre
individuabile: vive internamente al Web e si
distingue per qualche accentuazione
sull’aspetto sociale e collaborativo, oppure
rappresenta una netta e distinta evoluzione
del web tale da poter essere identificato
attraverso una propria denominazione, ovvero
Web 2.0?
• non è universalmente accettata una suddivisione del web che
identifica il 2.0 in base a specifiche caratteristiche che dovrebbe
avere;
• in una intervista del 2006, Tim Berners Lee si allontana da un
riconoscimento del web 2.0:
– l’espressione Web 2.0 può definirsi gergale e non riferibile ad
un preciso significato;
– web 1.0: spazio interattivo, o comunque quello che il web
avrebbe dovuto essere fin dalle sue origini, ovvero uno spazio
collaborativo aperto all’interazione degli utenti;
– le applicazioni del web 2.0 (siano esse wiki o blog), per
quanto divertenti e popolari non sono altro che applicazioni
create con standard creati per il Web 1.0;
• i blog già esistevano internamente alle piattaforme tipiche
degli ambienti di apprendimento online (che,
erroneamente, si tende a ‘confinare’ nella preistoria);
• esperienze di scrittura collaborativa (il futuro wiki) erano
sviluppate all’interno degli stessi ambienti;
• inoltre venivano sperimentati e realizzati variegati
strumenti per la creazione collaborativa di segmenti di
percorso e di contenuti;
• in definitiva quello che è un profilo caratteristico del Web
2.0, cioè l’esigenza della socialità nell’azione, nasce e si
sviluppa in epoca precedente;
• in definitiva, sono stati implementati alcuni di questi
standard per migliorare l’interazione fra client e server;
• basta tutto ciò per chiamare questo come web 2.0?
• tutto è web; internamente ad esso abbiamo degli
strumenti (applicazioni) di vario tipo; alcuni
maggiormente orientati alla produzione di
contenuti, altri alla comunicazione, altri alla
trasmissione e così via; ciascuno può aver avuto
una propria evoluzione nel tempo;
???????????
• Pollock J.T (2009) afferma che il motore della
crescita del Web 2.0 sono gli utenti che, a
differenza di quelli sconnessi e dediti a leggere
pagine statiche del Web 1.0, sono
intensamente connessi mentre interagiscono
e costruiscono comunità sul web; afferma
inoltre che il fenomeno del Web 2.0 è
chiaramente sociale e non di natura tecnica.
• Una voce fuori dal coro degli entusiasti del cosiddetto
Web 2.0 è quella di Metitieri (2008, pag. 48);
• analisi sul Web 2.0 e in particolare sul blog, accusando
una categoria di blogger di manipolare la plausibilità
delle preferenze assegnate dai lettori ai blog;
• i navigatori si orientano verso i post che emergono
come maggiormente scelti supponendo che ciò sia
dovuto alla loro significatività;
• alcuni studi ed esperimenti hanno, invece, dimostrato
la fallacità degli attuali sistemi di rancking nel web.
Nuove tecnologie?
AR
• Nuove tecnologie?
• Le tecnologie nascono così per
caso, oppure esiste una coerenza?
• Brian Arthur e Kevin Kelly
affermano qualcosa in merito
Brian Arthur
• Arthur (2011, pag. 16) afferma che le
tecnologie sono combinazioni di altre
già disponibili; ogni componente di
una data tecnologia è in sé una
tecnologia[…];
Kevin Kelly
• la tecnologia evolve nel tempo in modo
autonomo;
• termine technium per indicare un sistema
di creazioni che si auto rafforza
• parla di convergenza delle tecnologie
technium
• lo studioso conia il termine technium per
indicare un sistema di creazioni che si auto
rafforza. A un certo punto della sua
evoluzione, il nostro sistema di strumenti,
macchine e idee è diventato così denso,
quanto a rimandi circolari e interazioni
complesse, da raggiungere una sorta di
indipendenza, iniziando dunque a esercitare
una certa autonomia
convergenza[1]
• Fino ai nostri giorni, l’evidenza storica dice
che molte invenzioni sono nate negli stessi
tempi, ma in aree geografiche diverse; ad
esempio l’agricoltura, è dimostrato, che è
stata inventata, reinventata, coinventata,
diverse volte.
convergenza[2]
• Kelly sostiene che è dimostrato come
diverse invenzioni vengano alla luce perché
si arriva ad un punto nel quale il technium
può partorire la loro nascita e, in luoghi
diversi, diversi ricercatori sembrano
gareggiare per essere i primi a raggiungerle
convergenza[]
• l’autore afferma che esiste una convergenza
storica che porta alla nascita delle nuove
invenzioni. Se diversi ricercatori arrivano a
conclusioni che, seppur non identiche nella loro
realizzazione, sfruttano gli stessi principi, ciò
significa che il technium segue il suo sviluppo e
gli scienziati non fanno altro che svelarlo nelle
loro invenzioni. Non può essere altrimenti: non
si spiega perché diversi ricercatori arrivino alle
stesse conclusioni negli stessi tempi
technium&combinazione
• quindi convergenza, da un lato (Kelly), e
processo di combinazione di precedenti
tecnologie in nuove (Arthur)
• la nascita di una tecnologia avviene
perché il technium lo permette e lo
invoca e ciò si realizza attraverso una
combinazione di tecnologie esistenti
Due esempi
• Realtà aumentata
• MOOC (Massive Open Online Course)
Realtà aumentata
• sovrapposizione di due livelli di presentazione: a un
primo, viene sovrapposto un secondo che fornisce
informazioni aggiuntive;
• nasce nei laboratori della Boeing, nel 1990 quando per il
montaggio dei cinque milioni circa di pezzi del Boeing
747 si capì ………...
• prevedere una sovrapposizione che, al di sopra della
parte fisica reale, aggiungesse qualcosa di virtuale che
spiegasse come montare i diversi pezzi
• esempio: BMW http://www.futurix.it/2008/09/bmwe-la-realt-aumentata_14.html
realtà virtuale vs realtà aumentata
•
•
•
le esperienze di realtà virtuale si realizzavano facendo indossare agli esseri umani dei
dispositivi
il passo che portò alle prime realizzazioni di AR fu il rendere trasparente la visiera.
Meccanismo della AR:
– casco con telecamera
– telecamera riprende la realtà
– esiste una memoria di immagini di realtà con una serie di frame supplementari
esplicativi di quella realtà;
– quando la telecamera rileva un segmento di realtà che combacia con una immagine
memorizzata,
– viene proiettata sulla visiera la serie di immagini supplementari (o il video)
– viene generata una rappresentazione sovrapposta a quella reale
– quindi realtà aumentata: a quella sullo sfondo, quella vera, si aggiunge quella
ricostruita
– oggi il casco è generalmente rappresentato da occhiali
• con la AR abbiamo una inversione rispetto
alla realtà virtuale: con questa un essere
umano entra e vive nel virtuale
(eventualmente facendosi rappresentare da
un avatar), mentre nella realtà aumentata è
il virtuale che entra nel reale dell’uomo e ne
permette un accrescimento.
uso didattico
• l’uso didattico dell’AR sembra esaltare al
massimo l’approccio al miglioramento della
presentazione dell’informazione
• in situazioni di
– apprendimento simbolico sequenziale
ricostruttivo (aumento dell’informazione)
tipo percettivo motorio (apprendere
facendo)
una considerazione
• mediante la realtà aumentata si vive in quella reale,
tuttavia ciascuno può abitarla trasformandola a
piacimento. Si assiste ad una personalizzazione della
realtà, ognuno può aggiustarla a proprio piacimento
aggiungendovi un po’ di suo.
• “La conseguenza sociale di un uso massiccio di
Realtà Aumentata, soprattutto se sufficientemente
manipolabile, è l’apoteosi di una nuova prospettiva:
la realtà ‘super-soggettiva’, una realtà che è più
soggettiva di quanto non lo sia mai stata”
(Communication Strategies Lab, 2012, pag. 111)
• Un esempio:
– utilizzo di Layar
Nuove tecnologie (?)-MOOC
• MOOC (Massive Open Online Course)
MOOC (Massive Open Online Course)
• proposta di Ivan Illich
e confronto
• con proposte degli attuali sistemi di
formazione online, in particolare MOOC
Ivan Illich[1]
• Ivan Illich è stato uno scrittore, storico,
pedagogista e filosofo austriaco. Personaggio
di vasta cultura, viene citato spesso come
teologo, linguista, per la sua vasta conoscenza
di diversi idiomi, e storico. Wikipedia
• Data di nascita: 4 settembre 1926, Vienna
• Data di morte: 2 dicembre 2002, Brema
Ivan Illich[2]
Ivan Illich[3]
• In Descolarizzare la società (1971)
– analisi avversa alla scolarizzazione
istituzionale,
– ciascuno deve gestire autonomamente il
proprio percorso formativo
– la scuola non è un luogo generatore di
apprendimento,
– in essa s’istruisce, ma istruire non corrisponde
necessariamente ad apprendere.
Ivan Illich[4]
• no all’istruzione nella scuola, ma
– valorizzazione della vita quotidiana, dove si
apprende attraverso incidentalità, ma anche
partecipazione, interessamento
• fornire a tutti un’uguale possibilità d’istruzione è
lodevole ed anche possibile, però non è
raggiungibile attraverso una scolarizzazione
obbligatoria che garantisce solamente una
successione di diplomi
Ivan Illich[5]
• Illich: “intendo dimostrare che il contrario della
scuola è possibile; che possiamo affidarci a un
apprendimento autonomo invece di assumere
insegnanti che allettino o costringano lo
studente a trovare il tempo e la voglia
d'imparare; che possiamo fornire al discente
nuovi agganci con il mondo anziché continuare
a somministrare tutti i programmi didattici
attraverso l'imbuto dell'insegnante” [ivi, pag.
76].
Ivan Illich[6]
• restituire allo studente l’autonomia nella scelta
degli obiettivi personali di apprendimento e la
possibilità di soddisfarli attraverso l’accesso a
idonei servizi messi a disposizione della
comunità;
• propone un sistema che si articola in quattro
servizi per gestire la formazione: servizi per la
consultazione di oggetti didattici, centrali delle
capacità, assortimento degli eguali, servizi per la
consultazione di educatori
Ivan Illich[7]
servizi per la consultazione di oggetti didattici facilitino l'accesso alle cose o ai processi usati per
l’apprendimento formale. Tali risorse possono essere in
parte riservate a questo scopo e conservate in biblioteche,
agenzie di noleggio, laboratori e sale d'esposizione come i
musei e i teatri; oppure adoperate quotidianamente nelle
fabbriche, negli aeroporti o nelle fattorie, ma messe a
disposizione degli studenti, siano essi apprendisti o
frequentatori fuori orario
centrali delle capacità - permettano agli individui di
esporre le proprie capacità, le condizioni che pongono
per servire da modelli a chi vuole impararle, e gli indirizzi
ai quali sia possibile reperirli
Ivan Illich[8]
assortimento degli eguali - una rete di comunicazione che
permetta alle persone di descrivere il tipo di
apprendimento cui vogliono dedicarsi, nella speranza di
trovare un compagno di ricerca
servizi per la consultazione di educatori in genere professionisti, para-professionisti e liberi operatori, che
potrebbero essere elencati in una guida con l'indirizzo,
una descrizione fatta dagli stessi interessati e le condizioni
per accedere ai loro servizi. Questi professionisti
potrebbero essere scelti mediante un voto o una
consultazione dei loro ex clienti.
Ivan Illich[9];
in definitiva, occorrerebbe rivoluzionare l’istruzione sulla base dei seguenti
principi
• “Liberare l'accesso alle cose, sopprimendo il controllo che oggi persone e
istituzioni esercitano sui loro valori didattici.” Servizi per la
consultazione di oggetti didattici
• “Liberare la trasmissione delle capacità, riconoscendo a chi ne faccia
richiesta la libertà di insegnarle o esercitarle.” Centrali delle capacità
• “Liberare le risorse critiche e creative della gente, restituendo ai singoli la
possibilità di indire e tenere riunioni, possibilità che oggi è sempre più
monopolizzata da istituzioni che pretendono di parlare in nome di tutti.”
Assortimento degli eguali
• “Liberare l'individuo dall'obbligo di adattare le proprie aspettative ai
servizi offerti da una professione costituita, fornendogli la possibilità di
attingere dall'esperienza dei suoi eguali e di affidarsi all'insegnante, alla
guida, al consulente o al guaritore da lui stesso scelto” [ivi, pag. 103]
Servizi per la consultazione di educatori in genere
MOOC[1]
Massive Open Online Course
• un corso MOOC è un corso con molti
partecipanti, distribuiti in tutto il mondo e con
accesso modulato secondo tempi e ritmi
personali;
• l’aggettivo “molti” riferito agli studenti è da
intendersi in senso indefinito, dovuto al fatto
che, essendo il corso aperto a tutti, si prevede e
spesso accade che i frequentanti siano presenti
in numeri anche molto significativi
MOOC[2]
Massive Open Online Course
• un MOOC (Massive Open Online Course) è
tipologia di percorso che offre qualcosa di
simile a servizi per la consultazione di oggetti
didattici, centrali delle capacità, assortimento degli
eguali, servizi per la consultazione di educatori, di
illichiana memoria
• esempio: http://change.mooc.ca/index.html
MOOC[3]
Massive Open Online Course
• i corsi sono predisposti da esperti, e riguardano
diversi campi disciplinari; viene creata una struttura
fondamentale flessibile, che orienta la
partecipazione alle attività del corso; vengono
messe a disposizione delle risorse (consultazione di
oggetti didattici), altri docenti o esperti operano come
tutor (servizi per la consultazione di educatori),
privilegiando i profili di facilitatori e moderatori, i
partecipanti possono mettere a disposizione le
proprie risorse e competenze (centrali delle capacità) e
si impegnano in attività collaborative (assortimento
degli eguali) su questioni significative del corso
MOOC[4]
Massive Open Online Course
• riportiamo una frase di Downes tratta dalla presentazione delle
modalità di lavoro in un corso (http://change.mooc.ca/how.htm):
– “This is an unusual course. It does not consist of a body of
content you are supposed to remember. Rather, the learning
in the course results from the activities you undertake, and
will be different for each person. In addition, this course is
not conducted in a single place or environment. It is
distributed across the web. We will provide some facilities.
But we expect your activities to take place all over the
internet. We will ask you to visit other people's web pages,
and even to create some of your own.”
MOOC[4]
Massive Open Online Course
• “Questo è un corso insolito. Non si tratta di un corpo di
contenuti che si suppone di ricordare. Piuttosto,
l'apprendimento nel corso di risulta dalle attività che si
intraprendono, e sarà diverso per ogni persona. Inoltre,
questo corso non si svolge in un unico luogo o
ambiente. E 'distribuito in tutto il web. Vi forniremo
alcune strutture. Ma ci aspettiamo che le vostre attività
si svolgono in tutto il Internet. Vi chiediamo di visitare
le pagine web di altre persone, e anche di crearne di
vostre.”
MOOC[5]
Massive Open Online Course
• In definitiva internamente a un
MOOC che ha un itinerario
macro/una proposta macro, l’utente
può sviluppare le proprie azioni
aggregando applicazioni, sviluppando
itinerari personali, creando propri
contenuti
MOOC[6]
Massive Open Online Course
• In About This Course del precedente esempio
si dice “This course will introduce participants
to the major contributions being made to the
field of instructional technology by
researchers today. Each week, a new professor
or researcher will introduce his or her central
contribution to the field.”
MOOC[7]
Una sintesi
• i MOOC sono in alternativa alla formazione/istruzione
istituzionale rifiutata da Illich:
– nei MOOC si enfatizzano i concetti di gratuità, di
assenza di percorsi standard canalizzati, quindi di
assoluta libertà di composizione del proprio profilo
professionale, senza dover seguire percorsi che si
compongono in base all’obbligatorietà di segmenti
formativi precedenti; in definitiva attuano un
superamento della formazione erogata in modo
istituzionale.
problemi
• Certificazione del percorso:
1. approccio maggiormente formale (sembra che i
MOOC si stiano orientando verso questo
obiettivo)
– MOOC+portfolio personale delle competenze
Tecnologie per facilitare
• tecnologie che si pongono fra lo studente che apprende e
l’oggetto dell’apprendimento;
• facilitare il processo di apprendimento introducendo delle
rappresentazioni che possano aiutare nella comprensione. Non
ridurre la complessità, bensì di farla comprendere;
• un esempio di tecnologia come mediatore è la simulazione: “una
riproduzione, nella forma o nel contenuto, di un qualche aspetto
della realtà” (Landriscina F., 2009);
• far conoscere la realtà non utilizzando i metodi tradizionali, ma
ricreandola utilizzando opportuni strumenti;
simulazioni
• una simulazione dà all’utilizzatore la possibilità di
interagire con gli aspetti della realtà che sono
riprodotti;
• è possibile “prendere delle decisioni e osservare le
conseguenze delle proprie azioni nell’ambiente
simulato” (ibidem);
• la simulazione come ricreazione di segmenti di
realtà per capire i meccanismi e i processi che fanno
vivere i fenomeni simulati (Parisi D., 2001);
simulazioni
per Parisi (ibidem) le simulazioni sono:
• un nuovo modo di esprimere le teorie
scientifiche;
• laboratori sperimentali virtuali;
• macchine per derivare predizioni empiriche
dalle teorie;
simulazioni
in ambito didattico:
• simulazioni già realizzate: valenza nella gestione dei parametri dei
programmi che le realizzano, permettendo di studiare i sistemi
simulati in variegate situazioni;
• progettare e costruire proprie simulazioni; ciclo continuo fra le
seguenti fasi: ricerca → progettazione → realizzazione algoritmo →
prove; continuo passaggio dal reale alla formalizzazione e da questa
nuovamente al reale (Alessandri G. Paciaroni M., 2011);
• la simulazione si pone come mediatore fra chi apprende e la realtà e
permette di sviluppare forme di apprendimento basate sull’azione
anche quando non sarebbe possibile compiere esperienze dirette
con la realtà;
• in questo contesto (tecnologie per facilitare) si fa riferimento a
simulazioni già realizzate
simulazioni
esempi:
• https://phet.colorado.edu/it/about
– esempio:https://phet.colorado.edu/it/simulation/si
gnal-circuit
• Yenka
• Scrath (vedere gli esempi in Scratch, in
particolare le simulazioni)
Computer Algebra System (CAS)
• I CAS (sistemi di calcolo algebrico) sono degli ambienti di
calcolo in grado di eseguire calcoli algebrici, analitici,
trigonometrici, numerici, tracciare grafici.
• Hanno avuto un grande successo, però i docenti, via via,
si resero conto che l’uso di CAS non era sempre possibile
nella pratica quotidiana per diverse ragioni, fra le quali
perdita di abilità di calcolo algebrico, di trovare soluzioni
ragionate ed efficienti. Un CAS non mostra (sempre)
quello che fa e perché lo fa. Può essere utilizzato quando
si ha bisogno di un risultato, non quando si vuole
impostare un procedimento (ad esempio lo studio di una
funzione).
Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma
Computer Algebra System (CAS)
• Tuttavia, può essere utilizzato quando gli elementi
che costituiscono il processo sono conosciuti
dall’allievo. Ad esempio se l’allievo sa costruire il
grafico di una funzione e sta studiando un
fenomeno che ha fra i suoi elementi l’andamento di
una funzione, può utilizzare un CAS che restituisca
quell’andamento. Allo stesso modo se sa calcolare le
derivate prime, può farle calcolare ad un CAS
quando sta studiando una funzione, oppure se
vuole verificare che un ‘proprio’ limite sia corretto,
può verificarlo facendolo calcolare ad un CAS.
Computer Algebra System (CAS)
• Un CAS famoso è Derive, ora sostituito da TINSPIRETM
• CAS free:
– Mathematics
– Maxima (presentazione)
Dynamic Geometry Software (DGS)
• Programmi informatici che permettono di creare
e manipolare figure geometriche. Traslazione in
forma informatica delle tradizionali costruzioni
su carta con matita, riga e compasso; le figure
geometriche realizzate possono essere
manipolate e in questo modo qualsiasi
cambiamento nella costruzione è visibile in
tempo reale. Sono ambienti nei quali si
materializzano gli enti astratti della geometria.
Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma
Dynamic Geometry Software (DGS)
• “La caratteristica precipua di questi software è la possibilità
di costruire figure geometriche che non sono statiche, bensì
possono essere manipolate dinamicamente trascinando
vertici, ruotando lati, modificando angoli.
• Attraverso il dragging [gli allievi] possono verificare i vincoli
e le relazioni che limitano il movimento dei punti e delle
figure in genere; in tal modo oltre a risolvere un compito
riescono ad assumere i significati di concetti matematici.”
• Lo strumento da un lato permette lo sviluppo del compito e
quindi la produzione di segni/significati (le soluzioni) ma,
dall’altro, queste, attraverso i vincoli imposti dallo
strumento, sono figlie di processi matematici possibili.
Costabile F. A., Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013, Roma
Dynamic Geometry Software (DGS)
• Da un lato i significati personali sono legati all’uso
di tecnologie, in particolare allo scopo di svolgere
un compito; dall’altro i significati matematici
possono essere legati al software e al suo uso.
• La tecnologia è utilizzata (su proposta e ‘controllo’
del docente) per mediare contenuti matematici agli
studenti. In altre parole:
– l’insegnante utilizza la tecnologia come strumento
di mediazione semiotica
Maria G. Bartolini Bussi & Maria A. Mariotti, Mediazione semiotica nella didattica della matematica: artefatti e segni nella tradizione di Vygotskij
Dynamic Geometry Software (DGS)
• Un DGS è Cabrì Geometre
• DGS free: GeoGebra
• MatCos: software sviluppato dal CIRD (Centro
Interdipartimentale di Ricerca e Didattica)
dell'Università degli Studi della Calabria.
IL programma è disponible nel CD del testo
Costabile Francesco, Aspetti pedagogici e cognitivi dell’apprendimento
della matematica con le tecnologie, Carocci, 2013
• qui altri software per la matematica
Apprendimento
Simbolico-ricostruttivopercettivo-motorio
• L’utilizzo delle tecnologie per facilitare può
rappresentare un tentativo di passare da un
apprendimento simbolico-ricostruttivo ad uno
percettivo-motorio. (Francesco Antinucci, La scuola si è rotta, Laterza, 2001)
• Due sono i modelli di apprendimento ricordati da
Antinucci: quello percettivo-motorio e quello
simbolico-ricostruttivo.
• La modalità percettivo-motoria fa leva sui cinque sensi,
i più importanti dei quali sono la vista, l’udito e il tatto.
L’individuo percepisce ‘esperienzalmente’ la realtà, che
ha così la possibilità di modificare e di far propria.
•
Percezione (TRECCANI): L’atto del percepire, cioè del prendere coscienza di una realtà che si considera
esterna, attraverso stimoli sensoriali, analizzati e interpretati mediante processi intuitivi, psichici, intellettivi
http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf
• Tale modalità si è sviluppata attraverso decine di milioni
di anni di evoluzione della specie umana e risulta perciò
del tutto naturale, spontanea, veloce, non-stancabile.
Per es., imparare a usare il computer con la pratica, per
tentativi ed errori, con l’ aiuto di qualcuno che ci indichi
come fare, significa apprendere attraverso una modalità
di tipo percettivo-motorio. Tutto ciò dà risultati stabili e
concreti in misura ben maggiore rispetto a quelli che
può dare un apprendimento attraverso la lettura di un
manuale.
http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf
• Modalità simbolico-ricostruttiva.
Un manuale di istruzioni, per quanto chiaro, propone
una via di accesso alla conoscenza attraverso le parole
(accesso simbolico), che devono essere perfettamente
capite per consentire una ricostruzione mentale
(ricostruttivo). Dapprima occorre leggere, quindi capire
e ricostruire.
http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf
• La figura (storica) del mastro (e della bottega) viene
contrapposta a quella dell’ insegnante della scuola
moderna. Il mastro competente trasmetteva il proprio
sapere a pochi allievi con modalità percettive-motorie,
attraverso cioè il saper fare, attraverso l’ esperienza
concreta. La classe con molti alunni può imparare
soprattutto attraverso il testo, che va decifrato in quanto
fatto di parole. La produzione di testi presenta il
vantaggio del loro costo assai basso, rispetto al mastro,
consentendo nel contempo la diffusione della cultura.
http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf
• In tal modo la modalità simbolico-ricostruttiva (costosa
in termini di apprendimento, ma realizzata attraverso i
testi riproducibili a basso costo) ha finito col dominare
gran parte della scuola nel mondo.
• Che fare?
Occorre reintrodurre la modalità percettiva-motoria
nell’ apprendimento della scuola. Si può fare ciò con il
computer, che consente di simulare la realtà e
ricostruire segmenti di discipline, di usare software per
costruire/ricostruire la matematica, ….. E permette
anche di creare simulazioni ed applicazioni con che
rendano l’allievo autonomo nella costruzione della
propria conoscenza.
http://access.unict.it/bollettino/2002%2F1-2_2002%2F76-77.pdf
Una sintesi
• Didattica Aapprendimento simbolicoricostruttivo  situazioni didattiche
tecnologie per presentare (approccio
unidirezionale)
• Didattica Bapprendimento percettivomotorio  situazioni a-didattiche
tecnologie per facilitare (simulazioni, DGS,
CAS, MatCos), tecnologie per presentare
(approccio dialogico)
Tecnologie autonome
• hanno un loro linguaggio, loro regole;
• permettono di sviluppare esperienze che
altrimenti non sarebbe possibile svolgere;
• il loro valore non sta nel presentare, nel miglior
modo possibile, la fruizione di mondi fittizi che
realizzino il reale attraverso il digitale, ma nel
costruire questi mondi.
Tecnologie autonome
• esistono pratiche didattiche che si possono
realizzare solo mediante tali tecnologie,
• esse disegnano percorsi di apprendimento
consapevole nei domini che sono loro tipici e
• propongono metodologie di lavoro attive e
autonome.
• in questo ambito, la realizzazione di prodotti
multimediali e ipertestuali è pratica diffusa nella didattica
e diversi aspetti ne validano l’uso:
– più codici per la costruzione del messaggio; alla
ricezione dimensione più completa perché ricostruito
attraverso i diversi canali mediali coinvolti che, in
maniera sinergica, ne danno una versione più naturale;
– la costruzione di prodotti;
– la reticolarità della struttura ipertestuale, assimilabile
alla struttura della conoscenza e al nostro modo di
accedere ad essa.
• rappresenta oggi il principale modello dell’impiego delle
tecnologie nella didattica; si caratterizza per:
– la realizzazione di artefatti fortemente indirizzati ad una
rappresentazione di conoscenza; un ipertesto è una
mappa della conoscenza su un determinato
argomento;
– l’uso di strumenti che ne facilitano la costruzione; ad
esempio, nella realizzazione di ipertesti, l’utente può
evitare di dover conoscere il linguaggio HTML;
• esperienze rilevanti: approccio per progetti, aspetto
sperimentale, modalità collaborativa attuabile nella
costruzione di prodotti;
Realizzazione ipertesti
• Qui un documento sugli ipertesti.
• Spesso (quasi sempre) gli ipertesti vengono
“messi” in rete e da qui vengono letti. Per
scrivere un ipertesto da inserire in rete ocorre
conoscere il linguaggio HTML (Hypertext
Markup Language);
• esistono dei programmi che facilitano la
creazione di un ipertesto, evitando di dover
conoscere il linguaggio html;
• uno di questi è NVU, scaricabile da qui
• tuttavia esistono altri significativi approcci
all’uso di tecnologie nella didattica; essi
delineano:
– gestione della conoscenza che si sviluppa anche con
approcci maggiormente procedurali ovvero orientati
alla soluzione di problemi,
– percorsi nella realizzazione di artefatti che facilitino
la creazione di metodologie di lavoro in grado di
migliorare la significatività del processo di
apprendimento;
• spesso nella scuola le tecnologie informatiche
sono un sostegno nei vari contesti disciplinari;
• occorre, invece, spingere l’allievo ad agire con le
tecnologie per sviluppare competenze nella
produzione mediante il loro uso;
• non è sufficiente adoperarle come delle scatole
nere che espongono esclusivamente le proprie
interfacce.
Costruire applicazioni e formazione
• inizialmente uso degli elaboratori per
programmazione da parte di esperti
• poi, successive generazioni di computer
e di nuovi utenti; verso nuovi campi di
interesse, spesso fortemente orientati a
realizzazioni grafiche e ad attività con
alto tasso di partecipazione e
interazione.
Costruire applicazioni e formazione
• spesso si afferma che i computer
siano utilizzati non solo per attività di
programmazione informatica, ma anche
per attività legate alla formazione, per il
gioco, per comunicare, per organizzare e
gestire informazione e/o conoscenza.
Però!!
Costruire applicazioni e formazione
• quando si afferma ciò si intende dire che le
attività di programmazione (informatica) non
siano formative ed anche che esistono da una
parte le attività formative e da un’altra il gioco, la
comunicazione, l’organizzazione e la gestione
dell’informazione e della conoscenza, quasi ad
affermare che queste attività o modalità non
abbiano un valore formativo oppure che la
formazione non possa avvenire attraverso esse.
Probabilmente occorrerebbe riformulare quella
affermazione nel seguente modo:
Costruire applicazioni e formazione
• … i computer siano utilizzati anche per
attività formative che investono i campi della
programmazione informatica, del gioco, della
comunicazione, della gestione
dell’informazione e della conoscenza.
Costruire applicazioni e formazione
• occorre ampliare l’orizzonte di utilizzo delle
tecnologie nei percorsi formativi;
• inoltre, dopo che per anni l’attenzione si è
concentrata principalmente su web, ipertestualità e
multimedialità, si potrebbero individuare altri settori
che offrono la possibilità di sviluppare efficaci
esperienze didattiche;
• più che individuare, occorre prendere atto che
esistono altri settori già ben delineati ed accettarli
nella didattica della propria proposta formativa;
Costruire applicazioni e formazione
• nel campo della costruzione di prodotti ipertestuali e
multimediali è possibile rilevare una esigenza che sembra
avvalorare la necessità di allargare il ventaglio di esperienze
nel campo tecnologico;
• nella realizzazione di ipertesti, infatti, si usano strumenti semplici
e di facile utilizzo,
• ma spesso nasce un problema quando si vogliono inserire effetti
particolari: lo strumento che si ha a disposizione non riesce a
soddisfare quelle esigenze;
• bisognerebbe intervenire con una prassi di programmazione,
solitamente presente e attivabile in questi strumenti, molte volte
anche in modo non complesso: occorrerebbe essere in grado di
programmare
Costruire applicazioni e formazione
• si assiste invece a ricerche forsennate di strumenti
per realizzare, in modo trasparente alla
programmazione, questi artefatti. Da una parte si
trascura o si nega la validità della
programmazione, dall’altra se ne sente la necessità
e si interroga il mondo della tecnologia affinché
provveda alla realizzazione di strumenti che
possano sostituirla, quando invece basterebbe una
competenza di base per poter superare in modo
anche formativo queste criticità.
Costruire applicazioni e formazione
• a tal proposito ricordiamo Friedrich Kittler (citato in
Manovich L., 2012, pag. 20), letterato e teorico dei media, il
quale afferma che oggi i ricercatori dovrebbero conoscere
almeno due linguaggi di programmazione; solo “allora saranno
in grado di dire qualcosa su ciò che la ‘cultura’ è in questo
momento”. In questa prospettiva è sicuramente importante
l’introduzione, a diversi livelli e nei diversi ordini di scuola e
con significati diversi, di attività di programmazione
• di certo, in questo contesto non si intende sostenere la
necessità di saper costruire programmi per superare le
difficoltà evidenziate, nonostante tale aspetto sia rilevante;
piuttosto, si vuole insistere sull’aspetto formativo della
costruzione di programmi.
Costruire applicazioni e formazione
• Gli approcci alla realizzazione attraverso la
programmazione possono essere diversi, ad
esempio costruzioni di micromondi, di storie, di
simulazioni, di esperienze con dispositivi robotici; in
particolare, con questi ultimi, è possibile
organizzare esperienze che incontrano momenti
legati a realizzazioni di micromondi e/o narrazioni
e/o simulazioni. Ciascuno di questi approcci ha
significati diversi, ma tutti uniscono ai tratti
formativi legati a proprie prospettive, quelli
derivanti dall’esperienza di realizzazione di artefatti
che coinvolgono attività di costruzione programmi.
Costruire applicazioni attraverso cosa?
• Sratch: esempio 1, esempio 2, esempio 3,
esempio 4
• appInventor, guida online, altra guida, per
iniziare
Conoscere la struttura delle tecnologie
• importanza della conoscenza della struttura delle
tecnologie
– alcuni autori hanno affrontato il tema; fra questi
Phlippe Meirieu (Meirieu P., Liesenborghs J., 2008,
pag. 71) parla di tre possibili campi della conoscenza
che gli studenti dovrebbero acquisire:
– delle conoscenze scientifiche e tecniche, delle conoscenze
patrimoniali, delle conoscenze riferibili alla salute,
all’ambiente e allo sviluppo durevole.
• Analizziamo le prime due 
• conoscenze scientifiche e tecniche: il loro sviluppo
non ha viaggiato con una conseguente crescita della loro
conoscenza, anzi per certi versi il divario è aumentato.
Oggi esiste un analfabetismo scientifico. “Ciò che avviene
in un interruttore, in un videogioco o in un televisore
deve essere capito per non avere un effetto alienante. Il
bambino deve avere ben presente che tutti gli oggetti
che lo circondano sono stati creati dagli uomini,
funzionano grazie a dei dispositivi concepiti dagli uomini
e non hanno niente di magico al loro interno. Nessuno
può essere privato del diritto di comprendere ciò che
gli uomini hanno creato” (ivi, pag. 70).
Phlippe Meirieu
conoscenze patrimoniali: importanza della dimensione storica delle conoscenze;
• importante capire perché quella determinata scoperta sia avvenuta
in un certo periodo, così come comprendere l’orizzonte di
conoscenza che caratterizzava la cultura del tempo (che ha
prodotto quella scoperta).
• “Trasmettiamo le conoscenze come se fossero delle essenze
eterne e immutabili, dimenticando che è stato necessario battersi
per imporle contro i pregiudizi! […] È fondamentale far capire
agli alunni che non insegniamo nozioni fuori dal tempo, ma
conoscenze sulle quali esseri in carne e ossa come loro si sono
mobilitati” (ibidem).
• l’avanzamento della conoscenza caratterizza lo sviluppo
della storia. Occorre, quindi, incardinare l’evoluzione negli
episodi significativi che l’hanno permessa; presentare i personaggi
con la loro quotidianità, i loro problemi, le loro manie e le loro
vicissitudini sociali; solo così si può dare un senso al determinarsi
della cultura e si potrà capire il significato vero della scoperta.
Un nuovo digital divide
• questa deriva, purtroppo, sta coinvolgendo
anche l’ambito scolastico: l’emergere di un
nuovo, più significativo e profondo digital
divide, si può far risalire, oggi, non tanto alle
diverse possibilità di accesso alle tecnologie
quanto, piuttosto, a diversi livelli di qualità
nell’utilizzo delle stesse, laddove, la scuola
dovrebbe essere il luogo in cui è possibile
raggiungere lo stesso spessore competenziale.
Un nuovo digital divide
• nella scuola superiore di secondo grado, alcuni istituti ad
indirizzo tecnico forniscono percorsi didattici finalizzati
all’acquisizione di competenze tecnologiche specifiche nel
settore informatico ed elettronico.
• sarebbe invece auspicabile che la scuola tutta, in ogni ordine e
grado e tenendo conto delle diverse proposte formative,
contribuisca a formare, negli studenti, un background culturale
che permetta loro di dialogare, in futuro, in modo consapevole
ed efficace con le tecnologie. Formare ad una consapevolezza
tecnologica significherebbe poter contare anche e soprattutto
sulla possibilità di incidere sulla diffusione dello sviluppo
tecnologico e del suo orientamento secondo una modalità
piuttosto che secondo un’altra.
• non si possono delegare queste decisioni solo agli esperti.
Esagerazione??!!!!
• oltre a ciò, la “scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i
giovani ne escano con personalità armoniose, non ridotti a
specialisti. Questo, secondo me, è vero in certa misura anche per
le scuole tecniche, i cui studenti si dedicheranno ad una ben
determinata professione. Lo sviluppo dell’abitudine generale a
pensare e giudicare indipendentemente, dovrebbe essere sempre
al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate.
Se una persona è padrona dei principi fondamentali del proprio
settore e ha imparato a pensare e a lavorare indipendentemente,
troverà sicuramente la propria strada e inoltre sarà in grado di
adattarsi al progresso e ai mutamenti più di una persona la cui
istruzione consiste principalmente nell’acquisizione di una
conoscenza particolareggiata” (Einstein A., 1966, citato in
Antiseri D, 2000, pag. 10).
Esagerazione??!!!!
• quanto affermato da Einstein ci spinge a
considerare dannosi i percorsi che forzano gli
studenti verso forti specializzazioni in quanto
rischiano di pregiudicare una crescita armoniosa.
Inoltre una competenza meno specialistica ma
maggiormente distribuita su diversi ambiti,
permetterebbe di maturare un atteggiamento più
propositivo nei confronti di se stessi: si può
scegliere con più libertà, evitando percorsi
canalizzati esclusivamente verso i settori
pesantemente praticati durante la formazione
scolastica.
Un nuovo digital divide
• si ribadisce che non si vuole proporre una
‘ingegnerizzazione informatica’ in modo
capillare, anche se con carichi diversi fra i
vari ordini di scuole, ma si auspica
unicamente un approccio alla costruzione
con le tecnologie, piuttosto che al semplice
uso.
Un nuovo digital divide
• L’orientamento verso una comprensione degli aspetti
formativi legati alle realizzazioni di applicazioni informatiche
non ha sempre incontrato dei sostenitori.
• Ad esempio, Jonassen (Jonassen D., 2000, pag. 8) si chiede
retoricamente: “Was it necessary to complete a course on
‘washing machine literacy’ in order to use the last new washing
machine that you encountered?”; probabilmente non serve
all’addetto all’uso della lavatrice seguire un corso di
alfabetizzazione sulla struttura e sul funzionamento di una
lavatrice, però se riformuliamo la domanda nel seguente modo
“Was it necessary to complete a course on ‘computer literacy’
in order to use the last new computer that you encountered?”,
la domanda perde il suo valore retorico e potrebbe valere la
pena di articolare una risposta.
Un nuovo digital divide
• Pierre Bourdieu in Les héritiers. Les étudiants et la culture (1964,
pagg. 103-109), scritto insieme a Jean-Claude Passeron,
conduce una significativa critica alla riproposizione della
disuguaglianza sociale da parte della scuola del suo tempo. Gli
autori spiegavano che i giovani delle classi popolari erano, non
solo, esclusi dagli studi superiori e universitari ma, fatto ancor
più grave, nel frequentare la scuola ritrovavano una
riproduzione della selezione che già pativano nella società. La
scuola avallava i dislivelli sociali riproponendoli in forme di
ineguaglianze scolastiche; così facendo ratificava e riproduceva
la suddivisione classista esistente nel tessuto sociale. In altre
parole la scuola, piuttosto che rappresentare strumento di
liberazione e quindi di emancipazione, diveniva custode della
conservazione della suddivisione della società in classi.
Un nuovo digital divide
• Prendendo ad esempio l’analisi di Bourdieu, applicandola
alla diffusione delle tecnologie, la scuola attualmente
mantiene e anzi perpetua la suddivisione in classi delle
competenze digitali. Invece di proporre un uso
significativo delle tecnologie, spesso si interroga ancora se
usarle oppure no e, comunque, troppo spesso nell’ottica
di strumenti facilitatori nei vari ambiti disciplinari.
• Nella sua analisi, Bourdieu propone un’azione bifronte: da
un lato una spinta riformatrice che proviene dal mondo
della scuola attraverso una didattica rinnovata e sotto
l’impulso dei docenti e, dall’altro, attraverso delle
illuminate prese di posizione della classe politica deputata
a percepire le esigenze emergenti dalla società.
Un nuovo digital divide
• Nell’orizzonte attuale, invece, così come nel mondo
della scuola e nei vertici politico-istituzionali,
allignano, prosperano e si diffondono iniziative
volte a prefigurare un uso massiccio delle cosiddette
‘nuove tecnologie’: lavagne interattive multimediali,
tablet, e-book, libri misti; nel complesso ci si
allontana sempre più da una pratica, se mai è
esistita, e si preferisce un semplice uso delle
tecnologie, assottigliandone costantemente il vero
significato; sempre più esse diventano piatte e
trasparenti e sempre più assume dimensioni
rilevanti il nuovo digital divide.
Realizzazioni informatiche nella pratica
didattica
• Ci stiamo riferendo alle tecnologie autonome: tecnologie che si
pongono non solo in una veste di aiuto ma, anche ed essenzialmente,
come strumenti che esistono come altro polo con “una propria
autonomia”, che espongono un insieme di regole e un proprio
linguaggio attraverso i quali è possibile progettare nuovi artefatti.
• tecnologie non solo per aiutare, per presentare: in questo caso il loro
valore aggiunto sarebbe tutto interno ad una buona progettazione
didattica rispetto ad un percorso che preveda il loro utilizzo. Non esiste
cioè, oltre a quella del percorso, una progettazione di itinerari che
consentano di ottenere artefatti da una opportuna gestione di regole e
del linguaggio delle stesse tecnologie.
• Parliamo ora di:
– narrazione, micromondi, simulazioni, attività laboratoriale
La narrazione
• Le storie (Smorti A., 2003) sono trame di
fatti ed eventi frutto dell’immaginazione,
o realmente accaduti, vissute dai
personaggi che, in un percorso con un
inizio, uno sviluppo e una fine, agiscono
secondo intenzioni, credenze e
sentimenti attraverso i quali vengono
caratterizzati dal narratore.
Una storia si sviluppa in un itinerario che prevede alcune fasi:
• una focalizzazione iniziale su un contesto nel quale si svilupperà la storia
(introduzione del contesto e dei personaggi);
• un problema che genera un turbamento della situazione iniziale e del suo
equilibrio; un evento altro rispetto alla ordinarietà della situazione iniziale
(un evento iniziale che spinge il protagonista o i protagonisti a prefiggersi il
raggiungimento di uno scopo);
• una trama di tentativi per ristabilire l’equilibrio attraverso una soluzione o
un fallimento del problema (i tentativi dei personaggi di raggiungere uno
scopo e gli impedimenti e/o gli aiuti esterni);
• il raggiungimento di un nuovo equilibrio che può consistere o in un nuovo
stato o nel ripristino di quello iniziale (il raggiungimento dello scopo);
• una conclusione della storia che restituisca un tessuto di sensazioni e
indicazioni estrapolate dalla trama narrativa per essere riproposte nella
vita reale.
Storie digitali; Jason Ohler
• Nel mondo digitale, una storia può essere realizzata
attraverso diverse modalità, dispositivi e procedure;
• per Jason Ohler (Ohler, 2007) si snoda attraverso
alcune fasi: la creazione - da parte dello studente - di
una mappa della storia; il feedback del gruppo, con
eventuale aggiunta di ulteriori elementi; la scrittura
vera e propria della storia; la registrazione; l'ascolto
con eventuale revisione. Se il prodotto non risulta
soddisfacente si interviene a modificare il processo di
realizzazione, altrimenti si passa a digitalizzare la
storia (computer-based narration).
Joe Lambert; le caratteristiche
Jason Ohler propone modalità di realizzazione di storie, altri si soffermano sulle
caratteristiche; per Joe Lambert (Bull G., Kajder S, 2004) esse:
• mettono in scena trame che espongono i punti di vista rispetto a fatti realmente
accaduti e riportati in forma di storia o a situazioni di fantasia però rese reali,
perché sapientemente intessute di vissuti personali di chi racconta;
• assumono una valenza pedagogica in quanto tendono ad esplicitare valori e
morali;
• emozionano perché hanno una trama significativa e sovrapponibile al vissuto
dell’ascoltatore;
• sono raccontate con una voce che esprime stati d’animo, sensazioni, gioia, dolore;
la voce diventa quasi una colonna sonora con il suo variare di timbri in base alle
situazioni che scorrono sulla scena della storia;
• sono una sapiente mistura di diversi ingredienti che interagiscono fra loro entro la
dimensione della storia stessa, dimensionandola secondo le esigenze: dilatando e
sintetizzando in modo opportuno le situazioni;
• sono espresse con il giusto ritmo; non annoiano mai; la stessa storia ha in tempi
diversi, ritmi diversi che coinvolgono sempre.
• Una narrazione può rappresentare il
tessuto che permette lo sviluppo di una
esperienza da realizzare attraverso
tecnologie digitali autonome. La trama
viene messa in scena con opportune
modalità o dentro il computer o nel
mondo reale attraverso, ad esempio, dei
robot.
micromondi
• attraverso la realizzazione di artefatti informatici, si
possono esplorare segmenti di mondo realizzandone
una versione personale, desunta da contatto e
confronto con la realtà (micromondi)
• un micromondo è una piccola versione di un qualche
dominio di interesse. L'obiettivo non è quello di
realizzare una rappresentazione accurata della realtà,
ma di fare qualcosa che permetta di mettere in atto e
di sviluppare la qualità dell'immaginazione del
realizzatore, spesso uno studente;
micromondi
• un micromondo può:
– fornire un esempio concreto di analisi di un determinato
ambiente;
– permettere di comprendere le variabili che sono presenti
nell’ambiente e le loro funzioni;
– fornire una conoscenza da più punti di vista del problema.
• permettendo di manipolare rappresentazioni di realtà
in modo artificiale, un micromondo rende gli studenti
autori di percorsi personali nei quali addestrare le
proprie idee; è un ambiente di apprendimento nel
quale è possibile imparare ad imparare, cioè creare
conoscenza, sperimentarla e ricrearne di nuova in un
continuo feed-back;
micromondi
• sicuramente un micromondo non ha valenza di
oggettività scientifica; è un primo approccio con il
dominio ed è una sua prima rappresentazione,
molto spostata sulla visione che il soggetto che lo
sta realizzando ha del dominio stesso
• può diventare un prodotto migliore attraverso
incrementi riferibili alla conoscenza del dominio e
alla competenza nell’uso di strumenti tecnologici
per realizzarlo e, soprattutto, alla volontà di
realizzare un dispositivo che divenga di uso
universale.
micromondi
• Il micromondo è comunque una visione
personale di quel dominio; anche se il
realizzatore ha idonei strumenti per realizzare
rappresentazioni di un certo livello, ciò che
realizza è comunque una sua visione
personale di quel mondo; un micromondo può
essere tale per un soggetto e non per un altro.
• non bisogna scambiare la sua realizzazione con
un compito da assegnare per verificare se uno
studente ha una rappresentazione corretta di
segmenti di realtà o se sa utilizzare con
competenza idonei strumenti;
• quello che interessa è dare la possibilità di
sperimentarsi nel processo attraverso il quale si
costruisce il micromondo; così facendo sono
indotte delle metodologie di lavoro che possono
educare a individuare personali e significativi
percorsi di apprendimento.
simulazioni
• “Una simulazione è una teoria dei meccanismi, dei processi e
dei fattori sottostanti a certi fenomeni, tradotta in un
programma per computer” (Parisi D., 2001, citato in Bertacchini P. e altri, 2006, pag. 68);
• in ambito didattico l’utilizzo di simulazioni già costruite
mostra indubbia valenza nella gestione dei parametri dei
programmi che le realizzano, permettendo di studiare i sistemi
simulati in svariate situazioni.
• È tuttavia possibile progettare e costruire proprie simulazioni
attraverso un ciclo continuo fra ricerca → progettazione →
realizzazione modello → realizzazione algoritmo → prove →
ricerca. In altri termini, si attua un continuo passaggio dal reale
alla formalizzazione e, da questa, nuovamente al reale.
simulazioni
• è evidente la differenza fra uso di simulazioni
già pronte e creazione di simulazioni ex novo:
nel primo caso si tratta di risolvere il problema
derivante dal contesto simulato mentre, nel
secondo caso, l’obiettivo è dato
dall’individuazione del modello astratto del
problema da affrontare e dei conseguenti
passi risolutivi.
simulazioni
• possono esistere simulazioni che riproducono mondi nel computer,
ma anche simulazioni nel mondo reale: è il caso delle simulazioni
robotiche, nelle quali il computer entra nel mondo. Nel primo caso
occorre istruire degli agenti a risolvere tali problemi muovendosi
nel mondo nel computer, nel secondo bisogna istruire il robot (i
robot) a risolvere tali problemi vivendo nel nostro mondo.
• realizzare artefatti informatici per costruire simulazioni, consente lo
sviluppo di attività sperimentali che spaziano dalla individuazione di
un ambiente nel quale progettare e realizzare gli attori (agenti)
dell’applicazione, fino alla progettazione di ‘comportamenti
autonomi’ che gli stessi attori possono assumere in base alle
situazioni che si presentano loro (cioè fino e farli “vivere” nel
mondo realizzato).
simulazioni
• attraverso la realizzazione di simulazioni, quindi, gli
studenti possano impegnarsi in atteggiamenti da
ricercatori che continuamente scoprono e verificano la
validità di personali intuizioni, secondo una coerenza
ricerca-sperimentazione.
• tuttavia nella scuola, spesso ci si limita a illustrare,
anche attraverso strumenti multimediali, gli
esperimenti standard riferiti alla disciplina d’interesse,
piuttosto che organizzare delle esperienze che possano
far capire il contesto e il processo che hanno permesso
questa o quella teorizzazione. Occorrerebbe, invece,
allestire modalità di lavoro e anche spazi all’interno dei
quali facilitare “l’invenzione”.
simulazioni
• Le indicazioni nazionali per il curricolo del 2007 e del
2012 interpretano questa esigenza ribadendo la
valenza didattica e formativa del laboratorio, inteso
“sia come luogo fisico (aula, o altro spazio
specificatamente attrezzato), sia come momento in cui
l’alunno è attivo, progetta e sperimenta, formulando le
proprie ipotesi e controllandone le conseguenze,
discute e argomenta le proprie scelte, impara a
raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi
formulate, negozia e costruisce significati
interindividuali, porta a conclusioni temporanee e a
nuove aperture la costruzione delle conoscenze
personali e collettive”.
Robotica Educativa
• Giuseppe Alessandri, Martina Paciaroni
• Facoltà di Scienze della Formazione
• Università degli Studi di Macerata
costruttivismo
tecnologie
costruzionismo
micromondi
robotica
‘cieca’1
nel virtuale
robotica
educativa
robotica
simulazioni
robotica
autonoma
nel reale
[1.D. Marocco, Intelligenza Artificiale, Bonanno, Roma, 2006]
dove:
come:
attività
laboratoriale
perché:
competenze
Costruttivismo
• le conoscenze non possono essere trasmesse o
convogliate già pronte ad un'altra persona,
ma si costruiscono come relazione tra un
soggetto e gli oggetti della sua esperienza;
Costruzionismo
• Papert arricchisce la prospettiva costruttivista:
costruzionismo. Papert sottolinea:
– il processo di costruzione di conoscenza
viene facilitato se affiancato dalla
realizzazione di artefatti,
– il sapere si acquisisce attraverso un
processo interattivo che si avvale della
pratica.
Costruzionismo
• in riferimento all’interazione con il computer la
realizzazione consiste nella produzione di artefatti
informatici;
• applicazioni software che permettono un uso attivo
della componente tecnologica;
• si tratta di creare, mediante essa, prodotti,
realizzabili solo attraverso l’uso dei linguaggi e delle
caratteristiche che la stessa tecnologia mette a
disposizione.
Micromondi
• attraverso la realizzazione di artefatti, si possono
esplorare segmenti di mondo realizzandone una
versione personale, desunta da contatto e confronto
con la realtà;
• costruendo artefatti informatici si possono ricreare
segmenti di mondo reale, chiamati micromondi.
Micromondi
• un micromondo, permettendo di manipolare
artificialmente rappresentazioni di realtà, rende gli
studenti autori di percorsi personali nei quali
addestrare le proprie idee;
• è un ambiente di apprendimento nel quale è
possibile imparare ad imparare, cioè creare
conoscenza , sperimentarla e ricrearne di nuova in un
continuo feed-back
Simulazioni
“Una simulazione è una teoria dei
meccanismi, dei processi e dei fattori
sottostanti a certi fenomeni, tradotta
in un programma per computer”
[Parisi, Simulazioni. La realtà rifatta al computer, Il Mulino, Bologna, 2001]
Simulazioni
• simulazione già realizzate;
• progettare e costruire simulazioni
– ricercaprogettazionerealizzazione
algoritmoprovericerca
– realeformalizzazionereale
Robotica
• Possono essere delle:
– simulazioni che vivono “nel computer” e che si
riferiscono ad una “realtà rifatta nel computer”,
– simulazioni che portano il computer nel mondo;
sono delle realizzazioni che vivono nel mondo e
sono “controllate” da un pgm
Robotica Educativa
L’ambito di indagine della Robotica Educativa si focalizza sulla
valenza formativa della messa a punto di dispositivi digitali
reali, inseriti all’interno di mondi nei quali essi possano
interagire fra loro e con il mondo stesso in modo autonomo.
“Questo settore di ricerca non ha l'obiettivo di emulare le
caratteristiche proprie dell'intelligenza umana, bensì
realizzare artefatti che introducono metodologie in grado di
migliorare le condizioni che facilitano il processo di
apprendimento“
[M.R. Strollo (a cura di), Scienze cognitive e aperture pedagogiche. Nuovi orizzonti nella formazione degli insegnanti, Franco Angeli]
Progettazione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
individuazione del dominio (mondo nel quale vive il robot),
individuazione delle modalità di interazione con il mondo
(scelta delle opportune interfacce - sensori),
individuazione del modello di robot e relativa costruzione
del robot,
individuazione delle azioni che il robot deve compiere,
realizzazione del programma che permette lo sviluppo di
queste azioni, assegnando comportamenti al robot,
trasferimento del programma al robot,
prove e correzioni,
condivisione e riflessione.
Progettazione
• Possiamo individuare due progettazioni, sequenziali fra loro ma che,
nondimeno, interagiscono influenzandosi a vicenda:
• la progettazione del dispositivo (fasi 1, 2, 3),
• la progettazione del programma che ‘dà vita’ al dispositivo (fasi 4, 5, 6).
Il punto 5 esprime il momento in cui le due progettazioni si fondono,
dando luogo al prodotto completo e sottoposto a sperimentazione. Nel
punto 7 le due progettazioni tornano a distinguersi, al fine di individuare
problemi e/o miglioramenti che possono derivare da una errata/parziale
realizzazione del dispositivo o dell’algoritmo, per poi fondersi
nuovamente.
attività laboratoriale
• tutte le discipline dell’area (matematico-scientifico-tecnologica) hanno
come elemento fondamentale il laboratorio, inteso
– sia come luogo fisico (aula, o altro spazio specificatamente attrezzato)
– sia come momento in cui l’alunno è attivo,
• progetta e sperimenta, formulando le proprie ipotesi e
controllandone le conseguenze,
• discute e argomenta le proprie scelte,
• impara a raccogliere dati e a confrontarli con le ipotesi formulate,
• negozia e costruisce significati interindividuali,
• porta a conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione
delle conoscenze personali e collettive.
attività laboratoriale
nella scuola con maggior frequenza, ed in generale nelle
strutture formative, spesso gli esperimenti standard riferiti
alla disciplina di interesse vengono solo descritti, raccontati.
Occorrerebbe, invece, trovare ed allestire spazi, intesi non
soltanto come luoghi fisici ma anche come occasioni di
attività laboratoriale, all’interno dei quali facilitare
‘l’invenzione’.
[R. Didoni, Il laboratorio di robotica, TD-Tecnologie Didattiche 27, numero 3, pp. 29-35,2002]
attività laboratoriale
l’uso di kit robotici consente lo sviluppo di attività
sperimentali che spaziano dalla individuazione di un
ambiente nel quale progettare e costruire un robot o
un insieme di robot, fino alla progettazione di
‘comportamenti autonomi’ che gli stessi robot
possono assumere in base alle situazioni che si
presentano loro.
[R. Didoni, Il laboratorio di robotica, TD-Tecnologie Didattiche 27, numero 3, pp. 29-35,2002]
competenze trasversali
Facendo riferimento alla competenze trasversali,
generalmente definite dalle tre macroaree del
Diagnosticare, del Relazionarsi, dell’Affrontare
[Pellerey], è possibile cogliere assonanze con il
processo a spirale di Resnick :
•il Diagnosticare è evidente nei momenti in cui lo
studente imagine, create, reflect;
•le caratteristiche del Relazionarsi si mostrano nella
fase della condivisione (share)
•ed infine quelle dell’Affrontare sono riscontrabili
nelle azioni imagine, create, experiment.
[M. Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio, Rizzoli, Milano, 2004 ]
[M. Resnick, All I Really Need to Know (About Creative Thinking) I Learned (By Studying How
Children Learn) in Kindergarten, Creativity & Cognition conference, June 2007]
Competenze e discipline
•
matematica, lavorando per problemi
[B. D’Amore, M.I. Fandiño Pinilla, I. Marazzani, “Esercizi anticipati” e “zona di sviluppo prossimale”]
•
lingua italiana lavorando sulle tipologie di testo:
• testo descrittivo: negli iniziali momenti di progettazione del robot, per descriverne forma e
funzioni;
• testo regolativo: per elencare i diversi passaggi attraverso cui si giunge alla costruzione
dell’artefatto. Si può proporre, ad esempio, ad un gruppo di studenti lo smontaggio di un
semplice meccanismo precedentemente assemblato dall’insegnante, per poi chiedere ad un
altro gruppo di compagni di scrivere le istruzioni per farlo ricostruire;
• testo informativo possono essere inoltre utilizzati per comunicare a compagni e docenti gli
sviluppi del lavoro all’interno del gruppo, redigendo un bollettino sull’andamento delle attività
e strategie messe in atto;
• testo narrativo: gli studenti possono annotare la loro esperienza in un diario di bordo,
personale o di gruppo, privato o da condividere, utilizzando la forma del testo narrativo;
• testo argomentativo: in una fase finale di confronto tra le soluzioni adottate dai diversi gruppi
di studenti, argomentandole in maniera valida.
NXT 2.0
NXT 2.0
WeDo
WeDo
WeDo
Robotica ludica
• «I giochi ci rendono felici perché sono un lavoro duro
che abbiamo scelto noi stessi, e a quanto pare non c’è
quasi nulla che ci renda più felici di un buon lavoro
duro» (McGonigal J., 2011, pag. 28).
• Siamo abituati a dire che il lavoro, o meglio, il nostro
lavoro è duro. Diciamo così probabilmente perché non
sentiamo nostre le motivazioni che ci costringono a
farlo: lo facciamo per poter vivere, non lo abbiamo
scelto e tutto ciò che facciamo pensiamo sia per gli
altri, per chi ci comanda di fare qualcosa. Lo mettiamo
in alternativa alla nostra vita privata, ci porta via del
tempo, non ci dà soddisfazione.
• Può anche darsi che il lavoro che facciamo ci annoi, non
ci impegni abbastanza. In definitiva non sopportiamo il
lavoro che facciamo.
• Tutto ciò noi lo definiamo lavoro duro, ma è tale solo
perché non lo abbiamo scelto noi, non lo abbiamo
preferito ad altri, non lo sentiamo nostro, non
cresciamo con esso.
• Saremmo felici se potessimo trovare un lavoro duro
che, però, ci piace: non sarebbe duro, forse fisicamente,
ma non psicologicamente
• «Ogni buona condizione di gioco è
un lavoro duro. È lavoro duro che ci
piace e che abbiamo scelto noi da
soli. E quando facciamo un lavoro
che ci sta a cuore, prepariamo la
nostra mente per la felicità» (ivi, pag.
29).
• è dimostrato che
– se ci impegniamo in attività rilassanti, leggere, che
crediamo divertenti, usciamo dall’esperienza
sentendoci peggio rispetto al nostro stato iniziale;
– se invece ci impegniamo in attività complesse, in
giochi che ci fanno lavorare in modo duro, usciamo
fortificati da queste esperienze.
• In definitiva «un buon gioco è un modo speciale
di strutturare l’esperienza e produrre emozioni
positive. È uno strumento estremamente potente
per ispirare partecipazione e motivare a un lavoro
duro […]».
• «Tutto il buono che viene dai giochi
(tutti i modi in cui i giochi possono
renderci più felici nella vita
quotidiana e possono aiutarci a
cambiare il mondo) deriva dalla loro
capacità di organizzarci per
affrontare un ostacolo scelto
volontariamente» (ivi, pagg.34-35).
• Per i più piccoli è difficile individuare esperienze
lavorative e separarle da quelle di gioco. Per essi il lavoro
è il gioco.
• È compito dell’adulto educatore impegnarli in un lavoro
duro che è rappresentato da un gioco significativo. Sullo
sfondo occorre individuare sempre un impegno che porti
oltre, che conduca a sfide che siano sempre un po’ più in
là.
• L’educatore deve riuscire a far incontrare il bambino con
attività di gioco che egli trovi stimolanti e interessanti,
che lo coinvolgano in una sfida e non solamente che lo
intrattengano per un periodo di tempo.
Gioco e robot
Si possono impostare diversi modelli di gioco che si reggono su
diverse polarità; ad esempio quella fra polo deliberativo e
polo reattivo, quella fra polo chiuso e polo aperto.
Il primo modello si esplica fra due estremi che riferiamo alle
modalità attraverso le quali i robot si muovono/agiscono
nell’ambiente:
– nel polo deliberativo l’utente guida il robot dall’esterno
(passo dopo passo) oppure lo dota di un programma che lo
conduce in modo imperativo, cioè senza farlo interagire
con l’ambiente;
– in quello reattivo il robot è dotato di applicazioni che lo
guidano dall’interno e sanno reagire alle sollecitazioni
dell’esterno;
il secondo modello ha agli estremi diverse tipologie
di robot che riferiamo a due modalità di
realizzazione di esperienze:
– nel primo si possono usare dispositivi robotici già
costruiti e non è possibile realizzarne di nuovi,
– a differenza di quanto accade nel secondo estremo.
• L’incrocio fra questi due modelli ne genera a sua
volta quattro che esplicitano altrettante modalità:
deliberativo-chiuso (quadrante b), deliberativoaperto (a), reattivo-chiuso (c), reattivo-aperto
(d)(Figura 1).
• nel quadrante b si utilizzano dispositivi già
costruiti;
• nel quadrante a è possibile costruire dei
dispositivi robotici che agiscono nell’ambiente
con le stesse modalità precedenti;
• nel quadrante c si usano robot già costruiti, però
dotati di sensori;
• nel quadrante d si ha il massimo della flessibilità e
della creatività: vanno progettati e i dispositivi
robotici e i programmi che debbono mettere in
grado il robot di interagire con l’ambiente
• Simone (2012, pagg. 62-65) afferma che i testi
sono delle rappresentazioni del mondo e, in
particolare, quelli narrativi esplicitano l’ordine
cronologico degli eventi che si verificano nello
stesso mondo. Esiste un ordine testuale e un
ordine reale; se questi coincidono si ha un ordine
naturale (gli eventi sono rappresentati così come
avvengono nel mondo reale) che viene realizzato
attraverso l’operatore E-DOPO (un evento, EDOPO un altro, E-DOPO un altro, …),
• se invece non coincidono si ha un ordine
artificiale
• si può avere un ordine inverso attraverso
l’operatore E-PRIMA
• oppure un ordine che esprime la
contemporaneità, attraverso l’operatore EINTANTO (un evento, E-INTANTO un altro, EDOPO un altro, E-INTANTO un altro, EINTANTO un altro, …).
• È importante ricordare che un bambino
prende coscienza di questi operatori in
successivi momenti diversi; nell’ordine: EDOPO, E-PRIMA e poi, infine, l’operatore EINTANTO.
• Tale sequenza è fondamentale per poter
sviluppare delle esperienze di robotica.
deliberativo-chiuso
• Il modello deliberativo-chiuso, applicabile per
bambini di quattro-cinque anni, prevede
l’utilizzo di robot, già costruiti, che possono
essere guidati dall’esterno e anche
‘programmati’. Un esempio è rappresentato
dai Bee-Bot della Lego
Deliberativo-aperto
• Deliberativo-aperto (stessa fascia di età). In
questo modello si possono sviluppare attività
che prevedono la costruzione di robot che
agiscono nell’ambiente secondo le modalità
già viste per il modello deliberativo-chiuso; un
esempio è il kit WeDo della Lego
reattivo-chiuso
• Per quanto concerne il modello reattivo-chiuso, il salto
in avanti è notevole. Siamo proiettati nella fase nella
quale il bambino riesce a cogliere le situazioni
contemporanee del tipo E-INTANTO. Impostare
esperienze in questo contesto comporta un
arricchimento dell’hardware del robot (in genere un
insieme di sensori) e, fatto ancor più significativo, una
evoluzione nella costruzione dell’applicazione che
guida il robot. Questa deve essere in grado di
raccogliere determinati segnali che provengono
dall’ambiente nel quale il robot è sistemato,
comprendendo anche la tastiera e altri dispositivi di
input del pc collegato al robot.
reattivo-aperto
• Il modello reattivo-aperto rappresenta
l’esposizione massima alle esperienze di robotica.
In questo si possono costruire dei robot che
sappiano reagire all’ambiente raccogliendo gli
eventi che si verificano in esso, quando cioè il
robot rileva una qualche variazione nell’ambiente
in cui agisce (può essere una variazione rilevata
con i sensori, oppure una azione dell’utente sul
pc collegato) ed in corrispondenza di questa si
attiva un procedimento nell’applicazione che lo
guida.
E-INTANTO
Un evento è caratterizzato da:
• un oggetto (hardware) capace di rilevare delle
variazioni (sensore, tastiera, joystick, mouse) e di
inviare opportune segnalazioni all’applicazione
(software);
• l’ascolto, nell’applicazione (software), delle
segnalazioni che arrivano;
• la procedura che deve essere conseguentemente
eseguita e che fa agire il robot.
La gestione e comprensione degli eventi è connessa alla
possibilità di concepire situazioni del tipo E-INTANTO.
E-INTANTO
• Nella figura è possibile intuire la contemporaneità di
azioni; in questo caso è generata da un evento: con
un click sulla freccia di avvio (triangolo verde) si avvia
una ripetizione infinita di un motivo musicale e,
quando si vuole, è possibile avviare l’auto con un
click sulla lettera A.
Dall’iconico al testuale
• Per molti anni le esperienze di costruzione di artefatti
ipertestuali sono state al centro dell’approccio alle
tecnologie, in particolare nelle scuole primarie. Queste
esperienze sono state e sono sicuramente significative
per diversi morivi, di certo noti, che non si intende qui
riproporre.
• Tuttavia l’aspetto procedurale-strategico al problemsolving ha sofferto di qualche latenza, sia perché non è
stato facile individuare risorse umane disponibili ma
anche tecnologiche proponibili che potessero
esplicitarlo, sia perché, a fronte di conoscenze
adeguate su questo versante, spesso si è ritenuto
opportuno non affrontare questi percorsi.
• Così pure è stato poco affrontato l’aspetto della
soluzione di problemi per via algoritmica.
L’algoritmo è stato spesso accostato a forme di
proceduralismo imperativo di tipo top-down,
prescrittivo, in definitiva quasi imprigionante la
creatività. Se è pur vero che l’esecuzione di un
algoritmo organizzato in forma deliberativa può
sembrare un processo rigido, tuttavia la sua
progettazione non è sicuramente un prodotto di
un approccio meccanico.
• Per sua stessa matrice la progettazione è il ponte fra
prescrizione e creatività: ad una ipotesi iniziale segue la sua
messa in opera attraverso verifiche che mettono in gioco la
flessibilità in un continuo ciclo prova-valutazione-sistemazionenuova prova.
• Assegnando il dovuto peso alla progettazione, ci sembra che
utilizzare strumenti software che permettano la realizzazione di
animazioni possa essere un utile esercizio, da un lato possibile
se si tiene conto della progressione dalla sequenzialità alla
contemporaneità, dall’altro utile perché la rinforza.
• Inoltre la costruzione di una applicazione non si esaurisce solo
in un approccio deliberativo ma investe anche modalità che
permettono la realizzazione di interazioni con l’ambiente.
• L’ipotesi che si intende qui sostenere procede all’inverso rispetto
alla tendenza che vede l’elaboratore sempre più orientato verso
applicazioni desktop fortemente iconiche, per suggerire un
itinerario che possa procedere dall’iconico al testuale.
• Ci si colloca sia nel campo delle tecnologie inclusive, che in quello
delle esclusive.
• Un possibile percorso può vederle in sequenza; si può iniziare dalle
tecnologie inclusive che realizzano esperienze dove l’hardware (il
dispositivo fisico) diventa parte fondamentale per procedere, poi,
verso un duplice binario: in una prima direzione si prosegue sulle
tecnologie di uso inclusivo potenziando sia l’aspetto hardware sia
quello software; in una seconda direzione, si incontrano le
tecnologie utilizzate in modo esclusivo, per le quali le esperienze
che si possono sviluppare prevedono l’uso del software che realizza
animazioni sul video in un ambito artificiale.
• In definitiva, si parte da esperienze di robotica
nelle quali il robot è guidato attraverso
software iconici, per procedere poi, da un lato,
allo sviluppo di esperienze di robotica sempre
più significative, dall’altro alla realizzazione di
animazioni con robot senza corpo che si
muovono sullo schermo attraverso software
basati su un approccio realizzativo testuale o
parzialmente testuale (ad esempio Scratch).
Un possibile itinerario
• dopo esperienze di robotica con approccio
deliberativo-chiuso, si passa a quelle di tipo
deliberativo-aperto; in questa fase si ha una
introduzione alla realizzazione di programmi nella
modalità iconica;
• nel frattempo il bambino inizia ad acquisire elementari
strumenti di lettura e da questo momento in poi è
possibile sviluppare esperienze su due versanti: da un
lato potenziare quelle sulla robotica, da un altro,
indirizzarsi verso ambientazioni completamente virtuali
(esiste, comunque, una terza via: quella di applicazioni
ibride che vivono in parte nel virtuale e in parte nel
mondo reale).
Un metodo
in Problemi, scopi e responsabilità della scienza (1996), Popper ci dice:
• “Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere
dicendo che esso consiste in questi tre passi:
– inciampiamo in qualche problema;
– tentiamo di risolverlo, ad esempio, proponendo qualche nuova
teoria;
– impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono
resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di
risoluzione.
• O, per dirla in tre parole: problemi-teorie-critiche. Credo che in
queste tre parole, problemi-teorie-critiche, si possa riassumere tutto
quanto il modo di procedere della scienza razionale” (Popper K.R,
1969, pag. 146, citato in Antiseri D., 2000, pag. 13).
per Popper, dunque, quando
• si incontra un problema,
• si escogita un’ipotesi risolutiva, una congettura e la si
sperimenta,
• si attendono delle confutazioni o si partoriscono proprie
confutazioni che possano smentire quella congettura;
• la confutazione può partorire una congettura, quindi
• ipotesi
• nuova confutazione,…..
quindi:
di un’ipotesi non si potrà mai dire che è vera in assoluto,
per sempre, perché non possiamo sapere se poi
interverranno delle confutazioni a falsificarla;
la via seguita è opposta a quella dell’induzione. Il metodo
induttivo si basa sul procedimento di raccolta di grande
quantità di accurate osservazioni, dalle quali il
ricercatore trarrà delle leggi;
in sostanza si passa da molteplici casi singolari a una legge
generale.
• Popper nega con forza che possa
esistere un metodo induttivo. Scardina
fin dalle basi il processo d’induzione:
eccepisce che una legge possa essere
inferita da una quantità di osservazioni.
In pratica, non accetta che l’esperienza
(l’osservazione) venga prima della
teoria.
• il metodo della scienza di Popper
utilizzabile per lo sviluppo di
esperienze didattiche (in special
modo orientate all’uso di
tecnologie autonome)
Storiografia della scienza
• la ricerca scientifica muove i suoi passi
su controversie, su confutazioni per
produrre nuove teorie;
• la storiografia deve indagare e
immedesimarsi in quei ‘fatti
controversi’ e reinventare i problemi
che rappresentano il punto di partenza
di nuovi percorsi.
• uno storiografo della scienza, nel ricostruirne
il cammino, indaga sempre le cause che
hanno generato lo sviluppo delle varie teorie.
• un docente dovrebbe assumere questo
approccio da storiografo della scienza per
evitare di presentare le teorie come oggetti
astorici, che non hanno una genesi e uno
sviluppo legato al prima e al durante della
loro evoluzione.
• se assumiamo che la storia della scienza sia la storia
dei problemi della scienza e, come docenti,
decidiamo di assumere l’atteggiamento dello
storiografo, allora dobbiamo conoscere quei
problemi ed essere in grado di ricrearli
• come fare?
• è necessario partire dai problemi dei nostri allievi e
se questi non ci conducono a quelli profondi legati
alla disciplina, occorre saper creare delle situazioni
che possano farli, via via, emergere
• la metodologia proposta da Popper per la ricerca
scientifica, può essere presa a modello per
realizzare percorsi formativi basati sulla
soluzione di problemi e, in particolare, quei
processi attivabili attraverso la realizzazione di
applicazioni con tecnologie autonome come il
computer e il relativo software. In sostanza, si ha
un problema, lo studente ipotizza una soluzione
e la realizza.
attenzione!!
• una applicazione informatica si regge su un
programma che ha una struttura logica, la quale
rappresenta la simulazione di quello che verrà
realizzato durante l’esecuzione;
• leggere e studiare la struttura del programma,
significa capire la ‘teoria’ che lo sostiene e,
un’eventuale confutazione, può avvenire anche
attraverso una sperimentazione, nella mente del
‘confutatore’, dello sviluppo risolutivo voluto
dall’autore.
• fondamentale valenza: esprime ‘il pensiero risolutivo’
dell’autore su quel problema.
• forte valenza formativa: si opera su idee e processi
risolutivi; sia in auto confutazione (si riflette sulla
propria azione ricostruendo percorsi e loro
motivazioni), sia che in confutazione di soluzioni di altri
(ci si confronta con il pensiero, le motivazioni, i
processi risolutivi altrui, entrando in un processo che
spinge alla comparazione con i propri processi mentali,
riflettendo su di essi).
• no a prassi istintiva di prova, errore, prova, errore,
…, per sviluppare confutazioni;
• isterico vortice di tentativi superficiali e veloci
di correzioni nel punto in cui l’elaboratore
indica un errore, evitando di leggere e
interpretare la logica complessiva che sostiene
quella teoria (il programma).
due livelli nell’impiego delle tecnologie nella
didattica:
• un primo livello che prevede la realizzazione di
artefatti (tecnologie autonome);
• un secondo livello che prevede l’uso di artefatti già
realizzati; questi vengono inseriti in percorsi
didattici e utilizzati secondo proprie modalità
(tecnologie come sostegno).
• evitare l’assenza di una storicizzazione nella presentazione di
teorie; spesso si ritiene che in fondo il progresso della scienza è
fatto di errori e di nuove ipotesi che sono state o verranno a loro
volta confutate; in quanto datati, questi errori, non sono più
interessanti, dunque neppure significativi rispetto all’attuale stato
dell’arte di questa o quell’altra scienza;
• così facendo si finisce per avere una superficiale conoscenza
dell’attuale fisica, dell’attuale matematica, …. “È necessario,
insomma, che noi, nell’insegnamento di una scienza, vestiamo
ogni tanto la toga dello storico della scienza, per indagare
l’oggettivo stato problematico, pratico e teorico, nel quale una
teoria è poi germogliata e successivamente si è sviluppata”
(Antiseri D., 2000, pag. 122).
Una sintesi
• Didattica Bapprendimento percettivomotorio  situazioni a-didattiche
tecnologie autonome (costruire
simulazioni; realizzare applicazioni con
Scratch, appInventor; realizzare esperienze
con la robotica (Robotica educativa)
Proposte di lavori
• Organizzazione di una lezione con tecnologie:
– per presentare [creazione sito (Altervista), Moodle
(scaricare), Learning object (eXelearning), ebook
(http://www.epubeditor.it), video (Youtube)];
– per facilitare [simulazioni (yenka, programmi in rete,
altri programmi), CAS (Mathematics, Maxima, altri
programmi), DGS (GeoGebra, altri programmi),
MatCos (testo di Costabile)];
– autonome [narrazione/simulazioni/animazioni
(Scratch o altri programmi), app (appInventor),
robotica (NxtLego, Enchanting, …), ipertesto (NVU)]
• Inserire in Olat un documento con la
presentazione e descrizione del lavoro;
• Se il lavoro realizzato è in rete, inserire anche
il link
Fly UP