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Gli accordi nella procedura di licenziamento per gmo Paghe

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Gli accordi nella procedura di licenziamento per gmo Paghe
Alessandra Ranghetti - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.
Paghe
Profili fiscali e contributivi
Gli accordi nella procedura
di licenziamento per gmo
Bartolomeo La Porta - Consulente del lavoro
Licenziamenti individuali
Motivi
Comunicazione
dei motivi
Il licenziamento, quale atto unilaterale recettizio, può sempre essere impugnato dal lavoratore, nel rispetto dei requisiti di forma e di tempo, dinnanzi all’Autorità giudiziaria.
Secondo il disposto della legge n. 604/1966 sui licenziamenti individuali, nel rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, il licenziamento del prestatore di lavoro non può che avvenire
per giusta causa o per giustificato motivo.
In base alla previsione di cui all’art. n. 2119 c.c., la giusta causa è un evento che non
consente la prosecuzione, nemmeno provvisoriamente, del rapporto di lavoro.
Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo soggettivo) ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (giustificato motivo oggettivo).
Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza
ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla
motivazione adottata.
È affetto da nullità, altresı̀, ad eccezione dei casi espressamente individuati, il licenziamento
disposto durante il cosiddetto periodo protetto, cosı̀ come definito dal D.Lgs. n. 198/2006,
in materia di congedo matrimoniale, e dal D.Lgs. n. 151/2001, in materia di maternità e
paternità.
In base alla modifica introdotta dalla legge n. 92/2012, l’art. 2 della legge n. 604 prevede,
ora, che il datore di lavoro deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di
lavoro, anche con qualifica di dirigente. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.
Il licenziamento intimato senza l’osservanza di dette disposizioni è inefficace.
Impugnazione
Termini
Il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione
della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma
scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale,
idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal
deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale in funzione di Giudice del lavoro o dalla
comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al Giudice deve essere depositato, a pena di
decadenza, entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
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Tutela reale e obbligatoria
Tutela reale
Tutela obbligatoria
L’ordinamento giuslavoristico riconosce 2 tipologie di tutela.
Quella più forte, contemplata dall’art. 18, legge n. 300/1970, denominata tutela reale, si
applica nei confronti del datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, tranne le eccezioni previste dall’art. 18 stesso, che:
in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto
luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di 15 prestatori di lavoro, o più
di 5 se trattasi di imprenditore agricolo;
nell’ambito dello stesso comune occupa più di 15 lavoratori dipendenti, o più di 5 se
trattasi di imprenditore agricolo, anche se ciascuna sede o unità produttiva non raggiunge tale limite;
occupa alle sue dipendenze, in ogni caso, più di 60 prestatori di lavoro subordinato.
La tutela più affievolita, definita tutela obbligatoria, è riferita ai licenziamenti intimati da
datori di lavoro che non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 18, legge n. 300/
1970 o, comunque, motivati dal carattere economico o invalidati per vizi di forma.
Conseguenze dell’invalidità del licenziamento
Jobs act
L’art. 1, c. 7, lett. c), della legge delega di riforma del mercato del lavoro (cosiddetto Jobs
act) prevede il parziale superamento, come da relativo decreto legislativo che sarà emanato
a cura dell’Esecutivo, del regime della reintegra, in relazione al nuovo contratto di lavoro a
tempo indeterminato e a tutele crescenti, che sarà specificamente delineato dal citato
decreto.
In particolare, il regime della reintegra sarà operante esclusivamente per i casi di nullità del
licenziamento e per alcuni casi di licenziamento disciplinare individuati dal decreto legislativo in emanazione.
Nulla, invece, viene modificato alla disciplina dei licenziamenti applicabile ai lavoratori attualmente occupati.
Legge n. 604/1966
Reintegrazione
e indennità
L’art. 8 della legge n. 604/1966, cosı̀ come modificato dall’art. 2, legge n. 108/1990, stabilisce che, quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta
causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro
entro il termine di 3 giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di
importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni
dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a
10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai 10 anni, e fino a 14
mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai 20 anni, se dipendenti da
datore di lavoro che occupa più di 15 prestatori di lavoro.
Legge n. 300/1970
Ipotesi sanzionatorie
Reintegrazione
e indennità risarcitoria
L’art. 18, legge n. 300/1970, cosı̀ come modificato dall’art. 1, legge n. 92/2012, declina
diverse ipotesi sanzionatorie.
1) Nullità del licenziamento - Il Giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del
licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell’art. 3, legge n. 108/1990, ovvero intimato
in concomitanza col matrimonio, o in violazione dei divieti di licenziamento previsti a tutela
della maternità e paternità, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel
posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il
numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. Detta disposizione si applica anche
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Indennità risarcitoria
ai dirigenti e al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale. Il lavoratore, in alternativa alla ripresa del lavoro, può richiedere un’indennità, non soggetta a contribuzione previdenziale, pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.
Con la sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento, il Giudice condanna, altresı̀, il
datore di lavoro al risarcimento del danno subı̀to dal lavoratore, stabilendo un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a
quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione,
per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà
essere inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro sarà tenuto,
inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
2) Insussistenza del motivo soggettivo o della giusta causa - Qualora sia accertata
l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto
rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei
contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, il Giudice annulla il licenziamento e
condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro, come specificato nel
precedente punto, nonché al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima
retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con
diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso, la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di
lavoro è condannato, altresı̀, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal
giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi
nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione. Anche
in detta ipotesi, il lavoratore, anziché riprendere il lavoro, potrebbe optare per la corresponsione dell’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
3) Altre ipotesi di inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa Il rapporto di lavoro deve intendersi risolto con effetto dalla data del licenziamento ed il
datore di lavoro sarà condannato al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva
determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle
condizioni delle parti.
4) Inefficacia per mancata indicazione dei motivi, per non esperimento della procedura di conciliazione preventiva di cui all’art. 7, legge n. 604/1966 o del procedimento
disciplinare di cui all’art. 7, legge n. 1970/300 - Il rapporto di lavoro deve intendersi risolto
con effetto dalla data di licenziamento e l’attribuzione al lavoratore dell’indennità risarcitoria
onnicomprensiva sarà determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a
meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un
difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle in parola,
le tutele previste nei punti precedenti.
5) Sopravvenuta inidoneità fisica, licenziamento intimato durante il periodo di conservazione del posto o manifesta insussistenza del motivo oggettivo - Si applica la
disciplina prevista per i casi di insussistenza del motivo soggettivo o della giusta causa.
6) Altre ipotesi di mancanza del giustificato motivo oggettivo - Si applica la disciplina
prevista per gli altri casi di mancanza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa.
Ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, il Giudice dovrà
tener conto anche delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occu-
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pazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria preventiva.
Tentativo obbligatorio di conciliazione preventiva
La legge n. 92/2012 ha introdotto una nuova forma di conciliazione obbligatoria.
A differenza della conciliazione prevista dagli artt. 410 e segg. del c.p.c., quella delineata dal
nuovo art. 7 della legge n. 604/1966, che concerne esclusivamente i rapporti di lavoro
instaurati con datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione dell’art. 18 della legge
n. 300/1970, è di carattere preventivo ed è applicabile ai licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo.
Il datore di lavoro, infatti, prima di procedere con il licenziamento del lavoratore, deve
manifestare, alla Direzione territoriale del lavoro, e allo stesso lavoratore, affinché si possa
svolgere un tentativo di conciliazione, l’intenzione di procedere al licenziamento stesso,
indicando i relativi motivi, nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del
lavoratore interessato.
Esclusione
Per espressa previsione dell’art. 7, legge n. 604/1966, sono esclusi dall’applicazione del
tentativo obbligatorio di conciliazione:
il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, poiché rimane
immutata la procedura di contestazione ed irrogazione delle sanzioni disciplinari di cui
all’art. 7, legge n. 300/1970;
il licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all’art. 2110 c.c.;
i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute
assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano
la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 2, c. 34, lett. a), della legge n. 92/2012, richiamato
dall’art. 7, c. 6, legge n. 604/1966);
i licenziamenti nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e
chiusura del cantiere (art. 2, c. 34, lett. b), legge n. 92/2012, richiamato dall’art. 7, c.
6, legge n. 604/1966).
Inoltre, sono esclusi dall’istituto del tentativo (preventivo) obbligatorio di conciliazione i
licenziamenti collettivi, in quanto procedimentalizzati espressamente dagli artt. 4 e 24,
legge n. 223/1991.
Procedura
Comunicazione
di avvio
Contenuto
Esame congiunto
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il
lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.
Nella comunicazione, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le
eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge
dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c.
La comunicazione contenente l’invito si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che
ne sottoscrive copia per ricevuta.
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Preavviso
Sospensione
Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o
conferiscono mandato, oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.
Durante l’incontro presso la Direzione territoriale del lavoro, le parti, con la partecipazione
attiva della Commissione di conciliazione, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso.
La procedura deve concludersi entro 20 giorni dal momento in cui la Direzione territoriale
del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di
comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di
un accordo.
Se il tentativo di conciliazione fallisce e, comunque, decorso il termine sopra citato, il datore
di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
La mancata presentazione di una delle parti, o di entrambe, al tentativo di conciliazione è
valutata dal giudice ai sensi dell’art. 116 del c.p.c. (valutazione delle prove).
Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di
Commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa,
è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 18, c. 7,
legge n. 300/1970, e successive modificazioni, e per l’applicazione degli artt. 91 e 92 del
c.p.c. (definizione delle spese).
In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro
conciliativo, la procedura può essere sospesa per un massimo di 15 giorni.
L’art. 1, c. 41, legge n. 92/2012 dispone che il licenziamento produce effetto dal giorno della
comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto
del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. Il periodo di eventuale lavoro
svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.
La medesima disposizione legislativa fa salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo del licenziamento disposto dalle norme del testo unico in materia di tutela della maternità e della
paternità (D.Lgs. n. 151/2001) e gli effetti sospensivi connessi ai casi di impedimento
derivante da infortunio occorso sul lavoro.
Mancato accordo
Comunicazione
dei motivi
Competenze di fine
rapporto
Qualora il lavoratore non raggiunga alcun accordo con il datore di lavoro, quest’ultimo può
procedere con il perfezionamento del licenziamento.
Pertanto, comunicherà al lavoratore, secondo le previsioni dell’art. 2, legge n. 604/1966, il
licenziamento, indicandone i motivi.
Poiché, come previsto dal novellato art. 7 della stessa legge n. 604, gli effetti del licenziamento retroagiscono alla data di comunicazione di inizio della procedura di conciliazione
obbligatoria, il datore di lavoro dovrà permettere al lavoratore di terminare il periodo di
preavviso previsto dal Ccnl applicato o, in alternativa, corrispondere allo stesso la relativa
indennità sostitutiva inerente al residuo preavviso.
Successivamente al licenziamento, le parti ben potranno stipulare un accordo transattivo,
ex artt. 410 e segg. c.p.c., al fine di prevenire un eventuale ricorso a procedure giudiziarie.
Nella liquidazione delle competenze di fine rapporto si dovrà, quindi, tener conto dell’eventuale:
indennità sostitutiva del preavviso da corrispondere;
indennità di licenziamento, o di rinuncia ad impugnare lo stesso, concordata con il
lavoratore in sede di conciliazione ex art. 410 e segg. c.p.c.
Accettazione del licenziamento
Qualora, al contrario, venga accettato il licenziamento, il lavoratore avrà diritto a proseguire il
rapporto di lavoro per il residuo preavviso, o a percepire la relativa indennità sostitutiva. È di
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tutta evidenza che, a fronte dell’accettazione del licenziamento, nella maggior parte dei casi
il lavoratore pretenderà un corrispettivo per la rinuncia ad impugnare il licenziamento.
Analogamente a quanto sopra precisato per il licenziamento, e successiva conciliazione, il
datore di lavoro dovrà corrispondere l’eventuale:
indennità sostitutiva del preavviso residuo;
corrispettivo per la rinuncia ad impugnare il licenziamento.
Risoluzione consensuale
ASpI
Situazione intermedia è rappresentata dalla risoluzione consensuale: durante l’esame congiunto presso la Direzione territoriale del lavoro, le parti decidono per la cessazione del
rapporto per mutuo consenso.
In tale ipotesi, l’art. 7, c. 7, legge n. 604/1966 consente al lavoratore di percepire l’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI).
In generale, con la risoluzione consensuale, le parti concordano l’immediata cessazione del
rapporto di lavoro senza ulteriori reciproci oneri inerenti al preavviso.
Inoltre:
può essere previsto, al fine di favorirne il reinserimento nel mercato del lavoro, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di ricollocazione professionale;
le parti possono pattuire un corrispettivo a titolo di incentivo all’esodo.
Erogazioni connesse con la procedura di conciliazione
Profili contributivi
Profili fiscali
Tassazione separata
La nuova procedura di conciliazione obbligatoria non contempla particolarità riferite ai trattamenti fiscali e contributivi delle erogazioni connesse con la cessazione del rapporto di lavoro.
Pertanto, occorre riferirsi alle regole generali previste dalle disposizioni contributive e fiscali.
L’art. 12, c. 4, lett. b), legge n. 153/1969 esclude dalla base imponibile previdenziale, fra le
altre, le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di
incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta
cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Dalla lettura della norma, si ricava:
l’imponibilità previdenziale dell’indennità sostitutiva del preavviso;
l’esenzione delle somme dovute a titolo di incentivo all’esodo, indennità di rinuncia ad
impugnare il licenziamento o altre indennità similari, che traggono origine, comunque,
dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Il concetto di somme corrisposte per favorire la risoluzione del rapporto di lavoro si rinviene
nel Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) approvato con D.P.R. n. 917/1986.
L’art. 17, lett. a), infatti, annovera, fra le somme erogate dal datore di lavoro, assoggettate al
regime della tassazione separata, oltre al trattamento di fine rapporto e alle indennità
equipollenti, anche le altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza
della cessazione dei rapporti di lavoro, comprese le indennità di preavviso, nonché le
somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a
titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Le somme corrisposte, quindi, a titolo di incentivo all’esodo, indennità di licenziamento, o
indennità di rinuncia ad impugnare il licenziamento, connessa con una transazione ex art.
410 e segg. c.p.c., sono soggette ad imposizione fiscale secondo il metodo della tassazione
separata.
In relazione allo specifico istituto dell’incentivo all’esodo, il datore di lavoro dovrebbe offrire
a tutti i dipendenti, o a coloro che rivestono qualifiche professionali ritenute in esubero, la
possibilità di risolvere il rapporto di lavoro percependo l’incentivo.
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Esempio 1
Secondo gli Orientamenti giurisprudenziali, e la consolidata prassi esistente nelle tecniche
di amministrazione del personale, l’incentivazione all’esodo, però, non deve essere necessariamente di natura collettiva, ma potrebbe anche essere individuale.
La Cassazione, infatti, ha riconosciuto, in vigenza del vecchio art. 19 Tuir, il beneficio della
tassazione al 50%, relativamente alle over cinquantenni ed agli over cinquantacinquenni,
anche alle incentivazioni all’esodo di natura individuale (sent. n. 4910/2005).
Verificato, quindi, che l’erogazione possiede i requisiti previsti dall’art. 17, lett. a), Tuir,
l’imposizione fiscale seguirà il regime della tassazione separata sulla base dell’aliquota
determinata ai fini della tassazione del Tfr, cosı̀ come recita l’art. 19, c. 2, Tuir.
Poiché l’aliquota di imposizione è la medesima di quella determinata ai fini della tassazione
del Tfr, ne deriva che le aliquote Irpef applicabili siano sempre quelle relative al periodo in cui
è maturato il diritto alla percezione del Tfr, a prescindere dalla circostanza che la percezione
delle altre indennità e somme avvenga successivamente alla percezione del Tfr medesimo.
Relativamente all’imposta dovuta sulle altre indennità e somme non competono detrazioni
d’imposta.
Si ipotizzi il caso di un impiegato VI categoria Ccnl Metalmeccanici Industria a cui è stato
comunicato l’inizio della procedura ex art. 7, legge n. 604/1966 il 1º ottobre 2014.
In data 30 ottobre 2014, presso la Dtl, le parti non concludono alcun accordo inerente al
licenziamento, ragion per cui, in data 31 ottobre 2014, il datore di lavoro intima il licenziamento con effetto immediato.
Poiché il Ccnl prevede, per i lavoratori di VI livello con meno di 5 anni di anzianità di servizio,
un periodo di preavviso pari a 2 mesi, il lavoratore avrà diritto alla residua indennità sostituiva del preavviso equivalente ad una mensilità di retribuzione globale di fatto.
Aliquota contributiva carico dipendente: 9,49%.
Aliquota Tfr: 24,5%.
L’indennità sostitutiva del preavviso rientra nell’imponibile previdenziale ed è soggetta a
tassazione separata con l’aliquota determinata ai fini del Tfr.
Si omettono addizionali regionali, comunali, conguaglio di fine rapporto e Tfr.
Busta paga
Esempio 2
Si ipotizzi il caso di un impiegato VI categoria Ccnl Metalmeccanici Industria a cui è stato
comunicato l’inizio della procedura ex art. 7, legge n. 604/1966 il 1º ottobre 2014.
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In data 30 ottobre 2014, presso la Dtl, le parti concludono un accordo inerente al licenziamento, ragion per cui, in data 31 ottobre 2014, il datore di lavoro intima il licenziamento con
effetto immediato.
Poiché il Ccnl prevede, per i lavoratori di VI livello con meno di 5 anni di anzianità di servizio,
un periodo di preavviso pari a 2 mesi, il lavoratore avrà diritto alla residua indennità sostituiva del preavviso equivalente ad una mensilità di retribuzione globale di fatto.
Le Parti concordano la corresponsione di un’indennità di rinuncia ad impugnare il licenziamento pari ad E 10.000 lorde.
Aliquota contributiva carico dipendente: 9,49%.
Aliquota Tfr: 24,5%.
L’indennità sostitutiva del preavviso rientra nell’imponibile previdenziale ed è soggetta a
tassazione separata con l’aliquota determinata ai fini del Tfr.
L’indennità di rinuncia non rientra nell’imponibile previdenziale ed è soggetta a tassazione
separata con l’aliquota determinata ai fini del Tfr.
Si omettono addizionali regionali, comunali, conguaglio di fine rapporto e Tfr.
Busta paga
Esempio 3
Si ipotizzi il caso di un impiegato VI categoria Ccnl Metalmeccanici Industria a cui è stato
comunicato l’inizio della procedura ex art. 7, legge n. 604/1966 il 1º ottobre 2014.
In data 30 ottobre 2014, presso la Dtl, le Parti concludono un accordo inerente al licenziamento, con contestuale stipulazione di un accordo di risoluzione consensuale del rapporto
di lavoro.
Le parti concordano la cessazione del rapporto alla data del 31 ottobre 2014, senza ulteriori
reciproci oneri inerenti al preavviso, nonché la corresponsione di un incentivo all’esodo pari
ad E 10.000 lorde.
Aliquota contributiva carico dipendente: 9,49%.
Aliquota Tfr: 24,5%.
L’incentivo all’esodo non rientra nell’imponibile previdenziale ed è soggetta a tassazione
separata con l’aliquota determinata ai fini del Tfr.
Si omettono addizionali regionali, comunali, conguaglio di fine rapporto e Tfr.
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