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Responsabilita` e deontologia
EUTANASIA DEFINIZIONE: letteralmente buona morte (dal greco ευθανασία, composta da ευ-, bene e θανατος, morte) - è la pratica che consiste nel procurare la morte nel modo più indolore, rapido e incruento possibile a un essere umano (o ad un animale) affetto da una malattia inguaribile ed allo scopo di porre fine alla sua sofferenza. Quella indicata in epigrafe è la moderna concezione di eutanasia, peraltro oggetto di controversie. Nel pensiero filosofico antico, invece, essa indicava - in genere - una morte serena e consapevolmente accettata come naturale chiusura della vita (eventualmente autoinflitta). Le opinioni e gli orientamenti sulla definizione dell'eutanasia sono molteplici e dipendenti dal variare del contesto storico, sociale, culturale, legislativo cui ci si riferisce. # rispetto al significato proprio del termine, l'eutanasia è volontaria, ossia esplicitamente richiesta - se del caso, più di una volta e in momenti differenti - e autorizzata dalla persona malata; # rispetto alle modalità di attuazione, si parla di eutanasia attiva qualora la morte sia provocata in maniera diretta - ad esempio con la somministrazione di sostanze tossiche - ed eutanasia passiva qualora la morte sopraggiunga in via indiretta, generalmente a seguito della sospensione delle cure indispensabili a tenere in vita il malato; * nel caso non vi sia intervento diretto di terzi si parla di suicidio assistito, forma di eutanasia che può essere definita indiretta in quanto consiste nel fornire alla persona richiedente i mezzi e le competenze necessarie a terminare la propria vita nel modo più indolore possibile. * non si può definire eutanasia la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte, in particolare dopo la diagnosi di morte cerebrale. Ragioni a favore dell'eutanasia volontaria: * Scelta: La scelta è un fondamentale principio democratico [3] * Qualità della vita: Il dolore e la sofferenza che una persona sperimenta durante una malattia può risultare incomprensibile, anche se trattata con analgesici, ad una persona che non c'è passata attraverso. Anche senza considerare il dolore fisico, è spesso difficile per i pazienti far fronte alla sofferenza psichica per aver perso la loro indipendenza. La società non dovrebbe forzarli a sopportare queste difficoltà.[3] Risorse: Oggi in molti paesi c'è carenza di posto negli ospedali. Inoltre le risorse umane e quelle dei posti letto potrebbero essere usate per le persone le cui vite possono essere salvate invece di mantenere in vita quelli che vogliono morire. Questo incrementerebbe la qualità generale delle cure ed abbrevierebbe le liste d'attesa degli ospedali Ragioni contro l'eutanasia volontaria: * Giuramento di Ippocrate: Ogni dottore deve giurare su qualche variante di esso, ma la versione originale esclude esplicitamente l'eutanasia.[4] * Morale: Per alcune persone l'eutanasia di alcuni o di tutti i tipi è moralmente inaccettabile.[3] Questa visione di solito vede l'eutanasia come un tipo di omicidio e l'eutanasia volontaria come un tipo di suicidio, la moralità del quale è oggetto di vivo dibattito. * Teologica: Molte religioni e moderne interpretazioni religiose considerano esplicitamente sia l'eutanasia che il suicidio come atti peccaminosi (vedi Eutanasia e religione). • Piena consapevolezza: L'eutanasia può essere considerata "volontaria" soltanto se il paziente è pienamente consapevole per prendere la decisione, cioè, se ha una comprensione razionale delle opzioni e delle loro conseguenze. La piena consapevolezza può essere difficile da determinare o addirittura da definire.[3] • Necessità: Se c'è qualche ragione per credere che la causa della malattia o della sofferenza di un paziente è o sarà presto risolvibile, a volte la cosa giusta da fare sembra quella di provare ad iniziare una nuova cura o dedicarsi a cure palliative.[3] • Desideri della famiglia: I membri della famiglia spesso desiderano passare più tempo possibile coi loro cari prima che muoiano. Pressione: Tutti gli argomenti elencati a favore dell'eutanasia volontaria possono essere utilizzati dal personale ospedaliero per metter su una pressione psicologica terribile e continua sulle persone per farle acconsentire all'eutanasia volontaria.[5] Nei paesi con un sistema sanitario simile a quello della Gran Bretagna, il personale ospedaliero avrebbe degli obiettivi da raggiungere. Alcune persone vedono questa eventualità come una prospettiva terrificante.[6] Il Comitato nazionale per la bioetica (CNB) ha discusso ed effettuato ricerche su varie problematiche legate all'eutanasia e al rispetto delle volontà del malato. Fra i documenti del CNB più attinenti alla tematica del trattamento di quelle fasi in cui il malato non può esprimere volontà si citano: le Dichiarazioni anticipate di trattamento (talora anche chiamate Direttive anticipate) [12] del 18 dicembre 2003; Tale documento tratta la natura delle c.d. "dichiarazioni anticipate": vi si affrontano aspetti tecnico-legali quali la validità delle stesse, la vincolatività - se cioè debbano essere considerate obbligatorie od orientative - l'efficacia delle direttive anche a distanza di anni tra la loro stesura e l'eventuale attuazione di quanto in esse disposto, l'opportunità per il dichiarante di nominare anche un fiduciario che garantisca per l'attuazione delle direttive anticipate. L'alimentazione e l'idratazione dei pazienti in stato vegetativo persistente [12] del 30 settembre 2005. In questo documento (composto poco dopo la morte di Terri Schiavo) la relazione di maggioranza (2/3)[13] descrive la PEG (alimentazione e idratazione con sondino) come non assimilabile al caso di accanimento terapeutico. CASI CONTROVERSI Moroni - Forzatti Uno dei casi che senza dubbio fece più scalpore in Italia fu quello di un ingegnere di Monza, Ezio Forzatti, che il 21 giugno 1998 si introdusse nel reparto di terapia intensiva dove la moglie Elena Moroni, di 46 anni, si trovava ricoverata in coma irreversibile a seguito di un edema cerebrale. Egli aveva con sé una pistola scarica, che usò per minacciare il personale di servizio e tenerlo a distanza mentre staccava il respiratore che teneva in vita la moglie e, una volta accertatane la morte, si lasciò arrestare dagli agenti di polizia nel frattempo sopraggiunti. Processato, Forzatti fu condannato nel giugno 2000 dalla corte d'Assise di Monza a sei anni e sei mesi di reclusione. La richiesta del pubblico ministero era di 9 anni di reclusione, ma la corte riconobbe a Forzatti l'attenuante della seminfermità mentale[20]. Al termine del successivo processo d'appello (aprile 2002), tenutosi a Milano, Forzatti fu ritenuto completamente in grado di intendere e di volere, e assolto perché il fatto non sussisteva.[21][22] Tra le motivazioni della sentenza, decisiva fu quella secondo la quale i giudici considerarono la donna clinicamente morta al momento del distacco del respiratore. La sentenza d'assoluzione fu salutata positivamente da molti e, di converso, suscitò prevedibili polemiche da parte degli oppositori dell'eutanasia Eluana Englaro Ugualmente dibattuto - in quanto, riguardo al quale, si parlò e si parla tuttora, benché impropriamente, di "eutanasia" - è il caso di Eluana Englaro, una giovane donna di Lecco in coma irreversibile dal 1992 a seguito di un incidente stradale avvenuto quando era poco più che ventenne: nel rispetto delle volontà espresse a suo tempo dalla donna, suo padre Beppino da tempo sta chiedendo la sospensione delle terapie e qualsiasi accanimento terapeutico. Propose il ricorso in sede giudiziaria, ma tale ricorso arrivò fino alla corte di Cassazione, da cui, nel marzo 2006, fu respinta con una motivazione tecnicistica: il ricorso non fu a suo tempo notificato ad alcuna controparte portatrice di un interesse contrario a quello di Eluana Englaro. Il ricorso era avvenuto ai sensi dell'articolo 32 della costituzione: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». A seguito di un nuovo ricorso del padre, la Corte di Cassazione ha rinviato il caso «ad una diversa sezione della Corte d’Appello di Milano». La sentenza (depositata il 16 ottobre 2007) stabilisce due presupposti necessari per poter autorizzare l'interruzione dell'alimentazione artificiale: * Occorre che «la condizione di stato vegetativo sia irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche recupero della coscienza». • Occorre altresì che sia provata in maniera chiara, univoca e convincente che il paziente, prima di perdere lo stato di coscienza, sarebbe stato contrario alla continuazione delle cure. Qualora almeno uno dei presupposti non fosse verificato, la Corte stabilisce che il giudice deve negare l'autorizzazione ad interrompere l'alimentazione. Piergiorgio Welby Il dibattito sull'eutanasia si è riproposto, alla fine del 2006, quando il citato Piergiorgio Welby ha chiesto che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in vita. Welby è morto il 20 dicembre 2006 per insufficienza respiratoria sopravvenuta a seguito del distacco del respiratore a opera del medico anestesista Mario Riccio, di Cremona. Questi, in una conferenza stampa tenutasi il giorno dopo, ha confermato le circostanze della morte di Welby e si è autodenunciato. La Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha avviato un'indagine sul medico. Nel frattempo, il 1° febbraio 2007 l'Ordine dei medici di Cremona ha stabilito che la condotta tenuta da Riccio è stata corretta e non è meritevole di alcuna sanzione[24] sebbene, anche in questa occasione, la notizia non abbia mancato di suscitare polemiche[25]. Secondo alcune posizioni, espresse soprattutto nella Chiesa cattolica, in questo caso, si sarebbe impropriamente tirato in ballo l'argomento "eutanasia", in quanto la questione riguardava solamente se fosse fondata la richiesta di Welby di sospendere qualsiasi terapia che lo tenesse in vita, incluso il distacco dal respiratore artificiale, cosa che lui, immobilizzato per via della distrofia muscolare, non poteva fare. Come per il caso Englaro, il ricorso era motivato dalla lettera del citato articolo 32 Cost. Terri Schiavo Negli Stati Uniti fece scalpore il caso di Terri Schiavo, in stato vegetativo persistente (PVS) dal 1990, al cui marito Michael la corte suprema dello Stato della Florida diede nel 2005 il permesso di sospendere l'alimentazione forzata. Anche in quel caso si discusse sulla correttezza dell'uso del termine eutanasia. La sospensione della terapia in casi di coma irreversibile o PVS è prassi normale negli Stati Uniti: il caso nacque perché i genitori di Terri si erano sempre opposti alla richiesta del genero, imputandola solo al suo desiderio di liberarsi della moglie. Terri divenne - suo malgrado - un oggetto di battaglia ideologico-politica tra i sostenitori del diritto alla vita a tutti i costi e quelli che sostenevano il diritto a una vita degna d'essere vissuta. Comunque, a metter fine alle polemiche, fu l'esame autoptico praticato sulla donna dopo la sua morte: l'esame medico-legale appurò che il cervello di Terri Schiavo pesava circa la metà di quello di una donna in perfetta salute della stessa età, che gran parte delle cellule era irrimediabilmente distrutta o danneggiata, e che essa era totalmente incapace di percepire alcun senso, tanto meno sentire o vedere. In Italia, l'eutanasia attiva è assimilabile, in generale, all'omicidio volontario (art. 575 c.p.). In caso di consenso del malato si configura la fattispecie prevista dall'art. 579 c.p. (Omicidio del consenziente), punito con reclusione da 6 a 15 anni. Anche il suicidio assistito è un reato, giusta art. 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio). Belgio. Dal 16 maggio 2002 è in vigore una legge che disciplina l'eutanasia. Danimarca. Le cosiddette "direttive anticipate" hanno valore legale. I parenti del malato possono autorizzare l'interruzione delle cure. Germania. Il suicidio assistito non è reato, purché il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta. Lussemburgo Il 19 febbraio 2008 il parlamento del Granducato di Lussemburgo ha approvato una proposta di legge che prevede l'eliminazione delle sanzioni penali contro i medici che mettono fine, su richiesta, alla vita dei malati. In particolare, il provvedimento prevede che l'eutanasia venga autorizzata per i malati terminali e coloro che soffrono di malattie incurabili, solo su richiesta ripetuta e col consenso di due medici e una commissione di esperti. A questa data il Lussemburgo si colloca terzo, dopo Olanda e Belgio, ad aver legalizzato l'eutanasia. Olanda. Dal 1994 l'eutanasia cessò di essere perseguita penalmente, pur rimanendo un reato. Nel 2000 i Paesi Bassi divennero il primo Paese al mondo a dotarsi di una legge che regolamentava l'eutanasia e dal 1° aprile 2002 la legge è in vigore. Svezia. L'eutanasia non è perseguita penalmente. Svizzera. È previsto e tollerato il suicidio assistito; esso viene praticato al di fuori dell'istituzione medica, da un'associazione privata chiamata Exit. Il medico deve limitarsi a fornire i farmaci al malato. Australia. In alcuni Stati le cosiddette "direttive anticipate" hanno valore legale. I Territori del Nord legalizzarono (1996) l'eutanasia attiva volontaria, ma il parlamento federale annullò tale provvedimento nel 1998. Canada. Negli Stati di Manitoba e Ontario le direttive anticipate hanno valore legale. Cina. Una legge del 1998 autorizza gli ospedali a praticare l'eutanasia ai malati terminali. Colombia. Non esiste una legge specifica sull'eutanasia. Tuttavia, in seguito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, la pratica è permessa. Stati Uniti d'America. La normativa varia a seconda degli Stati. Le direttive anticipate hanno generalmente valore legale. Nello Stato dell'Oregon è possibile, da parte del malato, richiedere farmaci letali. Una regolamentazione specifica di tale materia è tuttavia bloccata per opposizione di un tribunale federale Bibliografia * Michele Aramini, Eutanasia. Spunti per un dibattito, Milano, Àncora editrice 2006, ISBN 8851403384 * Alexis Carrel, L'uomo, questo sconosciuto. Milano, Luni Editrice 2006, ISBN 8874350767 * Lino Ciccone, Eutanasia. Problema cattolico o problema di tutti?, Roma, Città Nuova 1991, ISBN 8831139088 * Demetrio Neri, Eutanasia. Valori, scelte morali, dignità delle persone, Bari-Roma, Laterza 1995, ISBN 8842046590 * Alessandra Sannella, Sulle orme di Endimione. Una riflessione sociologica sull'eutanasia, Roma, Franco Angeli 2003. * Cesare Sposetti, Eutanasia e diritto penale: l'esperienza inglese. * Umberto Veronesi, Il diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla sofferenza, Milano, Mondadori 2005, ISBN 8804548649. * Ray Kluun, Love Life, Roma, Fazi Editore 2007, ISBN 978-88-8112-885-3 EUTANASIA CODICE DEONTOLOGICO INFERMIERI PATTO INFERMIERE CITTADINO INDIVIDUARE i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te, proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi RISPETTARE la tua dignità, le tue insicurezze e garantirti la riservatezza. 2.2. L'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale dell'individuo e interesse della collettività e si impegna a tutelarlo con attività di prevenzione, cura e riabilitazione. 2.4. L'infermiere agisce tenendo conto dei valori religiosi, ideologici ed etici, nonché della cultura, etnia e sesso dell'individuo 2.6. Nell'agire professionale, l'infermiere si impegna a non nuocere, orienta la sua azione all'autonomia e al bene dell'assistito, di cui attiva le risorse anche quando questi si trova in condizioni di disabilità o svantaggio. 4.17. L'infermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte dell'assistito, sia che la richiesta provenga dall'interessato, dai familiari o da altri. EUTANASIA CODICE DEONTOLOGICO MEDICO Art. 36- Eutanasia Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti diretti a provocarne la morte. Art. 37- Assistenza al malato inguaribile In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finchè ritenuta ragionevolmente utile. ACCANIMENTO TERAPEUTICO DEFINIZIONE L'accanimento terapeutico consiste nell'applicazione di tecniche mediche che prevedono l'uso di macchinari e farmaci al fine di sostenere artificialmente le funzioni vitali di individui affetti da patologie inguaribili e tali da determinare la loro morte in assenza dell'impiego di tali tecniche. secondo la Costituzione Italiana nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art. 32). l'Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina (L. 28 marzo 2001, n.145) di Oviedo del 1997 che stabilisce che i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione. In Italia non esiste una legge che disciplini esplicitamente la materia; sono tuttavia in corso vari disegni e progetti di legge sul testamento biologico. nonostante la legge n. 145 del 2001 abbia autorizzato il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione, tuttavia lo strumento di ratifica non è ancora depositato presso il Segretariato Generale del Consiglio d'Europa non essendo stati emanati i decreti legislativi previsti dalla legge per l'adattamento dell'ordinamento italiano ai principi e alle norme della Costituzione. Per questo il motivo l'Italia non è parte alla Convenzione di Oviedo. Il testamento biologico detto anche: testamento di vita, dichiarazione anticipata di trattamento, è l'espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione. ACCANIMENTO TERAPEUTICO CODICE DEONTOLOGICO INFERMIERE 4.14. L'infermiere si attiva per alleviare i sintomi, in particolare quelli prevenibili. Si impegna a ricorrere all'uso di placebo solo per casi attentamente valutati e su specifica indicazione medica. 4.15. L'infermiere assiste la persona, qualunque sia la sua condizione clinica e fino al termine della vita, riconoscendo l'importanza del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale. L'infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito. ACCANIMENTO TERAPEUTICO CODICE DEONTOLOGICO MEDICO Art. 14 - Accanimento diagnostico-terapeutico Il medico deve astenersi dall'ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. ACCANIMENTO TERAPEUTICO * Dichiarazioni anticipate di trattamento documento del Comitato nazionale per la bioetica (18 dicembre 2003). * Testamento biologico sul sito della Fondazione Umberto Veronesi. * Testamento biologico sul sito dell'Associazione Luca Coscioni. TRAPIANTI DI ORGANI DEFINIZIONE: Il trapianto d'organo è un intervento di chirurgia che prevede due fasi: il prelievo dell'organo da un soggetto detto donatore e il successivo impianto dell'organo su di un soggetto detto ricevente, con l'eventuale espianto dell'organo non funzionante da rimuovere. Tecnicamente si parla di prelievo quando l'organo proviene da un cadavere e di espianto quando l'organo proviene da un donatore vivente. La stessa legge sui trapianti opera questa distinzione Gli organi vengono prelevati da un paziente di cui sia stata accertata la morte cerebrale secondo le modalità di legge per l'accertamento (diverse a seconda degli Stati). In Italia, una commissione di tre specialisti (un esperto in neurofisiologia, un rianimatore e un medico legale) monitora le condizioni cliniche per un periodo di tempo definito dalla legge e può stabilire lo stato di morte soltanto se, oltre alla constatazione clinica del decesso, si presentano contemporaneamente tutte queste condizioni: * stato di incoscienza * verifica del danno cerebrale, tramite TAC e imaging a risonanza magnetica * assenza di riflessi del tronco cerebrale (struttura deputata a mantenere le funzioni fondamentali della vita) * assenza di respiro spontaneo * assenza di qualunque attività elettrica cerebrale, verificata tramite elettroencefalogramma * assenza dell'irrorazione di sangue al cervello (nei casi in cui non sia possibile verificare i riflessi del tronco cerebrale o effettuare l'elettroencefalogramma) Il tempo di accertamento dell'assenza di condizioni vitali nell'encefalo è stato con successive modifiche alla legge portato a 12 ore e poi alle 6 ore attuali. In alternativa, si procede all'espianto dopo 20 minuti di assenza del battito cardiaco. La morte cerebrale non va confusa con lo stato vegetativo, che comporta soltanto la prima di queste condizioni, ovvero la perdita di coscienza, ma conserva le funzioni vegetative del cervello (ossigenazione, battito cardiaco e mantenimento della temperatura corporea): nel caso di morte cerebrale il cervello è profondamente danneggiato e tutte le sue funzioni sono compromesse; di conseguenza l'ossigenazione, la circolazione sanguigna e il mantenimento della temperatura corporea sono possibili soltanto con l'ausilio delle macchine e per un tempo limitato (generalmente non più di 48 ore). TRAPIANTI DI ORGANI In Italia il trapianto è regolato dalla legge n. 91 del 1 aprile 1999 e da un decreto del Ministero della Sanità, dell'8 aprile 2000. Esso prevede una lista d'attesa nazionale dei trapianti, la regola del silenzio-assenso sulla donazione; diversamente da normative di altre nazioni non fa menzione del testamento biologico. Ai fini del silenzio assenso l'iscrizione ad un'associazione di donatori costituisce una prova della volontà di donare gli organi; nel caso in cui un parente che presenti una dichiarazione autografa in cui il proprio caro manifesta una volontà contraria alla donazione, la donazione può essere oggetto di un divieto dell'autorità amministrattiva (un tribunale ad es.). TRAPIANTI DI ORGANI CODICE DEONTOLOGICO INFERMIERISTICO 4.18. L'infermiere considera la donazione di sangue, tessuti ed organi un'espressione di solidarietà. Si adopera per favorire informazione e sostegno alle persone coinvolte nel donare e nel ricevere. TRAPIANTI DI ORGANI CODICE DEONTOLOGICO MEDICO Art. 38- Prelievo di parti di cadavere Il prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico può essere effettuato solo nelle condizioni e nei modi previsti dalle leggi in vigore. Il sostegno vitale dovrà essere mantenuto sino a quando non sia accertata la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. Art. 39- Prelievo di organi e tessuti da persona vivente Il prelievo di organi e tessuti da persona vivente è consentito solo se diretto a fini diagnostici, terapeutici o di ricerca scientifica e se non produttivo di menomazioni permanenti dell'integrità fisica o psichica del donatore, fatte salve le previsioni normative in materia. Il prelievo non può essere effettuato per fini di commercio e di lucro e presuppone l'informazione e il consenso scritto del donatore o dei suoi legali rappresentanti.