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LA DOMANDA AGGREGATA E L`EQUILIBRIO PowerPoint

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LA DOMANDA AGGREGATA E L`EQUILIBRIO PowerPoint
LA DOMANDA
AGGREGATA E
L’EQUILIBRIO
1
IL PRINCIPIO DELLA DOMANDA EFFETTIVA
La quantità di beni e servizi prodotti e venduti in
un sistema economico dipende dalla domanda
proveniente da famiglie, imprese e Pubblica
amministrazione, ossia dalla domanda aggregata.
A nulla servirebbe infatti produrre più di quanto è
domandato, perché la produzione in eccesso
rimarrebbe invenduta.
È questo il “principio della domanda effettiva”,
dovuto a John Maynard Keynes.
2
Il principio della domanda effettiva stabilisce che
la produzione delle imprese, ossia l'offerta di beni
e servizi, tende sempre a adeguarsi alla domanda
di beni e servizi che proviene dagli operatori
economici.
Quando la domanda e l'offerta sono uguali il
sistema economico si trova in equilibrio, anche
se non sempre si tratta di un equilibrio
soddisfacente. Se al contrario la domanda supera
l'offerta, o viceversa se l'offerta supera la
domanda, si producono situazioni di disequilibrio
economico.
3
L’EQUILIBRIO
L'equilibrio indica una situazione in cui il
volume della produzione, e quindi del reddito
(Y), è esattamente uguale al valore della
domanda aggregata (DA).
Y = DA
Tale espressione, che chiamiamo condizione
di equilibrio, indica una situazione in cui la
domanda delle famiglie, delle imprese e della
Pubblica amministrazione assorbe
completamente tutto ciò che è stato prodotto.
4
Ricordiamo che:
DA = C + I + G
Sostituendo, si ottiene che:
Y= C+ I + G
Può tuttavia accadere che i consumi delle famiglie
(che come sappiamo dipendono dal reddito
disponibile), sommati alle spese delle imprese e
della Pubblica amministrazione, raggiungano un
valore inferiore al reddito, oppure al contrario che
famiglie, imprese e Stato vogliano acquistare più di
quanto è stato prodotto.
5
L’equilibrio non si realizza sempre.
Spesso la domanda è superiore o inferiore al
reddito e dunque la situazione non è di equilibrio.
Gli scostamenti del reddito dal suo valore di
equilibrio dipendono spesso dall'andamento dei
consumi. Questi ultimi dipendono direttamente
dal reddito, così che quando il reddito aumenta,
anche i consumi crescono, e quando il reddito
diminuisce anche i consumi calano.
Sappiamo inoltre che quando il reddito aumenta i
consumi crescono, ma meno che
proporzionalmente, perché una parte del reddito
viene risparmiata.
6
Proprio il fatto che non tutto il reddito venga consumato, fa
sì che domanda aggregata e reddito possano divergere e
che esista un solo livello del reddito al quale le due
grandezze sono uguali.
Consideriamo ora la condizione di disequilibrio,
distinguendo le due diverse situazioni.
Y < DA: eccesso di domanda (sottoproduzione)
Quando la domanda supera il reddito, il sistema economico
sta producendo beni e servizi in misura inferiore a quanto è
richiesto da famiglie, imprese e Pubblica amministrazione.
Y > DA: eccesso di offerta (sovrapproduzione)
Quando il reddito è maggiore della domanda, il sistema
economico sta producendo beni e servizi in misura
superiore a quanto è richiesto.
7
Nel primo caso, se esistono sul mercato fattori
produttivi non impiegati, gli imprenditori li utilizzano
facendo aumentare la produzione fino al livello della
domanda. Se invece i fattori produttivi sono
completamente utilizzati, non è possibile accrescere la
produzione e l'eccesso di domanda porta il sistema
economico all'inflazione.
Nel secondo caso, invece, gli imprenditori vedono
crescere le proprie scorte di merce invenduta, e, per
smaltirle, riducono la produzione, anche attraverso una
diminuzione della manodopera, producendo così
disoccupazione.
8
La figura (detta croce keynesiana) fornisce una
rappresentazione dell'equilibrio.
La retta Y = DA, poiché è inclinata a 45°, rappresenta tutti i
punti in cui la domanda è uguale al reddito, vale a dire tutti i
possibili punti di equilibrio del sistema economico. La retta
DA rappresenta invece i valori che la domanda aggregata
assume in corrispondenza di ogni diverso livello di reddito.
Infatti a ogni livello del reddito corrisponde un determinato
valore dei consumi e di conseguenza un determinato valore
della domanda aggregata. La domanda è uguale al reddito
soltanto quando quest'ultimo è uguale a Ye, cioè nel punto
E. Per valori di Y inferiori o superiori a Ye (come Ya e Yb)
esiste una domanda che è rispettivamente superiore o
inferiore al reddito (come si può osservare dai punti A e B).
9
Y = DA
DA
B
DA
Yb
Y
E
A
Ya
Ye
Le scorte delle imprese svolgono un ruolo importante
nella determinazione dell'equilibrio.
Infatti, quando la domanda supera l'offerta, come nel
punto A, le imprese temporaneamente coprono la
carenza ricorrendo alle scorte di magazzino; in tal
modo però le scorte si riducono, scendendo sotto il
livello ottimale desiderato; ciò spinge le imprese a
produrre di più.
Viceversa, quando la produzione è maggiore della
domanda, le scorte di prodotti invenduti si
accumulano nei magazzini delle imprese, spingendo
queste a ridurre l'offerta; in tal modo il reddito si
riduce, adeguandosi al livello della domanda.
11
LA STRADA VERSO L’EQUILIBRIO
DA > Y
Quando la domanda aggregata è superiore al reddito,
le imprese, vedendo diminuire il livello delle scorte,
se possono trovare sul mercato fattori produttivi
inutilizzati (lavoratori disoccupati, impianti non
pienamente sfruttati), aumentano la produzione fino a
raggiungere il livello della domanda. Tale variazione
della produzione si ripercuote però sulla domanda:
stimolata dai consumi, questa si porta a un livello
ancora più alto. Il processo continua fino a quando il
reddito genera una domanda che gli è uguale;
soltanto a questo punto si ferma, dato che ormai il
sistema ha raggiunto l'equilibrio.
12
Y > DA
Quando invece il reddito è superiore al livello di
equilibrio (cioè quando vi è eccesso di offerta
aggregata) si produce una situazione analoga,
ma opposta. In queste condizioni le imprese,
vedendo crescere il livello delle scorte di beni
invendute, tendono a diminuire la produzione,
attraverso una riduzione dell'occupazione; il
reddito così scende, provocando un'ulteriore
caduta della domanda e il processo si arresta
solo quando il reddito produce una domanda
che gli è uguale.
13
Queste considerazioni consentono di trarre
alcune conclusioni importanti:
il sistema economico tende naturalmente
verso una situazione di equilibrio;
l'equilibrio è unico;
l'equilibrio è determinato dal livello della
domanda;
l'equilibrio, se non intervengono fattori di
disturbo (ovvero se il livello della domanda
non muta), tende a mantenersi nel tempo.
14
La strada verso l’equilibrio. Consideriamo una
situazione di eccesso di domanda aggregata.
Nella situazione iniziale, con produzione pari a Y0
la domanda corrispondente DA0 risulta superiore;
le imprese aumenteranno quindi la produzione,
muovendosi nella direzione indicata dalle frecce;
a ogni successivo passaggio la produzione
crescerà, e la domanda anche, ma meno che
proporzionalmente, dato che la propensione al
consumo (c) è minore di uno (una parte
dell’aumento del reddito sarà destinata al
risparmio); in tal modo il sistema convergerà
necessariamente
all'equilibrio
finale
contraddistinto dal punto E.
15
LA STRADA VERSO L’EQUILIBRIO
Y = DA
DA
DA
DAe
DA1
DA0
E
A
Y0
Y1 Ye
Y
REDDITO DI EQUILIBRIO E REDDITO DI PIENO IMPIEGO
Non è detto che ogni posizione di equilibrio
sia anche la migliore e quindi sia sempre
desiderabile. Spesso accade che il valore del
reddito di equilibrio sia ben al di sotto di ciò
che l'economia sarebbe in grado di produrre
utilizzando pienamente le risorse disponibili,
che chiamiamo reddito potenziale o reddito
di pieno impiego. Dunque il sistema può
trovarsi in una situazione che chiamiamo
equilibrio di sottoccupazione.
17
Consideriamo per esempio un Paese nel quale soltanto
una parte della popolazione lavora e produce, mentre
tutti gli altri sono disoccupati. È evidente che in questo
Paese non ci sarà grande benessere. Se i disoccupati
fossero inseriti nel circuito produttivo, il reddito
nazionale potrebbe crescere e tutti potrebbero godere
di un livello di consumi più elevato.
La tendenziale stabilità che caratterizza la
situazione di equilibrio di sottoccupazione può
ostacolare il raggiungimento del reddito potenziale.
Lasciato a se stesso, il sistema economico non
possiede alcun meccanismo automatico che gli
permetta di raggiungere spontaneamente il pieno
impiego.
18
Se il tasso di disoccupazione è elevato, i
consumi, che come abbiamo visto dipendono dal
reddito secondo la relazione C = f(Yd), saranno
limitati e il sistema economico tenderà a
stabilizzarsi in una trappola della povertà.
Come si può uscire da questa situazione
e raggiungere il pieno impiego?
È
possibile
incrementare
le
componenti
autonome della domanda aggregata, costituite
dagli investimenti e dalla spesa pubblica, oppure
stimolare i consumi tramite una riduzione della
tassazione.
19
REDDITO POTENZIALE E PIENA OCCUPAZIONE
Si potrebbe pensare che quando il
sistema economico è al pieno impiego
non esistono fattori produttivi inutilizzati
e in particolare non esistono lavoratori
disoccupati. In realtà le cose non stanno
così e anche una situazione di pieno
impiego è compatibile con la
disoccupazione. Possiamo infatti
distinguere diverse forme di
disoccupazione.
20
La disoccupazione frizionale è
compatibile con il pieno impiego.
Si verifica quando le persone in cerca di
occupazione possiedono competenze
professionali diverse da quelle richieste dal
mercato del lavoro oppure vivono in
un'area distante da quella in cui si trovano
le aziende disposte ad assumere o ancora
cercano un lavoro per la prima volta o
hanno da poco lasciato un lavoro per
cercarne uno più consono alle proprie
aspirazioni.
21
La disoccupazione strutturale è
compatibile con il pieno impiego.
E’ quel tipo di disoccupazione che dipende dalle
caratteristiche strutturali del mercato, come un
basso tasso di disoccupazione, la presenza di
organizzazioni sindacali forti, una legislazione del
lavoro che offre un alto grado di tutela ai lavoratori
o ancora un grado di concentrazione che permette
all'impresa di esercitare potere di mercato. Quando
si verificano tali condizioni, è possibile che i
lavoratori richiedano aumenti salariali maggiori di
quelli che le imprese sono disposte a concedere.
Tutto questo può indurre le imprese a limitare il
numero delle assunzioni.
22
La disoccupazione ciclica o involontaria dipende
dal basso livello della domanda aggregata.
E’ costituita da quelle persone che non trovano lavoro
perché il livello della domanda aggregata, e quindi della
produzione, è troppo basso. Le persone sono disponibili a
lavorare, ma le imprese, anche in conseguenza della fase
sfavorevole del ciclo economico (recessione), non
assumono.
La situazione di pieno impiego ammette la presenza di
disoccupazione strutturale e frizionale. Quando invece
parliamo di disoccupazione in senso stretto facciamo
riferimento alla disoccupazione ciclica o involontaria.
23
Quando il reddito di equilibrio non
coincide con quello potenziale o di
pieno impiego, vale a dire con il
reddito che si ottiene quando la
disoccupazione involontaria è nulla e
gli impianti sono utilizzati al
massimo delle loro capacità, è
possibile colmare il divario
attraverso politiche che stimolano la
domanda aggregata.
24
Y = DA
DA
DA2
E2
DA1
E1
Ye
Yp
Y
Un insufficiente livello della domanda
aggregata (pari a DA1) genera un reddito di
equilibrio (Ye) inferiore al pieno impiego.
Affinché il reddito cresca fino a raggiungere il
pieno impiego è necessario che la funzione della
domanda aggregata si sposti verso l'alto (al
livello DA2) fino a incontrare la retta
dell'equilibrio nel punto in cui Y = Yp. A partire
dalla Grande Depressione degli anni Trenta, uno
dei compiti attribuiti allo Stato, tramite opportune
misure di politica economica, è proprio quello di
intervenire sulla domanda aggregata in modo
che il sistema economico possa raggiungere il
reddito potenziale.
IL
MOLTIPLICATORE
DEL REDDITO E
LE FLUTTUAZIONI
CICLICHE
Il livello del reddito di equilibrio dipende
da quello della domanda aggregata.
A parità di domanda, il reddito di
equilibrio
tende
a
mantenere
stabilmente il proprio valore nel corso
del tempo; ne consegue che la sua
crescita può dipendere soltanto dalle
seguenti ragioni:
l'aumento di una delle componenti
autonome della spesa (gli investimenti e
la spesa pubblica);
la riduzione dei tributi;
l'aumento
della
propensione
al
consumo della collettività.
IL REDDITO DI EQUILIBRIO
CRESCE QUANDO:
AUMENTA UNA COMPONENE AUTONOMA DELLA
DOMANDA AGREGATA: INVESTIMENTI O SPESA
PUBBLICA
AUMENTA LA PROPENSIONE AL CUNSUMO
DIMINUISCE LA PRESSIONE TRIBUTARIA
L'aumento della spesa degli operatori
economici stimola le imprese ad aumentare la
produzione. Ciò porta a un aumento
dell'occupazione, così che il reddito della
collettività cresce ulteriormente. L'aumento del
reddito si traduce ancora in un aumento dei
consumi, instaurando un circolo virtuoso che
alimenta il benessere di tutti.
La capacità della domanda di innescare un
meccanismo virtuoso in grado di fare crescere
il livello del reddito può essere utilizzata nelle
situazioni in cui il reddito di equilibrio si
scosta dal reddito di pieno impiego.
Se infatti il reddito di equilibrio è inferiore al reddito di
piena occupazione, un aumento della domanda stimolerà
la produzione delle imprese, che assumeranno nuova
manodopera facendo così salire il reddito delle famiglie. A
sua volta il maggiore reddito porterà a un aumento dei
consumi che determinerà un'ulteriore crescita della
produzione. Il meccanismo continuerà fino a che il reddito
di equilibrio raggiungerà il reddito di pieno impiego. Oltre
questo livello, la produzione non potrà più salire ed
eventuali ulteriori incrementi della domanda finiranno per
tradursi in un aumento dei prezzi, cioè nell'inflazione.
Se I o G
allora DA
e quindi Y e C
…Y e C …
IL MOLTIPLICATORE DEL REDDITO
Gli effetti di variazioni della componente
autonoma della domanda sul livello del reddito
sono mostrati nel grafico sotto: l'incremento
della domanda determina uno spostamento
verso l'alto della curva DA.
La variazione della domanda può dipendere da
una decisione delle famiglie, che a parità di
reddito vogliono consumare di più, da una
decisione delle imprese, che vogliono investire
di più, oppure da una decisione dello Stato che
aumenta la spesa pubblica o riduce i tributi.
Y = DA
DA
DA2
E2
DA1
E1
100
Ye
300
Yp
Y
33
Qualunque ne sia la causa, al crescere della
domanda, da DA1 a DA2, anche il reddito
cresce da Y1 a Y2. Il circolo virtuoso che
abbiamo visto fa sì che l'aumento del
reddito (Y2 – Y1) sia superiore all'aumento
della domanda (DA2 – DA1).
Variazioni della domanda
aggregata generano variazioni
multiple del reddito.
Supponiamo che, in una situazione con un
reddito di equilibrio pari a Y1, gli
investimenti crescano di 100 unità. La
domanda
aggregata
aumenterà.
Aumenteranno dunque la produzione,
l’occupazione e i consumi (questi in base
alla propensione al consumo). Tale aumento
farà crescere ulteriormente il reddito. Il
meccanismo continuerà fino a quando il
reddito avrà raggiunto il pieno impiego, con
un incremento finale (500) che è di molto
superiore
a
quello
iniziale
degli
investimenti.
L'aumento della domanda aggregata si traduce in
reddito per altri operatori economici. Se per esempio gli
investimenti aggiuntivi sono destinati all'acquisto di
macchinari, le imprese che li producono aumenteranno
la loro offerta e le 100 unità di nuova produzione
saranno utilizzate per remunerare i fattori produttivi
(imprenditori, lavoratori) impiegati nella produzione
addizionale. Costoro spenderanno una parte del reddito
ottenuto, ad esempio l’80% per i loro consumi (se la
propensione al consumo è pari a 0,8), destinando la
parte rimanente (20%) al risparmio. Questa spesa per
consumi si tradurrà ancora in reddito aggiuntivo per
altri soggetti, i quali, di nuovo, ne spenderanno l'80%,
cioè 64 unità, per consumi, destinando le restanti 16 al
risparmio. Il processo continuerà fino al raggiungimento
del nuovo equilibrio.
Ad ogni passaggio, poiché una parte di reddito
aggiuntivo
viene
destinata
al
risparmio,
l’incremento del reddito derivante dall’incremento
dei consumi è via via più piccolo, così la somma dei
successivi incrementi non continua all'infinito, ma
si assesta su un valore determinato. L'incremento
totale di reddito è uguale alla somma di ciò che è
stato speso da ogni operatore nei diversi passaggi
(100 + 80 + 64 + 51,2 + ... = 500).
La crescita del reddito è tanto
maggiore quanto maggiore è la
propensione al consumo della
collettività.
Questo processo,
mediante il quale
l'incremento finale del
reddito è un multiplo
dell'incremento
iniziale della
domanda aggregata,
prende il nome di
moltiplicatore del
reddito.
Bisogna sottolineare quattro aspetti
del moltiplicatore.
1
Il
moltiplicatore
non
ha
un
carattere
esclusivamente monetario (aumento dei prezzi e
inflazione). Infatti, fino a quando nel sistema le
risorse disponibili non sono pienamente utilizzate,
l'aumento della domanda spinge le imprese ad
aumentare la produzione.
2
La domanda aggregata svolge un ruolo
fondamentale nella determinazione del reddito di
equilibrio:
nel
breve
periodo
la
causa
fondamentale dello sviluppo economico e delle
fluttuazioni cicliche è l'evoluzione della domanda.
3
La variazione del reddito è tanto più
elevata quanto maggiore è la variazione
della parte della domanda che non
dipende dal reddito e quanto maggiore
è la propensione al consumo.
4
L'operare completo del moltiplicatore
richiede tempo; le variazioni del reddito
che si verificano oggi sono in parte il
risultato di variazioni della domanda
realizzatesi in passato.
UNA FORMULAZIONE ALGEBRICA
DEL MOLTIPLICATORE DEL REDDITO
Per comprendere meglio il legame che
intercorre tra variazioni della domanda
aggregata e del reddito possiamo
formalizzare
algebricamente
la
determinazione
del
reddito
di
equilibrio.
Y = C + I + G = C0 + c (Y – T) + I + G
Sviluppando l’equazione e chiamando
con A la spesa autonoma (C0 + I + G –
cT), si ottiene che:
Y=
1
1–c
1
A
1–c
= moltiplicatore
Ricordiamo che 0 < c < 1,
e quindi 0 < (1 – c) < 1.
Pertanto il moltiplicatore è sempre
maggiore di 1.
Ricordiamo che 0 < c < 1,
e quindi 0 < (1 – c) < 1.
Pertanto il moltiplicatore è sempre
maggiore di 1.
FLUTTUAZIONI CICLICHE E RUOLO DELLO STATO
Le diverse componenti della domanda aggregata
variano continuamente. Talvolta i loro incrementi
sono sostenuti, talaltra sono meno consistenti.
Tutto ciò fa muovere di conseguenza il livello del
reddito, dando vita alle fluttuazioni cicliche
dell'economia.
Le fluttuazioni cicliche individuano
un'alternanza di periodi di crescita più o
meno tumultuosa, di lenta espansione o di
vera e propria recessione.
Y
ESPANSIONE
RECESSIONE
ESPANSIONE
Tempo
45
Gli scostamenti del reddito effettivo dal suo
valore potenziale, vale a dire dal valore che
il reddito assume quando tutti i fattori
produttivi sono pienamente impiegati,
prendono il nome di output gap e
costituiscono un indice importante per
capire la situazione economica di un Paese.
D'altronde, nel corso del tempo, anche il
reddito potenziale si modifica poiché
aumenta la disponibilità di fattori produttivi
(lavoro e capitale) e migliorano le tecniche
produttive; così anche gli output gap si
modificano costantemente.
Quando lo scarto tra il reddito potenziale e
quello effettivo è elevato, il sistema
economico si viene a trovare in una grave
situazione di crisi da cui potrebbe essere
molto difficoltoso uscire.
In questa situazione assume un ruolo
rilevante lo Stato che, attraverso la manovra
della spesa pubblica o della tassazione o lo
stimolo degli investimenti privati, può
innescare il meccanismo del moltiplicatore
e trainare il sistema economico fuori dalla
crisi.
L'insieme dei provvedimenti con cui lo
Stato
interviene
nell'economia
per
garantirne
lo
sviluppo
equilibrato
costituisce la politica economica.
La politica economica è la parte
dell’economia che studia l’intervento dello
Stato nel sistema economico.
Lo Stato interviene anche attraverso le
politiche economiche (politica fiscale e
politica monetaria).
Attraverso questi interventi lo Stato cerca
anzitutto di raggiungere il pieno impiego delle
risorse e in particolare della forza lavoro. Altri
obiettivi rilevanti sono una crescita continua ed
equilibrata del reddito e la stabilità dei prezzi.
OBIETTIVI DI POLITICA ECONOMICA
PIENO IMPIEGO E RIDUZIONE DELLA
DISOCCUPAZIONE
CRESCITA CONTINUA ED EQUILIBRATA DEL
REDDITO, RIDUZIONE DELL’AMPIEZZA E
DELLA DURATA DELLE FLUTTTUAZIONI
CICLICHE
STABILITA’DEI PREZZI E CONTROLLO
DELL’INFLAZIONE
LE POLITICHE ECONOMICHE
POLITICA FISCALE
POLITICA MONETARIA
La politica fiscale è la politica economica
che utilizza come strumenti di intervento la
spesa pubblica e i tributi.
La politica monetaria è la politica
economica che, attraverso l’impiego di
diversi strumenti monetari, ha come
obiettivo il controllo della quantità di
moneta in circolazione.
POLITICHE ECONOMICHE ESPANSIVE E RESTRITTIVE
POLITICA ESPANSIVA: la politica
economica si pone come obiettivi
quello di quello di favorire
l’espansione del reddito e quello di
ridurre la disoccupazione.
POLITICA RESTRITTIVA: la politica
economica si pone come obiettivi
quello di contenere un aumento
eccessivo della domanda aggregata
e quello di ridurre l’inflazione.
La politica fiscale è espansiva
quando consiste nell'aumento
della spesa pubblica o nella
riduzione dei tributi, mentre è
restrittiva in caso contrario.
La
politica
monetaria
è
espansiva quando consiste in
un aumento dell'offerta di
moneta
in
circolazione,
mentre è restrittiva in caso
contrario.
In particolare, quando vi sono risorse produttive
inutilizzate e la domanda aggregata è insufficiente, lo
Stato può adottare provvedimenti di politica fiscale
espansiva o di politica monetaria espansiva:
aumentando la spesa pubblica, riducendo la
tassazione o aumentando l’offerta di moneta. In
questo modo esso può attivare il meccanismo del
moltiplicatore e portare il sistema all'equilibrio di
pieno impiego.
D'altro lato, quando la domanda aggregata supera la
produzione potenziale, cosicché nel sistema
aumenta il rischio di inflazione, lo Stato può adottare
politiche economiche restrittive, per ridurre la
domanda aggregata: tagli alla spesa pubblica,
aumenti dei tributi, riduzione dell’offerta di moneta.
Gli obiettivi della politica economica spesso si
presentano tra loro come contrastanti. Così, per
esempio,
un
aumento
del
reddito
e
dell’occupazione può accompagnarsi a una
maggiore inflazione, mentre un tentativo di
ridurre l'inflazione può provocare un aumento
della disoccupazione.
Le autorità che governano il
Paese si trovano in tal caso a
dovere
scegliere
tra
situazioni
alternative,
nessuna delle quali in grado
di risolvere tutti i problemi in
modo definitivo.
LA CRISI ECONOMICA DEL 1929
I primi interventi di politica fiscale si
svilupparono durante gli anni Trenta del secolo
scorso, in risposta a una delle più violente crisi
economiche dell'età contemporanea: la crisi del
1929, nota come la Grande Depressione.
Tra le cause della crisi che nel 1929 travolse tutte
le economie occidentali va ricordato innanzitutto
il forte squilibrio che caratterizzava lo sviluppo
economico degli Stati Uniti e dell'Europa.
L'Europa, infatti, usciva dalla prima guerra
mondiale con pesanti perdite economiche.
In Europa la guerra aveva devastato il sistema delle
infrastrutture e molti impianti erano obsoleti. Era necessario
affrontare la riconversione produttiva delle industrie da
militari a civili. La disoccupazione e l’inflazione erano alle
stelle e le spese belliche avevano determinato pesanti deficit
dei bilanci pubblici. I Paesi europei dovevano restituire agli
Stati Uniti i 10 miliardi di dollari che erano stati loro
anticipati. La sola Germania doveva risarcire le potenze
vincitrici con 132 miliardi di marchi oro.
Gli Stati Uniti uscirono invece dal conflitto mondiale come
la vera potenza vincitrice: erano un Paese giovane, ricco
di risorse naturali, dotato di impianti e infrastrutture
all'avanguardia con una produttività elevata.
La popolazione era cresciuta di 17 milioni, tutto era
diventato più grande: i grattacieli, le metropoli, le strade
erano invase da 27 milioni di automobili, i consumi
aumentarono in misura esponenziale.
L'unico problema per un'economia tanto
fiorente era trovare mercati di sbocco per i
suoi prodotti. E l'Europa costituiva un
importante mercato di sbocco per le aziende
americane, tanto che, pur di esportare, esse
furono disposte a prestare agli europei il
denaro necessario per acquistare le loro
merci. Gli Stati Uniti diventarono il principale
creditore del mondo intero.
Molto aggressiva verso i mercati esteri, la
politica economica americana era invece
fortemente protezionistica sul versante
interno.
Nel
1921
il
Governo
repubblicano del Presidente
Hoover introdusse pesanti
dazi doganali per limitare le
importazioni di prodotti
stranieri. Così, poiché i
flussi commerciali che dagli
Stati Uniti raggiungevano
l'Europa
non
potevano
ritornare in forma di merce,
i
pagamenti
venivano
regolati in oro, fin che l'oro
del vecchio continente si
spostò quasi interamente
nei forzieri americani.
Un flusso che si
alimentava
anche
degli investimenti di
capitali,
che
oltreoceano
trovavano
remunerazioni
più
alte che in Europa.
Davanti
al
calo
consistente delle loro
riserve, i Governi
europei
ottennero
dalla Federal Reserve
una riduzione del
tasso di sconto.
Aumentò quindi la speculazione in Borsa e si arrivò alla
bolla del 1929. Il boom azionario di Wall Street era iniziato
nel 1924, grazie ai buoni risultati delle società americane.
Nel 1927 iniziò la speculazione: i prezzi salivano in modo
incontrollato, indipendentemente dai risultati industriali.
Nel 1928 le quotazioni andarono alle stelle. Tutti
comperavano, sicuri che avrebbero rivenduto a un prezzo
più alto. Chi non aveva denaro ricorreva ai prestiti.
I primi segnali della crisi arrivarono dall'economia reale. l
prezzi del prodotti agricoli americani iniziarono a scendere,
perché i Paesi europei iniziarono a essere più autonomi. Il
calo delle esportazioni di prodotti agricoli spinse gli
agricoltori a diminuire le proprie spese con effetti
importanti sul settore industriale. Nel giugno del 1929
cominciarono a scendere gli indici della produzione
industriale; la produzione superava la domanda e le merci
si stavano accumulando nei magazzini.
La situazione in Borsa precipitò giovedì 24 ottobre 1929, il
famoso giovedì nero, quando 12.894.650 azioni cambiarono
di mano a prezzi sempre più bassi. Tutti si precipitarono a
vendere all'impazzata, facendo crollare il valore dei titoli. Il
crollo della Borsa e la depressione si alimentarono
reciprocamente. La caduta del valore dei titoli coinvolse
tutti i settori produttivi e in poco tempo travolse anche
l'Europa.
Crollarono
i
consumi
e
aumentò
la
disoccupazione. Il minor potere d'acquisto delle
famiglie si trasformò in un ulteriore calo dei
consumi e l'economia si avvitò in una spirale
depressiva con effetti devastanti. Solo negli Stati
Uniti, tra il 1929 e il 1933 fallirono più di 95.000
imprese e la disoccupazione arrivò al 27%.
L'economista americano John Kenneth Galbraith individua
alcuni punti critici dell'economia americana, che possono
spiegare la Grande Depressione.
1
La cattiva distribuzione del reddito. Alla fine degli
anni Venti il 5% della popolazione disponeva di un
terzo del reddito personale. Una distribuzione del
reddito tanto sbilanciata era un potente volano per gli
investimenti e i consumi di beni di lusso, ma non
sosteneva le spese per i consumi delle famiglie. Così,
poiché cresceva la capacità produttiva, ma non
crescevano i consumi, il sistema si era venuto a
trovare in una condizione di sovrapproduzione.
D'altronde la spesa per investimenti e beni di lusso è
ben più sensibile ai risultati della Borsa della spesa
per consumi, così il crollo di Wall Street finì per
ripercuotersi pesantemente sull'economia reale.
2
La cattiva struttura bancaria, che era
costituita da un gran numero di banche
indipendenti, legate tra loro da rapporti di
credito. Così, quando una banca falliva,
poteva innescare un processo a catena.
3
Lo stato della bilancia dei pagamenti degli
Stati Uniti. Gli Usa erano i principali creditori
internazionali,
ma
attraverso
politiche
protezionistiche costringevano gli altri Paesi
a pagare i propri debiti solo in oro. Finito
l’oro, il vecchio continente si trovò costretto a
ridurre le importazioni, con forti ripercussioni
sull'economia americana.
4
Fiducia
nel
pareggio
di
bilancio. Infine si sbagliarono
gli
interventi
di
politica
economica. Si credeva che, per
uscire
dalla
crisi,
fosse
necessario
mantenere
il
pareggio del bilancio pubblico,
attraverso aumenti dei tributi e
tagli alla spesa. Una misura
che aggravò la depressione.
IL NEW DEAL
Il Governo repubblicano si mostrò
incapace di affrontare la situazione.
L’inasprimento
delle
barriere
doganali si rivelò una misura
destinata solo a moltiplicare i
problemi.
Nel 1932, davanti ad un Paese
stremato, il Presidente democratico
Franklin Delano Roosevelt avviò
un nuovo programma di interventi
pubblici (New Deal).
La nuova politica economica segnò la fine del liberismo
puro e l'inizio di un'epoca in cui la guida del sistema
economico diventava uno dei compiti fondamentali dello
Stato.
Il New Deal comprendeva un pacchetto di provvedimenti
legislativi di sostegno al settore agricolo, di tutela dei
diritti dei lavoratori e di aiuto alle categorie più deboli.
Il New Deal avviò anche un vasto programma di opere
pubbliche, realizzate in buona misura per ridurre la
disoccupazione.
Sicuramente Keynes e la suo opera principale, la Teoria
generale, esercitarono un’influenza determinante sulle
decisioni di politica economica. In realtà Keynes invitò il
presidente americano ad applicare integralmente le sue
idee. La teoria keynesiana fu applicata con maggiore
decisione solo dopo la seconda guerra mondiale.
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