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Laboratorio_master
Università degli Studi Niccolò Cusano Telematica Roma
MASTER IN PSICOPEDAGOGIA E DIDATTICA
PER I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
L’allievo con DSA
Aspetti emotivo – affettivi e motivazionali
Cucchiara Giuseppina
COSA FAREMO IN QUESTO LABORATORIO
Ci soffermeremo sulle ripercussioni che le
difficoltà incontrate possono produrre
nell’allievo con DSA.
In particolare parleremo
• delle manifestazioni psicologiche e
comportamentali del disagio
• delle metodologie e delle strategie
didattiche utili a sostenere l’allievo
• dell’uso di strategie didattiche come
strumento compensativo
• Condiviso un linguaggio comune definendo cos’è una difficoltà e cos’è un
disturbo
• Chiarito che il disturbo non è una malattia
• Sperimentato come rendere il più possibile oggettiva la rilevazione di dati
pedagogici attraverso l’osservazione
• Fatto ipotesi di intervento in classe partendo su uno studio di caso
In sintesi possiamo dire che
un alunno con DSA si presenta a scuola come
• un bambino intelligente
• senza problemi emotivi rilevanti
• di buone condizioni socioculturali
• ha fruito di un normale insegnamento
eppure
manifesta sin dalla prima classe una palese difficoltà nell’apprendimento della
lettura, della scrittura e del calcolo.
Questa difficoltà si dimostra resistente al cambiamento e permane anche dopo che
sono stati avviati sforzi notevoli per aiutarlo.
Il confronto con le proprie difficoltà fa sì che questi alunni comincino a :
• strutturare un concetto di sé più negativo
• si sentano meno supportati emotivamente
• provino più ansia rispetto ai loro coetanei
• abbiano poca autostima,
• tendano ad abbandonare il compito, sentito come fonte di insuccesso
• abbiano una carente percezione di autoefficacia rispetto alle proprie
abilità nell’affrontare i compiti scolastici
rischio di generalizzazione
All’inizio della scuola primaria
un bambino con DSAsi trova precocemente ad affrontare una situazione di
forte disagio. Vede infatti che mentre i compagni di classe imparano
rapidamente e con facilità a:
leggere
scrivere
contare
lui continua ad avere difficoltà enormi, continua a rifare gli stessi errori
banali
è lento
Queste difficoltà non hanno spiegazione né per lui e per gli insegnanti nè per i
genitori, poiché di solito appare come un bambino normale che in altre attività
mostra intelligenza e partecipa senza problemi.
Cosa può accadere
L’insuccesso nell’apprendimento di alcune attività elementari fa sì
che l’alunno cominci a strutturare:
• vissuti di sfiducia
• calo progressivo dell’autostima
• convinzione di essere incapace, o pigro e svogliato.
Si possono così strutturare convinzioni errate, che peggiorano la
situazione.
L’ambiente scolastico (insegnanti e compagni) ha un ruolo
fondamentale nel far sì che queste convinzioni si cristallizzino o
possano essere modificate in positivo.
Come si può manifestare il disagio
Le manifestazioni psicologiche del disagio a volte possono
assumere aspetti opposti:
l’alunno può presentare un comportamento ritirato, chiuso in
se stesso: evita il confronto, cerca di nascondersi (per es.
vuole stare nell’ultimo banco), parla poco
oppure
può manifestare sentimenti di rabbia che portano a
comportamenti disturbanti (opposizione e aggressività)
diventando un problema nella classe.
Non è infrequente che lo stesso alunno possa presentare i due
diversi tipi di comportamento in momenti diversi.
Cosa pensiamo siano
Concetto di sé
Autoefficacia
Autostima
Motivazione
Concetto di sè
Idea composita
Si costruisce mediante l’esperienza diretta
e le valutazioni di altri
Sé reale/sé ideale
Riflette le convinzioni di efficacia personale
Autoefficacia
Con l'espressione senso di efficacia personale ci si
riferisce alle convinzioni che si hanno in merito alle
proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di
azioni necessarie a gestire adeguatamente le
situazioni che si incontreranno in modo da
raggiungere i risultati prefissati. Le convinzioni di
efficacia influenzano il modo in cui le persone
pensano, si sentono, trovano delle fonti di motivazione
personale e agiscono (Bandura, 1995, p. 15)
Autoefficacia
Consente di prevedere:
 gli obiettivi scelti
 la qualità delle prestazioni
È multidimensionale
Le persone con una buona autoefficacia personale
• affrontano i compiti difficili con spirito costruttivo e li
concepiscono come sfide da vincere piuttosto che come
pericoli da evitare. Tale atteggiamento favorisce la
motivazione a porsi obiettivi ambiziosi e a perseguirli fino al
loro raggiungimento, con una profonda partecipazione a ciò
che si fa
• di fronte alle difficoltà intensificano il proprio impegno, lo
mantengono costante e in caso di insuccesso recuperano
velocemente il proprio senso di efficacia
• attribuiscono l'insuccesso a se stessi, imputandolo ad un
impegno insufficiente, o a una mancanza di conoscenze, o di
abilità che comunque ritengono di poter acquisire
Un buon livello di autoefficacia è quindi
il bagaglio cognitivo- emotivo che consente ad
una persona di perseguire degli obiettivi anche in
caso di difficoltà, o di affrontare situazioni
ambientali particolarmente impegnative, dando
una direzione alla propria evoluzione personale e
alla qualità del proprio funzionamento.
Concetto di sé
Idea composita
Si costruisce mediante l’esperienza
diretta
e le valutazioni degli altri
Sé ideale/sé reale
Riflette le convinzioni di efficacia
L’autostima
L'insieme delle percezioni, delle valutazioni e dei sentimenti
che una persona, giovane o adulta, prova nei confronti dei
diversi aspetti di sé, delle abilità che possiede o si attribuisce,
determina l'autostima.
Questo termine è spesso utilizzato come sinonimo di
autoefficacia, ma in realtà i due costrutti hanno caratteristiche
proprie.
Autoefficacia e autostima
Il senso di autoefficacia riguarda giudizi di capacità personale, mentre
l’autostima riguarda giudizi di valore personale.
La motivazione
La motivazione è la condizione essenziale perché una persona sia
disposta a realizzare qualcosa che ritiene importante e meritevole,
impiegando in questo impegno anche notevoli energie
Motivazione è un costrutto complesso perché
• la sua differenziazione si realizza per il progredire delle esperienze,
• è il risultato dell’intreccio che queste creano con i motivi sociali e le
caratteristiche personali.
I rapporti tra i diversi fattori e gli effetti che le loro interazioni
producono sono espressi da Susan Harter con la formula motivazione di
competenza
MOTIVAZIONE DI COMPETENZA
Aumenta
Diminuisce
Competenza percepita
Piacere
Percezione interna di
controllo
Sfida ottimale
Successo
Interiorizzazione di:
Ansia nelle
situazioni di
padronanza
Fallimento
• approvazione
• obiettivi di
padronanza
Rinforzo positivo o
approvazione dei tentativi
indipendenti di padronanza di
abilità/competenza
Modellamento
dell’approvazione
Mancanza di rinforzo per la
dipendenza
RISULTATI POSITIVI
Percezione esterna di
controllo
Dipendenza
dall’esterno
• sistema di
autoricompensa
Il bisogno di
approvazione
esterna
diminuisce con lo
sviluppo
Mancanza di competenza
percepita
•obiettivi
Tentativo di padronanza cognitiva,
sociale, fisica
Il bisogno di
approvazione
esterna aumenta
con lo sviluppo
Mancanza di rinforzo e/o
disapprovazione dei tentativi
di padronanza di
abilità/competenza
Modellamento della
disapprovazione
Rinforzo della dipendenza
RISULTATI NEGATIVI
Cosa accade nei DSA
Negli alunni con DSA l’abilità automatizzata implica un dispendio
di energie nella trascodifica, che fa sì che gli alunni si stanchino
rapidamente, commettano molti errori e non imparino.
Per poter ottenere un risultato soddisfacente occorrono tempi
lunghi, un’attenzione prolungata e molti sforzi; di conseguenza le
loro prestazioni possono essere altalenanti, gettando nello
sconforto insegnanti e genitori che colpevolizzano l’alunno
facendo appello allo scarso impegno.
Il credersi capaci influenza la motivazione al compito.
Se questa percezione è debole si sviluppano sentimenti di
autosvalutazione, che a loro volta portano a
• una riduzione dell’impegno
• forme di evitamento del compito
• la tendenza a dilazionare i tempi
• problemi comportamentali.
Gli alunni con DSA generalmente attribuiscono i propri successi a
cause esterne (fortuna, il caso...) e i propri insuccessi a cause
interne (mancanza di abilità).
L’attribuire i propri insuccessi a mancanza di abilità porta a
considerare inutile impegnarsi in un compito: se l’alunno sente di
non possedere le abilità adeguate per portarlo a termine lo vivrà
come inutile e cercherà di evitarlo, non persisterà di fronte alle
difficoltà ottenendo risultati mediocri
Possibili reazioni alla situazione di difficoltà
L’alunno percepisce che le sue difficoltà non gli vengono
riconosciute e cerca di proteggersi da pesanti frustrazioni,
cominciando a demotivarsi, evitando i compiti e/o attivando
comportamenti disturbanti.
In questo modo è molto probabile che si arrivi alla
degenerazione dei rapporti con insegnanti e genitori.
Studio di caso
Anna (nome di fantasia) ha 11 anni e frequenta la classe prima
della scuola secondaria di primo grado. Proviene da una famiglia
benestante e colta, coesa al proprio interno e con una rete di
relazioni amicali solida. Il suo rendimento scolastico è da sempre
poco soddisfacente a causa di una notevole lentezza
nell’esecuzione di compiti sia a casa sia a scuola; sebbene abbia
un discreto controllo degli strumenti di base, la sua autonomia
nello studio è limitata e ha bisogno di un controllo esterno che
l’aiuti a regolare sia i tempi sia le scelte strategiche adatte alla
esecuzione delle attività. Le maggiori difficoltà si hanno nel
controllo degli aspetti logico-linguistici dei contenuti curricolari;
tuttavia, sebbene a fatica, gli obiettivi curricolari minimi previsti
per il ciclo d’istruzione primaria sono stati raggiunti.
Con l’ingresso nella scuola secondaria di primo grado le
problematiche di Anna sembrano essere aumentate, sia sul piano
dell’apprendimento sia sul versante relazionale.
Nonostante la disponibilità dei docenti e il supporto della famiglia a
metà dell’anno scolastico la situazione della ragazza appare davvero
problematica; le capacità di apprendimento, anche se possedute, non
sono utilizzate e inoltre gli insegnanti hanno notato un progressivo
peggioramento delle relazioni con i coetanei, rispetto ai quali la
ragazza si pone con modalità disfunzionali, come la richiesta di
amicizie esclusive, interventi nelle conversazioni non adeguati al
contesto, esibizione di condotte infantili, tutti fattori che hanno
provocato la sua esclusione dal gruppo classe. Il sociogramma di
Moreno, somministrato a metà dell’anno scolastico all’intera
classe ha mostrato, infatti, come Anna sia fortemente rifiutata dai
suoi compagni.
La ragazza reagisce ai tentativi di spronarla a studiare e a
partecipare alle relazioni sociali con risposte che denotano sfiducia
nelle proprie possibilità e autosvalutazione.
Per individuare e comprendere il bisogno della ragazza senza indulgere a
supposizioni che potrebbero tradursi in profezie che si autoavverano la
scuola, gli esperti in campo psicodagogico ai quali i genitori si sono nel
frattempo rivolti e i genitori stessi costituiscono una rete, che ha l’obiettivo
di realizzare una osservazione sistematica su repertori di competenze
cognitive e socio relazionali concordati, allo scopo di delineare un profilo
della ragazza.
L’osservazione, coerentemente con la psicodiagnosi effettuata nel periodo
precedente l’osservazione, e i colloqui condotti con un esperto, indicano il
possesso da parte di Anna delle capacità di apprendimento e anche una
indubbia conoscenza delle modalità relazionali più consone alle diverse
situazioni sociali. Queste sono adeguatamente esibite quando non si trova in
situazioni che innescano in lei meccanismi di competizione, come avviene a
scuola; la ragazza si dimostra anzi capace di partecipare ad una
conversazione in modo piacevole e pertinente, esprimendo anche un
appropriato senso dell’umorismo.
Cosa pensare di Anna?
5 minuti di tempo per annotare cosa ci
viene in mente
Sarebbe facile a questo punto etichettare Anna come una persona
pigra, o svogliata o anche disinteressata; altrettanto facile sarebbe
definirla come oppositiva, oppure ipotizzare per lei qualche disturbo
di personalità.
In realtà il bisogno educativo speciale di questa adolescente è
legato alla sua esperienza scolastica, costellata da pochi faticosi
successi e numerosi evidenti insuccessi, eventi la cui ricorsività ha
portato allo strutturarsi di un carente senso di autoefficacia.
L’apprendimento
cooperativo
Quando si parla di apprendimento cooperativo, prima
ancora
che
a
uno
specifico
metodo
di
insegnamento/apprendimento, ci si riferisce a un vasto
movimento educativo. Questo, pur partendo da
prospettive teoriche diverse, applica particolari tecniche
di cooperazione nell'apprendimento in classe.
Tutte le esperienze dimostrano che il rendimento
scolastico degli studenti migliora quando si attivano i
gruppi di apprendimento cooperativo.
Gli insegnanti possono aiutare gli studenti a sviluppare
la capacità di risolvere i problemi e le capacità sociali di
cui avranno bisogno per lavorare con gli altri molteplici
aree (es. la comunicazioni, la leadership, i processi
decisionali).
Solo metodo didattico?
L'apprendimento cooperativo non si può definire
solamente un metodo didattico; in realtà è una filosofia
personale. Questa afferma che quando le persone si
riuniscono in gruppo, i loro obiettivi possono essere
soddisfatti più facilmente se lavorano insieme, in
collaborazione, invece di competere l'uno con l'altro
nell'affrontare i problemi.
L’idea di fondo
Ottenere il coinvolgimento attivo degli studenti
nel processo di apprendimento.
Quando due o più studenti cercano di risolvere un problema o di rispondere a
una domanda:
• entrano in un processo di apprendimento, motivato dalla voglia di conoscere
• interagiscono l'uno con l'altro, condividendo idee e nozioni
• cercano nuovi dati
• prendono decisioni sui risultati delle loro
• presentano i risultati all'intera classe.
Possono anche
• dare o ricevere assistenza dai compagni
• di contribuire a strutturare il lavoro della classe
formulando suggerimenti sul tipo di lezione e sulle
procedure da adottare.
E' un livello di responsabilizzazione che non sarebbe
possibile conseguire con le lezioni cattedratiche e
nemmeno con un dibattito
Le ricerche hanno evidenziato che l’apprendimento
cooperativo riduce il livello di violenza in qualsiasi
ambiente.
I modelli
Student Team Building
Group Investigation
Learning Togheter
Complex Instruction
Structural Approach
Script Cooperation
Di seguito gli aspetti caratterizzanti ogni modello
Robert Slavin: Student Team Building
Le ricompense di gruppo esprimono un riconoscimento pubblico dei
risultati raggiunti dal momento in cui è stato assegnato il compito.
La responsabilità individuale: tutti devono sentirsi responsabili delle
relazioni del gruppo: “Ognuno ha l’obbligo di dare il meglio che può e
fare il meglio che può”.
La stessa opportunità di successo: la condizione cooperativa
assicura che tutti abbiano la possibilità di raggiungere il successo se
migliorano la loro prestazione precedente.
Yael e Shlomo Sharan: Group
Investigation
Organizzazione della classe in gruppi flessibili, eterogenei, con molteplicità
di interessi e di obiettivi.
Pianificazione del compito di apprendimento in modo che ogni membro del
gruppo possa dare un attivo contributo.
Pianificazione del compito di apprendimento in modo che ogni membro del
gruppo possa dare un attivo contributo.
Pianificazione del compito di apprendimento in modo che ogni membro del
gruppo possa dare un attivo contributo.
David e Roger Johnson: Learning Togheter
L’interdipendenza positiva: i componenti del gruppo hanno la
consapevolezza di riuscire o fallire insieme.
La responsabilità individuale: il conseguimento dell’obiettivo di gruppo
dipende dallo sforzo e l’impegno dei singoli componenti.
L’interazione faccia a faccia, grazie alla quale nel gruppo tutti
contribuiscono, ascoltano, collaborano, manifestano fiducia reciproca, si
accettano e si aiutano.
Le abilità sociali, quali comunicazione, leadership distribuita,
risoluzione di conflitti, devono essere attentamente insegnate e apprese.
Controllo da parte dell’insegnante dei comportamenti richiesti dal
compito da eseguire in gruppo (monitoring) e valutazione del lavoro
svolto in gruppo (processing).
Elisabeth Cohen: Complex Instruction
Modificare i pregiudizi sia degli studenti che dell’insegnante con una visione
ampia delle abilità necessarie per eseguire un compito scolastico.
Preparare gli studenti alla cooperazione attraverso l’insegnamento di
competenze cooperative specifiche: porre domande, ascoltare, aiutare gli
altri, aiutare gli altri a fare da soli, mostrare agli altri come una cosa deve
essere fatta.
Organizzare compiti complessi, siano questi tematici o compiti aperti,
oppure compiti che richiedono un ampio arco di abilità.
Affidare a ciascun componenete del gruppo il ruolo o il compito da svolgere.
Miguel e Spencer Kagan: Structural Approach
Il più alto livello di interazione simultanea (es. se un gruppo di 20
membri è suddiviso in 5 gruppi, ognuno composto da 4 membri, nella
medesima unità di tempo sarebbero almeno 5 membri a parlare, se si
dividesse lo stesso gruppo in coppie, sempre nella medesima unità di
tempo sarebbero almeno 10 membri a parlare)
Il pari livello di partecipazione, ovvero: il lavoro da svolgere in
gruppo deve essere equamente distribuito fra i componenti, in modo
che tutti diano lo stesso contributo.
La mancanza di di questa condizione potrebbe indurre a qualche
componente ad approfittare del lavoro degli altri.
Dansereau e altri: Script Cooperation
I gruppi di lavoro devono essere molto piccoli, anche di
due componenti, per evitare dinamiche interne che
ostacolano o rendono difficile il lavoro
Ai gruppi deve essere offerta una traccia (script)
sucome devono operare, per essere sicuri di
raggiungere un risultato positivo.
STRUTTURE
DI apprendimento ccoperativo
Il Cooperative Learning Informale
Strutture di apprendimento ccooperativo che impegnano piccoli gruppi di
studenti in attività di breve durata (da pochi minuti a un’ora di scuola), con lo
scopo di far conseguire un obiettivo comune di apprendimento.
Nel proporre le attività, questa struttura promuove lo sviluppo delle relazioni
reciproche tra gli studenti suggerendo in continuazione lo scambio dei partner
delle coppie di lavoro.
Il Jigsaw (lett. Gioco a incastro)
Strutture di apprendimento cooperativo che impegnano piccoli
gruppi di studenti in attività di breve durata (da pochi minuti a
un’ora di scuola) con lo scopo di far conseguire un obiettivo
comune di apprendimento. Nel proporre le attività, questa struttura
promuove lo sviluppo delle relazioni reciproche tra gli studenti
suggerendo in continuazione lo scambio dei partner delle coppie di
lavoro.
Esempio

L’insegnante sceglie un argomento che sia divisibile in quattro
o cinque parti (es. le province della propria regione).

Divide poi la classe in gruppi che contino tanti componenti,
quante sono le parti in cui ha diviso l’argomento dato, quindi
assegna una parte dell’argomento ad ogni membro di ogni
gruppo.

Questi gruppi si chiamano Gruppi BASE. Sarebbe opportuno
favorire un certo livello di coesione del gruppo, ad esempio
chiedendo loro di inventarsi un nome di gruppo e uno slogan,
proponendo una breve gara tra gruppi o altre modalità che
favoriscano la coesione e il senso di appartenenza.
Poi…

Assegna poi a ciascun alunno di ciascun gruppo
una delle 5 parti in cui ha suddiviso l’argomento

Raggruppa poi in ulteriori gruppi tutti gli alunni a cui
è stato assegnato lo stesso argomento/provincia.

I nuovi gruppi così formati, saranno i gruppi di
ESPERTI, poiché ognuno gruppo ha il compito di
diventare esperto dell’ argomento/provincia che gli
è stato assegnato. Nel gruppo dovranno leggere
l’argomento provincia, costruire una mappa
semantica e ipotizzare delle domande di verifica
sull’argomento dato.
Cosa significa diventare esperto
Diventare esperto significa anche avere la
responsabilità di far sì che i compagni del proprio
gruppo di base, conoscano molto bene l’argomento
di cui lui è esperto.
La Controversia
Un gruppo viene diviso in due sottogruppi. Un
sottogruppo lavora su aspetti a favore di un certo
argomento e un sottogruppo su aspetti a sfavore.
Dopo la rispettiva ricerca, le parti presentano le
motivazioni a difesa delle loro tesi. Nella
discussione le due parti cercano di difendere la loro
posizione.
Poi, i sottogruppi cambiano “posizione” ricercano
argomentazioni tralasciate.
L’attività si conclude quando il gruppo prospetta
una propria posizione sull’argomento trattato.
Come formare i gruppi cooperativi ?



Quanti e quali tipi di gruppi esistono?
Quali sono i vantaggi di un gruppo rispetto ad un
altro?
Secondo quali criteri un insegnante dovrebbe
decidere la numerosità del gruppo?
Tipologie dei gruppi:
casuali
eterogenei
omogenei
Modalità di formazione dei gruppi
Tecniche di scelta casuale
Tecniche per scelta dell’insegnante
Gruppi casuali
Sono gruppi formati con un criterio casuale, come un
sorteggio, l’assegnazione di numeri etc.
Non c’è una decisione previa rispetto a chi saranno i
componenti di ciascun gruppo.
I gruppi di tipo casuale sono consigliabili
quando:
 il carico di lavoro previsto dall’attività è leggero
 sono previsti ogni tanto anche interventi
dell’insegnante durante il lavoro degli allievi
 si vuole favorire una conoscenza tra gli alunni.
Gruppi eterogenei
formati partendo da criteri ben precisi, ad es. per bilanciare i
sessi, le abilità cognitive, le abilità sociali etc.
 prevedono pertanto una progettazione e una riflessione previa
accurata.
Formare gruppi eterogenei è consigliabili quando:
 gli studenti sono sufficientemente autonomi nel realizzare i
compiti;
 è prevista un’attività che durerà a lungo, ad esempio per più di
4 settimane;
 gli studenti sono socialmente abili
 l’obiettivo è di far condividere conoscenze, abilità o
competenze diverse.

È il gruppo ideale nelle attività cooperative, poiché
•
•
•
aumenta la possibilità di aiuto reciproco e di
integrazione delle differenze di abilità socio-culturali
e razziali.
c’è un maggior numero di risorse e abilità
disponibili;
favorisce una più intensa attività di pensiero
elaborativo
Gruppi omogenei
Sono formati dall’insegnante quando si vogliono ottenere dei
gruppi di livello.
Anche questo tipo di gruppi prevede un’accurata progettazione
prima dell’attività.
I gruppi omogenei possono essere utilizzati quando:
non esistono diversità particolarmente marcate tra le capacità
degli allievi;
quando si vogliono proporre compiti che prevedono diversi livelli
di difficoltà per individualizzare l’apprendimento.
quando l’obiettivo è colmare alcune lacune in pochi elementi
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