IL VENTO PERSO NON TORNA L`intervista Livio de Santoli
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IL VENTO PERSO NON TORNA L`intervista Livio de Santoli
PIANETA TERRA il Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO IL VENTO PERSO NON TORNA Simone Togni L’intervista Livio de Santoli Presidente AiCARR Delegato per l’energia della Sapienza E BR EM T T SE 15 0 2 PIANETA TERRA il Mensile di informazione e cultura dell’ambiente, dell’energia e delle fonti rinnovabili sommario settembre 2015 3 7 Redazione 13 17 Comitato di Redazione Simone Togni, Stefania Abbondandolo, Davide Astiaso Garcia, Silvia Martone 21 www.ilpianetaterra.it Registrazione n. 66 del 5 giugno 2003 presso il Tribunale di Napoli INTERVISTA A LIVIO DE SANTOLI Presidente AiCARR Delegato per l’energia della Sapienza Direttore responsabile Simone Togni Contatti via Tagliamento 24, 00198 Roma IL VENTO PERSO NON TORNA Simone Togni 26 PIANI ENERGETICI: UNA LEZIONE ITALIANA G.B. Zorzoli L’EGOISMO DELL’ESTETICA Sergio Ferraris UN NUOVO PATTO MONDIALE PER SALVARE IL PIANETA DAL RISCALDAMENTO GLOBALE Roberto Venafro - Edison NEWSLETTER ANEV 30 Intervista a EZIO SALVO Country Manager Italy di BKW Editore Sinderesi srl ROC 25332 Silvia Martone 33 37 Progetto grafico L’asterisco di Barbara Elmi, Roma Stampa GPT - Gruppo Poligrafico Tiberino Via Ponchielli, 30 - 06073 Loc Ellera, Corciano (PG) Redazione • Pubblicità [email protected] Delle opinioni manifestate sugli scritti o siglati sono responsabili i singoli Autori dei quali il Comitato di Redazione intende rispettare la piena libertà di giudizio. La collaborazione alla rivista è aperta a tutti gli interessati, tuttavia è compito della Redazione definire i contenuti di ciascun numero, la scelta degli articoli e il tempo di pubblicazione. La riproduzione, anche parziale degli scritti e dei grafici pubblicati su “il pianeta terra” è consentita previa autorizzazione e citando ovviamente la fonte. 40 45 COORDINAMENTO FREE TLC, EDILIZIA E TRASPORTI RISCOPRONO L’EFFICIENZA E LE FONTI RINNOVABILI Umberto Di Matteo, ISES Italia LE NUOVE FRONTIERE DELLE RINNOVABILI: L’ENERGIA DEL MARE Davide Astiaso Garcia CARTA, PENNA E DIRITTO Avv. Germana Cassar VIA LIBERA ALL’IMPIANTO EOLICO OFF-SHORE DI TARANTO Daria Palminteri 1 Proprietario del Periodico gps srl Gruppo Problem Solving PIANETA TERRA il Simone Togni IL VENTO PERSO NON TORNA 3 Il vento perso non torna… chi naviga lo sa bene, chi produce energia eolica pure. Invece, sembra che questo principio sfugga a chi dovrebbe avere la responsabilità di metterci nelle condizioni di poterlo sfruttare per interesse imprenditoriale e con beneficio comune. Come tutti sanno questo è l’anno nel quale, ad inizio dicembre a Parigi, si terrà la COP 21 che dovrà (dovrebbe) definire gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti al 2030 e al 2050. Questi target potranno essere uno (speriamo di no) o tre (energia rinnovabile, CO2, efficienza energetica), e potranno essere vincolanti (indispensabile) ovvero cumulati e indicativi (assolutamente un fallimento); insomma, le decisioni assunte potranno essere sufficienti ovvero inutili e da queste decisioni dipenderà il futuro dell’umanità. Proprio così, queste decisioni sono così rilevanti che questa volta non ci giochiamo una minore o maggiore crescita industriale, la supremazia tecnologica o maggiori o minori investimenti, questa volta ci giochiamo l’equilibrio climatico del nostro pianeta! Detto ciò sembra necessario ripercorrere velocemente il cammino che ci ha portato a questo punto, ricordiamo che il Protocollo di Kyoto per la prima volta ha comportato l’assunzione volontaria di molti Paesi membri dell’obbligo di riduzione delle emissioni climalteranti che ognuno avrebbe dovuto realizzare entro il 2012 rispetto ai valori del 1990. L’Italia questo obiettivo l’ha raggiunto! Poi, l’Europa ha definito dei percorsi ulteriori di riduzione delle emissioni che hanno portato, con le Direttive Comunitarie in materia, a sta- 4 bilire obiettivi vincolanti al 2020 (l’Italia è oggi in linea con il loro raggiungimento grazie al drastico calo dei consumi elettrici figli della crisi internazionale). Questi sforzi sono stati necessari e utili, ma assolutamente non sufficienti tanto che la pressoché unanimità degli scienziati e tutte le Istituzioni Governative internazionali hanno indicato l’attuale andamento delle emissioni di CO2 come insufficiente a mantenere l’incremento della temperatura terrestre entro i 2° centigradi, livello ritenuto come insuperabile se vogliamo salvaguardare la nostra madre terra! Il trend attuale, dicevamo, porta ad un aumento della temperatura terrestre intorno al doppio (oltre 4° centigradi!!) con conseguenze catastrofiche per la razza umana. Proprio per questi motivi e per l’immensa posta in gioco, la Conferenza delle Parti sta lavorando per un obiettivo unico al 2030 e al 2050 che possa seriamente significare l’inversione di rotta di questo trend autodistruttivo in modo da poter sperare in un possibile futuro migliore. Come spesso accade in queste fasi cruciali nelle quali si devono assumere decisioni importanti che determinano anche le politiche energetiche future e quindi possono orientare grandi risorse economiche in alcune direzioni piuttosto che in altre, i ressante. Emblematico è il fatto che recentemente in Italia le grandi lobbies delle fossili si sono iniziate a muovere e non solo direttamente, ma anche e soprattutto con le loro Associazioni. Assoelettrica ha messo in campo i pezzi da novanta e tutta la sua forza per condizionare la posizione Italiana a Bruxelles, e non è detto che non ci riesca (!!), mentre nel frattempo sta per ottenere per le principali sue aziende associate un incredibile Capacity Payment (trasformato in Capacity Market per una migliore presentabilità), che sarebbe il colpo di coda dei fossili e il colpo di grazia per il mercato elettrico nazionale. Non saranno inoltre passate inosservate ai più le manovre che sempre Assoelettrica sta facendo per assorbire Assorinnovabili (associazione di produttori rinnovabili), cosa di cui si parla da anni, fusione che eliminerebbe una delle poche voci del mondo elettrico rimaste a favore delle rinnovabili. Un controsenso assoluto quello di avere sempre meno rappresentatività associativa, a fronte di un aumento significativo del peso delle rinnovabili, e tanto più incredibile proprio per il fatto di avvenire alle porte di Parigi, dove si terrà la COP 21 che potrebbe essere l’investitura finale del cambio di paradigma nel mondo elettrico mondiale. Fortunatamente resterà almeno una voce forte, sicuramente quella dell’ANEV, ma certamente anche altre che sapranno fare tesoro dell’esperienza e della autonomia che da sempre le contraddistingue. In questo momento è molto più importante essere nel giusto che essere in compagnia, ne eravamo già convinti ma ora grazie alla forte presa di posizione di Papa Francesco, prima con l’Enciclica “Laudato sì” e poi con le recenti prese di posizioni molto decise a favore dell’impegno per le Fonti Rinnovabili, ne siamo ancor più confortati e rafforzati.n 5 grossi interessi economici in gioco fanno sì che le aziende interessate, al fine di tutelare le proprie attività, si muovano a difesa degli interessi specifici. Questo è logico e comprensibile solo quando non trascende il limite dell’interesse comune. Dovrebbero infatti essere le politiche energetiche dei grandi gruppi, almeno di quelli che ancora non si sono orientate verso la sostenibilità, a doversi modificare e non le politiche internazionali a dover essere piegate agli interessi economici di pochi. Proprio per la grande posta in gioco che verrà definita a Parigi, negli ultimi mesi si sono visti muovere grossi gruppi di potere, quelli legati ai vecchi schemi, che in ogni modo stanno tentando di ostacolare, mistificare, sabotare e in ultimo comprare ogni opposizione in modo da poter far prevalere i loro interessi. In questo percorso abbiamo visto dapprima delegittimare le teorie sui mutamenti climatici con dossier falsi supportati dai cosiddetti “negazionisti”, poi miseramente sconfessati dalla pressoché unanimità degli scienziati del mondo; poi, una volta non più possibile negare i mutamenti climatici, si è provato a spostare l’attenzione sul fatto che non sarebbero stati di origine antropica le colpe di tali mutamenti; anche questo tentativo largamente sconfessato dai più recenti studi, oltre che dall’evidenza. Quindi si è tentato di sostenere che anche se tali mutamenti fossero stati di origine antropica il fatto che alcuni grandi emettitori come Cina, India ecc. non rientravano nei meccanismi di riduzione delle emissioni avrebbe reso inutile definire degli obiettivi vincolanti; infine si sta cercando di spostare quanto più in là nel tempo ogni tipo di intervento in modo da poter continuare a difendere i propri “sporchi” business… Per questi motivi negli ultimi mesi in molti hanno iniziato a dubitare del fatto che a Parigi si potesse arrivare a qualche risultato inte- PIANETA TERRA il Rivoluzionare il modello energetico, ma occorre una strategia Intervista a Livio de Santoli Presidente AiCARR Delegato per l’energia della Sapienza Università di Roma e Presidente AiCARR 7 Redazione Professor De Santoli, lei dice spesso che la mancanza di una strategia per l’energia nel nostro Paese non è un fatto casuale. Cerchiamo di capirne di più e partiamo dall’efficienza energetica: a che punto siamo? Maluccio. Nonostante l’entrata in vigore del decreto legislativo 102/2014, che recepisce quanto disposto dalla UE in tema di efficienza energetica in edilizia, questa non sembra rappresentare una priorità nel nostro Paese. Eppure si rivolge ad un settore, l’edilizia, che come è noto è responsabile del 40% dei consumi e delle emissioni nazionali, un comparto che in Italia rappresenta oltre il 6% dell’economia, impiega quasi due milioni di persone e un milione di imprese per lo più piccole e piccolissime. Un settore che con un fatturato complessivo di oltre 300 miliardi di euro rappresenta, nonostante la crisi degli ultimi anni, un sostanziale contributo al PIL nazionale. È noto che, solo se si volessero conseguire gli obiettivi che la UE sollecita e cioè i risparmi ancora attesi nel settore civile pari a 3,9 Mtep/anno al 2020 sui 46,9 complessivi, si raggiungerebbero investimenti da manovra finanziaria: azioni per 40 miliardi di euro in sei anni da qui al 2020 per le residenze, intervenendo sul 20% del patrimonio, con risparmi fino a 5.000 GWh/anno (per complessivi 30.000 GWh in 6 anni), e 20 miliardi di euro per il terziario. Ma con il quadro generale ed il sistema di regole attualmente a disposizione sarà difficile raggiungere questi obiettivi. Con quale forza l’Europa chiede un nostro impegno in questo settore? All’inizio del suo mandato, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha annunciato la sua intenzione di 8 creare una vice presidenza incaricata di seguire i lavori della cosiddetta “Energy Union”, posizione poi assegnata allo slovacco Maros Sefcovic. Una scelta forte perché di fatto introduce una supervisione sull’operato del commissario per il clima e l’energia; vengono definite i temi prioritari per la politica energetica europea, formulate secondo 5 punti: la sicurezza energetica, declinata secondo principi di sovranità e vocazionalità; la creazione di un mercato unico dell’energia; l’efficienza energetica come asset strategico; la decarbonizzazione dell’economia e la ricerca e l’innovazione. Sefcovic ha affermato che l’implementazione dell’Energy Union non è un’opzione, ed in questo sottolineo il ruolo dell’efficienza energetica e del cambiamento del modello economico, oltre che energetico. Ma senza una strategia nazionale che segua con costanza e convinzione le decisioni prese a livello europeo ciò rimarrà lettera morta. Qual è il ruolo della programmazione? Il nostro Paese ha una strategia? Il futuro in campo energetico si basa su una programmazione a medio-lungo termine che promuova l’uso intelligente delle nuove tecnologie e la consapevolezza e la responsabilità delle istituzioni e degli individui. Una programmazione che, tra l’altro, deve dettare le forme di una transizione verso un modello diverso, ma questo aspetto non è privo di insidie. Ancora oggi manca una definizione condivisa di un modello energetico che affronti in modo innovativo l’interazione tra consumi elettrici, termici e dei trasporti considerati in modo unitario, che tenga presente differenti opzioni sulle reti e sull’accumulo per creare quella flessibilità necessaria per una coe- tivazione dell’efficienza energetica. È necessario uno sforzo strutturale organizzativo che coinvolga il tema dell’energia senza ridurre il livello di vita (l’utilizzo di parte dei risparmi derivanti dall’efficienza energetica possono diventare sostegno del consumo sociale per famiglie meno abbienti) e di produttività (il mondo industriale, soprattutto delle PMI, deve partecipare attivamente alla modificazione del sistema industriale riconvertito alle tecnologie del nuovo modello in tema di occupazione e di produzione). Le grandi reti energetiche integrate con quelle delle telecomunicazioni e dei trasporti costituiscono l’asse portante del rilancio del Paese, sul piano della crescita e dell’occupazione. Il settore energeticoambientale può essere di supporto a tutti gli altri settori produttivi: dell’edilizia, delle agro-energie, della manifattura, della chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti e quindi con questi deve essere integrato. La predisposizione di una programmazione dovrebbe indicare le basi per un cambiamento radicale del modello di sviluppo. Il primo cambiamento è quello del 9 rente penetrazione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica nel tessuto industriale, civile e dei trasporti. Manca una “road-map” sul breve-medio periodo per un definitivo progressivo abbandono delle fonti fossili che riesca a strutturare l’obiettivo di un futuro caratterizzato da soluzioni totalmente de-carbonizzate. In definitiva manca un ripensamento e una riprogettazione del sistema energetico sia dal lato della produzione che dal lato dei consumi e, forse cosa più cruciale, mancano le regole di ingaggio di questa transizione, che permettano un completo e definitivo abbandono delle modalità e delle procedure del vecchio modello, queste sì che devono essere subito definitivamente abbandonate. La discussione deve affrontare in modo organico il mix energetico dei prossimi anni, la revisione della struttura tariffaria per abbassare i costi delle bollette, l’innovazione delle reti per intensificare lo sviluppo della generazione distribuita, il superamento della logica dei grandi impianti di produzione favorendo lo sviluppo di distretti energetici ambientali locali, l’incen- coinvolgimento operativo di ogni individuo nei programmi e nelle decisioni sul tema dell’energia. Cambiare il modello energetico significa cambiare la società, perché definisce un ruolo nuovo per l’individuo, per cui egli deve essere positivamente e volontariamente costretto ad un atteggiamento più consapevole ed attivo sia come consumatore (“smart users”), sia come produttore (“prosumers”). La sensibilizzazione delle comunità locali sul tema dell’energia, infine, permetterebbe il raggiungimento di un elevato grado di sicurezza energetica nell’approvvigionamento, l’ottenimento di risultati si- legislativa nei confronti degli obblighi comunitari (ad esempio 3% del patrimonio PPAA centrali), la necessità di assicurare agli utenti maggior certezza sulle prestazioni energetiche dichiarate e sull’energia consumata, richiede uno strumento operativo a supporto della legislazione caratterizzato da semplificazione e trasparenza. E questo nel Regolamento Unico Nazionale, che tutti i Comuni dovranno adottare adeguando e potenziando l’aspetto energetico nei regolamenti edilizi; nell’interazione con modifiche al Testo Unico dell’edilizia 380/2001; nell’integrazione con i principi in materia di politiche pubbliche territoriali e di trasformazione urbana. In particolare, occorre sottolineare l’importanza di quest’ultimo aspetto, perché la trasformazione urbana deve essere un’occasione per promuovere in modo efficace politiche di efficienza energetica strutturali. Questi sono i motivi che hanno spinto AiCARR ad esprimere la necessità dell’introduzione di un Testo Unico per l’efficienza energetica in edilizia, e di contemplare i principi che garantiscano la riduzione dei consumi di energia su scala urbana (riferiti alle aree di trasformazione) ovvero principi di perequazione energetica. La trasformazione urbana è l’unico ambito all’interno del quale si possano promuovere determinate politiche di carattere strutturale: si esce quindi dalla logica di intervento sul singolo edificio per entrate nella logica di intervento sul quartiere e sulla città (che poi altro non è che l’implementazione del concetto di “Smart Cities”). In un quadro finalmente organico e integrato, certo, semplice e trasparente, devono essere inclusi gli strumenti che già la trasformazione urbana deve essere un’occasione per promuovere politiche di efficienza gnificativi dal punto di vista ambientale, il risparmio in termini di bollette energetiche, e in ogni caso la rifondazione della stessa società sulla base di rinnovati rapporti interpersonali più responsabili. Al momento però tutto questo appartiene alla sfera dei sogni. Oltre alla mancanza di una strategia, gli strumenti attuali sono inefficaci? La complessità del quadro sia legislativo sia normativo esistente in tematica di efficienza energetica degli edifici, rende oggi difficile avere interpretazioni univoche su ciò che si deve fare dal punto di vista tecnico. La mancanza di chiarezza e di uniformità a livello nazionale nella regolamentazione legislativa dell’efficienza energetica nell’edilizia, la necessità di attuare una semplificazione 10 In questo quadro qual è il ruolo delle associazioni di categoria? Abbiamo fatto una riflessione su questo tema sin dal primo giorno del mio mandato in AiCARR. Decidemmo per un ruolo dell’Associazione che travalicasse i soli compiti tecnici per affrontare il tema della responsabilità in questa società in crisi. Decidemmo per un ruolo di AiCARR a supporto delle istituzioni, certo, ma con l’obiettivo di difendere il mondo produttivo che rappresenta quelle aziende del nostro settore che chiedono a gran voce di essere tutelate. Il mondo della climatizzazione è vasto, non può essere rappresentato solo dallo strapotere dei Paesi del nord Europa. Si tratta quindi di una gestione strategica in un contesto culturale in cui ci si deve interrogare sulla necessità di un comportamento responsabile e socialmente attento alle modificazioni in atto, ma necessariamente contestualizzato al momento storico in cui ci troviamo. A mio modo di pensare oggi questo significa soprattutto intensificare le relazioni con l’esterno, uscire dal proprio guscio e confrontarsi per il bene della collettività, riferirsi in altre parole al territorio. Che poi non è altro che, e ritorniamo circolarmente a quanto detto all’inizio, condividere i temi dell’Energy Union. Poi c’è da curare in modo particolare, ma questa è mia deformazione professionale, il rapporto con le università. Direi che occorre anche qui seguire il modello indicato dall’Europa della “research infrastructure”, che significa multidisciplinarietà, attenzione al trasferimento tecnologico e quindi attenzione alla collaborazione con il tessuto produttivo, promozione territoriale di una “smart specialization strategy”. Come si vede, il tema è comunque quello: una attenzione al territorio e una valorizzazione delle sue risorse. Che in definitiva è l’attenzione verso il futuro delle giovani generazioni attraverso la creazione di una nuova, rinnovata imprenditorialità che fa riferimento ad un mondo diverso. n 11 oggi mostrano grandi, inespresse, potenzialità. Il decreto 102/2014 afferma che dal luglio 2016 le diagnosi energetiche possono essere eseguite unicamente o da una società ESCo, una società che offre servizi energetici, o da un Esperto in Gestione dell’Energia (EGE), figura professionale che assiste le aziende nel miglioramento della propria efficienza energetica e che di fatto prende il posto del vecchio Energy Manager. L’art. 8 del decreto interessa il settore industriale in relazione al tema delle diagnosi energetiche e dei sistemi di gestione dell’energia, ritenuti obbligatori per le grandi imprese, quelle con più di 250 addetti e un fatturato superiore ai 50 milioni di euro, o uno stato patrimoniale superiore ai 43 milioni di euro e per le imprese a forte consumo di energia, cosiddette energivore, quelle cioè che hanno un consumo da energia elettrica o da altra fonte superiore ai 2,4 GWh/anno e un’incidenza del costo dell’energia sul fatturato superiore al 3%. Per il settore industriale in profonda crisi questo strumento può effettivamente rappresentare, se applicato correttamente, un’occasione di miglioramento dal punto di vista dell’ambiente ma anche, e soprattutto, da quello della gestione economica. Ribaltando il processo, la diagnosi energetica potrebbe essere il primo passo per una certificazione ambientale per quelle imprese che non l’avessero ancora adottata. PIANETA TERRA il G.B. Zorzoli 13 Piani energetici: una lezione italiana Il 26 novembre, all’ordine del giorno del Consiglio europeo dell’Energia ci sarà l’approvazione dei primi provvedimenti per l’attuazione della governance dell’Unione dell’energia. Secondo la bozza di delibera in circolazione, il Consiglio è chiamato a dare il suo assenso all’obbligo di presentazione, da parte degli Stati membri, di un Piano Nazionale Energia-Clima e dei successivi “Progress Report” biennali sui risultati raggiunti. I Piani, redatti sulla base di un format standardizzato, dovranno indicare non solo obiettivi energetico - climatici al 2030 coerenti con le decisioni assunte a livello eu- Innanzi tutto, qualora una prima bozza delle linee strategiche al 2030 fosse disponibile con congruo anticipo rispetto al 2018, le ulteriori decisioni richieste per realizzare gli obiettivi al 2020 potrebbero essere prese tenendo conto della loro coerenza con le scelte di politica energetica previste per il decennio successivo. In secondo luogo, il successo di una strategia di sviluppo a lungo termine in un settore complesso, come quello energetico, dipende in larga misura dal grado di convincimento sulla sua “bontà” da parte sia di chi governa il Paese, sia di chi dovrà concretamente implementarla. Un’indicazione di come si possa sperare di raggiungere una sufficiente condivisione degli obiettivi e delle misure per attuarli, viene dalla procedura adottata nel definire la strategia per l’utilizzo del GNL nel settore dei trasporti. Subito dopo l’emanazione della direttiva 2014/94/EU, che richiedeva agli Stati Membri di adottare entro il 2016 piani di sviluppo delle fonti alternative per il settore dei trasporti, è stato infatti costituito un gruppo di lavoro, cui hanno partecipato quattro ministeri (MiSE, Infrastrutture, Ambiente, Interni), le Regioni, le Capitanerie di Porto e le Autorità portuali, le Associazioni di settore interessate, i gestori dei terminali GNL italiani, altri enti e soggetti interessati (durante i suoi lavori il gruppo ha ascoltato anche il punto di vista delle principali associazioni ambientaliste). Le elaborazioni del gruppo di lavoro hanno consentito al MiSE di emettere a giugno 2015 il “Documento di consultazione per una Strategia Nazionale sul GNL”, di ben Il Governo dovrebbe quindi continuare sulla stessa strada, adottando per gli altri comparti del Piano Energia-Clima 2030 una procedura analoga a quella seguita per il GNL ropeo e le misure per realizzarli, ma anche indicazioni prospettiche per il 2050. È probabile che la scadenza per la presentazione dei Piani sia il 2018. In tal modo ne conseguirebbe l’obbligo di emettere il primo “Progress Report” nel 2020, stabilendo di fatto l’avvio del piano con due anni di anticipo rispetto alla conclusione dell’attuale Pacchetto energia/clima; una sovrapposizione che eviterebbe discontinuità nel passaggio del testimone fra le due fasi programmatiche. Per presentare nel 2018 un piano che non si limiti a soddisfare formalmente le richieste di Bruxelles, il Governo italiano dovrà attivarsi in tempi molto brevi. Lo richiedono due diverse, ma convergenti ragioni. 14 luogo comune, i ministeri interessati dimostrano di essere in grado di coordinarne con efficacia il lavoro. Nel caso specifico si partiva praticamente da zero (la SEN dedicava solo due righe a questo tema), ma nei comparti più maturi proprio il loro livello di sviluppo pone problemi non meno complessi. Si pensi agli obiettivi di digitalizzazione richiesti per adeguare le linee elettriche allo sviluppo delle FER, per consentire l’aggregazione territoriale di queste e per rendere fattibile la “demand response”. Oppure alla definizione di una strategia per lo sviluppo e la gestione dei sistemi di accumulo (non sarà banale passare da sistemi elettrici dove il rischio massimo è il “blackout” a una situazione dove lo è il “burnout” delle reti per l’eccessivo rilascio di energia da parte degli accumuli). Il Governo dovrebbe quindi continuare sulla stessa strada, adottando per gli altri comparti del Piano Energia-Clima 2030 una procedura analoga a quella seguita per il GNL. Con il coordinamento dei gruppi di lavoro sempre affidato al MiSE, sarebbe più agevole disporre di documenti di settore non in contraddizione tra loro. La mole e la complessità del lavoro da svolgere obbligano però a incominciare subito. Qualsiasi dilazione equivarrebbe infatti alla rinuncia a incamminarsi su questa strada e, poiché ha dimostrato di esserne capace, il Governo alimenterebbe il sospetto che per lui nel mondo dell’energia esistono figli e figliastri. n 15 113 pagine. Una lunghezza più che giustificata, visto che, solo per citare gli argomenti principali trattati, il documento ha stimato la domanda di GNL al 2030 per i diversi settori e potenziali bacini di utenza; individuato la logistica per la distribuzione del GNL; valutato i costi per la riconversione a GNL di navi e camion; confrontato i costi unitari di esercizio e di manutenzione nel trasporto marino e terrestre, utilizzando GNL o combustibili tradizionali; esaminato la possibilità di adeguare porti nazionali all’utilizzo di GNL; individuato i bacini di utenza più attrattivi per l’installazione delle infrastrutture di GNL connesse al trasporto su gomma; analizzato le problematiche della sicurezza e dell’accettabilità sociale degli insediamenti impiantistici richiesti e dei mezzi di trasporto alimentati con GNL. Chiusa con la consultazione la fase istruttoria, è previsto che il MiSE definisca la strategia nazionale sull’impiego del GNL nei trasporti. Il documento, contenente gli obiettivi concreti da conseguire, con il relativo crono programma e le misure previste per la sua attuazione, costituirà la base di quello da trasmettere a Bruxelles. Una procedura indubbiamente impegnativa, che ha però consentito la stesura di un documento di consultazione esaustivo e convincente, rara avis nel nostro Paese. È la riprova che, quando si evitano le improvvisazioni, il coinvolgimento dei “player” nella stesura di un documento programmatico funziona e, smentendo un PIANETA TERRA il Sergio Ferraris 17 L’egoismo dell’estetica Sul clima in Italia non c’è molta attenzione. E ciò nonostante l’appuntamento della COP 21 a Parigi è considerato, dalla maggioranza degli esperti ambientali, un passaggio cruciale nel quale si decideranno i destini delle prossime generazioni, per le quali definiremo se l’aumento di temperatura al 2100 possa essere di “soli” 2°C oppure maggiore. Eppure i segnali circa il fatto che il contenimento dell’effetto serra dovrebbe interessarci ci sono. Il CNR, per esempio, ha diffuso ai primi di settembre dati sulla desertificazione che dovrebbero destare non poco allarme. La siccità, infatti, già oggi colpisce il 41% della superficie terrestre nella quale vivono due miliardi di persone e il 72% delle sato dalla desertificazione, durante questo secolo, il 70% del territorio siciliano, il 57% di quello pugliese, il 58% del Molise e il 55% della Basilicata, mentre Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania hanno una percentuale che oscilla “solo” tra il 30 e il 50%. Oltre a ciò ci sono le previsioni sulla temperatura che non lasciano dubbi. “Entro la fine di questo secolo le previsioni parlano, per il bacino del Mediterraneo, di aumenti delle temperature tra 4 e 6 gradi e di una significativa riduzione delle precipitazioni, soprattutto estive: l’unione di questi due fattori genererà forte aridità. Paradossalmente, mentre per mitigare i cambiamenti climatici sarebbe sufficiente cambiare in tempo la nostra politica energetica, per arrestare la desertificazione questo non basterà, poiché il fenomeno è legato anche alla cattiva gestione del territorio. prosegue Centritto - Le conseguenze di quest’inadeguata gestione sono sintetizzate nella espressione inglese Dust bowlification, da dust, polvere, e bowl, conca. È un concetto differente dalla desertificazione, giacché anche i più estremi deserti sono comunque degli ecosistemi (le aree aride includono il 20% dei centri di biodiversità e il 30% dell’avifauna endemica), mentre le conche di polvere sono un punto di non ritorno”. E una conferma di ciò è arrivata da ISPRA che sempre nel mese d’agosto 2015 ha diffuso le serie storiche recenti sulle temperature italiane, dalle quali si evince che la tendenza all’aumento di temperatura non è lenta, ma ha velocità da gran premio. Dal 1961 a oggi, infatti, la temperatura media italiana è aumentata di 1,57 °C con il nord che tocca i più 1,93 °C, ossia ha già esaurito mentre per mitigare i cambiamenti climatici sarebbe sufficiente cambiare in tempo la nostra politica energetica, per arrestare la desertificazione questo non basterà terre aride sono in Paesi in via di sviluppo. E fin qui “nulla di nuovo” visto che da tempo si afferma il fatto che i cambiamenti climatici colpiranno con maggiore intensità i paesi più poveri, ma la novità arriva dall’Italia. Secondo l’analisi del CNR, infatti, è a rischio desertificazione ben il 21% del territorio italiano, il 41% del quale è localizzato nel Sud del Paese. “Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema drammatico di cui si parla pochissimo”, dice Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche. E l’analisi regione per regione lascia sconcertati. Sarà interes- 18 mostra come l’utilizzo di categorie non aggiornate come quella estetica della “difesa del bello del paesaggio” produca danni. E si tratta di un atto di egoismo generazionale. Tralasciando la discussione sulla “bruttezza” d’impianti eolici e fotovoltaici bisogna dire che la “ragione estetica” del presente in nome di una visione di breve periodo sta “condannando” le future generazioni a una “bruttezza” non solo estetica, ma anche funzionale e non reversibile, al contrario di pale e pannelli che lo sono. La desertificazione indotta dai cambiamenti climatici, infatti, offenderà sia l’estetica, sia le condizioni di vita materiali, abbassando la capacità reddituale dei territori del Sud Italia e innescando muovi fenomeni di migrazione forzata, ancora più massicci di quelli che già ora coinvolgono i giovani meridionali. Vale la pena di ricordare, infine, che spesso gli alfieri della difesa del paesaggio dalle rinnovabili appartengono alla prima generazione che ha usufruito di un’intensità energetica a basso prezzo senza pari nella storia dell’umanità e i cui effetti si stanno manifestando ora. Come dimostrano ISPRA e CNR. n 19 l’aumento previsto dagli scenari ottimistici al 2100. 85 anni in anticipo. Ma c’è di più. ISPRA, infatti, ha messo a punto alcuni modelli climatici che hanno tracciato gli scenari circa le tendenze future. Per la fine del prossimo secolo, si prevede un aumento della temperatura media in Italia compreso tra 1.8 e 3.1 °C nello scenario più ottimistico e tra 3.5 e 5.4 °C in quello pessimistico, con picchi estivi tra i 2.5 e i 3.6 °C nel primo scenario e tra 4.2 e 7.0 °C in quello più pessimistico. Si tratta di analisi che dovrebbero far riflettere sotto al profilo complessivo chi, ancora oggi, e specialmente nelle regioni più a rischio, si oppone alle rinnovabili, anche di grande taglia, specialmente sulla contrapposizione tra etica, verso le generazioni future, ed estetica che è fruita dalle generazioni di oggi. Ossia come all’etica verso le generazioni future, per una vita dignitosa e di qualità si contrapponga l’estetica dell’immanente, dell’oggi, della conservazione del “bello” odierno a discapito del “bello” del domani. In questa chiave si può leggere l’opposizione all’eolico e al fotovoltaico in ottica estetica, come “attentatori del paesaggio”. In questa sede non è interessante la disanima dei vari vantaggi delle rinnovabili se non l’unica qualità saliente che le collega al contesto illustrato sopra. Le rinnovabili emettono una frazione minima di gas climalteranti ragione per la quale sono un’arma contro i cambiamenti climatici, ancora più dell’efficienza energetica visto che senza le fonti rinnovabili la quota “residua” d’energia necessaria andrebbe prodotta con le fossili o con il nucleare. Ed è indicativo come la perdita della percezione del contesto più generale spinga proprio le regioni più a rischio di desertificazione a bloccare le rinnovabili, cosa estremamente significativa e che di- PIANETA TERRA il Roberto Venafro - Edison SpA 21 Un nuovo patto mondiale per salvare il Pianeta dal riscaldamento globale Passare dall’età di Prometeo a quella di Ermes, ci ricordava Michel Serres già nel 1967. Questo ci tiene impegnati a cercare un punto d’incontro più stretto, per rinforzare il legame forte tra uomo e natura. La nostra generazione è messa di fronte a una sfida molto dura, che sta caratterizzando il nostro secolo: quella dell’impegno a contrastare i cambiamenti climatici e limitarne gli effetti, crescenti e inediti, che si producono nei contesti ambientali, e si prolungano nell’economia e nella società. Effetti che in questi ultimi anni abbiamo iniziato a conoscere in maniera più estesa e particolare, con i quali abbiamo dovuto confrontarci: eventi atmosferici estremi e violenti che hanno messo in risalto la fragilità di territori vasti e delle comunità che li abitano, provocando anche seri danni, alcuni irreversibili, ai settori produttivi. Il messaggio, lanciato dagli scienziati attraverso il 5° Rapporto IPCC (Intergovernamental Panel on Climate change) nel 2013 non lascia dubbi: l’influenza umana sul sistema climatico è ormai accertata. La concentrazione di biossido di carbonio (CO2), di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) in atmosfera è incrementata del 40% dal periodo pre-industriale. I mari hanno assorbito circa il 30% delle emissioni antropogeniche di CO2 e questo fatto ha causato un’elevata acidificazione della matrice oceanica. Quasi tutti gli scenari elaborati dall’IPCC dimostrano che, alla fine del Ventunesimo secolo, la temperatura terrestre sarà aumentata di 1,5°C e la conseguente alterazione del clima persisterà per molti secoli, anche se le emissioni di gas a effetto serra saranno diminuite. In questo contesto, potrebbe rivelarsi un atteggiamento di trascuratezza etica e un atto di irresponsabilità generazionale, 22 quello di sottovalutare le segnalazioni della comunità scientifica e lasciarsi condizionare dalle tesi dei cosiddetti “negazionisti”, i quali tentano di giustificare la tendenza al riscaldamento del Pianeta con dati e statistiche, che cercano di mostrarlo come un fenomeno ciclico che si alterna a periodi di glaciazioni o di notevoli abbassamenti della temperatura globale. Fortunatamente, la consapevolezza verso questo problema si è fatta strada nella coscienza individuale e nell’immaginario collettivo, tanto che molti Governi l’hanno messa e scritta nelle loro agende di politica internazionale: la necessità dell’azione verso i cambiamenti climatici è stata accettata e da qualche anno è diventata più incisiva con l’assunzione di impegni concreti sulla riduzione di CO2 da parte di quei Paesi con valori di emissione molto elevati. E proprio qualche settimana fa Obama ha lanciato, per gli Stati Uniti d’America, un ambizioso piano per la riduzione delle emissioni climalteranti (Clean Power Plan), compiendo, con coraggio, il più importante passo politico nella lotta ai cambiamenti climatici e assumendo, alla fine del suo mandato presidenziale, la leadership internazionale su questo tema, in vista della 21^ Conferenza sul clima (COP 21) che si terrà a Parigi alla fine del 2015. Il “Clean Power Plan” stabilisce obiettivi al 2030, imponendo agli impianti di generazione elettrica un taglio delle emissioni di CO2 del 32% rispetto ai valori registrati nel 2005 e portando la produzione di energia da fonti rinnovabili al 30%. Il Piano getta le basi non solo per una concreta de-carbonizzazione dell’economia americana, ma anche per salvaguardare il benessere delle popolazioni e dell’ambiente, e per sviluppare tecnologie energetiche pulite. In questo senso, va oltre l’accordo di coo- “evitare l’ingestibile” e una politica di adattamento, che significa “gestire l’inevitabile”. Sempre secondo Stern, mettere in campo una strategia per mantenere l’obiettivo dei 2°C comporterebbe l’impiego di risorse pari a circa il 2% del Prodotto Interno Lordo globale. Inoltre, la transizione verso una “low-carbon economy” va considerata in termini di investimenti piuttosto che in termini di costi: ridurre le emissioni potrebbe, infatti, comportare una crescita migliore. La strada verso Parigi 2015, dove dal 30 novembre all’11 dicembre si svolgerà la fase finale del negoziato sul clima, nell’ambito della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, appare costellata di insidie anche se, apparentemente, sembra che tutto sia orientato al successo. Elementi che lasciano sperare che si raggiunga un “Accordo internazionale” sulla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra sono rintracciabili soprattutto nella determinazione delle grandi potenze economiche, come USA e Cina, di perseguire piani di sviluppo industriale o di crescita sociale sempre più caratterizzati da modelli alternativi a quelli convenzionali, adottati fino a ora nei campi della genera- 23 perazione sul tema dei cambiamenti climatici tra USA e Cina, sottoscritto nel novembre 2014, pochi giorni prima della 20^ Conferenza delle Parti di Lima (COP 20). L’attuazione del piano dovrebbe consentire di abbattere circa 870 milioni di tonnellate di CO2 (equivalenti alle emissioni annuali di 166 milioni di automobili) e di avere benefici economici per la salute pubblica, dovuti all’aria meno inquinata, stimati da 34 a 54 miliardi di dollari all’anno, nel 2030. Siamo, quindi, a un punto di svolta. Non possiamo più permetterci di ritardare gli interventi di mitigazione per arrestare il “global warming”. Stabilizzare la concentrazione dei gas a effetto serra in atmosfera su valori al di sotto di 500 parti per milione appare, ormai, un obbiettivo da non fallire per evitare che la temperatura media globale superi i 2°C, valore oltre il quale le conseguenze dell’alterazione del clima sarebbero ingestibili. Come recentemente ha ribadito Nicholas Stern, autore del famoso rapporto “Economics of climate change”, la velocità con cui si stanno manifestando i fenomeni associati ai cambiamenti climatici è molto più alta rispetto alle previsioni ipotizzate un decennio fa. Quindi è necessario adottare con rapidità una politica di mitigazione che vuol dire zione di energia, dei trasporti, degli scambi commerciali, dei settori produttivi. La tutela degli ecosistemi territoriali e ambientali, intesi come ambiti non solo naturali, ma anche come raggruppamenti di Comunità, appare una priorità dalla quale non si potrà più prescindere. Certo, il risultato non appare scontato, se spostiamo il punto d’osservazione e analizziamo il percorso di mediazione politica tutt’ora in corso. Innanzitutto, partiamo da uno schema di “Accordo”, che è quello scaturito dall’ultima Conferenza delle Parti di Lima (Lima call for climate action), alla fine del 2014. Questo che è un documento di novanta pagine contenente una miriade di opzioni, evidentemente frutto di un dibattito acceso che ha lasciato aperte varie opportunità. Il testo negoziale non è stato semplificato, nemmeno nei due incontri successivi del gruppo di lavoro, effettuati, rispettivamente, a Ginevra lo scorso febbraio 2015 e a Bonn nel giugno 2015. I lavori non hanno prodotto risultati apprezzabili e progressi sostanziali: il testo negoziale è rimasto pressoché invariato nei contenuti, ma con sette pagine in meno. Scorrendo la piattaforma negoziale, appare evidente uno scontro fra i diversi Paesi: 24 quelli che vorrebbero imporre un taglio delle emissioni in maniera globale, secondo il principio della “responsabilità comune, ma differenziata” e quelli che, invece, vorrebbero raggiungere il loro livello di crescita sociale ed economica senza avere grossi impegni da rispettare a livello internazionale. Il risultato di questa dialettica si concretizza nel fatto che il documento, allo stato attuale, non prevede obiettivi di mitigazione, mostrando ancora incertezze, sia sulle modalità di entrata in vigore dello stesso (si pensa per esempio ad un’entrata in vigore nel momento in cui si realizzeranno entrambe le condizioni che un certo numero di Parti abbiano ratificato l’accordo e che le emissioni di ciascuna Parte costituirà un “X” per cento delle emissioni totali), sia sulla sua durata. Su quest’ultimo aspetto sono in gioco più ipotesi: il trattato internazionale potrebbe essere valido fino al 2030, fino al 2040 o 2050; potrebbe raggiungere anche il 2100 o addirittura valere per sempre. Ad aumentare la suspense degli aspetti amministrativi contribuisce anche un’indecisione temporale: quando far partire il nuovo patto? Sicuramente nel 2020, perché già deciso nel 2011 a Durban nella Conferenza in Sud Africa, ma sarà il 1° gennaio, il 31 dicembre 2020 o si sceglierà una data intermedia? Dobbiamo aspettare le ulteriori due riunioni del suddetto gruppo di lavoro, programmate per la fine di agosto e per la terza decade di ottobre 2015, per saper se la versione finale del testo negoziale, da sottoporre alla Conferenza di Parigi, conterrà indicazioni condivise più precise su queste date. Parallelamente, sta proseguendo l’invio all’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) dei cosiddetti INDCs (Intended Nationally Determined Contributions), cioè gli impegni che ciascuna Parte costituente la Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (196 Paesi) 26%-28% le emissioni di CO2 al 2025, rispetto al 2005, in coerenza con il “Clean Power Plan” che arriva al 2030. La Russia indica di poter tagliare fino al 70%-75% le emissioni antropogeniche al 2030, rispetto ai valori del 1990. La Cina rimane ambigua nelle sue dichiarazioni. Pensa di potere raggiungere il picco delle emissioni di CO2 intorno al 2030 e si sforzerà per anticipare tale scadenza. Inoltre si propone, rispetto ai livelli del 2005, di abbassare le emissioni per unità di “Prodotto Interno Lordo” fino al 60%-65%, di aumentare al 20% la quota delle fonti non fossili sui consumi di energia primaria, di incrementare lo stoccaggio forestale del biossido di carbonio. I negoziatori più influenti, chi più chi meno, si sono esposti: UE, USA, Cina, Russia, Giappone, Corea. Manca una fetta consistente del Mondo, come il Sud America, l’India e l’Australia, mentre alcuni Paesi dell’Africa hanno già manifestato le loro intenzioni di avviare azioni per contrastare il cambiamento del clima, e anche per mettere in atto misure di adattamento (Kenya, Etiopia, Marocco, Gabon, Benin). Rimangono quattro mesi per sapere se, nei dodici giorni di Conferenza, i 196 Paesi che si ritroveranno a Parigi avranno la forza e il coraggio di scrivere il futuro e dimostrare che la nostra generazione ha la determinazione di tenere la barra di navigazione per indirizzarla verso un “mondo nuovo” e la capacità di cambiare se stessa per essere ricordata come la generazione che ha saputo mettere in campo tutta la propria intelligenza e le proprie risorse per garantire la crescita economica e sociale in piena armonia con l’Ambiente, senza mettere a repentaglio la sicurezza del Pianeta. n avrebbe dovuto trasmettere entro il primo trimestre 2015, prima comunque della Conferenza di Parigi, per consentire alla stessa Conferenza di avere un quadro degli obblighi che ciascun Paese è in grado di mettere in campo per combattere i cambiamenti climatici. Ebbene, su 196 Paesi partecipanti fino a ora sono arrivati solo 25 contributi, rappresentativi di 53 Parti. I Paesi più solerti a comunicare le loro strategie sono stati la Svizzera e l’Unione Europea. Quest’ultima ha ribadito la propria volontà di proseguire sulla strada ambiziosa intrapresa da tempo sul contrasto alle alterazioni del clima, assumendosi l’impegno di tagliare del 40% le proprie emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto al 1990. Gli USA hanno, invece, dichiarato l’obiettivo di abbattere del 25 La strada verso Parigi 2015 appare costellata di insidie anche se, apparentemente, sembra che tutto sia orientato al successo energia pulita newsletter Si terrà ad Explora (il Museo dei bambini di Roma), il prossimo 25 settembre, la “Notte Europea dei Ricercatori”, iniziativa promossa dalla Commissione Europea, quest’anno alla sua 10a edizione, nata per sensibilizzare i cittadini sul mondo della ricerca e sul “ruolo chiave” dei ricercatori. Anche questa edizione vede Explora inserita nel programma del progetto DREAMS dedicato al tema della sostenibilità (primo classificato in Europa nell’ambito della manifestazione), coordinato e realizzato da Frascati Scienza e finanziato dalla Commissione Europea. Explora infatti dedicherà la notte alle energie rinnovabili, in particolare all’energia eolica, solare e idrica, con esperimenti e laboratori dedicati ai bambini dai 3 agli 11 anni. Ogni laboratorio, suddiviso per fasce di età, verrà condotto da un ricercatore e da un animatore di Explora; inizierà così un viaggio attraverso la scoperta. Notte dei Ricercatori 2015 RINNOVABILI AD EXPLORA, GIOCO, SCIENZA E AMBIENTE - "Oggetti volanti", il laboratorio del vento, per bambini dai 3 ai 5 anni. Attraverso una “macchina del vento” i bambini sperimenteranno il volo di alcuni oggetti per scoprire le dinamiche che si celano dietro la forza del vento. Parteciperà al laboratorio il Dr. Davide Astiaso Garcia, PhD, Segretario Generale ANEV e docente di Fisica Tecnica Ambientale alla Facoltà di Architettura, Università Sapienza di Roma. - "Una piccola molecola, una grande risorsa", il laboratorio dell’acqua, per bambini dai 6 ai 7 anni, porterà i piccoli scienziati alla scoperta della forza idrica, per capire e conoscere una preziosa risorsa energetica. Parteciperà al laboratorio l’Ing. Antonello Binni del CIRPS – Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile, Università Sapienza di Roma. - "Una gustosa energia", il laboratorio del sole, per bambini da 8 a 10 anni, fa sperimentare l’energia solare catturata grazie ad un particolare pannello fotovoltaico con l’obiettivo di far funzionare piccoli circuiti e capire insieme come salvaguardare l’ambiente tramite scienza e ricerca. 26 Parteciperà al laboratorio il Dr. Lucio Cinà e il Dr. Fabio Matteocci, ricercatori della Dyers s.r.l. SpinOff dell’Università di Roma Tor Vergata, CHOSE – Polo Solare Organico della Regione Lazio. Sensibilizzare i bambini alla ricerca e alla sperimentazione, coinvolgendoli attraverso una metodologia basata sul “learning by doing”, è la missione di Explora, che si avvale della collaborazione di partner nazionali ed internazionali che hanno basato la propria identità nell’impegno continuo al supporto dell’utilizzo di alternative ecologiche ai più impattanti metodi di produzione energetica. Obiettivo del progetto, che si unisce alla missione della Notte dei Ricercatori, è quello di basare la ricerca scientifica su studi continui e sempre aggiornati per migliorare la vita dell’uomo nel totale rispetto del Pianeta; conoscenza e informazione destinate anche ai non addetti a lavori che, tramite divulgazione del sapere e dei risultati ottenuti, possono partecipare attivamente al sostegno della Ricerca. Il progetto DREAMS vede coinvolte diverse realtà sparse nelle città di tutta Europa che, attraverso eventi pensati per tutti, bambini e adulti, promuoveranno la ricerca scientifica nella sua completezza. Dalle scoperte avvenute agli aggiornamenti attuali, progresso e sviluppo sostenibile diventano parte integrante della cultura universale. La Notte dei Ricercatori sarà per Explora propedeutica all’Inaugurazione del nuovo exhibit dedicato all’energia eolica, realizzato grazie ad ANEV, ENERCON GmbH ed ERG Renew, che si terrà presso il Museo nei giorni del 23 ottobre per le scuole e 24-25 ottobre per le famiglie. L’exhibit dedicato all’energia eolica sarà a disposizione dei visitatori fino al 2017. n INFORMAZIONI Evento gratuito nei turni dalle 19,30 alle 21,00 e dalle 21,15 alle 22,45. Per partecipare alla Notte Europea dei Ricercatori ad Explora prenotazione on line https://www.mdbr.it/ebox/form_prenotazione.php o in alternativa +39 06 3613776. Per maggiori informazioni visita la pagina di Explora www.mdbr.it Per scoprire tutti gli eventi http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte-europea-dei-ricercatori-2015/il-programma/ e http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte -europea-dei-ricercatori-2015/ CORSI DI FORMAZIONE ANEV - UIL Borse di studio per i corsi di novembre È possibile candidarsi per l’assegnazione delle borse di studio per i corsi di formazione sull’energia eolica ANEV-UIL, che si terranno a Rimini da 3 al 6 novembre 2015, rivolti a tutti coloro che vogliono sfruttare le innumerevoli opportunità offerte dalla risorsa vento. Le tematiche affrontate, “Il Minieolico” dal 3 al 4 novembre e “Operation&Maintenace” dal 5 al 6 novembre, saranno trattate da esperti del settore capaci di ampliare il bagaglio di conoscenze dei partecipanti sul mondo dell’energia eolica fornendo nozioni nuove e specialistiche. I corsi si terranno all’interno della Fiera di Rimini, in occasione dell’evento KeyWind, manifestazione dedicata al settore eolico e inserita in Key Energy, storico appuntamento sulla green economy. Si invitano quindi tutti coloro che vogliono sfruttare questa opportunità ad inviare il proprio curriculum vitae all’indirizzo [email protected] con la motivazione della propria richiesta entro il 30 settembre 2015. Il numero di borse offerte sarà commisurato alle domande presentate. Ulteriori informazioni sui contenuti dei Corsi di Formazione ANEV-UIL sono disponibili all’indirizzo web www.anev.org n Ufficio stampa explora [email protected] Alessandra Arcella [email protected] Parte social: Flora Pietrosanti [email protected] energia pulita newsletter 27 Il Presidente dell’ANEV: “Senza le Fonti Rinnovabili, che coprono oltre il 40% dei consumi, l’Italia avrebbe difficoltà a gestire i picchi. Le centrali fossili utilizzate nel picco del 2015 sono state inferiori del 20% di quelle utilizzate nel precedente picco del 2007. Urgente un quadro certo per le rinnovabili al 2020 e al 2030 e non certo il Capacity Market chiesto dai produttori fossili”. con gli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni. Ragionando infatti serenamente su quanto accaduto ci rendiamo conto che il nuovo record di consumi di 56,883 GW raggiunto il 7.7.2015 intorno alle 16 è stato di 61 MW maggiore del precedente record del 17.12.2007. Terna ci segnala poi che al momento del picco della settimana scorsa, le Fonti Rinnovabili di Energia stavano coprendo ben il 40 % di tale consumo (!!!) quindi circa 22,750 GW e quindi le fonti fossili stavano producendo 34,130 GW in quel momento, mentre nel 2007 le fossili termoelettriche coprivano circa 40,000 GW (!!!). Come evidente quindi non solo in questi 8 anni la crescita delle rinnovabili ha consentito di avere benefici economici, occupazionali e ambientali estremamente significativi, ma inoltre hanno consentito al nostro Paese di poter affrontare queste modifiche dei carichi elettrici in maggiore sicurezza rispetto al passato. Concludendo, oggi grazie alle rinnovabili il margine di riserva e flessibilità del sistema è aumentato del 20% e in prospettiva solo l’ulteriore crescita delle Rinnovabili e la conseguente copertura crescente dei consumi elettrici e dei picchi estivi (periodo nel quale sole e vento sono peraltro maggiormente disponibili) potrà garantire una ulteriore maggiore sicurezza al sistema. Insomma, come direbbe il comico Pazzaglia, è meglio garantire la remunerazione necessaria alle rinnovabili per produrre energia elettrica pulita che sovvenzionare le fossili per restare chiuse. n Simone Togni: RECORD CONSUMI ELETTRICI CONFERMA ESSENZIALITÀ DELLE FONTI RINNOVABILI 28 L’Italia si avvia sempre più verso un sistema elettrico che da un lato vede il calo dei consumi, dovuto a crisi economica ed efficientamento dei processi produttivi e dei consumi finali, e dall’altro vede aumentare il picco dei consumi nei periodi estivi non agostani (principalmente dovuto all’incremento dei consumi dovuto all’uso dei sistemi di condizionamento). Questa situazione porta, come visto nei giorni scorsi, ad un nuovo sistema di gestione dei carichi elettici che necessita di un sempre più avanzato controllo dei flussi fisici sulla Rete, onde evitare che il nuovo profilo dei consumi possa portare a problemi di sicurezza degli approvvigionamenti elettrici. Come evidente a tutti questo nuovo scenario necessita di un adattamento e se il Presidente dell’Associazione dei produttori fossili Chicco Testa suggerisce di risolvere la questione dando soldi agli impianti termoelettrici in difficoltà per mantenerli artificialmente in vita per qualche ora di picco (!!!), a noi sembra invece indispensabile ragionare con una visione più moderna e in linea eventi 4 – 7 ottobre 2015 WINDaba 2015 Cape Town, South Africa 16 ottobre 2015 China Wind Power 2015 Beijing, China 4 novembre 2015 Convegni ANEV Ecomondo Key Wind - Fiera di Rimini Ore 11.00 Il valore dell’energia eolica per frenare il cambiamento climatico Guardando alla Conferenza di Parigi sul Clima, COP 21 Sala Diotallevi 1 Ore 15.00 Energia eolica: le soluzioni per rispondere in modo efficiente al nuovo quadro normativo - Sala Diotallevi 1 5 - 6 novembre 2015 Corso di formazione ANEV Operation& Maintenance Ecomondo Key Wind – Fiera di Rimini 3 – 4 novembre 2015 Corso di formazione ANEV Il Minieolico Ecomondo Key Wind – Fiera di Rimini 7 – 8 dicembre 2015 United Nations Conference on Climate Change COP 21 Paris, France 17 – 20 novembre 2015 EWEA 2015 Annual Event Paris, France ATTIVITÀ DEI GRUPPI DI LAVORO ANEV I Gruppi di Lavoro ANEV, aperti a tutti i soci, si riuniscono periodicamente presso la sede dell’ANEV per occuparsi di questioni d’interesse per l’Associazione e del settore eolico. Si riassumono di seguito le principali attività e obiettivi delle ultime sedute dei GDL ANEV. Gruppo di Lavoro Sicurezza Durante l’ultimo GdL Sicurezza sono state affrontate le seguenti tematiche. Accordo quadro INAIL/ANEV: stato di avanzamento delle attività e proposte da discutere nell’ambito del comitato di lavoro dell’accordo quadro; progetto pilota per la creazione di un database nazionale per la gestione delle emergenze; obiettivi di medio-lungo termine del Gruppo di lavoro; D.Lgs. 81/08 Titolo IV: applicabilità alle attività di Service; DM 15 luglio 2014 – regola tecnica di prevenzione incendi per macchine elettriche fisse con presenza di liquidi isolanti combustibili in quantità superiore ad 1 m³. È stato inoltre rappresentato l’esito di una recente riunione tra ANEV ed INAIL in cui è stato favorevolmente accolta da entrambe le parti la possibilità di redigere un accordo quadro finalizzato al miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori nel settore eolico italiano al fine di poter instaurare una proficua collaborazione sulle molteplici tematiche connesse alla sicurezza sul lavoro del settore, quali ad esempio la stesura di buone pratiche, studi di settore o linee guida, così come l’elaborazione di materiali informativi o l’organizzazione di eventi informativi sulla sicurezza. Gruppo di Lavoro Comunicazione In occasione dell’ultimo GDL Comunicazione sono stati definiti i contenuti e gli obiettivi degli eventi che si terranno a Key Wind, manifestazione dedicata al tema dell’energia eolica, presso la Fiera di Rimini (3 – 6 novembre 2015). Si è fatto il punto sui due convegni ANEV, il primo incentrato sull’importanza dell’energia eolica per i cambiamenti climatici in vista della conferenza sul Clima di Parigi e il secondo sulle soluzioni per rispondere in modo efficiente al nuovo quadro normativo eolico. In relazione al padiglione Barbara Padovan, responsabile della fiera, ha rappresentato il trend positivo con il ritorno di importanti realtà del settore, quale ad esempio Nordex. Relativamente alla rivista Il Pianeta Terra, da un anno gestita da ANEV e dal Presidente Togni, che ne è Direttore Responsabile, è stato rappresentato il riscontro positivo da parte dei destinatari sia per quello che riguarda i contenuti che il formato. Si è rinnovato l’invito a dare supporto al progetto, già in parte accolto da molte aziende. Attività degli Organi associativi ANEV Il 24 settembre si sono tenuti alle ore 10 la riunione di Giunta esecutiva e alle ore 11 la riunione di Consiglio direttivo ANEV presso la sede dell’Associazione energia pulita newsletter 29 parola agli associati BKW, società svizzera con oltre cento anni di storia, ha iniziato a investire in Italia anche nell’eolico. Qual è ad oggi il bilancio delle attività di questa società nel nostro Paese (in termini di parchi, MW installati, etc)? Dal 2009 ad oggi il Gruppo BKW ha investito in Italia nel settore eolico oltre 400 milioni di euro. la BKW Italia gestisce direttamente un portafoglio costituito da 10 parchi eolici, corrispondenti ad una potenza nominale installata di oltre 260 MW, nonché 5 sottostazioni di trasformazione di alta tensione. Ezio Salvo Quali sono i valori dell’azienda e le attenzioni applicate in fase di costruzione del parco eolico? Il Gruppo BKW è principalmente coinvolto nella produzione, trasmissione e vendita di energia elettrica e di servizi energetici, il nostro modello di business prevede l’acquisizione di impianti eolici in esercizio, solo in rare occasioni la BKW Italia ha avuto la responsabilità diretta sulla fasi di sviluppo e costruzione. Per un investitore industriale la qualità e la sostenibilità degli asset sul lungo periodo sono fondamentali, questa la ragione per cui siamo estremamente esigenti certamente nella selezione della tecnologia ma anche nella definizione delle opere accessorie; dettagli apparentemente trascurabili possono avere un impatto negativo sulla operatività degli impianti con conseguenze economiche spesso non trascurabili. Questo tipo di approccio ci ha imposto in passato estrema attenzione nella selezione degli impianti in esercizio e ci impone oggi, nel caso di acquisizione di impianti da realizzarsi, una precisa e rigorosa definizione ex-ante delle specifiche tecniche per la costruzione del parco eolico nel suo complesso. Country Manager Italy di BKW Silvia Martone Il portafoglio italiano costituisce oltre il 50% della capacità eolica dell’intero Gruppo, che è presente anche in Svizzera e Germania. BKW Italia è oggi il nono produttore di energia eolica in Italia. 30 Quali le prospettive di crescita? Sono in previsione nuovi investimenti in Italia e nel mondo? La strategia di Gruppo prevede per il prossimo triennio consistenti nuovi investimenti in impianti a fonti rinnovabili ed in particolare nell’eolico; stiamo valutando diverse opportunità in Italia, Svizzera, Germania ma non solo, guardiamo con interesse anche a Francia ed Europa del Nord. Cosa ne pensa del mercato eolico italiano? Come si potrebbe migliorare? Siamo un investitore industriale e riteniamo necessario potere disporre di un quadro regolatorio adeguato e tale da consentire agli operatori la possibilità di valorizzare pienamente la risorsa eolica, non come rendita di posizione, ma come opportunità di contribuzione fattiva alla competitività dell’Italia e dell’Europa con sempre inferiori costi totali di generazione elettrica. In particolare ritengo necessario affrontare il tema della seconda generazione di impianti e dunque dei “repowering” e degli “upgrade” che, a mio giudizio, dovranno godere di un set di regole semplici, chiare ed efficaci al fine di consentire al sistema elettrico di cogliere le opportunità derivanti dalle nuove tecnologie senza dover ricorrere a nuovi siti. Bkw gestisce anche reti elettriche in Svizzera e l’implementazione delle smart grid e dello storage è uno dei temi caldi delle rinnovabili. Consigli su come creare una rete sicura e intelligente? È ancora tutto in movimento e in divenire. Una cosa è certa: la strada è tracciata, la direzione è quella! Stanno avvenendo diversi “breakthrough” tecnologici di cui ancora non riusciamo a comprendere completamente la portata, ma che avranno conseguenze rilevantissime. Pensiamo a quello che sta avvenendo in relazione alle batterie. Anche le celle a combustibile continuano a fare progressi. La generazione distribuita, gli accumuli e l’efficienza sgraveranno sul lungo termine le reti di alta tensione. I picchi saranno pertanto sempre meno problematici quando l’energia sarà di fatto sempre più simile ad un “cloud”. n energia pulita newsletter 31 I membri del Coordinamento FREE raccontano TLC, edilizia e trasporti riscoprono l’efficienza e le fonti rinnovabili Umberto Di Matteo Presidente ISES Italia tegie di sostenibilità. Tutto ciò è reso possibile dallo sviluppo di tecnologie abilitanti certificate e qualificate, frutto di una ricerca scientifica di valore. Le energie rinnovabili, inoltre, stanno abbattendo con velocità costante i loro costi di generazione e manutenzione, divenendo sempre più competitive con le fonti e i sistemi tradizionali nell’alimentazione delle infrastrutture e degli impianti di filiere strategiche come l’ICT, la telefonia, i trasporti, etc. Sempre più mondi che convergono verso un orizzonte “green”. Le tappe di questo lungo cammino sono state già molte, basti pensare agli obiettivi fissati dall’Europa in tema di energia e ambiente al 2020 e al 2030. Senza dimenticare il recepimento della Direttiva EU sull’Efficienza Ener- 33 Negli ultimi anni stiamo assistendo a un processo evolutivo destinato a modificare radicalmente il modo di gestire gli edifici, gli impianti e le infrastrutture di molti settori produttivi. Basti pensare alle telecomunicazioni, all’edilizia e ai trasporti nel nostro Paese: filiere un tempo divise sembrano convergere nel campo della sostenibilità energetica e ambientale. L’efficienza energetica e le energie rinnovabili sono l’architrave di questo processo. L´efficienza, ad esempio, è diventata oggi un asset strategico di mercato per le aziende italiane, chiamate a competere sui mercati internazionali con prodotti e servizi innovativi. Settori come l´edilizia o le telecomunicazioni trovano nell´efficientamento energetico i margini per ottimizzare i propri bilanci e perseguire stra- getica nel nostro Paese che tanti miglioramenti sta apportando a importanti filiere, a partire da quella dell’edilizia pubblica e privata. Ma esempi si trovano anche sul mercato, dove si moltiplicano gli “smart tool”, gli strumenti web e gli oggetti interconnessi dall’Internet delle Cose, utili nel facilitare le operazioni previste dalle normative vigenti, trasformazione epocale, favorendo la divulgazione verso la società e il trasferimento tecnologico nei confronti dell’industria nazionale. Anche per questo, ISES Italia organizza due interessanti momenti di riflessione: Il convegno “Efficienza energetica e controllo degli impianti” (15 ottobre, SAIE di Bologna) e il workshop “Efficienza energetica: esperienze italiane a confronto per una sostenibilità energetica” (5 novembre). Tutte le informazioni sul sito internet di ISES Italia. Questo secondo evento, a Rimini Fiera nell’ambito della manifestazione Key Energy, sarà anche l’occasione per presentare il 1° Rapporto sulla produzione scientifica in tema di energie rinnovabili - IGP Index, dell´Osservatorio nazionale sulla Ricerca scientifica "Energia e Ambiente" di ISES Italia, che analizza lo "stato di salute" e le principali tendenze della produzione scientifica legata alla sostenibilità. n il 1° Rapporto sulla produzione scientifica in tema di energie rinnovabili – IGP Index nel raggiungere gli obiettivi ambientali e nel garantire risparmio ed efficienza a tutti i consumatori, dai domestici agli industriali. Di fronte a questa grande trasformazione anche ISES Italia (sezione italiana dell'International Solar Energy Society attiva dal 1978) sta facendo la sua parte. Tra le nostre attività c’è proprio l’intento di sostenere la ricerca scientifica nazionale, che è alla base di ogni PIANETA TERRA il Davide Astiaso Garcia Le nuove frontiere delle rinnovabili: l’energia del mare 37 Le tecnologie per lo sfruttamento delle fonti di energia presenti in natura, rinnovabili e non, si sono da sempre evolute nel tempo permettendo l’utilizzo di alcune delle molteplici possibilità che il nostro Pianeta ci offre. Tra queste, principalmente per la produzione di calore e di lavoro meccanico, sicuramente la più nota sequenza di fonti utilizzate è il passaggio dall’utilizzo prevalente del legno a quello del carbone, del petrolio ed infine delle fonti rinnovabili. Durante tali transizioni, la crescita dell’utilizzo di nuove fonti, provocava una ovvia diminuzione nell’impiego di quelle precedenti. Inoltre, come in ogni altro ambito della scienza e della tecnica, l’innovazione è avvenuta sempre grazie a molteplici e distinte vie di sperimentazione di cui la maggior parte non è risultata vincente rispetto a quanto era già consolidato. Difatti, occorre comunque considerare che esistono moltissime altre fonti di energia nel pianeta, quasi tutte ampiamente disponibili, che per qualche particolare problematica fino ad oggi sono rimaste inutilizzate dalla nostra società. gli studi per la produzione di biocombustibili da alghe e microrganismi marini portati avanti in primis dal noto scienziato Craig Venter, costituisce senz’altro una delle più promettenti nuove forme di sfruttamento, grazie all’ottenimento negli ultimi anni di risultati parzialmente già consolidati, che ne hanno testato la fattibilità in particolari condizioni al contorno. Per quanto le stime da qui al 2050 non possono godere di un’elevata attendibilità, si prevedono per quella data in Europa impianti per lo sfruttamento di energia marina per quasi 200 GW. In ambito italiano, diverse università ed enti di ricerca stanno scommettendo su questo settore, impiegando fondi e risorse umane lo sviluppo di nuovi prototipi e l’avvio di sperimentazioni. Tra questi, sono sicuramente degni di nota gli impianti sperimentali dell’Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale (INSEAN) del CNR, dove è in fase di sperimentazione una zattera galleggiante finalizzata alla produzione di energia elettrica dall’oscillazione dello scafo dovuto al moto ondoso, chiamata Pewec (“Pendulum wave energy converter”). Alla ricerca partecipano anche il Politecnico di Torino, che si è occupato della realizzazione dell’impianto per la produzione dell’energia elettrica e l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), per lo svolgimento dei test. Augurando crescita e sviluppo all’energia marina, così come alle altre fonti di energia pulita più o meno avviate, i prossimi anni ci confermeranno quanto e in che misura sarà possibile utilizzare anche questa risorsa per una transazione energetica sempre più “carbon free”. n È chiaro, appunto, che per essere competitiva, una forma di produzione di energia deve soddisfare alcune essenziali requisiti di fattibilità, efficienza, rapporto costi / benefici, disponibilità, fruibilità, effetti collaterali indesiderati e via dicendo. Negli ultimi tempi, congiuntamente alla fortissima crescita dell’utilizzo dell’energia del vento e del sole, abbinata all’impiego del silicio, per una produzione di energia elettrica esente da emissioni di inquinanti e gas serra in atmosfera, sono state oggetto di sperimentazione molte altre fonti di energia rinnovabile che per qualche particolare motivo non hanno visto il successo riscontrato da eolico e fotovoltaico. Tra queste, l’energia proveniente dal mare, in primis moto ondoso, maree ed in minor misura correnti marine, senza considerare 39 l’energia proveniente dal mare costituisce senz’altro una delle più promettenti nuove forme di sfruttamento Carta, penna e diritto Avv. Germana Cassar I Rifiuti prodotti da attività manutentive di impianti eolici La disciplina dei rifiuti prodotti da attività manutentive di impianti eolici continua a suscitare interesse negli operatori soprattutto nella fase di negoziazione o ri-negoziazione dei contratti di manutenzione e gestione. Considerato che la responsabilità per la corretta gestione del rifiuto1 prodotto dall’attività di manutenzione svolta da soggetti terzi (rispetto al titolare dell’impianto) può ricadere anche sulla società titolare dell’impianto eolico nel caso in cui il contratto non preveda alcuna disciplina, risulta quanto mai opportuno fare il punto della situazione in modo da poter opportunamente e correttamente allocare le rispettive responsabilità nei contratti. Ai sensi dell’art. 188 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale” (di seguito, “D.lgs. 152/2006” o “TU Ambiente”), l’azienda che svolge l’attività di manutenzione in virtù di un contratto di appalto di servizi è il “produttore del rifiuto”, mentre la società titolare dell’impianto, committente del servizio di manutenzione, è il “detentore del rifiuto”. La giurisprudenza maggioritaria ritiene che il produttore del rifiuto coincida con l’esecutore dell’attività materiale da cui originano i rifiuti come accade nell’appalto, la cui natura 40 giuridica vincola l’appaltatore al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio con organizzazione di mezzi necessari e con totale gestione a proprio rischio (cfr. Cassazione Penale, 16 marzo 2015, n. 11029). Occorre però rilevare che possono sussistere circostanze del singolo caso concreto che possano determinare soluzioni diverse e, quindi, l’assunzione da parte del committente della posizione di garanzia del produttore dei rifiuti in ragione delle clausole inserite nel contratto di appalto o della condotta del committente concretatasi in ingerenza o controllo diretto sull’appaltatore. Onde evitare l’assunzione di responsabilità, il committente deve, nell’ambito del contratto di manutenzione, attribuire all’appaltatore, a sua cura e spese, tutti gli adempimenti di legge per la corretta gestione del rifiuto derivante dall’attività di manutenzione e la relativa responsabilità. Nello specifico di rifiuti prodotti dall’attività di manutenzione, l’articolo 266, comma 4, dispone che “I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività”. Tale disposizione introduce una deroga, in il rischio che le eccezioni introdotte dal TU Ambiente possano essere oggetto di interpretazione restrittiva La medesima eccezione è riscontrabile nell’art. 230 del TU Ambiente. In buona sostanza, tali eccezioni introducono una deroga generale alla norma generale, consentendo: a) il deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione del rifiuto; b) un’attività di gestione (trasporto) senza una effettiva destinazione di gestione (trattamento) in contrasto con il principio europeo; c) un’attività di gestione (raccolta e trasporto) prima del deposito temporaneo. Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, la previsione di cui all’articolo 15, comma 2, del Decreto Ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52 dispone “Fermo restando quanto previsto all’articolo 230, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per i materiali tolti d’opera per i quali deve essere effettuata la valutazione tecnica della riutilizzabilità, qualora dall’attività di manutenzione derivino rifiuti pericolosi, la movimentazione dei rifiuti dal luogo di effettiva produzione alla sede legale o dell’unità locale dell’ente o impresa effettuata dal manutentore è accompagnata da una copia cartacea della Scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, da scaricarsi dal portale SISTRI accedendo all’area autenticata, debitamente compilata e sottoscritta dal soggetto che ha effettuato la manutenzione”. Tale previsione conferma che l’articolo 266 comma 4, legittima la “movimentazione dei rifiuti dal luogo di effettiva produzione alla sede locale o all’unità locale”, ma prevede che la stessa, se si tratta di rifiuti pericolosi, deve avvenire con la scheda SISTRI. Una ulteriore eccezione deve essere individuata nel caso in cui il materiale necessiti di una valutazione tecnica finalizzata alla individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente non riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. Tale eccezione non trova applicazione nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili, come anche precisato dalla Corte di Cassazione (Cassazione penale, sezione III, 4 marzo 2009, n. 9856). Tali eccezioni non trovano tuttavia alcuna conferma nei principi e previsioni europee di cui alla Direttiva 2008/98/CE, i quali introducono le seguenti definizioni senza consentire alcuna deroga: “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, (…), ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento; “trattamento”: operazioni di recupero o smaltimento, (…); “stoccaggio”: le attività di smaltimento (…) di cui al punto D15 (…) nonché le attività di recupero (...) di cui al punto R13 (…); 41 quanto consente di derogare agli adempimenti di legge2 nella fase di raccolta e trasporto dal luogo di effettiva produzione del rifiuto (es: cantiere o sito ove insiste l’impianto di produzione di energia elettrica) alla sede o al domicilio del soggetto che svolge tali attività oppure al magazzino dedicato allo stoccaggio dei pezzi di ricambio usati o dei rifiuti. Ciò comporterebbe che sarebbe sempre possibile il trasporto presso la sede, legale o operativa, di materiali o apparecchiature da sottoporre alla decisione del titolare di disfarsene; in tal caso non si configurerebbe il trasporto dei rifiuti ma di materiali e/o apparecchiature residuali. “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti (…); Delle eccezioni previste dagli artt. 230 e 266 comma 4 del TU Ambiente in relazione ai rifiuti prodotti da attività manutentive si sono occupati i giudici della Suprema Corte anche ai fini dell’applicazione degli adempimenti relativi al “deposito temporaneo” di rifiuti3. Nelle massime della Suprema Corte si trova conferma dell’applicazione della regola generale consistente nel “divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione” e dell’adesione ad un’interpretazione restrittiva in linea con la disciplina comunitaria. Nell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, nr. 17460 del 10/05/2012 si precisa altresì che nel momento in cui si effettua “instradamento” si deve parlare di trasporto e quindi di un’attività di gestione di rifiuti. La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che la movimentazione esente dalle norme sui rifiuti debba avvenire all’interno di uno stesso compendio nel luogo reale di produzione dei rifiuti e non quando vi sia stato un “trasferimento comportante instradamento da tale luogo a quello giuridico di produzione. In tale situazione il trasporto in sé va considerato già attività di gestione dei rifiuti” (Cassazione penale, Sez. III, 10 maggio 2012, n. 17460). In tale sentenza viene precisato che: “Non ignora il Collegio l’orientamento dottrinario che pone l’accento sulla distinzione tra l’attività di “movimentazione” e quella di “trasporto” dei rifiuti, evidenziando che la prima non necessita di alcuna autorizzazione e che solo la se- 42 conda rientra nel novero della “gestione” ai sensi dell’articolo 183, comma 1 - lett. n), oggetto di specifica autorizzazione in quanto tale (con la conseguenza che solo dopo l’inizio del deposito temporaneo comincerebbe la gestione dei rifiuti in senso tecnico e l’obbligo di rispettarne regole e prescrizioni). Nella specie, però, non può affermarsi la decorrenza della gestione dei rifiuti in senso tecnico solo dopo l’inizio del deposito temporaneo: a) sia perché nulla è dato sapere circa l’effettiva osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge per considerare legittima detta forma di deposito; b) sia perché non vi è stata movimentazione all’interno di uno stesso compendio nel luogo reale di produzione dei rifiuti, bensì trasferimento comportante instradamento da tale luogo a quello giuridico di produzione. In tale situazione il trasporto in sé va considerato già attività di gestione di rifiuti e per “rifiuto”, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi (o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi), restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo recupero”. Considerato una non univocità interpretativa delle norme e comunque in ragione del contrasto con il diritto dell’Unione Europea, sussiste il rischio che le eccezioni introdotte dal TU Ambiente per i rifiuti prodotti da attività manutentive possano essere oggetto di interpretazione restrittiva. Conseguentemente, nella redazione dei contratti di appalto di servizi di manutenzione, l’allocazione delle rispettive responsabilità tra committente e appaltatore non potrà essere stabilita in via generica ma occorrerà entrare nel merito delle singole attività al fine di chiarire i corretti ambiti di gestione del rifiuto. n 1 L’art. 183 (per quanto qui di interesse) prevede che: “a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi; b) «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto; c) «oli usati»: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;” 2 La prima attività che il produttore del rifiuto o il detentore del rifiuto deve svolgere è quella di classificare il rifiuto. Tale classificazione rileva ai fini dell’individuazione degli obblighi di legge per la corretta gestione del rifiuto. L’art. 184 del TU Ambiente classifica i rifiuti per origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. I rifiuti da attività di manutenzione su impianti industriali rientrano nella classificazione di rifiuti da lavorazioni industriali e pertanto sono rifiuti speciali. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del TU Ambiente che include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Se il rifiuto è “speciale”, gli adempimenti per la corretta gestione dei rifiuti sono riportati nella tabella qui di seguito. ADEMPIMENTO CHI È OBBLIGATO QUANDO UTILIZZO DI MODULI PRESTAMPATI Entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento all'anno precedente e sino alla in Si (si veda il DPCM 17 MUD (Modello Unico Produttore del rifiuto piena entrata operatività del Sidi Dichiarazione) (Appaltatore) stema di controllo dicembre 2014.) della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) e comunque fino al 31.12.2015 A CHI VA INVIATO E DOVE DEVE ESSERE TENUTO Inviato alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e ed Agricoltura, e tenuto presso la sede dell’impianto di produzione La sede del cantiere o Registro di carico e nel sito ove insiste Costantemente, ogni scarico dei rifiuti (cfr Produttore del rifiuto Si (si veda il DM 1 l’impianto di produvolta si produce il riart. 190 del TU Am- (Appaltatore) zione (si veda art. 230 aprile 1998, n. 148) fiuto biente) e 266 c. 4 del TU Ambiente) Formulario di identifiImprese che raccolcazione del rifiuto gono e trasportano ri(art. 193 del TU Amfiuti biente) Al momento del caIl formulario deve acrico del mezzo di tra- Si (Si veda il DM 1° compagnare il rifiuto sporto e della “presa aprile 1998, n. 145). durante il trasporto. in carico dei rifiuti” Produttore di rifiuti non pericolosi con + di 10 dipendenti e i sogDal 31.12.2015, SISTRI (art. 188-bis getti che svolgono atSi (si veda D.M. 18 quando viene prodel TU Ambiente) febbraio 2011, n. 52) tività di raccolta e dotto il rifiuto trasporto iscritti all’Albo Nazionale dei gestori ambientali 43 Una disciplina speciale trova applicazione agli “oli usati” generati dalle turbine eoliche. Tale tipologia di rifiuto è normata dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 95 e ss.mm.ii e dall’articolo 236 del D.lgs. 152/06 e ss.mm.ii.. che ha, tra l’altro, istituito il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU), con il compito, anche, di assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate e cedere gli oli usati raccolti secondo le priorità ivi stabilite. In applicazione di tali norme, l’impresa che svolge la manutenzione di impianti eolici deve conferire gli oli usati all’impresa iscritta al COOU. 3 Ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera bb), per “deposito temporaneo” si intende il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: - con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; - quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. - In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose. PIANETA TERRA il Daria Palminteri Via libera all’impianto eolico off-shore di Taranto 45 Con sentenza N. 03252/2015 il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Taranto avverso la sentenza con cui il TAR di Lecce aveva ritenuto la legittimità del provvedimento autorizzativo dell’impianto eolico off-shore da realizzarsi a circa 100 m dalla costa di Taranto, facendo definitiva chiarezza in ordine al dato normativo, che traccia una netta differenza fra impianti eolici “on-shore” ed impianti “off-shore” con riferimento alle Autorità competenti a disporre l’autorizzazione, confermando conseguentemente la legittimità del provvedimento autorizzativo emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, conformemente a quanto in precedenza ritenuto dal TAR leccese. Ad avviso del Comune di Taranto, esisterebbe una terza tipologia di impianti, quella “nearshore”, comprendente le centrali da posizionare nell’entroterra, ad una distanza inferiore a 3 km dalla costa, o sul mare, ma “ad una distanza che si attesta nel range di 7 – 10 km dalla costa”. Per questi ultimi, così come per quelli “onshore”, affermava il Comune nell’atto di appello, la competenza al rilascio dell’autorizzazione spetterebbe alla Regione, ai sensi dell’art. 12, comma 3, del D. Lgs. 29/12/2003, n. 387. Il Consiglio di Stato, viceversa, ha confermato quanto ritenuto dal TAR, affermando come esistano due sole tipologie di impianti eolici, on-shore, da realizzarsi sulla terra ferma, e off-shore, da Province delegate dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei Servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all’articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 , e successive modificazioni. Per gli impianti off-shore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei Trasporti, sentiti il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima”. Dalla norma si ricava chiaramente come il legislatore abbia contemplato soltanto due tipologie di impianti: quelli on-shore, da realizzarsi sulla terraferma su autorizzazione della Regione, e quelli off-shore, da posizionarsi a mare, indipendentemente dalla loro distanza dalla costa, dietro autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La normativa in esame prevede un procedimento unificato di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto, comprensivo anche della verifica della conformità del progetto alla vigente normativa in materia ambientale. L’autorizzazione scaturisce dall’esame congiunto di tutti gli interessi e pareri delle Amministrazioni coinvolte, anche a mezzo di Conferenze di collocare a mare. Il dato normativo di riferimento del procedimento è costituito dall’art. 12, D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, come modificato dall’art. 2, comma 158, L. 24 dicembre 2007 n. 244, che prevede: “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle 47 Il Consiglio di Stato ha confermato come esistano due sole tipologie di impianti eolici, on-shore, da realizzarsi sulla terra ferma, e off-shore, da collocare a mare Servizi. Secondo le previsioni contenute nell’articolo 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, come modificato, il rilascio dell’autorizzazione è comunque subordinato alla preventiva acquisizione della concessione demaniale, in conformità di quanto disposto dall’articolo 36 del Codice della navigazione. Nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione si inserisce quello di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.). In termini procedimentali, per la realizzazione di un impianto offshore devono sussistere: l’autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, da rilasciarsi secondo le modalità previste dall’articolo 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (così modificato dall’articolo 2, comma 158 della L. 24 dicembre 2007 n. 244), previa concessione in uso della zona di demanio marittimo nella quale installare l’impianto; la concessione demaniale marittima per l’installazione e l’esercizio dell’impianto di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; la V.I.A. rilasciata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali. Entro 30 giorni dalla ricezione dell’esito positivo della VIA deve essere convocata una Conferenza di Servizi da parte del Ministero 48 delle Infrastrutture e dei Trasporti, affinché il provvedimento autorizzatorio possa essere emanato. Ad essa sono chiamati a partecipare i seguenti Enti e Amministrazioni: il Ministero dello Sviluppo Economico; il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; la Capitaneria di Porto competente; il Comune nel quale è previsto il passaggio dell’elettrodotto per l’allacciamento alla rete. Il Comune dovrà anche acquisire il parere dell’Azienda sanitaria locale; il Gestore della Rete; le altre amministrazioni che, in forza di leggi, regolamenti o appositi provvedimenti amministrativi, risultino preposte alla tutela di specifici interessi pubblici. Dopo il via libera da parte del Consiglio di Stato, il progetto, 30 MW in 10 turbine da 3 MW da installare nella rada esterna del porto di Taranto, ha ottime possibilità di effettiva realizzazione, anche ove si consideri che il nuovo “decreto sulle rinnovabili elettriche non FV” prevede un incentivo proprio riservato agli impianti eolici in mare di 30 MW, dunque la medesima tipologia di quello di Taranto, che peraltro, attualmente, è il solo impianto off-shore che, oltre ad aver ottenuto il via all’autorizzazione, presenta le caratteristiche richieste per la partecipazione all’asta finalizzata all’assegnazione degli incentivi. n Corsi di formazione per entrare o specializzarsi nel mondo del lavoro della green economy dalla porta principale dell’ ENERGIA RINNOVABILE EOLICA CORSO DI FORMAZIONE ANEV 3/2015 Il Minieolico 3 - 4 novembre 2015 Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind CORSO DI FORMAZIONE ANEV 4/2015 Operation & Maintenance 5 - 6 novembre 2015 Fiera di Rimini, in occasione di KeyWind TUTTI I PARTECIPANTI POTRANNO INSERIRE IL PROPRIO CV CON SPECIFICAZIONE DELLA SPECIALIZZAZIONE ACQUISITA NELL’APPOSITA BANCA DATI CERTIFICATA ANEV RISERVATA ALLE MIGLIORI AZIENDE DEL SETTORE Il Corso può subire modifiche sulla base di eventi straordinari Per informazioni e iscrizioni Segreteria didattica: ANEV tel. +390642014701 - fax +390642004838 [email protected] - www.anev.org GRUPPO IVPC da 20 anni l’eolico in Italia SERVIZI Sede legale Centrale Operativa Ufficio Affari istituzionali e Trading I.V.P.C. 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