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Programma 589 Giobbe 28-29 Stasera arriveremo a
Programma 589 Giobbe 28-29 Stasera arriveremo a uno dei più bei poemi della creazione che si possano trovare. Per noi può non sembrare una poesia, perché noi siamo abituati alle poesie in rima, ma è una poesia ebraica ed è molto bella. Si occupa di cose che sono assolutamente meravigliose. Se il nostro scopo fosse quello di studiare poesia, vi avremmo speso molto tempo. Iniziamo la lettura - versetti da 1 a 6 di Giobbe 28: 1 Ha una miniera l'argento, e l'oro un luogo dove lo si affina. 2 Il ferro si cava dal suolo, e la pietra fusa dà il rame. 3 L'uomo ha posto fine alle tenebre, egli esplora i più profondi recessi, per trovare le pietre che sono nel buio, nell'ombra di morte. 4 Scava un pozzo lontano dall'abitato; il piede più non serve a quelli che vi lavorano; sono sospesi, oscillano lontano dai mortali. 5 Dalla terra esce il pane, ma, nelle sue viscere, è sconvolta come dal fuoco. 6 Le sue rocce sono la sede dello zaffiro, e vi si trova la polver d'oro. Giobbe 28:1-6 Dio ha messo l’argento, l’oro, il ferro e le pietre preziose nella terra. È difficile trovare tali cose. Personalmente non credo che gli uomini abbiano trovato la vastità dei tesori che sono realmente in questa vecchia terra sulla quale viviamo. Credo che questo capitolo lo dica chiaramente. La terra non solo la terra ci fornisce le pietre preziose, ma produce anche cibo, pane, in modo che possiamo nutrirci. Giobbe prosegue nel suo poema, vers.7-11, sempre al cap.28: 7 L'uccello rapace non conosce il sentiero che vi conduce, né l'ha mai scorto l'occhio del falco. 8 Le fiere superbe non vi hanno messo piede, il leone non c'è passato mai. 9 L'uomo stende la mano sul granito, rovescia dalle radici le montagne. 10 Pratica trafori dentro le rocce, e l'occhio suo scorge quanto c'è di prezioso. 11 Frena le acque perché non gemano e le cose nascoste trae fuori alla luce. Giobbe 28:7-11 Gli uccelli volano sopra la terra e le sue montagne. Ci sono vene di minerali sotto la terra; gli uccelli ci volano sopra e non sanno niente, nemmeno l’avvoltoio può vederli. Ci devono essere pietre preziose e vene di ricchi metalli che sono completamente sconosciute e non sfruttate. Può cambiare la topografia delle distese anche attraverso terremoti e può esporre quelle vene di ricchezza della terra che Lui vuole siano esposte. Giobbe parla dei minerali e delle pietre preziose della terra, ma ci sono cose che hanno persino più valore: la saggezza e la conoscenza. Giobbe sa che Dio ha messo i minerali nella terra, ma dov’è la sorgente di quella cosa preziosa che è la saggezza? 12 Ma la saggezza, dove trovarla? Dov'è il luogo dell'intelligenza? 13 L'uomo non ne sa la via, non la si trova sulla terra dei viventi. 14 L'abisso dice: "Non è in me"; il mare dice: "Non sta da me". 15 Non la si ottiene in cambio d'oro, né la si compra a peso d'argento. 16 Non la si acquista con l'oro di Ofir, con l'ònice prezioso e con lo zaffiro. 17 L'oro e il vetro non reggono al suo confronto, non la si dà in cambio di vasi d'oro fino. 18 Non si parli di corallo, di cristallo; la saggezza vale più delle perle. 19 Il topazio d'Etiopia non può starle a confronto, l'oro puro non ne controbilancia il valore. 20 Da dove viene dunque la saggezza? Dov'è il luogo dell'intelligenza? 21 Essa è nascosta agli occhi di ogni vivente, è celata agli uccelli del cielo. 22 L'abisso e la morte dicono: "Ne abbiamo avuto qualche sentore". Giobbe 28:12-22 Giobbe mette in evidenza la difficoltà nel trovare la saggezza. Non credo che tutto questo indagare sugli oceani, lo spazio, ogni crepa nella terra dirà all’uomo qualsiasi cosa inerente alla reale saggezza e conoscenza sull’origine della terra. L’uomo non può trovarla così. Non imparerà come siano venuti all’esistenza; sono stai spesi moltissimi soldi per portare delle pietre dalla luna. Sono delle belle pietre, amica, amico, ma non dicono all’uomo quello che vorrebbe sapere. La saggezza che Giobbe sperava di trovare, magari nei suoi amici, è una saggezza che va oltre la comprensione dell’uomo. Il versetto 22 dice che la morte e l'abisso dicono di aver parlato di saggezza, infatti persino la morte dovrebbe dirci qualche cosa. Ci dovrebbe dire che c’è qualche cosa dall’altra parte, dovrebbe dirci che c’è qualche cosa che non conosciamo. Amica, amico, gli uomini che passano la porta della morte non sono capaci di darci alcuna informazione. Houdini, il grande mago americano, prima di morire studiò un codice con la moglie in modo tale da poter comunicare con lei dopo che fosse andato. Spiritisti dopo spiritisti sono andati dalla Signora Houdini dicendo di avere dei messaggi da lui. Lei disse: “Ditemi il codice”. Nessuno di loro era capace di riferirlo, il che significa che nessuno aveva sentito Houdini dopo la sua morte. Non possiamo comunicare da li. Questo ci dovrebbe dire che c’è qualche cosa che non sappiamo. Infatti dal versetto 23 leggiamo : 23 Dio solo conosce la via che vi conduce, egli solo sa il luogo dove risiede, 24perché il suo sguardo giunge fino alle estremità della terra, perch'egli vede tutto quello che è sotto i cieli. Giobbe 28:23-24 Nei vers.25-28 del cap.28 Giobbe dirà qualcosa di interessante: 25 Quando regolò il peso del vento e fissò la misura delle acque, 26 quando diede una legge alla pioggia e tracciò la strada al lampo dei tuoni, 27 allora la vide e la rivelò, la stabilì e anche l'investigò. 28 E disse all'uomo: "Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza". Giobbe 28:25-28 Per molti anni i critici dissero che la frase riportata qui, il lampo dei tuoni, era una dichiarazione sbagliata; tutti sanno che si può vedere il lampo prima di sentire il tuono. Ma dopo che fu scoperto che il suono non viaggia veloce come la luce, capirono che il lampo e il tuono partono nello stesso punto, nello stesso istante. Quanto è stupendo vedere che lo scrittore del libro di Giobbe sapeva che si trattava del “lampo del tuono”! La vera saggezza e intelligenza, quindi, sono la conoscenza di Dio e fuggire il male. Per contro, quindi, le persone che non vogliono conoscere Dio e che non si allontanano dal male, non sono così intelligenti come sembrano voler far credere. Gli amici di Giobbe non furono capaci di indagare sul problema di quest’uomo. Vedremo rivelato il peccato segreto, ma non è niente di ciò che gli amici sospettavano. A questo punto vediamo che Giobbe è pieno d’orgoglio. Ciò ci mostra che anche un uomo buono ha bisogno di pentirsi. Troveremo in questo capitolo ventinove che Giobbe usa il pronome personale “io” o “me” cinquantadue volte. Segnalo nella tua Bibbia. Ne sarai stupefatto. Giobbe si è chiuso in se stesso. Questo è il suo gran problema. Vedremo quanto ha toccato la sua vita. Il problema tocca la vita di qualcuno quando è completamente chiuso in se stesso. Questo capitolo non contiene alcuna forma di confessione di Giobbe. Questo è invece il suo vanto. Elenca la sua prosperità e la felicità del passato. Non vediamo spirito contrito. Non c’è cuore rotto o contristato, nessuna ammissione di colpa, nessuna confessione, nessun sentimento di colpevolezza o fallimento. I suoi amici non furono capaci di aiutare Giobbe. Fallirono nel vedere il vero problema. Non conoscevano Giobbe e loro stessi, e certamente non conoscevano Dio. Credevano che Dio avesse mandato tutti quei guai a Giobbe come punizione, e credevano che Giobbe stesse solo resistendo. Lo colpivano ed erano dei ben miseri consolatori. Ognuno usò un approccio diverso, e tuttavia arrivarono alla stessa conclusione. Possiamo riassumere i metodi dei amici di Giobbe. Elifaz era la voce dell’esperienza. Usò quello che oggi sarebbe chiamato l’approccio del pensiero positivo. Bildad era il tradizionalista. Usò l’approccio psicologico, ma di quelli che non aiutano nessuno. Zofar era un religioso dogmatico. Pensava di sapere tutto di Dio. Tutti noi potremmo ritrovarci in una di queste categorie. Come abbiamo visto, però, nessuno degli amici di Giobbe è stato capace di aiutarlo. Prima di iniziare a leggere il capitolo 29 voglio dire qualche cosa sul conto di Giobbe. Era un uomo perfetto secondo i parametri che Dio aveva istituito, che erano i sacrifici. Era un uomo molto ricco. Aveva tutto ciò che la vita metteva a disposizione. Aveva ciò che lo rendeva importante agli occhi del mondo. Abbiamo visto che era un uomo religioso. Aveva timore di Dio. Era interessato alla vita, anche spirituale, dei suoi figli. Poteva salire sulla bilancia di Dio e non essere chiamato ipocrita. Le insinuazioni dei suoi amici erano basse e false. Era un genuino uomo di Dio, un figlio di Dio. Allora perché quest’uomo dovrebbe soffrire? Attualmente la sofferenza è solo accidentale, anche se Giobbe non ti direbbe così. La sofferenza in Giobbe è importante come il grosso pesce nel libro di Giona, in cui il vero problema è tra Giona e Dio. E qui il problema reale è tra Giobbe e Dio. Persino satana, il nemico, è secondario. Il vero problema è Giobbe. Non si conosceva, e non conosceva Dio. “Conoscere se stessi”. Questo è importante. Giobbe non si conosceva, si credeva autosufficiente. Ricevette tutti i tipi di complimenti dalla gente, e c’era anche un po’ di autoadulazione. C’era un egocentrismo spirituale nella vita di quest’uomo. Lo vedremo chiaramente quando Dio stesso lo confronterà. Ora Giobbe parlerà di se stesso. Rivivrà il suo passato. Il capitolo 29 potrebbe intitolarsi: “Questa è la mia vita”, di Giobbe. Leggiamo Giobbe 29:1-10: 1 Giobbe riprese il suo discorso e disse: 2 Oh, potessi tornare come ai mesi d'una volta, come nei giorni in cui Dio mi proteggeva, 3 quando la sua lampada mi risplendeva sul capo e alla sua luce io camminavo nelle tenebre! 4 Oh, fossi com'ero ai giorni della mia maturità, quando Dio vegliava amico sulla mia tenda, 5 quando l'Onnipotente stava ancora con me e avevo i miei figli intorno a me; 6 quando mi lavavo i piedi nel latte e dalla roccia mi fluivano ruscelli d'olio! 7 Se uscivo per andare alla porta della città e mi facevo preparare il seggio sulla piazza, 8 i giovani, al vedermi, si ritiravano, i vecchi si alzavano e rimanevano in piedi; 9 i notabili cessavano di parlare e si mettevano la mano sulla bocca; 10 la voce dei capi diventava muta, la lingua si attaccava al loro palato. Giobbe 29:1117 Questi erano i bei vecchi tempi di Giobbe. Abbiamo qui un uomo che serviva Dio dalla sua giovinezza. Prosperava in molti campi. Tutto ciò che toccava diventava oro. Non solo prosperava, ma era anche un uomo influente. Giovani, vecchi, notabili lo rispettavano. I giovani si tenevano in disparte, perché era un uomo importante. I vecchi si alzavano quando lo vedevano arrivare, si toglievano il cappello e s’inchinavano. Quando arrivava, tutti quanti tacevano. Persino i principi e i nobili zittivano. Aspettavano che Giobbe parlasse. La nobiltà non parlava in sua presenza finché lui non chiedeva loro di farlo e non finisce qui. Leggiamo dal vers. 11-17: 11 L'orecchio che mi udiva mi diceva beato; l'occhio che mi vedeva mi rendeva testimonianza, 12 perché salvavo il misero che gridava aiuto e l'orfano che non aveva chi lo soccorresse. 13 Scendeva su di me la benedizione di chi stava per perire, facevo esultare il cuore della vedova. 14 La giustizia era il mio vestito e io il suo; la rettitudine era come il mio mantello e il mio turbante. 15 Ero l'occhio del cieco, il piede dello zoppo; 16 ero il padre dei poveri, studiavo a fondo la causa dello sconosciuto. 17 Spezzavo la ganascia al malfattore, gli facevo lasciare la preda che aveva fra i denti. Giobbe 29:11-17 Giobbe era considerato il cittadino con più valore di Uz in Caldea. Era un cittadino eccezionale. Provvedeva una pensione per l’anziano, aiutava il povero, si prendeva cura delle vedove. Amico mio, quest’uomo pensava per tutti. Giobbe era adorno di buone azioni, e la gente andava da lui per consigliarsi. Accompagnava fino a scuola i ciechi, era un benefattore per i bambini storpi. Amica, amico, quest’uomo era eccezionale! Quanto avremmo bisogno di cittadini come lui. Faceva una approfondita indagine prima di dare il suo giudizio. Questo è qualche cosa che molti oggi non fanno. Giobbe sosteneva soltanto cause degne. Credeva nei diritti civili, nella legge e nell’ordine. Era influente. Per questo, forse, dice : 18 Dicevo: "Morirò nel mio nido, moltiplicherò i miei giorni come la sabbia; 19 le mie radici si stenderanno verso le acque, la rugiada passerà la notte sui miei rami; 20 la mia gloria sempre si rinnoverà, l'arco rinverdirà nella mia mano". 21 I presenti mi ascoltavano fiduciosi, tacevano per udire il mio parere. 22 Quando avevo parlato, non replicavano; la mia parola scendeva su di loro come una rugiada. 23 Mi aspettavano come si aspetta la pioggia; aprivano larga la bocca come a un acquazzone di primavera. 24 Io sorridevo loro quand'erano sfiduciati; non potevano oscurare la luce del mio volto. 25 Quando andavo da loro, mi sedevo come capo; ero come un re tra le sue schiere, come un consolatore in mezzo agli afflitti. Giobbe 29:18-25 Giobbe disse a se stesso: “ho tutto ciò che voglio per ritirarmi, vado in pensione. Morirò nel mio nido. Moltiplicherò i miei giorni come la sabbia, cioè vivrò fino ad un’età avanzata”. Credeva di avere tutto. Aveva una famiglia meravigliosa, aveva una buona salute. Non si poteva pensare di qualche cosa che Giobbe non avesse. Tutti ascoltavano il suo consiglio. Prima di prendere una decisione, si mettevano in contatto con Giobbe per chiedergli un consiglio. La magistratura o il governo esponeva le cose a lui prima di prendere una decisione. Si aggrappavano ad ogni sua parola. Era un uomo eccezionale, di grande influenza, viveva nell’onore. Era un magnate. Era l’uomo ideale, il traguardo che l’umanità si sforzava di raggiungere. Visse una buona vita. Sapeva cos’era la vera abbondanza. Ma Giobbe visse in un paradiso ingannevole. Era nel mondo di Cenerentola; e quando l’orologio scoccò la mezzanotte, la carrozza tornò ad essere una zucca. Ricorda cosa disse nel capitolo 3: “Non appena temo un male, esso mi colpisce; e quel che mi spaventa, mi piomba addosso. Non trovo riposo, né tranquillità, né pace, il tormento è continuo!” La bomba cadde sulla sua testa. Temeva qualcosa di simile. Temeva che tutte le sue sostanze materiali potessero essere cancellate e tolte in un momento, e così fu. Non aveva niente su cui appoggiarsi. Persino i suoi amici non attutirono la sua caduta. Giobbe puntò tutto sulla sua giustizia. Ascoltalo ancora nel versetto 14: “La giustizia era il mio vestito e io il suo; la rettitudine era come il mio mantello e il mio turbante”. Non abbiamo sentito confessioni o ammissione di caduta. Non si nota nessun spirito contristato e rotto in Giobbe. Nel capitolo 30 continua la descrizione della sua disgrazia e della sua sofferenza, e questo noi lo vedremo domani sera.