CAss. Sez. - Distretto della Corte di Appello di Torino
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CAss. Sez. - Distretto della Corte di Appello di Torino
Torino, Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia” Aula Magna 25 maggio 2016 LA RESPONSABILITA’ DEL SANITARIO Casi e questioni in tema di responsabilità della struttura sanitaria Dott. Sergio Pochettino - IV° Sezione Civile Tribunale Torino Il punto sull’inquadramento giurisprudenziale della responsabilità nella prestazione sanitaria: cenni Una responsabilità che sorge “da contatto sociale”, secondo la terminologia ormai invalsa anche a proposito di altre figure di responsabilità che sono state sottratte alla disciplina dell’illecito aquiliano per essere ricondotte all’alveo della contrattualità – come è il caso tra le altre anche della responsabilità degli insegnanti e della struttura scolastica per danni provocati ad altri (ed a talune condizioni, anche a sé) da studenti minorenni - facendo leva su un dato sistematico (che pare richiamare nel codice la categoria romanistica del “quasi contratto”) desunta com’è nelle pronunce di legittimità dalla terminologia dell’art. 1173 c.c. in tema di fonte delle obbligazioni (………da altro fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico). La natura contrattuale della responsabilità della struttura ospedaliera, fondata sul "contatto sociale", è individuata dalle Sezioni Unite (Cass., SSUU 11 gennaio 2008 n. 577). con riferimento non già alla fonte ma al contenuto del rapporto, caratterizzato dall'affidamento che il malato ripone in colui che esercita una professione protetta che ha per oggetto beni costituzionalmente tutelati (l’osservazione era già contenuta contenuta in Cassazione sez. III, 22/01/1999, n. 598) • Sulla collocazione in ambito contrattuale della responsabilità medica si ritiene non abbia avuto incidenza alcuna la modifica normativa apportata dal decreto legge 158/12, convertito con legge 189 dell’ 8.11.12, la cui ratio deve ritenersi limitata all’obiettivo di escludere nell’ambito di prestazioni sanitarie la configurabilità di una responsabilità per le ipotesi di colpa lieve limitatamente al profilo penalistico. • La materia della responsabilità civile – come osservato dalla Suprema Corte - “continua a seguire le sue regole consolidate……… anche per la c.d. responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale” (così Cass. 4030/2013). Alla collocazione sistematica in ambito contrattuale consegue l’attribuzione alla prestazione sanitaria dei connotati che più distinguono tale tipo di obbligazione da quella per violazione del precetto del neminem laedere, e quindi: • il regimi della ripartizione dell'onere della prova (1218 c.c.), • della graduazione della colpa (art. 2236 c.c.), • della prescrizione • (oltre che della risarcibilità dei soli danni prevedibili al tempo in cui è sorta l’obbligazione, art. 1225 c.c.), (Cass. Sez. III 589/1999) La responsabilità professionale del sanitario per inadempimento della prestazione medica si estende direttamente alla struttura sanitaria, pubblica o privata, presso la quale il medico stesso opera, che in base al cd. contratto di spedalità, risponde delle condotte inadempienti direttamente posti in essere dal medico a norma dell'art. 1228 c.c.. (responsabilità del debitore per adempimento dell'obbligazione anche fatti dolosi o colposi di terzi della cui opera si avvalga (tra le molte. Cass. n. 13066/2004. n. 8826/2007 e n. 13953/2007). Il suddetto principio vale anche quanto un paziente viene ricoverato in una struttura sanitaria gestita, in virtù di apposita convenzione, da un soggetto diverso dal proprietario: Il caso: dei danni causati dai medici operanti in struttura ospedaliera risponde la medesima che ne ha la diretta gestione, e non l’altro soggetto (USL, di cui erano dipendenti i medici) in quanto è con la prima e non col secondo che il paziente stipula, per il solo fatto dell'accettazione nella struttura, il contratto atipico di spedalità (Cass. Civile, sez. III, sentenza 20/04/2016 n° 7768) Per chiarezza espositiva e riassuntiva è meritevole di richiamo questa recente massima: Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo "latu sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizioni del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche "di fiducia" dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto. • Cass Sez. 3, n. 18610 del 22/09/2015 Alcuni profili specifici: danni “lungolatenti” e decorrenza della prescrizione due parametri obiettivi, l'uno interno e l'altro esterno al soggetto: l'ordinaria diligenza e livello di conoscenze scientifiche dell'epoca. (Interferenze con clausola claims made) . Contenuto dell’obbligazione della struttura sanitaria e responsabilità per inadempimento. 1. Livello qualitativo della prestazione 2. Conformità alle linee guida 3. Responsabilità di equipe 4. Inadempimento qualificato ed oneri di allegazione 5. Nesso causale 6. Natura solidale dell’obbligazione risarcitoria 1 - livello delle prestazioni – anche in rapporto alla specializzazione • In via generale è richiesta la diligenza media ai sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2, avuto riguardo alla specifica natura e alle peculiarità dell'attività esercitata. • in ogni caso di "insuccesso" incombe alla struttura sanitaria dare prova: della particolare difficoltà della prestazione che il risultato "anomalo" o anormale rispetto all’esito dell'intervento o della cura attesi, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto a sè non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto bensì ad evento imprevedibile e non superabile con l'adeguata diligenza. • La condotta del medico specialista va poi esaminata non già con minore ma al contrario semmai con maggior rigore ai fini della responsabilità professionale, dovendo la condotta adegurasi alla natura e al livello di pericolosità della prestazione, implicante scrupolosa attenzione e adeguata preparazione professionale (Cass. 17143/12) 2 - Conformità alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica • Le linee guida per le pratiche terapeutiche costituiscono un sapere scientifico e tecnologico codificato, che funge da guida per orientare facilmente le decisioni terapeutiche, per uniformare le valutazioni e minimizzare le decisioni soggettive del medico curante. • L’obiettivo è l'adeguamento della condotta del medico ai parametri di più elevata qualificazione sul piano scientifico. • il medico che assuma di aver conformato la propria condotta ai protocolli medici ufficiali non può limitarsi alla mera enunciazione di un assunto, ma deve allegare le linee guida alle quali egli afferma di essersi conformato (Cassazione penale, sez. IV, 29/10/2015, n. 4468) 3 - Responsabilità «di equipe» “In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente e contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio” • Cassazione penale, sez. IV, 06/02/2015, n. 30991 (pronuncia ai soli fini civili) 4 - Inadempimento qualificato ed oneri di allegazione Il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno. Cass. Sez. 3, n. 15993 del 21/07/2011 IN PARTICOLARE Nesso di di causalità - onere probatori • Secondo i principi generali di cui all'art. 2697 c.c., deve essere in concreto fornita dal creditore della prestazione la dimostrazione dell'esistenza del pregiudizio lamentato e il diretto nesso causale dall'inadempimento, non la prova dell'inadempimento, quanto la prova del danno lamentato e del nesso causale tra lo stesso e l'inadempimento, Cassazione civile, sez. III, 14/06/2011, n. 12961 • Grava sul paziente l'onere di dimostrare il rapporto col medico o con la struttura sanitaria e il peggioramento delle sue condizioni a seguito dell'intervento, ovvero l'esistenza di un nesso causale tra l'intervento ed il danno riportato, mentre grava sulla struttura, anche in caso di operazioni di particolare difficoltà, l'onere di fornire la prova liberatoria, ovvero di provare che l'aggravamento delle condizioni del paziente, ove obiettivamente verificatosi, fosse dipeso da cause ad essa non imputabili, ovvero a cause esterne, non riconducibili alla struttura l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente (in questo senso Cass. n. 20904 del 2013) E’ sufficiente per il danneggiato chiedere CTU medica Per valutare il nesso eziologico il giudice può affidare ai consulenti non solo l'incarico di valutare i fatti accertati (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente); in tale ultimo caso la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva Se, all'esito del giudizio, permanga incertezza sull'esistenza del nesso causale tra condotta del medico e danno, tale incertezza ricade sul paziente e non sul medico. E’ stato ad esempio ritenuta rilevante per la conclusione in termini di incertezza e quindi di mancanza del nesso causale il carattere polifattoriale della malattia, ancorato soggettivamente allo stato di salute della danneggiata. • Sez. 3, Sentenza n. 4792 del 26/02/2013 Criterio della preponderanza causale (“più probabile che non”) Implica una valutazione della idoneità della condotta del sanitario a cagionare il danno lamentato dal paziente che deve essere correlata alle condizioni del medesimo, nella loro irripetibile singolarità. La differenza tra accertamento del nesso causale in sede penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), • nel processo penale i rapporto tra valori in gioco tra accusa e difesa vede la preponderanza del valore libertà personale • mentre la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", deriva dall'equivalenza dei valori in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti causalità nell’ipotesi di responsabilità omissiva • L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l'enunciato controfattuale che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato. • Non necessariamente deve trattarsi di condotta codificata da linee guida". un esempio in Cass. 3390 del 20.2.2015 (terapia eparinica, come trattamento preventivo di riduzione del rischio di insorgenza della complicanza della paraplegia, non già in astratto (ossia, soltanto come pratica che trovava credito presso la comunità scientifica), ma nella concretezza della vicenda che era oggetto di cognizione, proprio per la multifattorialità dell'eziologia di detta complicanza, la quale rappresentava un rischio di "oggettiva gravità») Ne consegue, con riguardo alla responsabilità professionale del medico e della struttura sanitaria che, essendo il primo tenuto a espletare l'attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l'omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento stesso. Cass. Sez. 3, n. 16123 del 08/07/2010 modalità dell’accertamento. La cartella clinica La tenuta della cartella clinica costituisce obbligo che grava sulla struttura, la cui violazione determina un danno per il paziente. Si tratta di un documento – di rilevanza pubblicistica - fondamentale per ricostruire i fatti e per valutare non solo l'aspetto soggettivo dell'illecito, ma anche lo stesso profilo eziologico. • Quali conseguenze sul piano probatorio in caso di documentazione incompleta ? L'omissione imputabile al medico nella redazione della cartella clinica consente il ricorso alle presunzioni circa la sussistenza del nesso causale intercorrente tra prestazione medica ed evento dannoso, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della "vicinanza alla prova" Un caso: (a fronte di un vuoto di ben sei ore nelle annotazioni della cartella clinica, ben aveva il giudice ritenuto di condividere l'ipotesi - formulata dai consulenti d'ufficio - che la neonata non potesse essere stata lasciata senza assistenza) • Cass. 6209/16; Cass. n. 12218/2015 Natura solidale dell’obbligazione risarcitoria effetti e profili processuali In caso di responsabilità medica per un intervento eseguito da un medico specialista presso una casa di cura, quest'ultima risponde dei danni patiti dal paziente sia per inadempimento proprio ex art. 1218 c.c., sia per fatto del proprio dipendente incorso in responsabilità professionale, in modo tale che, in mancanza di prova sul riparto delle rispettive responsabilità, il criterio applicabile è quello dell'equivalenza oltre a quello della solidarietà passiva ex lege. • Cassazione civile, sez. III, 21/12/2015, n. 25605 Nel processo a pluralità di parti, instaurato da un paziente per far valere la responsabilità solidale di una casa di cura e del sanitario operante presso di essa, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario passivo, in quanto l'attore, avendo diritto di pretendere da ciascun condebitore il pagamento dell'intera somma dovuta a titolo di risarcimento dei danni subiti, instaura nei loro confronti cause scindibili. • Cassazione civile, sez. III, 10/04/2014, n. 8413 Nei rapporti interni tra struttura ospedaliera e personale sanitario è possibile pervenire ad un riparto di responsabilità diverso: con attribuzione anche della responsabilità ad uno o più operatori, totale ammessa la domanda di regresso tra convenuti formulata in via preventiva e condizionata all’accertamento della responsabilità unica o preponderante del condebitore in solido Può operare il principio di estensione automatica della domanda dell'attore al chiamato in causa da parte del convenuto Trova applicazione allorquando la chiamata del terzo – ad esempio il medico - sia effettuata al fine di ottenere la liberazione della struttura sanitaria dalla pretesa dall'attore, in ragione del fatto che il terzo si individui come unico obbligato nei confronti dell'attore invece dello stesso convenuto, realizzandosi in tale caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) e oggettivo • Cass. 14 giugno 2011 , n. 12961 caso fortuito costituito da eventuale concorso di fattori naturali questione: se, facendo applicazione di una seria legge di prevedibilità scientifica, si debba scrutinare la possibile dipendenza dell'evento lesivo anche da antecedenti fattuali per valutare, in questo contesto, l'incidenza del factum superveniens rappresentato dalla dedotta condotta omissiva dei sanitari, accertando altresì se risulti specularmente improbabile, anche se solo possibile, che la predetta condotta omissiva sia stata causa dell'evento. Una prima risposta (sul piano della causalità materiale) Qualora la produzione di un evento dannoso, quale la morte di un paziente, sia riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla situazione patologica del soggetto deceduto (la quale non sia legata all'anzidetta condotta da un nesso di dipendenza causale), il giudice deve procedere, eventualmente anche con criteri equitativi, alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause, onde attribuire all'autore della condotta dannosa la parte di responsabilità correlativa, così da lasciare a carico del danneggiato il peso del danno alla cui produzione ha concorso a determinare il suo stato personale. CAss. 975/09 La critica, ed una diversa prospettazione (la causalità giuridica) La motivazione opera una trasposizione dell'eventuale rilevanza degli stati pregressi del danneggiato (a valenza concausale) dall'ambito dell'indagine diretta all'individuazione delle singole conseguenze risarcibili - più rettamente destinata a scorrere entro l'alveo della, causalità giuridica, (artt. 1223 e ss. c.c.) - alla precedente fase dell'accertamento del nesso di causalità materiale. Quando un evento dannoso possa apparire riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla pregressa situazione patologica del danneggiato il giudice deve accertare in primo luogo, sul piano della causalità materiale (intesa come relazione tra la condotta e l'evento di danno, alla stregua di quanto disposto dall'art. 1227, primo comma, cod. civ.), l'efficienza eziologica della condotta rispetto all'evento, in applicazione della regola di cui all'art. 41 cod. pen Solo a questo punto può procedersi (eventualmente anche con criteri equitativi) alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause sul piano della causalità giuridica (intesa come relazione tra l'evento di danno e le singole conseguenze dannose risarcibili all'esito prodottesi) per ascrivere all'autore della condotta, responsabile "tout court" sul piano della causalità materiale, un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose non riconducibili eziologicamente all'evento di danno, bensì determinate dal fortuito Soluzione affermata da Cass. 15991/11 (caso di gravissima patologia neonatale, concorrente con errore medico) e successivamente ribadito da Cass. 24204/14 (caso di investimento e decesso di un pedone, persona già affetto da morbo di Alzheimer, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, l'incidenza concorrente di detta patologia con la causa lesiva costituita dal sinistro) le cause incognite Il principio: mentre il paziente è onerato della prova del contratto (e/o del “contatto sociale”) e dell'aggravamento delle proprie condizioni fisiche correlate alla prestazione erogata, L’onere a carico della struttura e/o del medico, nel fornire la prova liberatoria dalla propria responsabilità, non è limitato alla prova della correttezza della prestazione, ma si estende pure alla dimostrazione, in positivo, che l'esito infausto del trattamento praticato sia dovuto ad un altro evento individuato (preesistente o sopravvenuto) indipendente dalla propria volontà e sfera di controllo. Qualora rimanga incerta la causa dell'esito infausto, la situazione processuale di sostanziale incertezza circa l'assenza di colpa del medico, e circa le cause dell'aggravamento, non può esser fatta ricadere sul paziente, ma deve gravare sulla struttura e/o sul sanitario, che non riescono a liberarsi dalla propria responsabilità. • Cassazione civile, sez. III, 20/03/2015, n. 5590) • Cass. civile, sez. III 30/09/2014 n. 20547 in particolare: l’infezione cd. nosocomiale Viene richiamato anche in relazione a tale rischio il noto principio in materia probatoria: A carico del debitore (medico o struttura sanitaria) l'onere di dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente, e che il mancato o inesatto adempimento – costituito dall’insorgenza di infezione ospedaliera - è dovuto a causa a sè non imputabile, in quanto determinato da un evento non prevedibile ne' prevenibile con la diligenza nel caso dovuta, in particolare con la diligenza qualificata dalle conoscenze tecnico-scientifiche del momento. Del principio è fatta applicazione in pronunce rese in vicende in cui l’inadempimento è costituito dall’aver contratto infezione ospedaliera In una pronuncia la Cassazione ha fatto proprio e condivisa la valutazione della Corte d’Appello che aveva ritenuto la responsabilità all'Ospedale - una volta acclarato che l'infezione si era verificata per una causa esterna portatrice del germe infettivo, operante durante l'esecuzione dell'intervento ed ancorché rimasta oscura - per non avere adottato adeguate misure preventive del rischio di infezioni come quella subita dalla paziente, tenuto conto della natura ubiquitaria del germe in ambiente ospedaliero. • Cass. Sez. 3, n. 20136 del 2005 In altra decisione la responsabilità delle lesioni, subite da una bimba, è stata ascritta esclusivamente all'ente ospedaliero, posto che l'emorragia era stata provocata dalla sepsi di Klebsiella, infezione nosocomiale determinata da non adeguata igiene della struttura. Sarebbe dunque spettato al predetto istituto dimostrare di aver fatto tutto il possibile per scongiurare l'insorgere della patologia, ma tale prova non era stata neppure dedotta. • Cassazione civile, sez. III, 01/12/2010 n. 24401 Criterio adottato anche in successive pronunce Allorchè venga accertata la natura nosocomiale di una infezione per la presenza di un batterio nell'ambiente ospedaliero, la responsabilità è da imputarsi alla struttura ospedaliera (nella specie, un neonato aveva contratto una meningite da staffilococco in seguito all'applicazione di un catetere). • Cass. 22379/12 Anche quando vi siano più fattori causali, ….è certo che il danno patito dal piccolo XXX è riconducibile sia alla klebsiella pneumoniae che alla leucomalacia periventricolare e che la klebsiella pneumoniae è stata contratta presso l'ospedale "(OMISSIS)". Si tratta, quindi, del concorso (eventuale) tra una causa umana accertata, cioè la patologia contratta in ospedale, ed una concausa che è rimasta non accertata. non essendo stato provata l'esistenza di un fattore naturale in grado di escludere del tutto il nesso di causa, si deve affermare che l'autore del danno non ha fornito la prova della propria esclusione di responsabilità, ed è quindi da ritenere colpevole per l'intero. • CAss. Sez. 3, n. 8995 del 06/05/2015 Sul rilievo che trattasi di fenomeno prevedibile ma non prevenibile, una pronuncia ha tuttavia escluso la responsabilità in ipotesi di infezione intraoperatoria, valutata come indifferibile e correttamente eseguito. • La presunzione di colpa dalla quale, ai sensi dell'art. 1218 c.c., è gravato il medico nei confronti del paziente che ne invochi la responsabilità professionale, può essere superata dal sanitario dimostrando che l'insuccesso dell'intervento sia dipeso da un evento imprevedibile e non prevenibile con l'uso dell'ordinaria diligenza da lui esigibile. È, pertanto, correttamente motivata la sentenza di merito la quale abbia escluso la responsabilità dei sanitari nel caso di infezione intraoperatoria, (nella specie, intervenuta nel corso di parto cesareo trattato con la c.d. tecnica di Stark), quando sia stato accertato che l'intervento era indifferibile ed era stato correttamente eseguito. CAss. Sez. 3, n. 12274 del 07/06/2011) Prevenibilità generale o soggettiva ? Il riferimento alla correttezza di procedure preventive, così come la mera constatazione della bassa frequenza statistica circa la possibilità di contrarre infezioni in sala operatoria può in realtà trasformarsi in fattore di esonero quasi automatico di responsabilità, che non tiene in debito conto i rischi tipici associati alla fattispecie delle infezioni e le condotte da valutare e valorizzare anche e soprattutto in un'ottica specialpreventiva. L’evento dannoso correlato alla prestazione sanitaria, secondo la stessa letteratura medica, è definito come certamente prevedibile; ed è anche - quantomeno nell’altissima percentuale dei casi dl 98 – 99 % delle operazioni chirurgiche anche prevenibile, grazie all’adozione di quelle procedure e cautele volte proprio al raggiungimento del maggior grado di asepsi possibile. La concretizzazione del rischio nella residua minima percentuale dei casi sopra indicata (ma variabile da struttura a struttura ?) ritengo debba considerarsi in tutta evidenza un’alea propria della prestazione erogata dalla struttura sanitaria: • riferita cioè non già a caratteristiche soggettive del paziente – come sarebbe per diversa ipotesi di complicanze di tipo soggettivo, correlate a diverse possibili (ed in qualche misura imprevedibili) reazioni organiche all’intervento chirurgico dipendenti da caratteristiche di ogni singolo paziente; • bensì di tipo esogeno, che è verosimilmente riconducibile al mancato raggiungimento - per causa che sono rimaste (e rimangono per solito) ignote di quelle condizioni di totale asetticità richieste per evitare l’infezione da fattori patogeni Proprio al fine di gestire il rischio sanitario, e stato proposta in sede di produzione legislativa l’introduzione di un fondo di Solidarietà , che (anche al di là delle ipotesi di responsabilità civile) garantisca un indennizzo a coloro che sono stati vittima dell’alea terapeutica (ad esempio, per infezioni nosocomiali o per eventi avversi provocati dall’assunzione di farmaci). (ad es. artt. 2 e 6 D.d.l. n. 1581/2013)