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La misurazione - Cristiano Corsini
Misurare e valutare Presentazione 2 La misurazione Letture su questa UD (da Benvenuto / Giacomantonio, testo scaricabile sul sito) 1) A. Visalberghi, Misurazione e valutazione, pp. 24-28 2) M. Gattullo, Le funzioni del controllo scolastico, pp. 60-68 3) B. Vertecchi, Funzioni della valutazione, pp. 69-77 Qualche considerazione introduttiva La misurazione ci consente di attribuire a concetti astratti (come la preparazione di Caio in matematica al termine del primo quadrimestre) alcune proprietà del sistema numerico Come abbiamo visto questa riduzione empirica svolge una preziosa funzione all’interno del più generale processo di valutazione (anche se non va confusa con esso) Legare concetti astratti a indicatori empirici è un’operazione complessa e richiede l’osservazione di determinati passaggi. Spesso tale complessità non viene colta e i passaggi non vengono tenuti in considerazione. In tal caso abbiamo misure inaccurate, che compromettono l’intero processo di valutazione con pesanti ripercussioni sull’apprendimento dei soggetti coinvolti Prima di affrontare i passaggi da seguire nella misurazione, vorrei ripartire dai problemi affrontati da Visalberghi in “Misurazione e valutazione”. Rileggiamo con attenzione il passaggio seguente… A. Visalberghi, Misurazione e valutazione nel processo educativo, 1955 «Non c’è nessuna ragione di fondo per cui la misura intesa come operazione di conteggio o confronto non debba accompagnarsi con la misura intesa come abito di equilibrio e discrezione. Si potrebbero fare, è vero, sottili analisi circa l’origine classica dei due significati ed il loro uso rinascimentale, ma non crediamo che i risultati sarebbero in contrasto con la semplice osservazione di buon senso che l’abito stesso del misurare, implicando l’attitudine a vedere un più ed un meno dove il giudizio affrettato scorge qualità assolute è esso stesso un abito di riflessività, di moderazione e di prudenza». Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi Queste parole ci mettono in guardia contro un uso squilibrato della misurazione in educazione. E lo fanno all’interno di un lavoro che, nel complesso, difende le ragioni di un uso (misurato) del testing. Ci ricordano che una buona misura costituisce, al massimo, una buona approssimazione, ma non esaurisce quel che intendiamo misurare. Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi Il richiamo al “vedere un più e un meno” da parte di chi misura rovescia il luogo comune che assegna a chi propone un approccio scientifico o quantitativo la tendenza a operare eccessive semplificazioni della realtà. Per Visalberghi, al contrario, affrontare scientificamente le questioni educative equivale a farsi carico delle loro complessità e la misura è chiamata ad arricchire e a rendere più ricco il nostro giudizio di valore. Tre considerazioni sulle parole di Visalberghi Si tratta di un approccio che rispecchia una visione della scienza in linea con il tramonto dell’idea che riteneva possibile considerare i dati indipendentemente dalle teorie e dai valori. Da questo punto di vista appare evidente la distanza tra questa visione matura e quella pseudoscientifica proposta (oltre mezzo secolo dopo!) da Tremonti (cfr. Presentazione precedente, slide 4) improntata a un induttivismo ingenuo. Purtroppo, come vedremo nel corso di altre unità didattiche, negli ultimi anni è la visione pseudoscientifica a guidare le politiche relative alla valutazione educativa. Il ruolo della misurazione VISALBERGHI Nonché sopprimere la valutazione, la misurazione nasce dalla valutazione e nella valutazione confluisce. Essa mantiene però una provvisoria ma nettissima autonomia che le permette di raggiungere una precisione ed un'attendibilità altrimenti impossibili. GATTULLO 1) Definizione dell’oggetto della valutazione. 2) Misurazione / accertamento. 3) Valutazione (interpretazione della misurazione / accertamento) Il ruolo della misurazione • Come visto (cfr. Visalberghi, Gattullo) la misurazione assume una posizione intermedia nel processo di valutazione educativa. • Essa lo sostiene attraverso la raccolta di informazioni affidabili sulla distanza che intercorre tra uno stato di cose osservato (per esempio: le conoscenze di uno studente in un dato momento del corso) e uno auspicato (per esempio: le conoscenze che a quel punto del corso dovrebbe possedere) • Questo significa che prima di misurare dobbiamo avere idee chiare rispetto a quel che ci interessa conoscere. Prima il perché “Troppo spesso ci chiediamo di misurare qualcosa senza affrontare la questione di che cosa potremmo fare con le misure una volta ottenute. Noi vogliamo sapere come, senza porci il problema del perché. Io spero di poter dire, senza irriverenza, cercate prima ciò che serve ai vostri bisogni e tutte le altre cose vi saranno date di conseguenza”. A. Kaplan, The Conduct of Inquiry, 1964. Cit. in P. Lucisano, Misurare perché e come, in P. Lucisano (a cura di), Lettura e comprensione, 1989 A. Visalberghi, Misurazione e valutazione nel processo educativo, 1955 Noi dobbiamo domandarci non già quali tipi di prove siano più «calde» ed umane, ma quali tipi di prove servano meglio ai fini di un giudizio impegnativo e motivato ricco di conseguenze pratiche importanti. E che deve perciò essere giusto ed obiettivo quant’è possibile. Prima il perché In poche parole, prima di scegliere o costruire uno strumento di misura dobbiamo avere chiaro a quale scopo ci serve. In quale tipo di processo di valutazione impiegheremo le misure rilevate? Si tratta di valutazione diagnostica, formativa o sommativa? In quale momento del percorso stiamo valutando? Le misure che usiamo come docenti Come docenti, spesso diamo i numeri. Le nostre valutazioni si esprimono come misure che di solito hanno un’espressione numerica (18… 30 all’università o 6… 10 a scuola), talvolta sono rappresentate da una lettera (C…A). Altre volte da un giudizio (sufficiente… ottimo). Di solito queste forme sono intercambiabili, cosa che sanno benissimo le migliaia di docenti della scuola primaria che hanno convertito facilmente i loro giudizi in voti, annullando così buona parte degli effetti deleteri che avrebbe avuto la pretesa rivoluzione gelminiana sostenuta da Tremonti. Le misure che usiamo come docenti Questa intercambiabilità dovrebbe metterci in guardia dal credere che per il sol fatto di esprimere numericamente un concetto si stia operando quantitativamente. O, viceversa, dal ritenere che per il sol fatto di esprimere giudizi si operi con delle qualità. Così, la questione tra quantitativo e qualitativo è mal posta. D’ora in poi parliamo di misurazione quando quando classifichiamo individui e/o fenomeni. Le qualità, se esistono, sono da noi conoscibili (aggredibili, comprensibili) soltanto mediante l’utilizzazione di procedure e categorie di tipo quantitativo. Gattullo, M. (1989), «Quantitativo e qualitativo in educazione e nella ricerca educativa», Scuola e Città, n. 4, 158-162. Proseguiamo definendo il processo di misurazione e descrivendo sinteticamente le scale di misura… P. Lucisano, A. Salerni, Metodologia della ricerca in educazione e formazione, 2003 La misurazione ha l’obiettivo di consentire una stima sulla base di un sistema di riferimento condiviso delle informazioni sulle quali si intende operare o che debbono essere considerate ai fini di formulare un giudizio. Definiamo misura diretta quella operazione che si effettua confrontando la grandezza da misurare con un’altra grandezza ad essa omogenea, presa come campione. Carmines e Zeller (1979) ritengono più appropriato definire la misurazione come un processo nel quale vengono collegati concetti astratti ad indicatori empirici, cioè un processo che comporta un esplicito e organizzato piano per classificare e/o per quantificare. Carmines, Edward G., and Richard A. Zeller (1979). Reliability and Validity Assessment. P. Lucisano, A. Salerni, Metodologia della ricerca in educazione e formazione, 2003 Le scale di misura Nella misurazione, attribuiamo dei valori numerici a oggetti o ad eventi secondo regole che permettono di rappresentare caratteri degli oggetti o eventi in questione con proprietà del sistema numerico. In teoria, alle variabili di tipo qualitativo possiamo assegnare solo nomi e non numeri, tuttavia nella pratica è comune etichettare variabili qualitative con numeri. E' necessario ricordare però che in questi casi i numeri non hanno le proprietà del sistema numerico. Una distinzione comunemente adottata è quella che divide le scale di misura in quattro categorie. NOMINALI ORDINALI DI RAPPORTI A INTERVALLI Le scale nominali Il tipo di misura più elementare è quello basato su scale nominali. Gli elementi che sono oggetto della misurazione possono essere solo raggruppati in categorie, distinguibili ma non ordinabili gerarchicamente. Un esempio di scala nominale è quella basata sulla nazionalità o sul credo religioso (nessuna persona sana di mente pretenderebbe di ordinare gerarchicamente gli individui sulla base della nazionalità o del credo religioso) Le scale ordinali In una scala ordinale gli elementi sono raggruppabili in categorie tra cui è possibile stabilire una relazione di ordinamento gerarchico Così, a differenza delle scale nominali, quelle ordinali consentono di ordinare gerarchicamente gli individui in relazione al fatto che possiedano in certa misura una caratteristica C B A Tuttavia la scala non definisce quanto un elemento dista dall'altro. Sappiamo che A è maggiore di B ma non sappiamo quantificare la distanza tra A e B né quella tra B e C. La relazione viene indicata con l’espressione “maggiore di” e con la notazione ‘>’ . Un esempio di scala ordinale è quella basata sui titoli di studio: sappiamo che una Laurea è gerarchicamente sovraordinata rispetto a un diploma di scuola secondaria di secondo grado. Ma non siamo in grado di stabilire la differenza tra i due titoli, né se la distanza tra essi è maggiore o minore rispetto a quella esistente tra il diploma e una licenza di scuola secondaria di primo grado. Le scale a intervalli Quando una scala ha tutte le caratteristiche di una scala ordinale ed è inoltre possibile stabilire la distanza tra ciascuna coppia di elementi si parla di scala a intervalli. Questo richiede che venga definita una unità di misura come riferimento comune con cui esprimere gli intervalli e che questa misura sia replicabile, cioè ripetibile ottenendo lo stesso risultato. L’unità di misura e lo zero di tale scala sono arbitrari. Un esempio di scala a intervalli è la temperatura misurata coi gradi centigradi Con queste scale è possibile calcolare media e deviazione standard. Le scale di rapporti Le scale di rapporti oltre alle caratteristiche delle scale ad intervalli hanno un punto zero assoluto, cioè fisso, non arbitrario. Un modo di accertare se stiamo utilizzando una scala di rapporti è dunque provare a pensare se possiamo usare lo zero. Di norma queste scale non hanno numeri negativi. Operazioni ammissibili: tutte! Un esempio classico di scala di rapporti è l'età di una persona o il suo peso: non si può essere più giovane di zero o pesare meno di zero. Concludiamo qui la lezione (ma riprenderemo più avanti a parlare di misurazione!) con una domanda alla quale vi chiedo di rispondere, argomentando, nel forum. Secondo voi, le misure che da docenti potete utilizzare (dopo un’interrogazione, un tema, un test, ecc.) in quali delle quattro scale rientrano?