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dal crepuscolarismo alle avanguardie
Il primo ‘900 e il simbolismo crepuscolare D’Annunzio sprovincializza la cultura letteraria italiana Pascoli rinnova profondamente lingua e stile – analogismo e fonosimbolismo Lucini nel 1908 pubblica Il verso libero (volume che raccoglie vari saggi); la critica degli ultimi anni lo considera il teorico e il primo sperimentatore del verso libero. I simbolisti italiani sono i crepuscolari del primo Novecento (Govoni, Gozzano e Corazzini) che interpretano il simbolismo in chiave languido-decadente Singoli poeti attraversano fasi ed esperienze diverse. Il termine crepuscolarismo compare per la prima volta nel 1910 nel quotidiano La Stampa in una recensione poetica intitolata “Poesia crepuscolare” e firmata dal critico Giuseppe Antonio Borgese. Scrisse che la poesia italiana si stava spegnendo in un “mite e lunghissimo crepuscolo”, dopo il mattino (Dante, Petrarca), il mezzodì (Boiardo, Ariosto, Tasso), il pomeriggio (Goldoni, Parini, Alfieri) e il vespro (Foscolo, Manzoni e Leopardi). Il poeta crepuscolare trasforma il senso di alterità del poeta rispetto al comune mortale in ripiegamento interiore, espressione di una malattia impotenza, insufficienza alla vita. Reazione alla poesia aulica, importante e impegnata dell’asse Carducci, D’Annunzio e il Pascoli delle canzoni civili. • Autocommiserazione lacrimevole • Compiacimento nella malattia • Voluttà di dolore e pianto Dalla lettera di Govoni a Lucini – 1904 – “Ho sempre amato le cose tristi, la musica girovaga, i canti d’amore cantati dai vecchi delle osterie, le preghiere delle suore, i mendicanti pittorescamente stracciati e malati, i convalescenti, gli alunni malinconici pieni di addii, le primavere nei collegi quasi timorose, le campagne magnetiche, le chiese dove piangono indifferentemente i ceri, le rose che si sfogliano su gli altarini nei canti delle vie deserte in cui cresce l’erba: tutte le cose tristi della religione, le cose tristi dell’amore, le cose tristi del lavoro, le cose tristi delle miserie”. POETICA ANTIELOQUENTE Corazzini – Perché tu mi dici poeta? Perché tu mi dici: poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.[… ] IL CREPUSCOLARISMO DI GOZZANO ...reduce dall'Amore e dalla Morte gli hanno mentito le due cose belle... (I colloqui, epigrafe) Ma un bel romanzo che non fu vissuto da me, ch'io vidi vivere da quello che mi seguì, dal mio fratello muto. Io piansi e risi per quel mio fratello che pianse e rise, e fu come lo spetro ideale di me, giovine e bello. A ciascun passo mi rivolsi indietro, curioso di lui, con occhi fissi spiando il suo pensiero, or gaio or tetro. Egli pensò le cose ch'io ridissi, confortò la mia pena in sé romita, e visse quella vita che non vissi. Egli ama e vive la sua dolce vita; non io che, solo nei miei sogni d'arte, narrai la bella favola compita. Non vissi. Muto sulle mute carte ritrassi lui, meravigliando spesso. Non vivo. Solo, gelido, in disparte, sorrido e guardo vivere me stesso. L’ironia di Gozzano è straniante, è espressione di un sentimento di estraneità alla vita e di estraneità a se stesso. Socchiudo gli occhi, estranio ai casi della vita. Sento fra le mie dita la forma del mio cranio... Ma dunque esisto! O Strano! Vive tra il Tutto e il Niente Questa cosa vivente Detta guidogozzano Corazzini esprimeva lo stesso sentimento nella malattia. Sono un povero fanciullo malato Entrambe queste posizioni sono metafora della condizione umana (in Montale diventeranno il male di vivere) … ma lo stile… Se D’Annunzio e Corazzini avevano già ampiamente utilizzato il verso libero – con esiti diversi – Gozzano preferisce le forme metriche chiuse. Per esempio: • Terzine di endecasillabi a rima incatenata (I colloqui) • Sestine di endecasillabi rimati ABBAAB (la signorina Felicita) • Doppi novenari con rima la mezzo alternata a b b a (l’amica di Nonna Speranza) Dal Manifesto del futurismo di Marinetti (1909) … 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Giacomo Balla velocità astratta, 1913 Il Futurismo nasce da un manifesto, possiede una poetica ufficiale che parte dalla contestazione di tutti gli istituti tradizionali della cultura. Porta alla dissoluzione delle forme poetiche tradizionali Marinetti e Govoni compongono poesie visive Realizzando la definitiva disgregazione del linguaggio Abolizione di punteggiatura, sintassi, morfologia… TEMI POESIA FUTURISTA: • Mimesi del mondo contemporaneo: • Macchine – velocità • Frenesia della vita cittadina • Treni in corsa • Aerei in volo • Oggetti meccanici • Fabbriche • officine • Guerra • Luci elettriche • Esplosioni… Marinetti Govoni Nonostante il manifesto, ogni poeta futurista traccia percorsi originali. In italia, più di ogni movimento precedente il Futurismo ottiene l’abbandono dei canoni tradizionali e l’apertura verso nuove possibilità espressive Palazzeschi Gusto per la rappresentazione di oggetti e degli aspetti del mondo sensibile mondo fenomenico Il Futurismo apre la strada alle avanguardie, come l’espressionismo (soprattutto tedesco) In Italia, più moderati ma accomunati agli impressionisti tedeschi dal pessimismo e dal disadattamento alla vita, sono i vociani LA VOCE fu una rivista italiana di cultura e politica. Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini la fondarono nel 1908. Attraverso diverse fasi continuò le pubblicazioni fino al 1916. È stata una delle più importanti riviste culturali del 900. Alla rivista collaborarono Rebora, Campana, Sbarbaro STILE VOCIANO Frammento lirico, poema in prosa. Concentrazione del lirismo e abbattimento del confine tra prosa e poesia.