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Diapositiva 1 - Piano Lauree Scientifiche
PROGETTO LAUREE SCIENTIFICHE SUN 2010/2011 Quando sentiamo parlare di “matematica”, pensiamo a quell’insieme di numeri, definizione e teoremi che ci accompagnano ogni giorno anche nelle piccole cose. Ma in realtà esiste anche un’altra matematica, ossia quella dell’incerto… Spesso nella vita quotidiana affrontiamo scelte di cui non sappiamo prevedere le conseguenze. La parte della matematica che si occupa di razionalizzare le interpretazioni dei fenomeni casuali, invece che affidarsi a pregiudizi, a superstizioni o al fato, è detta calcolo delle probabilità. Quest’ ultima è nata come scienza analitica nel Seicento, tuttavia affonda le proprie radici nell’età antica, che ha fornito basi concettuali in seguito riprese ed ampliate. Nella civiltà greco-latina per l’interpretazione dei fenomeni casuali ci si affidava al concetto di 'Fato', che era invincibile e persino gli dei vi dovevano sottostare. Nella cultura greca è personificato dalle tre Moire (chiamate Parche dai Romani). Una dea senza scrupoli, Nemesis, rappresentava la cieca distribuzione della fortuna per gli antichi greci con intenzioni né buone né cattive, ma semplicemente in proporzione a seconda dei suoi desideri. Le tre Parche Archimede Un passo in avanti, che ha contribuito agli studi riguardanti il calcolo probabilistico, fu la scoperta del “metodo di esaustione”. Quest’ultimo viene tradizionalmente attribuito ad Eudosso ma fu perfezionato da Archimede. Si può esplicare mediante l’assioma: se da una qualsiasi grandezza si sottrae una parte non inferiore alla sua metà e se dal resto si sottrae ancora non meno della metà della parte rimanente, continuando questo processo, alla fine rimarrà una grandezza inferiore a qualsiasi grandezza dello stesso genere già assegnata. Ciò permise di verificare il rapporto tra due determinate figure. Nel Medioevo il problema probabilistico ebbe una funzione utilitaristica; fu, infatti, adoperato per l’interpretazione dei giochi d’azzardo. Potrebbe essere che qualche giocatore intelligente avesse sviluppato qualche metodo, tuttavia non ci sono pervenute trattazioni sistematiche dell’argomento. Wibold, vescovo vissuto attorno all’anno 1000, inventò un gioco in cui enumerò 56 virtù, ciascuna corrispondente ai modi in cui tre dadi possono essere lanciati, a prescindere dall'ordine. In seguito, durante l’epoca rinascimentale, studiosi come Tartaglia, XV-XVI sec., e successivamente Galileo e Cardano, XVI sec., cominciarono ad affrontare il problema, gettando le basi della futura disciplina. Tartaglia Galileo A Niccolò Tartaglia (1499-1577) dobbiamo la formulazione dell’omonimo triangolo, che fu in seguito adottato dagli studiosi francesi Pascal e Fermat. Tale triangolo permette di calcolare rapidamente i coefficienti dello sviluppo di un binomio. Per tale motivo i numeri che compongono questo triangolo sono anche detti coefficienti binomiali. Cardano Come sappiamo furono i dadi a portare i matematici del XVII sec. a trattare il problema del calcolo delle probabilità. Uno dei protagonisti delle vicende fu il Cavaliere di Merè, un incallito giocatore d’azzardo, che, volendo trovare un metodo che gli consentisse di vincere al gioco, pose a Blaise Pascal due problemi che ormai sono rimasti celebri nel mondo del calcolo delle probabilità: E’ più probabile avere un 6 lanciando 4 volte un dado o avere almeno una volta il doppio 6 lanciando 24 volte due dadi? Se due giocatori, della stessa bravura, interrompono all’improvviso un gioco in cui vince chi per primo totalizza un fissato numero di punti, come va divisa la posta se nessuno raggiunge il punteggio? Il cavaliere di Merè La nascita della teoria delle probabilità, quindi, risale al XVII secolo e va attribuita ai matematici francesi Pascal e Fermat. Infatti per risolvere i problemi posti dal Cavaliere di Merè, Pascal (1623-1662) si consultò con Pierre de Fermat(1601-1665) e ne nacque una famosa corrispondenza epistolare. Il 29 luglio 1654 Pascal scriveva a Fermat: "Vedo che la verità è la stessa a Tolosa come a Parigi." I due grandi matematici avevano scoperto le prime leggi della probabilità e inventato il calcolo combinatorio. Sempre in quell’anno, infatti, Pascal pubblica il Traité du Triangle Arithmétique dove si parla del triangolo di Tartaglia. Con i coefficienti binomiali, Pascal risolse il problema della divisione della posta: Se ad un giocatore mancano j punti per vincere e all’altro k, la posta deve essere divisa nel rapporto seguente Ma naturalmente lo studio della probabilità non si esaurì con i risultati proposti dal francese Pascal ma fu affrontato anche da altri studiosi europei. Newton contribuì con la cosiddetta Formula di Newton, che riprese gli studi sui coefficienti binomiali di Tartaglia. Secondo tale formula la potenza del binomio può essere scritta come: Leibniz usa, ma non dimostra, che la somma dei coefficienti binomiali su una riga è una potenza di due: Isaac Newton Gottfried Wilhem Leibniz Nonostante le numerose teorie enunciate nel XVII secolo è solo nel corso del secolo successivo che cominciarono ad essere enunciate le prime leggi e definizioni riguardanti il calcolo delle probabilità. Importante fu in questo senso il ruolo della famiglia Bernoulli, le cui scoperte anticipavano la formulazione della definizione classica di Laplace. A Jacob Bernoulli (1654-1705) si devono in particolare: la Jacob Bernoulli risoluzione del problema delle navi mediante la Distribuzione Binomiale l’enunciazione della Legge dei Grandi Numeri Il problema delle navi poneva tale interrogativo: Se una nave ha probabilità p di naufragare, si chiede qual è la probabilità che di n navi salpate, più o meno dello stesso tipo e per la stessa rotta, k di esse facciano naufragio. Delta q=1-p la probabilità che la nave non naufraghi, la probabilità richiesta è: Tale formula è nota con il nome di Distribuzione Binomiale Con la Legge dei Grandi Numeri nasceva la teoria della misura e dell’analisi funzionale: Un evento di probabilità p, sconosciuta, viene considerato in n prove indipendenti. Sia Sn il numero di volte in cui l’evento si è verificato ed ε > 0 un numero piccolo a piacere. Allora la probabilità che Sn /n differisca in modulo meno di ε da p, quando il numero n di prove cresce all’infinito, è uguale a uno. Daniele Bernoulli (1700-1782), nipote di Jacob, nel suo Specimen Theoriae novae de mensura sortis affrontò, invece, il problema del paradosso di Pietroburgo: Supponiamo che Pietro e Paolo si mettono a giocare a testa e croce con una moneta. Se il primo lancio dà testa, Paolo darà a Pietro una corona; se il primo lancio dà croce, ma si ottiene testa per la prima volta al secondo lancio, Paolo darà a Pietro due corone; […] Qual è la somma che Pietro dovrebbe pagare a Paolo perché questi accetti di giocare? Daniel Bernoulli Carl Friedrich Gauss (1777-1855) A inizio ‘800, cominciarono a nascere legami tra il calcolo delle probabilità e le altre discipline scientifiche: nel 1809, durante il suo studio degli errori di osservazione in astronomia, Gauss trovò la curva che prenderà il suo nome. CAMPANA DI GAUSS In prima approssimazione la curva di Gauss rappresenta la frequenza con la quale si presentano gli errori casuali. È considerata Gli errori più piccoli sono più frequenti di quelli grandi. Infatti per il punto P si ha: errore -2, frequenza 82 %; per il punto Q errore -5, frequenza 14 %. Graficamente la curva ha la forma di una campana, è simmetrica, è asintotica rispetto all'asse orizzontale. C'è però anche un altro modo di usare la curva di Gauss: essa può rappresentare la probabilità p con la quale un certo errore può presentarsi. Se le misure sono già state eseguite, sulle ascisse si riportano gli scarti:se la loro distribuzione è simile a quella della curva di Gauss, significa che abbiamo operato correttamente. Come si vede la curva di Gauss ha una grande importanza nella teoria degli errori, nella statistica, nel calcolo delle probabilità. Definizione classica di probabilità Pierre Simon de Laplace (1749 – 1827) Laplace, nella sua opera Théorie analytique des probabilités del 1812, ci fornì la sua celebre definizione conosciuta come classica: La probabilità di un evento E è il rapporto tra il numero m dei casi favorevoli (al verificarsi di E) e il numero n dei casi possibili, supposti tutti equiprobabili. La definizione di Laplace, tuttavia, risultava facilmente criticabile in quanto presupponeva: 1. l’equiprobabilità dei possibili esiti elementari 2. la possibilità di conteggiarli in termini combinatori 3. la finitezza del loro numero Pierre Simon de Laplace Definizione frequentista di probabilità: Antoine Cournot (1801-1877) Circa 30 anni dopo la comparsa del lavoro di Laplace, Antoine Cournot e Robert Leslie Ellis separatamente proposero una nuova definizione di impostazione statistica, nota come definizione frequentista: La probabilità di un evento E è il rapporto tra il numero k di volte che si è verificato E e le n prove effettuate. Naturalmente quando n tende a infinito questo rapporto corrisponderà a quello individuato da Laplace. Ma anche questa definizione venne sottoposta a molte critiche in quanto conteneva elementi di arbitrarietà o quantomeno di soggettività. Antoine Cournot De Finetti fu il primo matematico a rispondere alla questione del calcolo della probabilità con la teoria soggettivista che si definisce come “il prezzo che un individuo razionale e coerente ritiene equo pagare per ricevere un guadagno unitario al verificarsi dell’evento.” Agli inizi del ‘900 prese il sopravvento l’idea di svincolare il concetto di probabilità da ogni riferimento concreto. La sistemazione definitiva è dovuta a Kolmogorov che nel 1933 propose una definizione di probabilità prendendo come punto di partenza alcuni assiomi che esprimono la natura , le proprietà matematiche degli enti su cui opera e i relativi legami. Sia lo spazio degli eventi possibili. Si dice probabilità una qualsiasi funzione P definita sulla classe degli eventi tale che: 1. Se A è un evento allora 2. Se è l’evento certo allora 3. Se sono eventi a due a due incompatibili allora In tal modo la probabilità acquista ufficialmente la dignità di disciplina matematica. Kolmogorov Superato il muro del determinismo la probabilità fece il suo ingresso trionfale nel mondo fisico fin dai primi anni del ‘900. Nel 1905 Albert Einstein spiegò il moto browniano in termini casuali scoprendo che tutto il mondo degli atomi è governato da leggi probabilistiche. Nel 1910 Rutherford, Bateman e Geiger vinsero il Nobel per la fisica: scoprirono che il numero di particelle emesso da una sostanza radioattiva è una variabile aleatoria (con distribuzione di Poisson). Nel 1928 i fisici Paul e Tatiana Ehrenfest vinsero il Nobel per aver spiegato la diffusione dei gas mediante un modello probabilistico (catene di Markov). Nel 1926 Einstein scriveva a Max Born: “Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo, io credo invece che tutto obbedisca ad una legge ….”. Albert Einstein Il gioco del lotto (o semplicemente lotto) . è un gioco d’ azzardo, e probabilmente il gioco a premi più diffuso in Italia. Etimologia La parola "lotto" deriva dal francese "lot", che significa sia "porzione" che "sorte". Il termine, giunto nella penisola iberica, è documentato come "lote" in spagnolo e "loto" in portoghese. Il verbo francese "lotir", inoltre, significa "dividere la sorte" o "assegnare la sorte". Ma analogo lemma si ritrova nell'antico inglese "hlot" ("cosa toccata in sorte"), cui corrispondono "Los" nel tedesco moderno e "lot" nel danese Progenitore Solo dal 1448 si ha notizia certa della diffusione, a Milano, delle cosiddette "borse di ventura", indicate da molti storici come il primo nucleo di quello che più tardi diverrà il vero Gioco del Lotto moderno. Il gioco consisteva nell'assegnare sette "borse" contenenti, rispettivamente dalla prima alla settima, 300, 100, 75, 50, 30, 25, 20 ducati in contanti. Chiunque, pagando un ducato, aveva la possibilità di veder inserito in un recipiente di vimini un biglietto recante il proprio nome. In un secondo recipiente, venivano depositati altrettanti biglietti, sette dei quali recavano l'ammontare dei diversi premi mentre i restanti erano in bianco. Nominato uno dei presenti ad effettuare le operazioni, veniva estratto un biglietto dal recipiente contenente i nomi, e uno da quello dei premi: se al nome estratto risultava abbinato un biglietto bianco, non si vinceva nulla; se invece ne veniva estratto uno recante un premio, l'ammontare di questo veniva consegnato al vincitore. Caratteristiche del gioco Consiste in tre estrazioni settimanali (martedì, giovedì e sabato) che vengono effettuate a partire dalle ore 20:00 per dieci ruote: Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli,Palermo, Roma, Torino, Venezi a e Nazionale. Per ogni ruota vengono estratti 5 numeri tra l'1 e il 90 senza reimmissione, nel senso che un numero una volta estratto non viene reimmesso nell'urna. L'estrazione è effettuata su tutte le ruote attraverso un'urna meccanica che mischia le palline con un getto di aria compressa e le cattura con una nicchia rotante ai bordi dell'urna. Il gioco consiste nello scommettere sui numeri estratti sulle varie ruote. Si può scommettere di indovinare, su una ruota, su più ruote o su tutte le ruote: l'ambata, o estratto semplice, ovvero un solo numero (l'ordine di estrazione non conta); l'estratto determinato, ovvero un numero e la posizione in cui viene estratto; l'ambo, ovvero due numeri; il terno, ovvero tre numeri; la quaterna, ovvero quattro numeri; la cinquina, ovvero cinque numeri. Si possono giocare fino a 10 numeri sulla stessa scheda. La vincita è pagata a quota fissa e dipende da quanti numeri si sono indovinati, da cosa si è giocato e da quanti numeri sono stati messi in gioco. Gioco “non Equo” Il gioco del lotto è un gioco definibile "non equo", laddove per gioco equo si intende un gioco che paga al vincitore una vincita pari alla posta giocata moltiplicata per l'inverso della probabilità di vincità. il ratio vincita equa/vincita reale segue il seguente trend: 1,6, 1,6, 2,61, 4,26, 7,32, e se si considera la trattenuta del 6% sulla vincita tali valori sono ancora più alti. Il Superenalotto è un gioco d'azzardo a premi gestito dalla sisal , introdotto per la prima volta in Italia il 3 dicembre 1997, in sostituzione del gioco dell‘enalotto . Il suo ideatore è stato Rodolfo Molo che fu uno degli inventori del Totocalcio. Nel regolamento originario, in vigore fino al 30 giugno 2009, la combinazione vincente, esattamente come l'Enalotto, era legata alle estrazioni del lotto ed era composta dai primi numeri estratti delle ruote di Bari, Firenze, Milano,Roma, Napoli e Palermo. A questi numeri si affiancavano il cosiddetto "Numero Jolly", ovvero il primo estratto (o il secondo o il terzo e così via in caso di uguaglianza) della ruota di Venezia, ed il numero "SuperStar", ovvero il primo estratto sulla ruota nazionale. Dal 1º luglio 2009, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento, la combinazione vincente del Superenalotto ed i numeri Jolly e SuperStar non dipendono più dai numeri estratti sulle ruote del Lotto, ma da due estrazioni separate (una per determinare la sestina ed il Jolly e un'altra a parte per il SuperStar), effettuate mediante macchine a mescolamento pneumatico. Il Superenalotto (a differenza, ad esempio, del Lotto) è un gioco a vincita variabile, nel senso che il montepremi (più eventualmente il jackpotdel concorso precedente) di ogni concorso viene suddiviso nelle 5 categorie di vincita e spartito in modo equo tra i vincitori delle singole categorie. Pertanto la vincita dipende dal montepremi e dal numero di altri vincitori della stessa categoria. Il primo "sei" in assoluto fu indovinato il 17 gennaio 1998 a Poncarale, provincia di Brescia, e valse 11 miliardi di lire. Una particolare vincita si ebbe nell'autunno 1998 a Peschici: 100 persone giocarono un sistema vincendo 63 miliardi di lire. Un caso particolare si ebbe poi a Bitonto: due "sei" nella stessa ricevitoria (uno tratto da un sistema e uno "spurio"), che fruttarono, in totale, circa quarantaquattro miliardi di lire. E un altro caso particolare lo si ebbe il 31 gennaio 2009 quando la sestina vincente fu azzeccata da 5 vincitori. Il SuperEnalotto ha al suo attivo la più alta vincita in un gioco a premi italiano, pari a poco più di 177 milioni di €, assegnato a un sistema di 70 quote da 24 € giocato on line, che ha indovinato la sestina vincente dopo nove mesi di attesa. La vincità singola più alta finora assegnata è invece di 147.807.299,08 €, vinti il 22 agosto 2009 a Bagnone, in provincia di Massa-Carrara, con una schedina da 2 euro, dopo un'attesa lunga 7 mesi. Il montepremi più alto nella storia delle lotterie europee appartiene all'EuroMillions. Il 3 febbraio 2006 la lotteria che viene estratta a Parigi, ha distribuito 183 milioni di euro a tre vincitori (due francesi e un portoghese). Il Superenalotto detiene il primato della più alta vincita mai aggiudicata a una sola persona in Europa. Si vince, dopo aver scommesso su una schedina, indovinando: il terno, ovvero tre numeri; la quaterna, ovvero quattro numeri; la cinquina, ovvero cinque numeri; il cinque più uno, ovvero cinque numeri più il numero jolly; il sei, ovvero i sei numeri della combinazione base (escluso il numero jolly). La giocata minima si ottiene marcando due combinazioni (sei numeri su ciascun pannello) per un importo pari a 1,00 €, mentre la giocata massima su una schedina è di 27.132 colonne (corrispondente ad una giocata di 19 numeri su un pannello) per un importo pari a 13.566,00 €. La seguente tabella riporta le combinazioni messe in gioco e le probabilità di vincita secca (sei numeri) a seconda del totale di numeri giocati in combinazione integrale su un solo pannello. Numero giocati su un pannello Combinazioni in gioco Probabilità di vincita Calcolo matematico 6 1 1 su 622.614.630 622.614.630 7 7 1 su 88.944.947 88.944.974 8 28 1 su 22.236.237 22.236.236 9 84 1 su 7.412.079 7.412.078 10 210 1 su 2.964.832 2.964.831 11 462 1 su 1.347.651 1347650 12 924 1 su 673.825 673.825 Il numero SuperStar è un numero casuale tra 1 e 90, indipendente dalla sestina del Superenalotto, generato dal terminale al momento della convalida ed è abbinato alle combinazioni per le quali è stata scelta l'opzione "SuperStar". Questa nuova formula di gioco complementare è stata introdotta con il concorso n. 37 del 28 marzo 2006. Fino al 30 giugno 2009 il numero SuperStar corrispondeva al primo numero estratto sulla ruota Nazionale, mentre a partire dal 1º luglio 2009 viene determinato con un'apposita estrazione e lo si può scegliere anche personalmente, marcandolo sull'apposita sezione prevista nella nuova versione della schedina. Nel caso in cui si indovini una combinazione del superenalotto e il numero superstar si ha diritto a uno dei seguenti premi aggiuntivi: Punteggio su una colonna con superstar Probabilità di uscita 0 1 su 137,7 1 1 su 302,4 2 1 su 1935,9 3 1 su 29.403,9 4 1 su 1.071.625,5 5 1 su 111.181.183,2 5+ 1 su 9.339.219.450 6 1 su 56.035.316.700 Il SuperEnalotto è il gioco d'azzardo a premi più difficile al mondo di tutti i tempi (l'EuroMillions, che distribuisce pure premi molto ricchi, è giocato su meno numeri); centrare 6 numeri, ciascuno tra 1 e 90, rappresenta il record assoluto di minima probabilità fra tutti i giochi del mondo di questa tipologia, da sempre; infatti rispetto agli altri giochi d’azzardo italiani questo è il più difficile dai vincere il montepremi e il più diffuso per le sue alte vincite. gioco Numeri giocati Probabilita di vincita del premio massimo Superenalotto 6 1 su 622.614.630 Lotto(cinquina) 5 1 su 43.949.268 Totogol 7 1 su 17.297.280 Totocalcio 14 1 su 4.782.969 Win for Life 10+1 1 su 3.695.120 La quota derivante dall'incasso delle giocate che è distribuita fra i vincitori è pari al 34,648%. Del totale delle giocate, la quota trattenuta dall'erario è pari a circa il 53,6%, tranne che per le giocate effettuate in Sicilia, per le quali il 12,5% è trattenuto dalla Regione. L'8% è trattenuto dal punto vendita, il 3,73% va al concessionario (attualmente la Sisal) e il 34,648% costituisce il montepremi . Le vincite, in contanti, non sono tassate. Il montepremi totale viene ripartito tra le cinque categorie di premi nelle seguenti proporzioni: Ai 6 va il 20% del montepremi totale; Ai 5 + numero Jolly va il 20% del montepremi totale; Ai 5 va il 15% del montepremi totale; Ai 4 va il 15% del montepremi totale; Ai 3 va il 30% del montepremi totale. Guadagnare dal Superenalotto non è solo chi scommette ma anche le casse dello Stato. Su cento euro incassati, per esempio, la lotteria gestita da Sisal, ne versa il 49,5% allo Stato, ben al di là di quel 20 e 30 per cento, previsto per gli altri giochi, e del 5% associato alle scommesse sportive. Così nei primi nove mesi del 2008 la raccolta ha raggiunto il miliardo e 460 milioni, di cui 723 destinati allo Stato. Come si calcolano le somme di vincita? Il montepremi è costituito dal 38% dell’incasso totale e viene ripartito in 5 parti uguali fra le cinque categorie di vincita 6, 5+, 5, 4, 3. In assenza di vincitori con il 6 e con il 5+, la quota del montepremi viene riportata (con il meccanismo chiamato jackpot) al concorso successivo. Nel caso in cui il jackpot raggiunga il tetto stabilito dal regolamento (50 miliardi per il 6, e 25 miliardi per il 5+) e non ci siano ancora vincitori, l’incremento non sarà più dell’intera parte di montepremi, ma solo del 4%. Una volta fatto il ‘botto’ del Superenalotto, la vincita non è soggetta a tassazione perché le responsabilità fiscali risultano già assolte all’atto della giocata attraverso l’imposta unica di gioco e la percentuale, spettante al montepremi, è fissata a livello nazionale. Tempio del gioco d’azzardo Montecarlo è una città celebre per il suo casinò e per il gran premio di formula uno. Montecarlo è anche il nome di un metodo statistico, molto utilizzato nelle scienze applicate, per simulare risultati che non si è in grado di valutare direttamente e che richiederebbero calcoli molto complicati. Il suo nome per certi aspetti ricorda quanto accade al tavolo da gioco. Proprio come le sequenze di numeri generati da una roulette, il metodo si fonda su sequenze di numeri prodotti a caso. Le applicazioni del metodo Montecarlo sono enormi: fisica nucleare, fisica della materia, dinamica delle popolazioni, problemi finanziari, problemi di traffico, informatica. METODO MONTECARLO Le sue origini risalgono alla metà degli anni 40, quando per il Progetto Manhattan, ci fu una straordinaria concentrazione di matematici e fisici: John von Neumann, Stanisław Marcin Ulam, Enrico Fermi e Nicholas Constantin Metropolis (che coniò il nome Montecarlo). Il più famoso utilizzo di tale metodo è quello di Enrico Fermi, che nel 1930 usò un metodo casuale per calcolare le proprietà del neutrone. Ecco come è nata l’idea di calcolare l’area di una figura curvilinea servendosi del caso. Si disegna in un quadrato Q la superficie chiusa S a contorno curvilineo di cui si vuole calcolare l’area . Si faccia cadere da una certa altezza sul quadrato una manciata di riso, si contino quanti chicchi sono caduti dentro la superficie S di cui si vuole calcolare l’area e quanti sono caduti in tutto il quadrato Q. Il rapporto tra il numero dei chicchi caduti dentro S e quelli caduti dentro tutto Q si assume come rapporto tra le aree delle figure S e Q. E’ possibile simulare con l’elaboratore elettronico il lancio dei chicchi di riso. Si pensi il quadrato Q di lato l e la figura S inseriti nel primo quadrante di un piano cartesiano in modo che i vertici del quadrato abbiano rispettivamente coordinate A(0 ; 0), B(l ; 0), C(l ; l) e D(0 ; l) e si generino con la funzione RANDOM n coppie ordinate di numeri casuali compresi tra 0 e l. Intendendo ogni coppia rispettivamente come ascissa e ordinata di un punto, otteniamo n punti casuali ognuno dei quali simula la caduta di un chicco di riso. I punti casuali ottenuti potranno cadere dentro o fuori la figura S , cadranno comunque dentro il quadrato Q. Il rapporto tra il numero dei punti dentro S e quelli dentro tutto Q si assume come rapporto tra le aree delle figure S e Q. Simulando il lancio di 215 chicchi di riso si è valutata l’area di un cerchio di raggio 2 inserito in un quadrato di lato 4. Si sono ottenuti 169 punti dentro la circonferenza . L’area S del cerchio risulta i dell’area del quadrato Q che vale 16 ; si ha pertanto : quindi , otteniamo che . Sapendo che vale 3,14. e IL SEGMENTO DI PARABOLA Ripetendo l’operazione un numero molto grande di volte (legge dei grandi numeri) il rapporto fra il numero di punti che cadono internamente all’area (casi favorevoli) e il numero totale di tentativi (casi possibili) approssima l’area considerata in quanto rappresenta il rapporto (frequenza) tra l’area della figura e l’area del quadrato in cui essa è racchiusa che, per le convenzioni fatte, è uguale a uno. Ovviamente il metodo può essere applicato anche racchiudendo l’area da calcolare in un generico rettangolo di dimensioni note. Verifica del teorema di Archimede: l’area del segmento parabolico è 2/3 dell’area del rettangolo in cui è inscritto. Consideriamo una parabola con il vertice nell’origine degli assi (per comodità; comunque è sempre possibile eseguire una traslazione per portarla in questa posizione) e poiché la curva è simmetrica rispetto l’asse y, ne consideriamo solo la parte nel I quadrante. Costruiamo con excel una tabella che ci permetta di rappresentare la curva e le rette parallele agli assi cartesiani che la delimitano, individuando così il rettangolo che racchiude la figura di cui vogliamo calcolare l’area. Archimede e il segmento di Parabola Archimede usa il procedimento di esaustione per calcolare l'area del segmento di parabola, nel suo scritto Quadratura della parabola : (naturalmente la dimostrazione che diamo qui non segue letteralmente quella di Archimede, ma la traduce in linguaggio e simbologia attuale). Si vuole determinare l'area del segmento di parabola delimitato dal segmento AB . A tal scopo si traccia il triangolo ABC inscritto alla parabola (cioè il triangolo formato prendendo il punto C come il punto sull'arco di parabola che è più distante dal segmento AB ), e su di esso ancora dei triangoli ( AEC e CDB costruiti in modo analogo) inscritti alla parabola. Sia ora S l'area cercata ; A 0 l'area del triangolo ABC , A 1 l'area coperta dai triangoli AEC e CDB , A2 l'area che si copre ripetendo la costruzione su tutti i lati AE , EC, CD, DB e così via per A 3 , A4 , ... , A n . Ad ogni passo il numero dei triangoli raddoppia, ma la somma di essi è un quarto di quelli del passo precedente, cosicché abbiamo: Sia A0,A1 ,A2, ... ,A n , una successione di grandezze, ognuna quadrupla della successiva. allora: La dimostrazione si avvale di due lemmi: Lemma 1: L'area del triangolo inscritto è maggiore di metà dell'area del segmento di parabola (cioè, nell'esempio in figura, l'area del triangolo ABC è maggiore di metà dell'area tratteggiata in Fig. 6). Lemma 2: La somma delle aree dei triangoli AEC e CDB è uguale ad un quarto dell'area di ABC. Applicazione del metodo: Ago di Buffon, calcolo di π Il problema dell'ago di Buffon è una questione posta nel XVIII secolo da Georges-Louis Leclerc conte di Buffon: supponiamo di avere un pavimento in parquet, costituito da strisce di legno parallele, tutte della stessa larghezza, e facciamo cadere un ago sul pavimento. Qual è la probabilità che l'ago si trovi su una linea fra le due strisce? Il problema può essere ricondotto a un procedimento del metodo Montecarlo per ottenere un valore approssimato di π. Si lascia cadere un ago di lunghezza t su una superficie sulla quale si siano tracciate righe parallele a distanza t l'una dall'altra... La probabilità che l'ago incroci una linea èdata da P = 2/π Se l'ago viene lanciato N volte, indicando con Nx il numero di volte che l'ago incrocia una linea Nx/N tende a P all'aumentare di N e quindi 2 N/Nx tende a π. Sia M un punto di coordinate (x,y) con 0<x<1 e 0<y<1. Scegliamo casualmente i valori di x e y. Sia x2 + y2 < 1 allora il punto M appartiene al disco di centro (0,0) di raggio 1. La formula per determinare l'area di un disco è il raggio elevato al quadrato per π. Nell'esempio il raggio è pari a uno e quindi l'area di interesse è 1*π = π. Il punto può cadere solo in uno dei quattro quadranti del disco e quindi la probabilità che cada all'interno del disco è π/4. Facendo il rapporto del numero dei punti che cadono nel disco con il numero dei tiri effettuati si ottiene un'approssimazione del numero π/4 se il numero dei tiri è grande. Hanno partecipato: Gli studenti con la collaborazione di: