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(formato pptx 2011) Progetto Evoluzionismo, Lezione
PROGETTO EVOLUZIONISMO La Neotenia umana Prof. Federico Agen II parte del processo a Lamarck 23 giovedì FEBBRAIO 2012 dalle ore 15 alle 17 presso l’aula magna ” dell’ITI “G. Galilei Neotenia: tra Geni e Cultura Si nasce e soprattutto si cresce. Da Darwin a Lamarck • La genetica ci ha portati fino alla nostra specie di Homo sapiens, differenziandoci dalle altre specie. • La genetica si arresta di fronte alle differenti abilità mentali degli esseri umani, solo l’ambiente è responsabile delle differenze che si sviluppano tra individui durante l’ontogenesi. Nasciamo tutti abilmente uguali. Per gli antropologi evoluzionisti la specie umana è unica e non vi sono differenze biologiche tra i vari gruppi per quanto riguarda le abilità mentali. Per questo è possibile per ogni gruppo sociale percorrere le tappe che lo avrebbero fatto progredire. “Tutte le maggiori conquiste della mente sono state al di là delle possibilità di individui isolati”. Charles Sanders Pierc I geni raccontano una parte importante della storia dell’evoluzione cognitiva umana, forse la più importante, ma non tutta la storia, e ribadendo il concetto che non esiste una natura umana indipendente dalla cultura, poiché, per definizione, la natura umana è culturalmente situata. Neotenia Con riferimento alla radice etimologica, “neotenia” significa “tendenza alla gioventù”. Il termine scientifico designa la permanenza nella forma e nelle funzioni degli organismi viventi adulti di aspetti immaturi dello sviluppo: una sorta di sindrome di Peter Pan biologica. Un caso interessante è quello di Axolotl, una salamandra originaria del Messico il cui nome rievoca secondo un mito azteco il dio della trasmutazione e della morte. In situazioni normali essa vive per tutti i suoi 15 anni nelle vesti di larva pesciforme e si riproduce in quello stato. Ebbene, Axolotl è un caso interessante di evoluzione neotenica, cioè di animale in cui gli aspetti immaturi dello sviluppo (come il fatto di non subire necessariamente la metamorfosi e di somigliare ai pesci) risultano adattivi, ossia proficui per la sopravvivenza. Nella sequela filogenetica di pesci, salamandra-tigre e Axolotl sembra quasi che quest’ultimo abbia subito una regressione, tornando alla maggiore semplicità ittica. Non è però così. È vero che la neotenia guarda al passato, ma è il risultato di un processo evolutivo, non un passo indietro. In sostanza, Axolotl ha in sé alcune potenzialità dei pesci che ha evolutivamente superato. Perseverando nello stadio giovanile, quelle potenzialità gli sono utili per condurre un’esistenza acquatica tranquilla. Tuttavia, un pesce mai potrebbe procacciarsi il cibo fuori dal suo ambiente natio Axolotl non segue invece questa via obbligata. Possiamo dire in un certo senso ch’esso può fare cose che né i pesci, né le salamandre-tigre possono fare. Bisogna insistere sul fatto che la neotenia non corrisponde affatto a un depauperamento, bensì a una sofisticata modulazione di caratteri incorporati per ereditarietà. Il passato biologico torna utile in condizioni normali, ma in certi frangenti minacciosi i caratteri genetici acquisiti nella successiva evoluzione vengono richiamati ad hoc dal sistema endocrino. Una soluzione adattiva alquanto sofisticata che sul piano evolutivo pone Axolotl dopo la salamandra-tigre e senz’altro molto dopo i pesci. L’aspetto neotenico più rilevante nell’uomo riguarda però l’encefalo. Può fare specie sapere che, paragonato ad altri animali superiori, l’uomo possiede un cervello decisamente immaturo. Si tratta tuttavia proprio di quanto concorre a renderlo così sofisticato. Noi umani abbiano circuiti meno fissi, reazioni lente e meno precise e istinti non altrettanto sviluppati di quelli di molti animali. È lo scotto che dobbiamo pagare all’evoluzione neotenica per disporre di risorse elaborative sempre rinnovate in funzione degli accadimenti ambientali. In un certo senso, restiamo dei cuccioli di primati che apprendono fino all’ultimo giorno, affrontando situazioni sempre nuove. Con ogni probabilità lo dobbiamo un po’ ad alcune trisavole immature, le salamandre come Axolotl che hanno giocato con gli ormoni per diventare delle specie di Peter Pan ben adattati all’ambiente. -Roberto Weitnauer- La Cultura La cultura è la “nicchia ontogenetica” specie-specifica in cui avviene lo sviluppo umano Trasmissione Culturale «vi è un solo meccanismo biologico noto che possa produrre in così breve tempo cambiamenti comportamentali e cognitivi come questi: [...] la trasmissione sociale o culturale, che opera su scale temporali inferiori (rispetto alla filogenesi)» Michael Tomasello 6 milioni di anni, la rivoluzione cognitiva Tenuto conto che il tempo evolutivo che separa la nostra specie dalle grandi scimmie antropomorfe (rispetto ad un comune antenato) è di soli sei milioni di anni, bisogna comprendere come in questo tempo relativamente breve la specie umana abbia messo in moto una vera e propria rivoluzione cognitiva, la quale si manifesta in abilità del tutto specie-specifiche, come inventare e mantenere comunicazione, strumenti, forme di rappresentazione simbolica e artefatti culturali complessi e condivisi. Nicchia Ontogenetica L’organismo eredita anche l’ambiente oltre ai geni e l’essere umano è fatto per vivere immerso in un certo tipo di ambiente sociale, come il pesce nell’acqua; questo ambiente noi lo chiamiamo cultura ed è la “nicchia ontogenetica” speciespecifica in cui avviene lo sviluppo umano. «L’importanza dell’eredità biologica nello sviluppo ontogenetico è sottolineata dalle difficoltà dei bambini autistici, che non posseggono in forma compiuta l’adattamento biologico umano che servirebbe loro per identificarsi con le altre persone, e perciò non hanno un normale sviluppo funzionale come agenti culturali» Adattamento Ontogenetico La definizione di Maturana e Varela di Accoppiamento Strutturale è: Sistema accoppiato con il suo Ambiente “Se uno dei sistemi plastici è un organismo e l’altro il suo medium, il risultato è un adattamento ontogenetico dell’organismo con il suo medium: i cambiamenti di stato dell’organismo corrispondono ai cambiamenti di stato del medium” Ontogenesi, Apprendimento e Ambiente L’ontogenesi è un processo molto differente nelle varie specie animali. Se in alcune di queste è importante che sin da subito i piccoli sappiano cavarsela da soli, al fine di massimizzare le probabilità di sopravvivenza e riproduzione (e ciò spiega anche perché presso gli scimpanzé, ad esempio, non ci sono casi di insegnamento attivo da parte della madre), nella specie umana una lunga ontogenesi che lasci molto spazio all’apprendimento individuale (e soprattutto a forme di istruzione esplicita da parte degli adulti) risulta una strategia vitale. È nel corso dell’ontogenesi che i bambini si appropriano della cultura, ma non come qualcosa di estrinseco e secondario, bensì come elemento essenziale della relazione umana con il mondo. Accoppiamento strutturale «Se l’organismo e il suo sistema nervoso sono plastici a livello strutturale, la realizzazione continua dell’autopoiesi dell’organismo porta necessariamente ad un accoppiamento strutturale dell’organismo e del sistema nervoso l’uno con l’altro e con il medium in cui l’autopoiesi si realizza» Inoltre, questo accoppiamento «è una conseguenza necessaria delle loro interazioni ed è tanto maggiore quanto più numerose sono le interazioni che si verificano». Abilità Cognitive un solo adattamento biologico ha prodotto nell’uomo una nuova forma di cognizione sociale, abilitando processi culturali i quali non fanno sorgere nuove abilità cognitive, bensì volgono le preesistenti (che l’uomo condivide con gli altri primati) verso nuovi esiti, inserendo la cognizione umana in una dimensione altamente sociale e collettiva, per il resto sconosciuta al resto del mondo animale. L’adattamento biologico in oggetto è la “comprensione dei conspecifici come essere intenzionali al pari del Sé”. Sistemi Cognitivi I bambini e gli adulti combinano i loro sistemi cognitivi (core knowledge), superando i limiti della specificità di dominio, nel momento in cui apprendono e utilizzano abilità cognitive che si svilupperanno in seguito, culturalmente variabili ed esclusivamente umane. Effetto “Dente d’arresto” L’apprendimento imitativo, di contro, è la colla della dimensione cognitiva umana, della sua relazione con il mondo e con i conspecifici; solo grazie ad esso (e all’adattamento biologico che lo rende possibile) può esistere l’evoluzione culturale cumulativa tipica della specie umana, la cui forma è quella del cosiddetto effetto “dente d’arresto” (ratchet effect). Questo è l’effetto per cui «alcune tradizioni culturali, con l’accumularsi di modificazioni apportate nel tempo da altri individui, diventano complesse e in grado di far fronte ad una più ampia varietà di funzioni adattative»; sostanzialmente esso si fonda sull’innovazione e sull’imitazione. In questo modo possiamo seguire un processo evolutivo esogenetico, che segue le indicazioni di Lamarck. La Neotenia consente una eredità Lamarckiana dei caratteri culturali, perché la cultura non è innata, ma acquisita durante la vita, e trasmessa attraverso le generazione grazie all’effetto dente d’arresto, come l’allungamento del collo delle giraffe ipotizzato da Lamarck. I tempi di “mutazione” sono molto più brevi in confronto alla trasmissione endogenetica, ma seguono gli stessi principi di diffusione in una popolazione. Per parlare di “variazione” devono diffondersi nella maggioranza della popolazione, se si radicano solo in una piccola percentuale di individui non riescono ad essere efficacemente trasmessi alle generazioni successive. L’istinto Già presente alla nascita e poi sollecitato dall’ambiente, o è solo successivo alla nascita? “ ”. Questa è l’ultima strofa di “è solo febbre” degli Afterhours, in omaggio al capolavoro di Milos Forman. L’ultima scena del film infatti vede Antonio Salieri, ormai vecchio e ammalato, delirare assolvendo chiunque gli si presenti davanti solo per il fatto di essere un mediocre. Tutto il film ruota intorno all’ossessione di Antonio Salieri, compositore ufficiale di corte dell’ imperatore Giuseppe II, nei confronti del genio smisurato di Wolfgang Amadeus Mozart. Salieri, rappresenta l’uomo mediocre che, spinto dall’invidia che gli lacera l’anima, sarà disposto a tutto per tentare di eguagliare il genio divino di Mozart. I geni influenzano la formazione di proteine, strutturali o funzionali, come gli enzimi per digerire il lattosio, una glicoproteina con funzione antigenica su una membrana cellulare ecc. Non esistono proteine che determinano l’abilità di correggere meglio di un altro la traiettoria di una auto da corsa, o di saper tirare una punizione meglio di un altro o saper suonare uno strumento come nessun altro. È solo questione di concentrazione, allenamento, motivazione e dedizione. Difficilmente le persone comprendono quello che viene trasmesso con i geni e quello che viene trasmesso con la cultura. Non sanno quando applicare Lamarck e quando Darwin. La gente nutre ancora idee romantiche a proposito del genio: crede che sia il prodotto di una scintilla divina. Molti sono convinti che nel corso dei secoli siano esistiti campioni di eccellenza — come Dante, Mozart, Einstein — il cui talento andava ben al di là dell’umana comprensione e sfiorava addirittura la verità suprema. Fortunatamente noi viviamo nell’era della scienza e la ricerca moderna sa sfatare i falsi miti. Ai nostri giorni, predomina l’opinione che persino le speciali e precoci doti di un Mozart non fossero affatto conseguenza di qualche dono spirituale innato. Le sue prime composizioni non presentano meriti particolari, appaiono piuttosto rimaneggiamenti di opere altrui. Sin dalla più tenera età, Mozart fu un buon musicista, ma in nessun modo si sarebbe distinto dai nostri bimbi prodigio. Quello che contraddistingue Mozart, e questo lo abbiamo capito oggi, è un tratto in comune con Tiger Woods, ovvero un’ottima capacità di concentrazione e un papà deciso a coltivare il talento del figliolo. Fin da bambino, Mozart si esercitava costantemente al pianoforte e ben presto raggiunse le 10 mila ore di pratica, sulle quali avrebbe costruito in seguito la sua carriera. Le più recenti indagini suggeriscono una visione del mondo assai più prosaica e democratica, se non addirittura puritana. Il fattore chiave che separa il genio dall’eccellenza non è affatto la scintilla divina. E non è nemmeno il quoziente di intelligenza, solitamente un indicatore inaffidabile del futuro successo, persino in un campo come gli scacchi. Il segreto sta nella pratica, svolta con metodo e convinzione. Coloro che eccellono, in qualunque campo, trascorrono moltissime ore a esercitare rigorosamente il loro mestiere. Le ultime ricerche sono state condotte da studiosi come K. Anders Ericsson, lo scomparso Benjamin Bloom e altri, e riassunte in due godibilissimi nuovi libri: «The Talent Code», di Daniel Coyle, e «Talent Is Overrated», di Geoff Colvin. David Brooks per il New York Times Tra Empoli e Pistoia, sabato 15 Aprile 1452, nel borgo di Vinci nasce Leonardo di Ser Piero d'Antonio. Il padre, notaio, l'ebbe da Caterina, una donna di Anchiano che sposerà poi un contadino. Nonostante fosse figlio illegittimo il piccolo Leonardo viene accolto nella casa paterna dove verrà allevato ed educato con affetto. A sedici anni il nonno Antonio muore e tutta la famiglia, dopo poco, si trasferisce a Firenze. La precocità artistica e l'acuta intelligenza del giovane Leonardo spingono il padre a mandarlo nella bottega di Andrea Verrocchio: pittore e scultore orafo acclamato e ricercato maestro. L'attività esercitata da Leonardo presso il maestro Verrocchio è ancora da definire, di certo c'è solo che la personalità artistica di Leonardo comincia a svilupparsi qui. Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso, conosciuto come Pablo Picasso (1881-1973) nacque a Malaga, in Spagna, da un padre, insegnante nella locale scuola d’arte, che lo avviò precocemente all’apprendistato artistico. A soli quattordici anni venne ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Due anni dopo si trasferì all’Accademia di Madrid. « Quando Pavarotti nacque, Dio gli baciò le corde vocali » (Daniel Hicks, New York Times). Luciano Pavarotti era figlio di Fernando Pavarotti e Adele Venturi. Il padre faceva il panettiere nell'arma dei Carabinieri, e si dilettava a cantare a livello amatoriale in una piccola associazione di coristi non professionisti, la «Corale Gioachino Rossini» di Modena e trasmise al figlio la passione per l’opera lirica, trovando nel giovane altrettanto interesse. Studiò canto con il tenore Arrigo Pola, proseguì la sua preparazione con il maestro Ettore Campogalliani, con il quale perfezionò la tecnica del fraseggio e della concentrazione. Michael Schumacher nasce ad HuerthHermuehlheim, in Germania, il 3 gennaio 1969 da una famiglia di modeste condizioni sociali ed economiche. Il padre Rolf, appassionato meccanico e proprietario di un circuito di go-kart, trasmette ai figli Michael e Ralf la passione per le corse e le auto. Al termine degli studi scolastici presso l'istituto tecnico, Michael approfondisce i suoi interessi per le competizioni sportive. Partecipa ai campionati di kart ottenendo una serie di brillanti vittorie sino ad approdare alla Formula 3 nazionale. Il suo talento non fa fatica ad emergere e conquista il titolo nel 1990. Maradona è nato il 30 ottobre del 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires ed è cresciuto praticamente con il calcio. Come tutti i ragazzini poveri della sua città, infatti, passava il suo tempo per strada giocando al pallone o facendosi le ossa in campetti disastrati. Soprattutto, sono i piccoli spazi in cui è costretto a giocare, fra macchine, passanti e quant'altro, che lo abitua a manovrare la palla in maniera magistrale. La Selezione Culturale Comportamenti che diventano convenzionali in una comunità. Sviluppo cerebrale In genere, lo sviluppo cerebrale degli animali ha delle finestre critiche all’interno delle quali vengono appresi precisi comportamenti, grazie al modellamento delle reti nervose. Trascorsi gli stadi plastici, i circuiti maturano, si cristallizzano e cessano di essere plasmabili. Gli schemi di elaborazione risultano veloci ed efficienti, ma da quel momento in poi anche poco modificabili. I movimenti dei cuccioli sono tentennanti e imprecisi perché le reti motorie non sono ancora ben configurate. I neuroni, le cellule nervose, competono tra loro e risultano ancora decisamente soprannumerari. Quelli che non riescono a fare parte di qualche rete reattiva vengono eliminati. Come si diceva, la plasticità accompagna i primi passi dei piccoli di varie specie. Il gioco in un ambiente protetto dai genitori non è altro che una serie di esperienze precoci sperimentali che sono necessarie per plasmare il cervello in una configurazione ottimale che poi tornerà utile per tutta la vita. Quando infatti l’individuo matura perde il legame parentale e affronta la vita autonomamente con un assetto cerebrale consolidato dalle esperienze iniziali. Come costruiamo il nostro cervello? «Alla nascita - spiega - il cervello è uguale per tutti, poi ognuno di noi, partendo da un periodo di grande plasticità del sistema nervoso, costruisce il proprio cervello vivendo, e la costruzione continua anche nell'età adulta. La plasticità presente alla nascita è eccezionale, perché il cervello del bambino, come quello degli altri mammiferi, è formato non solo a livello comportamentale, ma anche nella struttura che può cambiare e nella funzione. In sostanza la natura ci consegna un cervello che noi poi elaboriamo e perfezioniamo ». In che modo e con quali elementi costruiamo il nostro cervello? Ce lo costruiamo con le nostre esperienze, quelle che ci vengono date prima di tutto nell'infanzia, nella scuola dei primi anni e poi fino ad una certa età. In seguito il cervello diventa relativamente più rigido, più difficile da cambiare, anche se mantiene sempre una certa plasticità. Come cambia il cervello? Come operiamo per cambiare il nostro cervello? Il cervello si può cambiare in molte direzioni. Cambiando ci si accorge, in un sistema di vita come il nostro avviato verso la globalizzazione, che gli stessi stimoli (pensiamo alla televisione, a Internet, a tutta la pubblicità dei media) colpiscono tutti, attivando cambiamenti cerebrali uguali. Un cervello diventa così un po' meno individuale, e questa omologazione porta al pensiero unico, a un cervello collettivo. Noi non facciamo niente per essere individui, ma inconsciamente facciamo molto per essere meno individui e siamo schiavi del sistema della globalizzazione. Prof. Lamberto Maffei, presidente Accademia Nazionale dei Lincei, professore di Neurobiologia alla Normale di Pisa. Adeguamento Uno studio sui maltrattamenti subiti da alcuni bambini e non da altri, ha messo in evidenza come la maggior parte dei bambini che non avevano subito alcun abuso reagiva al dolore del compagno andandogli affettuosamente vicino, manifestando preoccupazione e confortandolo. Invece nessuno dei bambini vittima di abusi dimostrò la minima partecipazione empatica, anzi: le reazioni più frequenti furono minacce, collera, e perfino aggressioni fisiche. È possibile che un trattamento abusante abbia la meglio sulla tendenza all’altruismo, ma questi dati sembrano anche suffragare l’idea che i bambini si adeguino all’input ricevuto dal loro mondo e che dice loro come le persone reagiscono ai bisogni degli altri. Conoscenza Comune e Convenzione. In “Convention”, David Lewis introdusse il concetto di “conoscenza comune” implicitamente utilizzata nella “teoria dei giochi”. Poiché un elemento entri a far parte della conoscenza di un gruppo, tutti devono conoscerlo e tutti devono sapere che tutti lo conoscono. Il comportamento che costituisce una convenzione in una comunità deve essere tale per cui una deviazione da esso porti uno svantaggio, e questo dato deve rientrare nella conoscenza comune tra i membri della comunità. Dunque nessuno ha motivo di deviare se gli altri non lo fanno. Allineamento Le scimmie non conoscono l’attenzione congiunta. Solo gli umani sanno orchestrare la cooperazione in gruppi numerosi di individui con preferenze non perfettamente allineate. Quando gli interessi del singolo e quelli del gruppo sono perfettamente allineati la collaborazione garantisce risultati notevolmente superiori a quelli che i singoli potrebbero ottenere agendo da soli, e non c’è nessuna pressione selettiva che minacci di destabilizzare l’interazione. Il rischio, però, dell’inganno è sempre in agguato ogni volta che gli interessi sociali non sono perfettamente allineati, cosa che capita piuttosto spesso. Reti Neurali La nostra identità in quanto individui è di una natura del tutto peculiare. Da un lato si può dire che esiste. Mi dicono: Buongiorno, Francesco, ed io sono capace di rispondere, di avere delle relazioni con gli altri. Dunque c'è una specie di interfaccia, di collegamento [couplage] col mondo, che dà l'impressione di un certo livello di identità e di esistenza. Ma al tempo stesso questo processo è di natura tale che appunto, come in tutti i processi emergenti, io non posso localizzare questa identità, non posso dire che si trovi qui piuttosto che là, la sua esistenza non ha un locus, non ha una collocazione spaziotemporale. È difficile capire che si tratta di una identità puramente relazionale e così nasce la tendenza a cercare i correlati neuronali della coscienza, per trovarli nel neurone 25 o nel circuito 27. Ma non è possibile, perché si tratta di una identità relazionale, che esiste solo come pattern relazionale, ma è priva di esistenza sostanziale e materiale. Il pensiero che tutto quello che esiste deve avere esistenza sostanziale e materiale è il modo di pensare più antico della tradizione occidentale ed è molto difficile cambiarlo. (F. Varela) Coscienza Non posso separare la vita mentale, la vita della coscienza, la vita del linguaggio o la vita mediata dal linguaggio, l'intero ciclo dell'interazione empatica socialmente mediato, da ciò che chiamo coscienza. Dunque ancora una volta tutto questo si svolge non all'interno della mia testa, ma in modo decentrato, nel ciclo. Il problema del Neuronal Correlate of Consciousness è mal posto perché la coscienza non è nella testa. Insomma, la coscienza è un'emergenza che richiede l'esistenza di questi tre fenomeni o cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. Naturalmente il cervello mantiene un ruolo centrale, poiché costituisce la condizione di possibilità di tutto il resto, il che però non toglie che, così come era impossibile parlare di una relazione materiale in senso proprio a proposito della rete immunitaria, allo stesso modo è impossibile credere che in questo o in quel circuito cerebrale risieda la coscienza. Bibliografia: Tomasello Michael , Altruisti nati, Bollati Boringhieri Editore, Torino 2010. Maturana Humberto e Varel Francisco, L’albero della conoscenza, Garzanti Editore, Milano 1987. Tomasello Michael, Le origini culturali della cognizione umana, Molino Editore, Bologna 2005. Capra Fritjof, La rete della vita, RCS Libri, Milano 1997. Biondi Gianfranco e Rickards Olga, Uomini per caso, Editori Riuniti, Roma 2001. Biondi Gianfranco e Rickards Olga, Il codice Darwin, Codice Edizioni, Torino 2005. Miller Alice, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé, Bollati Boringhieri Editore, Torino 1996, 2007. Siegel Daniel J., La mente relazionale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001. Kramer D. Peter, La pillola della felicità, RCS Libri, Milano 1994. Pritchard Johnatana K., How we are evolving, Scientific American October 2010 pagg. 41-47, Ed. Scientific American Inc., 415 Madison Avenue, New York, N.Y., 2010 Weitnauer Roberto, Neotenia: evolversi tendendo alla gioventù, http://robertoweitnauer.wordpress.com/2009 Brooks David, Genius: The Modern View, New York Times April 30 2009, New York 2009. Bertocchi Antonia, Il ruolo della Neotenia umana, nella variabilità genetica e culturale, relazione presentata al XV Congresso A.A.I. sul tema: “Variabilità umana e storia del popolamento in Italia”, Università di Chieti, 28-30 Settembre 2003 ATTI pubblicati da Edigrafital, Teramo 2005