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Diapositiva 1 - Istituto Vanoni Nardò

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Diapositiva 1 - Istituto Vanoni Nardò
IL LAVORO NELL’ANTICHITA’ E NELL’ALTO
MEDIOEVO
IL LAVORO IN ETA’ COMUNALE E RINASCIMENTALE
LE PRIME FORME DI CAPITALISMO INDUSTRIALE
I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE:
CAPITALISTI E OPERAI
DAL ‘900 AD OGGI: IL MONDO DEL
LAVORO SI TRASFORMA
IL LAVORO NEL FUTURO
IL LAVORO NELL’ANTICHITA’ E NELL’ALTO MEDIOEVO
Il lavoro come rapporto economico è parte della stessa storia dell’uomo.
Per molti secoli esso corrisponde sostanzialmente alla schiavitù.
Nel Medioevo questo status si modifica con la diffusione della servitù:
nell’ordine feudale ogni uomo è subordinato ad un altro in una complessa
piramide del potere. I lavoratori sono servi della gleba, persone
legate per tutta la vita alla coltivazione della terra del signore feudale.
IL LAVORO IN ETA’ COMUNALE E RINASCIMENTALE
A partire dall’età comunale, i vincoli della società feudale iniziano a sfaldarsi e buona
parte del potere economico passa dalle mani dei nobili proprietari terrieri a quelle
dell’emergente classe borghese.
S’impone la nuova figura lavorativa dell’artigiano, il quale lavora per guadagnare
denaro;
specializzazione e profitto vanno di pari passo
Accanto all’artigiano si impongono anche le figure:
•del mercante, che svolge la professione più redditizia,
•dei professionisti (notai, cambiavalute, uomini di legge, medici, letterati…)
In questo periodo si assiste anche alla nascita:
•delle botteghe, che conquistano un’importanza strategica nelle città,
•delle associazioni di categoria: le corporazioni,
•delle prime forme di disciplina giuridica del lavoro a tutela dei lavoratori.
L’INDUSTRIA TESSILE
Il primato nelle attività industriali spetta, nel Medioevo, alle industrie tessili.
Per la fabbricazione dei tessuti è richiesta una grande quantità di operazioni,
ciascuna delle quali è riservata
ad un operaio particolare.
Non si tratta però del lavoro a catena
del nostro tempo perché.
•le varie operazioni non sono eseguite
nello stesso luogo;
• la “catena” medievale non ha lo scopo di intensificare i ritmi produttivi, ma
al contrario punta sulla qualità del prodotto,
•Il lavoratore medievale è specializzato in un determinato mestiere e non si dedica
ad una sola operazione ripetitiva (come avvitare un bullone).
ORIGINI DEL CAPITALISMO
Nel '500-'600 il potere economico è sempre più concentrato nelle mani dei
mercanti-manufatturieri che nel corso del tempo hanno
accumulato profitti e ricchezze.
Questa grande disponibilità finanziaria consente ai mercanti di
anticipare l'acquisto di macchinari e di materie prime,
affidando ai lavoratori il compito di trasformarle in prodotti finiti.
NASCE LA PRIMA FORMA DI CAPITALISMO INDUSTRIALE.
Il lavoratore non è più il maestro artigiano delle botteghe di età
comunale, bensì un lavoratore subordinato, una sorta di quasisalariato.
Egli continua a lavorare a casa o nella bottega (lavoro a domicilio)
ma in completa dipendenza dal mercante-capitalista, che progressivamente
si trasforma nella figura del capitalista vero e proprio.
I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE:
CAPITALISTI E OPERAI
A fine '700 la rivoluzione industriale spinge i borghesi
capitalisti ad aumentare la scala di produzione tramite
l'impiego delle macchine.
Il gigantismo dei macchinari non consente più di seguire
la vecchia organizzazione del lavoro a domicilio.
Sorgono le fabbriche, dove i lavoratori sono costretti a
riversarsi, abbandonando la bottega, la casa, la campagna.
Nasce la nuova classe sociale del
proletariato industriale, formata
da coloro che possiedono solo le
braccia per lavorare e dei figli da
sfamare.
Caratteristica fondamentale del
proletario è quella di percepire un
salario come remunerazione del
lavoro fornito.
LA DIVISIONE DEL LAVORO
L’organizzazione dell’attività
lavorativa comporta una totale
frammentazione delle procedure
che permette di risparmiare tempo
e denaro.
Ogni operaio deve svolgere solo
una specifica mansione e non deve
possedere più quelle abilità
professionali che invece
caratterizzavano l’artigiano.
IL LAVORO E LO SFRUTTAMENTO
Gli operai sono sfruttati
dall’imprenditore capitalista,
sottoposti a turni lavorativi
massacranti (14 – 16 ore al giorno):
senza alcuna forma d’indennità o di
assicurazione sociale, chi s’infortuna
o si ammala viene abbandonato a se
stesso.
Anche le donne e i bambini vengono
assunti nelle fabbriche, ma pagati
molto meno.
LA COSCIENZA DI CLASSE
Nel corso dell’Ottocento, la concentrazione di operai
nelle fabbriche permette loro di maturare una coscienza di
classe: i lavoratori si organizzano per chiedere tutele e un
miglioramento delle proprie condizioni di vita.
In questi anni nascono anche le prime organizzazioni dei
lavoratori, i sindacati .
DAL ‘900 AD OGGI:
IL MONDO DEL
LAVORO SI
TRASFORMA
Nella prima metà del Novecento si
assiste alla diffusione del sistema di
lavoro fordista-taylorista, che prevede:
• la realizzazione di
beni per un consumo
di massa,
• un'organizzazione
del lavoro altamente
programmata e
sequenziale,
• l'impiego massiccio
nel settore
manifatturiero.
In questo periodo lo Stato inizia ad
intervenire per disciplinare il
rapporto di lavoro, fino a quel
momento relegato a forme privatistiche
che di fatto favorivano il capitalista.
I lavoratori conquistano i propri
diritti in materia di:
orario di lavoro massimo,
salario minimo,
igiene nei luoghi di lavoro,
protezione per le fasce di lavoratori più
deboli (donne, bambini, ecc.),
• tutela sugli infortuni, ecc.
•
•
•
•
A partire dagli anni ’80, alcuni
fenomeni hanno profondamente
cambiato il mondo del lavoro:
-i sistemi di produzione
-
flessibili (la “lean
production “ e il “just in
time”);
i computers,
le macchine a controllo
numerico,
-le tecnologie della
comunicazione e
dell'informazione,
-la globalizzazione.
Queste trasformazioni dei processi
lavorativi hanno favorito la
deregolamentazione del mercato del
lavoro e obbligato le imprese a
richiedere ai lavoratori:
• elevate capacità ,
• competenze specifiche,
• flessibilità e adattabilità.
Inoltre, il mondo del
lavoro è aperto ormai
sempre di più alla
presenza femminile.
E’ in costante aumento il
numero di donne che
rivestono ruoli un tempo
appannaggio esclusivo
degli uomini (managers,
parlamentari
magistrati,ecc…)
Il lavoro del futuro
Ecco come sarà il lavoro nei prossimi anni:
Lavoro e vita si integreranno sempre più,
divenendo complementari. Il lavoro non
potrà più essere considerato un elemento
separato dalla vita.
I lavoratori qualificati tenderanno a concentrarsi
in determinate aree geografiche, gradevoli dal
punto di vista estetico, con servizi efficienti e
offerta culturale.
Allo stesso tempo, nelle società occidentali si
assisterà all’innalzamento dell’età con
conseguenti difficoltà per le imprese di reperire
dirigenti e quadri nella fascia d’età 35-45.
Contratti flessibili. Sono già diffusi, ma
Uffici addio. Si prevede che, nel giro
di qualche anno, grazie alle nuove
tecnologie, alle videoconferenze,
alla messaggistica istantanea e alla
possibilità di telelavorare, quasi tutti
i lavori qualificati saranno svolti in
gran parte da casa.
nell’arco di una decina d’anni costituiranno la
norma, in particolare quelli a tempo
determinato.
Segretarie addio. La figura dell’assistente si
estinguerà. I manager del futuro avranno le
idee più chiare sulla necessità/utilità di certi
lavori anche operativi perché li avranno
svolti loro stessi personalmente.
Leadership, team e collaborazione. Si sta facendo strada un
modello di organizzazione orizzontale dei team. L’obiettivo,
per tutti, dovrà essere il bene comune dell’organizzazione.
Non “comanderà” più nessuno, tutti avranno facoltà di
parola, cresceranno le responsabilità e le conseguenze delle
proprie scelte avranno un impatto sempre più allargato e
radicale.
Welfare aziendale. Sarà una priorità per tutte
le organizzazioni.
Tutelare la salute dei dipendenti, non soltanto
fisica ma anche mentale, sarà una prassi
consolidata anche solo per far diminuire i
costi connessi alla cattiva salute.
Come si misureranno le performance? Investendo sulle
persone (istruzione e formazione) per una vera
valorizzazione del capitale umano. Prima di misurare il
rendimento dei dipendenti si dovrà verificare il loro
coinvolgimento e il livello di soddisfazione.
La donna ha conquistato posti
d'importanza in tutti quei campi che
precedentemente erano riservati
esclusivamente agli uomini.
Quella della donna è stata una lotta
per la parità dei diritti umani, diritti
che, purtroppo, in alcuni paesi non
sono ancora tenuti in considerazione.
Tuttavia, la donna di oggi è una donna
di successo, una persona in carriera,
che punta alla sua realizzazione.
In ambito lavorativo, e non solo, le
donne italiane hanno ottenuto
importanti conquiste a partire dal
secondo dopoguerra fino ad oggi.
Queste le tappe più importanti.
1948 La Costituzione
italiana sancisce in
più articoli la parità
tra uomini e donne.
1950 Viene varata la legge 860 (poi migliorata con la legge 1204
del 1971) che ha come oggetto la “tutela fisica ed economica delle
lavoratrici madri”.
Questi i provvedimenti:
•viene impedito, innanzitutto, il licenziamento delle donne che
iniziano una gravidanza,
• si stabiliscono norme per il loro lavoro pre e post partum,
•Vengono indicati i diritti delle madri che devono conciliare la cura
dei figli con il lavoro.
1963 Sono varati più provvedimenti a favore delle donne:
•La legge 7 stabilisce che il matrimonio non è più ammesso
come causa di licenziamento.
•La legge 66 sancisce l’ingresso delle donne in magistratura.
1984 Viene istituita la Commissione
nazionale per la realizzazione delle
pari opportunità.
1993 La legge 81 introduce le “quote rosa”
nelle elezioni dei rappresentanti degli Enti
locali; stabilisce cioè che una percentuale di
candidati sia costituita da donne.
2003 La legge costituzionale 1 stabilisce una
modifica dell’articolo 51, il cui primo comma
recita: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro
sesso possono accedere agli uffici pubblici e
alle cariche elettive in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla
legge” e viene completato dall’aggiunta:” A tal
fine la Repubblica promuove con appositi
provvedimenti le pari opportunità tra donne e
uomini”.
LE BOTTEGHE DEGLI ARTISTI
L’origine delle botteghe di età medievale e rinascimentale risale all’epoca
romana, quando alcune notizie ci tramandano l’esistenza di officine di
scultori guidate da un magister.
Il magister era, nel Medioevo, il capo bottega.
Era un imprenditore che aveva al suo servizio diverse maestranze.
Al livello più basso nella gerarchia di bottega si collocavano:
• gli apprendisti, giovani allievi impegnati in attività di formazione o di
semplice manovalanza;
• poi troviamo i salariati, incaricati di lavori manuali non particolarmente
specializzati;
• infine gli assistenti, ovvero allievi o collaboratori esperti, cui il maestro
affidava ampie parti di opere da realizzare in autonomia.
NORMATIVE E TIPOLOGIE DI ASSOCIAZIONE
Le corporazioni, cui i maestri di bottega appartenevano, dettavano le regole
per:
– la formazione e l’iscrizione dei maestri;
– l’organizzazione del lavoro, la qualità minima dei prodotti;
– la presenza degli allievi (età minima, numero massimo, trattamento,
iter formativo etc.);
– i criteri per valutare le abilità dell’allievo, promuovendolo
eventualmente al rango di maestro.
Accanto alle corporazioni si collocavano altre forme di associazione:
• le confraternite che avevano una finalità devozionale e il
riconoscimento da parte della Chiesa o dello Stato;
• le compagnie:
– erano delle forme di associazione privata,
– rispondevano a norme consuetudinarie,
– si basavano su un contratto scritto di durata triennale.
Tale accordo prevedeva la presenza di un maestro responsabile che
garantiva la qualità dei lavori prodotti e consentiva una maggiore
attrazione per la clientela.
Un altro aspetto positivo dell’associazione in compagnia risiedeva nella
possibilità:
• di dividere guadagni e perdite in parti uguali, con vantaggi per tutti i
compagni;
• di usufruire di una sorta di mutua assistenza così, se un socio si
ammalava e non poteva lavorare, gli altri potevano sostenerlo
economicamente.
La bottega e il suo aspetto fisico
Le botteghe occupavano normalmente il piano terreno degli edifici.
L’ingresso dalla strada avveniva attraverso un’apertura a forma di “L”
rovesciata che consentiva sia di aumentare l’illuminazione dell’interno, che di
utilizzare la sezione orizzontale come “vetrina” per i prodotti.
La struttura interna era variabile, ma in genere comprendeva:
• un vasto ambiente destinato all’attività lavorativa; ambiente che, per il
lavoro degli artisti, doveva essere particolarmente luminoso,
• un ambiente più piccolo, una sorta di studio separato dove il capo bottega
conservava i documenti relativi al lavoro,
• un soppalco e/o una cantina o magazzino, tutti spazi utilizzati per
depositare i materiali.
Le botteghe erano piuttosto semplici, essenziali.
In genere il loro contenuto non era limitato agli
attrezzi del mestiere, ma si estendeva anche ad
alcuni beni pertinenti l’abitazione, che di solito
era attigua alla bottega.
LE NORME CHE REGOLAVANO IL LAVORO
L’ingresso di un giovane in bottega si basava su un
contratto stipulato tra il padre del ragazzo e il capo
bottega. Esso prevedeva, per il maestro:
• l’obbligo di insegnare i fondamenti del mestiere;
• corrispondere un modesto salario;
• fornire vitto, alloggio e vestiario;
Per l’allievo:
• l’obbligo di frequentare la bottega ogni giorno;
• rispettare le richieste del maestro;
• rispettare gli orari di lavoro che gli venivano imposti.
Questi contratti di apprendistato andavano notificati o
alla stessa Arte, con il pagamento di una tassa, o alla
magistratura, pena la nullità del contratto.
FORMAZIONE DEGLI APPRENDISTI
Gli allievi venivano formati attraverso la pratica
dell’imitazione, in modo tale che il loro stile
fosse il più possibile simile a quello del maestro.
Ciò consentiva al capo bottega di impiegare gli
allievi più capaci come collaboratori affidabili,
le cui opere, dopo un controllo finale e magari
qualche ritocco, venivano autenticate con la
firma del maestro e vendute come sue creazioni.
Donne e bambini al lavoro
durante la prima rivoluzione
industriale.
La Fabbrica delle Donne
La fabbrica delle donne è, in
genere, una fabbrica tessile,
popolata da ragazze molto
giovani; accanto ad esse vi è
una minoranza di donne più
mature, quasi tutte vedove, e
infine ci sono gli uomini che
svolgono la funzione di
tecnici e di capireparto.
La fabbrica è un luogo chiuso,
suddiviso in quadrati dalle
macchine, privo di spazi in cui
potersi muovere, senza spogliatoi
e con pochi lavabi.
Vi regna una rigida disciplina: è
vietato parlare, cantare,
mangiare, lasciare il proprio
posto, uscire senza permesso e
senza sostituto, portar via
materie prime o sapone, pena
un’ammenda o il licenziamento.
Anche assenteismo e ritardi sono
severamente puniti.
Le donne svolgono mansioni non qualificate, non
hanno né carriera né professione: sono solo la
ruota di scorta del mondo del lavoro.
Il loro guadagno fa comodo a padri o mariti
che non danno importanza alle condizioni
lavorative cui esse sono sottoposte.
Inoltre, lavorare nelle fabbriche interferisce
pesantemente con il ruolo che la donna ricopre
nella famiglia.
Una
nuova
feudalità
In fabbrica le donne sono generalmente
sottoposte a capi rudi, pronti ad
abusare di loro. Il corpo femminile è
infatti percepito come un possesso
comune. Questa manodopera giovane
è, di conseguenza, vittima di un
continuo assillo sessuale denunciato
dalle donne come una forma di
“nuova feudalità”.
Si tratta di un vero e proprio “diritto
di abuso sessuale” che si arrogano i
direttori e i capireparto delle
fabbriche.
Lo sfruttamento dei bambini
Anche i bambini sono “protagonisti”
della rivoluzione industriale poiché non
è raro iniziare a lavorare già a sei o
sette anni.
Spesso essi vengono “comprati” dalle
fabbriche, con contratti che li obbligano
a lavorare per diversi anni con salari
molto bassi. Si tratta insomma di
una nuova forma di schiavitù.
I bambini seguono turni di lavoro della
stessa durata di quelli degli adulti:
si lavora dalle 13 alle 16 ore, con
brevi pause per il pranzo e per la
cena. I giorni festivi durante
l’anno sono pochissimi.
I bambini vengono impiegati soprattutto
nelle industrie tessili e spesso il loro unico
compito è la sorveglianza delle macchine;
ciò li costringe a stare in piedi durante
tutto il turno di lavoro.
Inoltre, l’ambiente malsano, i lunghi
tragitti a piedi per raggiungere la
fabbrica, le poche ore di riposo e lo
scarso nutrimento, fa sì che spesso i
bambini lavoratori si rovinino la salute e
appaiano pallidi, stanchi, lenti nei
movimenti, persino nei rari momenti in
cui possono giocare.
Responsabile Progetto
Matteo Filieri
Collaboratore
Cristian Libetta
Curatore Musiche
Pierpaolo Dell’Anna
Collaboratori
Alessio Benassai - Alessandra Senofonte
Ideatori Slides
Storia del lavoro nella società occidentale:
- Ilenia Epifani
- Matteo Filieri
- Luigi Nobile
- Giulia Tedesco
- Desirè Zuccalà
Il concetto di lavoro nel tempo:
I significati del termine lavoro:
- Lucrezia Zecca
- Desirè Zuccalà
- Rita Romeo
Approfondimenti
La fabbrica delle donne:
- Pierpaolo Dell’anna
- Gregorio Presicce
La bottega degli artisti:
La conquista delle pari opportunità:
- Roberta Raho
-Marco Ferilli
-Matteo Filieri
Selezione Immagini:
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