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LA RISCOPERTA DEL RUOLO DELLA PERSONA OFFESA NEL

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LA RISCOPERTA DEL RUOLO DELLA PERSONA OFFESA NEL
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D. Vispo
LA RISCOPERTA DEL RUOLO DELLA PERSONA OFFESA NEL SISTEMA
PROCESSUALPENALISTICO ITALIANO:
PRIME RIFLESSIONI A MARGINE DEL D. LGS 212/2015
di Domenico Vispo
(Cultore di diritto processuale penale presso l’Università di Pisa)
SOMMARIO: 1. Il panorama nazionale ed europeo nel quale si innesta il
d. lgs. 15.12.2015 n. 212. – 2. Verso uno statuto della vittima:
l’assetto di diritti e garanzie delineato dalla novella. – 3. Brevi
considerazioni finali sul recepimento della direttiva 2012/29/UE:
un’occasione sprecata?
1. Attraverso l’emanazione del d. lgs. 15.12.2015 n. 212 (entrato in vigore il
20.1.2015) il nostro ordinamento ha dato attuazione alla dir. 2012/29/UE del 25.11.2012
(d’ora in avanti “direttiva”), che istituisce norme minime in materia di diritti,
assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la DQ 2001/220/GAI. Il
provvedimento in questione, adottato con un mese di ritardo rispetto al termine
fissato dall’art. 27 della direttiva, in parte modifica e in parte aggiunge nuovi articoli
nel codice di procedura penale, oltre ad apportare alcune modifiche alle relative
disposizioni di attuazione: si tratta di interventi finalizzati soprattutto a riconoscere
alla vittima di reato delle guarentigie minime e uno status processuale attivo, al fine
di rafforzare la protezione di tale figura “dal processo” e “nel processo”.
Per una maggiore chiarezza espositiva, prima di entrare nel dettaglio del tema
da affrontare in questa sede, giova evidenziare che nel nostro codice di rito, quando
si parla di vittima del reato, si fa riferimento principalmente alla persona offesa e il
termine “vittima”, a differenza delle fonti internazionali ed europee 1, non viene
impiegato se non nella ipotesi dell’art. 498 co. 4-ter Cpp, norma che disciplina le
modalità di esame dei minori e dei maggiorenni infermi di mente vittime del reato. Il
novum normativo, che si inserisce nel solco tracciato da alcuni approdi legislativi
sovranazionali e interni, rappresenta un’occasione per armonizzare e dare maggiore
1
Per un approfondimento sulla posizione della vittima nelle fonti europee, v. L. Lupária, Lo statuto
europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, a
cura del medesimo, Milano 2015, 1 ss.; K.A. Balsamo, Il contenuto dei diritti fondamentali, in Manuale
di procedura penale europea, a cura di R.E. Kostoris, Milano 2014, 134 ss.; D. Savy, La vittima dei reati
nell’Unione europea - le esigenze di tutela dei diritti fondamentali e la complementarietà della
disciplina penale e civile, Milano 2013, 1 ss.; P. Gaeta, La tutela delle vittime del reato nel diritto
dell’Unione europea: spunti per una ricostruzione storico-sistematica, in CP 2012, 2701 ss.; M.
Venturoli, La tutela della vittima nelle fonti europee, in DPenCont 2012 [3-4], 86; M. Chiavario, La
parte dei privati: alla radice e al di là di un sistema di garanzie, in Procedure penali d’Europa, Padova
2001, 497 ss.; Id., La vittima del reato e la Convenzione europea dei diritti umani, in AA.VV., La vittima
del reato, questa dimenticata, Roma 2001, 1 ss.
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sistematicità agli svariati ma settoriali interventi normativi 2 che, specie a seguito
delle numerose raccomandazioni e sollecitazioni sovranazionali degli ultimi anni,
hanno tentato di valorizzare la posizione funzionale della persona offesa e di
equipararla, in quanto a prerogative e poteri, alle altre parti della contesa
processuale.
Ciò premesso, giova evidenziare che la dir. 2012/29/UE, del cui recepimento si
discute, rappresenta uno dei principali punti del c.d. programma di Stoccolma e si
inserisce nella c.d. “tabella di marcia di Budapest”, tesa ad ampliare lo spettro di
facoltà e di poteri riconosciuti alla persona offesa nelle dinamiche processuali. Nella
medesima direzione, oltre alla direttiva sopracitata, si inseriscono, inoltre, altri
interventi normativi maturati sulla spinta di riflessioni asistematiche e settoriali che,
nel susseguirsi degli anni, hanno riguardato specifiche tipologie di delitti le cui
vittime venivano considerate particolarmente meritevoli di attenzione e di tutela. Ci
si riferisce, innanzitutto, alle Convenzioni di Istanbul e di Lanzarote 3 e alle direttive
relative alla prevenzione e repressione della tratta di essere umani 4, all’ordine di
protezione europeo5 e alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori 6
e, sul piano interno, al d.l. 14.8.2013 n. 93, conv. in l. 15.10.2013 n. 119 sul contrasto alla
violenza di genere7.
2
Sul punto, cfr. D. Ferranti, Brevi riflessioni sulla vittima del reato, in vista del recepimento della
direttiva 2012/29/UE, in CP 2015, 3415.
3
Per una riflessione sul punto v. S. Martelli, Le Convenzioni di Lanzarote e Istanbul: un quadro
d’insieme, in Lo statuto europeo delle vittime di reato, cit., 31 ss.
4
Dir. 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5.4.2011, in GU l. 101 15.4.2011.
5
Dir. 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13.12.2011, in GU l. 338 21.12.2011.
6
Dir. 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12.12.2011, in GU l. 335 17.12.2011.
7
Tale provvedimento, oltre a modificare l’art. 101 Cpp, mira soprattutto a potenziare le forme di
tutela della persona offesa all’interno del sottosistema cautelare ampliando l’ambito del diritto
all’informazione e consentendo a quest’ultima l’accesso al procedimento relativo alla revoca e alla
sostituzione di un provvedimento cautelare, con la creazione di un apposito diritto di interpello della
stessa. La l. 119/2013, infatti, introduce alcuni specifici obblighi di comunicazione riferiti soltanto alle
più blande misure previste dagli artt. 282-bis e 282-ter Cpp e alle vicende relative ai reati di
maltrattamenti in famiglia senza fornire, però, nessun chiarimento circa i poteri in capo all’offeso
all’interno dell’incidente cautelare. Tuttavia, se va salutata con favore l’attenzione dedicata dal
legislatore italiano al rapporto tra vittima e autorità giudiziaria nel corso della fase investigativa e
all’interno del sistema delle cautele, va messo in luce come tale intervento in materia si presenti
ancora inadeguato rispetto alle richieste provenienti dalle principali fonti europee. Risulta
irragionevole, infatti, l’assenza di analoghi obblighi di comunicazione in tutti quei casi in cui sia stata
richiesta la modifica di misure cautelari più gravi rispetto a quelle disciplinate negli artt. 282-bis e
282-ter Cpp, magari riferite sempre ad analoghi fenomeni di violenza di genere, e altrettanto
inspiegabile risulta la limitazione alle sole vittime del reato di cui all’art. 572 Cp del nuovo obbligo di
comunicazione ex officio della richiesta di archiviazione (e il conseguente raddoppio dei termini per
proporre opposizione), dell’avviso di cui art. 415-bis Cpp e della richiesta di proroga delle indagini
preliminari. Per approfondire la tematica, v. A. Procaccino, L’avvento della persona offesa nelle
dinamiche custodiali, in Misure cautelari ad personam in un triennio di riforme, a cura di A. Diddi e
R.M. Geraci, Torino 2015, 75 ss.; M. Guerra, La violenza di genere: l’attuale sistema di tutela penale alla
luce dei più recenti interventi legislativi, in CP 2015, 2117 ss.; R.A. Ruggiero, La tutela processuale della
violenza di genere, ivi 2014, 2362 ss.; S. Recchione, Il decreto legge sul contrasto alla violenza di genere:
una prima lettura, in www.penalecontemporaneo.it, 15.9.2013.
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Ne emerge, dunque, un quadro decisamente frammentario nel quale, rispetto
agli interventi sopracitati che hanno inaugurato quella che può essere definita “l’età
dei diritti delle vittime”, campeggia, senza dubbio, la dir. 2012/29/UE che, inserendosi
all’interno di un percorso di progressiva ammissione della vittima sul palcoscenico
processuale, vincola gli Stati membri a riconoscere a tale soggetto svariate
prerogative in tutto l’arco del procedimento e nella fase dell’esecuzione penitenziaria:
dal diritto a ottenere dettagliate informazioni sul proprio caso al diritto di accesso ai
servizi di assistenza, dai numerosi e significativi diritti di partecipazione al
procedimento penale al diritto ad una variegata protezione e ad un sistema di
garanzie nel contesto della c.d. giustizia riparativa8.
Nonostante non sia questa la sede per affrontare l’ampio tema del ruolo della
persona offesa nel sistema italiano della giustizia penale 9, va sottolineato, tuttavia,
come lo scopo della direttiva della cui attuazione si discute sia quello di sollecitare i
legislatori nazionali a valorizzare la posizione funzionale di tale soggetto,
avvicinandolo vistosamente, quanto a prerogative e poteri, alle parti dell’agone
processuale. In altri termini, i numerosi approdi sovranazionali, e tra tutti la dir.
2012/29/UE, hanno come obiettivo primario quello di sollecitare il nostro legislatore
a sollevare la vittima da quella posizione ancillare e subalterna all’accusa, liberandola
dal ruolo di comprimario che ha sinora rivestito sul palcoscenico del processo.
2. Passando adesso all’esame delle più rilevanti novità introdotte dalla novella
legislativa10, il d. lgs. 212/2015, come accennato, consta di tre articoli il primo dei quali
interviene sul codice di procedura penale (coniando i nuovi artt. 90-bis, 90-ter, 90quater e 143-bis Cpp e modificando gli artt. 90, 134, 190-bis, 351, 362, 392, 398 e 498
Cpp); il secondo sulle norme di attuazione (inserendo i nuovi artt. 107-ter e 108-ter
NAttCpp) e il terzo, infine, richiama le relative disposizioni finanziarie.
Concentrando l’attenzione sull’analisi delle singole disposizioni, tale decreto
rileva innanzitutto per aver modificato l’art. 90 Cpp e introdotto i nuovi artt. 90-bis,
90-ter e 90-quater Cpp.
Per quanto riguarda nello specifico l’art. 90 Cpp, il provvedimento in esame
introduce un nuovo comma 2-bis (che contiene una disposizione per certi versi
analoga a quella dell'art. 8 del d.P.R. 22.9.1988 n. 448 in relazione all’incertezza sulla
minore età dell'imputato)ai sensi del quale il giudice, in caso di dubbio sulla
8
Per un’attenta analisi della dir. 2012/29/UE cfr., ex multis, S. Allegrezza, Il ruolo della vittima nella
direttiva 2012/29/UE, in Lo statuto europeo delle vittime di reato, cit, 3 ss.; S. Lorusso, Le conseguenze
del reato. Verso un protagonismo della vittima nel processo penale?, in DPP 2013, 882 ss.
9
Sul tema cfr. L. Lupária, Quale posizione per la vittima del modello processuale italiano?, in AA.VV.,
Lo scudo e la spada. Esigenze di protezione e poteri delle vittime nel processo penale tra Europa e Italia,
Torino 2012, 34; G. Tranchina, La vittima del reato nel processo penale, in CP 2010, 4059 s.;. C. Pansini,
Contributo dell’offeso e snodi procedimentali, Padova 2004, 1 ss.; F. Guidotti, Persona offesa e parte
civile: la tutela processuale penale, Torino 2002; R.E. Kostoris, La tutela della persona offesa nel
procedimento penale, in AA.VV., La vittima del reato, questa dimenticata, Roma 2001, 1 ss.
10
Per una prima riflessione sul testo della novella, cfr. M. Cagossi, Nuove prospettive per le vittime di
reato nel procedimento penale italiano, in www.penalecontemporaneo.it, 19.1.2016; M. Antinucci,
L’Italia recepisce le norme minime sulla tutela europea delle vittime dei reati, in www.archiviopenale.it,
15.1.2015.
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maggiore o minore età della persona offesa, è tenuto a disporre anche d’ufficio una
perizia, prevedendo al contempo che, ove il dubbio permanga nonostante
l’accertamento tecnico, la minore età è da considerarsi presunta 11 ai soli fini
dell’applicazione delle norme processuali di garanzia e del riconoscimento dello
status di vittima vulnerabile. Inoltre, sempre riguardo al suddetto articolo, viene
integrato il comma 3 che nella sua nuova formulazione consente, qualora la persona
offesa sia deceduta in conseguenza del reato, non solo ai prossimi congiunti ma
anche alle persone a questa legate stabilmente da relazione affettiva e con essa
stabilmente conviventi, di esercitare i diritti e le facoltà previsti dalla legge 12. Risulta
evidente, dunque, come tale disposizione segua quella scia di interventi normativi e
giurisprudenziali tesi ad ampliare il concetto di nucleo familiare e a riconoscere
normativamente le c.d. famiglie di fatto, al fine di attribuire sempre più ampi diritti e
poteri processuali ai conviventi more uxorio.
Sul versante dei diritti informativi, il nuovo art. 90-bis Cpp - che ha recepito
sostanzialmente tutte le indicazioni contenute nell’art. 4 della direttiva e che
contiene un vero e proprio catalogo di informazioni che la vittima ha diritto di
ricevere dall’autorità procedente - rappresenta senza dubbio la norma di maggior
rilievo sistematico introdotta dal decreto di attuazione. In forza di tale articolo,
infatti, la persona offesa, sin dal primo contatto con l’autorità, ha diritto di ricevere,
in una lingua a lei comprensibile, una serie di avvisi utili a orientarla sia durante lo
svolgimento delle indagini sia durante l’eventuale fase processuale, al fine di
consentirne una più attiva e consapevole partecipazione alle dinamiche processuali,
ampliando una disciplina in parte già prevista nel nostro ordinamento in maniera
soltanto frammentaria e settoriale13. Tali informazioni sono innanzitutto riferite alle
modalità con le quali la persona offesa può presentare denuncia o querela 14 e con le
quali può esercitare una serie di diritti e facoltà che la legge le riserva nel corso delle
indagini e del processo, con un espresso riferimento al diritto ad essere informata
della data e del luogo dell’udienza e dell’imputazione e, in caso di costituzione di
parte civile, di ricevere la notifica della sentenza. Alla medesima, inoltre, deve essere
comunicato che gode della facoltà di ottenere informazioni sullo stato del
procedimento (con l’indicazione dei soggetti cui rivolgersi per ottenerle),che può
informarsi sullo stato delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato e che può
chiedere di essere avvisata ex art. 408 co. 2 Cpp circa un’eventuale richiesta di
archiviazione; la stessa, inoltre, deve essere resa edotta delle modalità attraverso le
quali poter accedere al gratuito patrocinio e ai servizi di interpretazione e traduzione
degli atti.
11
L'art. 24 § 2 della direttiva prevede, infatti, che ove l'età della vittima risulti incerta e vi siano
giustificati motivi per ritenere che si tratti di un minore, la minore età si deve presumere.
12
Tale disposizione attua quanto previsto dall'art. 2 lett. b della direttiva che comprende nella
definizione di "familiare", oltre al coniuge, anche la persona che convive con la vittima in una
relazione intima nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, i parenti in linea diretta, i
fratelli, le sorelle e le persone a carico della vittima.
13
Il riferimento è alle disposizioni introdotte a tutela della persona offesa dalla l. 119/2013 in materia
di reati di c.d. violenza di genere.
14
Sul punto v. anche infra in relazione all’innovativa previsione di cui all’art. 107-ter NAttCpp.
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Oggetto di informazione sono, altresì, le possibili misure di protezione di cui
può godere la persona offesa e le specifiche modalità per contestare eventuali
violazioni dei propri diritti, le modalità di rimborso delle spese processuali e la
possibilità di chiedere un ristoro civilistico all’interno del processo penale, senza
tralasciare, tra l’altro, la possibilità di avvalersi di particolari strutture di assistenza
presenti sul territorio. Infine, alla medesima va prospettata la possibilità che in
presenza di particolari condizioni il procedimento possa anche essere definito
tramite remissione di querela o attraverso pratiche di mediazione; alla stessa vanno
comunicate, altresì, le facoltà che le spettano in tutti quei casi in cui l’imputato
formuli richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464bis e ss. Cpp o in cui è applicabile la nuova causa di esclusione della punibilità di cui
all’art. 131-bis Cp.
Ebbene, ad una prima lettura il testo del nuovo art. 90-bis Cpp non appare
certo di chiarezza adamantina: l’insieme di informazioni che la persona offesa d’ora
in avanti dovrà ricevere sono state infatti codificate in espressioni oltremodo
generiche e di difficile trasposizione pratica, senza contare, tra l’altro, l’assenza di
specifiche indicazioni circa i soggetti o uffici tenuti ad assolvere tali obblighi
informativi15.
Particolarmente significativo, specie in ottica operativa, risulta inoltre il
contenuto del nuovo art. 90-ter Cpp ai sensi del quale, ferme restando le disposizioni
dell’art. 299 Cpp, in tutti quei procedimenti per delitti commessi con violenza alla
persona, devono essere immediatamente comunicati alla persona offesa - che ne
abbia fatto richiesta - i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione di una misura
di sicurezza detentiva e altrettanto immediata deve essere, altresì, la comunicazione
dell’evasione dell’imputato o del condannato nonché la volontaria sottrazione
dell’internato all’esecuzione di una misura di sicurezza. L’unico limite al compimento
di tali comunicazioni, come si evince dall’inciso finale, è legato alla presenza di
specifici elementi dai quali poter desumere la sussistenza di un concreto pericolo
consequenziale per l’autore del reato. Orbene, risulta evidente come il nuovo art. 90ter Cpp, adottato in attuazione dell’art. 6 § 5 della direttiva, integri quanto già
previsto dall’art. 299 Cpp, così come innovato a seguito dell’entrata in vigore della già
citata l. 119/2013 sul contrasto alla violenza di genere.
Per quanto concerne la condizione di vittima vulnerabile 16 - che, in estrema
sintesi, comporta un differente regime di assunzione delle dichiarazioni - l’art. 90-
15
Critiche analoghe vengono sollevate da M. Bouchard, Prime osservazioni al decreto legislativo sulle
vittime di reato, in www.questionegiustizia.it, 14.1.2016.
16
Sulla tematica della vittima vulnerabile cfr. H. Belluta, Eppur si muove: la tutela delle vittime
particolarmente vulnerabili nel processo penale italiano, in Lo statuto europeo delle vittime di reato,
cit., 257 ss.; M. Gialuz, Lo statuto europeo delle vittime vulnerabili, in Lo scudo e la spada, cit., 59; H.
Belluta, Un personaggio in cerca d'autore: la vittima vulnerabile nel processo penale italiano, ivi, 95 ss.;
L. Lupària, Il concetto di vittima e il concetto di particolare vulnerabilità, in Linee guida per la tutela
processuale delle vittime vulnerabili, a cura di A. Deu e L. Lupària, Milano 2012, 1 ss.; F. Casibba, La
tutela dei testimoni vulnerabili, in Il “Pacchetto Sicurezza” 2009, a cura di O. Mazza e F. Viganò,
Torino 2009, 312; G. Ubertis, La prova dichiarativa debole: problemi e prospettive in materia di
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quater Cpp, in ottemperanza all’art. 23 della direttiva, amplia i margini per il
riconoscimento di tale speciale status processuale. Da tale norma, infatti, traspare un
nuovo e più ampio concetto di “vulnerabilità” ancorato non soltanto all’età, allo stato
di infermità o di deficienza psichica, ma anche a parametri oggettivi quali la tipologia
del reato, le sue modalità e le specifiche circostanze concrete nelle quali l’illecito sia
stato perpetrato. In particolare, tale condizione dovrà essere riconosciuta se il fatto
risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale o se riferibile ad
ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche di matrice internazionale,
oppure - e questo è forse il dato più innovativo della norma - se la persona offesa è
totalmente dipendente dall’autore del reato sia dal punto di vista affettivo e
psicologico sia sotto l’aspetto economico.
Le suddette nuove regole di individuazione della vulnerabilità - del tutto
slegate da presunzioni e rigidi automatismi ma rimesse ad una valutazione case by
case - rappresentano senz’altro un’innovazione finalizzata a ridurre il rischio della
c.d. vittimizzazione secondaria, ovvero limitare i possibili traumi psicologici
scaturenti per le persone offese tanto dalle possibili minacce ed intimidazioni
provenienti dagli accusati, quanto dagli incontri diretti tra vittima e incolpato e ai
possibili pregiudizi emotivi derivanti dalle esigenze processuali di rievocare le
violenze subite, assumendo l’ufficio di testimone nelle dinamiche della cross
examination17. Nella medesima logica si inserisce, inoltre, la modifica apportata
all’ultimo comma dell'art. 134 Cpp che così come riformulato consente - anche al di
fuori dei casi in cui è assolutamente indispensabile - la riproduzione audiovisiva delle
dichiarazioni della persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità.
Sempre al fine di garantire il diritto alla partecipazione attiva della persona
offesa, l’art. 1 lett. d del d. lgs 212/2015 aggiunge al codice di rito, dopo l’art. 143 Cpp,
un nuovo art. 143-bis Cpp relativo al diritto all’interpretazione e alla traduzione degli
atti del procedimento. La nuova norma, in conformità a quanto previsto nell’art. 7
della direttiva, estende anche per la persona offesa il diritto all’interpretariato e alla
traduzione già previsto limitatamente all’imputato dall’art. 143 Cpp, così come
modificato dal d. lgs. 4.3.2014 n. 32 con il quale è stata data attuazione alla dir.
2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali 18.
L’art. 143-bis Cpp prevede innanzitutto che l’autorità procedente nomini un
interprete quando la persona che intende rilasciare una dichiarazione non conosce la
lingua italiana ovvero quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un
dialetto non facilmente comprensibile, nonché nei casi in cui la persona offesa
intenda partecipare all’udienza e abbia fatto richiesta di essere assistita
assunzione della testimonianza della vittima vulnerabile alla luce della giustizia sovranazionale, in CP
2009, 4067.
17
Così D. Ferranti, Brevi riflessioni sulla vittima del reato, in vista del recepimento della direttiva
2012/29/UE, cit., 3415.
18
Per una riflessione sull’attuazione della direttiva v. G. Spangher, Il diritto all’interprete e al
traduttore: attuata la direttiva europea, in CP 2015, 2876 ss.; D. Curtotti, La normativa in tema di
assistenza linguistica tra direttiva europea e nuove prassi applicative, in PPG 2014, 115 ss.; M. Gialuz, Il
decreto legislativo di attuazione della direttiva sull’assistenza linguistica (n. 32 del 2014): un’occasione
sprecata per modernizzare l’ordinamento italiano, in www.penalecontemporaneo.it, 10.4.2014.
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dall’interprete. Si prevede inoltre, per esigenze di economia processuale, che
l’assistenza dell’interprete possa essere assicurata anche mediante il ricorso a
tecnologie di comunicazione a distanza, a patto che la presenza fisica dell’interprete
non sia strettamente necessaria. Quanto alla traduzione degli atti (che, salvo
pregiudizio, può avvenire anche oralmente o in forma riassuntiva), se ne prevede la
gratuità solamente nei casi in cui essi risultino davvero utili per l’esercizio dei diritti
della persona offesa.
Al fine di adeguare l’ordinamento interno alle previsioni dell’art. 23 della
direttiva - che disciplina il diritto alla protezione delle vittime con esigenze specifiche
di protezione nel corso del procedimento penale - la novella consente al giudice
procedente di estendere anche alle persone offese che si trovino in una condizione di
particolare vulnerabilità (da valutare in base ai summenzionati nuovi criteri elencati
dall’art. 90-quater Cpp) le particolari cautele fino ad oggi previste solamente per
predeterminate tipologie di vittime e di reati.
A tale scopo, con riferimento all’esame della vittima in dibattimento 19, il
legislatore è intervenuto sul corpus dell’art. 190-bis co. 1-bis Cpp estendendo anche
alla persona offesa vulnerabile quello speciale limite al diritto alla prova, già presente
nella norma in favore del testimone minore di anni sedici. In altri termini, la
modifica integra e arricchisce, dal punto di vista contenutistico, una disposizione che
già prevedeva in favore del testimone infrasedicenne, in relazione ad alcuni reati a
sfondo sessuale, l’ammissibilità dell’esame soltanto se connesso a fatti o circostanze
diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, già rese in una sede garantita,
ovvero se il giudice o una delle parti avessero prospettato l’esistenza di esigenze di
natura specifica.
Un’altra importante modifica, coerente con quelle appena descritte, attiene
all’istituto dell’incidente probatorio. Sempre per esigenze di tutela della vittima
debole, vengono ampliate le ipotesi per le quali è possibile disporre l’incidente
probatorio, prevedendo, mediante integrazione dell’art. 392 co. 1-bis Cpp, che tra i
casi di incidente probatorio “atipico”- fuori dalle tassative ipotesi contenute nel
comma 1 del medesimo articolo – debba essere ricompreso anche quello della
testimonianza della vittima vulnerabile, a prescindere dal fatto che si stia procedendo
o meno per uno dei delitti indicati nell’inciso iniziale del comma 1-bis. Pertanto, alla
luce di tale modifica normativa, quando si ritiene che la persona offesa si trovi in uno
stato di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della
stessa, o l’indagato possono chiedere che si proceda con incidente probatorio
all’assunzione della testimonianza.
Con riguardo alle modalità di conduzione dell’esame nel corso dell’incidente
probatorio, un’altra novità è rappresentata dall’introduzione all’interno dell’art. 398
Cpp di un nuovo comma 5-quater, finalizzato ad estendere l’operatività delle
modalità protette20a tutte le vittime vulnerabili, a prescindere dal catalogo di reati già
19
Sul tema cfr. M. Simonato, Deposizione della vittima e giustizia penale, Padova 2014, 1 ss.
Tra le modalità protette si annoverano principalmente l’esame schermato dal vetro a specchio,
l’esame condotto direttamente dal presidente e l’esame protetto secondo le prescrizioni previste
dall’art. 398 co. 5-bis Cpp che consente al giudice di svolgere l’udienza anche in un luogo diverso
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previsti dal comma 5-bis della medesima norma. Ai sensi della nuova disposizione
introdotta all’art. 398 Cpp, dunque, fermo quanto previsto dal comma 5-ter21, quando
occorre procedere all’esame di una persona offesa in condizione di particolare
vulnerabilità trovano applicazione le speciali modalità di protezione disciplinate
dall’art. 498 co. 4-quater Cpp, norma anche questa riformata dal d. lgs. 212/2015.
Il testo del nuovo art. 498 co. 4-quater Cpp, riferito all’esame dibattimentale,
estende a tutte le vittime in stato di particolare vulnerabilità, direttamente su
richiesta di quest’ultime o del loro difensore, la possibilità di testimoniare con
modalità protette, prescindendo dal fatto che il reato contestato ricada o meno nel
catalogo dei gravi reati elencati al comma 4-ter della medesima norma.
Di notevole rilievo risultano, altresì, le modiche alla disciplina in tema di
assunzione di informazioni da parte dalla polizia giudiziaria e del pubblico ministero
nel corso delle indagini. In primo luogo, viene riformulato l’art. 351 co. 1-ter Cpp
estendendo quel particolare ausilio psicologico - previsto nei casi in cui la polizia
giudiziaria procede all’assunzione di sommarie informazioni da un minore - alla
persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità
assicurandosi, inoltre, che la stessa non abbia contatti con l’indagato e non sia
chiamata più volte a deporre, salvo casi di assoluta necessità. La medesima modifica è
stata apportata anche all’interno dell’art. 362 co. 1-bis Cpp che, com’è noto, disciplina
l’assunzione di informazioni ad opera del pubblico ministero.
La ratio di tali manipolazioni normative è da rintracciare nell’obiettivo di
preservare il dichiarante debole e di ridurre il rischio della c.d. usura delle fonti di
prova, evitando di sottoporre la vittima ad ulteriori stress psicologici derivanti da
reiterati ed inutili inviti a presentarsi dinanzi alle autorità procedenti per rilasciare le
medesime dichiarazioni, in assenza di una specifica e concreta esigenza di natura
investigativa.
Infine, per quanto attiene alle modifiche apportate alle norme di attuazione
del codice di procedura penale, l’art. 2 del provvedimento in esame introduce i nuovi
artt. 107-ter e 108-ter NAttCpp, rispettivamente rubricati come «Assistenza
dell’interprete per la proposizione o presentazione della denuncia o querela» e
«Denunce e querele per reati commessi in altro Stato dell’Unione».
In particolare, l’art. 107-ter NAttCpp - che recepisce quanto richiesto dall’art. 5
della direttiva - prevede specificatamente che la persona offesa che non conosce la
lingua italiana, se presenta denuncia o propone querela dinanzi alla procura della
Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto, ha diritto di utilizzare una
lingua a lei conosciuta. Inoltre, negli stessi casi e previa richiesta, la persona offesa
rispetto al tribunale, avvalendosi di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso
l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova.
21
Tale comma, che richiama il concetto di particolare vulnerabilità e che segna un passo in avanti
verso uno statuto della prova dichiarativa del teste vulnerabile, è stato recentemente introdotto
dall’art. 3 d. lgs. 4.3.2014 n. 24 e prevede l’uso delle modalità protette di assunzione della prova anche
«quando fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano maggiorenni in condizione di
particolare vulnerabilità, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede». Sul punto, v. S.
Recchione, Il dichiarante vulnerabile fa (disordinatamente) ingresso nel nostro ordinamento: il nuovo
comma 5 ter dell’art. 398 Cpp, in www.penalecontemporaneo.it, 14.4.2014.
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alloglotta ha diritto di ricevere gratuitamente l’attestazione dell’avvenuta
presentazione della denuncia o della querela, ugualmente tradotta in una lingua a lei
comprensibile22. Orbene, anche in questa circostanza non può sfuggire all’interprete
una lettura sistematica di tale norma che si inserisce sulla scia di quanto già disposto
dal d. lgs. 4.3.2014 n. 32, in occasione del recepimento della dir. 2010/64/UE sul
diritto all’interpretazione e traduzione nei procedimenti penali.
Da ultimo, con riferimento alle denunce e querele per reati consumati al di
fuori del territorio nazionale, il nuovo art. 108-ter NAttCpp - in ossequio all’art. 17
della direttiva - dispone che nelle ipotesi in cui la persona offesa denunciante o
querelante sia residente o domiciliata nel territorio dello Stato, il procuratore della
Repubblica sarà tenuto a trasmettere al procuratore generale presso la Corte
d’appello le denunce o le querele per reati commessi in altri Stati dell’Unione
europea e non procedibili in Italia, affinché quest’ultimo le trasmetta senza indugio
all’autorità giudiziaria straniera competente.
3. Il d. lgs. 212/2015 ha senza alcun dubbio il pregio di attribuire maggiore
organicità all’assetto di tutele e diritti della persona offesa, dedicando a quest’ultima
una maggiore attenzione sistematica in tutti gli stadi del procedimento penale. Resta
da capire, però, se la novella de qua possa ritenersi soddisfacente alla luce delle
indicazioni contenute nelle svariate fonti sovranazionali e, soprattutto, pienamente
conforme a quel consistente patrimonio di diritti che la dir. 2012/29/UE riconosce
alle vittime di reato. Insomma, la persona offesa è ancora oggi un personaggio “in
cerca d’autore”23 oppure grazie a tale intervento normativo è riuscita finalmente a
guadagnarsi un inedito ruolo di protagonista tra i vari attori della scena processuale?
Ebbene, l’intervento normativo in commento, che comunque conferma la
volontà legislativa di adeguarsi ai desiderata europei, in realtà non merita di andare
completamente esente da censure, e ciò soprattutto nella misura in cui non recepisce
in toto le indicazioni contenute nella direttiva. Ad un lettore attento, infatti, non può
sfuggire il fatto che il Governo si sia completamente disinteressato di alcuni
fondamentali diritti delle vittime (come quello dell’accesso a particolari servizi di
assistenza e della connessa problematica della formazione degli operatori) e come
non vi sia soprattutto alcun richiamo specifico alla materia della giustizia riparativa,
tema quest’ultimo particolarmente caro al legislatore europeo.
Per quanto riguarda il diritto di accesso ai servizi di assistenza alle vittime,
infatti, gli artt. 8 e 9 della direttiva prevedono che in ogni Stato dell’UE la vittima e i
suoi familiari abbiano accesso a specifici servizi di assistenza riservati e gratuiti istituiti come organizzazioni pubbliche o non governative sia su base professionale
che volontaria – operanti in tutti i momenti del procedimento penale e anche in
assenza di denuncia, in relazione alle singole esigenze, al rapporto con l’autore del
22
Tale ultima previsione è già presente, in termini generali e senza alcun richiamo all’assistenza
linguistica, all’interno dell’art. 107 NAttCpp ai sensi del quale la persona che presenta una denuncia o
che propone una querela ha diritto di ottenere un’attestazione, anche in calce alla copia dell’atto,
dell’avvenuta ricezione della denuncia presentata o della querela proposta.
23
In questi termini si esprime S. Lorusso, Le conseguenze del reato. Verso un protagonismo della
vittima nel processo penale?, cit., 884.
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reato e all’entità del danno subito. In altre parole, l’obiettivo di tali servizi dovrebbe
essere quello di fornire alle vittime sostegno psicologico e consigli relativi ad aspetti
pratici e finanziari, al fine di prevenire forme di “vittimizzazione secondaria”. Sempre
al fine di prevenire tale rischio, inoltre, il capo V della direttiva prevede che gli Stati
membri adottino itinerari di formazione specialistica rivolti a tutti gli operatori
suscettibili di entrare in contatto con le vittime, compresi magistrati e avvocati,
affinché siano sensibilizzati alle loro esigenze e posti nella condizione di relazionarsi
in modo appropriato. Di tutto ciò invece, come già anticipato in precedenza, non si
trova alcuna traccia tra le pieghe del provvedimento in esame.
Ancora più grave, ad avviso di chi scrive, è il silenzio serbato dal legislatore
italiano sul tema della giustizia riparativa24.
Invero, con l’obiettivo di riparare il pregiudizio subito e al fine di prevenire
fenomeni di vittimizzazione secondaria e di intimidazione, la direttiva richiede agli
Stati di creare i presupposti affinché le vittime possano giovarsi di servizi di
restorative justice (quali il dialogo esteso ai gruppi parentali, la mediazione penale e i
consigli commisurativi), misure alle quali ricorrere soltanto con il consenso della
vittima e nel suo esclusivo interesse.
D’altro canto, però, nonostante il mancato recepimento di tali sollecitazioni, va
evidenziato come le ultime tendenze riformatrici del legislatore nazionale siano tutte
orientate verso modelli di giustizia riparativa ed in particolare al riconoscimento
della mediazione penale come fondamentale strumento di incontro e confronto tra
vittima e reo25. Tralasciando il procedimento davanti al giudice di pace, ci si riferisce,
innanzitutto, all’istituto di nuovo conio della sospensione del processo con messa alla
prova “per adulti”, introdotto dalla l. 28.4.2014 n. 67, nel quale la persona offesa è
posta al centro del programma di trattamento allegato all’istanza in quanto, al suo
interno, deve sempre prevedere, ai sensi dell’art. 464-bis Cpp, le prescrizioni
comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume per elidere o
attenuare le conseguenze del reato, oltre alle condotte che questi è tenuto a
rispettare al fine di promuovere, ove possibile, un’attività di mediazione con la
persona offesa.
Sulla stessa scia si pone, inoltre, la novella apportata dalla l. 27.5.2015 n. 69 che,
con riferimento ad alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, richiede una
preliminare verifica della reale restituzione del maltolto per poter avanzare una
richiesta di patteggiamento e per beneficiare della sospensione condizionale della
pena. Inoltre, de iure condendo, va segnalato un d.d.l. governativo approvato il 23
24
Per approfondire la tematica della giustizia riparativa, cfr. M. Cagossi, Esperimenti di giustizia
riparativa nel modello italiano, in Lo statuto europeo delle vittime di reato, cit., 153 ss.; M. Kilchling L. Parlato, Nuove prospettive per la restorative justice in seguito alla direttiva sulla vittima: verso un
“diritto alla mediazione”? Germania e Italia a confronto, in CP 2015, 4188 ss.; L. Eusebi, La risposta al
reato e il ruolo della vittima, in DPP 2013, 527 ss.; F. Reggio, Giustizia dialogica: luci e ombre della
Restorative Justice, Milano 2010, 1 ss.
25
È proprio per questa ragione e in linea con tali ultime tendenze riformatrici, come si evince dalla
relazione illustrativa del decreto in esame, che all’interno del nuovo art. 90-bis lett. n Cpp è stato
utilizzato il termine “mediazione” in luogo della più ampia formula “giustizia riparativa” presente nel
testo della dir. 2012/29/UE.
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settembre 2015 in prima lettura alla Camera - titolato «Modifiche al codice penale e al
codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata
ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività
rieducativa della pena» - che introduce un nuovo art. 162-ter Cp che, nei casi di reato
procedibile a querela, consente al giudice di dichiarare estinto il reato se l’imputato
dimostra di aver riparato interamente il danno mediante la restituzione o il
risarcimento e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato 26.
Ad ogni modo, in attesa delle prime attuazione pratiche 27 del decreto, non
resta che auspicare d’ora in avanti un maggior coinvolgimento della persona offesa
nelle dinamiche processuali a patto, però, che si mantenga sempre inalterato quel
bilanciamento di valori e garanzie finalizzato ad evitare che «la vittima sia
ulteriormente vittimizzata dal processo e dall’imputato, ma pure che l’imputato
diventi vittima della vittima»28.
In conclusione, il d. lgs. 212/2015 ha certamente il pregio di attribuire maggiore
organicità al sistema di tutele e segna, perciò, un importante passo in avanti in favore
della vittima; al tempo stesso, però, data la soluzione di compromesso adottata dal
nostro legislatore, rappresenta un’occasione sprecata per compiere davvero quella
“rivoluzione copernicana” che il nostro sistema di giustizia penale attende ormai da
diversi anni.
26
Sul punto, D. Ferranti, Brevi riflessioni sulla vittima del reato, in vista del recepimento della direttiva
2012/29/UE, cit., 3422.
27
Per una prima applicazione pratica delle nuove disposizioni cfr. Diritti, assistenza e protezione
delle vittime di reato ai sensi del d. lgs. 212/2015: le indicazioni operative della Procura di Trento, in
www.penalecontemporaneo.it, 19.1.2016.
28
Così si esprime H. Belluta, Un personaggio in cerca d’autore: la vittima vulnerabile nel processo
penale italiano, in Lo scudo e la spada, cit., 125.
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