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150 anni di italia e di italiani

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150 anni di italia e di italiani
150 ANNI DI ITALIA
E DI ITALIANI
Come il nostro Paese è cambiato
dall’Unità a oggi
Liceo Classico e Scientifico B. Cavalieri
Ricerca di: Ludovica Franchetti, Alessio Garzonio, Alessia Guerzoni, Alice Iolita, Silvia Milanesi. (III A cl.)
Con la supervisione del prof. Paolo Guidera
150 ANNI DI VITA
QUOTIDIANA
1871-1880
ALLE DONNE, POCA ISTRUZIONE E
TANTO LAVORO (MAL PAGATO)
Nel codice di famiglia del 1865 le donne, se
sposate, non potevano gestire i redditi da
lavoro. Che comunque erano pochi: la metà
rispetto agli uomini. Il momento di massimo
impiego si ebbe nel 1881. solo nel 1874 fu
permesso alle donne di frequentare licei e
università, ma il titolo di studio non garantiva
l’accesso alle professioni.
1881-1890
LA QUESTIONE MERIDIONALE
A vent’anni dall’unità, la rivoluzione industriale
che già aveva cambiato il volto degli altri paesi
europei, in Italia faticava a decollare. Le
condizioni di vita erano disastrose, soprattutto
al sud e per la prima volta il paese si
confrontava con la questione meridionale. È il
decennio delle migrazioni per le Americhe.
1891-1900
ARRIVANO LE INDUSTRIE
L’Italia era un paese contadino: lavorava la terra
il 70% della popolazione attiva. Tra il 1896 e il
1907
ci
fu
la
prima
ondata
di
industrializzazione, che mutò per sempre usi e
costumi del paese, anche se furono soprattutto
le città del nord a beneficiarne. Nel 1899
Torino tenne a battesimo la FIAT.
1901-1910
E I LAVORATORI PROTESTANO
Lo sviluppo industriale portò alla crescita di
settori come il meccanico siderurgico, il
tessile, i trasporti, le comunicazioni, mentre
settori nuovi come la chimica e l’idroelettrica
andavano affermandosi. Ma lo sviluppo era
diseguale, le migrazioni dal sud verso gli USA
sempre più intense e proprio in questi anni
esplosero le lotte per il lavoro
1911-1920
LA GUERRA CHIAMO’ A RACCOLTA
ANCHE LE DONNE
Erano anni di guerra: in Libia nel 1911, poi
nelle trincee della prima guerra mondiale. Gli
uomini al fronte furono sostituiti dalle donne, le
quali ora sì erano idonee a qualsiasi impiego,
pericoloso o pesante che fosse, soprattutto nelle
fabbriche riconvertite alla produzione bellica.
1921-1930
ITALIANI SEMPRE PIU’ ISTRUITI E
“MECCANIZZATI”
Negli anni che videro affermarsi il fascismo
l’Italia, nonostante l’industrializzazione del
nord, era al 50% ancora agricola. Nel 1921 il
35,8% degli Italiani non sapeva ancora leggere e
scrivere: alla fine del decennio la percentuale
degli analfabeti scese al 21%.
1931-1940
LA BATTAGLIA DEL GRANO
Le grandi opere di bonifica volute da Mussolini
partirono nel 1928 e coinvolsero l’Agro pontino, la
Bassa friulana e il Ferrarese. L’obbiettivo era
estendere i campi coltivabili per incrementare la
produzione
cerealicola
e
arrivare
all’autosufficienza. Quello che si ottenne fu un
miglioramento delle condizioni di vita nelle
campagne e la meccanizzazione dell’agricoltura.
1941-1950
SI RICOMINCIA DA ZERO
Dopo la seconda guerra mondiale il paese era in
ginocchio: bisognava ricominciare da zero. Era
l’Italia di Peppone e Don Camillo, fortemente
rurale, culturalmente divisa tra cattolici e
comunisti. L’immigrazione dal sud verso le città
industriali del nord era irrefrenabile ma utile
all’industria dell’auto: se nel 1946 gli italiani
iniziavano a viaggiare in Vespa, nel ‘53 sognavano
già la FIAT 600
1951-1960
ARRIVA IL BENESSERE
Nel dopoguerra l’agricoltura entrò in crisi. Tra
il ’54 e il ‘64 i lavoratori agricoli crollarono dal
40 al 25% e molti contadini si trasformarono in
operai. Milioni di lavoratori si spostarono verso
le città del Nord Italia e del Nord Europa
1961-1970
PIU’ RICCHI PIU’ FERTILI
L’economia dell’ Italia conobbe una fase d’intenso
sviluppo: nell’industria innanzitutto, ma anche
nell’agricoltura e in un nuovo settore: il terziario.
Lo sviluppo tecnologico fu tale che nel 1969 portò
l’uomo sulla luna. Nel 1961 il numero della donne
che lavoravano raggiunse il punto più basso in tutta
la storia dell’Italia unita: 12 milioni di casalinghe
contro 6 milioni di donne lavoratrici
1971-1980
ARIA DI CRISI . MA ARRIVA L’INFORMATICA
Femminismo (era arrivato il divorzio), terrorismo,
lotta di classe: si apriva un decennio di forti
trasformazioni sociali. L’Italia risentiva, ancora più
degli altri paesi, gli effetti della crisi petrolifera. La
disoccupazione era alta e l’inflazione forte ma i
contraccolpi sociali vennero attutiti in una politica
di welfare.
1981-1990
RAMPANTI, OTTIMISTI E NUMERO UNO NELLA
MODA
Furono caratterizzati dalla recessione e dalla
disoccupazione i primi anni del decennio, che tuttavia
proseguì all’insegna di iun risveglio economico che fece
dell’Italia una dei 7 paesi più industrializzati. La moda e
il design italiano s’imposero nel mondo. Si affermarono
la televisione commerciale e i personal computer.
Ottimismo, rampantismo, efficientismo, guadagni e
carriera erano i nuovi miti delle generazioni nate negli
anni ‘60.
1991-2000
TUTTI NELLA RETE
Grazie ad un grande sforzo economico, gli
italiani sono entrati nell’Euro e diventano
europei. Per la prima volta dopo secoli, l’Italia
è meta di una massiccia immigrazione dai paesi
poveri, conseguenti problemi d’integrazione. La
nascita di internet rivoluzionerà società, cultura,
mondo del lavoro e relazioni sociali.
2001-2010
DISOCCUPATI O PRECARI: PER FORTUNA CHE
C’E’ LA MAMMA
Crescita zero, disoccupazione, conti pubblici in rosso e
perdita di competitività: gli ultimi dieci anni sono stati un
bollettino di guerra. Il lavoro preoccupa il 60% degli
italiani che reagiscono ripiegando sulla famiglia, il vero
welfare del 2000: in casa vivono i figli disoccupati o
sottopagati, si crescono i nipoti e si assistono gli anziani.
Quando il lavoro c’è è precario: le assunzioni a termine
sono il 70% del totale.
LE FASI DELL’EVOLUZIONE
DELLE ISTITUZIONI E DELLA
POLITICA
REGIME MONARCHICO LIBERALE
•
(1861-1922)
L'unificazione del Regno d'Italia fu caratterizzata per la sua relativa rapidità nel processo di
costituzione (aprile 1859 – marzo 1861) anche grazie alle capacità politiche della classe dirigente
del Regno di Sardegna e soprattutto di Cavour (Destra storica).Vi furono difficoltà dovute al
contrasto che il nascente stato ebbe con alcune autorità che per diversi anni mantennero una
certa influenza politica, come il Re di Napoli (rifugiatosi a Roma), L'Austria, la Chiesa cattolica,
e come se non bastasse verso la fine del secolo, il clima sociale fu ancora più turbato dalle
prime organizzazioni ispirate al conflitto di classe (anarchici e socialisti). Comunque il nuovo
stato fu regolato dallo Statuto Albertino, che era stato precedentemente emesso nel 1848 dal Re
di Sardegna e che fu esteso, dopo l'unificazione, a tutto il territorio italiano. Sostanzialmente, lo
statuto, attribuiva al re il potere di governare tramite i suoi ministri che nominava e revocava
autonomamente. Non era previsto dunque il governo come soggetto autonomo dal sovrano.
Per tutto il “periodo liberale” il governo fu stretto tra il potere del re e quello del parlamento.
Quest'ultimo organo era formato da un Senato e da una Camera dei deputati. Il primo non era
elettivo e proprio per questo fu destinato a giocare un ruolo sempre minore rispetto alla
camera, legittimata dal voto popolare pur limitato a una minima percentuale di cittadini (fino al
1919, data dell'entrata in vigore del suffragio universale maschile).
•
Nei primi anni la politica del nuovo stato pareva affermarsi intorno a una dinamica
bipartitica, in parlamento si fronteggiarono infatti la destra e la sinistra “storica”. Presto però
i deputati diedero vita al fenomeno chiamato “trasformismo” che comportò una mancanza
di alternanza reale tra destra e sinistra al governo (trattandosi piuttosto di giochi
parlamentari di alleanze mutevoli nel contesto parlamentare). Inoltre la democrazia italiana
iniziò quasi subito a caratterizzarsi per una durata limitata dei governi (in media solo 13
mesi). Il trasformismo infatti emerse anche in risposta alla elevata debolezza dei governi
oltre che alla necessità, per i liberali, di far fronte comune contro le fazioni
“antisistema”.Un'ulteriore particolarità del nuovo sistema politico era l'assenza di fazioni
espressamente cattoliche, posizioni che si erano autoescluse dalla competizione
parlamentare a seguito del non expedit. Tuttavia, fin da questi anni, la corrente cattolica
prese a realizzare una fittissima rete associativa su tutto il territorio nazionale. Solo dopo
l'aumentare dell'influenza del socialismo, la chiesa decise di rivedere le proprie posizioni,
revocando il divieto di partecipazione cattolica alla competizione politica, a certe condizioni.
Il Partito Socialista Italiano (nato fin dal 1892) presentò subito una divisione interna tra
“riformisti” e “massimalisti”, ma ciò non bastò per fermare l'ascesa elettorale della nuova
formazione partitica. I liberali (come Sonnino e Pelloux) risposero al crescente conflitto
sociale con una doppia strategia fondata sulla repressione e la concessione di alcune
riforme, tra cui la riforma agraria. Tale strategia si rilevò però inefficace e anzi
controproducente, essa innescò infatti un aumento delle ostilità antisistema. Il secolo si
chiuse con un evento esplicativo della situazione politico-sociale italiana: l'assassinio del Re
Umberto I ad opera di Gaetano Bresci.
•
L'Italia entrò nella prima guerra mondiale per decisione del governo Salandra I (con l'appoggio
del Re), nonostante l'iniziale opposizione della maggioranza parlamentare. Le conseguenze
della partecipazione alla guerra furono profonde, soprattutto nelle classi inferiori della società
italiana, le quali pagarono il principale contributo di sangue. È in questo periodo che il
movimento socialista si radicalizzava e si mobilitava in maniera sempre crescente scatenando un
processo di contromobilitazione delle classi agiate, particolarmente sensibili al mito della
“vittoria mutilata”. È in questi settori della società che il fascismo trovò i suoi sostenitori. Nello
stesso periodo anche i cattolici si organizzarono in maniera decisiva, fondando nel 1918 il
Partito Popolare Italiano, seguito l'anno successivo dalla definitiva revoca del non expedit. Il
PPI trovò subito un capo riconosciuto e condiviso nella personalità di Don Luigi Sturzo.A
seguito delle elezioni del 1919, con la nuova legge elettorale proporzionale, i liberali furono
definitivamente spodestati dalla posizione dominante che fino ad allora avevano goduto al
parlamento. Il partito socialista e quello popolare, infatti, guadagnarono insieme più della metà
dei seggi.Mentre il sistema politico era paralizzato dai veti incrociati e dall'elevata conflittualità, il
movimento fascista, con a capo Benito Mussolini, sfruttò l'occasione di fragilità istituzionale e
giunse al potere il 28 ottobre 1922. Si concluse in quell'anno il regime liberale in Italia.I primi
quindici anni del nuovo secolo furono determinati dalla politica di Giolitti (liberale) il quale si
propose di affrontare il problema del conflitto sociale cercando l'integrazione nel sistema delle
componenti antagoniste (cattoliche e socialiste), pensando poi di sviluppare alleanze
parlamentari con entrambe, sfruttando la competizione fra esse. Il risultato in questo senso fu
mediocre, dato il continuo manifestarsi del trasformismo invece che di reali alternanze politiche
di governo. Sul piano politico però Giolitti ebbe anche alcuni successi, come il “Patto
Gentiloni” che assicurò ai liberali un certo sostegno da parte della forza elettorale cattolica,
attribuendo cosi al suo partito una posizione di predominanza.
REGIME FASCISTA
•
L'ingresso in politica del movimento fascista caratterizzò un cambiamento radicale
per la fisionomia dello stato italiano nel quale, per la prima volta, venne utilizzata la
minaccia dell'uso della forza per ricevere il potere esecutivo da parte del Re.Dal
punto di vista istituzionale, il processo che segnò il passaggio dal regime liberale al
regime autoritario si articolò sostanzialmente in tre passaggi.
– L'approvazione di una legge elettorale maggioritaria, la legge Acerbo: in base ad essa, la
forza politica che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti (e almeno il 25%) avrebbe
ottenuto i 2/3 dei seggi alla Camera. Tale formula elettorale trovò la sua applicazione nelle
elezioni del 1924.
– La costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, che fino ad allora era stato un
semplice organo interno al partito fascista. Il Gran Consiglio aveva il compito di formulare
una lista unica di candidati da sottoporre all'approvazione del corpo elettorale: fu così
istituito il sistema plebiscitario, che si concretizzò nelle elezioni del 1929 e in quelle del
1934. Il nuovo ruolo assunto dal Gran Consiglio fu sintomatico della stretta relazione fra
organi costituzionali e partito.
– L'istituzione, nel 1939, della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che soppresse la
Camera dei Deputati: la definitiva rimozione di ogni carica elettiva portò alla scomparsa
degli ultimi simulacri dello Stato pre-fascista. I componenti del nuovo organismo erano i
membri del Consiglio Nazionale del partito fascista e quelli delle corporazioni; il suo
rinnovamento era regolato da semplici avvicendamenti nelle cariche.
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Il nuovo sistema inizialmente non aveva le caratteristiche del regime totalitario, ma con il
passare degli anni mostrò di voler andare in quella direzione, portando ad una sempre
maggiore pervasività del ruolo dello Stato nel tessuto sociale. Il totalitarismo non fu raggiunto in
quanto il re manteneva, seppur formalmente, il vertice del potere statale e la facoltà di revocare
il capo del governo (facoltà di cui il re Vittorio Emanuele III rientrò in possesso il 25 luglio
1943).
Il 24 luglio 1943 fu convocato, dopo alcuni anni, il Gran Consiglio del Fascismo. All'ordine del
giorno vi era la mozione del gerarca Grandi, con la quale si chiedeva al re di riappropriarsi della
sua facoltà di comandante in capo delle forze armate. Vittorio Emanuele III colse allora
l'occasione per licenziare il capo del governo, Mussolini, e nominò in sua sostituzione il
maresciallo Badoglio. Era il 25 luglio 1943: si aprì il cosiddetto periodo costituzionale
transitorio. Esso si articolò in tre passaggi:
– fase della liberazione dal nazi-fascismo (25 luglio 1943- 25 aprile 1945);
– fase dell'ordinamento provvisorio (25 aprile 1945 - 2 giugno 1946;
– fase costituente (2 giugno 1946 - 1 gennaio 1948).
Durante la fase della liberazione, l'Italia divenne un paese a sovranità limitata, sotto la tutela
degli Alleati. L'influenza degli USA fu decisiva sia per la ripresa economica, che per il
consolidamento delle forze moderate nel sistema partitico.
Dopo la caduta del regime vi furono diversi elementi di discontinuità come i partiti
rappresentati nel parlamento, classificabili tutti come espressamente antifascisti. Nel giugno
1946 inoltre, per referendum istituzionale, l'Italia divenne una Repubblica a cui seguì
un'assemblea costituente e l'elaborazione di una nuova costituzione entrata in vigore nel 1948.
Le forze politiche che ricevettero il maggiore consenso elettorale furono i tre partiti di massa
esistenti a quel tempo in Italia: DC, PSI e PCI. La costituzione italiana era simile a le altre
sviluppatesi in Europa in quell'epoca: lunga, con una prima parte dedicata ai diritti civili, politici
e sociali, e una seconda parte che avrebbe descritto e regolato la Repubblica parlamentare
italiana.
Il timore di un ritorno al passato suggerì ai redattori della costituzione l'elaborazione di un
complesso sistema statale basato sul ruolo cruciale assegnato al parlamento e sull'istituzione di
diverse istituzioni di garanzia (Presidente della Repubblica; Corte costituzionale; CSM;
Ordinamento Regionale; Referendum abrogativo).
LA PRIMA REPUBBLICA
•
Il carattere della democrazia repubblicana non fu esclusivamente determinato dalla
costituzione, ma anche dalla legge elettorale, la quale fu inizialmente frutto di un compromesso
tra i principali partiti. Si tratta di un sistema proporzionale che premia i partiti di massa quali
PCI, PSI e DC. Nel 1948 le elezioni assegnano un ampio successo elettorale alla coalizione
della DC, portando il suo leader Alcide De Gasperi alla Presidenza del Consiglio. Al sistema
proporzionale venne data quindi un'interpretazione maggioritaria, ma dopo l'erosione
dell'elettorato democristiano in favore degli altri partiti minori di destra, si comprese come fosse
necessaria una legge elettorale che aiutasse a formare la compagine di governo. Venne
approvata nel 1953, a ridosso delle elezioni, una legge proporzionale con premio di
maggioranza, conosciuta col nome di “legge-truffa”, per le modalità con le quali nacque, ma
soprattutto per il fatto che si assegnava un premio piuttosto alto - il 60% dei seggi - alla
coalizione di partiti che avessero ottenuto il 50% più uno dei voti. L'enorme clamore suscitato
dall'approvazione della legge fece si che il premio non venisse assegnato al partito con la
maggioranza relativa, rendendo precaria la leadership della DC, partito di maggioranza relativa,
all'interno della coalizione presentatasi nelle elezioni del 1953. Infatti, nelle elezioni del 1953 la
coalizione dei partiti DC, e partiti vicini, non raggiunse la soglia del 50% più uno dei voti
richiesti, e il premio di maggioranza non venne assegnato, indebolendo fortemente la DC e la
forza centrista.
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Il comportamento elettorale della Prima Repubblica è suddivisibile in due fasi distinte. La
prima fase andava dal 1953 al 1976 e fu caratterizzata da una crescente concentrazione del voto
sui due partiti principali (nel 1976 DC e PCI insieme raccolsero il 73% dei voti). Nella seconda
fase, che finisce nel 1992, la tendenza si invertì e inoltre si sviluppò il fenomeno della volatilità
elettorale. In quest'ultima fase si affermò dunque una tendenza centrifuga che avrebbe favorito
soprattutto i partiti di protesta (i radicali prima, e le leghe dopo).
Alla stabilità dei comportamenti elettorali nella Prima Repubblica corrispose la stabilità del
sistema partitico. Analiticamente si riscontrano due principali sistemi di partito caratterizzati da,
un pluralismo limitato (pochi partiti e competizione bipolare), o da un pluralismo estremo (più
di cinque partiti rilevanti e competizione basata su tre poli). Quest'ultimo caratterizzò il sistema
italiano fino alla conclusione della Prima Repubblica (sistemi analoghi furono “la quarta
repubblica francese” e la “repubblica di Weimar”) e sembra scomparire solo oggi, dopo il
processo innescato dalla riforma elettorale del 1993. Nel sistema polarizzato l'area di centro è
“condannata” a governare, data la tendenziale riluttanza elettorale per le ali estreme,
caratterizzate da una vocazione “antisistema”.
Il funzionamento delle istituzioni fu sempre fortemente influenzato dall'evoluzione del sistema
partitico. La struttura parlamentare infatti ebbe, per designazione della costituzione, un ruolo di
primo piano tra i vari organismi istituzionali. Innanzitutto il governo doveva rispondere al
parlamento che attraverso mozioni di fiducia o di sfiducia poteva obbligare l'esecutivo alle
dimissioni. Il parlamento italiano fu composto da due camere ma, eccetto alcune piccole
caratteristiche di forma, non vi erano rilevanti differenze di poteri tra camera e senato.
•
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Nelle prime elezioni della repubblica (1948), per la prima e unica volta un solo partito ottiene la
maggioranza assoluta favorendo cosi un'interpretazione maggioritaria della costituzione.
Successivamente a quelle elezioni i governi italiani furono sempre di “coalizione” caratterizzati
quindi da forti differenze interne nei governi. Gia dagli anni 1960 si iniziò a rincorrere la
stabilità allargando il più possibile le coalizioni (maggior numero possibile di seggi), ma il punto
debole della Prima Repubblica fu quello che le elezioni non determinavano la composizione
dei governi e il premier, ma solo la forza dei partiti interni al parlamento. Si dava quindi vita a
governi frutto di mediazioni parlamentari non basati sulla diretta investitura democratica degli
elettori (e quindi con minore consenso).
Gli anni 1980 furono caratterizzati dal trionfo del governo di centro e del suo sistema
pentapartitico. In questo periodo però la conflittualità tra i partiti iniziò ad aumentare, anche in
conseguenza della tendenza centripeta che portò una maggiore competizione tra i vari partiti.
Quando il PSI propose la riforma istituzionale sul modello della quinta repubblica francese,
incontrò l'opposizione della DC e del PCI, ma inaugurò una stagione in cui si aprì la
discussione sulla possibilità di riformare le istituzioni italiane (che tuttavia non portarono ad
alcun risultato concreto).
Negli anni che vanno dal 1989 al 1991, sul piano internazionale, avvennero importanti
avvenimenti, quali la fine del comunismo reale e il crollo del muro di Berlino. A tali eventi
seguì la scissione del PCI (nel 1991) in PDS, e Partito della Rifondazione comunista. Il venire
meno delle paure comuniste premiò i partiti di sinistra a scapito della DC che da sempre
cavalcava proprio la "paura comunista". Inoltre il partito di centro iniziò a pagare anche la crisi
economica dello stato che si ritrovò con un forte debito a cui seguì un forte innalzamento delle
tasse. In questo periodo iniziarono a svilupparsi le leghe (che successivamente si federeranno
nella Lega Nord). Sempre negli stessi anni, il malcontento si concretizzò con la raccolta di firme
per sostenere il referendum a favore di una nuova legge elettorale in senso maggioritario, che
nonostante l'ostilità dei leader politici dell'epoca, riscontrò un grande successo elettorale
mettendo in luce il distacco tra società e classe politica italiana.
LA SECONDA REPUBBLICA
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Risultati delle elezioni del 1992 evidenziarono la crisi politica del pentapartito (tra l'altro
diventato di soli quattro partiti, venendo meno all'alleanza il PRI), il quale non raggiunse più la
maggioranza assoluta dei voti (si fermò al 48,8%). La DC toccò in questa tornata elettorale il suo
minimo storico (29,7%), mentre l'unico partito ad apparire in crescita fu la Lega Nord. Si aprì
cosi un periodo di crisi, aggravato dalle dimissioni anticipate del Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga e dalla successiva paralisi decisionale per l'elezione di un nuovo Presidente.
Solo dopo il tragico assassinio di Giovanni Falcone la situazione si sbloccò e venne eletto Oscar
Luigi Scalfaro alla Presidenza della Repubblica.
In seguito si formò il governo presieduto da Giuliano Amato, mentre iniziava a irrompere sulla
scena politica italiana la magistratura (a partire dalla primavera del 1992) con una serie di
indagini giudiziarie che avrebbero presto configurato lo scandalo di tangentopoli. La situazione
di crisi politica fu accentuata dalla crisi finanziaria di quegli anni; il nuovo governo si ritrovò
davanti a una situazione molto complicata a cui tentò di rispondere con un generale aumento
delle tasse, comportando un ulteriore deterioramento della fiducia popolare nella classe
politica.
Nella primavera del 1993 il governo Ciampi succedette Amato, durante il quale venne indetto
un nuovo referendum elettorale che cambiò in senso prevalentemente maggioritario il sistema
elettorale. Nel 1994 vennero indette le elezioni anticipate, che rivoluzionarono l'assetto politico
e consegnarono la maggioranza relativa dei consensi al neonato partito Forza Italia di Silvio
Berlusconi. Le elezioni del 1994 vengono solitamente considerate la fine della Prima
Repubblica.
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La legge elettorale del 1993 (famosa con il nome di Mattarellum) e le elezioni anticipate del
1994 stravolsero l'intero sistema politico. In primo luogo, la voce ritornò agli elettori in risposta
alla fase di stallo che la classe politica stava ormai attraversando. In secondo luogo, il sistema
maggioritario venne applicato su tutto il territorio nazionale, investendo comuni, province e
regioni. Questo contribuì a dare maggiore rilievo a tutte le cariche monocratiche, stabilendo
maggiori contatti tra la politica nazionale e quella locale: cominciava ad affermarsi l'aspettativa
che fossero i candidati individuali a muoversi da ruoli locali (come il sindaco) a ruoli nazionali
(come il ministro) e viceversa, a prescindere dalle posizioni dei partiti di riferimento.
Alla vigilia del voto che avrebbe sperimentato il nuovo sistema elettorale, la sinistra riuscì a
creare una larga coalizione (i progressisti) che includeva PDS, PRC, Verdi e altri partiti minori.
Al centro si aggregarono alcune piccole forze espressione della vecchia DC. La novità principale
venne a formarsi a destra, dove Berlusconi diede vita in poche settimane a Forza Italia e creò
un'alleanza con l'ex-MSI (Alleanza Nazionale) e la Lega Nord. I risultati elettorali premiarono
Berlusconi e la sua coalizione, che ottenne una larga maggioranza alla camera e una
(leggermente minore) al senato. Le elezioni segnarono un significativo rinnovamento della
classe politica, con più del 70% di parlamentari al loro primo mandato.
Il primo governo Berlusconi dovette presto affrontare difficoltà, dovute in particolare
all'aumento delle indagini sul Presidente del Consiglio e le sue aziende, a cui seguì un decreto
legge governativo volto a diminuire i poteri della magistratura. Il provvedimento scatenò nuove
ondate di proteste, che comportarono anche un certo disappunto da parte degli alleati AN e
LN. Poco dopo, a seguito di contrasti sulla proposta dell'esecutivo di limitare i benefici
pensionistici, la Lega uscì dall'alleanza, decretando la caduta del governo.
Nonostante la richiesta di elezioni anticipate, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi
Scalfaro riuscì faticosamente a costruire una maggioranza "tecnica" che sfociò nella nascita del
governo Dini. L'alleanza politica detta "L'Ulivo" cominciò a formarsi in quel periodo, per
diventare poi il perno della futura coalizione di centro-sinistra.
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Nelle elezioni del 1996, L'Ulivo vinse e formò il primo governo Prodi. La Lega, che non si era
schierata, raggiunse il suo massimo storico (10%) con una campagna elettorale marcatamente
anti-Berlusconi; perse però la scommessa di diventare l' "ago della bilancia" per le maggioranze
parlamentari, preludio di un ritorno all'alleanza con Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Il governo Prodi si caratterizzò per la sua stabilità, realizzando il record di circa due anni e
mezzo di governo. Tuttavia non mancarono le forti differenze ideologiche interne alla
coalizione, rafforzate dal fatto che il PRC non aveva realizzato un vero programma di coalizione
con l'Ulivo; non avendo incarichi ministeriali, il PRC si limitava ad un sostegno esterno che ad
un certo punto fece mancare, provocando la caduta del governo. Alla fine del governo Prodi
seguì un nuovo tentativo "tecnico" che trovò un rapido successo, sfociato nella nascita del
Governo D'Alema I.
Per le elezioni del 2001 Forza Italia riuscì a consolidare una grande alleanza (ri-comprendente
la Lega) chiamata la “Casa delle libertà”. A sinistra invece, l'Ulivo candidò il sindaco di Roma,
Rutelli, ma il non superamento della rottura con il PRC comporterà l'inevitabile sconfitta
elettorale. Autonomi in queste elezioni furono la lista Pannella-Bonino e L'Italia dei valori.
Queste elezioni evidenziarono uno dei principali cambiamenti nel sistema politico a seguito
della seconda repubblica: l'alternanza governativa. Infatti, alla sinistra uscente si sostituì una
forza di destra visibilmente diversa e alternativa alla precedente maggioranza. Una ovvietà
questa per un sistema democratico maturo, ma che il nostro paese iniziò a conosce solo in
occasione di queste elezioni.
Il secondo governo Berlusconi fu il più lungo di tutta la storia repubblicana (ma anche dell'Italia
unita). La quattordicesima legislatura (2001-2006) si caratterizzò per una straordinaria stabilità
governativa: l'incarico di Presidente del Consiglio fu ricoperto sempre e solo dalla stessa
persona, benché a capo di due successivi governi. Si erano dunque realizzati, almeno in parte,
gli effetti stabilizzatori promessi dal maggioritario.
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La fase apertasi nel 1992 fu caratterizzata da un profondo mutamento di tutto il sistema politico:
I protagonisti (politici e partiti) della Prima Repubblica scomparirono o conobbero notevoli
trasformazioni (scomparvero i partiti “anti-sistema”); nella classe politica nazionale entrarono
nuove figure professionali (imprenditori, liberi professionisti) invece del consueto “politico di
mestiere”; I problemi che in questa fase non vennero ancora superati sono l'elevato numero di
"partiti rilevanti" (grandi coalizioni con piccoli partiti “ago della bilancia”).
Si era dunque sviluppata una "proporzionalizzazione" del maggioritario, che di fatto non
riduceva i partiti né rendeva definitivamente stabili i governi, nonostante la positiva tenuta del
governo Berlusconi II sembrasse avviarsi in quella direzione.
Dopo le elezioni del 1996 la competizione partitica assunse una struttura prevalentemente
bipolare fra le due coalizioni (centro-destra e centro-sinistra), venendo definitivamente meno la
struttura tripolare del periodo precedente. Questa situazione mostrò una tendenza centripeta,
ma le ali estreme rimasero comunque ancora forti e determinanti fino alle elezioni del 2008.
Aspetto importante avvenuto in questo periodo fu il distacco del legame di parentela tra
interessi organizzati e partiti. Chiesa cattolica, Confindustria e sindacati iniziarono a perdere
espliciti riferimenti partitici, cercando di rimpiazzarli con una trasversalizzazione dei
collegamenti.
Alla fine della legislatura, il consenso al governo Berlusconi II si ridusse drasticamente. La
situazione indusse il governo ad approvare a maggioranza una nuova legge elettorale, volta a
limitare i danni dovuti al crollo dei consensi grazie all'abolizione dei voti uninominali (in cui la
sinistra si era mostrata tendenzialmente più forte).
Berlusconi ricevette numerosi avvisi di garanzia durante il suo mandato, a cui rispose (per la
prima volta in epoca repubblicana) non dimettendosi. Le indagini giudiziarie che interessarono
il leader del centro-destra non si tramutarono mai in un esilio dalla politica, ma certo ne
condizionarono l'azione di governo in materia di giustizia.
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Durante il governo Berlusconi II il Presidente della Repubblica, Ciampi, si trovò di fronte a una
situazione diversa da quella dei suoi predecessori. L'inedita stabilità governativa infatti, pareva
limitare il ruolo del capo dello stato, che tuttavia sfruttò più volte altri poteri concessi alla sua
carica (come il rinvio delle leggi alle camere).
In generale i rapporti tra le varie istituzioni del sistema politico italiano variarono
profondamente, senza che vi fosse mai stata una riforma costituzionale. Tuttavia il tentativo di
riformare la costituzione ci fu, prima nel 1997 (bicamerale presieduta da D'Alema), e poi
nuovamente durante il secondo governo Berlusconi. A differenza del centro-sinistra, la
maggioranza di centro-destra non intese perseguire la strategia della ampia maggioranza, ma
varò la riforma con le proprie forze parlamentari. A questo atteggiamento corrispose una forte
opposizione che culminò con un referendum confermativo che annullò la riforma per intero.
Maggiore successo ebbero invece alcune riforme parziali, per lo più varate proprio con ampie
maggioranze.
Vi furono poi alcuni mutamenti che, pur non essendo di carattere costituzionale, furono di
estrema rilevanza; uno di questi fu la riforma dei regolamenti parlamentari, grazie alla quale il
ruolo del governo ne uscì rafforzato.
La legge elettorale del 1993 aveva quindi favorito non solo un ciclo di riforme e modifiche
regolamentari, ma anche una drastica evoluzione del funzionamento parlamentare. Alcuni
esempi: I presidenti delle camere sono sempre meno ruoli di garanzia tecnica e sempre di più
espressione delle maggioranze (dal 1994 sono sempre provenienti dall'area di governo); i
governi sono sempre più rafforzati, anche perché, a seguito della riforma, gli elettori conoscono
chi è il futuro premier fin dallo spoglio elettorale (non v'è più contrattazione posticipata in
merito a questa carica).
La nuova legge elettorale del 2006 elimina il voto di preferenza, forzando l'elettore a scegliere
all'interno di liste bloccate decise dai partiti. A parte questo, essa si configura come una legge
proporzionale con soglie di sbarramento variabili e premio di maggioranza alla coalizione che
ottiene più voti. Essa prevede inoltre che i partiti in coalizione siglino un programma e
indichino un leader.
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Vi sono delle importanti differenze tra la legge della camera e quella del senato, in quest'ultima
infatti il premio di maggioranza è su base regionale, caratteristica che ha procurato seri problemi
alle elezioni politiche del 2006.
Le elezioni del 2006 si caratterizzarono per il fallimento delle previsioni basate sui sondaggi,
probabilmente dovuto allo stretto margine di preferenze. Al termine dello scrutinio, soltanto
24.000 voti separavano le due maggiori alleanze. Il premio di maggioranza alla Camera decretò
comunque un vincitore, e il centro-sinistra poté formare il governo Prodi II.
Al senato la nuova legge elettorale produsse dei singolari effetti. I premi di maggioranza a livello
regionale si annullarono a vicenda e produssero una situazione di stallo, con 155 seggi assegnati
alla coalizione di destra e 154 a quella di sinistra. La maggioranza governativa si affidava quindi
a 4 senatori eletti nella Circoscrizione Estero e a diversi senatori a vita.
L'esecutivo si mostrò subito alquanto debole, in quanto la risicata maggioranza non permetteva
di divincolarsi agevolmente tra gli attacchi dell'opposizione e i dissidi interni alla coalizione. Il
governo Prodi II cadde definitivamente il 24 gennaio 2008, producendo un rapido ritorno alle
urne.
La strategia dei partiti in occasione delle elezioni politiche italiane del 2008 è stata molto diversa
sia nelle intenzioni che negli effetti. Dopo la drastica perdita di consenso del governo di centrosinistra, il leader del PD Walter Veltroni decise di stringere alleanze elettorali con un solo altro
partito, l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Gli altri partiti dell'area di sinistra formarono una
coalizione elettorale dal nome "La sinistra - l'arcobaleno".
Alleanza Nazionale e Forza Italia si fusero molto rapidamente nel nuovo partito "Popolo della
Libertà" (PDL), nell'ambito di un'alleanza programmatica con la Lega Nord che manteneva
Silvio Berlusconi come leader. L'UDC, nonostante diverse trattative, non rientrò più nello
schieramento di centro-destra.
Le elezioni diedero un'ampia maggioranza alla coalizione di centro-destra in entrambe le
camere. Caratteristica fondamentale di questo risultato elettorale fu la semplificazione partitica:
nelle camere erano ora rappresentate solo sei formazioni (PDL-Lega Nord-MPA per la destra e
PD-IDV per la sinistra, con l'autonoma UDC in mezzo). Le formazioni di estrema destra ed
estrema sinistra non riuscirono a conquistare nessuna significativa rappresentanza parlamentare,
dando l'impressione che il passaggio al bipolarismo fosse definitivamente compiuto.
IERI… E OGGI.
INNOVAZIONI TECNOLOGICHE
IERI…
Nel 1861 arrivò
l’antenato del fax,
ossia il pantelegrafo
brevettato dall’abate
Giovanni Caselli, un
sistema entrato in
servizio quattro anni
dopo in Francia.
… E OGGI.
Due chimici
dell'Università di
Padova, Vito di Noto e
Maurizio Fami,
inventarono una batteria
al magnesio, capace di
immagazzinare il
doppio di elettricità di
una al litio usando un
materiale più sicuro ed
economico.
LA SATIRA IERI…
… E OGGI.
IL PATROTTISMO IERI...
Fratelli d'Italia,
l'Italia s‘è desta;
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma;
ché schiava di Roma
Iddio la creò. Stringiamci a
coorte!
Siam pronti alla morte;
Italia chiamò.
Per ascoltare
fare clic qui 
...E OGGI.
l'Italia del valzer, l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Italia che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal
cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte
scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al
mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da
dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si
innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda
come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte
triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.
Viva l'Italia, l'Italia liberata,
Per ascoltare
fare clic qui 
LA FAMIGLIA IERI…
…E OGGI.
LA MODA IERI…
…E OGGI.
L’ARTE IERI…
…E OGGI.
LO SPORT IERI…
…E OGGI.
LA SCUOLA IERI…
… E OGGI.
LA GEOGRAFIA IERI…
…E OGGI.
DATI A CONFRONTO
MORTALITA’ INFANTILE
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Le probabilità che un neonato arrivasse a
festeggiare il suo prino compleanno erano:
1872: 77%
1883: 80%
1944: 90%
2011: 99,6%
CAUSE DI MORTE
• 1882: morbillo, tubercolosi, bronchite e
polmonite (60%), malattie infettive e parassitarie
(20%).
• 2011: tumori, ictus, malattie cardiovascolari.
ALTEZZA MEDIA
• 1860: 163 cm
• 1930: 167 cm
• 2010: 175 cm
SPESA MEDIA
• 1934:1 litro di latte: 1,2 lire (2,60 € di oggi).
1 chilo di pane: 1,6 lire (3,50 € di oggi).
• 2010:1 litro di latte: 1,30 €.
1 chilo di pane: 1,80 €.
DIVORZI
Richieste di separazione e/o divorzio per 100.000 abitanti.
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1891-1900: 5,1
1911-1920: 6,9
1931-1940: 11
1951-1960: 17,8
1961-1970: 24,8
1971-1980: 60,1
1981: 79,9
1982: 86,3
1985: 89,2
1987: 88,3
2011: 230
DIETA
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Introito calorico giornaliero medio.
1861: 2522 kcal
1961: 2979 kcal
1971: 3466 kcal
1981: 3418 kcal
2011: 3670 kcal
Oggi tutti mangiano troppo, non solo i ricchi.
COME ERAVAMO
ANNO
MILIONI DI
PERSONE
VITA MEDIA
NUMERO DI
FIGLI
% DI
ANZIANI SUI
GIOVANI
1861
22.176.000
33,1
5
7%
2011
60.340.328*
81,4
1,4**
144%
*Di cui 4.235.059 stranieri. **Il 22% delle nascite avviene fuori dal
matrimonio.
ALFABETIZZAZIONE
• 1861: 25 %
• 1871: 31% (solo 600.000 persone parlavano
italiano)
• 1911: 60%
• 1932: 90%
• 2005: 98,5%
• 2011: 99,9%
LAVORO
• 1870:
– 67,5 % agricoltura,
– 18,1% industria
• 2011:
– 5% agricoltura,
– 32% industria,
– 63% terziario
OCCUPATI
• 1861: 59%
• 2011: 57,5% (disoccupati: l’8,7% e fra le donne
una su due non ha impiego).
ETA’ MEDIA SPOSI
• 1871:
– 27 anni lui
– 23 anni lei
• 2011:
– 33 anni lui
– 30 anni lei
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