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pdf - Fondazione Internazionale Menarini
n° 348 - gennaio 2011
© Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie
Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
Ghirlandaio: una bottega, una dinastia
Una famiglia che ha segnato il panorama artistico nella Firenze del Rinascimento
Si parla in genere del
Ghirlandaio come singolo artista, si trattò invece di un’intera famiglia che dalla seconda
metà del XV secolo fu
a lungo presente sulla
scena artistica del Rinascimento fiorentino.
Il più noto dei Ghirlandaio è il capostipite Domenico (1449-1494),
della cui bottega facevano parte i fratelli David (1452-1525) e Benedetto (1458-1497),
e in seguito il figlio Ridolfo (1483-1561). Alla
loro scuola si formarono
decine di pittori che contribuirono a diffonderne
in Italia e in Europa la
fama di interpreti figurativi della società fiorentina contemporanea.
Accanto a quella dei Pollaiolo, a Firenze negli
ultimi decenni del Quattrocento la bottega dei
Ghirlandaio fu una delle
più importanti a carattere familiare; sotto il
nome dei Ghirlandaio
si riuniva un gruppo di
artisti e artigiani, ciascuno con ruoli definiti
in base alle capacità e
competenze: Domenico
e Ridolfo maestri indiscussi, alcuni pittori di
buon mestiere, altri familiari impegnati nella
conduzione dell’impresa.
Il vero cognome di Domenico Ghirlandaio era
Bigordi, ma insieme ai
fratelli finì per esser identificato con il sopran-
nome attribuito al padre, un orafo noto per
la sua abilità nel realizzare ghirlande: da Scandicci, terra d’origine,
la famiglia si era trasferita nella prima metà
del Quattrocento a Firenze, dove la bottega
si affermò nella seconda
parte del secolo.
I Ghirlandaio sono protagonisti della mostra
Ghirlandaio. Una famiglia di pittori del Rinascimento tra Firenze e Scandicci, aperta fino al 1°
maggio, e strutturata
in maniera inusuale. Il
percorso costituisce infatti una sorta di museo diffuso, in quanto
si snoda tra Firenze e
Scandicci, con tappe in
varie località del territorio dove i Ghirlandaio vissero e operarono,
finendo per costituire
un’autentica “caccia ai
tesori”. Dal Castello dell’Acciaiolo di Scandicci,
dove sono esposte 15
opere, un doppio itinerario conduce il visitatore in musei grandi e
piccoli, palazzi e chiese,
ville e abbazie alla scoperta di tavole, pale e
affreschi. Si tratta da
un lato di opere a tema
religioso - Madonne con
Bambino, natività, annunciazioni - e dall’altro di ritratti e scene popolate da numerose figure che documentano
la vita e il costume nella
Firenze del tardo Quat-
Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei Magi (part) - Firenze Cappella Sassetti, Chiesa di
Santa Trinita
trocento. Il percorso all’interno della città di
Firenze comprende gli
affreschi nella Sala dei
Gigli in Palazzo Vecchio, la Cappella Sassetti nella chiesa di S.
Trinita e la Cappella Tornabuoni (S. Maria Novella), l’Adorazione dei
Magi al Museo degli Innocenti. La presenza dei
Ghirlandaio a Firenze
pag. 2
non si esaurisce però con
queste opere, molti altri dipinti e affreschi si
trovano agli Uffizi, Accademia, Galleria Palatina e nei cenacoli di
Ognissanti e S. Marco.
L’itinerario fuori città
guida il visitatore alla
scoperta delle numerose testimonianze artistiche lasciate dai Ghirlandaio nel territorio a
ovest di Firenze, a cavallo dell’Arno: nella
millenaria Badia di Settimo, nella Chiesa di S.
Andrea a Campi Bisenzio, nei Musei d’Arte
Sacra di S. Donnino e
S. Martino a Gangalandi.
E poi a Mosciano, Giogoli, S. Martino alla
Palma, S. Colombano,
in un percorso che unisce opere d’arte e paesaggi di grande suggestione.
Domenico, che Vasari
ricorda come uno dei
principali maestri dell’età sua “per grandezza
e la moltitudine delle
opere”, era nato nel 1449;
dopo gli anni di formazione artistica presso
Alessio Baldovinetti,
entrò a far parte della
bottega del Verrocchio,
dove si formarono anche pittori come Botticelli, Leonardo e Perugino. Dalla “natura fatto
per esser pittore”, secondo la definizione di
Vasari, Domenico Ghirlandaio può essere definito come il principale
illustratore dell’epoca
di Lorenzo il Magnifico,
di cui interpretò pienamente lo spirito: nei cicli di affreschi di soggetto sacro, Domenico
rappresenta in realtà la
vita cittadina del suo
tempo, con le cerimonie ufficiali e i protagonisti della scena po-
litica e sociale fiorentina. Inquadrate da architetture ispirate al repertorio classico, le figure tratteggiate da un
disegno fluido si muovono con eleganza e dignità sulle pareti delle
cappelle volute da Sassetti e Tornabuoni, due
tra le famiglie più rappresentative dell’aristocrazia fiorentina.
Se la maggior parte della
sua attività si svolse a
Firenze e nel territorio
circostante, la fama di
Domenico Ghirlandaio
gli fruttò anche importanti committenze a
Roma, dove lavorò alla
decorazione della Biblioteca Vaticana e nella
Cappella Sistina.
Dei suoi nove figli - cinque femmine e quattro
maschi - solo Ridolfo
divenne pittore, mentre nella bottega di Domenico lavorarono i fratelli minori David e Benedetto, entrambi pittori e suoi collaboratori.
Di David restano solo
due opere riferibili con
certezza alla sua mano,
un affresco con la Crocifissione con la Vergine e
Santi e un mosaico con
Madonna, il Bambino e
due angeli. Vasari descrive
David come un artista
interessato a studiare e
perfezionare varie tecniche, come la lavorazione del vetro, del rame
e particolarmente del
mosaico, in cui raggiunse
risultati notevoli che
gli fruttarono commissioni importanti per Orvieto, Siena e Pistoia.
Il fratello minore Benedetto, pittore e miniatore, lavorò dal 1486
al 1493 in Francia, dove
si trova oggi la sua unica
opera firmata, la Natività della chiesa di Nô-
Bottega di Domenico Ghirlandaio: Madonna in trono col Bambino e Santi - Campi
Bisenzio, Museo d’Arte Sacra di San Donnino
tre Dame ad Aigueperse,
in Alvernia.
La collaborazione tra i
fratelli eramolto stretta:
secondo una prassi frequente e consolidata nelle
botteghe del tempo,
spesso il maestro tracciava il disegno e la composizione della scena dipingendo solo le teste,
mentre il resto veniva
affidato ai discepoli, o
addirittura l’intera parte
pittorica veniva eseguita
dai collaboratori più qualificati, che operavano
sotto la supervisione del
maestro; fra i numerosi
allievi e collaboratori
che frequentarono la bottega del Ghirlandaio
spicca Michelangelo Buonarroti, che vi svolse il
suo apprendistato come
pittore.
I monaci della grande
abbazia cistercense di
Salvatore e San Lorenzo
a Settimo furono tra i
più importanti committenti di Domenico, a cui
affidarono l’incarico di
dipingere tre tavole destinate alla chiesa dell’abbazia; due di esse,
pag. 3
una Deposizione di Cristo e l’Adorazione dei Magi
sono ora conservate nella
sagrestia. Il rapporto
con l’abbazia e il suo territorio ebbe notevole
importanza anche per
il figlio di Domenico,
Ridolfo, destinato a seguire con successo le orme
paterne: appena undicenne, alla morte del padre Ridolfo iniziò l’attività affiancando lo zio
David che era divenuto
titolare della bottega;
riconoscendo le precoci
doti del ragazzo, David
lo mandò a completare
la sua formazione presso
la bottega di Fra’ Bartolommeo, all’epoca uno
dei maestri più rinomati
nell’ambiente artistico
fiorentino. Ridolfo continuò a lavorare a fianco
dello zio e dopo la sua
morte, avvenuta nel
1525, proseguì con successo l’attività di famiglia per oltre tre decenni.
Grazie alle sue capacità,
la bottega dei Ghirlandaio rimase un punto
di riferimento sulla scena
fiorentina per gran parte
del Cinquecento, apprezzata anche all’estero,
specialmente in Francia; dipinti prodotti da
allievi e collaboratori
di Ridolfo furono inviati in vari altri paesi,
dall’Inghilterra alla Germania e alla Spagna.
Ridolfo ebbe incarichi
prestigiosi in Firenze:
dal 1511 al 1513 lavorò
per l’Opera del Duomo
e per Palazzo Vecchio,
dove affrescò la Cappella
dei Priori in collaborazione con Andrea di Cosimo Feltrini. Durante
la sua vita l’artista non
volle mai allontanarsi
dal territorio fiorentino:
inutili le insistenti richieste di Raffaello, al
quale lo legava un rapporto d’amicizia, che
lo invitava a raggiungerlo a Roma.
Ridolfo del Ghirlandaio
morì nel 1561, all’età
di 78 anni. Numerosi
tra i suoi 15 figli erano
impegnati nella grande
bottega paterna dalla
ricca e varia produzione,
senza soluzione di continuità fra opere d’arte
e prodotti di artigianato di alta qualità: dipinti, stendardi, apparati per feste e cerimonie; Vasari ricordava di
Ridolfo anche la capacità e disponibilità nei
confronti degli allievi:
«quello che in lui mi
piace sommamente, ol-
Ridolfo del Ghirlandaio: Ritratto d’uomo con berretto - Firenze, Uffizi
tre all’essere egli veramente uomo da bene,
costumato e timorato
di Dio, si che ha sempre in bottega buon numero di giovinetti, ai
quali insegna con incredibile amorevolezza».
federico poletti
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