Comments
Description
Transcript
Saussure (lezione 3)
Corso di Filosofia del Linguaggio (2014-15) Ferdinand de Saussure (lezione 3) Natura del segno linguistico Arbitrarietà del segno – Linearità del significante Dott.ssa Filomena Diodato ([email protected]) Critica alla definizione di lingua come nomenclatura La concezione superficiale del gran pubblico vede nella lingua una NOMENCLATURA (un codice che associa suoni linguistici a idee preesistenti, v. nota 74 – nota 129). * ________________ a * ________________ b * ________________ c mentre la vera raffigurazione è: a _______ b ______ c “Il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un’immagine acustica.” (CLG, pp. 83-84) (Qui l'antireferenzialismo della prospettiva saussuriana) Il segno linguistico “Noi chiamiamo segno la combinazione del concetto e dell’immagine acustica: ma nell’uso corrente questo termine designa generalmente soltanto l’immagine acustica, per esempio una parola (arbor, ecc). Si dimentica che se arbor è chiamato segno ciò è solo in quanto porta il concetto «albero», in modo che l’idea della parte sensoriale implica quella del totale”. (CLG, p. 85, nota 132) Recto e verso Nel capitolo sul valore linguistico Saussure scrive: "La lingua è paragonabile a un foglio di carta: il pensiero è il recto e il suono il verso; non si può ritagliare il recto senza ritagliare nello stesso tempo il verso; similmente nella lingua non si potrebbe isolare né il suono dal pensiero né il pensiero dal suono; non vi si potrebbe giungere per astrazione il cui risultato sarebbe fare della psicologia pura o della fonologia pura" (CLG, p. 137). Un esempio fuorviante Sorella Soeur Sister Schwester …… Saussure a favore della concezione della lingua come nomenclatura? (v. nota 137) “Così l’idea di «sorella» non è legata da alcun rapporto interno alla sequenza di suoni s-ö-r che le serve in francese da significante; potrebbe anche essere rappresentata da una qualunque altra sequenza: lo provano le differenze tra le lingue e l’esistenza stessa di lingue differenti: il significato «bue» ha per significante b-ö-f da un lato e o-k-s (Ochs) dall’altro lato della frontiera”. (CLG, p. 86) Qui Saussure usa i termini ancora in modo improprio. La natura didattica delle lezioni porta spesso a semplificazioni fuorvianti. Tutto il CLG è, in realtà, un attacco proprio alla concezione della lingua come nomenclatura. Un problema di terminologia “Noi proponiamo di conservare la parola segno per designare il totale, e di rimpiazzare concetto e immagine acustica rispettivamente con significato [fr. signifié] e significante [fr. signifiant]: questi due ultimi termini hanno il vantaggio di rendere evidente l’opposizione che li separa sia tra di loro sia dal totale di cui fanno parte. Quanto a segno, ce ne contentiamo per il fatto che non sappiamo come rimpiazzarlo, poiché la lingua usuale non ce ne suggerisce nessun altro” (CLG, p. 85, v. nota 134). La definizione vale per ogni entità linguistica, dal monema alla frase (v. nota 130). Il segno saussuriano nel triangolo semiotico di Ogden e Richards (1923, v. nota 129) concetto/significato rapporto radicalmente arbitrario segno/significante realtà/referente Primo principio: L’arbitrarietà del segno • È arbitrario – immotivato – il rapporto tra significante e significato, nel senso che il segno non ha nessun aggancio naturale nella realtà (note 137, 138). • Non vuol dire che il segno dipende dalla libera scelta del soggetto parlante. • Le onomatopee e le esclamazioni non mettono in discussione il principio dell’arbitrarietà del segno linguistico: oggi non si mette in discussione l’origine ‘naturale’ (iconica) di questi segni, i quali sono comunque sottoposti all’evoluzione fonetica delle lingue (anzi, alcune onomatopee sembrano tali solo per un risultato fortuito dell’evoluzione fonetica, v. nota 142). Segno vs Simbolo “Il simbolo ha per carattere di non essere mai completamente arbitrario: non è vuoto, implica un rudimento di legame naturale tra il significante e il significato. Il simbolo della giustizia, la bilancia, non potrebbe essere sostituito da qualsiasi altra cosa, per esempio da un carro” (CLG, p. 87, nota 140). Per Peirce, invece, il simbolo è quel segno nel quale il legame tra segno e oggetto è convenzionale (arbitrario); l’(ipo)icona, invece, intrattiene con l’oggetto un rapporto di similarità (likeness). Arbitrarismo vs Antiarbitrarismo “Si può dunque dire che i segni interamente arbitrari realizzano meglio di altri l’ideale del procedimento semiologico: è perciò che la lingua, il più complesso e diffuso dei sistemi di espressione, è altresì il più caratteristico di tutti” (CLG, p. 86). L’arbitrarismo saussuriano non trova riscontro nel pensiero dell’altro grande padre della teoria della formatività del linguaggio. In Humboldt, infatti, la ‘parola’ mantiene una natura ‘iconica’ in quanto sintesi di un elemento sensibile e di un elemento spirituale. Per entrambi è fatto salvo, però, il carattere intrinsecamente storico e sociale della lingua. Secondo principio: Linearità del significante Il significante, essendo di natura auditiva, è rappresentabile come una linea che, in quanto tale, ha carattere temporale. I significanti si collocano l’uno accanto all’altro, formando una catena: non è possibile, infatti, pronunciare due elementi per volta. t L’importanza di questo principio – che vale solo per i segni a significante acustico, quindi per il segno linguistico – è pari a quella del primo. Infatti, “tutto il meccanismo della lingua ne dipende” (CLG, p. 88, note 144, 145) Immutabilità… Un ‘contratto’ peculiare: “se si vuol dimostrare che la legge ammessa in una collettività è una cosa che si subisce e non una regola cui liberamente si consenta, proprio la lingua offre di ciò la prova più schiacciante” (CLG, p. 89, nota 146). L’immutabilità del segno deriva: • dal suo carattere arbitrario; • dall’elevato numero si segni di ciascuna lingua (per cui il cambiamento coglie segni isolati; è un fatto ‘locale’); • dal carattere troppo complesso del sistema (tentativi di modifica ‘a tavolino’ non hanno mai avuti esito); • dalla resistenza dell’inezia collettiva a ogni innovazione linguistica. … e mutabilità del segno La lingua è costantemente sottoposta all’azione del tempo, che ‘altera’ più o meno rapidamente i segni. Immutabilità e mutabilità del segno sono due fattori concomitanti: il segno è in condizione d’alterarsi in quanto si continua. La mutabilità del segno non riguarda solo il piano del significante (mutamento fonetico), ma “quali che siano i fattori di alterazione, agiscano essi isolatamente o combinati, sfociano sempre in uno spostamento del rapporto tra il significato e il significante” (CLG, p. 93), note 150 e 154). “Irrilevanza” del tema dell’origine del linguaggio Siccome nessuna società ha mai conosciuto la lingua se non come prodotto storico e sociale ereditato dalle generazioni precedenti, il tema dell’origine del linguaggio non ha l’importanza che comunemente gli si ascrive. “Il solo oggetto reale della linguistica è la vita normale e regolare di un idioma già costituito” (CLG, p. 90). N. B. Nel 1866 la Société de Linguistique di Parigi decide di non ammettere, a norma di statuto, alcuna comunicazione che riguardasse l'origine del linguaggio. La massa parlante… “(…) occorre una massa parlante perché vi sia una lingua. Contrariamente all’apparenza, in nessun momento la lingua esiste fuori del fatto sociale, perché essa è un fenomeno semiologico. La sua natura sociale è uno dei suoi caratteri interni” (CLG, pp. 95-96) Concezione della langue-usage (v. nota 161) … e il tempo La lingua nel tempo, senza massa parlante, non si altererebbe. Se si considera la massa parlante senza il tempo non si vedrebbe l’effetto delle forze sociali sulla lingua. Tempo e massa parlante sono elementi cruciali nella realtà della lingua. “Perciò la lingua non è libera, perché il tempo permetterà alle forze sociali esercitantesi su di essa di sviluppare i loro effetti, e si arriva al principio di continuità, che annulla la libertà. Ma la continuità implica necessariamente l’alterazione, lo spostamento più o meno considerevole dei rapporti”. (CLG, p. 97) Storicità della lingua e prospettiva sincronica La concezione della lingua come fatto storico e sociale rimane ferma in Saussure anche quando, per ragioni metodologiche, dovrà introdurre la distinzione tra prospettiva sincronica e prospettiva diacronica. Che la lingua sia in costante mutamento non è in contraddizione con il principio metodologico per cui "la lingua è un sistema di cui tutte le parti possono e debbono essere considerate nella loro solidarietà sincronica" (CLG, p. 106).