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Diapositiva 1
Corso di formazione ANEV
LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI:
PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI
ABILITATIVI
Roma, 7 giugno 2012
Docente: Avv. Massimo Ragazzo
Avvocato Amministrativista in Roma
Studio Sciumé & Associati
1
LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI
PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI
ABILITATIVI
Indice:
1. Introduzione alla normativa in materia
di autorizzazione di impianti alimentati
da fonti rinnovabili. Panoramica delle
principali
disposizioni
comunitarie,
nazionali e regionali.
5. Il recepimento delle Linee guida da
parte delle Regioni.
In particolare, l’individuazione delle aree e
dei siti del territorio regionale non idonei
all’installazione di impianti.
2. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12
del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi
chiarificatori della Corte Costituzionale:
verso un modello autorizzatorio puro.
Il decreto 15 marzo 2012 sul c.d. “Burden
sharing”.
3. Gli interventi chiarificatori della Corte
Costituzionale (le sentenze della Corte
Costituzionale n. 124/2010, n. 344/2010 e n.
107/2011).
7. Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28,
di recepimento della direttiva 2009/28/CE:
nuovi obiettivi e novità procedimentali.
4. Il d.m. del 10 settembre 2010 (le “linee
guida” nazionali per l’autorizzazione degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili):
titoli
abilitativi
e
disciplina
del
procedimento; criteri per l’inserimento
degli impianti sul paesaggio e nel
territorio.
La Pas (Procedura abilitativa semplificata)
6. La Direttiva n. 2009/28/CE.
L’autorizzazione unica
La comunicazione relativa alle attività in
edilizia libera
2
Introduzione
Il quadro normativo può dirsi oggi composto nel senso che il legislatore
nazionale
1) ha introdotto, con l’articolo 12 del D.lgs. 387/2003, in ossequio alle
prescrizioni comunitarie, una procedura amministrativa semplificata per gli
impianti energetici alimentati da FER
2) ha affidato ad un atto di natura sostanzialmente regolamentare, e cioè alle
linee guida nazionali approvate in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni,
(a) la puntuale regolamentazione di tale procedura e
(b) la contestuale fissazione di criteri “generali” (o meglio nazionali), quali, ad
esempio, quelli volti ad assicurare il corretto inserimento nel paesaggio degli
impianti eolici;
3) infine, ha recepito la direttiva 2009/28/C (che ha disposto la modifica e
l’abrogazione delle precedenti direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) con il
recente d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, a completamento dell’ambito
autorizzatorio di riferimento, così definendo il preciso regime normativo
fondato su tre diversi titoli abilitativi, ovvero:
- autorizzazione unica;
- procedura abilitativa semplificata (PAS);
- comunicazione d’inizio lavori.
3
Le politiche comunitarie in campo energetico
Le politiche comunitarie in campo energetico hanno sempre risentito della
mancanza di una chiara competenza dei Trattati in materia (Trattati CECA
del 1952 ed EURATOM del 1957).
Una vera e propria strategia europea nel settore energetico venne a
delinearsi solo a seguito della crisi petrolifera del 1973, limitatamente al
problema delle scorte petrolifere.
Di conseguenza, l’Unione europea manca di mezzi di negoziazione e
pressione e soffre attualmente di un’assenza di competenze e di coesione
comunitaria nel settore energetico
Con il Trattato di Maastricht del 1992 sull’Unione Europea l’art. 3 del TCE
venne modificato e venne per la prima volta previsto che la Comunità
potesse adottare “misure in materia di energia”, come oggetto di azione
comunitaria, senza tuttavia che venisse attribuita una specifica competenza
alle Istituzioni.
4
Le politiche comunitarie in campo energetico
Il Libro Verde ed il Libro Bianco del 1994.
Nel 1994, la Commissione elabora dapprima un Libro Verde, intitolato “Per una
Politica energetica dell’Unione Europea” e, nel dicembre dello stesso anno,
pubblica un Libro Bianco dal titolo: “Una Politica Energetica per l’Unione
Europea”.
Così, la Commissione presenta un vero e proprio programma d’azione, della durata
di cinque anni, con i seguenti obiettivi:
1. integrazione del mercato interno dell’energia, che tenga conto delle differenze
attuali in tema di domanda e di offerta esistenti all’interno dei diversi Stati.
2. la gestione della dipendenza energetica e la sicurezza negli approvvigionamenti;
3. la promozione dello sviluppo sostenibile e la diversificazione delle fonti di energia.
4. la tutela e il rispetto dell’ambiente.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
Il Protocollo di Kyoto
Con il termine “Protocollo di Kyoto” s’intende l’accordo internazionale
sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza
sessione della Conferenza delle Parti della convenzione sui cambiamenti
climatici. Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico:
la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle
emissioni di gas serra.
I paesi industrializzati (elencati nell’Annex I del Protocollo) s’impegnano a
ridurre le proprie emissioni entro il 2012.
il Protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi
firmatari, ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una
lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione
verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di
“responsabilità comune ma differenziata”, secondo il quale, nel controllo
delle emissioni, i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori
responsabilità, in considerazione dei bisogni dei paesi in via di sviluppo.
Per quanto riguarda l’Italia, la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con la
legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni
finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas
serra.
6
Le politiche comunitarie in campo energetico
Il Libro Bianco e il piano d’azione della Comunità del 1997. Gli
incentivi alle FER.
Nel 1997, la Commissione aveva elaborato un Libro Bianco e un
piano d’azione della Comunità sulle fonti energetiche rinnovabili in cui si
faceva esplicito riferimento alle problematiche connesse ai cambiamenti
climatici. La Commissione riconosceva peraltro che, in assenza di iniziative
coordinate dell’Unione, le energie rinnovabili sarebbero emerse solo
lentamente dagli attuali mercati di nicchia, per diventare pienamente
competitive in termini di costo verso il 2020, mentre la piena penetrazione di
mercato si sarebbe fatta probabilmente attendere ancora per anni.
Il piano di azione mirava a fornire nuove possibilità di mercato per le
energie rinnovabili, senza oneri finanziari eccessivi.
In particolare, venivano proposte delle misure relative al mercato interno,
consistenti:
a) nell’accesso delle rinnovabili al mercato dell’elettricità a prezzi equi;
b) nella predisposizione di specifiche misure fiscali e finanziarie (tariffe verdi);
c) nella promozione di biocombustibili;
d) nella razionalizzazione dei consumi di energia nell’edilizia e nel terziario.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
La Commissione, al momento della pubblicazione del Libro Bianco del 1997,
riteneva che la priorità conferita alle energie rinnovabili nelle politiche della
Comunità fosse in genere molto bassa e che fosse necessario un ulteriore
sforzo per far conoscere meglio il potenziale delle energie rinnovabili.
In tale prospettiva, la Commissione riteneva che il conseguimento nel 2010
dell’obiettivo indicativo del 12% avrebbe potuto aumentare il mercato per
l’industria europea, creando nuovi posti di lavoro.
Nell’ambito delle politiche sulla concorrenza e degli aiuti di Stato, la
Commissione sottolineava che per rendere le rinnovabili più competitive,
doveva essere data priorità a formule che lasciassero agire le forze di
mercato per ridurre i costi di produzione dell’energia rinnovabile il più
rapidamente possibile.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
Nel 2000 vede la luce un importante documento della Commissione volto a
delineare una nuova politica energetica: il “Libro Verde verso una strategia
europea di sicurezza dell’approvvigionamento”, finalizzato a ridurre al
massimo i rischi derivanti dalla dipendenza dall’estero del fabbisogno energetico
dell’UE.
La Commissione sviluppa una strategia basata sul controllo dell’aumento della
domanda, incoraggiando profondi cambiamenti nel comportamento dei
consumatori, tramite diversi strumenti tra cui la fiscalità.
In particolare, per l’energia eolica, la Commissione riteneva che questa potesse
diventare competitiva e fare concorrenza alle energie convenzionali (cfr. Libro
Verde “Verso una strategia europea di sicurezza dell'’approvvigionamento”, p.
44).
In particolare, si ricordava come negli ultimi anni l’energia eolica avesse
innegabilmente conquistato il suo spazio sui mercati, a differenza dall’energia
fotovoltaica, che - seppur promettente - era ancora lungi dall’aver raggiunto un
livello di buona competitività commerciale.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
La Commissione passava quindi in rassegna i principali ostacoli allo sviluppo
delle energie rinnovabili.
Questi consistevano in ostacoli di ordine strutturale e finanziario.
La Commissione sottolineava che alcune energie rinnovabili richiedono
investimenti iniziali importanti, così come del resto era avvenuto in passato
con altre energie (carbone, petrolio e nucleare).
A questo scopo, veniva individuata una possibilità di finanziamento delle
energie rinnovabili, consistente nell’applicazione alle fonti energetiche più
redditizie (nucleare, petrolio, gas) di una forma di contributo allo sviluppo
delle energie rinnovabili.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
Va qui rammentato, per inciso, che:
La legge 9 gennaio 1991, n. 10 (recante “Norme per l'attuazione del Piano
energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia,di risparmio
energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”), all’articolo 1, ha
inoltre definito l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile di pubblico
interesse ed utilità, disponendo altresì che le opere relative venissero
equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione
delle leggi sulle opere pubbliche.
Successivamente, con d.P.R. 12 aprile 1996, integrato dal d.P.C.M. 3
settembre 1999, è stato demandato alle Regioni il compito di stabilire se
talune tipologie impiantistiche riguardanti le fonti rinnovabili, per le loro
caratteristiche, e sulla base di elementi di valutazione preventivamente
decisi, richiedessero lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto
ambientale. Procedura, invece, sempre prevista per gli impianti ricadenti,
anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
In virtù del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 112, recante il “Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del Capo I della L. 5 marzo 1997, n. 59”, artt. 29 e 31, il quadro
legislativo è stato parzialmente mutato, in quanto le funzioni amministrative
concernenti la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili e da rifiuti sono state trasferite agli enti locali.
La legge costituzionale n. 3/2001 ha poi ulteriormente rafforzato il ruolo
affidato alle Regioni in materia di produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia, attribuendo a queste la potestà legislativa, fatta
eccezione per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla
legislazione statale.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
La Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità del 27 settembre 2001.
Nel mese di settembre del 2001 veniva adottata la Direttiva 2001/77/CE sulla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili
(FER) nel mercato interno dell’elettricità.
La Direttiva 2001/77/CE mira a rafforzare il contributo delle fonti rinnovabili
alla produzione di energia elettrica e a creare le basi per un quadro di
riferimento più completo per il futuro.
La Direttiva copre cinque settori:
1. l’indicazione di obiettivi nazionali per il consumo di energia elettrica verde;
2. la valutazione dei regimi nazionali di sostegno ai produttori di energia
elettrica verde;
3. le misure necessarie a garantire la trasparenza delle norme e un equo
trattamento per i produttori di FER che richiedono la connessione alla rete
elettrica nazionale;
4. l’istituzione di garanzie di origine reciprocamente riconosciute per l’energia
elettrica verde;
5. lo snellimento delle procedure amministrative per i nuovi produttori.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
L’art. 6 della Direttiva 2001/77 prende specificatamente in considerazione il
problema dello snellimento delle procedure amministrative.
Va, infatti, ricordato come, tradizionalmente, la produzione di energia elettrica si
concentra in un numero esiguo di grandi impianti centralizzati.
Tuttavia, gli impianti alimentati da fonti
generalmente più piccoli e diffusi sul territorio.
energetiche
rinnovabili
sono
La Commissione ha, quindi, ritenuto necessario che le norme e le procedure
esistenti venissero modificate, al fine di favorire un rapido sviluppo di dette fonti.
Pertanto, la Direttiva invita gli Stati membri a rivalutare la normativa nazionale e
a introdurre le regolamentazioni necessarie alla costituzione e alla gestione di
impianti di produzione di elettricità verde.
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Le politiche comunitarie in campo energetico
In ottemperanza agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’UE, l’Italia ha
recepito la Direttiva europea 2001/77/CE con il d.l.vo 29 dicembre 2003, n. 387,
emanato in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 43 della
legge 1 marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001).
Per ciò che qui più rileva, va evidenziato che, in ossequio agli obblighi delineati
nella direttiva 2001/77/CE verso gli Stati membri, il provvedimento contiene
1) disposizioni specifiche relative alle singole fonti energetiche,
2)norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi
3) la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle
predette fonti, nonché
4) l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del
regime riservato alle fonti rinnovabili.
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La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs.
n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della
Corte Costituzionale: verso un modello
autorizzatorio puro.
Dal complesso delle disposizioni normative comunitarie, nazionali e regionali
vigenti nella materia de qua, la realizzazione e la gestione di impianti
alimentati da F.E.R. rientra tra le attività di impresa pienamente liberalizzate;
essa, a scopo di semplificazione burocratica e in ossequio ai principi
comunitari, è sottoposta ad autorizzazione unica regionale, previa conferenza
di servizi.
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
È dalla Direttiva 1996/92/CE che si è andata affermando a livello comunitario
la progressiva liberalizzazione del mercato dell’energia, attraverso il
superamento del regime di monopolio pubblico sulla produzione, sulla
distribuzione e sulla vendita.
Tuttavia, già l’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, aveva disposto
che, al fine di migliorare i processi di trasformazione dell'energia, di ridurre i
consumi di energia e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale
dell'utilizzo dell’energia a parità di servizio reso e di qualità della vita, la
normativa vigente in materia avrebbe dovuto porsi l’obiettivo di favorire ed
incentivare, in accordo con la politica energetica della Comunità economica
europea, l'uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia
nella produzione e nell'utilizzo di manufatti, l’utilizzazione delle fonti rinnovabili
di energia, la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi,
una più rapida sostituzione degli impianti, in particolare nei settori a più elevata
intensità energetica.
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Successivamente, il d.lgs. n. 79/1999, in attuazione della citata direttiva
1996/92, ha recepito i principi di liberalizzazione ed apertura del mercato
dell’energia, disponendo che le attività di produzione, importazione,
esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere, nel rispetto dei
soli obblighi di servizio pubblico (art. 1); le attività di trasmissione,
dispacciamento e distribuzione sono invece svolte in regime di concessione,
sotto la vigilanza dell’Autorità di settore (artt. 3 e ss. e 9 del decreto).
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Il legislatore italiano ha, dunque, optato per il modello
autorizzatorio puro in relazione all’attività di “produzione” di energia
elettrica, ripudiando il sistema della gara d’appalto (così, Cons. Stato,
Sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1139, nonché Cons. Stato, Sez. III,
parere n. 8249 del 14 ottobre 2008).
La netta opzione del legislatore italiano per il sistema autorizzatorio,
quanto all’attività di produzione di energia elettrica, è stata
confermata con la l. n. 239/2004 (cfr. art. 1, comma 4).
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
La cornice comunitaria non è sostanzialmente mutata con la nuova direttiva
2003/54/CE (nota come II “Direttiva Elettrica”).
A livello internazionale, il citato Protocollo di Kyoto, sottoscritto il 7 dicembre
1997 dai partecipanti alla conferenza sui cambiamenti climatici, ratificato
dall’Unione europea con decisione 4 marzo 2002, n. 6871, e dall’Italia con la l. 1
giugno 2002, n. 120, prevede, tra le misure volte a limitare e ridurre le
emissioni di gas ad effetto serra, anche il miglioramento dell’efficacia energetica.
A livello europeo, risulta fondamentale la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento e del Consiglio 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità, la quale rileva il sottoutilizzo di tali fonti nell’UE, sia rispetto al
potenziale uso, sia per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Le principali misure cui si accenna nella direttiva sono: adozione di regimi di
sostegno per i produttori di elettricità da fonti rinnovabili; semplificazione delle
procedure amministrative; agevolazione dell’accesso alla rete.
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
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interventi
chiarificatori
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
il recepimento della direttiva era fissato per il 27 ottobre 2003. In Italia, è
avvenuto con il d.lgs n. 387 del 29 dicembre 2003.
Per ciò che concerne il regime autorizzatorio degli impianti, la direttiva
prevede, all’art. 6, afferente alle procedure amministrative, che gli Stati membri
o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l’attuale quadro
legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle
altre procedure di cui all’art. 4 della direttiva 96/92/CE (concernente norme
comuni per il mercato interno dell’elettricità), il quale dispone che “per la
costruzione di nuovi impianti di generazione gli Stati membri possono scegliere
tra un sistema di autorizzazioni e/o una procedura di gara di appalto applicabili
agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo
scopo di: ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della
produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili; razionalizzare e
accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo; garantire che le
norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente
conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche
rinnovabili”.
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La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
La norma fondamentale in materia di titoli edilizi è indubbiamente l’articolo 12
del decreto legislativo n. 387/2003, rubricato “razionalizzazione e
semplificazione delle procedure autorizzative”. Si tratta di una disposizione che
nel corso degli anni ha subito alcuni aggiustamenti, soprattutto per mano della
legge n. 244/2007 e della legge n. 99/2009.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 12 inquadra le opere di realizzazione
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili nonché le opere e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e al funzionamento delle stesse come “opere di
pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
La procedura di realizzazione di dette opere è inoltre improntata a principi di
celerità e snellezza amministrativa.
Infatti, il comma 3 dell’articolo 12 prevede l’istituto dell’autorizzazione unica.
Il testo della disposizione così recita: “(…) la costruzione e l'esercizio degli
impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli
interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e
riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e
le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi,
sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle
Province delegate, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela
dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che
costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.
A tal fine, la Conferenza di servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni
dal ricevimento della domanda di autorizzazione”.
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Il comma 3 va letto in combinato disposto con il successivo comma 4 che, a sua
volta, prevede che l’autorizzazione unica sia “(…) rilasciata a seguito di un
procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto
nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio
dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l'impianto in conformità al
progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei
luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per
gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero
ambientale”. Prosegue il comma in esame, disponendo che:
Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente
comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni (…)”. Termine
che la la giurisprudenza amministrativa ha sempre definito come perentorio (Tar
Puglia, Bari, Sez. I, 8 gennaio 2010, n. 2; Tar Puglia, Lecce, Sez. I, 21 luglio 2010, n.
1799; Tar Puglia, Bari, Sez. I, 18 gennaio 2011, n. 101; Tar Sardegna, 14 gennaio
2011, n. 37; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. I, 4
novembre 2010, n. 1368; Tar Molise, Sez. I, 8 marzo 2011, n. 98: Tar Puglia, Bari,
Sez. I, 3 marzo 2011, n. 366; Tar Sicilia, Palermo, Sez. II, 28 luglio 2010, n. 9042 e
Tar Emilia Romagna, Parma, sez. I, 31 dicembre 2010, n. 584).
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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gli
interventi
chiarificatori
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
A causa della disarticolata legislazione regionale, la Corte Costituzionale è più volte
dovuta intervenire allo scopo di garantire una uniformità legislativa sull’intero
territorio nazionale. Infatti, diverse Regioni, soprattutto del Sud Italia, hanno
inteso in senso estensivo le norme contenute nel d.l.vo n. 387/2003, andando ben
oltre i limiti previsti dalle disposizioni in esso contenute.
Come noto, la materia della “produzione di energia da fonti rinnovabili”,
coinvolgendo sia profili connessi alla “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei
beni culturali” (affidati dall’art. 117 Cost., comma 2, lett. s alla legislazione
esclusiva dello Stato) che alla “produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia” (che ricade, invece, tra le materie di legislazione concorrente ex art.
117 Cost., comma 3), è stata oggetto di diversi conflitti di attribuzione tra Stato
e Regioni, con le ovvie ripercussioni sulla semplificazione e celerità delle procedure
amministrative in materia.
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
L’avvio a soluzione di tali problemi muove dalla giurisprudenza costituzionale
chiamata a dirimere tali conflitti e, in particolare, dalla sentenza n. 383 del 14
ottobre 2005 nella quale si è precisato che la disciplina degli insediamenti per
la produzione di energie rinnovabili è affidata alla legislazione concorrente, in
quanto rientrante nella materia di “produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia” ex art. 117, comma 3, Cost.
Successive e più nette precisazioni si trovano, poi, nella sentenza 30 dicembre
2009 n. 339, laddove, nel ripercorrere le principali tappe di tale evoluzione
giurisprudenziale, si afferma che “l’espressione utilizzata nel terzo comma
dell’art. 117 Cost. (“produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia”; n.d.r.) deve ritenersi corrispondere alla nozione di “settore
energetico” di cui alla legge n. 239 del 2004”.
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
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chiarificatori
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
In altri termini, la Corte Costituzionale, pur non trascurando la rilevanza che, in
relazione agli impianti in esame, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio
(sentt. nn. 124, 138, 332 e 366 del 2010) sembra attribuire, in questo
momento storico, un ruolo soffertamente accentuato, pur nella doverosa
concertazione, alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente
approvvigionamento nei diversi ambiti territoriali (in questi termini sembra porsi
pure la recente sentenza n. 192 del 2011 della stessa Corte).
Ad esempio, sembra essere richiesta in giurisprudenza una puntuale e precisa –
oltre ciò che sarebbe sufficiente in altri casi – indicazione delle ragioni
“paesaggistiche” che si dovessero porre nei singoli casi come ostative al rilascio
dell’autorizzazione unica.
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Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
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Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
I casi delle Regioni Puglia e Calabria sono emblematici.
Con riguardo alla Puglia è dovuto intervenire d’urgenza il legislatore, in sede di
conversione del d.l. n. 105/2010, per “salvare” le procedure avviate e concluse
in quella Regione con semplice denuncia di inizio attività per realizzare impianti
fino a 1MW, sulla base delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime dalla
sentenza della Corte Costituzionale n. 119 del 26 marzo 2010.
Successivamente, la Consulta è intervenuta anche con riferimento alle norme
della legge della Regione Toscana n. 71/2009, con la sentenza n. 313 dell’11
novembre 2010.
Il testo di legge in parola, sull’esempio della Regione Puglia, aveva previsto la
DIA (al posto dell'Autorizzazione unica) per impianti fotovoltaici fino a 200 kW,
(mentre il limite posto dal d.l.vo n. 387/2003 era di 20 kW), e per impianti eolici
fino a 100 kW (mentre il limite nazionale è di 60 kW).
Anche in questo caso, i giudici costituzionali hanno dichiarato che la Regione ha
superato i limiti previsti dalla tabella allegata al d.l.vo n. 387/2003, violando
l'articolo 117, comma 3, della Costituzione che ripartisce tra Stato e Regioni i
poteri in ambito energetico.
28
La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Ma la Corte si è trovata ad affrontare una questione nuova, costituita proprio
dall’intervento del legislatore a seguito della pronuncia n. 119/10.
Infatti, il caso "salva DIA" o, più prosaicamente, “salva Puglia”, è stato
richiamato dalla Regione Toscana davanti alla Corte al fine di dimostrare
l’avvenuta sanatoria degli impianti in conseguenza della legge n. 129/2010, di
conversione del d.l. n. 105/2010. Secondo la Regione Toscana, gli impianti non a
norma sarebbero ricaduti sotto l’ombrello della legge n. 129/2010 e, pertanto,
sarebbero stati “a norma”.
La Corte Costituzionale, invece, è stata di diverso avviso.
I giudici, infatti, hanno ricordato alla Toscana che la norma "salva DIA" è nata
per sanare una situazione straordinaria e temporanea. Infatti, gli impianti
"sanati" dovevano entrare in esercizio entro il 16 gennaio 2011.
29
La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Con la sentenza n. 124 dell’1 aprile 2010, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge regionale n. 42
del 2008, della Regione Calabria, nella parte in cui questa individuava, nelle
more dell’aggiornamento del “Piano energetico ambientale regionale” (Pear),
taluni limiti alle potenze totali autorizzabili su base regionale per ciascuna fonte
rinnovabile (eolica 3.000 MW; fotovoltaica/termodinamica 400 MW; idraulica 400
MW; biomassa 300 MW).
La Corte ha osservato che la normativa statale prevede che la procedura della
DIA non è sufficiente in caso di superamento della soglie indicate alla Tabella A
del d.lgs. n. 387/03 e che, in tal caso, è necessario procedere all’autorizzazione
unica con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa
provvedervi autonomamente.
30
La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
La Corte, inoltre, compie una significativa analisi delle misure di compensazione
a favore degli enti locali su cui era previsto che sorgessero gli impianti, statuite
dalla legge della Regione Calabria.
La legge della Regione Calabria, infatti, prevedeva che alla domanda di
autorizzazione fosse allegato un atto con il quale il richiedente si impegnava a
compiere una serie di operazioni tra cui: a) costituire una società di scopo con
residenza fiscale nel territorio della Regione Calabria; b) sottoscrivere garanzie
fideiussorie; c) favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della realizzazione;
d) facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; e) versare a
favore della Regione Calabria la somma di 50 € cent per ogni KW eolico di
potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le altre tipologie), quali oneri
per monitoraggio con relativa dotazione di antinfortunistica e per l’accertamento
della regolare esecuzione delle opere.
31
La
Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n.
387/2003
e
gli
interventi
chiarificatori
della
Corte
Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro.
Tali disposizioni sono state ritenute illegittime dalla Corte Costituzionale perché,
come sarebbe poi stato esplicitato dalle linee guida nazionali, ma come in realtà
poteva già evincersi dal decreto n. 387 del 2003, è vietato alle Regioni
subordinare il rilascio delle autorizzazioni ad interventi compensativi in favore
delle Regioni stesse.
La Consulta ha rilevato che la norma nazionale, pur prevedendo astrattamente
misure di compensazione, le intende quale strumento di “ristoro” per gli effetti
negativi che l’impatto ambientale può determinare, con la conseguenza che chi
propone l’istallazione di un determinato impianto s’impegna a devolvere all’ente
locale, cui compete l’autorizzazione, determinati servizi o prestazioni.
Dunque, il legislatore statale non parla di imposizione di corrispettivo, ma lascia
aperta la possibilità che vengano stipulati accordi che prevedano misure di
compensazione, da intendersi come misure di riequilibrio ambientale, e non
certamente come misure condizionanti il rilascio dei titoli abilitativi.
32
La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli
interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello
autorizzatorio puro.
Da ultimo, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 344 del 26 novembre
2010 è intervenuta nuovamente a censurare la legislazione della Regione Puglia
in materia di energie rinnovabili. In particolare, è stata dichiarata l'illegittimità
costituzionale dell'articolo 3, comma 16, della legge regionale del 31 dicembre
2007, n. 40, contenente le Disposizioni per la formazione del bilancio
previsionale 2008 e bilancio pluriennale 2008 - 2010 della Regione Puglia.
La Corte ha sottolineato che l’impossibilità da parte delle Regioni di adottare una
propria disciplina in ordine ai siti non idonei alla installazione degli impianti eolici
prima dell’approvazione delle indicate linee guida nazionali rende, poi, irrilevante
l’adozione di queste ultime, avvenuta con il D.M. 10 settembre 2010 (Linee
guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), nelle
more del presente giudizio di costituzionalità (…)”. Pertanto, le norme regionali,
nella parte in cui prevedono aree non idonee all’installazione degli impianti eolici
e i criteri per individuare le suddette zone, si pongono in contrasto con l’art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione.
33
La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003
e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un
modello autorizzatorio puro.
Le stesse considerazioni si ritrovano nella sentenza 1 aprile 2011, n. 107,
relativa al nuovo testo dell’Allegato A del Piano di Indirizzo Energetico
Ambientale Regionale (PIEAR), parte integrante della legge della Regione
Basilicata del 2010, n. 1, paragrafo 1.2.2.1., terzo capoverso, come riformulato
dal paragrafo i) dell’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 21 del 2010.
34
Le linee guida per l’autorizzazione degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m.
10 settembre 2010
Le “linee guida” nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili individuano, da un lato, i criteri procedurali per il rilascio, da parte delle
Regioni, dell'autorizzazione unica per la costruzione, l'esercizio e la modifica di impianti
di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili; nonché, dall’altro lato,
i criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti stessi, ed in particolare
di quelli eolici.
La scelta di adottare linee guida in Conferenza Unificata va ricondotta allo schema della
cd. chiamata in sussidiarietà. Il legislatore statale, in questo caso, ha previsto una
specifica forma di leale collaborazione che non è semplicemente ‘‘forte’’ (l’intesa) ma è
addirittura ‘‘fortissima’’, dal momento che si parla non di atti statali emanati per
l’appunto ‘‘di intesa’’ con Regioni ed enti locali, ma di un vero e proprio atto
‘‘congiuntamente elaborato (adottato “in Conferenza”, sia pure su proposta del
Ministero dello Sviluppo Economico).
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
I più significativi principi generali fissati nella Parte Prima:
punto 1.1.: principi generali. L’attività di produzione di energia elettrica da
F.E.R. è attività libera, nel rispetto degli obblighi di servizi pubblico
punto 6.1.: trasparenza amministrativa. Regioni e Province Autonome,
anche attraverso il proprio sito web, rendono informazioni circa il regime
autorizzatorio di riferimento, secondo la tipologia di impianto.
punto 8.: esenzione dal contributo di costruzione. Ai sensi dell’art. 17,
comma 3, lett. e) d.P.R. 380/2001, il contributo di costruzione non è dovuto per
i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, relativi a F.E.R.
punto 9.: oneri istruttori. Le Regioni possono prevedere oneri istruttori a
carico dei proponenti, finalizzati a coprire le spese istruttorie; essi sono
determinati sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non
discriminazione e, in ogni caso, non possono essere superiori allo 0,02%
dell’investimento.
36
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Sugli oneri istruttori:
È importante – sulla predeterminatezza degli oneri istruttori - la sent. T.A.R.
Lecce, n. 657, resa il 14 aprile 2011, secondo cui “La L. 18 aprile 2005, n. 62
(legge comunitaria 2004), all’art. 4, stabilisce che gli oneri per prestazioni e controlli da
eseguire da parte di uffici pubblici nell'attuazione delle normative comunitarie sono
posti a carico dei soggetti interessati secondo tariffe “predeterminate e pubbliche”. La
ratio della norma che prevede la predeterminazione del costo degli oneri istruttori è
quella di assicurare che il soggetto proponente conosca l’importo degli stessi oneri nel
momento in cui presenta la domanda; è quindi alla data di presentazione della
domanda che deve essere individuato il momento in cui l’onere deve essere
quantificabile. In caso contrario, gli oneri istruttori non potrebbero essere quantificati
dai soggetti che attivano la procedura, impedendo così agli stessi di formare un piano
economico consapevole (nel caso in esame, il Collegio ha messo in evidenza che la
domanda di autorizzazione unica era stata presentata l’11 ottobre 2010, quindi prima
della delibera della giunta regionale, del 26 ottobre 2010, che ha rideterminato il costo
degli oneri istruttori, stabilendo che i maggiori importi debbono essere applicati alle
domande presentate nei 180 giorni precedenti l’adozione della stessa delibera. Pertanto,
la richiesta, oggetto di impugnazione, viola il principio di predeterminatezza posto
dall’art. 4 della l. 62/2005, in attuazione del principio più generale di irretroattività
dell’imposizione patrimoniale).
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,
ex d.m. 10 settembre 2010
I seguenti elementi sono individuati dalle linee guida come cruciali per lo sviluppo delle
rinnovabili, predisponendo uno schema di riferimento che dovrebbe consentire il
superamento dell’annosa questione della disomogeneità delle normative regionali:
1)
2)
3)
4)
chiarezza e snellezza delle procedure autorizzative;
definizione dei rapporti tra i diversi soggetti istituzionali;
pianificazione territoriale e individuazione dei siti;
gestione delle compensazioni.
38
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili
alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi
del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.
La chiara disposizione normativa – non toccata dal recente decreto 28/2011 non lascia adito a dubbi circa l’attribuzione del carattere di pubblica utilità (ed
anche di indifferibilità e urgenza) alle opere necessarie non solo per la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma anche di tutte
le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all'esercizio degli stessi impianti.
Quali siano le opere connesse lo chiariscono le linee guida nazionali (par.
3.1), che vi fanno rientrare i servizi ausiliari di impianto e le opere necessarie
alla connessione alla rete elettrica indicate nel preventivo per la connessione
ovvero individuate nella soluzione tecnica minima generale, entrambi - e cioè
il preventivo e la soluzione in parola - redatti dal gestore della rete elettrica
nazionale o di distribuzione ma che devono essere esplicitamente accettati
dal proponente (il quale ne dovrebbe dar conto nella istanza).
39
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Va segnalato che anche gli impianti alimentati sia da fonti rinnovabili che dai
tradizionali combustibili fossili (le c.d. “centrali ibride”) si giovano
dell’autorizzazione unica.
Le medesime linee guida (al punto 10.2) prevedono, infatti, che “le
disposizioni dell’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4 e 6, del d.lgs. 387 del 2003 si
applicano alla costruzione ed esercizio di centrali ibride, inclusi gli impianti di
co-combustione, di potenza termica inferiore a 300 MW, qualora il produttore
fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile di
cui all’articolo 2, comma 1, lett. g) del medesimo d.lgs. 387 del 2003, per il
quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell’impianto
sia superiore al 50% della producibilità complessiva di energia elettrica della
centrale.
40
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Viene disciplinata dalla Linee Guida la posizione dei comuni all’interno del
procedimento di autorizzazione unica; le Linee guida sembrano di fatto superare il
potere di veto finora di fatto esercitato dagli enti locali, prevedendo all’articolo 13.4
che «Le Regioni o le Province delegate non possono subordinare la ricevibilità, la
procedibilità dell’istanza o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe
convenzioni ovvero atti di assenso o gradimento da parte dei Comuni il cui territorio è
interessato dal progetto».
41
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il punto 15.3. delle Linee Guida conferma quanto previsto sin dall’art. 12, comma 7,
del d.l.vo n. 387 del 2003, ovvero una sorta di idoneità urbanistica ex lege per le zone
agricole (dove viene peraltro installata la maggior parte di tali impianti), e soprattutto
senza necessità di adeguare lo strumento urbanistico (in questo senso si è espressa la
giurisprudenza amministrativa, puntualmente recepita proprio dal punto all’art. 15.3.),
per cui quello della variante urbanistica si risolve quasi automaticamente in una ipotesi
pressoché residuale.
Le Linee Guida, sempre al punto 15.3., ribadiscono, inoltre, che, nell’ubicazione degli
impianti in zone agricole, «si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di
sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle
tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio
culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché
del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14».
42
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Punti 14.5. e 16.5.; Allegato 2 (“Criteri per l’eventuale fissazione di misure
compensative”)
Le Linee guida intervengono sulla spinosa questione sulla quale la giurisprudenza
amministrativa e costituzionale avevano avuto già modo di soffermarsi ampiamente,
definendo i «criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative».
L’A.U. può includere l’individuazione di misure compensative a favore dei Comuni e da
destinare a interventi di efficienza energetica e di diffusione di installazioni di impianti
a fonti rinnovabili.
Le misure compensative sono una mera possibilità e non sono determinate, in modo
automatico, nel momento in cui venga realizzato un impianto di energia da fonti
rinnovabili, a prescindere dalle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto
ambientale.
43
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Le misure compensative devono essere determinate tenendo conto delle
specifiche caratteristiche dell’impianto, del relativo impatto ambientale e
territoriale e dell’applicazione delle misure di mitigazione già previste,
eventualmente anche in sede di VIA.
In ogni caso, eventuali misure compensative non possono essere determinate
unilateralmente dai Comuni (ma soltanto da Stato o Regioni) e le stesse non
possono essere corrisposte in favore di Regioni e Province, ma soltanto dei
Comuni.
Inoltre, nei confronti di questi ultimi le suddette compensazioni non possono
avere carattere meramente patrimoniale o di corrispettivo monetario, potendo
essere richieste soltanto misure di carattere ambientale e territoriale.
44
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Per quanto riguarda i titoli abilitativi (Parte II “Regime giuridico delle
autorizzazioni”) l’importanza delle “linee guida” risiede nel fatto che esse
individuano con precisione, in relazione alle diverse tipologie di impianto (fotovoltaico,
biomasse, eolico, idroelettrico e geotermico),
la specifica procedura autorizzativa da applicare (artt. 10-12);
i contenuti minimi per l’istanza di A.U. (art. 13);
le modalità procedurali (art. 14) e
i contenuti dell’autorizzazione (art. 15)
Particolarmente utile, ai fini pratici, risulta l’articolo 12, in quanto indica le condizioni
in base alle quali alcuni impianti possono essere realizzati con semplice DIA (ovvero
SCIA) ed altri mediante una semplice comunicazione di inizio lavori
all’amministrazione.
45
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?
In materia di fotovoltaico, l’articolo 12.1. prevede che possono essere realizzati
mediante semplice comunicazione (attività edilizia libera):
a) impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi
dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): 1) impianti
aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso
orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici
stessi; 1.1.) la superficie dell'impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene
realizzato; 1.2.) gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante “Codice dei beni culturali e del
paesaggio”, nei casi previsti dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo
115/2008.
46
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?
b) Impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi
dell'articolo 6, comma 1, lettera d) del Testo unico dell’edilizia, ex d.p.r. n.
380/2001):
2.1.) realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze;
2.2.) aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul
posto; vale a dire massimo di 200kW
2.3.) realizzati al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori
pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (centri storici).
47
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?


Il caso sub a) comprende tutti gli impianti integrati nei tetti con la stessa inclinazione
della falda, con superficie non superiore a quella del tetto e che non interessino nessuno
dei beni individuati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio al’art. 10 (beni sottoposti
a vincolo architettonico) o all’art. 134 (beni sottoposti a vincolo paesaggistico ); sono
quindi esclusi gli impianti su copertura piana, qualora evidentemente aventi una
inclinazione diversa da quella di copertura
Il caso sub b) comprende tutti gli impianti su edifici esistenti o loro pertinenze, su immobili
ricadenti in zone A di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, così come perimetrate nei
rispettivi strumenti urbanistici vigenti e limitatamente agli impianti di potenza installata
inferire o uguale a 200 kW; se ne deduce che gli impianti fotovoltaici posti sulle coperture
piane degli edifici possono essere considerati attività ad edilizia libera e quindi essere
soggetti a semplice comunicazione, soltanto se gli edifici non ricadono nelle suddette zone
A e se la potenza installata non è superiore a 200 kW.
48
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?
Per quanto concerne gli impianti eolici,
l’articolo 12.5. stabilisce che sono interventi considerati attività ad edilizia libera e
sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e
11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato
all’amministrazione comunale:
a) Impianti eolici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115):
i. Installati sui tetti degli edifici esistenti di singoli generatori eolici con altezza
complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore al metro;
ii. gli interventi che non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, nei casi
previsti dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 115/2008.
49
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?
b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento
aventi tutte le seguenti caratteristiche:
i. realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili;
ii. installate in aree non soggette a vincolo o a tutela, a condizione che vi sia il
consenso del proprietario del fondo;
iii. sia previsto che la rilevazione non duri più di 36 mesi;
iv. entro un mese dalla conclusione della rilevazione il soggetto titolare rimuove le
predette apparecchiature ripristinando lo stato dei luoghi.
Naturalmente, nel caso in cui gli impianti debbano essere realizzati in aree vincolate,
alla comunicazione vanno allegate le relative autorizzazioni richieste dalle normative di
settore.
50
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
In quali casi è possibile realizzare gli impianti con semplice DIA?
In prima battuta, pare opportuno sottolineare che dalla lettura del testo dell’articolo 12, non si
compie nessun riferimento alla SCIA (con conseguente possibilità di iniziare immediatamente i
lavori di cui trattasi), ma si continua a parlare di denuncia di inizio attività, con conseguente
dubbio in merito all’applicabilità nel settore delle energie rinnovabili della “Segnalazione certificata
di inizio attività”; dubbio che vedremo poi se è stato risolto dal d.lgs. n. 28 del 2011.
Riguardo alla realizzazione di impianti fotovoltaici mediante la DIA, l’articolo 12.2.
stabilisce che possono essere autorizzati mediante tale sistema:
a) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli di cui al punto 12.1 aventi tutte le
seguenti caratteristiche (ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del decreto ministeriale 6 agosto 2010
che stabilisce le tariffe incentivanti per gli impianti che entrano in esercizio dopo il 31 dicembre
2010): i. moduli fotovoltaici collocati sugli edifici; ii. la superficie complessiva dei moduli
fotovoltaici dell'impianto non sia superiore a quella del tetto dell'edificio sul quale i moduli sono
collocati.
b) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli di cui al paragrafo 12.1, e 12.2 lettera a),
aventi capacità di generazione inferiore alla soglia indicata alla Tabella A allegata al d.lgs.
387/2003, come introdotta dall'articolo 2, comma 161, della legge 244/2007.
51
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
In quali casi è possibile realizzare gli impianti con semplice DIA?
Riassumendo e tenendo conto di quanto detto a proposito della mera comunicazione,
Nei casi in cui l’installazione di pannelli fotovoltaici avviene con inclinazione diversa dalla
copertura, o l’impianto sia integrato, ma l’edificio ricada nel campo di applicazione del d.l.vo n.
42/2004, la realizzazione del’impianto non può essere considerata attività ad edilizia libera e
comporta quindi la presentazione di una DIA (ora della PAS).
Anche verificandosi il caso di inclinazione uguale alla copertura e potenza non superiore a 200
kW, la DIA (la PAS) è richiesta quando si tratti di edifici ricadenti nei centri storici;
allo stesso modo è richiesta la DIA (ora la PAS) per pannelli posti su immobili ricadenti in
zone vincolate ai sensi dell’art. 134 del d.l.vo n. 42/2004.
In tutti i casi, sia che si tratti di interventi di edilizia libera, sia che si tratti di interventi
soggetti a DIA, se questi ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 42/2004,
recante il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (art. 10, vincolo architettonico, art. 134, v.
paesaggistico), dovranno comunque acquisire le relative autorizzazioni architettonica e
paesaggistica, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 146 del medesimo codice
52
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Edifici di nuova costruzione
Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici realizzati in edifici o manufatti da
realizzare ex novo, la verifica di conformità dell’edificio o del manufatto
rispetto alla normativa vigente in materia di edilizia e di urbanistica è da
considerare comunque presupposto indispensabile per la realizzazione
dell’opera.
in questi casi, la previsione o meno di impianti fotovoltaici sulla copertura o in
integrazione del manufatto non può in ogni caso rappresentare un modo per
superare la verifica di conformità alla normativa vigente in materia di
regolamenti edilizi comunali, strumenti urbanistici e, più in generale, della
normativa statale e regionale vigente.
Tutti i manufatti devono, pertanto essere sottoposti al rilascio del titolo
abilitativo previsto dalla normativa vigente ed essere realizzati
conformemente alla disciplina dei regolamenti edilizi e/o delle NTA degli
strumenti urbanistici vigenti e, laddove ricadenti in aree sottoposte a tutela
paesaggistica ai sensi dell’art. 134 del d.l.vo n. 42/2004 devono dotarsi di
autorizzazione paesaggistica.
53
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Edifici di nuova costruzione
Occorre, dunque, far rinvio alla normativa di cui al T.U. dell’edilizia, sì come succ.
mod. ed integr..
Ma siamo sicuri di conoscerla, dopo tutte le novità reiteratamente introdotte nel
corso del biennio 2010-2011?
Basti pensare che alla D.I.A. e al P. di C. si sono aggiunti altri titoli abilitativi.
Prescindendo dall’attività edilizia libera (in relazione alla quale c’è una prima
distinzione tra A. totalmente libere (art. 6, comma 1) e A. soggette a preventiva
comunicazione di inizio lavori, con la l. n. 122/2010 (di conversione del d.l. n.
78/2010) è stato introdotta la SCIA, ma è solo un anno più tardi, con la
Manovra-bis del d.l. n. 70/2011 (conv. in l. n. 106/2011; cd. decreto “Sviluppo”)
che si chiarisce – con legge (dopo che, con nota del 16.9.2010, vi aveva già
provveduto l’Uff. Legisl. del Min. per la Semplificazione Normativa) – che la SCIA
sostituisce la DIA SOLAMENTE per gli interventi edilizi previsti dall’art. 22, commi
1 e 2, del T.U. [es. varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri
urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia,
non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel
permesso di costruire]
54
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Edifici di nuova costruzione
laddove – diversamente – continua ad essere applicabile la DIA (o, meglio, la
super-DIA), ove la stessa sia alternativa o sostitutiva del P. di C., in base alla
normativa statale (a cominciare dalla previsione dell’art. 22, comma 3, del T.U.
edilizia) o regionale.
Vi è, poi, il Permesso di Costruire, in relazione al quale va rammentato che è
stata introdotto (sempre dalla l n. 106/2011) il silenzio-assenso in novanta
giorni, salvo che sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali.
55
Le serre fotovoltaiche
Il punto centrale della questione consiste nel verificare se il rilascio del titolo abilitativo edilizio per
la costruzione di serre con copertura in pannelli fotovoltaici è sufficiente o se occorre invece il
rilascio dell’Autorizzazione Unica ex art. 12 del D.Lgs 387/03.
In primis va ricordato che ai sensi del T.U. Edilizia – comb. disposto artt. 3, comma 1, lett. e.5, e
10 - per la costruzione delle serre è necessario il rilascio del Permesso di Costruire trattandosi di
una nuova costruzione che comporta certamente una trasformazione edilizia e urbanistica del
territorio, ed altresì di un intervento che - in ragione delle caratteristiche e della dimensione - non
è diretto a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Come infatti confermato anche dal TAR Piemonte, sez. I, n. 1231/04 “le serre costituiscono
manufatti di effettivo supporto per l'attività agricolo - commerciale e, quindi, di fatto sono destinate
a soddisfare esigenze non provvisorie che implicano una permanente modificazione dell'assetto del
territorio” e quindi trattandosi “di manufatti che incidono sull’assetto edilizio preesistente, non
possono certamente essere realizzati senza titoli abilitativi” (cfr T.A.R. Campania, sez. III n.
3668/08).
Come infatti confermato dalla giurisprudenza l’impianto serra deve essere valutato non già in
ragione della sua destinazione e funzione (che, risolvendosi in una mera attività di gestione agricola
del suolo, non interessa la disciplina urbanistica), bensì in relazione alla sua struttura e alla sua
attitudine a protrarsi nel tempo e a incidere sul territorio (C. d. S., sez IV,n.1119/2006).
Ribadito che per le opere di cui si discute è necessario il permesso di costruire, occorre a questo
punto verificare se è altresì necessario il rilascio dell’Autorizzazione Unica ai sensi dell’art. 12 del
D.Lgs 387/03 o se è sufficiente il suddetto titolo edilizio.
56
Le serre fotovoltaiche
Soccorre altresì, a tale proposito, il DM (Sviluppo Economico) 19 febbraio 2007, recante ”Criteri e
modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della
fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”. Tale
decreto all’art. 5, comma 7, statuisce che: “Ai sensi dell'art. 12, comma 5, del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387, per la costruzione e l'esercizio di impianti fotovoltaici per i quali non è
necessaria alcuna autorizzazione, come risultante dalla legislazione nazionale o regionale vigente in
relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell'impianto, non si dà luogo al procedimento unico
di cui all'art. 12, comma 4, del medesimo decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ed è
sufficiente per gli stessi impianti la dichiarazione di inizio attività. Qualora sia necessaria
l'acquisizione di un solo provvedimento autorizzativo comunque denominato, l'acquisizione del
predetto provvedimento sostituisce il procedimento unico di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387…”.
Questa norma appare risolutiva per il caso de quo in quanto – posto che se non sono richieste
ulteriori autorizzazioni per l’intervento in oggetto - occorrerà semplicemente il rilascio del
permesso di Costruire, provvedimento autorizzativo che quindi sostituirà l’Autorizzazione Unica di
cui all’art. 12 del citato D.Lgs.
Merita ancora segnalare che, anche nel caso delle serre fotovoltaiche, è necessaria la Verifica di
assoggettabilità alla VIA, in forza del disposto dell’Allegato IV alla Parte Seconda del Decreto
Legislativo 152/2006, il quale al punto 2, lett. c), prevede detta verifica per gli “impianti industriali
non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore
a 1 MW”.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Procedure di verifica di assoggettabilità a VIA
In merito alle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, ai sensi dell’Allegato IV
(“Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle
province autonome di Trento e Bolzano.”), punto 2, lettera c), alla Parte II, del d.l.vo
n. 152/2006, gli impianti fotovoltaici ed eolici (segnatamente, la disposizione, parla di
“impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con
potenza complessiva superiore a 1 MW;”) con potenza complessiva superiore ad 1
MW sono soggetti a verifica di assoggettabilità a VIA.
Va rammentata, tra le altre applicazioni regionali, la esemplare (perché tiene conto del
disposto di cui al successivo decreto Romani, n. 28/2011, art. 4, comma 3), il Reg.
Reg. 29 luglio 2011, n. 7 della Regione Umbria, dispone che “ai fini della valutazione di
impatto ambientale di cui alla Parte II del Titolo III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale), i progetti per l’installazione di impianti per la produzione di
energia da fonti rinnovabili posizionati nella medesima area o in aree contigue e comunque a
distanza inferiore a metri 1000 da altri impianti della stessa tipologia già autorizzati devono
essere valutati in termini cumulativi, qualora risulti una potenza complessiva superiore
a 1 MW. Il calcolo di cui al comma 1 è effettuato sommando la potenza nominale
dell’impianto in progetto con quelli già autorizzati, ad esclusione degli impianti con potenza
nominale inferiore a 50 kW e di quelli collocati su edifici e aree di pertinenze, tettoie, serre e
pensiline”.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Procedure di verifica di assoggettabilità a VIA
Peraltro, secondo alcune normative regionali (è il caso della Regione Puglia; l.r. n.
13 del 18 ottobre 2010, di mod. della l.r. n. 11/2001), la soglia di 1 MW dalla
quale è necessario sotto porre i progetti alla verifica di assoggettabilità a VIA risulta
ridotta 500 kW se gli interventi ricadono anche solo parzialmente:
a) in aree naturali protette ai sensi della l. 374/91 e della l.r. 19/97 e siti “rete
natura 2000” (Sic e ZPS di cui alle direttive 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio
1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche e 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla
conservazione degli uccelli selvatici);
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Procedure di verifica di assoggettabilità a VIA
b) beni paesaggistici di cui all’articolo 134, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della
legge 6 luglio 2002, n.137) e successive modifiche e integrazioni;
c) ambiti territoriali estesi (ATE) A, B e C del Piano urbanistico territoriale tematico per
il paesaggio (PUTT/P) approvato con Deliberazione della Giunta regionale 15 dicembre
2000, n. 1748;
d) zone agricole che gli strumenti urbanistici vigenti qualificano come di particolare
pregio ovvero nelle quali sono espressamente inibiti interventi di trasformazione non
direttamente connessi all’esercizio dell’attività agricola.
ridotta nelle aree dichiarate a elevato rischio di crisi ambientale di cui all’articolo 74 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 a,
a 200 kW se l’intervento ricade contemporaneamente anche in una delle tipologie di
aree di cui al punto precedente
a 700 kW in tutti gli altri casi;
Innalzata a 3 kW nel caso in cui gli impianti siano realizzati interamente in siti
industriali dismessi localizzati in aree a destinazione e produttiva come definite nell’art.
5 del decreto del Ministero dei LL. PP. 2 aprile 1968, n. 1444.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Per quanto riguarda, invece, gli impianti eolici autorizzabili mediante DIA,
l’articolo 12.6. stabilisce che possono essere realizzati:
a) impianti eolici non ricadenti fra quelli di cui alla lettera a) ed aventi capacità di
generazione inferiore alle soglie indicate alla tabella A allegata al d.lgs. n. 387/2003,
come introdotta dall'articolo 2, comma 161, della legge 244/2007;
b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento di cui al
punto 12.5 lettera b), nel caso in cui si preveda una rilevazione di durata superiore ai
36 mesi.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Parte III - La disciplina del procedimento
Il d.m. 10 settembre 2010, poi, con la norma di apertura della Parte III, l’articolo
13.1., fissa un principio a tenore del quale per tutti gli altri impianti non rientranti nelle
fattispecie di cui all’articolo 12 (per le quali sono richieste o la comunicazione ovvero la
DIA) è necessario ottenere il rilascio, da parte della Regione o della Provincia delegata, di
un’autorizzazione unica.
Dunque, tali interventi, con le linee guida, vengono ad assumere una portata residuale e
si pongono come l’eccezione rispetto alla regola generale della DIA ovvero della semplice
comunicazione.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Parte III - La disciplina del procedimento
Punto 13.3.:
Anche quando l’impianto non ricade in zona sottoposta a tutela ex d.l.vo
42/2004, e, quindi, anche in assenza di vincoli già formalmente apposti, occorre
comunque «verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di
procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici» in itinere, e
ciò in attuazione del principio di «azione preventiva in materia
ambientale» (così, le linee guida aderiscono a quell’orientamento
giurisprudenziale - T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 18 luglio 2009, n. 1890 contrapposto all’altro più tradizionale, ancorato alla presenza di un vincolo
formalmente apposto (Cons. Stato, Sez. V, 10 maggio 2010, n. 2756).
Punto 13.4. : le linee guida consentono di superare i poteri di veto
esercitati in passato dai Comuni prevedendo che «Le Regioni o le Province
delegate non possono subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell’istanza o la
conclusione del procedimento alla presentazione di convenzioni, atti di assenso o
gradimento da parte dei Comuni il cui territorio è interessato dal progetto» (con
ciò rimuovendo gli effetti della cd. sindrome Nimby (Not In My Back Yard).
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,
ex d.m. 10 settembre 2010
In cosa consiste l’autorizzazione unica?
L’articolo 15 del d.m. prevede che “(…) L'autorizzazione unica, conforme alla
determinazione motivata di conclusione assunta all'esito dei lavori della conferenza di
servizi, sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, nulla osta o atto di assenso
comunque
denominato
di
competenza
delle
amministrazioni
coinvolte.
L'autorizzazione unica costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto, le opere
connesse e le infrastrutture indispensabili in conformità al progetto approvato e nei
termini ivi previsti nonché, ove occorra, dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità
e urgenza delle opere. Ove occorra, l'autorizzazione unica costituisce di per se
variante allo strumento urbanistico. Gli impianti possono essere ubicati in zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica
non dispone la variante dello strumento urbanistico (…).
Inoltre, il punto 4) e il punto 5) dell’articolo 15 stabiliscono che nell’autorizzazione,
oltre all’indicazione di eventuali prescrizioni per la realizzazione o l’esercizio
dell’impianto, deve essere previsto il termine per l’avvio e la conclusione dei lavori
decorsi i quali, salvo proroga, la stessa perde efficacia.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Come si articola il procedimento per ottenere l’autorizzazione unica?
Norma importante è quella che vieta alle Regioni o alle Province delegate di subordinare
la ricevibilità, la procedibilità dell'istanza o la conclusione del procedimento alla
presentazione di convenzioni, atti di assenso o di gradimento, da parte dei Comuni
interessati dal progetto.
Le Regioni, con propri provvedimenti, possono eventualmente prevedere degli oneri
istruttori a carico dei proponenti. La misura di tali oneri deve essere “tarata” sul valore
degli interventi in una misura che non può superare lo 0,02 per cento dell’investimento.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lett. e), del D.P.R. n. 380 del 2001, il
contributo di costruzione non è dovuto per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche,
installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,
ex d.m. 10 settembre 2010
Il procedimento unico passa attraverso la convocazione, entro 30 giorni dal ricevimento
dell’istanza, della Conferenza di servizi, alla quale partecipano tutte le amministrazioni
competenti.
È prevista la sospensione dei lavori della conferenza nel caso in cui sia necessario
verificare l’assoggettabilità dei lavori alla VIA o alla valutazione di incidenza. In tali casi, i
lavori della conferenza restano sospesi in attesa che la competente amministrazione
emetta apposito provvedimento espresso. Una volta decorso il termine in questione, la
conferenza di servizi si deve pronunciare, fermo restando che, nel silenzio di
quest’ultima, ha luogo l’intervento sostitutivo del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica non può essere superiore a
centottanta giorni.
Il termine dianzi indicato comincia a decorrere ovviamente dalla data di ricevimento
dell’istanza.
Nel caso di inosservanza dolosa o colposa del termine di centottanta giorni, le pubbliche
amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2-bis della L.
241/1990.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
La Parte IV del d.m. del 10 settembre 2010 è interamente dedicata ai criteri generali
per l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio.
In essa vengono individuati i criteri che consentono una valutazione positiva dei
progetti.
La norma di apertura della Parte IV, l’articolo 16, individua al punto 1) i requisiti
richiesti perché un progetto possa essere valutato positivamente dal punto di vista
dell’impatto nel paesaggio. La sussistenza di uno o più dei seguenti elementi può
condurre ad una valutazione positiva del progetto.
Tali requisiti vengono elencati nelle lettere da a) ad h) e sono:
a) la buona progettazione degli impianti, comprovata con l'adesione del progettista ai
sistemi di gestione della qualità (ISO 9000) e ai sistemi di gestione ambientale (ISO
14000 e/o EMAS);
b) la valorizzazione dei potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili presenti nel
territorio nonché della loro capacità di sostituzione delle fonti fossili.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
c) il ricorso a criteri progettuali volti ad ottenere il minor consumo possibile del
territorio, sfruttando al meglio le risorse energetiche disponibili;
d) il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in
atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti
contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo n. 152
del 2006, consentendo la minimizzazione di interferenze dirette e indirette
sull'ambiente legate all'occupazione del suolo ed alla modificazione del suo
utilizzo a scopi produttivi, con particolare riferimento ai territori non coperti da
superfici artificiali o greenfield, la minimizzazione delle interferenze derivanti
dalle nuove infrastrutture funzionali all'impianto mediante lo sfruttamento di
infrastrutture esistenti e, dove necessari, la bonifica e il ripristino ambientale dei
suoli e/o delle acque sotterranee;
e) una progettazione legata alle specificità dell'area in cui viene realizzato
l'intervento; con riguardo alla localizzazione in aree agricole, assume
rilevanza l'integrazione dell'impianto nel contesto delle tradizioni
agroalimentari locali e del paesaggio rurale, sia per quanto attiene alla sua
realizzazione che al suo esercizio;
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
f) la ricerca e la sperimentazione di soluzioni progettuali e componenti tecnologici
innovativi, volti ad ottenere una maggiore sostenibilità degli impianti e delle
opere connesse da un punto di vista dell'armonizzazione e del migliore
inserimento degli impianti stessi nel contesto storico, naturale e paesaggistico;
g) il coinvolgimento dei cittadini in un processo di comunicazione e informazione
preliminare all'autorizzazione e realizzazione degli impianti o di formazione per
personale e maestranze future;
h) l'effettiva valorizzazione del recupero di energia termica prodotta nei processi di
cogenerazione in impianti alimentati da biomasse (…)”.
Fermi restando i requisiti generali, l’Allegato 4 al d.m. in esame, prevede
ulteriori requisiti con specifico riferimento agli impianti eolici .
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
L’individuazione delle aree non idonee (ALLEGATO 3)
dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti, tenendo conto
degli strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, sulla base
dei seguenti principi e criteri:
a) l’individuazione delle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su
criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e
del patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del
territorio e del sito;
b) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere differenziata con
specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di
impianto;
c) ai sensi dell’articolo 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti
piani urbanistici non possono essere considerate tout court come aree e siti
non idonei;
d) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni
significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela
dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi
nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da
specifiche e motivate esigenze di tutela.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
L’individuazione delle aree non idonee (Allegato 3) :
Le Regioni e le Province autonome individuano le aree non idonee tenendo conto
di:
a) elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione,
b) delle interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o
in progetto nell’ambito della medesima area; nonché
(punto 17)
(a) tenendo conto del piano paesaggistico e
(b) in congruenza con gli obiettivi di burden sharing, ovvero la quota minima
di produzione di energia da F.E.R. assegnata a ciascuna di esse, in
applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge 244 del 2007, come
modificato dall’articolo 8-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione
del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno sviluppo
equilibrato delle diverse fonti.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
L’individuazione delle aree non idonee
Va rammentato, a questo punto, che, con la sentenza n. 2156 del 14
dicembre 2011 il T.A.R. Puglia, Sez. Lecce, ha annullato il
Regolamento della Regione Puglia del 30 dicembre 2010, n. 24, nel
quale venivano individuate, proprio ai sensi del d.m. 10 settembre 2010, le
regole per l’inserimento nel territorio degli impianti produttori di energia
rinnovabile.
Secondo il T.A.R., l’individuazione di aree non idonee all’istallazione di un
impianto da fonti rinnovabili non può risolversi in un “divieto preliminare
assoluto”; per questo, il diniego dell’autorizzazione deve essere motivato e,
comunque, far seguito ad una istruttoria compiuta.
Pertanto il T.A.R. ha ritenuto illegittima la disposizione del regolamento
regionale che introduce - tout court - il divieto di realizzare gli impianti nelle
aree classificate inidonee.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
T.A.R. Puglia, Sez. Lecce, 14 dicembre 2011, n. 2156
Secondo la norma regionale annullata, le istanze di autorizzazione proposte
per impianti progettati nelle aree inidonee sono improcedibili, possono essere
rigettate senza lo svolgimento di una specifica istruttoria delle effettive
caratteristiche dell'impianto e del sito interessato.
Tale disposizione, secondo il T.A.R., viola le previsioni delle Linee guida
nazionali approvate con il d.m. 10 settembre 2010.
Infatti, secondo il T.A.R., nell’allegato 3, alle Linee guida nazionali, si precisa
che “l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve configurarsi
come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione
dell'iter di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio, anche in termini di
opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del
territorio”
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
T.A.R. Puglia, Sez. Lecce, 14 dicembre 2011, n. 2156
Pertanto “non sono ammissibili” divieti aprioristici ed il provvedimento di
diniego deve contenere una motivazione specifica che contenga
adeguate indicazioni sulla valutazione in concreto effettuata rispetto
a quella specifica zona indicata nel progetto, non potendo richiamare
genericamente le linee guida, nazionali o regionali, proprio perché
A) le prime non riconnettono alla individuazione delle aree non idonee in
base alle linee guida regionali un divieto assoluto di ubicazione degli
impianti in questione,
B) le seconde, nella parte in cui prevedono il divieto di ubicazione degli
impianti nelle aree qualificate come non idonee, sono illegittime in quanto
violano le linee guida nazionali.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Sempre a proposito della localizzazione degli impianti alimentati da F.E.R.,
va rammentato quanto statuito dalla Consulta, con la citata sentenza n. 124
del 2010.
In effetti, nella sentenza n. 124 del 2010 (la quale, in generale, ribadisce gli
argomenti esposti dalla Consulta nelle sentenze nn. 166 e 282 del 2009 e nn.
119 e 168 del 2010), la Corte Costituzionale ha ritenuto non conforme all’art.
117 Cost. (e, indirettamente, alla normativa nazionale che recepisce la direttiva
2001/77/CE) una norma regionale che subordinava l’installazione di impianti
eolici alla sussistenza di alcuni requisiti di ventosità delle aree all’uopo
individuate dai soggetti proponenti e ad una soglia minima di producibilità annua
degli impianti. Ne consegue che a maggior ragione tali limiti non possono essere
posti dalla Regione con provvedimenti amministrativi a contenuto pianificatorio o
con atti puntuali.
Pertanto, detto che nella specie non viene in evidenza un problema di
producibilità minima, per quanto riguarda il parametro della ventosità, il P.E.A.R.
delle Marche è illegittimo nella parte in cui impone che le aree nelle quali si
intende collocare impianti eolici abbiano una ventosità minima di 5 m/s.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 (M.S.E.) “Definizione e qualificazione degli
obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e definizione della
modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli
obiettivi da parte delle regioni e delle provincie autonome (c.d.
Burden Sharing)”.
Le linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico per
l'autorizzazione agli impianti alimentati da F.E.R. sottolineavano che “la presenza
di un livello accurato di programmazione da parte delle regioni rappresenta una
premessa necessaria ma non sufficiente atteso il valore di riferimento” delle
stesse linee guida, e che occorre(va) dotarsi di
- strumenti reali di promozione delle fonti rinnovabili,
- di normative efficaci per la valorizzazione della politica energetica,
- di un efficiente sistema amministrativo
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
In quest’ottica, il decentramento amministrativo non deve rappresentare un
vincolo all’efficienza, ma in un elemento di maggiore vicinanza della valutazione
alle caratteristiche del territorio, per:
- facilitare un contemperamento fra le esigenze di sviluppo economico e
sociale con quelle di tutela dell’ambiente e di conservazione delle risorse
naturali;
- assicurare il necessario coordinamento fra il contenuto dei piani regionali di
sviluppo energetico, di tutela ambientale e dei piani paesaggistici;
- semplificare il procedimento;
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Su queste premesse, l’art. 17 delle linee guida – quello relativo all’individuazione
delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili – stabiliva che le Regioni e le Province autonome:
- al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli
I.A.F.R., in attuazione delle disposizioni delle linee guida,
a) possono procedere all’indicazione di aree e siti non idonei all’installazione di
specifiche tipologie di impianti secondo precise modalità, ivi indicate (Allegato
3), e
b) conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di
sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di
programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da
fonti rinnovabili loro assegnata (“burden sharing”), assicurando uno sviluppo
equilibrato delle diverse fonti.
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Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Ora, le aree non idonee dovevano essere individuate nell’ambito di questa
programmazione, ma - come visto - nel 2011 la maggior parte delle Regioni ha
già provveduto ad adottare le linee guida regionali per la regolamentazione
della localizzazione degli I.A.F.R., senza che il decreto burden sharing abbia mai
visto la luce, nonostante la sua necessaria approvazione fosse stata ribadita
anche dal c.d. “decreto Romani” (D.Lgs. n. 28/11).
Donde l’urgenza di renderlo operativo.
Proprio nei giorni dell’insediamento del Governo Monti, a metà novembre 2011,
infatti, il M.S.E. aveva inviato al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle
Province autonome lo schema del relativo decreto legislativo.
Qual è il ruolo delle regioni ipotizzato nella bozza di decreto?
Quali sono le prospettive di sostenibilità che si aprono?
79
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 sul cd. burden sharing
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 78 del 2 aprile 2012 il decreto
del 15 marzo, in attuazione dell'articolo
37, comma
6, del decreto
legislativo n. 28 del 2011,
che ripartisce tra le Regioni la quota di
produzione da rinnovabili al 2020,
il cosiddetto "Burden Sharing".
Il
provvedimento
stabilisce
che
il
Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano,
emana
uno
o
più
decreti
per
definire
la
ripartizione fra regioni e province autonome di Trento e di Bolzano della
quota minima di incremento dell'energia prodotta con fonti rinnovabili per
raggiungere
l'obiettivo
del
17%
del
consumo
interno lordo entro il 2020 ed i successivi. I decreti sono emanati
considerando la definizione dei
potenziali
regionali,
tenendo
conto
dell'attuale livello di produzione delle energie rinnovabili e l'introduzione di
obiettivi intermedi al 2012, 2014, 2016 e 2018, calcolati coerentemente con
gli obiettivi intermedi nazionali concordati a livello comunitario. Il decreto
definisce inoltre le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento
degli obiettivi da parte delle regioni e delle province autonome
80
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 sul cd. burden sharing
Il
provvedimento
è
composto
da
7
articoli
e
2
allegati:
• L'Art. 2 stabilisce le modalità di determinazione e conseguimento degli
obiettivi
delle
regioni
e
delle
province
autonome;
• L'Art.3 fissa gli obiettivi, intermedi e finali, per ciascuna regione e provincia
autonoma che, a partire dall'anno 2016 diventano vincolanti. Fermi restando gli
obiettivi previsti dalla Tabella A le regioni e le province autonome possono
stabilire, anche sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3, del
decreto legislativo n. 28 del 2011 e di cui al paragrafo 17.2 del
DM 10 settembre 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n.
219, i limiti
massimi
alla produzione di energia per singola
fonte rinnovabile in misura non inferiore a 1,5 volte gli obiettivi previsti nei
rispettivi strumenti di pianificazione energetica per la medesima fonte
81
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 sul cd. burden sharing
• L'art. 4 definisce gli orientamenti per iniziative prioritarie e la collaborazione
Stato-Regioni e Province autonome.
• L'Art 5 fissa il monitoraggio e la verifica di raggiungimento degli obiettivi. A
decorrere dal 2013, il Ministero dello sviluppo economico provvede, entro il
31 dicembre di ciascun anno e secondo le modalità di cui al comma 4,
alla
verifica
per
ciascuna
regione
e
provincia
autonoma
della
quota
del
consumo
finale
lordo di energia coperta da fonti rinnovabili, riferita all'anno precedente.
L'esito della verifica annuale è comunicato al Ministero dell'ambiente, al
Ministero per i beni e le attività culturali, alla Presidenza del Consiglio dei
ministri e alle regioni, con proposta di discussione in Conferenza StatoRegioni nonché, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di cui
alla Tabella A dell'articolo 3, per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 6. Entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministero dello
sviluppo economico dovrà istituire un Osservatorio costituito da sedici
componenti che svolgerà il ruolo di organismo permanente di consultazione e
confronto tecnico sulle modalità di raggiungimento degli obiettivi regionali.
82
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 sul cd. burden sharing
• L'Art 6 definisce le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli
obiettivi. A decorrere dal 2017, tenuto conto delle analisi e verifiche condotte
dall'osservatorio di cui all'articolo 5, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi
da parte di una o più regioni o province autonome, il Ministro dello sviluppo
economico invita la regione o provincia autonoma a presentare entro due mesi
osservazioni in merito. Entro i successivi due mesi, il Ministro dello sviluppo
economico, qualora abbia accertato che
il
mancato
conseguimento
degli obiettivi è imputabile all'inerzia delle Amministrazioni preposte ovvero
all'inefficacia delle misure adottate dalla regione o provincia autonoma, propone al
Presidente del Consiglio dei
ministridi assegnare all'ente interessato un
termine,
non
inferiore
a
sei
mesi,
per
l'adozione
dei provvedimenti necessari al conseguimento degli obiettivi. Decorso inutilmente il
termine il Consiglio dei Ministri, sentita la regione interessata, su proposta del
Ministro dello sviluppo economico, adotta i provvedimenti necessari ovvero nomina
un apposito commissario che, entro i successivi sei mesi, consegue la quota di
energia da fonti rinnovabili idonea a coprire il deficit riscontrato.
83
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Il decreto 15 marzo 2012 sul cd. burden sharing
• L'art. 7 fissa le disposizioni finali. In caso di aggiornamento degli obiettivi del
PAN,
si
provvede
al
conseguente
aggiornamento degli obiettivi che ciascuna regione e provincia autonoma deve
conseguire ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali fino al 2020. Al fine
di consentire alle regioni e province autonome di avvalersi di un congruo periodo
di tempo per adeguare le proprie strategie e azioni ai nuovi obiettivi modificati,
il termine ultimo per l'aggiornamento degli obiettivi del Piano d'azione nazionale per
le energie rinnovabili è stabilito al 31 dicembre 2016.
Negli allegati 1 e 2 al decreto sono riportati la metodologia seguita per la ripartizione
tra le regioni e le province autonome degli obiettivi intermedi e finali di contenimento
dei consumi finali lordi e di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal PAN (Piano
d'Azione Nazionale) ed i relativi risultati conseguiti.
84
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010
Parte V (art. 18: Disposizioni transitorie e finali): compiti delle Regioni
Le Regioni sono chiamate a svolgere un importante compito di pubblicitànotizia e di istruttoria. Infatti, esse devono rendere pubbliche, anche tramite il
sito web, le informazioni circa le modalità procedurali per ottenere il titolo a
costruire un nuovo impianto e metterlo in esercizio;
altro compito particolarmente significativo è quello di prevedere eventuali
oneri finalizzati a coprire le spese istruttorie relative al procedimento unico
di autorizzazione (v. anche punto 9);
la funzione più importante esercitata dalla Regione è quella di individuare aree
e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti ;
conciliare gli obiettivi di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili con
quelli di tutela ambientale;
prevedere ulteriori forme di semplificazione e coordinamento tra i procedimenti;
adeguare le proprie normative alle “linee guida” nazionali entro 90 giorni dalla
loro entrata in vigore (punto 18.4); in mancanza di adeguamento, troveranno
applicazione “le linee guida” nazionali.
85
Il ruolo degli enti locali – L’intervento
diretto nel mercato delle F.E.R.
I Comuni non devono frapporre ostacoli diretti o indiretti all’accesso al
mercato: in particolare, stante il divieto di misure di compensazione di natura
economica ex art. 12, comma 6, del d.l.vo n. 387/2003, i Comuni non
possono imporre corrispettivi quale condizione per il rilascio di titoli abilitativi
o richiedere misure di compensazione di carattere patrimoniale.
Sono, infatti, consentite esclusivamente misure di compensazione e
riequilibrio ambientale, cioè misure finalizzate a compensare il pregiudizio
subito dall’ambiente per l’impatto del nuovo impianto.
Qualora le misure di compensazione prevedano la realizzazione di opere
pubbliche, la loro esecuzione è soggetta alle regole di evidenza pubblica,
come chiarito dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, nella
determinazione n. 4/2008, concernente la “realizzazione di opere
pubbliche da parte di privati nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con
le amministrazioni”.
86
Il ruolo degli enti locali – L’intervento diretto nel mercato delle
F.E.R.
Inoltre, la concessione del diritto di utilizzo di un’area pubblica al fine di
realizzarvi impianti di produzione di energia elettrica alimentati da F.E.R,
impone il rispetto della legge di contabilità di Stato (Regio decreto 18 novembre
1923, n. 2440, recante “Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e
sulla contabilità dello Stato”), secondo cui “i contratti dai quali derivi un’entrata
per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti” (articolo 3, comma 1).
A tale proposito, l’art. 12, comma 2, del nuovo decreto legislativo 3 marzo
2011, n. 28 (rubricato “Misure di semplificazione”), ribadisce che serve la gara
per concedere ai privati le superfici di proprietà pubblica per la realizzazione di
impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (ad esempio il
fotovoltaico): “I soggetti pubblici possono concedere a terzi superfici di proprietà
per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili nel rispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai siti militari e alle
aree militari in conformità con quanto previsto dall’articolo 355 del codice
dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66”.
87
Il ruolo degli enti locali – L’intervento diretto nel mercato delle
F.E.R.
L’intervento diretto degli enti locali nel mercato delle FER in veste di produttori
pone una prima problematica generale di legittimazione.
Tale problematica è strettamente connessa alla qualificazione della produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili come attività libera, nel rispetto degli
obblighi di servizio pubblico, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 del decreto
legislativo 16 marzo 1999 n. 79 “Attuazione della direttiva 96/92/CE recante
norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica”. A tale attività deve
potersi accedere, pertanto, in condizioni di uguaglianza, senza discriminazioni
nelle modalità, condizioni e termini per il suo esercizio (cfr. Linee guida,
paragrafo 1.1).
Cme detto, il legislatore italiano ha, quindi, optato per un modello autorizzatorio
puro (cfr. articolo 12 del d.l.vo n. 387/2003), che esclude la possibilità di regolare
l’accesso al mercato mediante procedure pubblicistiche di natura concessoria.
Il paragrafo 1.3 delle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili, di cui al d.m. 10 settembre 2010, ribadisce, in tal senso, che
l'attività di produzione di energia elettrica è attività economica non riservata
agli enti pubblici e non soggetta a regime di privativa.
88
Il ruolo degli enti locali – L’intervento diretto nel mercato delle
F.E.R.
Per quanto sin qui detto, è stato altresì osservato che all’intervento diretto degli
enti locali nel mercato delle FER potrebbe conseguire un’alterazione delle
menzionate condizioni di uguaglianza.
In particolare, in una recente pronuncia, la Corte dei conti (sez. regionale di
controllo per la Lombardia 15/9/2010 n. 861/2010/PAR) ha avanzato
forti dubbi in ordine alla possibilità di intervenire direttamente da parte del
Comune nell’attività di produzione e commercializzazione dell’energia.
Ciò perché tale attività, di natura tipicamente commerciale, sembra esulare
dalle finalità proprie dell’ente territoriale e si porrebbe in contrasto sia con “le
regole sulla concorrenza che con quelle sul divieto di aiuti di stato che sono
contenute nel Trattato istitutivo dell’Unione europea e, in ogni caso, potrebbe
falsare la libertà del mercato”.
In altri termini, l’ingresso nel mercato di soggetti pubblici, in posizione
potenzialmente privilegiata (anche per la grande disponibilità di siti idonei per la
realizzazione degli impianti per le FER) rispetto alla generalità dei competitors
privati, non troverebbe adeguata giustificazione.
89
Il ruolo degli enti locali – L’intervento diretto nel mercato delle
F.E.R.
Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con pronuncia n. 10 del
4 giugno 2011), ha messo in evidenza il disfavore del legislatore italiano nei
confronti della costituzione e del mantenimento, da parte delle amministrazioni
pubbliche, di società commerciali con scopo lucrativo, il cui campo di attività
esuli dall'ambito delle relative finalità istituzionali, né risulti comunque coperto
da disposizioni normative di specie.
Pertanto, "la società commerciale facente capo ad un ente pubblico, operante
sul mercato in concorrenza con operatori privati, necessita di previsione
legislativa espressa, e non può ritenersi consentita in termini generali, quanto
meno nel caso in cui l'ente pubblico non ha fini di lucro“.
90
Il ruolo degli enti locali – L’intervento diretto nel mercato delle
F.E.R.
Con la Determinazione n. 6 del 26 ottobre 2011, anche l’Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici ha sottolineato quanto sopra evidenziato, ovvero che per la realizzazione
degli impianti su superfici appartenenti al demanio pubblico occorre estendere all’affidamento
della superficie pubblica (contratto attivo, da cui deriva un'entrata finanziaria) i principi
comunitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e pubblicità
sanciti dall'articolo 2 del Codice ex d.l.vo 163/2006. Resta, inoltre, fermo il rispetto di quanto
disposto dall'articolo 3, comma 1, della legge di contabilità di Stato (regio decreto 18
novembre 1923, n. 2440), secondo cui "i contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato
debbono essere preceduti da pubblici incanti“.
Inoltre, sempre secondo l’A.V.C.P., un ente locale può realizzi un impianto (si tratta quasi
esclusivamente di impianti fotovoltaici) per la copertura totale o parziale del proprio
fabbisogno energetico, non soltanto per finalità di tutela ambientale, ma anche in un'ottica di
contenimento della spesa pubblica. In questo modo, infatti, l'ente può usufruire dei risparmi
connessi all'abbattimento del costo per l'acquisto dell'energia sul mercato e, al contempo,
percepire gli incentivi connessi alla produzione di Fer.
La realizzazione degli impianti destinati a soddisfare il fabbisogno energetico degli enti
pubblici costituisce un contratto passivo, soggetto alle regole dell'evidenza pubblica ed al
rispetto delle disposizioni contenute nel Codice.
La disciplina di riferimento è quella dei settori ordinari, di cui alla parte I e II del Codice
(Titolo I e Titolo II, a seconda che si tratti rispettivamente di contratti di rilevanza
comunitaria o meno). La realizzazione dell'impianto è, in tal caso, esclusivamente finalizzata
alla produzione per il fabbisogno dell'ente.
91
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di
recepimento della direttiva 2009/28/CE:
nuovi obiettivi e novità procedimentali
Con il decreto 3 marzo 2011, n. 28, il legislatore ha inteso definire [(cfr.
articolo 1 (“Finalità ”)] gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro
istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli
obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti
rinnovabili nei trasporti.
L’art. 3 indica, in primo luogo, quale obiettivo nazionale, una quota complessiva
di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia da conseguire
nel 2020 pari al 17 per cento.
Nell’ambito di tale obiettivo, la quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le
forme di trasporto dovrà essere nel 2020 pari almeno al 10 per cento del
consumo finale di energia nel settore dei trasporti nel medesimo anno.
I predetti obiettivi devono essere perseguiti con una progressione temporale
coerente con le indicazioni dei Piani di azione nazionali per le energie rinnovabili
predisposti ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2009/28/CE.
Le modalità di calcolo degli obiettivi di cui ai commi 1, 2 e 3 sono indicate
nell’allegato 1.
92
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE
Il Capo I del Titolo II, che tratta di “Procedure autorizzative, regolamentazioni e
codici”, dispone, all’ art. 4 (“Principi generali”), comma 1, che, al fine di favorire lo
sviluppo delle fonti rinnovabili e il conseguimento, nel rispetto del principio di leale
collaborazione fra Stato e Regioni, degli obiettivi di cui al citato articolo 3, la
costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili
sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate,
accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche
di ogni singola applicazione.
I principi summenzionati (semplificazione, accelerazione, proporzionalità e
adeguatezza) costituiscono la base su cui deve poggiarsi l’attività amministrativa
sia in sede interpretativa sia in sede applicativa (non se ne possono, ovviamente,
escludere altri; in primis, la ragionevolezza).
Emerge però, significativamente, un ulteriore principio, vale a dire quello di
specialità (“speciali procedure”, dice la norma) che induce a riflettere sulla
perfetta applicabilità (o meno) delle norme della legge generale sul procedimento
amministrativo, n. 241/90.
93
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE
Lo stesso articolo 4, al successivo comma 2, facendo specifico richiamo del
principio di proporzionalità, notoriamente di derivazione comunitaria, individua i
vari titoli abilitativi (anche di natura edilizia):
a) l’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387, come modificato dall’articolo 5 del decreto legislativo in
esame;
b) la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6 del decreto
legislativo in esame, ovvero
c) la comunicazione relativa alle attività in edilizia libera di cui all’articolo
6, comma 11.
94
ll decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE
Il comma 3 dell’art. 4 in esame dispone, inoltre, che al fine di evitare l’elusione
della normativa di tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale, della salute e
della pubblica incolumità, fermo restando quanto disposto dalla Parte quinta del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e, in
particolare, dagli articoli 270, 273 e 282, per quanto attiene all'individuazione
degli impianti e al convogliamento delle emissioni, le Regioni e le Province
autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti per la
realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella
medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi
nell'ambito della valutazione di impatto ambientale.
95
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE
Ai sensi del comma 4 dell’art. 4 in esame, per la realizzazione di opere di
sviluppo funzionali all'immissione e al ritiro dell'energia prodotta da una
pluralità di impianti non inserite nei preventivi di connessione, i gestori
di rete richiedono l'autorizzazione con il procedimento di cui all'articolo 16,
salvaguardando l'obiettivo di coordinare anche i tempi di sviluppo delle reti
e di sviluppo degli impianti di produzione.
Il citato articolo 16 (disciplinante, per l’appunto, l’”Autorizzazione degli
interventi per lo sviluppo delle reti elettriche”) dispone che la costruzione e
l'esercizio delle opere di cui all'articolo 4, comma 4, sono autorizzati dalla
Regione competente su istanza del gestore di rete, nella quale sono indicati
anche i tempi previsti per l'entrata in esercizio delle medesime opere.
L'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale
partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi
di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni.
96
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
L’autorizzazione unica: art. 5, comma 1
Per quanto concerne i titoli autorizzativi, la norma cardine è l’articolo 5, rubricato
“Autorizzazione Unica”.
Il comma primo stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 6 e 7, la
costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti, nonché le
modifiche sostanziali degli impianti stessi, sono soggetti all’autorizzazione
unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 come
modificato dal presente articolo, secondo le modalità procedimentali e le
condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003 e dalle linee
guida adottate ai sensi del comma 10 del medesimo articolo 12, nonché dalle
relative disposizioni delle Regioni e delle Province autonome.
97
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
Art. 5, comma 2: nuovo termine di conclusione del procedimento
Notevole la novità prevista dal successivo comma secondo.
Invero, all’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003,
l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Fatto salvo il previo espletamento,
qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui
all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento
unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti
dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale».
Per l’autorizzazione unica, il termine di conclusione del procedimento è stato,
dunque, dimezzato, anche se occorrerà tener conto dell’interferenza di tale
procedimento con quel particolare segmento che è dato dalla procedura di V.I.A..
98
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
Altra – problematica
– innovazione, derivante dal tenore letterale della
disposizione, è quella prevista dal comma 3 dell’art. 5 in esame:
l’ultimo periodo dell’articolo 12, comma 4, d.l.vo 387/2003, come modificato dal
decreto n. 28/2011, stabilisce il termine di 90 giorni, ma «fa salvo» il
«previo espletamento» della verifica di assoggettabilità sul progetto
preliminare.
È da ritenere che in caso di assoggettabilità a VIA, il termine del procedimento
unico rimanga “congelato”, per poi riprendere il suo corso, per un massimo di
ulteriori 90 giorni.
99
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
L’incipit della disposizione potrebbe lasciar intendere la necessità di svolgere
comunque la verifica di assoggettabilità prima di poter presentare la domanda di
autorizzazione unica, come una sorta di condizione per avviare il procedimento
di A.U.
Una simile conclusione sembra tuttavia in contrasto
a) con il punto 14.13 delle Linee guida, secondo il quale «gli esiti delle
procedure di verifica di assoggettabilità (…) confluiscono nella conferenza dei
servizi», nonché
b) in contrasto con la ratio del procedimento unificato, volto a far confluire tutte
le procedure in un unico modulo procedimentale. E, in definitiva,
c) in contrasto con la natura e con la ratio della VIA quale sub-procedimento,
quale segmento all’interno del procedimento principale.
100
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
In realtà, questa ambiguità riflette l’esistenza di due contrapposti orientamenti
giurisprudenziali e dimostra come l’autonomia del sub-procedimento di VIA sia
tutt’altro che universalmente riconosciuta (così T.A.R. Molise n. 374/2010,
secondo cui la VIA è provvedimento autonomamente impugnabile): contra,
T.A.R. Umbria, 3 maggio 2011, n. 134 e Cons. Stato, Sez. V, 12 gennaio
2011, n. 133, secondo cui non si tratta di un provvedimento autonomo, ma di un
atto endoprocedimentale che si risolve nell’espressione di un parere non
autonomamente impugnabile.
101
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - L’autorizzazione unica
Altra importante disposizione è quella, che figura sempre al comma 3 dell’art.
5, secondo cui, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto
con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa
intesa con la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, sono individuati, per ciascuna tipologia di impianto e di
fonte, gli interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare
ad autorizzazione unica, fermo restando il rinnovo dell’autorizzazione unica in
caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152.
Sarà, dunque, un successivo decreto a stabilire che cosa si debba intendere per
“modifica sostanziale” da assoggettare a A.U., per ciascuna tipologia di impianto.
Fino all’emanazione del decreto di cui al periodo precedente non sono considerati
“sostanziali” e sono sottoposti alla disciplina di cui all’articolo 6 (attività edilizia
libera, sottoposta a mera comunicazione) gli interventi da realizzare sugli
impianti fotovoltaici, idroelettrici ed eolici esistenti, a prescindere dalla potenza
nominale, che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli
apparecchi, della volumetria delle strutture e dell'area destinata ad ospitare gli
impianti stessi, né delle opere connesse. Diverso il discorso per le modifiche
relativi agli impianti a biomasse, dove il criterio è quello della potenza termica
installata.
102
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE
La Procedura abilitativa semplificata (PAS): art. 6
Il decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28, oltre a confermare l’autorizzazione
unica introdotta dal D.lgs. n. 387/2003 per la costruzione e l’esercizio degli
impianti e delle opere e infrastrutture connesse, introduce una speciale
procedura semplificata per gli impianti individuati nei paragrafi 11 e 12
delle linee guida emanate in precedenza con il decreto del ministero dello
Sviluppo economico del 10 settembre 2010.
103
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
È, dunque, possibile ricorrere alla PAS per:
1) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli considerati di attività
edilizia libera e aventi le seguenti caratteristiche:
i) moduli fotovoltaici devono essere collocati sugli edifici e
ii) la superficie complessiva dei moduli fotovoltaici dell’impianto non deve
essere superiore a quella del tetto dell’edificio sul quale i moduli sono collocati;
2) impianti solari fotovoltaici non ricadenti fra quelli di cui al numero precedente
quindi:
i) impianti a terra, oppure
ii) con superficie dei moduli superiore a quella del tetto,
aventi capacità di generazione inferiore alla soglia indicata alla “tabella A”
allegata al d.l.vo n. 387 del 2003;
104
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
3) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di
depurazione e biogas non ricadenti fra quelli considerati quali attività edilizia
libera e aventi le seguenti caratteristiche:
i) impianti operanti in assetto cogenerativo e
ii) aventi una capacità di generazione massima inferiore a 1.000 kWe (piccola
cogenerazione) ovvero a 3.000 kWt;
4) impianti da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di
depurazione e biogas, non ricadenti fra quelli di cui al numero precedente e
aventi capacità di generazione inferiori alle rispettive soglie indicate alla tabella A
allegata al d.l.vo n. 387 del 2003;
5) impianti eolici non ricadenti fra quelli considerati attività di edilizia libera e
aventi capacità di generazione inferiore alle soglie indicate alla tabella A allegata
al d.l.vo n. 387 del 2003;
6) torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento nel
caso in cui si preveda una rilevazione di durata superiore ai 36 mesi;
7) impianti idroelettrici non ricadenti fra quelli considerati attività edilizia libera e
aventi capacità di generazione inferiori alla soglia indicate alla tabella A allegata
al d.l.vo n. 387 del 2003.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
La PAS prevede la presentazione al Comune, almeno 30 giorni prima
dell’effettivo inizio dei lavori, di una dichiarazione accompagnata da una
dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni
elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti
urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli
strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di
quelle igienico-sanitarie (in pratica la procedura della Dia edilizia).
A tale dichiarazione sono allegati altresì gli elaborati tecnici per la connessione
redatti dal gestore della rete (cfr. articolo 6, D.lgs. n. 28/2001).
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
L’Ufficio legislativo del Ministero per la semplificazione normativa, ovvero il Cons.
di Stato Giuseppe Chinè, con nota prot. 1340 del 16.9.2010, ha chiarito che la
disciplina della SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) si applica alla
materia edilizia; avrebbe, dunque, dovuto trovare applicazione anche agli
impianti alimentati da FER.
Peraltro, stanti i rischi insiti nella procedura, si preferiva attendere i sessanta
giorni necessari per il formarsi del silenzio assenso.
In tal modo si duplicavano i termini previsti con il regime della DIA, di fatto
complicando il meccanismo invece di semplificarlo!
Ora, il decreto legislativo n. 28 del 2011 innova, a mio avviso inutilmente e,
comunque, creando un ibrido, rispetto agli strumenti di semplificazione costituiti
dalla Scia (ex Dia) e dal silenzio assenso previsti in via generale dagli articoli 19
e 20 della legge 241/1990.
Ciò vale soprattutto per la Procedura abilitativa semplificata (Pas) di cui
all’articolo 6 del decreto legislativo, che, come s’è visto (commentando le linee
guida del d.m. 10 settembre 2010), si applica agli impianti alimentati da fonti
rinnovabili di cui a paragrafi 11 e 12 delle linee guida.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
La PAS costituisce, di fatto, un ibrido difficilmente giustificabile.
La Pas, a prima vista, sembra regolata come una Scia. Come detto, infatti, il
proprietario dell’immobile che vuole realizzare l’impianto deve inviare al Comune
soltanto una comunicazione accompagnata da una relazione a firma del
progettista che ne attesti la compatibilità con le norme urbanistiche, di sicurezza
e igieniche e sanitarie.
Tuttavia, diversamente dalla Scia, i lavori non possono iniziare subito e anzi il
Comune ha 30 giorni per le verifiche, completate le quali può notificare
all’interessato un ordine di non effettuare l’intervento.
Se il Comune non emana il provvedimento interdittivo nel termine di trenta
giorni dalla data di ricezione della dichiarazione, «l’attività di costruzione deve
ritenersi assentita» (comma 4, ultima parte).
Si forma cioè il silenzio assenso di cui all’articolo 20 della legge 241/1990.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
Autotutela
Peraltro, anche il decorso dei 30 giorni non impedisce che, nel limite di un
termine ragionevole, il Comune possa procedere in via di autotutela ad
annullare il titolo, così come previsto per la Dia edilizia ai sensi dell‘art. 38,
comma 2-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (“Annullamento del permesso di
costruire”) e dell‘art. 21-nonies della legge 241/1990.
Il Comune che intervenga in tal senso, nella parte motiva del provvedimento di
secondo grado, è tenuto a bilanciare la tutela dell'interesse pubblico con
l'affidamento formatosi nel privato (che sulla base della Pas ha legittimamente
iniziato a investire nel progetto) e dunque potrà procedere all'annullamento solo
in presenza di motivi di interesse pubblico aggiuntivi a quello della mera
ricostituzione della legittimità violata dal progetto.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
Il Comune, ove entro l’indicato termine di 30 gg. ex comma 2, sia riscontrata
l'assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica
all'interessato l‘ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso
di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il
consiglio dell'ordine di appartenenza.
È comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le
integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed
edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il
termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma
2, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
Ai sensi del comma 5, qualora siano necessari atti di assenso, di cui all’ultimo
periodo del comma 2, che rientrino nella competenza comunale e non siano
allegati alla dichiarazione, il Comune provvede a renderli tempestivamente e, in
ogni caso, entro il termine per la conclusione del relativo procedimento fissato ai
sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine di cui al
periodo precedente, l’interessato può adire i rimedi di tutela di cui all’articolo
117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (ricorsi avverso il silenzio,
proponibili finché perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla
scadenza del termine di conclusione del procedimento).
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
Qualora l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia
sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella
comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l’amministrazione
comunale provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla
presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli
14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. In
tal caso, il termine di trenta giorni di cui al comma 2 è sospeso fino alla
acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all’adozione della determinazione
motivata di conclusione del procedimento ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 6bis, o all’esercizio del potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 14-quater, comma
3, della medesima legge 7 agosto 1990, n. 241.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
La realizzazione dell’intervento deve essere completata entro tre anni dal
perfezionamento della procedura abilitativa semplificata ai sensi dei commi 4
o 5.
La realizzazione della parte non ultimata dell’intervento è subordinata a
nuova dichiarazione (cfr., in tal senso, anche lo studio del Consiglio Nazionale
dei notai n. 325-11/C dell’8 giugno 2011).
L’interessato è comunque tenuto a comunicare al Comune la data di
ultimazione dei lavori.
La sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui
risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l'elenco di quanto
presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato,
nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.
Ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato
di collaudo finale, che deve essere trasmesso al Comune, con il quale si
attesta la conformità dell’opera al progetto presentato con la dichiarazione,
nonché ricevuta dell'avvenuta presentazione della
variazione
catastale
conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non
hanno comportato modificazioni del classamento catastale.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata
(PAS): art. 6
In ultima analisi:
È evidente che lo strumento della Pas rappresenta un modello di semplificazione
procedimentale applicabile a impianti di minore impatto sul territorio (e, quindi,
esclusi dalla procedura di autorizzazione unica), ma comunque con caratteristiche
industriali che li differenziano dagli impianti per i quali basta la semplice
comunicazione.
Come indicato, uno dei parametri di ammissibilità del ricorso alla Pas è il rispetto
delle soglie di potenza (capacità di generazione) indicate nella tabella A allegata
al d.l.vo n. 387 del 2003.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della direttiva
2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata (PAS): art. 6
Grande novità del d.l.vo n. 28/2011 è la possibilità di elevare le soglie di
potenza fino a 1 MW.
Infatti, dopo anni di attesa (e numerose pronunce contrarie della Corte
costituzionale) il d.l.vo n. 28/2011 ha conferito alle Regioni e alle Province il
potere di estendere fino ad 1 MW elettrico le soglie di potenza che ammettono il
ricorso alla Pas.
Sotto la vigenza del d.l.vo n. 387/2003 la possibilità di ricorrere alla procedura
semplificata della Dia era ammessa solo per impianti che rientravano nella
potenza indicata nella tabella A.
Allegato Tabella A (Articolo 12)
Fonte
Soglie
1.Eolica
60 kW
2.Solare fotovoltaica
20 kW
3.Idraulica
100 kW
4.Biomasse
200 kW
5.Gas di discarica,
250 kW
gas residuati dai processi di depurazione
e biogas
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della direttiva
2009/28/CE - La Procedura abilitativa semplificata (PAS): art. 6
A fronte di tale dato normativo nazionale, non erano mancate le Regioni che
hanno esteso l’ammissibilità del ricorso alla Dia anche per impianti di potenza
maggiore rispetto alla soglia nazionale, estendendo la potenza fino a 1 MW (tra
tutte, la Puglia, la Basilicata, la Calabria). Contro tali Regioni, la Corte
costituzionale si era pronunciata molte volte (tra tutte, le sentenze 364/2006,
382/2009, 119/2010 e da ultimo la sentenza 107/2011) ribadendo che le Regioni
non avevano il potere di elevare autonomamente le soglie di potenza per
ricorrere alla Dia in assenza del decreto del ministro dello Sviluppo economico
che consentisse l’elevazione della potenza.
Dunque, con il d.l.vo n. 28/2001 si è attribuito alle Regioni il potere di elevare la
soglia di potenza.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della direttiva
2009/28/CE: la comunicazione relativa alle attività in edilizia libera
Ai sensi dell’art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28/2011, la comunicazione relativa
alle attività in edilizia libera, di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida adottate
ai sensi dell’articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.
387 continua ad applicarsi, alle stesse condizioni e modalità, agli impianti ivi
previsti. Le Regioni e le Province autonome possono estendere il regime della
comunicazione di cui al precedente periodo ai progetti di impianti alimentati da
fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW, nonché agli impianti
fotovoltaici di qualsivoglia potenza da realizzare sugli edifici, fatta salva la
disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse
idriche.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della direttiva
2009/28/CE: la comunicazione relativa alle attività in edilizia libera
Il decreto legislativo ha modificato altresì la lettera d), comma 2, dell’articolo 6
del d.P.R. n. 380/2001 (come introdotta dalla legge 73/2010), consentendo
l’installazione - previa mera comunicazione – dei pannelli solari e fotovoltaici,
a servizio degli edifici esistenti o su loro pertinenze, posti al di fuori del centro
storico (zona A del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n.
1444), espungendo l’originaria limitazione all’applicazione dell’istituto, costituita
dalla previsione di assenza di serbatoi di accumulo esterni.
Dunque, i pannelli solari possono essere installati in regime di edilizia libera
anche se dotati di serbatoio di accumulo esterno (art. 7, comma 3, in esame).
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE: la comunicazione relativa alle attività in
edilizia libera
L’articolo 7, comma 1, del d.lgs. n. 28/2011 pone però dei nuovi, specifici
requisiti affinché gli interventi di installazione di impianti solari termici possano
essere considerati attività ad edilizia libera e precisamente:
a) siano installati impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la
stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non
modificano la sagoma degli edifici stessi;
b) la superficie dell’impianto non sia superiore a quella del tetto su cui viene
realizzato;
c) gli interventi non ricadano su immobili vincolati ai sensi del D.lgs. n. 42/2004.
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Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della
direttiva 2009/28/CE: la comunicazione relativa alle attività in
edilizia libera
Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera a), e dell’articolo 123, comma 1, del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 gli
interventi di installazione di impianti di produzione di energia termica da
fonti rinnovabili diversi da quelli di cui ai commi da 1 a 4, realizzati negli
edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi e destinati unicamente alla
produzione di acqua calda e di aria per l’utilizzo nei medesimi edifici, sono
soggetti alla previa comunicazione secondo le modalità di cui al medesimo
articolo 6 (art. 7, comma 5).
120
Corso di formazione
LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI:
PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI
ABILITATIVI
Conclusioni
121
Fly UP