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Il mare
IL MARE Caterina Capanni Giulia Innocenti IID liceo scientifico 2009-2010 Progetto di poesia NICCOLÒ UGO FOSCOLO Niccolò Ugo Foscolo nacque a Zante, nelle isole Ionie, nel 1778 da padre veneziano, il medico Andrea, e da madre greca, Diamantina Spathis. Fanciullo compì i primi studi nel seminario di Spalato, ma alla morte del padre (1788) tornò a Zante e dopo qualche anno raggiunse la madre ed i fratelli a Venezia, ove si dedicò agli studi letterari, frequentando spesso l’Università di Padova, soprattutto per ascoltare le lezioni di Melchiorre Cesarotti. Fu un appassionato studioso di letteratura greca e latina, ma coltivò anche con profondo interesse lo studio dei maggiori autori italiani (Dante, Petrarca, Parini, Alfieri) e stranieri, senza trascurare le letture dei filosofi.Nel 1796, già noto per alcune poesie e traduzioni, dovette rifugiarsi sui Colli Eugànei per sottrarsi alla persecuzione del governo oligarchico veneziano, cui non erano graditi i suoi atteggiamenti liberali. Nel 1797, istituito a Venezia un governo democratico, tornò in patria ed assunse cariche pubbliche, ma pochi mesi dopo, in seguito al trattato di Campoformio con cui Napoleone cedeva vilmente Venezia all’Austria, dovette nuovamente fuggire e si riparò a Milano. Poi si trasferì a Bologna e l’anno successivo si arruolò col grado di luogotenente nella Guardia Nazionale e, a fianco dei Francesi, combatté contro gli Austro-russi. Al comando del generale francese Massena partecipò alla difesa di Genova e quando la città fu costretta alla resa, seguì il Massena nella fuga. Rientrò a Milano dopo Marengo ed ebbe incarichi militari da svolgere in Romagna e in Toscana. Nel 1804 si recò in Francia, per motivi militari, e qui ebbe l’opportunità di trascorrere due anni di relativa calma, che impiegò in gran parte in amori appassionati, fra cui quello con l’inglese Fanny Emerytt da cui nacque la figlia Floriana. Tornato in patria, visse tra Venezia, Milano, Pavia, Bologna e di nuovo Milano, da dove fuggì nel maggio del 1815 per non dover giurare fedeltà agli Austriaci. Dopo una breve permanenza a Lugano ed a Zurigo, l'anno dopo si stabilì a Londra, accolto dall'alta società. Qui guadagnò abbastanza con la pubblicazione delle sue opere, ma sperperò tutto con le sue dissolutezze: iniziò pure la costruzione di una lussuosissima villa, che non riuscì a pagare totalmente nonostante il soccorso della figlia Floriana. Inseguito dai creditori, subì anche il carcere, e fu poi costretto a ritirarsi nel villaggio di Turnham Green, ove visse gli ultimi suoi anni in compagnia della figlia. Morì il 10 settembre 1827 A zacinto Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell'onde del greco mar da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l'inclito verso di colui che l'acque cantò fatali, ed il diverso esiglio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. (N. Foscolo) Il sonetto si fonda sul tema dell’esilio del poeta e del suo definitivo distacco dalla patria greca Zacinto. La lirica pertanto si conclude con l’immagine dolorosa dell’illacrimata sepoltura che riprende, rendendolo ancora più tragico e sofferto, il motivo dell’impossibilità del ritorno espresso nei versi iniziali. La struttura metrico-sintattica del componimento è del tutto nuova rispetto a quella tradizionale del sonetto italiano caratterizzato dalla coincidenza tra strofe e periodi. Esso presenta infatti un periodo ampio e sinuoso che si distende per ben tre strofe. All’inizio del sonetto i tre monosillabi (Né più mai) scandiscono fortemente il verso e ribadiscono a livello ritmico l’impossibilità del ritorno sottolineando lo stretto rapporto tra significanti e significati. ◊Le parole chiave del sonetto sono messe fortemente in rilievo dalle rime e dai frequenti enjambement. Esse si possono raggruppare in due serie: Sponde Giacque Onde Nacque Feconde Tacque Fronde Acque Come si può notare, le parole della prima serie racchiudono tutte il termine “onde” e quelle della seconda serie il termine “acque”. Umberto Saba Umberto Saba nacque a Trieste nel 1883, da Rachel Coen (ebrea) e Ugo Poli (cattolico), ma già dalla sua prima infanzia dovette affrontare una prova durissima: infatti, il matrimonio dei suoi genitori entrò in crisi quasi subito, e il poeta fu mandato a vivere presso una contadina slovena, l'amatissima Peppa, con la quale mantenne sempre un rapporto d'intenso affetto. Rientrato in famiglia a tre anni, crebbe con la madre che gestiva un negozio di oggetti usati. La sua carriera scolastica fu breve: frequentò il ginnasio soltanto per pochi mesi e abbandonò quasi subito per lavoro. Perciò la sua formazione avvenne soprattutto tramite quelle che egli poi definì "le sterminate letture d'infanzia": letture di Leopardi, Foscolo, Petrarca, Manzoni. Nel 1905-1906 si trasferì a Firenze con l'amico filosofo Giorgio Fano e vi rimase fino al 1910, entrando in contatto (un contatto spesso conflittuale) con gli ambienti intellettuali della città, tra cui la "La Voce". Nel 1907-1908, dopo il servizio militare prestato a Salerno (Saba ha la cittadinanza italiana nonostante sia suddito dell'Impero Asburgico), sposò Lina (Carolina Wölfler, la Lina del Canzoniere) da cui l'anno seguente ebbe una figlia. Nel 1910 uscì a spese del poeta il primo libro di versi, Poesie; poi nel 1911 scoppiò una grave crisi in famiglia e per un certo periodo il poeta lasciò la moglie, ma poi si rappacificò definitivamente. Dopo la prima guerra mondiale, Saba rilevò a Trieste una vecchia libreria antiquaria, alla quale si dedicò per il resto della vita. Nel 1921, con il marchio editoriale della libreria, pubblicò il Canzoniere, che comprendeva tutte liriche composte fino a quel momento dal poeta. Nel 1929 si sottopose a una terapia psicoanalitica con il dottor Edoardo Weiss, allievo di Freud, per curarsi da una nevrosi da cui era afflitto, ma questa esperienza si concluse quasi subito, poiché lo specialista si trasferì a Roma (1933). Questa esperienza ebbe un significato importante per Saba, perché gli confermarono alcune sue intuizioni circa l'importanza delle esperienze infantili nella formazione della personalità, e di conseguenza la psicoanalisi gli apparve come uno strumento importantissimo per la conoscenza dell'animo umano e quindi della realtà e della storia. Da allora, insieme a Nietzsche, Freud restò uno dei suoi "maestri di vita". Nel 1938 avvenne un cambiamento nella vita di Saba dovuto all'introduzione delle leggi razziali, in conseguenza delle quali dovette abbandonare Trieste e rifugiarsi a Roma, che abbandonò dopo avere trascorso quelli che egli definì i mesi più felici della sua vita (il poeta era circondato dal calore e dalla stima di numerosi intellettuali e scrittori), per l'impossibilità di trovare un lavoro. Si trasferì così a Milano (ospitato da una famiglia amica), sino al suo rientro a Trieste, dopo le elezioni del 18 aprile 1948, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita tra ricoveri prolungati in clinica, dovuti alla sua nevrosi e alla morte della moglie, e riconoscimenti ufficiali sulla sua produzione poetica (nel 1951 ricevette il premio dell'Accademia dei Lincei, nel 1953 la laurea honoris causa dell'università di Roma). Negli ultimi anni compose ancora delle raccolte di versi e un romanzo rimasto incompiuto, Ernesto. Morì a Gorizia nell'agosto del 1957. Ulisse Nella mia giovinezza ho navigato lungo le coste dalmate. Isolotti a fior d’onda emergevano, ove raro un uccello sostava intento a prede, coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi. Quando l’alta marea e la notte li annullava, vele sottovento sbandavano più al largo, per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore. (U. Saba) In questa poesia sono presenti due strofe,di cui la seconda spezzata in due distici. I versi sono tutti endecasillabi. Le rime seguono lo schema ABABCCDD Parafrasi: mi affaccio alla finestra e vedo il mare; è una notte stellata e la luce si rifrange sulle onde. Le onde sono come le stelle: si muovono e sembrano dialogare tra loro. Il vento smuove l'acqua e produce rumori simili a sospiri; intanto appare sul mare un ponte di luce, che supera le distesa dell'acqua e il poeta si domanda dove arriverà Il tema dell'affacciarsi alla finestra è ricorrente nelle poesie di Pascoli: è parte preponderante di quella poetica dello stupore che contraddistingue tutta la sua opera. L'atteggiamento di chi resta alla finestra simboleggia da un lato una volontà di osservazione partecipata della natura, dall'altro la lontananza sofferta, il distacco, la mancata unione assoluta. In questi versi prevale il secondo aspetto. Di fronte ad una natura che sembra amoreggiare, tra palpiti e carezze, in una sorta di amplesso cosmico, il poeta può solo osservare e domandarsi, senza comprendere fino in fondo. Non esiste risposta al mistero della natura, non c'è ponte di cui si veda la fine: solo un accenno di percorso, fantastico e luminoso, ma che non lascia altro che una domanda angosciosa sul destino delle umane cose e della natura. Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855. Il padre, che è amministratore di una tenuta agricola, viene ucciso in un agguato lasciando orfani i suoi otto figli. Pascoli ha allora dodici anni e sta seguendo gli studi in un collegio di Urbino. Negli anni seguenti la sua giovinezza è ancora sconvolto da gravi lutti : muoiono la madre e tre fratelli. La sua famiglia conosce anche difficoltà economiche ma egli ottiene una borsa di studio per l'università di Bologna dove diventa allievo di Carducci e, nel 1882, si laurea in lettere. In quel tempo aderisce al movimento socialista e viene condannato anche ad alcuni mesi di carcere; segue un periodo di grave crisi, durante il quale si accentua il pessimismo riguardo alla possibilità che gli uomini possano incidere sulla storia, ed abbandona la politica attiva. Dopo aver insegnato latino e greco in diversi licei e università italiane, nel 1906 succede al Carducci come professore di letteratura italiana all'università di Bologna. Nel frattempo trova il suo rifugio ideale dagli affanni della vita nella casa di Castel Vecchio di Barga in provincia di Lucca dove vive anche la sorella Maria. Muore a Bologna nel 1912. mare M'affaccio alla finestra e vedo il mare: vanno le stelle, tremolano l’onde. Vedo stelle passare, onde passare: un guizzo chiama, un palpito risponde. Ecco sospira l'acqua, alita il vento: sul mare è apparso un bel ponte d'argento. Ponte gettato sui laghi sereni, per chi dunque sei fatto e dove meni? (G. Pascoli) In questa poesia sono presenti due strofe,di cui la seconda spezzata in due distici. I versi sono tutti endecasillabi. Le rime seguono lo schema ABABCCDD Parafrasi: mi affaccio alla finestra e vedo il mare; è una notte stellata e la luce si rifrange sulle onde. Le onde sono come le stelle: si muovono e sembrano dialogare tra loro. Il vento smuove l'acqua e produce rumori simili a sospiri; intanto appare sul mare un ponte di luce, che supera le distesa dell'acqua e il poeta si domanda dove arriverà Il tema dell'affacciarsi alla finestra è ricorrente nelle poesie di Pascoli: è parte preponderante di quella poetica dello stupore che contraddistingue tutta la sua opera. L'atteggiamento di chi resta alla finestra simboleggia da un lato una volontà di osservazione partecipata della natura, dall'altro la lontananza sofferta, il distacco, la mancata unione assoluta. In questi versi prevale il secondo aspetto. Di fronte ad una natura che sembra amoreggiare, tra palpiti e carezze, in una sorta di amplesso cosmico, il poeta può solo osservare e domandarsi, senza comprendere fino in fondo. Non esiste risposta al mistero della natura, non c'è ponte di cui si veda la fine: solo un accenno di percorso, fantastico e luminoso, ma che non lascia altro che una domanda angosciosa sul destino delle umane cose e della natura. Giuseppe Ungaretti Giuseppe Ungaretti nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez. Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi: studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia di Bergson, ma non si laurea. Rientra in Italia nel 1914, si abilita all'insegnamento della lingua francese e lavora a Milano.Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista, si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il «Popolo d’Italia». Durante il suo soggiorno francese sposa Jeanne Dupoix e pubblica con Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919). A causa della precaria condizione economica, nel 1923 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli Esteri. Nel 1925, Ungaretti firma il Manifesto degli intellettuali fascisti. Nel 1931 esce l'edizione definitiva, de l’Allegria, il volume pubblicato originariamente nel 1916 con il titolo Il Porto Sepolto, quindi nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi e di nuovo nel 1923 con la prefazione di Benito Mussolini. La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede religiosa. Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della «Gazzetta del Popolo», che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio di nove anni. Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d'Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente universitario e Mondadori comincia a pubblicare le sue poesie: Il dolore (1947), La Terra promessa (1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1961) e Vita di un uomo (1969). I ricordi I ricordi, un inutile infinito, ma soli e uniti contro il mare, intatto in mezzo a rantoli infiniti… Il mare, voce d’una grandezza libera, ma innocenza nemica nei ricordi, rapido a cancellare le orme dolci d’un pensiero fedele… Il mare, le sue blandizie accidiose quanto feroci e quanto, quanto attese, e alla loro agonia, presente sempre, rinnovata sempre, nel vigile pensiero l’agonia … I ricordi, il riversarsi vano di sabbia che si muove senza pesare sulla sabbia, echi brevi protratti, senza voce echi degli addii a minuti che parvero felici … (G. Ungaretti) La lirica è suddivisa in quattro strofe anche se non regolari come struttura. I versi della poesia sono liberi e esiste una sola rima: momento–bastimento. La poesia fa parte della raccolta : “il Dolore”. Il poeta in una sera del lontano giugno 1912 lascia la sua terra, portando nel cuore il canto interminabile delle cicale che assorda e rode dentro come una "lima". E dalla bianca nave che lo porta verso l’Italia, vede a poco a poco sparire, come in un abbraccio d’addio, le luci della città a lui tanto cara anche a causa della foschia prodotta dal caldo. Il ricordo della città natale Alessandria per sempre persa e per sempre ritrovata per via di poesia, è l’espressione di un ritorno nostalgico verso una città sospesa in una solarità radiosa che il poeta ha lasciato una sera d’estate, vedendola sparire come in un ultimo abbraccio di luci. In effetti, i tempi verbali che compongono le quattro parti della lirica (presente/passato prossimo/imperfetto/passato prossimo) sottolineano il distacco del poeta dalla città natale ma anche i ricordi e le emozioni che quella città suscita nel suo cuore. Il mondo del poeta è fatto di silenzio, silenzio che lo fa riflettere e gli fa "ritrovare", nei ricordi, la città in cui nacque.