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La teoria del federalismo fiscale - Università di Trieste Polo di Gorizia

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La teoria del federalismo fiscale - Università di Trieste Polo di Gorizia
Alessandro Fabbrini
Università degli Studi di Trieste
Corsi di laurea in Scienze internazionali e
diplomatiche
Gorizia, 26 marzo 2011
Il federalismo fiscale e
l’organizzazione statale (1)
Il federalismo fiscale si occupa della determinazione di
responsabilità, funzioni e modalità di finanziamento dei vari
livelli di governo.
Un’organizzazione statale può essere:
1. Unitaria/centralizzata
2. Decentrata
3. Federale
4. Confederale
La nostra analisi teorica prescinde dalle domande del tipo
decentramento vs. federalismo, per concentrarsi sulle
questioni chi deve gestire i vari servizi pubblici e con quali
mezzi di finanziamento.
2
Il federalismo fiscale e
l’organizzazione statale (2)
 Nello Stato centralizzato tutte le decisioni vengono prese
centralmente. I servizi pubblici locali vengono erogati da
uffici decentrati che rispondono gerarchicamente agli uffici
centrali. Se esistenti, le Amministrazioni decentrate si
comportano come uffici centrali periferici. Come indicatori
(approssimativi) del grado di accentramento, possiamo
usare la quota di spesa delle Amministrazioni centrali sul
totale della spesa pubblica, o la quota di entrate fiscali
erariali sul totale.
 Con il decentramento le Amministrazioni decentrate
acquisiscono responsabilità e margini di autonomia
finanziaria, ma il tutto promana da una decisione/delega
del governo centrale.
3
Il federalismo fiscale e
l’organizzazione statale (3)
 Nello Stato federale la distribuzione di compiti e
l’autonomia finanziaria promanano dalla Carta
costituzionale, godendo di maggior tutela rispetto al
caso decentrato. Non è detto però che in uno Stato
federale le Amministrazioni decentrate godano di
maggiore autonomia di spesa e di finanziamento
rispetto al decentramento.
 Nella confederazione la delega proviene dal basso.
L’organizzazione sovranazionale dipende dagli Stati
membri.
4
Teoria del federalismo fiscale: quesiti tipici
Le tipiche questioni cui la teoria del federalismo fiscale
vuole dare risposta sono:
 Quali sono i vantaggi/svantaggi distributivi e di
efficienza tra un’organizzazione decentrata e una
accentrata?
 Quali funzioni è consigliabile che svolga il governo
centrale e quali i governi locali?
 Esiste una dimensione ottimale delle giurisdizioni
locali?
 Come organizzare le relazioni finanziarie tra i livelli di
governo?
 Quali effetti ha il decentramento sulla spesa pubblica?
 Quali gli strumenti fiscali a disposizione di ogni livello
di governo?
5
Teoria del federalismo fiscale: i
pregi del federalismo
In estrema sintesi una struttura federalista ha il
vantaggio di sintonizzare maggiormente le scelte
pubbliche alle preferenze (variabili sul territorio) dei
cittadini/elettori e di responsabilizzare gli
amministratori locali nelle loro scelte gestionali.
La responsabilizzazione dei governi locali rende
confrontabili le loro scelte, permettendo ai cittadini di
esprimere giudizi sul loro operato.
La mobilità territoriale dei fattori (capitale e lavoro)
tenderà a beneficiare le Amministrazioni locali virtuose,
ponendo nel contempo vincoli a deviazioni di
comportamento dell’operatore pubblico locale.
6
Teoria del federalismo fiscale: i
pericoli del federalismo
D’altro canto, in nazioni con forti differenze territoriali
nella distribuzione del reddito, il federalismo fiscale può
indebolire l’azione redistributiva del governo centrale e,
se non applicato propriamente, introdurre
diseguaglianze nell’offerta di servizi pubblici fino a
minare i diritti di cittadinanza.
È necessaria quindi un’attenta attività perequativa da
parte del governo centrale.
Inoltre la competizione fiscale tra Amministrazioni
locali può portarsi a livelli eccessivi.
È una delle tipiche situazioni di trade-off tra equità ed
efficienza che caratterizzano lo studio dell’economia del
settore pubblico.
7
Il trade-off tra equità ed efficienza
Il dibattito è aperto sulla forma del trade-off e sul valore
relativo di equità ed efficienza.
Vi sono però situazioni in cui il trade-off non si presenta
(cfr. oltre i miglioramenti paretiani).
equità
efficienza
8
L’economia del settore pubblico (1)
Lo studio del federalismo fiscale rientra nella più ampia
disciplina denominata Economia del settore pubblico.
 Con un approccio micro, possiamo dire che studia le
relazioni tra spesa pubblica, tassazione e il
comportamento degli agenti economici (individui,
famiglie, imprese).
 Secondo uno sguardo macro, studia gli effetti di spesa
pubblica e tassazione sull’economia.
È una disciplina nata intorno agli anni ‘30 del ‘900 come
evoluzione della Finanza pubblica, che concentrava la
sua attenzione sul solo lato delle entrate (tassazione).
9
L’economia del settore pubblico (2)
Alcune tipiche domande cui l’economia del settore
pubblico cerca di dare risposta:
 Quali funzioni dovrebbe esercitare il settore pubblico?
 Una data misura economica va a vantaggio/svantaggio
di quale porzione della popolazione?
 Quali effetti ha una nuova forma di tassazione sul
funzionamento di mercato?
 L’allocazione delle risorse tra funzioni pubbliche
avviene in modo efficiente?
 ...
10
Chi ha bisogno del federalismo
fiscale? (1)
La giustificazione economica del federalismo e del
decentramento si trova nella considerazione che
1. alcuni beni pubblici hanno benefici geograficamente
limitati;
2. centralizzare ogni funzione comporta elevati costi
decisionali.
Vi sono poi ragioni non economiche che risiedono
nell’organizzazione politica di uno Stato e sui pesi e
contrappesi tra livelli di governo.
11
Chi ha bisogno del federalismo
fiscale? (2)
Pensiamo ad esempio al problema di determinare
contemporaneamente l’offerta di un servizio pubblico locale
(gli asili nido) e del livello di governo che se ne dovrebbe
occupare (cioè del bacino di popolazione che dovrebbe
servire), data una funzione di congestione (o di esclusione)
del tipo:
Z i*   1Z
La quantità di bene consumata dal cittadino i dipende dalla
quantità totale Z e da un parametro α funzione della
popolazione coinvolta.
Una volta definiti le quantità, i bacini di utenza, le
Amministrazioni che dovrebbero occuparsene, bisognerà
pensare anche alle modalità di finanziamento del servizio.
12
Piano di lavoro (1)
Prima di dedicarci al federalismo fiscale vero e proprio
dobbiamo anche dotarci di una serie di strumenti di
analisi. Il nostro programma è quindi:
 Ripresa dei concetti fondamentali dell’economia del
benessere.
 I fallimenti del mercato e la giustificazione
dell’intervento pubblico
 La mobilità dei cittadini garante di efficienza
1. Più nel dettaglio sui beni pubblici
2. Il «voto con i piedi» di Tiebout
13
Piano di lavoro (2)
 L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di governo.
Le funzioni pubbliche
2. L’attribuzione nella teoria e nella pratica.
 Il teorema del decentramento di Oates
 Il finanziamento della spesa pubblica locale:
1. Qualche concetto generale sulla tassazione
2. I tributi locali
3. I trasferimenti intergovernativi
 Conclusioni: i principi del federalismo fiscale «ottimo»
1.
14
Economia del benessere
I programmi pubblici vengono giudicati dagli
economisti per i loro effetti sull’efficienza economica e
sulla distribuzione del reddito/ricchezza/benessere.
L’economia del benessere formula e applica criteri per
giudicare sulla desiderabilità di proposte alternative.
Spesso le questioni di efficienza e di equità si presentano
in conflitto tra loro, ponendosi come tipico esempio di
trade-off alle scelte dell’operatore pubblico.
Laddove non si presentino problemi di scelta abbiamo la
possibilità di conseguire un miglioramento paretiano.
15
Efficienza paretiana
Un aumento del benessere di almeno un individuo senza che
nessun altro individuo registri un peggioramento è un
miglioramento paretiano.
L’ottimo paretiano rappresenta una situazione in cui non
sono possibili ulteriori miglioramenti paretiani, e soddisfa il
principio dell’efficienza paretiana.
Il principio paretiano postula che ogni qualvolta sia
ravvisabile un miglioramento paretiano, questo debba essere
realizzato.
L’efficienza paretiana è individualistica per 2 ragioni:
1. Non considera il benessere relativo tra individui.
2. È coerente con il principio di sovranità del consumatore,
dove ciascuno di noi è il miglior giudice del proprio
benessere.
16
Funzione di utilità e utilità
marginale
U2
Funzione di utilità dell’individuo 2
Q2
U’2
Utilità marginale dell’individuo 2
Q2
17
La curva delle possibilità di utilità
Oltre alla perdita di efficienza dovuta alla
redistribuzione, i guadagni di utilità diminuiscono per
effetto dell’utilità marginale decrescente.
U1
A
B
C
U2
18
Possibilità di utilità ed efficienza
paretiana
Il principio paretiano ci guida nel passaggio da I a B, ma
non ci è di aiuto nel valutare il passaggio da I ad A.
U1
A
B
I
Curva delle possibilità di utilità
U2
19
Le curve di indifferenza individuale
Curve di indifferenza individuale con due beni
Q1
Livello di utilità individuale 2
Livello di utilità individuale 1
Q2
20
Le curve di indifferenza sociale (1)
Curve di indifferenza sociale con due gruppi di individui
U1
Livello di utilità sociale 2
Livello di utilità sociale 1
U2
21
Le curve di indifferenza sociale (2)
Così come le curve di indifferenza individuale derivano
da una funzione di utilità individuale
U  U (Q1 , Q2 ,...)
le curve di indifferenza sociale derivano da una funzione
di benessere sociale
W  W (U 1 , U 2 ,...)
Le curve di indifferenza sociale forniscono lo strumento
teorico per analizzare i trade-off tra diverse situazioni di
utilità relativa.
22
Le curve di indifferenza sociale (3)
Le forme delle curve di indifferenza sociale ci dicono il
valore relativo dato all’utilità dei diversi gruppi di
individui
U1
U1
U’
U’’
U2
U’
U’’
U2
23
Il benessere sociale utilitaristico
Secondo l’approccio utilitaristico classico, il benessere
collettivo deriva dalla somma dei benesseri individuali.
La curva di indifferenza sociale è una retta con pendenza
pari a -1.
U1
Curva di indifferenza
sociale utilitaristica
W  U1 U 2
U2
24
La «tipica» curva di indifferenza sociale
Una società attenta anche alle questioni distributive preferirà
una curva di indifferenza sociale convessa del tipo di quella
illustrata: a una rilevante sperequazione dell’utilità, si
considera accettabile un forte peggioramento del gruppo «più
ricco» a fronte di un lieve miglioramento di quello «più
povero».
U1
U2
25
La curva di indifferenza sociale
rawlsiana
Secondo l’approccio estremo di Rawls, il benessere
sociale corrisponde a quello dell’individuo più povero
(scompare ogni questione di trade-off).
U1
U’1
U’2
U2
26
Il benessere in un’economia
puramente privata
Primo teorema fondamentale dell’economia del
benessere: in regime di concorrenza perfetta,
l’allocazione delle risorse corrisponde a una situazione di
ottimo paretiano.
Secondo teorema fondamentale dell’economia del
benessere: data una corretta distribuzione iniziale delle
risorse, un’economia perfettamente concorrenziale può
raggiungere un qualsiasi punto lungo la curva delle
possibilità di utilità.
Al di là di definire la distribuzione iniziale delle risorse,
perché allora avremmo bisogno di un operatore pubblico,
nazionale o locale che sia?
27
La giustificazione dell’intervento
pubblico: i fallimenti del mercato
Perché vi sono diverse circostanze in cui il mercato
privato non è efficiente in senso paretiano:
1. Insufficiente concorrenza
2. Esternalità
3. Mercati incompleti
4. Carenza di informazione
5. Disoccupazione, inflazione e disequilibrio
6. Beni pubblici
28
Insufficiente concorrenza (1)
In presenza di rendimenti crescenti di scala (monopolio
naturale) può essere più efficiente che vi siano poche o
una sola impresa. In assenza di regolamentazione, però,
il monopolista ridurrà la quantità prodotta per spuntare
un prezzo più elevato.
prezzo
Ricavo marginale
Domanda
Costo medio
Costo marginale
Q*
Q1 Q2
quantità
29
Insufficiente concorrenza (2)
L’operatore pubblico può far riguadagnare l’efficienza
allocativa:
1. Regolamentando il settore imponendo un prezzo uguale
al costo marginale e concedendo sussidi al monopolista
finanziati dalla fiscalità generale.
2. Nazionalizzando il settore praticando egli stesso un
prezzo pari al costo marginale e finanziandosi con la
fiscalità generale.
Bisognerà soppesare l’inefficienza che si vuole sanare con le
distorsioni introdotte dalla tassazione necessaria al
finanziamento della misura varata.
Nel caso in cui i rendimenti di scala si limitino a un ambito
locale (pensiamo ad alcuni servizi pubblici, a beni
infrastrutturali, ecc.), può rivelarsi più efficiente che sia
l’Amministrazione decentrata a operare le scelte pubbliche.
30
Esternalità (1)
Si hanno nel caso in cui l’azione di un individuo o di
un’impresa influenza altri individui o imprese
imponendo un costo (esternalità negativa) o un
beneficio (esternalità positiva).
In termini più rigorosi abbiamo esternalità «whenever
some individual’s (say A’s) utility or production
relationships include real variables whose values are
chosen by others … without particular attention to the
effects on A’s welfare.», (Baumol e Oates, 1975).
31
Esternalità (2)
Le esternalità generano inefficienze allocative in quanto
chi le genera non sopporta da solo i costi collettivi di
quelle negative (che tenderanno a essere troppe) e non
gode di tutti i benefici di quelle positive (che tenderanno
a essere troppo poche).
Nel caso delle produzioni inquinanti, ad esempio, i costi
a carico del produttore sono solo i costi privati interni,
ma non quelli imposti a terzi che sarebbero necessari al
calcolo dell’effettivo costo per la collettività (costo
sociale).
32
Esternalità (3)
L’intervento dell’operatore pubblico può essere:
1. Regolamentare l’attività (imposizione di limiti
massimi alle esternalità negative e standard minimi a
quelle positive).
2. Utilizzare un sistema di prezzi con un’imposta sulle
esternalità negative e un sussidio su quelle positive.
Il concetto di esternalità è molto presente nel federalismo
fiscale con i termini spill-over ovvero traboccamento.
Pensiamo al caso di un Comune che investe in parchi
pubblici: ne beneficeranno anche i cittadini dei Comuni
limitrofi. Al negativo: pensiamo alla localizzazione di
aziende inquinanti.
33
Esternalità (4)
S’ (costo sociale marginale)
prezzo
S (costo privato marginale)
D (beneficio marginale)
Q1
Q
quantità
I1
I
inquinamento
I
34
Mercati incompleti
Abbiamo un mercato incompleto quando il settore
privato non è in grado di offrire un bene o un servizio
anche se il suo costo di produzione è inferiore al prezzo
che i consumatori sarebbero disposti a pagare. Qualche
esempio:
1. Assicurazione dei depositi.
2. Mercati complementari (iniziative di riqualificazione
urbana).
3. Assicurazione sulle transazioni internazionali.
35
Carenza di informazione
Il mercato privato può fornire insufficienti informazioni
ai consumatori. Qualche esempio:
1. Trasparenza di condizioni sui contratti bancari.
2. Ingredienti nei prodotti alimentari.
3. Note esplicative dei prodotti farmaceutici.
4. Previsioni meteo.
36
Inflazione, disoccupazione e
disequilibrio
Le variazioni cicliche e i vincoli strutturali impongono
spesso ai sistemi economici periodi non transitori di
sottoutilizzo del lavoro e del capitale.
L’operatore pubblico è chiamato, attraverso politiche
economiche, a temperare gli effetti negativi sugli
individui e sulle imprese.
Quanto le politiche di intervento siano capaci di ovviare
a tali problemi, specie in assenza di riforme strutturali, è
tema di dibattito in ambito macroeconomico.
37
Beni pubblici (intro) (1)
I beni pubblici puri sono caratterizzati da due proprietà
fondamentali:
1. Il loro godimento da parte di un individuo addizionale
non comporta costi aggiuntivi (non rivalità).
2. L’esclusione di uno o più individui dal loro godimento è
difficile se non impossibile (non escludibilità).
Classici esempi:
La difesa nazionale, gli ausili alla navigazione (boe, fari),
l’illuminazione pubblica, le previsioni meteo.
Per sua natura il mercato privato non offre tali beni in misura
sufficiente o non ne offre affatto.
38
Beni pubblici (intro) (2)
Consumo di un bene privato puro j:
N
X j   X ij
i 1
Consumo di un bene pubblico puro j:
X j  X ij
Ogni individuo i consuma (o può consumare) l’intero
ammontare del bene pubblico.
La non escludibilità rende impossibile a un produttore
privato di esigere un prezzo per la fornitura del bene
pubblico.
39
Beni pubblici (intro) (3)
Quanto detto finora non implica necessariamente che
l’operatore pubblico debba produrre direttamente i beni
pubblici, ma solo che è necessario un suo intervento.
Ad esempio, lo Stato potrebbe decidere tramite
procedura d’asta di affidare la produzione al settore
privato, fissando livelli minimi di qualità del servizio.
40
I fallimenti del mercato efficiente
I fallimenti del mercato finora descritti comportavano,
in assenza di intervento pubblico, una situazione
subottimale in senso paretiano.
Vi sono due ulteriori fallimenti possibili anche in
situazione di ottimo paretiano:
7. Insoddisfacente distribuzione del reddito.
8. Beni meritori.
L’ottimo paretiano prescinde da questioni distributive,
potendo dare luogo così a distribuzioni fortemente
sperequate, tali da pregiudicare livelli minimi di
sopravvivenza.
41
Beni meritori
Vi sono beni o comportamenti che i consumatori, anche
se perfettamente informati, non consumano o seguono a
sufficienza (astenersi dal fumo, indossare le cinture di
sicurezza, ecc.).
Quando l’operatore pubblico interviene ritenendo di
sapere ciò che è bene per i cittadini meglio dei cittadini
stessi assume un comportamento paternalistico.
Il divieto di assunzione di droghe o il proibizionismo
americano degli anni ‘20 sono esempi di politiche
paternalistiche.
42
Offerta efficiente di beni pubblici
locali e mobilità dei cittadini
Uno guardo più da vicino sui beni pubblici:
 Il free rider.
 Beni pubblici misti e beni privati offerti dal settore
pubblico.
 Samuelson e il problema della rivelazione delle
preferenze individuali sui beni pubblici nazionali.
 Tiebout e il «voto con i piedi» per la rivelazione delle
preferenze sui beni pubblici locali.
43
I beni pubblici: il free rider
Ricordiamo che i beni pubblici puri sono caratterizzati
dalla non rivalità e dalla non escludibilità.
Per effetto di tali caratteristiche, è difficile far pagare un
prezzo per il bene o servizio, in quanto nessuno si
mostrerà disposto a pagarne il prezzo, pur
beneficiandone (problema del free rider). Per tale
motivo è più semplice fare ricorso alla tassazione per
garantire il funzionamento del servizio.
44
I beni pubblici misti
Costo marginale di fruizione (desiderabilità di
esclusione) e facilità di esclusione
Alto costo
marginale
Beni privati forniti
dal settore pubblico
Beni privati puri
Autostrada
congestionata
Desiderabilità
dell’esclusione
Basso
costo
marginale
Difesa nazionale
Beni pubblici puri
Esclusione impossibile (o
costosa o inaccettabile)
Autostrada non
congestionata
Vigili del fuoco
Esclusione facile
45
Un bene pubblico (locale) offerto
dal settore privato (1)
Un ponte non congestionato
pedaggio
Curva di domanda
perdita di
benessere
livello di
congestione
P
Q
Q1
Q2
transiti
46
Un bene pubblico (locale) offerto
dal settore privato (2)
L’imposizione di un prezzo a fronte di un bene il cui
costo marginale sociale è pari a zero comporta una
sottoutilizzazione del bene pubblico in questione. La
perdita di benessere deriva dal numero mancato di
transiti rispetto alla gratuità (l’area al di sotto della curva
di domanda).
In caso di basso costo marginale, si pone la scelta tra
l’imposizione di tariffe o il finanziamento tramite la
fiscalità generale (la scelta dovrebbe privilegiare
l’opzione meno distorsiva).
47
Un bene a esclusione costosa e con
costo marginale positivo (1)
prezzo
Curva di domanda
guadagno di benessere con
fornitura gratuita
P*
C
perdita di benessere con
fornitura gratuita
Costi di transazione
Costi di produzione
Q*
Q1
Qm
quantità
48
Un bene a esclusione costosa e con
costo marginale positivo (2)
Ipotizzando la presenza di costi di transazione
(esclusione costosa) e di produzione, può risultare
vantaggioso fornire comunque il bene gratuitamente. Il
guadagno di benessere rispetto all’equilibrio di mercato
risulta dall’area compresa tra la curva di domanda e la
curva di costo marginale (passaggio da Q* a Q1), a fronte
di una perdita di benessere per la quantità consumata
oltre il costo marginale (passaggio da Q1 a Qm).
I programmi pubblici di assicurazione sono stati un
classico esempio di correzione a fronte di elevati costi di
transazione (amministrativi).
49
Beni privati forniti dal settore
pubblico (1)
Spesso a fini distributivi, l’operatore pubblico può
preferire di sostituirsi al mercato nella fornitura di beni
privati. Un classico esempio è l’istruzione, per la quale si
desidera che le opportunità rispondano al merito
individuale piuttosto che alle caratteristiche della
famiglia di provenienza.
La distorsione introdotta dall’operatore pubblico è
inversamente correlata all’elasticità della domanda
rispetto al prezzo.
50
Beni privati forniti dal settore
pubblico (2)
prezzo
Curva di domanda bene 2
Curva di domanda bene 1
perdita di benessere
gratuità bene 1
perdita di benessere
gratuità bene 2
C
Q1*
Q1m
Q2* Q2m
quantità
51
Analisi di equilibrio parziale: un
bene privato
La curva di domanda aggregata si ottiene per somma
orizzontale di quelle individuali (gli individui sono
price takers).
prezzo
Curve di domanda individuale
Curva di offerta
Curva di domanda aggregata
Q1
Q2
Q
quantità
52
Analisi di equilibrio parziale: un
bene pubblico
La curva di domanda aggregata si ottiene per somma
verticale di quelle individuali (gli individui sono
quantity takers). I prezzi pagati corrispondono al
principio del beneficio.
prezzo
Curva di domanda aggregata
Curve di domanda individuale
P
Curva di offerta
P2
P1
quantità
53
Condizioni di equilibrio
 Bene privato: il prezzo è uguale per tutti i consumatori
e pari al costo marginale di produzione.
 Bene pubblico: la somma dei prezzi pagati dai singoli
consumatori è pari al costo marginale di produzione.
Tenendo il reddito reale costante (anziché quello
nominale), la somma dei saggi marginali di
sostituzione è pari al costo marginale di produzione.
Ma come indurre gli individui a rivelare il proprio
beneficio marginale dal consumo del bene pubblico
(problema del free rider)?
Per tale motivo Samuelson in questi casi parlava di
pseudo curve di domanda.
54
Analisi di equilibrio generale
Ipotesi di partenza (Samuelson 1954 e 1955):
 Il mercato è composto da due beni, un bene privato
puro X1 e un bene pubblico puro X2, e da due
consumatori (1 e 2), cosicché:
X 1  X 11  X 12
X 2  X 21  X 22
 La frontiera delle possibilità di produzione e i gusti dei
due consumatori sono dati.
55
Analisi di equilibrio generale: gli
individui
I punti E1, E2 ed E individuano la combinazione
efficiente in senso paretiano di consumo del bene
privato (X1’) e del bene pubblico (M).
Il tasso marginale di trasformazione eguaglia la somma
dei tassi marginali di sostituzione.
X11
Curve di indifferenza individuo 1
X12
C
c
X11’
Curve di indifferenza individuo 2
E2
X12’
E1
D
d
M
X2
M
X2
56
Analisi di equilibrio generale: il
sistema
X1
A
X1’= X11’+ X12’ C’
Frontiera delle possibilità di produzione
E
D’
M
B
X2
57
Analisi di equilibrio generale
Partendo da diverse curve di indifferenza dell’individuo
2, possiamo derivare una famiglia delle curve di
possibilità di consumo dell’individuo 1. LL rappresenta
l’insieme dei punti di tangenza con le sue curve di
indifferenza.
X11
L
L
c
d
X2
58
Analisi di equilibrio generale
Possiamo allora tracciare una curva delle possibilità di utilità.
Il decisore pubblico, attraverso la funzione di benessere
sociale, determina la quantità di bene pubblico e di bene
privato (e la distribuzione di quest’ultimo) che pone il
sistema sulla curva di indifferenza sociale più elevata.
U1
Curva di indifferenza sociale
E
Curva delle possibilità di utilità
U2
59
Analisi di equilibrio generale
In condizione di ottimo sociale ed n individui, ricordiamo che
la somma dei saggi marginali di sostituzione (SMS) eguaglia
il saggio marginale di trasformazione (SMT):
n
i
SMS
 jk  SMT jk
i 1
In termini di prezzi, la somma dei prezzi pagati dagli n
individui eguaglia il costo marginale di produzione:
n
P
i 1
k
 CM k
Il problema centrale posto da Samuelson è però che per i beni
pubblici non esiste un meccanismo di rivelazione delle
preferenze analogo a quello di mercato, tale da determinarne
la quantità ottima e poter prevenire effetti free rider.
60
Beni pubblici locali (1)
Un bene pubblico si definisce locale quando esaurisce i
propri benefici all’interno di un’area geografica limitata.
Ogni bene o servizio pubblico locale ha quindi un
bacino autocontenuto di utenti che ne sono i soli
beneficiari.
In linea teorica, si potrebbe definire una giurisdizione
locale per ogni servizio pubblico locale, in modo da
eliminare qualsiasi spill-over in termini di costi e di
benefici.
L’efficienza economica richiederebbe quindi la
determinazione di un sistema di Amministrazioni locali
variegato quanti sono i beni pubblici locali sul territorio,
nella misura in cui i bacini di utenza differiscono tra
loro.
61
Beni pubblici locali (2)
Nella realtà un sistema perfettamente efficiente quanto a
dimensioni e funzioni delle Amministrazioni locali
sarebbe di impossibile gestione.
Nel caso italiano, ad esempio, abbiamo una mappa di
Comuni, Province e Regioni aventi pari dignità e dai
contorni solo marginalmente modificabili.
Qualsiasi sistema venga definito per le funzioni e il
finanziamento degli enti decentrati, i fenomeni di spillovers per costi e benefici sono una componente
inevitabile dell’organizzazione del federalismo fiscale.
62
Il modello di Tiebout (1)
Ricordiamo l’avvertenza di Samuelson che con una
pluralità di consumatori la non rivelazione delle
preferenze riguardo i beni pubblici nazionali pone seri
problemi nel determinare la situazione ottimale in senso
paretiano.
Charles Tiebout risponde al problema del free rider
definendo un modello per i beni pubblici locali in cui
con scelte decentralizzate viene raggiunta l’efficienza
economica e dove le preferenze vengono rivelate.
63
Il modello di Tiebout (2)
In presenza di un numero sufficientemente elevato di
Amministrazioni locali, ciascuna delle quali offre un
diverso menu di beni locali, i cittadini sceglieranno di
vivere nell’Amministrazione che meglio risponde alle
loro preferenze individuali.
Votando con i piedi, gli individui rivelano le proprie
preferenze e promuovono l’allocazione efficiente dei
beni pubblici locali, rendendo possibile il
raggiungimento dell’ottimo paretiano, come in un
mercato privato (un quasi mercato).
«Spatial mobility provides the local public goods
counterpart to the private market’s shopping trip.»
64
Il modello di Tiebout: le ipotesi
Le ipotesi del modello sono però molto restrittive:
1. Perfetta mobilità dei consumatori, che non sono
vincolati da legami familiari.
2. Redditi da dividendi (nessun legame di lavoro).
3. Conoscenza perfetta dell’offerta di tutte le
Amministrazioni locali.
4. Rendimenti costanti di scala nella produzione dei
beni pubblici locali (costo marginale costante).
5. Assenza di spill-overs.
6. Elevato numero di Amministrazioni locali.
65
Il modello di Tiebout: le
conseguenze
 La coincidenza tra ambito locale e preferenze




individuali porta all’estremo di Amministrazioni locali
formate da una sola persona.
Il voto con i piedi può avere riflessi distributivi
indesiderati, con il formarsi di comunità di ricchi e
ghetti di disgraziati.
Si ignora l’assetto politico-istituzionale.
Nessuna considerazione sul finanziamento del bene
pubblico locale (imposta capitaria).
In equilibrio tutte le Amministrazioni locali hanno
una dimensione efficiente (al punto minimo della
curva del costo medio pro capite per la produzione del
bene pubblico locale).
66
Il modello di Tiebout: le critiche
Al venir meno delle ipotesi (molto restrittive) del
modello non è possibile raggiungere il numero ottimale
(elevato) di Amministrazioni locali.
Inoltre con perfetta mobilità dei fattori l’equilibrio,
anche se raggiunto, sarà instabile, a meno che non si
introducano costi di aggiustamento.
A differenza di quanto prevede il modello, osserviamo
comunità locali eterogenee e non omogenee.
I flussi migratori imporranno alle comunità riceventi
costi di congestione.
67
Il modello di Tiebout: i pregi
Il modello introduce i fattori economici alla base delle
decisioni di residenza.
Certo che un’analisi completa non può prescindere da
altri fattori quali i costi di trasporto, la distribuzione
delle competenze, fattori geografici, la distribuzione
delle risorse naturali, il clima, la densità abitativa, ecc.
In ogni caso la mobilità territoriale può essere un valido
segnale delle preferenze, come se si trattasse di un voto,
influenzando le scelte pubbliche e i prezzi.
68
Le funzioni pubbliche
Possiamo classificare le funzioni dell’operatore pubblico
in:
1. Funzione allocativa.
2. Funzione distributiva.
3. Funzione di stabilizzazione.
4. Funzione regolamentare.
5. Funzione assicurativa.
6. …
Spesso le funzioni si sovrappongono tra loro, nel senso
che in una stessa misura coesistono ad esempio finalità
allocative e distributive, ecc.
69
La funzione allocativa
Con questa funzione l’operatore pubblico corregge o si
sostituisce al mercato nella decisione di quali beni
produrre e in quali quantità. Il suo potere coercitivo
permette il raggiungimento di un ottimo paretiano
altrimenti irraggiungibile a causa di costi di transazione.
L’operatore pubblico interviene in senso allocativo
tipicamente nelle situazioni di beni pubblici, esternalità,
insufficiente concorrenza.
70
La funzione (re)distributiva (1)
Come già ricordato, l’economia di mercato può
determinare un equilibrio allocativamente efficiente con
una distribuzione della ricchezza, del reddito e del
benessere socialmente inaccettabile.
La risposta privata alle questioni distributive (Onlus,
Ong, associazioni di volontariato e benefiche, ecc.) da
sola non è sufficiente perché non è in grado di
coinvolgere tutti i cittadini (problema del free rider) e, in
caso di mancato coordinamento, può condurre a rivalità
di azione tra associazioni.
71
La funzione (re)distributiva (2)
L’operatore pubblico può efficacemente svolgere la funzione
distributiva in modo coordinato e completo grazie alla sua
potestà impositiva.
Egli redistribuisce il reddito e il benessere facendo ricorso a
una tassazione progressiva per finanziare sussidi e la
somministrazione di beni e servizi (istruzione e igiene
pubblica, previdenza, edilizia popolare, ecc.).
Per alcune tipologie di beni e servizi, è sempre aperto il
dibattito tra chi ritiene più giusto fornire un aiuto al reddito
senza intaccare la sovranità di scelta del consumatore e chi
ritiene sia necessario un controllo diretto sulla loro fruizione
(il caso dei beni meritori).
72
La funzione di stabilizzazione
L’economia di mercato può determinare situazioni
prolungate di sottoutilizzo di capitale e lavoro, senza il
formarsi di un sentiero verso una situazione di
equilibrio.
Attraverso gli strumenti delle politiche monetaria e
fiscale, l’operatore pubblico coadiuva il sistema
economico nel raggiungimento di una situazione di
equilibrio e nel creare le condizioni necessarie per una
crescita sostenibile di lungo periodo.
73
L’attribuzione delle funzioni ai vari
livelli di governo (1)
Una delle questioni fondamentali di cui si deve occupare
il federalismo fiscale è decidere quali funzioni svolgono i
vari livelli di governo. Un’attribuzione ottimale
costituisce una variabile chiave di successo del modello
federalista prescelto.
Secondo l’approccio più classico di Musgrave-Tiebout
(detto della torta a strati), la ripartizione dovrebbe
essere:
1. Funzione di stabilizzazione: centrale
2. Funzione (re)distributiva: centrale
3. Funzione allocativa: locale
74
L’attribuzione delle funzioni ai vari
livelli di governo (2)
Il modello della torta a strati nella sua formulazione estrema
prevedeva una netta distinzione dei compiti, dove ogni livello
di giurisdizione è assolutamente sovrano delle proprie scelte
(il caso USA fino agli anni ‘30).
Il New Deal roosveltiano introdusse un approccio di
federalismo cooperativo, dove Amministrazioni decentrate e
governo centrale collaborano nel perseguire gli obiettivi
comuni di massimizzazione dell’utilità sociale, ciascuno
secondo i propri compiti e responsabilità.
Nel caso italiano, abbiamo la ripartizione delle funzioni
pubbliche tra competenze nazionali, decentrate e condivise
(dove per queste ultime il governo nazionale detta linee guida
generali) e vengono assicurati ovunque sul territorio livelli
essenziali di assistenza e di prestazione.
75
L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di
governo: la funzione di stabilizzazione
Una politica fiscale locale espansiva avrebbe difficoltà a
essere efficace perché:
1. Si pongono problemi per il suo finanziamento
2. Secondo le dimensioni della comunità locale, molta o
quasi tutta la domanda aggiuntiva andrebbe a beneficio
di altre comunità
3. Si possono instaurare comportamenti competitivi da
parte di altre comunità
4. Una serie di strumenti (in primis la politica monetaria)
sono riservati al governo centrale (se non più in alto).
Risultato: probabilmente la misura espansiva si traduce in
una misura redistributiva (a somma zero).
76
L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di
governo: la funzione (re)distributiva (1)
In assenza di una funzione distributiva centrale e in presenza
di territori a capacità fiscale molto differenziata, sarà
possibile assicurare gli stessi servizi pubblici ai cittadini
imponendo imposte più elevate nelle zone più povere del
Paese.
Rilevanti differenze nella tassazione spingeranno i cittadini
ad alto reddito (più colpiti dall’imposizione progressiva) a
spostarsi verso altre aree con tassazione più mite, vanificando
gli sforzi redistributivi delle regioni più povere.
La vicinanza al territorio rende comunque efficaci alcuni
interventi redistributivi locali delle Amministrazioni
decentrate, che potrebbero trovare supporto finanziario da
un meccanismo di trasferimenti provenienti dal governo
centrale.
77
L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di
governo: la funzione (re)distributiva (2)
Nella pratica lasciare margini di intervento locale nella
funzione distributiva permette di diminuire le differenze
tra le funzioni di utilità sociale nazionale e locali.
U1
Partendo dal punto
A, le preferenze
locali guidano
verso un punto di
ottimo BL, quelle
nazionali verso BN.
Indifferenza sociale locale
BL
A
BN Indifferenza sociale
nazionale
U2
78
L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di
governo: la funzione allocativa
In presenza di comunità con preferenze differenziate
sulla quantità di beni pubblici locali, lasciare ai governi
locali la funzione allocativa di questi beni risponderebbe
a criteri di efficienza.
È quanto ci dice Oates (1972) con il suo Teorema del
decentramento: «in the absence of cost-savings from the
centralized provision of a (local public) good and of
interjurisdictional externalities, the level of welfare will
always be at least as high (and typically higher) if
Pareto-efficient levels of consumption are provided in
each jurisdiction than if any single, uniform level of
consumption is maintained across all jurisdictions.»
79
Il teorema del decentramento (1)
La decentralizzazione dell’offerta del bene pubblico
locale si giustifica perché i livelli efficienti (allorché la
somma dei benefici marginali eguaglia il costo
marginale) sono diversi tra le comunità locali.
Perché il governo centrale non sarebbe in grado di
differenziare l’offerta? A causa di:
1. Asimmetrie informative.
2. Ragioni di opportunità politica o vincoli
costituzionali (non dare l’impressione di un
trattamento differenziato).
80
Il teorema del decentramento (2)
Formalizzando le ipotesi:
1. Il governo centrale può assicurare solo un’offerta
omogenea sul territorio.
2. Le preferenze delle comunità locali possono essere
diverse per lo stesso bene pubblico.
3. Il bene pubblico è locale.
4. Rendimenti costanti di scala.
81
Il teorema del decentramento (3)
Due comunità e due curve di domanda. La perdita di
benessere varia inversamente con l’elasticità della
domanda al prezzo.
NB: tutto ciò vale a prescindere dal grado di mobilità dei
cittadini.
prezzo
Perdita di
benessere 2
P’
Perdita di
benessere 1
D2
D1
Q1 QN
Q2
quantità
82
Il teorema del decentramento (4)
Nella pratica, con assunzioni meno restrittive, la scelta se
gestire localmente l’offerta del bene pubblico locale
dipenderà da:
1. Rendimenti di scala: al crescere di questi, tanto più ovvia
l’offerta centralizzata.
2. Il grado di eterogeneità delle preferenze tra comunità
diverse: al suo crescere, tanto più ovvia l’offerta
decentralizzata.
3. L’elasticità della domanda al prezzo: al crescere di questa,
minore la (eventuale) distorsione di un’offerta
centralizzata.
4. I costi decisionali impliciti dell’offerta decentralizzata: al
crescere di questi, tanto più ovvia l’offerta centralizzata.
5. Il grado di asimmetria informativa: maggiore il vantaggio
conoscitivo delle Amministrazioni decentrate, tanto più
ovvia l’offerta decentralizzata.
83
Il finanziamento della spesa locale
Le giurisdizioni locali possono contare su quattro
possibili fonti di finanziamento:
1. Tariffe pubbliche e tasse.
2. Imposte.
3. Trasferimenti da livelli di governo sovraordinati.
4. Indebitamento.
Date le implicazioni di stabilità finanziaria connesse
all’indebitamento, in Italia esistono vincoli cui le
Amministrazioni decentrate devono attenersi negli
strumenti finanziari prescelti (si pensi al caso dei
derivati) e alla tipologia di spese da finanziare
(investimenti).
84
Il finanziamento della spesa locale:
introduzione alla tassazione (1)
Le caratteristiche desiderabili di un sistema tributario:
1. Efficienza economica: non deve ostacolare l’efficiente
allocazione delle risorse.
2. Semplicità amministrativa: deve essere poco costoso
da gestire (per cittadini e governo).
3. Flessibilità: deve poter reagire con facilità a mutate
condizioni economiche.
4. Trasparenza politica: deve essere comprensibile a un
contribuente medio.
5. Equità: deve equamente trattare contribuenti simili e
diversi tra loro.
85
Introduzione alla tassazione (2)
Quando si parla di equità delle imposte, questa si può
infatti intendere:
 Equità orizzontale: tassare nella stessa misura persone
nelle stesse condizioni (reddito o ricchezza).
 Equità verticale: persone nelle migliori condizioni (in
termini di reddito o ricchezza) devono contribuire
maggiormente rispetto alle meno «fortunate».
La tassazione non è solo strumento di finanziamento
della spesa pubblica, ma è un importante strumento
allocativo, distributivo e di stabilizzazione.
86
Il principio del beneficio
Se ogni individuo modula il proprio consumo di beni
pubblici e privati eguagliando il beneficio marginale del
consumo al costo marginale, questo principio postula
che ognuno contribuisca proporzionalmente al beneficio
conseguito dal consumo di beni pubblici.
È un approccio che ricalca il funzionamento di un
mercato privato.
Controindicazioni: presenza di free rider e
diseguaglianza distributiva; ogni attenzione si concentra
sulla sola efficienza allocativa.
87
La capacità contributiva
La contribuzione è basata sulla capacità che ciascun
individuo ha in termini di reddito/ricchezza, in quanto
l’equità del sistema tributario equivale all’uguaglianza
dei sacrifici imposti ai contribuenti. Ma cosa può
significare uguaglianza del sacrificio?
1. Eguaglianza assoluta: tutti perdono lo stesso
ammontare di utilità.
2. Eguaglianza proporzionale: tutti perdono la stessa
proporzione di utilità.
3. Eguaglianza marginale: la tassazione rende uguale
per ogni contribuente l’utilità marginale del reddito.
88
Tassazione e livelli di governo (1)
Come per le funzioni dal lato dell’attività di spesa, il
federalismo fiscale si deve porre il problema
dell’attribuzione del potere impositivo dal lato delle
entrate.
In presenza di livelli di governo più bassi (e più piccoli)
la mobilità dei fattori sarà più accentuata, sino a divenire
in teoria perfetta.
La mobilità spaziale comporta che le basi imponibili
mobili tenderanno, in presenza di trattamenti fiscali
differenziati sul territorio, a spostarsi verso le
giurisdizioni a minore tassazione.
89
Tassazione e livelli di governo (2)
Gli effetti di un’imposizione locale aggiuntiva
dipenderanno dalla reale elasticità all’imposta della base
imponibile. Nel caso di aumento dell’aliquota:
1. Base imponibile inelastica (>-1): aumento delle
entrate fiscali locali.
2. Elasticità della base imponibile = -1: entrate
invariate.
3. Base imponibile elastica (<-1): diminuzione delle
entrate fiscali locali.
Allo stesso modo si possono prefigurare gli effetti di una
diminuzione dell’aliquota.
90
Tassazione e livelli di governo (3)
A livello locale le forme di tassazione basate sulla capacità
contributiva non dovrebbero riguardare le basi imponibili
mobili (redditi da lavoro, capitale, beni finali).
Questo non significa che su di essi non ci possa essere
tassazione, bensì che l’efficienza economica richiede
l’applicazione del principio del beneficio, cioè nella misura in
cui ogni contribuente beneficia dei servizi pubblici locali.
I beni immobili costituiscono invece una base imponibile
ideale per la tassazione locale.
Non va poi dimenticato che le differenze nella capacità
fiscale non devono pregiudicare livelli minimi di assistenza e
prestazione dei servizi pubblici locali legati al diritto di
cittadinanza.
91
Tassazione e livelli di governo (4)
alcune definizioni ricorrenti
La capacità fiscale indica la possibilità di un territorio di
contribuire al finanziamento dei beni pubblici (o dal
lato delle Amministrazioni decentrate, di raccogliere
fondi). Una tipica sua misurazione è data dal reddito pro
capite.
Lo sforzo fiscale misura invece quanto le
Amministrazioni decentrate sfruttano i propri margini
di autonomia tributaria rispetto al massimo ottenibile:
ad esempio, si pensi a quanto in Italia i Comuni e le
Regioni abbiano approfittato delle addizionali all’Irpef e
della variazione dell’aliquota IRAP.
92
I tributi locali
Applicare totalmente il criterio del beneficio, oltre che
valorizzare la sola efficienza allocativa, è di ben difficile
applicazione dati elevati costi di gestione e lacune
informative.
Più normalmente si introducono forme impositive dirette a
coprire in tutto o in parte il costo di fornitura di un servizio
nei confronti di una collettività determinata (servizio idrico,
raccolta rifiuti, ecc.).
Inoltre, nel caso di beni pubblici locali puri, il criterio del
beneficio pone problemi di free riding che dovrebbero essere
gestiti ricorrendo alla capacità contributiva.
L’impossibilità di disegnare un sistema tributario efficiente
locale in grado di coprire totalmente i fabbisogni locali fa sì
che sia il governo centrale a raccogliere fondi in eccesso
rispetto alle proprie esigenze, redistribuendo il surplus (ad
esempio) come compartecipazione al gettito.
93
L’esportazione delle imposte
Con l’esportazione (orizzontale) delle imposte una
giurisdizione fa sì che parte del proprio carico fiscale sia un
onere di residenti di altre giurisdizioni locali, determinando
per la prima un livello eccessivo di entrate (e di spese).
Ad esempio: imposte sulle vendite fatte da non residenti,
imposte di soggiorno, imposte sui profitti che gravano su
investitori non residenti, imposte sulla proprietà di non
residenti.
Per ovviare al problema, la teoria suggerisce di preferire il
criterio della residenza a quello della fonte, ma il primo è più
difficile da amministrare.
Esiste anche l’esportazione verticale, nel caso le imposte
locali siano deducibili ai fini del pagamento delle imposte
erariali.
94
La concorrenza fiscale
Per attrarre base imponibile le Amministrazioni locali
potrebbero scegliere di ridurre le aliquote locali, pur
ottenendo un aumento del gettito.
In assenza di coordinamento, gli effetti sarebbero una
diminuzione della spesa pubblica, una tassazione
eccessiva sui fattori immobili e una tassazione troppo
lieve su quelli mobili.
Inoltre si potrebbe creare una situazione inefficiente
nell’allocazione dei fattori produttivi.
La cooperazione e un sistema di trasferimenti dal
governo centrale possono risolvere il problema, ma
hanno anch’essi dei costi.
95
La concorrenza fiscale
La giurisdizione 1 introduce un’imposta sul rendimento
del capitale provocando una fuoriuscita di capitale in
favore della giurisdizione 2 e abbassando il rendimento
del capitale in entrambe (si passa da A a B).
F1
F2
(1-t)F1
r1
r2
(1-t)r1
r2’
K1
B
A
K2
96
La tassazione immobiliare
Gli immobili costituiscono una base imponibile ideale per il
finanziamento delle Amministrazioni locali in quanto per
loro natura legati al territorio di ubicazione e sono difficili da
esportare.
In molti paesi la tassazione immobiliare costituisce quindi
un’importante fonte finanziaria per la Amministrazioni
locali.
Una controindicazione è data dalla scarso progresso dei valori
catastali, che tendono a congelare il controvalore della base
imponibile. Se le spese locali seguono dappresso l’andamento
di prezzi e redditi, si possono presentare periodicamente
situazioni di tensione finanziaria.
97
I trasferimenti (1)
In tutti i sistemi federali le Amministrazioni locali traggono
una parte più o meno consistente delle proprie entrate da
trasferimenti provenienti da livelli di governo sovraordinati.
Le somme provengono naturalmente dalla fiscalità generale.
Questo deriva dai vantaggi dell’imposizione accentrata e dalle
difficoltà e distorsioni di quella locale, che impediscono un
ammontare di risorse tributarie proprie tale da finanziare
integralmente la spesa locale.
D’altro canto un sistema basato sui soli trasferimenti può
deresponsabilizzare le Amministrazioni e le comunità locali.
Va cercato un punto di equilibrio.
98
I trasferimenti (2)
Le ragioni alla base dei trasferimenti:
1. È impossibile evitare spill-overs tra giurisdizioni: i
benefici tendono a riguardare anche non residenti
(pensiamo agli effetti attrattivi di una grande città).
Se il problema del finanziamento riguardasse
soltanto i residenti, avremmo un’allocazione
inefficiente delle risorse, con una produzione
subottimale del servizio pubblico in questione.
Un sistema ragionato di trasferimenti potrebbe
incentivare le attività che causano questi spill-overs
benefici.
99
I trasferimenti (3)
2. In presenza di differenze nelle capacità fiscali delle
varie giurisdizioni, trasferimenti perequativi hanno
l’obiettivo di raggiungere l’equità orizzontale.
Oppure vi possono essere differenze demografiche
che richiedono finanziamenti supplementari alla
tassazione locale.
3. Data la scarsa crescita tipica delle basi imponibili
immobili, si evita una crescita impetuosa delle
aliquote locali. I trasferimenti infatti derivano da
basi imponibili più elastiche (in primis il reddito).
100
Tipologie di trasferimenti
Di cofinanziamento o a cifra fissa: nel primo caso
sono proporzionali alla spesa locale, nel secondo
caso slegati dalla spesa locale.
2. Discrezionali o automatici: nel primo caso vengono
decisi (o concordati) di volta in volta, nel secondo
caso determinati secondo una formula di calcolo.
3. Vincolati o meno: destinati a utilizzi specifici
(infrastrutture e piani di investimento,
riqualificazione urbana, ecc.) o a libera destinazione.
4. Illimitati o limitati.
1.
101
Trasferimenti non vincolati a cifra fissa
Si ottiene un trasferimento pari a ΔG non vincolato.
La spesa pubblica locale aumenta meno del
trasferimento (ΔE<ΔG), in quanto l’effetto sulla
tassazione permette anche una crescita dei beni privati.
Beni
privati
Vincoli di bilancio
ΔE
ΔG
Beni pubblici locali
102
Trasferimenti vincolati a cifra fissa
Si ottiene un trasferimento pari a ΔG vincolato.
A meno di soluzioni d’angolo, ha lo stesso effetto di un
trasferimento non vincolato.
Beni
privati
Vincoli di bilancio
ΔE
ΔG
Beni pubblici locali
103
Trasferimenti illimitati di cofinanziamento
Si ottiene un trasferimento pari a ΔG non vincolato.
L’aumento della spesa pubblica dipende dal combinarsi degli effetti
reddito e sostituzione. Abbiamo comunque un effetto maggiore sui beni
pubblici locali rispetto al trasferimento a cifra fissa.
Vincoli di bilancio
Beni
privati
ΔE
ΔG
Beni pubblici locali
104
Trasferimenti limitati di cofinanziamento
Si ottiene un trasferimento pari a ΔG non vincolato ma limitato.
L’aumento della spesa pubblica dipende dal combinarsi degli effetti
reddito e sostituzione e dal grado di generosità del trasferimento. A
seconda dei casi avremo un effetto simile al trasferimento illimitato o a
quello a cifra fissa.
Vincoli di bilancio
Beni
privati
Limite del
cofinanziamento
ΔE
ΔG
Beni pubblici locali
105
Quali trasferimenti?
I trasferimenti di cofinaziamento, meglio ancora se con
vincolo di destinazione, sono particolarmente indicati
per finanziare i servizi locali che generano spill-overs
positivi.
I trasferimenti non vincolati sono invece lo strumento
più idoneo a fini di perequazione fiscale (in favore delle
aree più povere).
Queste misure spesso si basano su formule perequative
che misurano per ogni giurisdizione la differenza tra il
fabbisogno (la spesa necessaria all’erogazione dei servizi
pubblici) e la capacità fiscale (quanto possono
raccogliere localmente).
106
I trasferimenti perequativi
I sostenitori dei trasferimenti perequativi sottolineano la
loro efficacia nel permettere una competizione leale tra
giurisdizioni a diversa capacità fiscale. Senza tali
trasferimenti, le aree a maggior reddito possono
intraprendere sentieri di crescita più veloci, aumentando
il divario rispetto alle aree più povere.
I detrattori sostengono invece che tali trasferimenti
impediscono il naturale aggiustamento di mercato, in
cui aree a diverso grado di sviluppo (e a diverso costo dei
fattori) convergono grazie alla mobilità di capitale e
lavoro.
107
I trasferimenti come (com)partecipazione
alla tassazione nazionale
Abbiamo visto come un’imposizione basata sulla
capacità contributiva (e non sul beneficio) non
introduce distorsioni allocative solo se applicata dal
governo centrale omogeneamente sul territorio.
I trasferimenti possono quindi costituire i mezzi di
(com)partecipazione delle Amministrazioni locali alle
entrate tributarie, dove il governo centrale funge da
collettore per l’intera pubblica amministrazione.
In questo senso i trasferimenti, all’interno di uno Stato
federale, sono uno strumento per l’efficienza e l’equità
generali del sistema tributario.
108
Concludiamo con una serie di principi per il
federalismo fiscale «ottimo» (1)
Diversità. Rispetto e soddisfacimento delle diverse
preferenze delle comunità locali riguardo i servizi
pubblici e il loro finanziamento.
2. Corrispondenza (o equivalenza). Per ogni servizio
pubblico, la comunità che ne beneficia (nazionale,
regionale, locale a seconda dei casi) decide sulla sua
erogazione e paga per il suo finanziamento.
3. Funzioni centralizzate. Distribuzione del benessere e
stabilizzazione economica nelle mani del governo
centrale.
4. Correzione degli spill-over. Correzione da parte di livelli di
governo superiori per i fenomeni di traboccamento.
1.
109
Concludiamo con una serie di principi per il
federalismo fiscale «ottimo» (2)
Neutralità di localizzazione. Minimizzazione degli effetti
distorsivi sulle scelte localizzative di famiglie e imprese.
6. Garanzia dei servizi pubblici essenziali. Qualunque sia
l’organizzazione per livelli di governo, garanzia dei livelli
essenziali per i servizi pubblici connessi al diritto di
cittadinanza (sicurezza, salute, istruzione, lavoro e
previdenza, …).
7. Perequazione. In presenza di territori con diversa capacità
fiscale e grado di sviluppo, il governo centrale assicura
pari opportunità alle Amministrazioni decentrate,
garantendo nel contempo i livelli essenziali di assistenza
e prestazioni.
5.
110
Qualche indicazione bibliografica
 Brown C.V. e P.M. Jackson, Public Sector Economics, Blackwell ed.
 Oates W.E. (1972), Fiscal Federalism, Harcourt Brace Jovanovich.
 Oates W.E. (1999), An Essay on Fiscal Federalism, Journal of Economic
Literature, vol. 37 n. 3.
 Sauelson P.A. (1954), The Pure Theory of Public Expenditure, The Review of
Economics and Statistics, vol. 36 n. 4.
 Samuelson P.A. (1955), Diagrammatic Exposition of a Theory of Public
Expenditure, The Review of Economics and Statistics, vol. 37 n. 4.
 Stiglitz J.E., Economia del settore pubblico, Hoepli.
 Tiebout C.M. (1956), A Pure Theory of Local Expenditures, The Journal of
Political Economy, vol. 64 n. 5.
111
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