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Vittorio Alfieri
VITTORIO ALFIERI (1749-1803) “Spesso è più forte che il morire, il vivere”. A cura di Maria Clara Innocente. III Liceo “Mostra del Sapere 2013” LA SOLITUDINE E IL DOLORE DI ALFIERI Vittorio Alfieri in tutta la sua vita si diede sempre a una serie di viaggi, ma gli unici luoghi in cui si trovava bene erano i paesaggi selvaggi dei paesi nordici e della Spagna, perché erano uno sfondo perfetto per le immagini terribili della sua mente. Tutti i suoi personaggi hanno una contraddizione interiore e possono essere visti come diverse incarnazioni di Alfieri: aggressivi, malinconici, suicidi, ecc. Ma per l’autore il vero eroe è quello che continuamente combatte queste contraddizioni e non si arrende mai ad esse perché: “spesso più forte che il morire, è il vivere”, ossia lottare quotidianamente per la vita (il più grande bene di tutti). LE OPERE PRINCIPALI “Della Tirannide”: sono trattati politici che analizzano la tirannide e i sentimenti e le forze sociali che essa rappresenta; l’ opera tratta anche i modi di resistenza e di ribellione nei confronti della tirannide. In essa sono presenti citazioni di Macchiavelli e Plutarco, Montesquieu e Voltaire. “Del principe e delle lettere”: è presente la figura di un eroe solitario (l’incarnazione assoluta della libertà) in lotta contro il potere. “Le tragedie”: scritte in modo che lo spettatore non abbia un attimo di sollievo o di respiro mentre le guarda. I temi sono variati, ma in esse tutti i personaggi hanno una contraddizione interiore. “Le Rime”: sono un opera biografica, scritta in versi (ispirata soprattutto alla poesia di Petrarca) che presenta l’immagine di un uomo diviso tra tensioni interne molto violente. La “Vita”: analizza la sua vita in modo autocritico, come per analizzare la vita dell'uomo in generale. LA PAZZIA DI AMARE. [...] Voi le provaste tutti, o le sentite. onde se v'ingannassi, mi smentite. (Chiedi al lettore di corregerlo, se sbaglia nelle sue affermazioni sull’ amore). [...] Amor non è che un fanciullesco giuoco chi l’ apprezza di piú, quant'è da poco! (Quelli che apprezzano di più l’amore sono i giovani, che conoscono ancora vagamente il significato di“amare”). [...] In somma: l'innamorato fà trista figura, quando di farla buona ei s'assicura. Ognun ride di lui, e n'ha ragione, l'innamorato sempre è un gran beccone. Io già rider vi ho fatto, e rido adesso delle donne, di voi, e di me stesso. (Spiega che si deve ridere di chi ama: delle donne, degli altri, di se stesso, poiché sono tutti folli e incoscienti delle proprie azioni perché amano). Brano tratto dall’ opera “Vita” di Vittorio Alfieri, capitolo XV.