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bilancio finale di liquidazione

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bilancio finale di liquidazione
GIUDICI DEL REGISTRO E
CONSERVATORI DEL REGISTRO DELLE
IMPRESE A CONFRONTO
Cernobbio, 14 ottobre 2013
Poteri di controllo del giudice del
registro in sede di iscrizione del
bilancio finale di liquidazione
Dott. Gian Paolo Macagno
Premesse
1. Poteri del conservatore e del giudice del registro
2. Disciplina normativa della cancellazione delle società
3. Cancellazione della società in presenza di vizi macroscopici
1. Poteri del conservatore e del giudice
• Art. 2189 Modalità dell'iscrizione
• I. Le iscrizioni nel registro sono eseguite su
domanda sottoscritta dall'interessato.
• II. Prima di procedere all'iscrizione, l'ufficio del
registro deve accertare l'autenticità della
sottoscrizione e il concorso delle condizioni
richieste dalla legge per l'iscrizione.
Il sesto comma dell’art. 11 del Regolamento (D.P.R. n.
581/1995) individua dettagliatamente gli
accertamenti rimessi al Registro delle imprese, in
particolare disponendo che “l’ufficio accerta:
(a) l’autenticità delle sottoscrizioni della domanda;
(b) la regolarità della compilazione del modello di
domanda;
(c) la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si
chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge;
(d) l’allegazione dei documenti dei quali la legge
prescrive la presentazione;
(e) il concorso delle altre condizioni richieste dalla
legge per l’iscrizione”.
Art. 2191 c.c. Cancellazione d'ufficio
I. Se un'iscrizione è avvenuta senza che esistano le
condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro,
sentito l'interessato, ne ordina con decreto la
cancellazione.
In estrema sintesi, i poteri di controllo del
Conservatore attengono alla formale verifica
della corrispondenza tipologica dell’atto da
iscrivere a quello previsto dalla legge, senza
alcuna possibilità di accertamento in ordine alla
validità negoziale dell’atto, poiché tale controllo
potrà essere fatto unicamente in sede
giurisdizionale.
(Trib. Padova, Sez. I, 16 febbraio 2007, in Società, 2008, 327).
La latitudine del controllo non pare pertanto
consentire un’indagine sulla legittimità
sostanziale, salvo che la radicale illiceità del
contenuto dell'atto comprometta la sua
riconducibilità al ''tipo'' giuridico di atto
iscrivibile.
(Trib. Verona, 5 ottobre 2009, in Giur. It., 2010, 3, 612)
E’ inoltre comune l’affermazione che fa salvo il
controllo del “rispetto delle norme di ordine
pubblico”
2. Disciplina della cancellazione delle
società
Art. 2492
Bilancio finale di liquidazione
I. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale,
indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione
dell'attivo.
II. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla relazione dei
sindaci e del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti, è
depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.
III. Nei novanta giorni successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni
socio può proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei
liquidatori.
IV. I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel quale tutti i
soci possono intervenire. La trattazione della causa ha inizio quando sia
decorso il termine suddetto. La sentenza fa stato anche riguardo ai non
intervenuti.
Art. 2495 c.c.
Cancellazione della società.
I. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.
II. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i
creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei
confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse
in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori,
se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se
proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata
presso l'ultima sede della società
La riforma societaria del 2003 ha riprodotto il contenuto del previgente
art. 2456 c.c., con la significativa aggiunte dell’incipit del secondo
comma:
II. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i
creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei
confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse
in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori,
se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se
proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata
presso l'ultima sede della società
Società di persone
Art. 2311 c.c.
Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto
I. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio
finale e proporre ai soci il piano di riparto.
II. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto devono
essere comunicati mediante raccomandata ai soci, e s'intendono
approvati se non sono stati impugnati nel termine di due mesi dalla
comunicazione.
III. In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il
liquidatore può chiedere che le questioni relative alla liquidazione
siano esaminate separatamente da quelle relative alla divisione, alle
quali il liquidatore può restare estraneo.
IV. Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai
soci.
Art. 2312 c.c.
Cancellazione della società
I. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese.
II. Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati
soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il
mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di
questi.
III. Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono
depositati presso la persona designata dalla maggioranza.
IV. Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni
a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese.
N.B. La natura illimitata o meno della responsabilità dei soci dipende dalla
disciplina del tipo di società coinvolto.
3. Cancellazione preceduta dal
deposito di un bilancio finale di
liquidazione affetto da vizi.
Il bilancio finale di liquidazione deve corrispondere al modello legale: in
particolare deve ritenersi composto di stato patrimoniale, conto economico e
nota integrativa, con riferimento al periodo successivo all'ultimo bilancio
intermedio approvato ai sensi dell'art. 2490 c.c. e deve essere corredato dal piano
di riparto del residuo attivo di liquidazione.
Alcune fattispecie patologiche:
• Bilancio contenente partite attive non liquidate;
• Bilancio finale non coerente con quello intermedio – azzeramento delle partite
attive
• Bilancio finale solo apparente – Il caso del conferimento dell’attivo in un trust
liquidatorio
Gli orientamenti giurisprudenziali:
3 periodi
1. Ante sentenze Cass. Civile, Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070/ 6071
2. Pronuncia delle Sezioni Unite del 2013 e dintorni.
3. Prime applicazioni successive.
1. Prima delle Sezioni Unite
La finalità – più o meno apertamente dichiarata - di contrastare
supposte «subdole» cancellazioni a seguito di «preordinate»
liquidazioni in danno della tutela dei creditori, per sottrarsi al
fallimento aveva dato luogo all’indirizzo giurisprudenziale, di chiara
origine concorsuale, consolidatosi e rimasto sostanzialmente stabile
per decenni, che riteneva che le società si estinguessero solo con la
definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, indipendentemente
dalla avvenuta cancellazione dal registro imprese.
Il riferimento normativo era l’art. 10 legge fall., che nella sua originaria
formulazione non poneva limiti temporali alla dichiarazione di
fallimento delle società cancellate dal registro.
Assolutamente sporadiche le pronunce difformi (cfr. Trib. Napoli 3
giugno 2004, in Vita not. 2005, 1012; Trib. Vercelli, 5 luglio 2007, in
Società, 2003, 221), pur confortate dalla dottrina maggioritaria.
Nonostante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 10 (e
147) l. fall. (con sentenza della Corte Cost. 21 luglio 2000, n. 319),
proprio ove non prevedeva che il termine di un anno dalla cessazione
dell'esercizio dell'impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento
della società decorresse dalla cancellazione della società stessa dal
registro delle imprese,
nulla sostanzialmente muta nell’orientamento giurisprudenziale.
Infatti l’efficacia della pronuncia della Consulta, che espressamente
sanciva l'illegittimità costituzionale della disciplina che non poneva
alcun termine alla fallibilità delle società (sia di persone, che di
capitali) e dei suoi soci illimitatamente responsabili, era di fatto
svuotata dall’interpretazione del giudice di legittimità, che
continuava a ritenere tale termine decorrente dalla data di
soddisfacimento dell’ultimo creditore.
Non molto cambia neppure a seguito dell’introduzione,
da parte del legislatore della Riforma del 2003,
dell’incipit dell’art. 2495, secondo comma c.c., che ha
affermato il principio della irreversibilità (almeno per
le società di capitali) della cancellazione dal registro
delle imprese
Tale principio infatti :
trova agevole applicazione per quanto attiene alla
irreversibilità della cancellazione avvenuta per in presenza di
sopravvenienze (o residui) passivi, anche in forza della
specifica regolamentazione contenuta nell’art. 2495 c.c.;
(cfr. Trib. Milano, 30 ottobre 2012, in Società, 2013, 503)
Resta - più o meno implicitamente disapplicato:
a) in presenza di sopravvenienze (o sopravvivenze) attive,
situazione priva di una regolamentazione positiva, e ciò anche in considerazione del
diffuso rifiuto e della difficoltà di concepire l’estinzione della società come fenomeno
successorio.
La posizione conservativa faceva leva su una lettura dell’incipit dell'art. 2495, secondo
comma (“resta ferma l’estinzione”) come riferito solo ai creditori e quindi alle
sopravvenienze passive e non a quelle attive, in presenza delle quali la cancellazione
della società era da ritenersi non avvenuta nel rispetto delle condizioni previste dalla
legge e pertanto affermava l’ammissibilità del rimedio di cui all’art. 2191 c.c.
(cfr. Trib. Como, 24 aprile 2007, in Società, 2008, 889; Trib. Udine, 15 settembre 2005,
in www.judicium.it, Trib. Milano, 26 maggio 2010; Trib. Napoli, 26 aprile 2010; Trib.
Padova, 2 marzo 2011, tutte ne Ilcaso.it; Trib. Cuneo, 16 luglio 2012, in Società, 2013,
400; per l’impossibilità della revoca della cancellazione si erano peraltro espresse Trib.
Lucca, 12 gennaio 2009 e Trib. Bari, 3 giugno 2009, entrambe in Riv. Dir. Soc., 2010,
826 ss. e la dottrina maggioritaria ).
b) in presenza di vizi della procedura di cancellazione e in
particolare di vizi attinenti al bilancio finale di liquidazione.
Questo il percorso argomentativo seguito:
I) Il Conservatore prima di procedere alla cancellazione deve controllare:
a) l’avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione;
b) la mancata proposizione di reclami da parte dei soci nel termine
prescritto di 90 giorni;
c) che il documento contabile prodotto al registro imprese sia configurabile
come un bilancio finale di liquidazione (corrispondenza tipologica
dell’atto da iscrivere a quello previsto dalla legge)
II) Il G.R. nell’ambito del procedimento ex art. 2191 c.c., qualora rilevi che la
cancellazione sia stata eseguita in difetto di tali presupposti, ne ordina la
cancellazione.
Occorre richiamare le fattispecie patologiche a cui si è già fatto
cenno:
Quelle attinenti a:
1) Bilancio contenente partite attive non liquidate;
e
2) Bilancio finale non coerente con quello intermedio, con
azzeramento non giustificato delle partite attive
determinano la persistenza di sopravvivenze attive e vanno a
sovrapporsi a tale ipotesi, con la particolarità che, in questo caso, le
attività sono palesate dal bilancio e non occulte o sopravvenute.
Una ipotesi a sé stante e di particolare interesse è quella del
Conferimento dell’attivo in un trust liquidatorio
La fattispecie è oggetto della nota pronuncia del Tribunale di Milano
del 12 marzo 2012 (in Società, 2012, 625), che ha ritenuto la
cancellazione illegittimamente
eseguita sul presupposto di un apparente bilancio finale di
liquidazione, costituito dalla constatazione
dell’avvenuto trasferimento dell’intero patrimonio della società , ivi
compresi tutti i rapporti attivi e passivi,
ad un trust, istituito con la deliberazione di liquidazione della società
e costituito immediatamente dopo dal liquidatore
con lo scopo della liquidazione del patrimonio trasferito e
assegnazione ai soci della medesima società
dell’eventuale residuo attivo.
(In un caso analogo alla medesima soluzione è pervenuto Trib. Bolzano
10 giugno 2011, in Ilcaso.it)
Il principio della ammissibilità della cancellazione della cancellazione in
presenza del deposito di un (non apparente) bilancio finale di liquidazione,
trovava riscontro – a contrario – nelle pronunce che negavano l’ammissibilità
di una cancellazione ex officio delle SRL “fantasma” in applicazione analogica
della procedura di cui all’art. 3 del DPR n. 247/2004: ciò in quanto, in assenza
del deposito del bilancio finale, la cancellazione era ritenuta preclusa al di
fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge:
- art. 2490, sesto comma, c.c. (mancato deposito del bilancio intermedio di
liquidazione per tre anni consecutivi da parte delle società di capitali;
- art. 2545 octiesdecies, secondo comma, c.c. (mancato deposito del bilancio
di esercizio per cinque anni da parte delle società cooperative e degli enti
mutualistici in liquidazione ordinaria);
- art. 223-quater disp. att. c.c.: iscrizione nel registro imprese di SPA in
assenza delle autorizzazioni richieste dalle leggi speciali per l’esercizio di
determinate attività.
(Cfr. Trib. Cuneo 6 agosto 2012, in Società, 2013, 504)
Parallelamente,
l’orientamento della Suprema Corte in tema di effetti della
cancellazione della società subisce una radicale evoluzione,
quale conseguenza:
- del mutato quadro normativo (non solo a seguito
dell’introduzione del principio di “irreversibilità” di cui all’art.
2495, secondo comma c.c.,
- ma anche quale onda lunga delle pronunce della Corte
Costituzionale sull’art. 10 e 147 della legge fallimentare).
2 – L’intervento delle Sezioni Unite
Possono individuarsi due tappe fondamentali
nello sviluppo dell’orientamento consolidatosi
nel 2013.
Prima tappa
- Le pronunce gemelle n. 4060, 4061 e 4062 del 22 febbraio 2010 delle
Sezioni Unite che
a) prendono atto della valenza innovativa delle modifiche apportate
con il nuovo art 2495 c.c., in forza delle quali la cancellazione delle
società di capitali determina l’estinzione dell’ente con efficacia
costitutiva (a decorrere dal 1 gennaio 2014);
b) desumono dal sistema, nonché dal disposto dell’art. 10 l. fall., che la
medesima regola debba applicarsi anche alla cancellazione
volontaria delle società di persone, pur in mancanza di un effetto
costitutivo della cancellazione;
c) con il distinguo, per queste ultime , che l’effetto meramente
dichiarativo della pubblicità resa dalla cancellazione, è superabile con
prova contraria, vertente non sul dato statico della sopravvivenza di
rapporti non ancora definiti in capo alla società, ma sul fatto
dinamico delle prosecuzione dell’attività dopo la cancellazione.
Il dictum delle Sezioni Unite del 2010, peraltro, pur di portata
potenzialmente generale, non aveva risolto del tutto la
questione degli effetti della cancellazione sui rapporti
pendenti in particolare per quanto attiene alla ipotesi di
sopravvivenza / sopravvenienza di residui attivi.
La pronuncia aveva senz’altro
-confermato l’orientamento dei giudici del registro che
negavano la cancellazione della cancellazione in presenza di
rapporti obbligatori – passivi – pendenti, mentre
-continuava a ritenersi ammissibile la cancellazione della
cancellazione in presenza di residui attivi e/o di vizi del
bilancio finale di liquidazione.
Anche la Suprema Corte, peraltro, stentava a
prendere atto delle
conseguenze delle pronunce del 2010, se ancora
nel 2011 la Seconda Sezione richiamava la
giurisprudenza anteriore, ipotizzando, in
presenza di rapporti non definiti, l’eventualità
della nomina, per la definizione degli stessi , di
un curatore speciale, (cfr. Cass. civ. Sez. II, Ord.,
04-05-2011, n. 9797)
Seconda e (forse ) ultima tappa
Le Sezioni Unite, con un quanto mai utile
esercizio di nomofilachia, con le sentenze
“Rordorf” 12 marzo 2013 n. 6070 - e gemella –
confermano e portano alle estreme e logiche
conseguenze i principi affermati nel 2004,
chiarendo:
che a seguito della cancellazione della società si
determina un fenomeno di tipo successorio, in
virtù del quale:
- le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne
rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito
della liquidazione o illimitatamente, a seconda
che, pendente societate, essi fossero o meno
illimitatamente responsabili;
- per quanto attiene ai beni e diritti non compresi
nel bilancio di liquidazione, si instaura tra i soci un
regime di contitolarità o comunione indivisa, la cui
gestione seguirà le regole proprie di tali istituti
Il dogma della irreversibilità della
cancellazione della società pare dunque
avere trovato, a seguito delle pronunce del
marzo 2013, definitiva e omnicomprensiva
affermazione.
L’orientamento della Suprema Corte è stato indirettamente
condiviso dalla Corte Costituzionale, recentemente
pronunciatasi in merito alla legittimità dell’art. 2495 c.c. e 328
c.p.c. sotto il profilo delle conseguenze di natura processuale (v.
Corte cost. 12 luglio 2013, n. 198, in Fisco, 2013, 4796)
Ha espressamente ritenuto la Corte che la tenuta costituzionale
del sistema possa “essere garantita in via interpretativa, come
peraltro effettuato da Cass., SS.UU., 12 marzo 2013, n. 6070 e n.
6071, ove i giudici hanno sancito che se l'estinzione dell'ente
avviene a processo instaurato, il processo prosegue da o nei
confronti dei soci, nei limiti in cui questi hanno ricevuto somme
in base al bilancio finale di liquidazione”, così espressamente
ratificando l’opzione successoria.
Come ultima conferma della coerenza della direzione intrapresa
dalla Suprema Corte, riveste particolare rilievo la recente
affermazione (cfr. Cass. civ. Sez. III. 18 luglio 2013, n. 17564, in
www.dejure.it) per cui l’efficacia costitutiva della cancellazione si
produce anche nel caso in cui la cancellazione della società dal
R.I. non sia intervenuta a seguito dell'approvazione del bilancio
finale di liquidazione, ma in forma di ordinanza del giudice del
R.I. quale effetto sanzionatorio per il mancato deposito del
bilancio per tre anni consecutivi ai sensi dell’art. 2490, ultimo
comma, c.c..
Anche in questa ipotesi si verifica il fenomeno di tipo
successorio in virtù del quale le obbligazioni della società si
trasferiscono ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto
riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda
che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente
responsabili per i debiti sociali.
3 - Dopo le Sezioni Unite
Se questo è lo stato dell’arte,
è ancora possibile per il Giudice del registro
procedere alla cancellazione ex art. 2191 c.c. in
presenza di un bilancio di liquidazione
macroscopicamente viziato o di un bilancio
formalmente corretto ma “apparente”, come nei
casi da cui abbiamo preso le mosse?
Seguendo la ricostruzione operata dalle Sezione Unite
la risposta non può che essere che essere negativa.
Paradigmatico è il recente decreto del Giudice del registro di Milano
(Trib. Milano, 17.4.2013 in www.dejure.it)
Il liquidatore di una SRL aveva chiesto disporsi ex art.2191 cc la
cancellazione della iscrizione della cancellazione dal Registro delle
Imprese della società, sul presupposto del rimborso di una sanzione
tributaria disposto da una sentenza della Commissione Tributaria
Provinciale divenuta definitiva dopo la cancellazione, allegando la non
ricorrenza delle condizioni di legge per la cancellazione della società,
ed in particolare il non completamento della liquidazione quanto alla
sopravvenienza attiva.
Il Giudice del registro ha respinto il ricorso,
- richiamando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite;
- osservando inoltre con riferimento alla specifica censura
sollevata, che la tutela dei creditori deve ritenersi assicurata in
forza di una interpretazione estensiva della disciplina di cui
all'art.2495 cc, secondo comma, che ricostruisca la responsabilità
verso i creditori sociali dei soci cessati non solo entro i limiti delle
somme riscosse dai soci in base al bilancio finale di liquidazione,
ma anche comprendendo le successive attribuzioni patrimoniali
pervenute ai soci cessati, in dipendenza del loro subentrare nelle
posizioni attive della società cancellata.
Resta il problema che per i beni (mobili) non liquidati, che
ricadono in comunione, non vi è pubblicità e pertanto la garanzia
dei creditori potrebbe risultare meramente teorica.
Una diretta applicazione del principio della efficacia
costitutiva della cancellazione è rinvenibile in Trib. Bologna,
Sez. II, 30 aprile 2013: la cancellazione della società nel corso
del giudizio di accertamento di un credito, lungi dal far
ritenere inefficace tale cancellazione, viene letta (sempre
secondo il dictum delle SU) come una condotta abdicativa.
Sempre sotto un profilo processuale può indicarsi come
conforme a tale orientamento Trib. Novara, Sez. Lavoro, 17
aprile 2013 (sul sito NovaraIUS.it) che identifica nel
liquidatore, in presenza del presupposto della colpa del
mancato pagamento di cui all’art. 2495, secondo comma, c.c.,
la legittimazione passiva in relazione ai crediti vantati verso la
società cancellata del Registro imprese.
Non mancano peraltro opinioni difformi:
possono a tale riguardo citarsi le recenti decisioni:
- del Giudice del registro del Tribunale di Bologna, che
ha disposto la cancellazione dell'iscrizione della
cancellazione di società dal registro delle imprese in
una fattispecie che si potrebbe ricostruire come segue:
pendente un giudizio di cui era parte la società, nel
bilancio finale di liquidazione era stata inserita una
posta ritenuta non sufficiente a garantire il debito che
sarebbe potuto sorgere dall'eventuale soccombenza.
(Trib. Bologna 6 giugno 2013, in Ilcaso.it)
Più articolata la motivazione del recentissimo
provvedimento del Giudice del registro di Treviso (del 2
settembre 2013) che ha affermato:
- che la cancellazione possa produrre l’effetto
irreversibile dell’estinzione solamente laddove avvenga
in presenza dei presupposti di legge;
- che presupposto per chiedere la cancellazione sia
l’effettivo compimento della liquidazione desumibile
dal bilancio finale di liquidazione, da cui si deve
conseguentemente individuare l’eventuale residuo
attivo da distribuire pro quota ai soci;
- che quando la liquidazione non sia terminata o non
sia stata correttamente svolta resti spazio per un
provvedimento di cancellazione ai sensi dell’art. 2191
c.c.
Secondo il GR di Treviso tale impostazione sarebbe compatibile:
- con l’interpretazione data dalle sentenze delle SU del 2010, dal
momento che tali decisioni non precludevano l’applicabilità dell’art.
2191 c.c.;
- con quanto affermato dalle SU del marzo 2013, ritenendo che il
verificarsi del fenomeno di tipo successorio presupporrebbe
implicitamente la necessità di dover trarre dal bilancio di liquidazione
gli elementi indispensabili per l'individuazione dei limiti della
eventuale responsabilità degli ex soci, con attribuzione a tale
documento di una particolare rilevanza ai fini della verifica della
sussistenza dei requisiti di legge per la cancellazione da parte del
Conservatore e del Giudice del Registro delle Imprese .
Nel caso esaminato il bilancio di liquidazione, pur redatto e depositato,
era ritenuto documento contabile solo apparente, perché affetto da
molteplici vizi: incoerenza rispetto al bilancio intermedio, con
azzeramento dei ricavi e di poste attive la cui sorte non era stata
chiarita, conferimento dei beni in un trust liquidatorio.
In conclusione, il messaggio della Cassazione –
almeno dal marzo 2013 - è senz’altro quello
dell’abbandono della tesi della sopravvivenza
dell’ente giuridico all’annotazione all’anagrafe.
La tesi contraria, seppure ispirata alla finalità di
contrastare prassi patologiche potenzialmente
dannose per i creditori sociali, appare oggi di
difficile argomentazione, anche se nei casi di
assoluta patologia va verificata la praticabilità
dell’orientamento recentemente manifestato
da G.R. Treviso 2 settembre 2013.
E ora?
Quale rimedio?
La soluzione può essere trovata più a monte, ritenendo
che il bilancio non conforme allo schema legale debba
essere rifiutato, proprio al fine di evitare che si produca
l’effetto costitutivo non più revocabile per quanto
affermato dalle SU.
La questione si intreccia con quella dei poteri di
controllo, tenuto conto che il bilancio è approvato dai
soci ed è depositato per essere iscritto, mentre la
cancellazione è un passo successivo.
Se al contrario, anche in considerazione della difficoltà
del controllo e della esiguità del tempo a disposizione, il
bilancio con attività viene depositato, conduce alla
cancellazione che, anche nei casi patologici, non
dovrebbe essere reversibile, fatti salvi forse i casi di
estrema patologia (quale l’ipotesi del trust
liquidatorio),
Limitatamente alle società di persone, potrebbe inoltre
farsi leva sulla facoltà di provare la prosecuzione
dell’attività al fine di pervenire alla cancellazione della
cancellazione ex 2191 c.c. nell’unica ipotesi ancora da
ritenersi ammissibile.
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