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bilancio finale di liquidazione
GIUDICI DEL REGISTRO E CONSERVATORI DEL REGISTRO DELLE IMPRESE A CONFRONTO Cernobbio, 14 ottobre 2013 Poteri di controllo del giudice del registro in sede di iscrizione del bilancio finale di liquidazione Dott. Gian Paolo Macagno Premesse 1. Poteri del conservatore e del giudice del registro 2. Disciplina normativa della cancellazione delle società 3. Cancellazione della società in presenza di vizi macroscopici 1. Poteri del conservatore e del giudice • Art. 2189 Modalità dell'iscrizione • I. Le iscrizioni nel registro sono eseguite su domanda sottoscritta dall'interessato. • II. Prima di procedere all'iscrizione, l'ufficio del registro deve accertare l'autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione. Il sesto comma dell’art. 11 del Regolamento (D.P.R. n. 581/1995) individua dettagliatamente gli accertamenti rimessi al Registro delle imprese, in particolare disponendo che “l’ufficio accerta: (a) l’autenticità delle sottoscrizioni della domanda; (b) la regolarità della compilazione del modello di domanda; (c) la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge; (d) l’allegazione dei documenti dei quali la legge prescrive la presentazione; (e) il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione”. Art. 2191 c.c. Cancellazione d'ufficio I. Se un'iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito l'interessato, ne ordina con decreto la cancellazione. In estrema sintesi, i poteri di controllo del Conservatore attengono alla formale verifica della corrispondenza tipologica dell’atto da iscrivere a quello previsto dalla legge, senza alcuna possibilità di accertamento in ordine alla validità negoziale dell’atto, poiché tale controllo potrà essere fatto unicamente in sede giurisdizionale. (Trib. Padova, Sez. I, 16 febbraio 2007, in Società, 2008, 327). La latitudine del controllo non pare pertanto consentire un’indagine sulla legittimità sostanziale, salvo che la radicale illiceità del contenuto dell'atto comprometta la sua riconducibilità al ''tipo'' giuridico di atto iscrivibile. (Trib. Verona, 5 ottobre 2009, in Giur. It., 2010, 3, 612) E’ inoltre comune l’affermazione che fa salvo il controllo del “rispetto delle norme di ordine pubblico” 2. Disciplina della cancellazione delle società Art. 2492 Bilancio finale di liquidazione I. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell'attivo. II. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla relazione dei sindaci e del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti, è depositato presso l'ufficio del registro delle imprese. III. Nei novanta giorni successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni socio può proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei liquidatori. IV. I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel quale tutti i soci possono intervenire. La trattazione della causa ha inizio quando sia decorso il termine suddetto. La sentenza fa stato anche riguardo ai non intervenuti. Art. 2495 c.c. Cancellazione della società. I. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. II. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società La riforma societaria del 2003 ha riprodotto il contenuto del previgente art. 2456 c.c., con la significativa aggiunte dell’incipit del secondo comma: II. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società Società di persone Art. 2311 c.c. Bilancio finale di liquidazione e piano di riparto I. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre ai soci il piano di riparto. II. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante raccomandata ai soci, e s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di due mesi dalla comunicazione. III. In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore può chiedere che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restare estraneo. IV. Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci. Art. 2312 c.c. Cancellazione della società I. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. II. Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi. III. Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la persona designata dalla maggioranza. IV. Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. N.B. La natura illimitata o meno della responsabilità dei soci dipende dalla disciplina del tipo di società coinvolto. 3. Cancellazione preceduta dal deposito di un bilancio finale di liquidazione affetto da vizi. Il bilancio finale di liquidazione deve corrispondere al modello legale: in particolare deve ritenersi composto di stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa, con riferimento al periodo successivo all'ultimo bilancio intermedio approvato ai sensi dell'art. 2490 c.c. e deve essere corredato dal piano di riparto del residuo attivo di liquidazione. Alcune fattispecie patologiche: • Bilancio contenente partite attive non liquidate; • Bilancio finale non coerente con quello intermedio – azzeramento delle partite attive • Bilancio finale solo apparente – Il caso del conferimento dell’attivo in un trust liquidatorio Gli orientamenti giurisprudenziali: 3 periodi 1. Ante sentenze Cass. Civile, Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070/ 6071 2. Pronuncia delle Sezioni Unite del 2013 e dintorni. 3. Prime applicazioni successive. 1. Prima delle Sezioni Unite La finalità – più o meno apertamente dichiarata - di contrastare supposte «subdole» cancellazioni a seguito di «preordinate» liquidazioni in danno della tutela dei creditori, per sottrarsi al fallimento aveva dato luogo all’indirizzo giurisprudenziale, di chiara origine concorsuale, consolidatosi e rimasto sostanzialmente stabile per decenni, che riteneva che le società si estinguessero solo con la definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, indipendentemente dalla avvenuta cancellazione dal registro imprese. Il riferimento normativo era l’art. 10 legge fall., che nella sua originaria formulazione non poneva limiti temporali alla dichiarazione di fallimento delle società cancellate dal registro. Assolutamente sporadiche le pronunce difformi (cfr. Trib. Napoli 3 giugno 2004, in Vita not. 2005, 1012; Trib. Vercelli, 5 luglio 2007, in Società, 2003, 221), pur confortate dalla dottrina maggioritaria. Nonostante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 10 (e 147) l. fall. (con sentenza della Corte Cost. 21 luglio 2000, n. 319), proprio ove non prevedeva che il termine di un anno dalla cessazione dell'esercizio dell'impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della società decorresse dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese, nulla sostanzialmente muta nell’orientamento giurisprudenziale. Infatti l’efficacia della pronuncia della Consulta, che espressamente sanciva l'illegittimità costituzionale della disciplina che non poneva alcun termine alla fallibilità delle società (sia di persone, che di capitali) e dei suoi soci illimitatamente responsabili, era di fatto svuotata dall’interpretazione del giudice di legittimità, che continuava a ritenere tale termine decorrente dalla data di soddisfacimento dell’ultimo creditore. Non molto cambia neppure a seguito dell’introduzione, da parte del legislatore della Riforma del 2003, dell’incipit dell’art. 2495, secondo comma c.c., che ha affermato il principio della irreversibilità (almeno per le società di capitali) della cancellazione dal registro delle imprese Tale principio infatti : trova agevole applicazione per quanto attiene alla irreversibilità della cancellazione avvenuta per in presenza di sopravvenienze (o residui) passivi, anche in forza della specifica regolamentazione contenuta nell’art. 2495 c.c.; (cfr. Trib. Milano, 30 ottobre 2012, in Società, 2013, 503) Resta - più o meno implicitamente disapplicato: a) in presenza di sopravvenienze (o sopravvivenze) attive, situazione priva di una regolamentazione positiva, e ciò anche in considerazione del diffuso rifiuto e della difficoltà di concepire l’estinzione della società come fenomeno successorio. La posizione conservativa faceva leva su una lettura dell’incipit dell'art. 2495, secondo comma (“resta ferma l’estinzione”) come riferito solo ai creditori e quindi alle sopravvenienze passive e non a quelle attive, in presenza delle quali la cancellazione della società era da ritenersi non avvenuta nel rispetto delle condizioni previste dalla legge e pertanto affermava l’ammissibilità del rimedio di cui all’art. 2191 c.c. (cfr. Trib. Como, 24 aprile 2007, in Società, 2008, 889; Trib. Udine, 15 settembre 2005, in www.judicium.it, Trib. Milano, 26 maggio 2010; Trib. Napoli, 26 aprile 2010; Trib. Padova, 2 marzo 2011, tutte ne Ilcaso.it; Trib. Cuneo, 16 luglio 2012, in Società, 2013, 400; per l’impossibilità della revoca della cancellazione si erano peraltro espresse Trib. Lucca, 12 gennaio 2009 e Trib. Bari, 3 giugno 2009, entrambe in Riv. Dir. Soc., 2010, 826 ss. e la dottrina maggioritaria ). b) in presenza di vizi della procedura di cancellazione e in particolare di vizi attinenti al bilancio finale di liquidazione. Questo il percorso argomentativo seguito: I) Il Conservatore prima di procedere alla cancellazione deve controllare: a) l’avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione; b) la mancata proposizione di reclami da parte dei soci nel termine prescritto di 90 giorni; c) che il documento contabile prodotto al registro imprese sia configurabile come un bilancio finale di liquidazione (corrispondenza tipologica dell’atto da iscrivere a quello previsto dalla legge) II) Il G.R. nell’ambito del procedimento ex art. 2191 c.c., qualora rilevi che la cancellazione sia stata eseguita in difetto di tali presupposti, ne ordina la cancellazione. Occorre richiamare le fattispecie patologiche a cui si è già fatto cenno: Quelle attinenti a: 1) Bilancio contenente partite attive non liquidate; e 2) Bilancio finale non coerente con quello intermedio, con azzeramento non giustificato delle partite attive determinano la persistenza di sopravvivenze attive e vanno a sovrapporsi a tale ipotesi, con la particolarità che, in questo caso, le attività sono palesate dal bilancio e non occulte o sopravvenute. Una ipotesi a sé stante e di particolare interesse è quella del Conferimento dell’attivo in un trust liquidatorio La fattispecie è oggetto della nota pronuncia del Tribunale di Milano del 12 marzo 2012 (in Società, 2012, 625), che ha ritenuto la cancellazione illegittimamente eseguita sul presupposto di un apparente bilancio finale di liquidazione, costituito dalla constatazione dell’avvenuto trasferimento dell’intero patrimonio della società , ivi compresi tutti i rapporti attivi e passivi, ad un trust, istituito con la deliberazione di liquidazione della società e costituito immediatamente dopo dal liquidatore con lo scopo della liquidazione del patrimonio trasferito e assegnazione ai soci della medesima società dell’eventuale residuo attivo. (In un caso analogo alla medesima soluzione è pervenuto Trib. Bolzano 10 giugno 2011, in Ilcaso.it) Il principio della ammissibilità della cancellazione della cancellazione in presenza del deposito di un (non apparente) bilancio finale di liquidazione, trovava riscontro – a contrario – nelle pronunce che negavano l’ammissibilità di una cancellazione ex officio delle SRL “fantasma” in applicazione analogica della procedura di cui all’art. 3 del DPR n. 247/2004: ciò in quanto, in assenza del deposito del bilancio finale, la cancellazione era ritenuta preclusa al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge: - art. 2490, sesto comma, c.c. (mancato deposito del bilancio intermedio di liquidazione per tre anni consecutivi da parte delle società di capitali; - art. 2545 octiesdecies, secondo comma, c.c. (mancato deposito del bilancio di esercizio per cinque anni da parte delle società cooperative e degli enti mutualistici in liquidazione ordinaria); - art. 223-quater disp. att. c.c.: iscrizione nel registro imprese di SPA in assenza delle autorizzazioni richieste dalle leggi speciali per l’esercizio di determinate attività. (Cfr. Trib. Cuneo 6 agosto 2012, in Società, 2013, 504) Parallelamente, l’orientamento della Suprema Corte in tema di effetti della cancellazione della società subisce una radicale evoluzione, quale conseguenza: - del mutato quadro normativo (non solo a seguito dell’introduzione del principio di “irreversibilità” di cui all’art. 2495, secondo comma c.c., - ma anche quale onda lunga delle pronunce della Corte Costituzionale sull’art. 10 e 147 della legge fallimentare). 2 – L’intervento delle Sezioni Unite Possono individuarsi due tappe fondamentali nello sviluppo dell’orientamento consolidatosi nel 2013. Prima tappa - Le pronunce gemelle n. 4060, 4061 e 4062 del 22 febbraio 2010 delle Sezioni Unite che a) prendono atto della valenza innovativa delle modifiche apportate con il nuovo art 2495 c.c., in forza delle quali la cancellazione delle società di capitali determina l’estinzione dell’ente con efficacia costitutiva (a decorrere dal 1 gennaio 2014); b) desumono dal sistema, nonché dal disposto dell’art. 10 l. fall., che la medesima regola debba applicarsi anche alla cancellazione volontaria delle società di persone, pur in mancanza di un effetto costitutivo della cancellazione; c) con il distinguo, per queste ultime , che l’effetto meramente dichiarativo della pubblicità resa dalla cancellazione, è superabile con prova contraria, vertente non sul dato statico della sopravvivenza di rapporti non ancora definiti in capo alla società, ma sul fatto dinamico delle prosecuzione dell’attività dopo la cancellazione. Il dictum delle Sezioni Unite del 2010, peraltro, pur di portata potenzialmente generale, non aveva risolto del tutto la questione degli effetti della cancellazione sui rapporti pendenti in particolare per quanto attiene alla ipotesi di sopravvivenza / sopravvenienza di residui attivi. La pronuncia aveva senz’altro -confermato l’orientamento dei giudici del registro che negavano la cancellazione della cancellazione in presenza di rapporti obbligatori – passivi – pendenti, mentre -continuava a ritenersi ammissibile la cancellazione della cancellazione in presenza di residui attivi e/o di vizi del bilancio finale di liquidazione. Anche la Suprema Corte, peraltro, stentava a prendere atto delle conseguenze delle pronunce del 2010, se ancora nel 2011 la Seconda Sezione richiamava la giurisprudenza anteriore, ipotizzando, in presenza di rapporti non definiti, l’eventualità della nomina, per la definizione degli stessi , di un curatore speciale, (cfr. Cass. civ. Sez. II, Ord., 04-05-2011, n. 9797) Seconda e (forse ) ultima tappa Le Sezioni Unite, con un quanto mai utile esercizio di nomofilachia, con le sentenze “Rordorf” 12 marzo 2013 n. 6070 - e gemella – confermano e portano alle estreme e logiche conseguenze i principi affermati nel 2004, chiarendo: che a seguito della cancellazione della società si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: - le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili; - per quanto attiene ai beni e diritti non compresi nel bilancio di liquidazione, si instaura tra i soci un regime di contitolarità o comunione indivisa, la cui gestione seguirà le regole proprie di tali istituti Il dogma della irreversibilità della cancellazione della società pare dunque avere trovato, a seguito delle pronunce del marzo 2013, definitiva e omnicomprensiva affermazione. L’orientamento della Suprema Corte è stato indirettamente condiviso dalla Corte Costituzionale, recentemente pronunciatasi in merito alla legittimità dell’art. 2495 c.c. e 328 c.p.c. sotto il profilo delle conseguenze di natura processuale (v. Corte cost. 12 luglio 2013, n. 198, in Fisco, 2013, 4796) Ha espressamente ritenuto la Corte che la tenuta costituzionale del sistema possa “essere garantita in via interpretativa, come peraltro effettuato da Cass., SS.UU., 12 marzo 2013, n. 6070 e n. 6071, ove i giudici hanno sancito che se l'estinzione dell'ente avviene a processo instaurato, il processo prosegue da o nei confronti dei soci, nei limiti in cui questi hanno ricevuto somme in base al bilancio finale di liquidazione”, così espressamente ratificando l’opzione successoria. Come ultima conferma della coerenza della direzione intrapresa dalla Suprema Corte, riveste particolare rilievo la recente affermazione (cfr. Cass. civ. Sez. III. 18 luglio 2013, n. 17564, in www.dejure.it) per cui l’efficacia costitutiva della cancellazione si produce anche nel caso in cui la cancellazione della società dal R.I. non sia intervenuta a seguito dell'approvazione del bilancio finale di liquidazione, ma in forma di ordinanza del giudice del R.I. quale effetto sanzionatorio per il mancato deposito del bilancio per tre anni consecutivi ai sensi dell’art. 2490, ultimo comma, c.c.. Anche in questa ipotesi si verifica il fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni della società si trasferiscono ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali. 3 - Dopo le Sezioni Unite Se questo è lo stato dell’arte, è ancora possibile per il Giudice del registro procedere alla cancellazione ex art. 2191 c.c. in presenza di un bilancio di liquidazione macroscopicamente viziato o di un bilancio formalmente corretto ma “apparente”, come nei casi da cui abbiamo preso le mosse? Seguendo la ricostruzione operata dalle Sezione Unite la risposta non può che essere che essere negativa. Paradigmatico è il recente decreto del Giudice del registro di Milano (Trib. Milano, 17.4.2013 in www.dejure.it) Il liquidatore di una SRL aveva chiesto disporsi ex art.2191 cc la cancellazione della iscrizione della cancellazione dal Registro delle Imprese della società, sul presupposto del rimborso di una sanzione tributaria disposto da una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale divenuta definitiva dopo la cancellazione, allegando la non ricorrenza delle condizioni di legge per la cancellazione della società, ed in particolare il non completamento della liquidazione quanto alla sopravvenienza attiva. Il Giudice del registro ha respinto il ricorso, - richiamando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite; - osservando inoltre con riferimento alla specifica censura sollevata, che la tutela dei creditori deve ritenersi assicurata in forza di una interpretazione estensiva della disciplina di cui all'art.2495 cc, secondo comma, che ricostruisca la responsabilità verso i creditori sociali dei soci cessati non solo entro i limiti delle somme riscosse dai soci in base al bilancio finale di liquidazione, ma anche comprendendo le successive attribuzioni patrimoniali pervenute ai soci cessati, in dipendenza del loro subentrare nelle posizioni attive della società cancellata. Resta il problema che per i beni (mobili) non liquidati, che ricadono in comunione, non vi è pubblicità e pertanto la garanzia dei creditori potrebbe risultare meramente teorica. Una diretta applicazione del principio della efficacia costitutiva della cancellazione è rinvenibile in Trib. Bologna, Sez. II, 30 aprile 2013: la cancellazione della società nel corso del giudizio di accertamento di un credito, lungi dal far ritenere inefficace tale cancellazione, viene letta (sempre secondo il dictum delle SU) come una condotta abdicativa. Sempre sotto un profilo processuale può indicarsi come conforme a tale orientamento Trib. Novara, Sez. Lavoro, 17 aprile 2013 (sul sito NovaraIUS.it) che identifica nel liquidatore, in presenza del presupposto della colpa del mancato pagamento di cui all’art. 2495, secondo comma, c.c., la legittimazione passiva in relazione ai crediti vantati verso la società cancellata del Registro imprese. Non mancano peraltro opinioni difformi: possono a tale riguardo citarsi le recenti decisioni: - del Giudice del registro del Tribunale di Bologna, che ha disposto la cancellazione dell'iscrizione della cancellazione di società dal registro delle imprese in una fattispecie che si potrebbe ricostruire come segue: pendente un giudizio di cui era parte la società, nel bilancio finale di liquidazione era stata inserita una posta ritenuta non sufficiente a garantire il debito che sarebbe potuto sorgere dall'eventuale soccombenza. (Trib. Bologna 6 giugno 2013, in Ilcaso.it) Più articolata la motivazione del recentissimo provvedimento del Giudice del registro di Treviso (del 2 settembre 2013) che ha affermato: - che la cancellazione possa produrre l’effetto irreversibile dell’estinzione solamente laddove avvenga in presenza dei presupposti di legge; - che presupposto per chiedere la cancellazione sia l’effettivo compimento della liquidazione desumibile dal bilancio finale di liquidazione, da cui si deve conseguentemente individuare l’eventuale residuo attivo da distribuire pro quota ai soci; - che quando la liquidazione non sia terminata o non sia stata correttamente svolta resti spazio per un provvedimento di cancellazione ai sensi dell’art. 2191 c.c. Secondo il GR di Treviso tale impostazione sarebbe compatibile: - con l’interpretazione data dalle sentenze delle SU del 2010, dal momento che tali decisioni non precludevano l’applicabilità dell’art. 2191 c.c.; - con quanto affermato dalle SU del marzo 2013, ritenendo che il verificarsi del fenomeno di tipo successorio presupporrebbe implicitamente la necessità di dover trarre dal bilancio di liquidazione gli elementi indispensabili per l'individuazione dei limiti della eventuale responsabilità degli ex soci, con attribuzione a tale documento di una particolare rilevanza ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti di legge per la cancellazione da parte del Conservatore e del Giudice del Registro delle Imprese . Nel caso esaminato il bilancio di liquidazione, pur redatto e depositato, era ritenuto documento contabile solo apparente, perché affetto da molteplici vizi: incoerenza rispetto al bilancio intermedio, con azzeramento dei ricavi e di poste attive la cui sorte non era stata chiarita, conferimento dei beni in un trust liquidatorio. In conclusione, il messaggio della Cassazione – almeno dal marzo 2013 - è senz’altro quello dell’abbandono della tesi della sopravvivenza dell’ente giuridico all’annotazione all’anagrafe. La tesi contraria, seppure ispirata alla finalità di contrastare prassi patologiche potenzialmente dannose per i creditori sociali, appare oggi di difficile argomentazione, anche se nei casi di assoluta patologia va verificata la praticabilità dell’orientamento recentemente manifestato da G.R. Treviso 2 settembre 2013. E ora? Quale rimedio? La soluzione può essere trovata più a monte, ritenendo che il bilancio non conforme allo schema legale debba essere rifiutato, proprio al fine di evitare che si produca l’effetto costitutivo non più revocabile per quanto affermato dalle SU. La questione si intreccia con quella dei poteri di controllo, tenuto conto che il bilancio è approvato dai soci ed è depositato per essere iscritto, mentre la cancellazione è un passo successivo. Se al contrario, anche in considerazione della difficoltà del controllo e della esiguità del tempo a disposizione, il bilancio con attività viene depositato, conduce alla cancellazione che, anche nei casi patologici, non dovrebbe essere reversibile, fatti salvi forse i casi di estrema patologia (quale l’ipotesi del trust liquidatorio), Limitatamente alle società di persone, potrebbe inoltre farsi leva sulla facoltà di provare la prosecuzione dell’attività al fine di pervenire alla cancellazione della cancellazione ex 2191 c.c. nell’unica ipotesi ancora da ritenersi ammissibile.