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Crespi d*Adda

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Crespi d*Adda
È patrimonio culturale dell’Unesco che ha accolto Crespi
d'Adda nella Lista del Patrimonio Mondiale Protetto in
quanto "Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi
operai, il più completo e meglio conservato del Sud
Europa".
Unesco: Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'Educazione, la Scienza e la Cultura (in inglese United
Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, da
cui l‘acronimo UNESCO) è stata fondata dalle Nazioni Unite il
16 novembre 1945 per incoraggiare la collaborazione tra le
nazioni nelle aree
dell‘istruzione, scienza, cultura e comunicazione.
Il villaggio, in stile Liberty, venne costruito
durante l'ultimo quarto del XIX secolo dalla
famiglia Crespi, che scelse quest'area, vicina al
fiume Adda, per costruire una tessitura. La
fondazione si fa risalire al 1878, anno in cui
Cristoforo Benigno Crespi acquistò 85 ettari di
terra dai comuni di Capriate San Gervasio e
Canonica d'Adda. I lavori di costruzione vennero
affidati all'architetto Ernesto Pirovano e
all'ingegnere Pietro Brunati.
Nacque a Busto Arsizio nel 1833. Era il primogenito
di Antonio Crespi, discendente di una famiglia di
imprenditori tessili - detti "Tengitt" - di Busto
Arsizio. Dopo aver aiutato il padre nel commercio di
tessuti tinti, diede vita insieme alla famiglia agli
opifici di Vaprio, Vigevano e Ghemme.
Nel 1878 fondò lo stabilimento di Crespi d'Adda,
introducendo i più moderni sistemi di filatura, tessitura e finitura.
Nel 1884 si trasferì a Milano, nel palazzo di via Borgonuovo, dove
ebbe sede l'azienda e dove raccolse una delle più apprezzate e
ricche collezioni di quadri. Nel 1904 costruì la centrale idroelettrica
di Trezzo sull'Adda (oggi chiamata "Taccani"). Fu insignito di diverse
onorificenze, fra le quali Cavaliere del Lavoro e Commendatore
della Corona d'Italia. Morì a Milano nel 1920.
Figlio di Cristoforo, nacque a Milano nel 1868.
Laureatosi a ventun'anni in giurisprudenza, si
recò in Inghilterra per seguire gli sviluppi
dell'industria cotoniera. Nel 1889 entrò
nell'azienda paterna e ne assunse in seguito la
Direzione. Si occupò di numerosissime attività e
pubblicò uno studio sui mezzi per prevenire gli
infortuni.
Fu primo presidente dell'Associazione Cotonieri e membro del
Consiglio Superiore dell'Industria e del Commercio.
Fu presidente della Banca Commerciale Italiana dell'Automobile
Club d'Italia. Fu deputato e senatore nelle file dei liberali cattolici
e svolse un'intensa attività in parlamento a favore dell'industria e
del commercio, rivolgendosi anche a problemi legati alle
condizioni di lavoro degli operai.
Il Villaggio Crespi d'Adda è una vera e propria
cittadina completa costruita dal nulla dal padrone
della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie.
Ai lavoratori venivano messi a disposizione una casa
con orto e giardino e tutti i servizi necessari (scuola,
chiesa, bagni pubblici etc..)
In questo piccolo mondo perfetto il padrone
"regnava" dal suo castello e provvedeva a tutti i
bisogni dei dipendenti: dentro e fuori la fabbrica e
"dalla culla alla tomba", anticipando le tutele dello
Stato stesso. Nel Villaggio potevano abitare solo
coloro che lavoravano nell'opificio, e la vita di tutti i
singoli e della comunità intera "ruotava attorno alla
fabbrica stessa", ai suoi ritmi e alle sue esigenze.
La città ideale di tante scritture del secolo XV è una città
razionale; è una città reale portata a compimento, svolta
secondo la sua natura; è un piano o un progetto attuabile
[…]. Ed è la città naturale, che osserva le leggi immanenti
delle cose. Senza estremismi, la giustizia è fatta di
coordinamenti e di organizzazione; è un problema risolubile
con deliberazioni sagge e volontà concordi, con eque
tassazioni. Di Platone si ammira la razionalità, l’architettura,
la distribuzione in classi […]. I problemi sono tutti di politica
e di urbanistica, di saggezza e di giustizia. […] La città ideale
del Quattrocento è in terra, e non si confonde né si
confronta con la città celeste. Bene individuata colloca la
propria condizione di vita nelle autonomie, nell’armonia dei
molti, nella molteplicità coordinata.
Testo: “La città ideale”
A differenza della città ideale, la città di utopia è
una città immaginaria infatti υτοπος significa
“luogo che non è in nessun luogo”.
Inoltre la città di Utopia è un progetto politico,
razionale e astratto che non si pone il problema
della sovranità o del governo: Infatti governa la
ragione.
Il paesaggio che ospita Crespi d'Adda è davvero singolare: il
villaggio è inserito in una sorta di culla, un bassopiano dalla
forma triangolare che è delimitato da due fiumi confluenti e da
un dislivello del terreno, una lunga costa che lo cinge da nord.
I due fiumi sono l'Adda e il Brembo, che formano una penisola
chiamata "Isola Bergamasca", alla cui estremità si trova appunto
il villaggio; mentre lungo la citata costa correva anticamente il
"Fosso Bergamasco", linea di confine tra il territorio del Ducato
di Milano e quello della Repubblica di Venezia.
L'isolamento geografico è poi accentuato dal fatto che il
villaggio è collegato all'esterno soltanto in direzione Nord. Oggi
queste caratteristiche geografiche e il grado di emarginazione
che esse hanno implicato ci aiutano a capire come Crespi
d'Adda si sia potuta conservare in modo così straordinario,
nascosta ed estranea allo sviluppo caotico dell'area circostante.
Crespi d’Adda e l’immagine paesaggistica di città ideale
sono in stretta correlazione, ciò è sottolineato nel testo
della “Città ideale” di Eugenio Garin, dove si legge:
“Il lettore ad un certo punto si imbatte in uno schizzo
elegante di edifici e di strade fiancheggiate da portici […]
che delinea l’immagine della città ideale: costruita presso
il mare o lungo un fiume, purché sia sana e pulita, verrà
edificata su due piani fra loro comunicanti per mezzo di
scalinate” (Leonardo da Vinci)
Come per Leonardo, anche per Bruni la città deve sorgere
nei pressi di un fiume.
La collocazione di Crespi d’Adda richiama i luoghi ideali di
Utopia e Atlantide: infatti la piccola isola di Crespi d’Adda
delimitata dai fiumi, ricorda le lontane isole utopiche in cui
gli abitanti per caso potevano giungere in contatto con
naufraghi con i quali potersi confrontare.
Diversamente è la città del sole: una collina che si
svolge su una serie di gironi, circondata da mura
che salgono.
L'aspetto urbanistico del villaggio è straordinario. La fabbrica è
situata lungo il fiume; accanto il castello della famiglia Crespi,
simbolo del suo potere e monito per chi vi giunge da fuori.
Le case operaie, di ispirazione inglese, sono allineate
ordinatamente a est dell'opificio lungo strade parallele; a sud
vi è un gruppo di ville più tarde per gli impiegati e, incantevoli,
per i dirigenti. Le case del medico e del prete vigilano dall'alto
sul villaggio, mentre la chiesa e la scuola, affiancate,
fronteggiano la fabbrica.
Segnano la presenza e l'importanza dell'opificio le sue
altissime ciminiere e i suoi capannoni a shed che si ripetono in
un'affascinante prospettiva lungo la via principale, la quale,
quasi metafora della vita operaia, corre tra la fabbrica e il
villaggio, giungendo infine al cimitero.
Grazie all’ordine e alla sistemazione di ogni edificio,
Crespi sa essere una città ideale del lavoro. Questa
razionalizzazione
dello
spazio,
porta
infatti
armonizzazione e ad avere un equilibrio perfetto in
cui l’uomo si può ritrovare ad essere misura di tutte le
cose, così come lo era nel periodo dell’umanesimo.


Anche la prospettiva assume una notevole importanza sia per
l’immagine della città che dell’uomo in quanto carica di
valore filosofico.
“la prospettiva costituisce precisamente il tentativo di
rappresentare nel finito l’infinito […] e la proporzione di cui
qui si parla è fin dall’inizio consapevolmente avvertita come
una misurazione solo umana […] con la prospettiva non
vediamo più le cose come in sé, ma le cogliamo solo
attraverso la proporzionalità dei rapporti. […] la prospettiva
situa ciò che viene rappresentato immediatamente nello
spazio dell’uomo, ne fa un aspetto dell’azione dell’uomo, così
che, ancora una volta, l’attenzione viene a concentrarsi sul
divino che è in noi […] la realtà non si presenta più come un
inventario di cose ma come un sistema di relazioni metriche”
Testo: “Il divino che è in noi” di Argan
Crespi d'Adda è caratterizzata da una notevole diversità di
stili, oscillanti tra classicismo e romanticismo.
La villa padronale ripropone lo stile medioevale trecentesco
mentre la chiesa è copia esatta della rinascimentale S.Maria
di Busto Arsizio, paese d'origine dei Crespi. Le altre
costruzioni sono tutte di gusto neomedioevale, con preziose
decorazioni in cotto - care al romanticismo lombardo - e
finiture in ferro battuto. Neomedioevale anche l'opificio, che
esprime la massima celebrazione dell'industria nell'ingresso
centrale, tra le fastose palazzine degli uffici dirigenziali.
Il cimitero, di gusto esotico e di stile eclettico, è monumento
nazionale: al suo interno la cappella Crespi, una torrepiramide di ceppo e cemento decorata si erge ad abbracciare
le tombe operaie, piccole croci disposte ordinate nel prato
all'inglese.
“Alla struttura politico sociale corrisponde anche
secondo il Bruni la struttura architettonica; lungo
le rive di un fiume, secondo un modulo costante
dell’urbanistica rinascimentale, con al centro –
come nella nave il nocchiero – il palazzo dei
Signori e il tempio, la città è spartita
razionalmente, con le case orientate in modo da
avere stanze d’estate e d’inverno.”
“
è la città nella sua consistenza fisica, negli edifici,
che fa reale e concreta la polis, e le permette di
attuarsi in pieno. Per questo l’architetto è uomo
universale, o, se si preferisce, il reggitore si fa
architetto, e il politico teorico dell’architettura, nel
punto stesso in cui la scienza si fa pratica e si
connette con la sapienza politica. Per questo non
si possono comprendere le concezioni politiche
del Quattrocento prescindendo dai costruttori
delle città. ”
L'ingresso del cotonificio di Crespi è
quasi una cattedrale al lavoro a
all'industria, dove la ciminiera, le
palazzine dirigenziali e il cancello
in ferro battuto creano una
composizione che è simbolo
dell'architettura industriale a
cavallo tra Otto e Novecento.
La fabbrica di Crespi è a piano unico ed è caratterizzata da
eleganti decorazioni in cotto e mattoni. I suoi capannoni a
shed si ripetono in una affascinante prospettiva lungo la
via principale.
La villa padronale dei signori
Crespi, è simile a un
imponente castello
medioevale, trionfale e
tempestivo monito della
presenza del padrone.
Le file di case operaie disposte
ordinatamente, con i loro orti e
giardini, costituiscono
sicuramente l'immagine più
caratteristica di Crespi, nonché
il cuore del Villaggio. Queste
abitazioni dall'aspetto semplice
ma gradevole erano soluzioni
abitative d'avanguardia.
Fu Silvio Crespi, figlio del
fondatore, a voler imitare gli
esempi di abitazioni operaie
visti nei suoi viaggi in
Inghilterra.
Oltre alle case operaie si
aggiungono le ville volute
dai Crespi nella seconda
metà degli anni Venti, in
stile eclettico. Estrose,
eleganti, incantevoli,
erano assegnate
principalmente a
direttori, capireparto e
impiegati.
La chiesa di Crespi è la
perfetta copia di quella di
Busto Arsizio, edificio di
scuola bramantesca. La
famiglia Crespi la volle infatti
riproporre nel villaggio,
segno di affetto verso il
paese d'origine e verso la
cultura italiana: presenta
infatti, armoniosi e puliti, i
caratteri tipici
dell’architettura
rinascimentale.
La presenza della scuola nel
villaggio era motivata dal
desiderio di fornire un
servizio educativo alla
comunità che via via si
formava, e dall’esigenza di
formare i futuri dipendenti,
elevandone il livello della
preparazione tecnica.
Insomma, si imparava a
leggere e scrivere e far di
conto ma non solo.
Il dopolavoro fu voluto
allo scopo di promuovere
la ricreazione della
popolazione. Qui gli
operai trovavano un punto
d'incontro dopo le fatiche
del lavoro: vi erano sale
attrezzate per attività
culturali, sportive,
educative e assistenziali.
Il lavatoio ai tempi dei Crespi
Realizzato
a
fine
Ottocento,
permetteva di lavare i panni vicino a
casa, senza dover raggiungere il fiume
con le pesanti ceste colme di panni. Il
lavatoio fu costruito in mattoni a
vista, con finte lesene sui pilastri,
archi
e
gradevoli
decorazioni
geometriche, che lo rendevano
esteticamente piacevole nel contesto
del Villaggio.
Il lavatoio nelle condizioni attuali
Pessime le condizioni attuali. L’edificio
è assai sporco, dal tetto cadono le
tegole, la struttura in legno sta
marcendo.
Le
vasche
sono
maleodoranti, colme di sporcizia e di
escrementi dei piccioni che dimorano
sul tetto. I mattoni sono in gran parte
ricoperti di una patina di salnitro o di
muschio e la vegetazione cresce
ovunque.
Il cimitero di Crespi si trova al
termine della via principale. Vi è
al suo interno una sorta di
piramide a gradoni: questa
costruzione eclettica,
imponente e maestosa, è il
famedio della famiglia Crespi. Il
monumento funebre si erge
possente sulle tombe dei
dipendenti, piccole lapidi poste
in ordine nel prato,
simboleggiando, con le esedre
che si aprono ai suoi lati, un
grande abbraccio.
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