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Scarica la catechesi Parte II - parrocchia maria ss. addolorata

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Scarica la catechesi Parte II - parrocchia maria ss. addolorata
La coscienza morale dei cristiani si trova ad essere
imbavagliata e ridotta al silenzio. Coloro che osano
manifestarla in pubblico, sono vittime di diverse
forme di persecuzione. Non è da escludere che
forse si giunga al giorno in cui addirittura la Bibbia
venga censurata e chi dovesse osare citarla venga
trattato come un criminale.
Difatti l’atmosfera sociale in cui viviamo non favorisce
certamente la necessaria differenziazione tra bene e
male, ma al contrario la rende più oscura e relativa.
Per noi, cristiani e cattolici, i criteri morali non dipendono dalle
statistiche o dalle correnti maggioritarie o minoritarie di opinione,
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bensì dalla legge naturale, inscritta nella coscienza degli uomini,
ed illuminata dalla Parola di Dio nelle Sacre Scritture,
lette nel solco della Tradizione della Chiesa
e garantite nella loro autentica interpretazione dal Magistero dei
legittimi pastori, ed anzitutto dal Vescovo di Roma, successore di
Pietro nelle responsabilità che Gesù gli ha affidato per tutte le
Chiese.
Un’espressione autentica
degli insegnamenti morali
della Chiesa si trova nella
Terza Parte del
Catechismo della Chiesa
Cattolica, dal numero 1691
al numero 2557. Il
cattolico non soltanto
aderisce agli insegnamenti
dogmatici della Chiesa, ma
anche alla sua dottrina
morale, che, in ultima
istanza, deriva dai
precedenti come loro
logica e coerente
conseguenza.
Se alcuni studi statistici avessero la pretesa di stabilire come buono e
morale qualcosa che contraddice la dottrina della Chiesa, dovremmo dire
chiaramente che la verifica statistica di ciò che succede non è il criterio per
stabilire ciò che deve succedere.
L’uomo, ferito nella sua natura e nella sua
intelligenza affetta dal peccato, agisce con
frequenza contraddicendo ciò che dovrebbe
essere, arrivando anzi a sviluppare argomenti per
giustificare le sue condotte immorali.
Paul Bourget scrisse, alla fine di una delle
sue novelle, che quando non si vive in
conformità a ciò che si pensa, si finisce col
pensare nel modo in cui si vive.
Il peccato è, parlando generalmente, un
disordine morale, cioè un comportamento di
una creatura intelligente e libera che non si
conforma al proprio dover essere. Presenta
una dimensione interna, dal momento che
qualsiasi peccato è una deformità rispetto a
quello che dovrebbe essere il modo corretto di
agire, conformemente alla natura propria della
persona umana. Ma presenta anche una
dimensione esterna, poiché si configura come
una trasgressione della legge morale e,
pertanto, costituisce una disobbedienza.
Bisogna aver presente che il termine “peccato” si
applica a realtà assai diverse tra loro. Se parliamo ad
esempio di peccato originale, ci riferiamo alla
situazione in cui nascono tutti gli esseri umani, come
conseguenza ereditaria del peccato personale dei
progenitori, trasmesso a tutti i loro discendenti.
Il peccato originale fu commesso dai progenitori
Adamo ed Eva, ma i loro discendenti propriamente
non lo “commettono”, piuttosto lo “contraggono”
senza un atto personale.
La sua principale
conseguenza è stata la
perdita della grazia di
Dio nei progenitori ed
il concepimento dei
loro discendenti
privati della stessa
grazia. La natura
umana rimase così
ferita e deformata
nella ricerca del bene.
In questo modo si può
ben vedere come la
definizione di peccato,
che prima abbiamo
delineato, non si
sovrappone esattamente
alla realtà del peccato
originale, il quale
coinvolge ogni persona
ma che non procede da
un vero e proprio atto
personale.
Non è questa la sede per approfondire
ulteriormente il tema del peccato originale,
perché l’oggetto di questo studio è propriamente
il pentimento, che, come è stato detto, non è
possibile applicare al peccato originale.
Ora procediamo nella
considerazione dei
peccati personali, quelli
cioè che provengono da
un atto libero di chi li
commette. La tradizione
della Chiesa distingue tra
peccati gravi o mortali,
che privano della grazia
di Dio in quanto
incompatibili con il suo
amore, ed altri invece
lievi o veniali e che,
anche se caratterizzati da
un certo disordine, non
lo sono a tal punto da
renderci nemici di Dio.
Affinché un atto si configuri come peccato grave, esso
deve arrivare a contraddire la Legge di Dio in
materia grave, come, ad esempio, il rinnegamento
della fede, l’omicidio, l’adulterio, l’atto sessuale fuori
dal matrimonio, l’appropriarsi illecitamente di una
somma rilevante o di un oggetto di valore, la
complicità con un’altra persona affinché commetta un
atto gravemente peccaminoso, la corruzione dei
bambini o degli adolescenti, il traffico di droghe o
stupefacenti, l’irresponsabilità nel guidare macchine
mettendo in pericolo la vita propria o degli altri, ed
altre cose simili.
Si richiede, inoltre, che la persona artefice di un atto
gravemente peccaminoso abbia chiara coscienza della
sua gravità, cioè si renda conto che quanto sta facendo
è diametralmente opposto alla Volontà di Dio.
Inoltre, sempre a
proposito del peccato
grave, colui che
commette l’atto
peccaminoso deve
farlo con piena
libertà, ossia non
sotto pressione, né
forzato da un’altra
persona, né sotto
condizionamento di
fattori interni che
possano limitare o
addirittura escludere
la libertà.
Commettere un
peccato grave è la
peggiore disgrazia che
possa succedere ad
una persona, qualcosa
di ben più terribile di
una malattia che
metta in pericolo la
vita biologica, o della
perdita di una persona
cara, o di un danno
economico che privi di
una parte in gente del
patrimonio e del
proprio benessere.
La vita del corpo è importante, ed è nostro dovere
curarla, ma la vita della grazia è ancora molto più
importante e per conservarla è necessario essere
disposti a compiere anche grandi sacrifici, sino a
perdere la vita corporale come fecero i martiri.
Il peccato veniale non implica una contrapposizione radicale alla
Volontà di Dio. Non si tratta di un giro di 180° che ci “colloca contro Dio”.
Lo si potrebbe paragonare ad una deviazione che non impedisce di
raggiungere la meta, ma che riduce la velocità ed impedisce di arrivare
nel minor tempo possibile alla destinazione desiderata.
Lo si potrebbe
anche
paragonare ad un
vetro sporco o
appannato che,
anche se non
impedisce
totalmente la
vista, consente
tuttavia un
immagine sfocata
e confusa.
Il peccato veniale non fa quindi perdere la vita di grazia, ma incentiva la
mediocrità, la pigrizia, la tiepidezza spirituale e tali mancanze incidono
negativamente sul comportamento cristiano, sia personale che comunitario.
Leggiamo nel
Vangelo di San
Luca che
«chi è fedele nel
poco, è fedele
anche nel molto; e
chi è disonesto nel
poco, è disonesto
anche nel molto»
(Lc 16,10).
Queste parole di Gesù
costituiscono un importante
avvertimento per non
sottovalutare la fedeltà nelle
cose piccole, giacché
l’abitudine di non prendere
seriamente in considerazione
scelte che possono anche
sembrare scarsamente
rilevanti, può produrre
un’insensibilità al momento di
decisioni di più grande
importanza.
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