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i cristiani anonimi
ANDREA RUBERTI
I CRISTIANI ANONIMI:
UN TENTATIVO DI SISTEMATIZZAZIONE
La riscoperta dell’importanza della dimensione religiosa negli uomini e nelle donne immersi nel mondo liquido della fine della modernità
è segnata dal contesto della cultura globale nel quale gli scambi, le conoscenze, le contaminazioni sono più facili, ma dove si fa sentire forte
anche una rinnovata richiesta di accentuazione dell’identità. Le religioni sono oggi immerse in questa condizione post-moderna e ognuna si
presenta sui banchi del mercato globale come una possibilità tra le altre
di rispondere alla domanda più profonda nascosta nell’intimo dell’uomo, quella di Dio. Rappresentando e custodendo spesso l’anima più
profonda dell’identità e dei valori delle civiltà e delle culture, nelle religioni e nei loro rapporti si gioca molto del futuro dei conflitti e della
pace nella nostra epoca. Come va affermando da anni H. Küng, «non
c’è pace mondiale senza pace religiosa e non c’è pace religiosa senza
dialogo religioso»1. La ricerca di un autentico dialogo interreligioso si
configura così nel nostro tempo come una chiamata a una responsabilità globale per le religioni e come una sfida forte e irrinunciabile per una
teologia che non vuole mettere la testa sotto la sabbia.
Già nel 1966, in un incontro tra teologi cattolici e protestanti presso l’università Notre Dame negli USA, Karl Rahner, in una relazione dal
titolo I compiti della teologia dopo il Vaticano II2, segnalava questi temi
tra gli argomenti più interessanti e urgenti che stavano davanti a un
teologo interessato a indagare il mistero di Dio nella storia del suo
tempo. In questo articolo vogliamo guardare a questo pioniere della
teologia cattolica del dialogo interreligioso3, puntando l’obiettivo sulla
sua tesi dei “cristiani anonimi”, che riteniamo essere ancora oggi un
1
H. KÜNG, Progetto per un’etica mondiale, Rizzoli, Milano 1991, 7.
Informations Catholiques Internationales 262 (15 avr. 1966) 7-8. Le domande
sulle quali il teologo di Friburgo richiama l’attenzione, dentro un approccio classico di
riflessione dogmatica, sono quelle sulla possibilità di salvezza per i non cristiani e la
funzione delle religioni non cristiane nella storia della salvezza.
2
Così lo chiama il suo discepolo P.F. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, Queriniana, Brescia 2005, 143. Knitter fa risalire l’interesse di Rahner alla teologia
delle religioni agli inizi degli anni ’60 e precisamente a una conferenza del 1961 poi
pubblicata con il titolo «Cristianesimo e religioni non cristiane», in ID., Saggi di antropologia soprannaturale, Paoline, Roma 1965, 533-571.
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punto di partenza privilegiato per chi, da una prospettiva cristiana e
intraecclesiale, si pone in sincerità la domanda su come possa essere
pensata, dentro un contesto di pluralismo religioso, l’universale volontà salvifica di Dio.
In Rahner questo approccio positivo al dialogo interreligioso non si
presenta come una sovrastruttura, come un tema a sé affrontato perché
di moda, a fianco della riflessione teologica fondamentale dell’autore,
ma come una conseguenza necessaria e intrinseca della rivelazione cristiana. L’essere proprio di ogni uomo è la sua correlazione fondamentale
al mistero che chiamiamo Dio4, cosicché la possibilità di ognuno di giungere alla salvezza, anche al di là di un’adesione esplicita alla fede cristiana, diventa nel pensiero del teologo tedesco come il punto di arrivo,
quasi l’esplicitazione e concretizzazione di tutto il suo percorso di indagine teologica5. L’affermazione di questo nesso profondo tra l’elaborazione del tema della salvezza dei non cristiani e tutta la ricerca rahneriana, ci richiederebbe una parte previa, che dobbiamo dare per scontata,
sui capisaldi dell’affascinante percorso teologico di Rahner6, in modo
particolare la relazione tra storia del mondo, storia della salvezza e storia
della rivelazione; la visione dell’uomo come grammatica di una possibile
autocomunicazione divina e l’approccio trascendentale alla cristologia.
È solamente dentro questo orizzonte che il pensiero del teologo di Friburgo giunge a prospettare una teologia delle religioni «autenticamente
rivoluzionaria»7, capace di aprire vie nuove di dialogo e di incontro.
In perfetta sintonia con il suo stile teologico di dialogo con il mondo
e la cultura, costantemente aperto all’ascolto e all’accoglienza dei problemi e delle domande più profonde dell’uomo moderno, Karl Rahner
4
Cf K. KREUTZER, «Karl Rahner. Essere uomo come autoaffermazione di Dio», in Il
Regno 49 (2004) 206-208.
È significativa a questo riguardo la posizione che Rahner dà al capitolo sui cristiani
anonimi nel Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo,
Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 19905 (in seguito abbreviato CFF): a chiusura della
sezione cristologica e prima di quelle ecclesiologica e sacramentaria. K. LEHMANN, «Karl
Rahner. Teologia sinfonica», in Il Regno 49 (2004) 204 riconosce il legame tra lo scopo
ultimo della ricerca rahneriana e la tesi dei cristiani anonimi e I. SANNA, Teologia come
esperienza di Dio. La prospettiva cristologia di Karl Rahner, Queriniana, Brescia 1997,
214 ne parla come di «un corollario della tesi dell’esistenziale soprannaturale presente
in ogni uomo».
5
6
Dobbiamo tener presente la messa in guardia di B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les
“chrétiens anonymes”», in Études 361 (1984) 523: «È impossibile approcciare seriamente la tesi dei cristiani anonimi senza riassumere in qualche parola l’antropologia
teologica di Rahner».
P.F. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, cit., 144. Knitter nota come
Rahner operi questa rivoluzione teologica utilizzando come “mattoni” le consuete dottrine cattoliche.
7
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non ha mai affrontato in modo sistematico la sua tesi sui cristiani anonimi, ma ne ha trattato in diverse conferenze e articoli8. La riflessione
assume così un movimento quasi a spirale, che ritorna più volte sullo
stesso punto, in un continuo tentativo di approfondimento e di chiarimento del pensiero, stimolato e provocato anche dal confronto dialettico con altri teologi.
Prenderemo in esame i vari articoli e saggi dove Rahner affronta in
maniera più diretta le questioni legate alla salvezza dei non cristiani e al
ruolo delle altre religioni in questa salvezza dei loro membri e tenteremo di offrirne una presentazione ordinata, cercando di affrontare gli
interrogativi più spinosi e di organizzare tutto il materiale secondo i
temi principali che la riflessione sui cristiani anonimi tocca nel suo sviluppo. Uno sguardo diacronico accompagnerà parallelamente sottotraccia questo approccio sincronico, aiutandoci a cogliere il dinamismo di
progressivo approfondimento e chiarificazione che percorre tutta la riflessione di Rahner sui cristiani anonimi. Il nostro vuole essere dunque
il tentativo di cercare una sistematizzazione che la renda questa tesi
maggiormente intelligibile e ne illumini le principali conseguenze per
l’ecclesiologia e la teologia delle religioni.
1
NASCITA DEL PROBLEMA: LE DOMANDE
A CUI RAHNER CERCA DI RISPONDERE
Chiamato, il 22 gennaio 1965, a tenere una conferenza a Friburgo
(replicata nei giorni successivi a Basilea e Monaco di Baviera) sul Vaticano II, Karl Rahner, in qualità di teologo dogmatico, decide di presentare la Costituzione dogmatica De Ecclesia, ma lo fa in un modo tutto
particolare. Invece di illustrare agli ascoltatori i temi della Costituzione
da poco promulgata, o di raccontarne l’interessante iter di formazione,
prova a mettersi nella condizione di un cattolico del futuro e si domanda cosa lo colpirà o sorprenderà di più di questo documento. Per fare
8
W.V. DYCH, «The achievement of Karl Rahner», in Theology Digest 31 (1984) 332:
«Karl Barth ci ha lasciato i grandi volumi della sua Dogmatica ecclesiale, e Paul Tillich
i tre volume della sua Teologia Sistematica, ma Karl Rahner non ci ha lasciato niente di
simile. Egli ha costantemente rifiutato di sistematizzare i suoi scritti e darci un sistema.
[...]. Per Karl Rahner niente era finale, niente era una volta per tutte, ogni cosa era
movimento e vita». Anche P. ROSSANO, «Religione: III. Teologia delle religioni», in G.
BARBAGLIO - S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 19947, 1257, afferma: «L’autore che ha influito maggiormente sull’evoluzione dell’atteggiamento cattolico verso le religioni è stato K. Rahner. In vari saggi non sistematici ma stimolanti egli argomenta in base a due principi, l’uno teologico, l’altro sociologico». I due principi a cui si riferisce Rossano sono l’esistenziale soprannaturale e la
configurazione essenzialmente sociale dell’uomo.
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questo abbozza prima un’ipotetica situazione futura della cristianità,
situazione che costituisce il Sitz im Leben, e nella quale viene a collocarsi, tutta la riflessione sui cristiani anonimi9.
Tra venti, trenta o cento anni – secondo Rahner – le comunità cristiane saranno sparse in ogni parte del mondo, ma saranno dappertutto
in una condizione di diaspora in mezzo ai pagani 10, saranno una minoranza esigua, saranno il piccolo gregge del Vangelo. Non ci saranno più
“popoli cattolici”, la Weltanschauung ufficiale della società non sarà
quella cristiana. Il cristiano allora non dovrà arroccarsi nella Chiesa
come in una cittadella assediata, ma dovrà guardare con simpatia al
mondo, dovrà entrare in una mentalità di «cattolicesimo aperto»11 pronto
a confrontarsi con la società pluralista in cui vivrà.
Dopo diversi anni da questa conferenza di Rahner possiamo toccare
con mano la verità di questa sua “profezia” e come tutto questo chiami
direttamente in causa la teologia.
Nel pluralismo in cui viviamo oggi, uno degli elementi più difficili
da comprendere per il cristiano è proprio il pluralismo delle religioni:
che dopo duemila anni di evangelizzazione esista ancora una molteplicità di religioni è uno scandalo urtante e violento per il cristianesimo
che «si presenta al mondo come la religione assoluta, come la sola valida rivelazione dell’unico Dio vivente»12. Se nel passato le altre religioni
erano le religioni di altri ambienti culturali che non toccavano esistenzialmente il cristiano, oggi, nella civiltà del “villaggio globale”, «ogni
religione esistente al mondo [...] costituisce un problema e una profferta per chiunque»13. Il cristiano cattolico, che non può ammettere un
relativismo religioso,
«si trova dunque di fronte all’interrogativo spinoso, di dover chiedersi come
[...] si possa metter d’accordo la fede nella validità assoluta e nell’impegnatività universale del suo cristianesimo cattolico e della sua Chiesa, col fatto
che dopo 2000 anni d’esistenza del cristianesimo e della Chiesa il grosso
dell’umanità non sia né cristiano né cattolico; e ciò sebbene a tale vastissima aliquota di uomini non si possa negare né l’intelligenza, né la fedeltà
alla propria coscienza»14.
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», in ID., Nuovi Saggi I, Paoline, Roma 1968, 659-687.
9
ID., «Il cristiano e i suoi parenti increduli», in ID., La fede in mezzo al mondo,
Paoline, Alba 1965, 213: «Dio ci ha fatto nascere in un’epoca nella quale (al contrario di
quanto avveniva in altri tempi) esistono ovunque cristiani che vivono nella diaspora».
Vedi anche ID., «I cristiani anonimi», in ID., Nuovi Saggi I, Paoline, Roma 1968, 768.
10
11
Cf ID., «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 533-534 e ID., «Religione
assoluta?», in Incontro tra le religioni, Mondadori, Milano 1968, 95.
12
K. RAHNER, «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 535.
Ib., 536-537. Vedi anche ID., «La Chiesa, le chiese e le religioni», in ID., Nuovi
14
Saggi III, Paoline, Roma 1969, 427.
Ib., 429.
13
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Il cristiano del mondo d’oggi deve guardare al pluralismo religioso
come a un aspetto ineliminabile della sua esistenza cristiana, deve cercare di approfondire le misteriose ragioni per cui la provvidenza salvifica di Dio permetta ancora, dopo la sua piena automanifestazione e
autocomunicazione in Gesù di Nazareth, il perdurare di questo pluralismo, e deve in fondo ammettere che questo ha un posto e un senso nel
piano di Dio.
Questo stesso cristiano deve però anche affermare che la salvezza si
raggiunge non semplicemente con una fede in un generico Dio, ma solo
attraverso Cristo e la sua Chiesa, e nello stesso tempo è obbligato a
credere a una vera ed efficace volontà salvifica di Dio per tutti gli uomini. Come tenere insieme tutto questo?
Rahner cerca di dare una risposta a questo interrogativo, una risposta
da teologo che scaturisca dal dogma cattolico e non dalla storia o filosofia della religioni15. In questo suo tentativo egli riconosce che il teologo
cattolico è agevolato dal Concilio Vaticano II che in alcuni suoi documenti ha enunciato dei principi fondamentali, e ormai imprescindibili,
su questo tema16, anche se non deve fermarsi a queste formulazioni:
Diverse volte K. Rahner precisa questo suo angolo di visuale del problema: «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 538.547; «La Chiesa, le Chiese e le religioni»,
cit., 429; «Religione assoluta?», cit., 98; «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», in
ID., Teologia dall’esperienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma 1978, 453;
«Sul significato salvifico delle religioni non cristiane», in ID., Dio e rivelazione. Nuovi
Saggi VII, Paoline, Roma 1981, 423; CFF, 401.
15
16
Riportiamo qui i testi del Vaticano II ai quali Rahner fa continuo riferimento nei
saggi sui cristiani anonimi. LG 16: «Coloro che non hanno ancora accolto l’evangelo,
sono ordinati al popolo di Dio in vari modi. [...]. Infatti coloro che ignorano l’evangelo
di Cristo e la sua Chiesa senza loro colpa, ma cercano sinceramente Dio, e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere fattivamente la volontà di Dio conosciuta
attraverso il dettame della coscienza, costoro possono conseguire la salvezza. Anche a
coloro che senza colpa personale non sono ancora arrivati ad una conoscenza esplicita
di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta, la provvidenza divina non rifiuta gli aiuti necessari alla salvezza. Infatti tutto ciò che di buono e
di vero si trova presso di loro, la Chiesa lo considera come una preparazione evangelica, come un dono concesso da colui che illumina ogni uomo, perché abbia finalmente
la vita». GS 22: «E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini
di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto
per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto,
nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale». AG 7: «Benché quindi Dio, attraverso vie che lui solo conosce, possa portare gli uomini che senza loro colpa ignorano il
Vangelo a quella fede “senza la quale è impossibile piacergli” (Eb 11,6), è tuttavia
compito imprescindibile della Chiesa (cf 1Cor 9,16), e insieme suo sacrosanto diritto,
diffondere il Vangelo». NA 1: «I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità.
Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta
la faccia della terra; hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui provvidenza, le cui
testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti».
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«I milioni di anni della storia della salvezza di cui non si può non tenere
conto e che sono destinati a costituire una sola storia di fede, soprattutto il
periodo tra l’inizio dell’umanità e Mosè, possono forse venire liquidati
solo con un vago appello alla provvidenza divina, senza spiegare come
siano state allora possibili vera rivelazione e fede? Ci si può accontentare,
come fa il Concilio, della sola affermazione che ci sarebbero in proposito
vie di salvezza che solo Dio conosce? Come si può correttamente conciliare
l’assolutezza del cristianesimo con l’affermazione che le religioni non cristiane hanno una funzione salvifica positiva?»17.
Per rispondere a queste domande scottanti per la teologia non c’è
altra strada, per Rahner, che cercare di elaborare e sviluppare una teologia vertente sulla possibilità e sull’esistenza dei cristiani anonimi.
2
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a) La questione terminologica
In un articolo del 1970, Cristianesimo anonimo e compito missionario della Chiesa18, Rahner premette alla sua trattazione alcune precisazioni terminologiche, solamente accennate in due articoli precedenti19,
per rispondere alle obiezioni sollevate da alcuni teologi alla sua tesi.
Anzitutto egli si chiede se sia necessario distinguere tra “cristiano
anonimo” e “cristianesimo anonimo” come, ad esempio, suggerisce
Henri de Lubac il quale, pur non avendo riserve sul primo dei due
concetti, rifiuta il secondo20 e ricorda che il termine cristianesimo può
avere almeno due significati: può designare semplicemente l’insieme
dei cristiani, per cui ammettendo l’esistenza di cristiani anonimi non si
può negare l’esistenza di un cristianesimo anonimo, ma può essere an17
K. RAHNER, «Istanze teologiche disattese del Concilio Vaticano II», in Rassegna di
Teologia 1 (1984) 16. B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les “chrétiens anonymes”», cit., 522:
«L’originalità della riflessione di Rahner non è quella di dire che degli uomini possono
essere salvati al di fuori di una fede esplicita in Cristo: egli mira a rendere conto del
come mantenendo tutte le esigenze della fede cristiana».
18
In K. RAHNER, Nuovi Saggi IV, Paoline, Roma 1973, 619-642.
Cf ID., «I cristiani anonimi», cit., 772 e ID., «Ateismo e cristianesimo implicito», in
ID., Nuovi Saggi III, Paoline, Roma 1969, 218.
19
Cf H. DE LUBAC, «Le religioni umane secondo i padri», in ID., Paradosso e mistero
della Chiesa, Jaca Book, Milano 1979, 159-187. Sulla stessa linea di de Lubac sono
anche C. PORRO, «Teologia delle religioni non cristiane», in Rassegna di Teologia 4 (1992)
557-558 e S. MAGGIOLINI, «Le catholicisme et les religions non chrétiennes», in Nouvelle Revue Théologique 109 (1987) 515.
20
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che inteso come «ciò che rende un uomo un cristiano»21, focalizzando
l’attenzione su quella che è l’essenza del cristianesimo, della quale fa
parte anche una necessaria visibilità storica che trova la sua espressione
nell’appartenenza esplicita e piena alla Chiesa22. Se prendiamo il termine in questa seconda accezione, non possiamo allora parlare di un cristianesimo anonimo, ma nemmeno, per coerenza, di un cristiano anonimo, perciò «il problema sull’opportunità terminologica del termine
non trova alcuna risposta nella distinzione tra i due concetti citati e che
si possono perciò o accettare tutti e due o respingere in blocco»23. Certamente Rahner riconosce che questi termini sollevano delle difficoltà,
poiché il senso pieno di cristianesimo implica alcune realtà, come la
confessione esplicita della fede e la socialità ecclesiale, che non sono
presenti nel cristianesimo anonimo, ma nondimeno difende la sua scelta terminologica fornendo ulteriori precisazioni.
Il concetto di “cristiano anonimo”, non è «un ultimo disperato tentativo di “attribuire” ancora alla Chiesa – contro ogni libertà dello spirito – ogni traccia di elemento buono e umano nel senso stretto del
termine, in un mondo in cui la fede cristiana sta sparendo»24, ma dice
uno stato contrario all’essenza, dice che a questo cristianesimo manca
qualcosa di essenziale verso cui tende25. L’aggettivo “anonimo”, che
indica la mancanza di un riconoscimento esplicito di un’essenza che
pure è presente, non opera solamente una chiarificazione del sostantiK. RAHNER, «Cristianesimo anonimo e compito missionario della Chiesa», in ID.,
Nuovi Saggi IV, Paoline, Roma 1973, 621.
21
22
Vedremo in seguito come per Rahner sono da postularsi vari gradi di appartenenza alla Chiesa, che permettono alla teologia di uscire dall’imbarazzo di dover riconoscere solamente la possibilità di un’appartenenza totale o di una totale non appartenenza che rende impossibile la salvezza.
K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 622. Non si capisce come V. BOUBLIK,
Teologia delle religioni, Studium, Roma 1973, 254, nota 5, possa affermare che «K.
Rahner non vuole parlare di un cristianesimo anonimo, ma solo di cristiani anonimi».
23
24
K. RAHNER, «I cristiani anonimi», cit., 768. Vedi anche L. ROBERTS, Karl Rahner, sa
pensée, son oeuvre, sa méthode, Maison Mame, Tours 1969, 222: «Il concetto di cristianesimo anonimo, così come lo vede Rahner, non è un principio ermeneutico che
permette di ridurre all’essenziale la teologia anteriore, come fa Robinson nella tesi
della sua opera: Honest to God, vano tentativo avente come scopo di rendere il cristianesimo più accettabile».
25
K. RAHNER in «Ateismo e cristianesimo implicito», cit., 218 usa come sinonimo di
cristianesimo anonimo quello di cristianesimo implicito mettendo in evidenza come il
concetto di “implicito” è frequente in teologia dove si parla ad esempio di fides implicita, di votum baptismi o votum Ecclesiae implicitum, ecc. Il concetto di cristianesimo
anonimo si differenzierebbe da quello di cristianesimo implicito «solo perché sottolinea il carattere implicito del cristianesimo di un individuo di fronte agli altri componenti la società».
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vo “cristiano” o “cristianesimo”, ma lo modifica notevolmente cosicché “cristianesimo anonimo” non coincide con “cristianesimo ecclesialmente esplicito” ma viene a significare
«da un lato che il cristianesimo è già dato come primo avvio, dall’altro che
esso non è ancora giunto a dispiegarsi in tutta la sua essenza piena, non ha
esaurito tutta la sua esprimibilità ed esperibilità storiche e sociali, è perciò,
appunto, anonimo»26.
La questione terminologica è comunque per Rahner la cosa meno
importante: «il termine può magari contare nulla; ma la realtà da esso
designata è innegabilmente centrale per i rapporti del cristiano contemporaneo col suo ambiente»27. Egli non si fossilizza su una difesa strenua
di questa terminologia, è pronto ad accettare proposte di altre definizioni che, sinteticamente, espongano con chiarezza ciò che lui ha tentato di esprimere con i concetti di “cristiano anonimo” e “cristianesimo
anonimo”; è la realtà che sta sotto tali concetti che egli ha a cuore,
realtà che vede affermata esplicitamente dal Vaticano II28 e che adesso
noi cercheremo di presentare.
b) Chi sono i cristiani anonimi?
«Dovunque ci sono uomini intenti ad affermarsi in libertà, essi stanno di fronte a Dio e decidono della loro propria salvezza»29.
Possiamo considerare questa affermazione di Rahner del 1962 come
una prima, implicita, definizione dei cristiani o teisti anonimi e notare
già fin d’ora come egli non si limiti ad asserire la possibilità per ogni
ID., «Cristianesimo anonimo..., cit., 623. V. BOUBLIK, Teologia delle religioni, cit.,
254-269, riconosce che la dottrina del cristianesimo anonimo esprime molte legittime
esigenze, alle quali però risponderebbe in modo discutibile. All’espressione “cristianesimo anonimo” preferirebbe quella di “catecumenato anonimo” che, a sua giudizio,
chiarificherebbe meglio i rapporti tra questa realtà implicita e la Chiesa.
26
K. RAHNER, «I cristiani anonimi», cit., 769. ID., «Osservazioni sul problema del
“cristiano anonimo”», in Nuovi Saggi V, Paoline, Roma 1975, 694: «Capisco che uno non
voglia parlare anche di cristianesimo anonimo. Si tratta solo di una questione terminologica, che cerca la migliore espressione possibile, quindi di una questione di valutazione,
di fronte a cui non ho alcun parere decisivo da proporre. Però ritengo che l’espressione
“cristiani anonimi” sia inevitabile, finché non sarà avanzata una proposta migliore».
27
ID., «I cristiani anonimi», cit., 772: «Non si può dubitare che l’idea dell’esistenza
di “cristiani anonimi” (poco importa il nome con cui si designano!) s’accordi perfettamente con gli insegnamenti del Concilio, anzi vi viene addirittura citata esplicitamente». Anche L. ROBERTS, Karl Rahner, sa pensée, son oeuvre, sa méthode, cit., 223 afferma
che alla luce degli insegnamenti del Vaticano II «non ci sono dei motivi seri per contestare quello che Rahner vuol dire quando parla di “cristianesimo anonimo”».
28
29
K. RAHNER, «Storia del mondo e storia della salvezza», in ID., Saggi di antropologia
soprannaturale, Paoline, Roma 1965, 505.
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uomo di giungere alla salvezza sempre e comunque, ma la leghi all’esercizio del suo libero arbitrio30.
Karl Rahner era tuttavia già entrato in argomento almeno in una
conferenza di un anno prima31 nella quale, affrontando «in modo piuttosto frammentario e bisognoso di ulteriori integrazioni»32 il rapporto
tra cristianesimo e altre religioni, riconosceva di trovarsi in un campo
di ricerca, in una zona non ancora battuta dalla riflessione teologica,
per cui avvertiva i suoi uditori/lettori di non aspettarsi dalla sua relazione la proposizione di una sentenza comune della teologia cattolica.
Questa affermazione sorprende, soprattutto se confrontata con quella
che solo pochi anni dopo (1964) farà nella recensione al libro di A.
Röper, Die anonymen Christen, Mainz 1963: «Che cosa intenda asserire la tesi che afferma l’esistenza del “cristiano anonimo”, viene poi positivamente spiegato anche nella Costituzione sulla Chiesa (n. 16), emanata dal Vaticano II»33. Confrontando queste due affermazioni possiamo intravvedere tutta la strada che il Concilio ha fatto compiere alla
Chiesa in questo ambito, e gran parte del merito di questo cammino –
per cui la questione dei non cristiani, da problema a cui la teologia non
ha prestato ancora sufficiente attenzione, viene accolta in uno dei più
importanti documenti conciliari – è certamente di Karl Rahner34.
Vedi anche ib., 509: «A causa della universale volontà salvifica di Dio, l’offerta e la
possibilità della salvezza sono altrettanto estese quanto è esteso il campo storico del libero arbitrio umano». Questa sottolineatura della libertà, quindi della necessità dell’accettazione personale del dono gratuito di grazia di Dio sarà importante per vedere in seguito
la differenza tra la concezione di K. Rahner e quella di A. Röper sui cristiani anonimi.
30
K. RAHNER, «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 533-571. Per J. RATZINIl nuovo popolo di Dio, Queriniana, Brescia 1971, 366, nota 1, il punto di partenza per la formula dei cristiani anonimi si trova nel saggio di K. RAHNER, «L’appartenenza alla Chiesa in qualità di membri secondo la dottrina dell’enciclica “Mystici Corporis”», in ID., Saggi sulla Chiesa, Paoline, Roma 1966, 53-181. Negli scritti successivi,
secondo l’attuale papa, il concetto dei cristiani anonimi si appiattisce e diventa problematico perché cristallizzerebbe il problema nella direzione falsa, ponendo come questione primaria quella della salvezza degli “altri” e non quella più centrale di come si
debba intendere, di fronte all’innegabile possibilità per i non cristiani di salvarsi, la
pretesa incondizionata della Chiesa e della sua fede.
31
GER,
32
È lui stesso ad affermarlo in «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., alla
nota 1 di pagina 533.
K. RAHNER, «I cristiani anonimi», cit., 771. Il corsivo è nostro. Questa recensione,
originariamente trasmessa da Radio Germania Occidentale nell’estate 1964, è stata poi
pubblicata nel VI volume degli Schriften.
33
Vedi ad esempio le affermazione di P. KNITTER - J.H. WONG - P. KNITTER, Nessun
altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso le religioni mondiali,
Queriniana, Brescia 1991, 71: «La maggior parte dei teologi cattolici interpretano il
riconoscimento del valore delle altre religioni da parte del Vaticano II e il suo invito al
dialogo interreligioso alla luce della teologia pionieristica di Karl Rahner». J.H. WONG,
34
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Ma chi sono per Rahner i “cristiani anonimi”? Riportiamo di seguito due definizioni che egli stesso dà:
«Non significa altro che questo: secondo la dottrina stessa della Chiesa un
uomo può essere in possesso della grazia santificante, essere quindi giustificato e santificato, figlio di Dio, erede del paradiso, positivamente indirizzato per grazia alla sua salvezza eterna e soprannaturale prima ancora di
aver accettato un credo esplicitamente cristiano e di aver ricevuto il battesimo. «Cristianesimo anonimo» significa in primo luogo: grazia interiore
che santifica e rimette la colpa prima del battesimo35».
«Secondo la nostra terminologia il «cristiano anonimo» è il pagano dopo
l’inizio della missione cristiana, il quale vive nello stato della grazia di Cristo in fede, speranza e carità, ma non sa nulla esplicitamente del rapporto
che la sua esistenza soprannaturalmente giustificata ha verso Gesù Cristo»36.
Ha senso quindi parlare di cristianesimo anonimo solo presupponendo che la giustificazione possa raggiungere l’uomo anche al di là di
un rapporto esplicito e tematizzato con il cristianesimo e la rivelazione
ufficiale. Tutto questo nasce dall’esigenza di tenere insieme due principi: la necessità della fede cristiana per la salvezza e l’universale volontà
salvifica di Dio.
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati»37. Perché questa volontà
salvifica di Dio sia realmente universale ed efficace, deve essere possibile
ad ogni uomo di ogni tempo e di ogni paese, entrare in un autentico
rapporto salvifico con Dio in qualsiasi situazione esso si trovi. Se questa
realtà è pacifica per il cristiano e il teologo del dopo Concilio, non era
così in precedenza e Rahner espone sinteticamente diverse volte come
l’ottimismo di una possibilità universale di salvezza si è chiarito lentamente nella coscienza della Chiesa in un percorso che, iniziato con s.
«Anonymous Christians: Karl Rahner’s Pneuma – Christocentrism and an East – West
Dialogue», in Theological Studies 55 (1994) 610: «È stato generalmente riconosciuto
che Karl Rahner fu il principale artefice dell’insegnamento del Vaticano II in questa
materia. La sostanza, se non il termine fortemente dibattuto, della sua teoria dei “cristiani anonimi” è stato approvato dal Concilio in vari documenti». Contrariamente a
questo per L. SARTORI, «Teologia delle religioni non cristiane», in Dizionario Teologico
Interdisciplinare, vol. III, Marietti, Torino 1977, 411, il Concilio, in materia di religioni
non cristiane, avrebbe seguito la linea Daniélou perché più consolidata e tradizionale.
35
K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 624-625.
ID., «Osservazioni sul problema del “cristiano anonimo”», cit., 681. Vedi anche
ID., «Cristiano anonimo», in K. RAHNER - F. KLOSTERMANN - H. SCHILD - T. GOFFI (edd.),
Dizionario di Pastorale, Queriniana, Brescia 1979, 189: «L’espressione “cristiano anonimo” (e “cristianesimo anonimo”) intende constatare il fatto, specie dopo il Vaticano
II ormai incontestabile, che un uomo può essere giustificato dalla grazia di Dio e quindi
trovare la propria salvezza, quand’anche senza sua colpa non appartenga sociologicamente alla Chiesa, non sia battezzato, anzi ritenga di dover dichiararsi ateo; e ciò,
sintetizzando il tutto in un breve motto (che, al par di tutte le parole del genere, risulta
37
ovviamente esposto al rischio di venir frainteso)».
1Tm 2,4.
36
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680
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Ambrogio, il quale riconosce una possibilità di salvezza per i catecumeni
morti prima del battesimo, arriva fino al Vaticano II38. Non possiamo
neppure più pensare, come la teologia cattolica faceva nel passato, che gli
uomini fuori della Chiesa raggiungano solo una beatitudine puramente
naturale, senza partecipazione alla natura e alla visione di Dio39. La salvezza che Dio offre a tutti gli uomini non è nemmeno un dono creato di
Dio, ma è Dio stesso che nella sua grazia si dona spontaneamente all’uomo, in modo sì totalmente gratuito, ma non saltuario, intermittente.
Ogni uomo è dunque già in cammino verso la salvezza, salvezza che
è quella procurataci da Cristo, perché «non vi è altro nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati»40 e
perché ogni grazia è gratia Christi. Allora la Chiesa, per questa connotazione fortemente cristologica della salvezza, dovrà vedere negli altri
uomini non solo un teismo anonimo, ma un «cristianesimo anonimo
all’opera in mille modi»41. L’unico limite all’offerta di grazia di Dio,
all’autocomunicazione che Dio fa di sé stesso all’uomo in Gesù, può
essere solo quello posto da una colpa grave soggettiva del singolo. Non
ogni uomo dunque, pur trovandosi inevitabilmente di fronte all’offerta
dell’autopartecipazione divina, è per Rahner un cristiano anonimo; perché sia tale è necessario che abbia detto il suo, pur implicito, sì a Dio che
38
Cf K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 626-628; ID., «Osservazioni sul
problema del “cristiano anonimo”», cit., 682; ID., «L’appartenenza alla Chiesa in qualità di membri secondo la dottrina dell’enciclica “Mystici Corporis”», cit., 105-127.
39
CFF, 199-200: «La volontà salvifica di Dio, che la dogmatica cattolica, contro il
pessimismo di un Agostino o del calvinismo, qualifica come universale – cioè abbracciante ogni uomo, indipendentemente dallo spazio e dal tempo in cui egli esiste –, non
significa una qualsiasi non perdizione dell’uomo, bensì la salvezza nel senso autentico,
cristiano di un’autopartecipazione assoluta da parte di Dio in assoluta vicinanza, significa dunque anche ciò che noi chiamiamo visio beatifica. Appunto tale salvezza è resa
possibile, anche all’interno della situazione infralapsaria (conseguente al peccato originale), a ogni uomo, e può essere sprecata da questi solo attraverso una sua colpa personale». Qui vediamo chiaramente come il tema dei cristiani anonimi sia legato a doppio
filo con la questione del soprannaturale. G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», in Modern Theology 102 (1985) 136: «Nel tenere insieme questi
due poli dobbiamo focalizzarci sulle relazioni tra natura e grazia, perché il punto di
vista che esprime la radicale discontinuità della religione cristiana dalle altre religioni
tende implicitamente ad accettare una chiara distinzione tra natura e grazia».
40
At 4,12. Vedi al riguardo ciò che afferma G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous
Christian - a Reappraisal», cit., 134: «Il termine “cristiano anonimo” sottolinea il riconoscimento che l’origine e lo scopo della grazia è Dio, mediato nella storia attraverso
Gesù Cristo».
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 669. CFF, 296: «Cristo ha già incontrato più d’uno che non sapeva d’aver
incrociato colui nella cui morte e nella cui vita egli stesso si era abbandonato come nel
proprio destino beato, redento; che non sapeva d’aver incontrato colui che i cristiani
chiamano giustamente Gesù di Nazaret».
41
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gli si dona. Come possa esistere per Rahner questa risposta dell’uomo a
Dio, questa fede soprannaturale, lo vedremo in seguito, qui ci preme
sottolineare solamente la differenza con A. Röper, per la quale tutti gli
uomini sono già anonimamente cristiani42, per non perdere la netta distinzione di fondo intercorrente tra la grazia semplicemente offerta e la
grazia accettata esistenzialmente con un atto di fede e di amore.
Come l’uomo può dire il suo sì anonimo a Dio? Per Sesboüé si danno in Rahner due gradi d’anonimato: in un primo grado «l’esperienza
di Dio è riconosciuta per se stessa e si tematizza attraverso forme religiose diverse» (e questo ci porta a considerare in maniera positiva le
altre religioni come luogo di una possibile e vera esperienza di Dio), in
un secondo grado invece «l’esperienza originaria di Dio trova un’espressione non religiosa e si realizza al cuore delle realtà profane»43. È nella
sua stessa vita, nell’accoglienza di sé stesso e della propria esistenza che
l’uomo risponde a Dio, accogliendo con lealtà e pazienza la pesantezza
della vita di tutti i giorni: «l’accettazione da parte di un uomo della sua
propria esistenza, della sua umanità personale, è già un sì a Cristo; è un
atto di fede, di speranza e di carità»44. In alcuni articoli più tardivi e
soprattutto nel Grundkurs, Rahner accosta a questa accettazione della
propria esistenza, l’accoglienza dell’uomo nell’altro, cioè l’amore del
prossimo con il quale Gesù si identifica in Mt 25,31-46:
Cf ID., «I cristiani anonimi», cit., 766-767; ID., «Ateismo e cristianesimo implicito», cit., 219; ID., «Osservazioni sul problema del “cristiano anonimo”», cit., 680-681.
A. RÖPER, I cristiani anonimi, Queriniana, Brescia 1966, 163: «Ogni uomo è cristiano
in modo “anonimo”, anche se non sempre esplicito. [...]. Tutti gli uomini sono cristiani
in qualche modo, anche se molto diverso. Tale fatto, però, non dice se la sorte del
singolo sarà la salvezza o la dannazione». K. RIESENHUBER, «Rahner’s “anonymous Christian”», in Theology Digest 13 (1965) 168: «Röper estende il termine “cristiano anonimo” a tutti gli uomini indipendentemente dalla loro accettazione della chiamata soprannaturale, mentre Rahner più correttamente per questo una qualche accettazione
personale implicita». G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», cit., 137: «Rahner non afferma che ognuno è un cristiano anonimo, ma che ognuno può essere un cristiano anonimo». B. MONDIN, «Karl Rahner e la teologia antropocentrica», in ID., I grandi teologi del secolo ventesimo, vol. I, Borla, Torino 1969, 154,
sembra non aver colto questa fondamentale differenza tra K. Rahner ed A. Röper,
poiché afferma che per il nostro teologo «tutti gli uomini attraverso l’apprensione dell’essere apprendono implicitamente Dio, il Dio della Rivelazione cristiana, e perciò
tutti gli uomini sono implicitamente cristiani (cristiani anonimi)». Il corsivo è nostro.
42
43
B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les “chrétiens anonymes”», cit., 526.
Ib., 528. K. RIESENHUBER, «Rahner’s “anonymous Christian”», cit., 170: «Nell’accettazione di se stesso come esso è, l’uomo accetta la grazia di Dio e la rivelazione dentro
di sé. [...]. Chiunque dice sì al suo proprio essere-un-uomo, dice sì al Figlio dell’Uomo,
ed è in tal modo un cristiano senza saperlo. [...]. In modo speciale la morte offre l’occasione per l’accettazione definitiva di quel significativo, stimolante Mistero, nel quale
uno si dà a Lui nella fiducia». Cf ad esempio K. RAHNER, «I cristiani anonimi», cit., 766.
44
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«Chi pertanto [...] accetta la propria esistenza e quindi la propria umanità
in silenzio e con pazienza (meglio: con fede, speranza e amore), l’accetta
come il mistero che si perde nel mistero dell’amore eterno e che apporta la
vita nel seno della morte, costui – benché non lo sappia – dice di sì a Cristo.
[...] Chi accetta completamente il suo essere-uomo (e prima ancora, naturalmente, quello dell’altro), costui ha accolto il Figlio dell’uomo, perché in
lui Dio ha accettato l’uomo. E quando la Scrittura afferma che chi ama il
prossimo (il vicino) ha adempiuto la legge, tali parole rappresentano l’ultima verità, perché Dio è diventato questo stesso prossimo e così in ogni
prossimo (vicino) accogliamo e amiamo sempre nel contempo questo Vicinissimo e Lontanissimo»45.
Tutto quanto finora detto sui cristiani anonimi, non deve però portare a oscurare l’importanza del cristianesimo esplicito al quale invece
essi tendono per la loro stessa essenza e dinamica46. Per spiegare questo
fatto, Rahner si richiama a una concezione classica della teologia dei
sacramenti per la quale la grazia mediatrice e operatrice della salvezza,
può precedere l’evento sacramentale reclamando però la propria visibilità nel sacramento: è quanto avviene a Pietro per il battesimo di Cornelio in At 10,4747.
La presa di coscienza riflessa del cristianesimo è per il nostro teologo
un dovere fondamentale di ogni uomo, un’esigenza fondata sulla struttura incarnatoria e socializzante della grazia e del cristianesimo48, e una
possibilità maggiore di salvezza per i singoli cristiani anonimi che, una
volta divenuti cristiani espliciti, sanno a chi credono, a chi si abbandonano con piena fiducia, in piena responsabilità e libertà. Il non cristiano ha
45
CFF, 297. K. RAHNER, Che significa amare Gesù?, Ed. Paoline, Roma 1983, 57: «Là
dove l’amore può lasciare realmente cadere tutte le riserve in maniera definitiva e con
sicurezza assoluta, dove può interpretare realmente la propria essenza più originaria come
dono incondizionato di sé agli altri sino alla fine, là in fondo si ama contemporaneamente anche Gesù come tale pur se l’amante non conosce ancora il suo nome benedetto».
In molti passi K. Rahner afferma la necessità del cristianesimo anonimo di giungere a un cristianesimo pieno, vedi ad esempio: «Cristianesimo e religioni non cristiane»,
cit., 567-568; «I cristiani anonimi», cit., 767; «Cristianesimo anonimo...», cit., 620.632ss;
«Religione assoluta?», cit., 103; CFF, 393-394. Nota A. MARRANZINI, «Il “Cristianesimo
Anonimo” di K. Rahner, oggi», in M. FARRUGIA (ed.), Universalità del cristianesimo. In
dialogo con Jacques Dupuis, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, 208: «Certo, Rahner
non indulge ad alcun relativismo religioso, come purtroppo sembra che facciano altri;
insiste sul rapporto della comunicazione della grazia con la Chiesa e sull’obbligo di
aderire al Vangelo e alla Chiesa non appena se ne percepisce la verità. Però, secondo lui,
il “cristianesimo anonimo” già sarebbe, sia pure in via transitoria, una fase legittima e
autentica di cristianesimo».
46
47
Cf K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 633.
ID., «Chiesa e ateismo», in Scienza e fede cristiana. Nuovi Saggi IX, Ed. Paoline,
Roma 1983, 202: «La grazia di Dio, che mira sempre a portare tutto l’uomo storico
nella salvezza di Dio, tende di sua natura a divenire storicamente tangibile nella parola,
nella Chiesa, nel sacramento».
48
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683
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il dovere di non sopprimere questa tendenza della grazia a esplicitarsi in
tutte le dimensioni della sua esistenza, tanto da far affermare a Rahner
che «il cristianesimo anonimo non esisterebbe più o esisterebbe solamente come giudizio e condanna, se chi si vedesse offrire il cristianesimo
esplicito, si chiudesse di fronte ad esso in linea di principio»49. E questa è
una continua esigenza anche per ogni cristiano esplicito, chiamato nella
vita a cercare di fare più suo esistentivamente ciò che ha accolto nella
fede; in fondo tutti noi «siamo sempre cristiani per diventarlo»50.
Vogliamo infine concludere questo paragrafo con una citazione di
G. D’Costa che ci sembra riassuma bene la tesi della possibilità di un
cristianesimo anonimo:
«Se la grazia, che è liberamente offerta a tutti, è liberamente accettata, è
orientata verso, e originata da, l’unico (dall’unico) Dio; se l’autorivelazione definitiva di Dio è espressa nella vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo, allora tutta la grazia liberamente accettata ha origine da, ed è orientata
verso Cristo. Conseguentemente, una persona che accetta questa grazia
implicitamente e soggettivamente nell’amore radicale del suo prossimo,
per esempio, può essere intesa come un cristiano anonimo per il fatto che
egli ha, nella sua orientazione di base e nella sua decisione fondamentale,
accettato la grazia salvifica di Dio, attraverso Cristo, sebbene essa possa
non aver mai udito della rivelazione cristiana»51.
c) Anche gli atei possono essere cristiani anonimi?
Dopo il Concilio Vaticano II, la riflessione di Karl Rahner sui cristiani anonimi si allarga alla considerazione dell’ateismo, stimolata da alcuni testi conciliari che sembrano mutare la posizione classica della teologia e della Chiesa di fronte a questo problema52.
Dopo alcuni brevi accenni in articoli o conferenze del 196553 (subito
dopo la promulgazione della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa),
Rahner affronta direttamente l’argomento in due testi del 1967: L’inse49
ID., «Cristianesimo anonimo...», cit., 637-638.
CFF, 394. K. Rahner in «Religione assoluta?», cit., 104, addirittura afferma che
«vi sono ragioni anche per ammettere che lo stesso cristianesimo può venire considerato dai cristiani come un “cristianesimo anonimo”, cioè un cristianesimo che andrà esplicitandosi e chiarendosi sempre più».
50
51
G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», cit., 132.
52
I testi a cui Rahner si riferisce sono: GS 19-21.22 quinto capoverso; LG 16; AG 7.
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 680: «Persino l’ateismo onesto e preoccupato, intento ad indagare e a ricercare, è avvolto dalle braccia misericordiose della grazia di Dio»; ID., «I cristiani anonimi»,
cit., 771: «[...] all’ombra d’un tale ateismo può benissimo allignare un inconsapevole
“teismo”, attuato in maniera unicamente esistenziale (e precisamente in una radicale
obbedienza ai dettami della coscienza)».
53
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gnamento del concilio Vaticano II sull’ateismo: tentativo di interpretazione54, e Ateismo e cristianesimo implicito55.
È per lui sorprendente e carico di novità come il Concilio sembri
aver abbandonato la tesi classica secondo la quale sarebbe impossibile
l’esistenza di un ateismo positivo, per un periodo lungo, senza una colpa personale. In pratica la Chiesa presupponeva nell’ateo «o lo scemo o
il delinquente»56 che non riconosce l’evidenza razionale dell’esistenza
di Dio, o per un limite del suo intelletto, o per una sua colpevole ostinazione. Ora invece il Concilio ammette la possibilità «che ci possa
essere un ateismo esplicito per lungo tempo in un adulto normale, ed
anche fino alla fine della vita, ateismo che non è ancora una prova di
colpa morale da parte del non-credente»57; per Gaudium et Spes 19
l’ateismo è colpevole solo se l’uomo si allontana volontariamente da
Dio rimuovendo gli interrogativi religiosi della sua coscienza, e tale
stato di colpevolezza non è affermabile troppo in fretta nel mondo attuale dove l’ateismo personale non è più quello del secolo scorso, ma è
sovente frutto della situazione sociale, se non addirittura una dottrina
imposta con la forza dallo stato. Naturalmente, legata al riconoscimento della possibilità di un ateismo incolpevole, c’è la convinzione che un
tale ateo possa raggiungere la salvezza58. Qui però nasce il problema di
54
In ID., «Insegnamento conciliare...», in Concilium 3 (1967/3) 19-39.
In ID., «Ateismo e cristianesimo implicito», cit., 217-248. Originariamente questo
è un manoscritto usato per un giro di conferenze in numerose università americane nel
1967 e pubblicato poi, notevolmente ampliato e rivisto negli Schriften zur Theologie,
Bd. 8, Benziger Verlag, Einsiedeln 1967, 187-212, e in G. GIRARDI (ed.), L’Ateismo
contemporaneo, vol. IV, SEI, Torino 1969, 91-117. Noi ci baseremo soprattutto su
questo articolo, perché la stesso K. Rahner afferma alla nota 3 di pagina 221 di riproporre qui alcune considerazioni già pubblicate in Concilium.
55
56
K. RAHNER, «Ateismo e cristianesimo implicito», cit., 223.
ID., «L’insegnamento del concilio Vaticano II sull’ateismo: tentativo di interpretazione», cit., 22. ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della salvezza», cit., 313: il
Concilio «ritiene addirittura che gli atteggiamenti salvifici della fede, della speranza e
dell’amore possono comparire anche nell’ateo e in seno al suo perdurante ateismo».
Per una panoramica dell’evoluzione del rapporto della Chiesa con l’ateismo vedi V.
MIANO, «L’ateismo e il magistero della Chiesa», in G. GIRARDI (ed.), L’ateismo contemporaneo, vol. IV, SEI, Torino 1969, 43-66.
57
58
G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, Jaca Book, Milano 19844, 189, commentando LG 16 è sulla stessa linea interpretativa di Rahner: «Vi sono uomini che non riconoscono un Dio personale, almeno esplicitamente, e che tuttavia si sforzano di vivere
onestamente. Se non sono responsabili della propria ignoranza, la divina Provvidenza
non mancherà di fornire loro i mezzi necessari alla salvezza. A questo punto conviene
dunque spendere qualche parola sull’ateismo apparente o semplicemente presunto;
anche qui la potenza della grazia è senza limiti, e la grazia accolta implica l’assenso di
fede, richiesto per la salvezza (Eb 11,6). Può essere che per questi uomini onesti Dio
rimanga nascosto sotto la forma di un valore e imperativo, sotto i nomi di Giustizia,
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come questo ateo si possa salvare; i testi conciliari rimandano sempre a
un agire secondo coscienza, ma è esso sufficiente come oggetto di una
fede salvifica? Possiamo affermare che l’ateo può conseguire la salvezza, non meramente perché segue i dettami della sua coscienza (quasi
fosse solamente una questione morale), ma perché
«colui che ritiene assolutamente valida per se stesso una esigenza etica della
propria coscienza e come tale la accetta adeguandovisi liberamente, sia
pure in maniera non del tutto riflessa: costui, che lo sappia o no, con o
senza riflessione concettuale, afferma praticamente l’essere assoluto di Dio
come fondamento per cui può esistere, in linea generale, qualcosa che può
venir considerata assoluta esigenza etica»59.
E questo anche a prescindere dal fatto che il singolo sia cosciente o
meno, rifletta o meno sul valore trascendentale del suo atto categoriale,
perché è proprio della conoscenza umana il poter raggiungere il contenuto oggettivo di un atto di conoscenza anche solo in maniera irriflessa
e atematica. Allora possiamo affermare che in un ateo categoriale incolpevole può esistere un teismo trascendentale accolto in libertà, ed elevato dalla grazia a motivo della volontà salvifica universale di Dio, e
quindi un cristianesimo implicito.
Rahner è poi ritornato sul problema dell’ateismo in una conferenza
alla Pontificia Università Urbaniana, il 6 ottobre 198060 dove ribadisce
la sua interpretazione del Vaticano II circa la possibilità dell’esistenza, e
della conseguente salvezza, di un ateismo incolpevole, sviluppando però
maggiormente il ruolo della Chiesa di fronte agli atei:
«dal momento che Dio nella sua grazia vuole la salvezza di tutti gli uomini,
non può esistere notte dell’ateismo che non sia già interiormente illuminata, a meno che l’uomo non si rifiuti a Dio in un’ultima colpa»61.
Questa illuminazione è continuamente testimoniata dall’esistenza
della Chiesa che, in quanto tangibilità storica della grazia, è segno universale della salvezza anche per quegli atei che sono tali senza loro
colpa. La Chiesa tuttavia deve anche combattere con tutte le sue forze
l’ateismo teorico che spinge l’uomo a rinnegare il fondamento del suo
esistere e quindi sé stesso, e lo deve combattere anzitutto parlando di
Solidarietà o simili». Vedi anche C. PORRO, «Teologia delle religioni non cristiane», cit.,
549, per il quale il Vaticano II ammette a precise condizioni la salvezza di chi è ateo:
«Infatti quando questi, pur dichiarando di non credere in Dio, finalizza liberamente e
coerentemente la propria esistenza su valori assoluti come la giustizia, la fraternità, la
solidarietà, si può ragionevolmente ritenere che egli di fatto accolga Dio nella sua vita,
quantunque non lo chiami con questo nome».
59
K. RAHNER, «Ateismo e cristianesimo implicito», cit., 230-231.
ID., «Chiesa e ateismo», cit., 192-209. Prima è stata pubblicata in Stimmen der Zeit
199 (1981) 3-13 e, successivamente, negli Schriften.
60
61
Ib., 202.
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Dio in un modo credibile agli uomini di oggi, presentando un Dio che
abbia qualcosa da dire per la loro esistenza.
Infine, in un articolo apparso su Rassegna di Teologia pochi mesi
prima della sua morte, egli riafferma con forza come nel Vaticano II
«la Chiesa pensa che possa esistere anche (seppure non unicamente!) una
forma di ateismo non colpevole, perlomeno per ciò che concerne il singolo
uomo concreto nella sua individuale storia di salvezza. È dunque necessario che essa ammetta anche (e sottolineo anche) una valenza positiva dell’ateismo in ordine alla salvezza»62.
d) Differenza tra cristiani anonimi e cristiani espliciti
In alcuni dei suoi primi scritti sui cristiani anonimi Rahner, talvolta,
dà l’impressione di limitare la differenza tra questi e i cristiani espliciti
alla semplice coscienza soggettiva riflessa, assente negli uni e presente
negli altri, dell’“essere cristiano”, affermando ad esempio che il cristiano
dovrà cercare di portare il non cristiano «a capirsi fino in fondo»63, o che
«l’esplicita rivelazione “verbale” fattaci in Cristo non è qualcosa di completamente estraneo che ci viene dall’esterno, bensì solo l’esplicitazione di ciò
che per grazia già sin da sempre siamo e sperimentiamo, almeno a-tematicamente, nell’infinito della nostra trascendenza»64.
In realtà non ci sembra che questa sia l’intenzione ultima di Rahner
e ci confortano in questo alcune sue precisazioni successive rese forse
necessarie per rispondere alle critiche, mossegli da più parti, originate
62
K. RAHNER, «Istanze teologiche disattese del Concilio Vaticano II», cit., 3. In questo articolo Rahner pone proprio la questione della possibilità dell’esistenza di un ateismo incolpevole, come una prima istanza del Concilio disattesa dalla teologia, e in
effetti è raro trovarla trattata nella voce “Ateismo” dei dizionari teologici. È ad esempio
assente in G. PATTARO, «Ateismo», in G. BARBAGLIO - S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 19947, 50-79 e in B. GROTH, «Ateismo: II.
Contemporaneo», in R. LATOURELLE - R. FISICHELLA (edd.), Dizionario di Teologia Fondamentale, Cittadella, Assisi 1990, 91-95. V. MIANO, «Ateismo», in Dizionario Teologico Interdisciplinare, vol. I, Marietti, Torino 1977, 436-450 gli dedica invece un breve
paragrafo nel quale però critica l’interpretazione che Rahner fa dei testi conciliari. Il
dizionario G. BARBAGLIO - G. BOF - S. DIANICH (edd.), Teologia , San Paolo, Cinisello
Balsamo 2002, non contempla più invece la voce «Ateismo».
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 672.
63
64
ID., «I cristiani anonimi», cit., 765-766. Il corsivo è nostro. Vedi ancora ID., «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 567: «La predicazione del vangelo non investe
una creatura abbandonata da Dio e da Cristo trasformandola in un cristiano; ma, viceversa, investe un cristiano anonimo, facendo di lui un uomo che ora è consapevole
anche per via riflessa e oggettiva di quel cristianesimo pulsante nel più profondo del suo
essere tocco dalla grazia, e che ora professa anche sul piano sociale, ossia nella Chiesa».
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dalla paura di veder ridotto il valore dell’appartenenza esplicita alla
Chiesa per la salvezza sullo stesso piano dell’appartenenza a un’altra
religione:
«Ovviamente il cristiano anonimo e il cristiano esplicito non sono un’unica
e medesima cosa. [...] Al cristiano anonimo mancano quasi tutte o perlomeno molte delle realtà che costituiscono il cristiano sul piano dell’oggettivazione e della socialità. Né con la dottrina del cristiano anonimo affermiamo che le realtà ad esso mancanti [...] siano irrilevanti per l’essere cristiano e per la salvezza» 65.
«Accanto – al cristianesimo anonimo, implicito – esiste il cristianesimo pieno, giunto esplicitamente a se stesso nell’ascolto credente della parola del
vangelo, nella confessione della chiesa, nel sacramento e nell’espressa attuazione cristiana della vita, che sa di essere in rapporto con Gesù di Nazaret»66.
Vengono qui messi in evidenza quelli che sono gli aspetti “sociali”,
visibili del cristianesimo, attraverso i quali la grazia di Cristo raggiunge
coloro che si professano esplicitamente cristiani e che mettono in pratica nella vita questa loro fede, aspetti che non possono essere visti in
nessun modo come secondari, possedendo la grazia un carattere incarnatorio che tende ad operare e a manifestarsi in tutte le dimensioni
dell’esistenza umana, non escluse la storicità e la socialità. Cristianesimo anonimo e cristianesimo esplicito non possono essere mai presi allora come equivalenti67, ma il primo andrà sempre visto come una realtà frammentaria, incompleta, radicalmente minorata, sempre tesa a trovare la sua pienezza nel secondo.
Padre J. Dupuis esplicita e porta alle estreme conseguenze tutto questo, affermando che la differenza essenziale tra queste due “modalità”
di cristianesimo non è semplicemente una questione di coscienza riflessa, ma riguarda il diverso modo in cui il mistero di Cristo è mediato nel
cristianesimo e nelle altre religioni: perché la vita religiosa degli altri
«diventi esplicitamente cristiana, deve subire una trasformazione intrinseca che consiste nell’entrare in un ordine o in un regime nuovo di
mediazione della grazia di Cristo»68. La differenza risiede quindi per lui
65
ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della salvezza», in ID., Teologia dall’esperienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma 1978, 338-339.
66
CFF, 394.
B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les “chrétiens anonymes”», cit., 529: «Queste due
forme di cristianesimo non sono evidentemente “a scelta”, come se fossero equivalenti».
67
68
J. DUPUIS, Gesù Cristo incontro alle religioni, Cittadella, Assisi 19912, 206. Cf
anche ib., 177-179; ID., «Vie di salvezza o espressioni dell’uomo religioso?», in AA.VV.,
Cristianesimo, religione e religioni, Glossa, Milano 1992, 124-134. A questo riguardo
ci sembra interessante quello che dice J. GALOT, «Le Christ, mediateur unique et universel», in Studia Missionalia 21 (1972) 318-319 circa la mediazione unica di Cristo, la
quale non annulla tutte le altre mediazioni, ma le assume: «Secondo la mentalità di
Cristo e secondo l’interpretazione che ne è stata data nel Nuovo Testamento, il princi-
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688
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nel diverso modo in cui l’unica grazia salvifica di Cristo raggiunge gli
uomini: mentre la Chiesa è in possesso della mediazione piena del mistero cristico, nelle altre tradizioni religiose si troverebbe solo una mediazione imperfetta e incompleta di esso e, per questo, essenzialmente
orientata verso la mediazione ecclesiale.
Questa interpretazione ed esplicitazione che Dupuis fa del pensiero
di Rahner ci sembra sicuramente legittima e interessante per lo sviluppo del rapporto tra cristianesimo e altre religioni, soprattutto verso un
riconoscimento della loro positività ed efficacia per la salvezza dei loro
membri, ma ci solleva qualche problema se applicata al caso dell’ateo
incolpevole (cosa che comunque Dupuis non fa): possiamo affermare
che per lui proprio il suo ateismo è mediazione della grazia di Cristo?
Quale altra possibile mediazione potremmo trovare? Non ci sembra
che si possa considerare come mediazione l’accoglienza implicita, trascendentale, di Dio come fondamento delle esigenze etiche della sua
coscienza, perché qui il rapporto è im-mediato, mentre la categoria di
mediazione è legata a una certa “visibilità” e alla naturale “socialità”
dell’uomo. Forse l’esigenza etica che si presenta alla coscienza dell’ateo
incolpevole come assoluta potrebbe, in un certo senso, svolgere un ruolo di mediazione della grazia nel momento concreto in cui questo ateo,
posto di fronte a una scelta, decidesse di agire secondo tale valore proprio perché la sua coscienza glielo presenta come assoluto; ma, almeno
nel caso dell’ateismo, crediamo sia meglio limitarci ad affermare con
Rahner che la condizione di anonimità del cristianesimo è uno stato
che dovrebbe non esserci, contrario all’essenza e teso inevitabilmente
verso il suo superamento69.
3
POSSIBILITÀ DI UNA FEDE ANONIMA
«Senza la fede però è impossibile essergli (a Dio) graditi»70. Rahner,
nella necessità di chiarificare e approfondire sempre più la sua tesi, non
può sottrarsi a questo punto dall’indagarne uno degli aspetti sicuramente più delicati: come tenere insieme una vera possibilità di salvezza
per tutti, con l’esigenza di una fede autentica, soprannaturale, per la
salvezza. A questo problema, che si presenta particolarmente spinoso e
di non facile soluzione, egli fa riferimento in una conferenza del 1971
pio dell’unità del mediatore ha una portata non esclusiva, ma inclusiva. [...] Tra le
mediazioni assunte nella mediazione totale di Cristo, c’è quella di tutte le religioni».
69
70
Cf K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 623.
Eb 11,6.
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689
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in cui si sofferma su alcuni dei punti più controversi della sua teoria,
per poi trattarne direttamente in un articolo del 197471.
Rahner difende la sua posizione, affermando che la dottrina del cristianesimo anonimo non implica di per sé l’idea che un credente di
un’altra religione, o un ateo incolpevole72, possano salvarsi semplicemente con la loro “buona volontà”, senza un atto di fede soprannaturale. D’altra parte, la condanna di Innocenzo XI di una fides late dicta73 e
la lettera del S. Uffizio all’arcivescovo di Boston dell’8 agosto 1949 – in
cui si dichiara che il votum implicitum di adesione alla Chiesa, necessario ai non cristiani per salvarsi, non può avere effetto se non è sorretto
da una fede soprannaturale 74 – obbligano il teologo cattolico a non
cercare facili scorciatoie per risolvere la questione. Scorciatoie che, in
un certo senso, sono state già percorse dalla teologia classica quando,
per tentare di risolvere la nostra aporia, parlava di una rivelazione primitiva, fatta da Dio all’inizio della storia, alla quale ognuno si ricollegherebbe, benché atematicamente; o postulava un’illuminazione particolare, quasi una specie di rivelazione privata (in particolare nel momento della morte), concessa da Dio a chi, senza sua colpa, non era
raggiunto dalla rivelazione storica e ufficiale; o, infine, con A. Straub,
accennava a una fede “virtuale”, la quale nient’altro sarebbe che un
atteggiamento morale di disposizione e apertura alla fede75.
Il Vaticano II da parte sua, circa la possibilità di giungere alla fede
per i non cristiani, parla di vie note solo a Dio76, ma questo, per RahRispettivamente: K. RAHNER, «Osservazioni sul problema del “cristiano anonimo”», cit., 677-697; ID., «Fede anonima e fede esplicita», in ID., Teologia dall’esperienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma 1978, 91-101. Per E. BUENO DE LA
FUENTE, Dialectica de lo cristiano y lo no cristiano en el pensamiento de Karl Rahner,
Tesi di Missiologia, Burgos 1982, 38, il tema della fede implicita «appare come la chiave di volta che rende possibile tutto il processo integratore di Rahner in ordine al
superamento della dialettica del cristiano e del non-cristiano».
71
72
In questo articolo del 1974 K. Rahner, forse troppo frettolosamente, non distingue tra una fede esplicita in Dio senza riferimento tematico alla fede cristiana e una
73
“fede atea”.
Cf DH 2123.
74
Cf DH 3872. Per H.R. SCHLETTE, «Tesi sui rapporti tra teologia e religioni», in
Orizzonti attuali della teologia, vol. II, Paoline, Roma 1967, 355-356, avremmo qui
un’affermazione magisteriale che difende la tesi della cristianità anonima, riconoscendo la possibilità (anzi la necessità) di una fede soprannaturale fuori dell’appartenenza
esplicita alla Chiesa.
75
Per questi tentativi di soluzione vedi A. RÖPER, I cristiani anonimi, cit., 126-134;
W. BALDASSARRE, «I modi con cui sono ordinati al Popolo di Dio coloro che non hanno
ricevuto il Vangelo. “L’altro Battesimo di Gesù in Croce e la sua azione salvifica universale”», in AA.VV., La salvezza oggi. Atti del quinto Congresso Internazionale di Missiologia, Pontificia Universitas Urbaniana, Roma 1989, 253-264; M. DHAVAMONY, «Religione e rivelazione», in R. FISICHELLA (ed.), Gesù rivelatore. Teologia fondamentale,
76
Piemme, Casale Monferrato 1988, 73-74.
Cf AG 7; GS 22.
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ner, non dispensa il teologo dal dovere di correre i suoi rischi per indagare il “come” di tali misteriose vie di Dio.
La soluzione che lui abbozza è pienamente integrata e fondata nel
suo impianto teologico trascendentale e parte da due dati della sua antropologia. Il primo di questi dati è la trascendentalità illimitata dello
spirito umano che, nel superamento di tutto ciò che è categoriale, tende sempre all’essere assoluto e perciò a Dio. Nessun uomo può evitare
questo riferimento trascendentale a Dio, che accoglie atematicamente
nell’accoglienza libera della propria trascendentalità, e questo dinamismo «è il presupposto per quella fede che risponde in senso vero e
proprio all’autorivelazione di Dio, questa è la “potentia oboedientialis”
della fede»77, di ogni fede, sia essa esplicita o implicita. Il secondo dato
a cui Rahner si richiama è la volontà salvifica universale di Dio, che si
concretizza nella sua autocomunicazione graziosa concepita non come
qualcosa di intermittente78, ma come grazia permanentemente offerta
all’uomo, che rimane libero di accoglierla o rifiutarla, e che costituisce
l’entelechia più intima della creatura spirituale. Questa grazia inoltre,
come abbiamo già visto nel primo capitolo, opera una modificazione
della coscienza, e questo secondo la dottrina tomista, per la quale:
«ovunque i nostri atti di natura intenzionale sono elevati entitativamente
dalla grazia soprannaturale e dal Pneuma divino, là esiste sempre e necessariamente anche un oggetto formale soprannaturale, di natura apriorica, di
tali atti, il quale non può essere raggiunto, in quanto oggetto formale, da
nessun atto semplicemente naturale»79.
Quindi l’azione divina, che muta l’orizzonte apriorico della nostra
conoscenza e libertà, è ciò che sorregge ogni rivelazione ed è già in sé
stessa, mettendo in un rapporto immediato e diretto noi e Dio, una
rivelazione, benchè atematica e irriflessa. Ora l’uomo, accogliendo la
sua trascendenza soprannaturalmente elevata, in un’obbedienza reale a
sé stesso e alla sua coscienza morale, accoglie anche questa esperienza
trascendentale della vicinanza di Dio, che è già rivelazione, e dunque
pone un vero e proprio atto di fede. Naturalmente tale fede anonima
non è piena ed è ordinata alla fede esplicita della Chiesa, avendo in sé la
77
K. RAHNER, «Fede anonima e fede esplicita», cit., 97.
Rahner cioè vede la grazia più come “abituale” che come “attuale”; cf K. RAHNER,
«Sul significato salvifico delle religioni non cristiane», cit., 427-428.
78
79
CFF, 203. K. Rahner fa spesso riferimento a questa capacità della grazia di mutare
l’orizzonte apriorico della coscienza, cf ad esempio: «Storia del mondo e storia della
salvezza», cit., 510-512; «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 562; «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 671; «Ateismo e
cristianesimo implicito», cit., 244-245; «Cristianesimo anonimo...», cit., 631; «Osservazioni sul problema del “cristiano anonimo”», cit., 690; «Fede anonima e fede esplicita», cit., 98; CFF, 202-203.
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dinamica e il dovere di compiersi e di trovare la sua vera fisionomia in
essa, tanto che se un uomo respingesse colpevolmente la rivelazione
storica verbale, si renderebbe impossibile il poter dire il suo sì a Dio
anche attraverso un sì anonimo80.
La riflessione sulla “fede anonima” è in un certo senso portata avanti da Rahner in due articoli successivi che richiamiamo qui brevemente.
In Religiosità ecclesiale e religiosità extraecclesiale81 egli afferma l’esistenza di una pietà extraecclesiale, intendendo per pietà «quel riferimento [...] dell’uomo a Dio – nella fede, nella speranza, nell’amore –
che, mediato da Gesù Cristo, è specificamente cristiano»82 e che ha in
sé una necessaria dimensione comunitaria e sociale. Il riferimento alla
fede è dunque qui allargato alle altre due virtù teologali e a una qualche
loro espressione sensibile che ne renda possibile la socialità. Questa
pietà salvifica extraecclesiale trova il suo fondamento nell’esperienza
trascendentale dell’uomo che ha in Dio il suo orizzonte ultimo e che
realizza quindi una reale esperienza originaria (non una conoscenza
riflessa, oggettivata) di Dio, alla quale ognuno è chiamato a dare il suo
assenso nella libertà e nell’amore.
Questa accettazione incondizionata della propria trascendentalità ad
opera della libertà dell’uomo, può verificarsi in modo particolarmente
intenso nelle esperienze mistiche della trascendenza che, come sostiene
Rahner in Esperienza della trascendenza dal punto di vista dogmatico
cattolico83, possono darsi anche fuori del cristianesimo. È perciò possibile ammettere l’esistenza non solo di una fede anonima, ma di una
80
K. RAHNER, «Fede anonima e fede esplicita», cit., 101: «Là dove un uomo respinge
l’oggettivazione e la tematizzazione storica, presentatagli in maniera credibile, della sua
essenza e quindi anche l’oggettivazione e la tematizzazione dell’elevazione soprannaturale di questa sua essenza, egli dice pure un no libero alla sua stessa trascendentalità
soprannaturale. E così non può esservi una fede “anonima” là dove si respinge colpevolmente la tematizzazione storica di questa, contenuta nella fede cristiana rivelata».
81
In ID., Teologia dall’esperienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma 1978,
711-729. Questo articolo è la rielaborazione di una bozza di lavoro per il sinodo delle
diocesi tedesche, pubblicato una prima volta su Stimmen der Zeit 191 (1973) 3-13.
82
Ib., 711.
In ID., Dio e rivelazione. Nuovi Saggi VII, Paoline, Roma 1981, 253-275. Conferenza tenuta a Vienna l’11 febbraio 1977 a un simposio sull’esperienza della trascendenza. Facciamo notare come Rahner parli qui della mistica non come di un superamento delle virtù teologali, ma come di una radicalizzazione di queste; non come della
via unica e necessaria sul cammino verso la perfezione cristiana, ma come il paradigma,
l’esempio di ciò che avviene nel cristiano allorché questi accoglie credendo, sperando e
amando, l’autocomunicazione gratuita di Dio. Vedi a proposito ciò che afferma W.V.
DYCH, «The achievement of Karl Rahner», cit., 331: la conoscenza mistica di Dio «non
è una riserva speciale di pochi. Ogni esperienza della grazia e una fede vissuta includono questo momento mistico. È quel momento nella conoscenza di Dio quando uno non
“afferra” qualcosa, ma “è afferrato”».
83
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mistica cristiana anonima che, pur non possedendo un riferimento esplicito al Dio della rivelazione cristiana, nondimeno entra in un rapporto
immediato con il Dio senza nome, in un’esperienza ultima e radicalissima della trascendenza.
4
GESÙ CRISTO E I CRISTIANI ANONIMI
Dunque anche ai non cristiani è richiesto un atto di fede soprannaturale per giungere alla salvezza. Una volta chiarito questo, dobbiamo
ora domandarci con Karl Rahner «se e come una simile fede salvifica
nella rivelazione possa e debba raggiungere anche Cristo pur al di fuori
della sfera di un cristianesimo esplicito»84. Se ogni salvezza è in dipendenza da Cristo, come vengono a configurarsi la sua presenza ed efficacia nelle altre religioni?
Rahner, proseguendo nell’approfondimento delle varie problematiche che la tesi dei cristiani anonimi solleva, tenta di rispondere a questi
interrogativi e di dare ragione della sua posizione, in alcuni articoli
comparsi intorno alla metà degli anni ’7085, ponendosi così al centro di
quella che nell’introduzione abbiamo visto essere la sfida principale
lanciata alla cristologia e alla teologia dalle religioni non cristiane: come
può (e perché) quell’evento spazio-temporalmente circoscritto e determinato, che è la morte e la risurrezione di Gesù, essere di vitale importanza per la salvezza di tutti gli uomini di tutti i tempi.
La domanda sulla presenza e l’efficacia di Gesù Cristo nelle religioni
non cristiane, si muta subito per Rahner sulla questione di come Gesù
Cristo è presente e attivo nella fede del singolo non cristiano, perché solo
questo è il campo del cultore di dogmatica, il resto riguarda gli storici
delle religioni che lavorano con metodi aposteriorici. Egli si ferma a un’indagine a priori della questione, senza entrare nel merito di come, nelle
singole tradizioni religiose, sono presenti e rintracciabili dei semina Verbi.
84
K. RAHNER, «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 456. Alla base c’è la
convinzione che «Cristo e la salvezza da lui apportata non costituiscono solo una tra le
due possibilità offerte alla libera scelta dell’uomo, ma viceversa sono l’opera di Dio che
previene la scelta sbagliata dell’uomo scartandola e redimendola» (K. RAHNER, «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 550).
85
I due articoli che trattano esplicitamente questo tema, «L’unico Gesù Cristo e
l’universalità della salvezza» «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», sono pubblicati
in K. RAHNER, Teologia dall’esperienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma
1978, 307-345; 453-469. Il secondo era già stato pubblicato in G. OBERHAMMER (ed.),
Offenbarung, Geistige Realität des Menschen. Arbeitsdokumentation eines Symposiums
zum Offenbarungsbegriff in Indien, De Nobili, Wien 1974, 189-198 e sarà ripubblicato
integralmente nel CFF, 400-412 (cf quanto afferma lo stesso autore in CFF, 11).
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Dobbiamo anzitutto affermare la presenza di Cristo nel non cristiano mediante lo Spirito che ne rende possibile l’atto di fede, Spirito che
«viene dato dappertutto e in tutti i tempi intuitu meritorum Christi e
quindi a ragione può essere chiamato Spirito di Gesù Cristo»86, ma questa affermazione non ci dice ancora il come la salvezza di tutta l’umanità dipenda dalla croce di Cristo. Nel cercare una soluzione dobbiamo
stare attenti a evitare due idee inammissibili per la teologia cattolica: da
un lato non possiamo pensare l’evento della croce come influenzante
Dio, come causa di un mutamento in Dio che passerebbe così da giustizia adirata ad amore perdonante, non possiamo cioè vedere la croce
come causa dell’«immotivata volontà salvifica di Dio»87, ma come sua
conseguenza; dall’altro il rischio da evitare è quello di togliere qualsiasi
spazio alla libertà umana spostando tutto il peso sulla redemptio obiectiva operata da Cristo. Per risolvere la nostra questione non possiamo
nemmeno fare appello semplicemente all’unità di tutta l’umanità e di
tutta la storia di cui Gesù, vero uomo, è entrato a far parte, perché
questo sarebbe un considerare la redenzione già realizzata in pienezza
nell’incarnazione, a scapito del mistero pasquale.
Nonostante queste difficoltà dobbiamo affermare che la morte e risurrezione di Gesù hanno un significato soteriologico per tutti gli uomini e per farlo si possono scegliere per Rahner diverse strade.
Mentre in Gesù Cristo nelle religioni non cristiane legge la causalità
dell’incarnazione e della croce in ordine alla nostra salvezza come la
«“causa finale” (per dirla con la terminologia scolastica) dell’autocomunicazione universale di Dio al mondo (chiamata Spirito Santo)»88,
vedendo quindi l’azione dello Spirito in tutti i tempi sempre orientata
verso la sua mediazione storica, in L’unico Gesù Cristo e l’universalità
della salvezza afferma che «la croce (unitamente alla risurrezione di
Gesù) possiede una causalità sacramentale originaria (ursakramentale
Ursächlichkeit) nei riguardi della salvezza di tutti gli uomini»89. E questo perché, essendosi Dio comunicato all’uomo in Gesù in un modo
insuperabile, e avendo Gesù accolto con la sua morte questa autodonazione di Dio in maniera irrevocabile, la storia è stata invincibilmente
orientata verso la salvezza, e la croce di Cristo è proprio il segno e il
86
K. RAHNER, «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 460. In nota Rahner fa
notare come l’espressione intuitu meritorum Christi è usata nella bolla Ineffabilis Deus
con cui Pio IX ha promulgato il dogma dell’immacolata concezione di Maria (DH
2803), quindi nel contesto di una realtà avvenuta antecedentemente all’evento Cristo,
ma non di meno in rapporto ad esso e fondata su di esso.
87
ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della salvezza», cit., 320. Qui Rahner
critica anche la teoria anselmiana della soddisfazione.
88
ID., «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 462.
89
ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della salvezza», cit., 327.
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simbolo reale di tale orientazione. Possiamo così affermare con Rahner che
«la vita e la morte di Gesù (considerate come un tutt’uno) in tanto sono
“causa” della volontà salvifica di Dio [...], in quanto la volontà salvifica di
Dio si traduce in esse in maniera reale e irreversibile, nella misura in cui –
in altri termini – la vita e la morte di Gesù (o la morte che compendia e
porta a compimento la vita) posseggono una causalità quasi-sacramentale,
simbolico-reale, nella quale la realtà designata (qui: la volontà salvifica di
Dio) pone il segno (la morte di Gesù unitamente alla sua risurrezione) e
attraverso di esso attua se stessa»90.
La causalità sacramentale che Rahner assegna alla croce ci dice come
a un tempo questo evento sia per noi mediazione della grazia e manifestazione invincibilmente vittoriosa della volontà salvifica di Dio, signum
efficax del suo amore perdonante e redentore.
Gesù è quindi l’Ursakrament della nostra unione intima con Dio91,
ma oltre a vedere il rapporto che Gesù ha verso l’umanità (dimensione
oggettiva della redenzione), dobbiamo anche scoprire il rapporto dell’umanità verso di lui (dimensione soggettiva), la possibilità quindi che
ogni uomo ha, anche se non è stato raggiunto dalla rivelazione cristiana
esplicita, di entrare in un rapporto vero con lui e di giocare in questo
rapporto la sua libertà. Rifacendosi alla sua cristologia trascendentale
Rahner afferma che Gesù Cristo è sempre presente nella fede che giustifica, in quanto «questa è sempre e dappertutto una memoria che cerca il Salvatore assoluto»92. Naturalmente qui il concetto di memoria
non è da prendersi nel senso comune (che la riferisce unicamente al
passato) ma, secondo la dottrina di Platone e Agostino93, è il principio
dell’attesa e della speranza, che rende possibile all’uomo l’esperienza
storica della trascendenza e che «cerca nella storia quell’evento in cui la
decisione libera sbocchi e diventi tangibile in un esito salvifico della
storia nel suo complesso»94: è ricerca, anticipazione e attesa del Salvatore assoluto. L’uomo, per il suo esistenziale soprannaturale, sperimen90
CFF, 366-367. Sulla causalità redentrice della morte di Cristo per K. Rahner vedi
F. IANNONE, «Karl Rahner: eteroredenzione o autoredenzione?», in Rassegna di Teologia 4 (1996) 597-622.
91
Cf E. SCHILLEBEECKX, Cristo, sacramento dell’incontro con Dio, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1987. Ib., 28-29: «L’uomo Gesù, manifestazione terrestre personale della
grazia redentiva divina, è il sacramento, il sacramento primordiale, perché quest’uomo,
Figlio di Dio, è voluto dal Padre come l’unica via d’accesso alla realtà della salvezza».
92
K. RAHNER, «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 463.
Cf le voci «Anamnesi» e «Memoria», in N. ABBAGNANO, Dizionario di filosofia,
UTET, Torino 1964, 40; 555-558; G. FAGGIN, «Anamnesi», in Enciclopedia Filosofica,
vol. I, Edipem, Novara 1979, 259; E. CATTONARO - M.M. ROSSI, «Memoria», in Enciclopedia Filosofica, vol. V, Edipem, Novara 1979, 635-651.
93
94
K. RAHNER, «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 467.
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ta sempre nella sua trascendentalità l’essere orientato verso il mistero
santo e spera, attende e cerca, nell’esperienza storica, il compimento di
questo suo radicale orientamento in un Salvatore assoluto che «per definitionem è il Dio-uomo che perviene al suo compimento attraverso la
morte e la risurrezione»95.
Tutto questo può essere maggiormente chiarito da ciò che Rahner
chiama “cristologia che cerca” e che, servendosi dell’analisi fenomenologica, esplicita in tre esperienze fondamentali, in tre appelli, accettando i quali l’uomo dice sì al Salvatore assoluto nella concretezza della
sua storia. Alla base c’è la convinzione che il cercare qualcosa, anche se
questo qualcosa è sconosciuto, unisce realmente l’esistenza dell’uomo
alla cosa cercata già prima che essa sia trovata96.
Il primo di questi tre appelli è l’amore del prossimo come lo conosciamo dalla scena del giudizio finale descritta in Mt 25,31-46: quando
un uomo ama in maniera assoluta e senza riserve un altro uomo, ama in
questo modo Cristo, perché l’amore radicale per il prossimo è possibile
solo unitamente all’amore di Dio e questa unità ci è donata nell’uomoDio Gesù Cristo.
Il secondo è la disponibilità dell’uomo verso la morte, l’accettazione
dell’impotenza radicale di fronte ad essa e in fondo il consegnarsi liberamente non all’assurdo, ma a una morte che lo riconcili con la sua morte.
Il terzo infine è l’appello alla speranza nel futuro: l’uomo che si
impegna nel mondo per cambiarlo e andando incontro al suo futuro si
espone anche all’imprevedibile, nel più profondo del suo animo è determinato e mosso dalla speranza che il suo apporto possa avvicinare il
mondo al domani felice che gli spetta. Senza questa radicale fiducia in
un successo finale del mondo e della storia, la vita e l’azione umana non
potrebbero né sussistere, né venir comprese.
Riassumendo il contenuto di questi tre appelli Rahner afferma che
«in ogni atto totale della sua esistenza finalizzata dalla grazia al contatto
immediato con Dio l’uomo tiene lo sguardo rivolto verso il Salvatore assoluto e (quanto meno atematicamente) dice di sì alla sua venuta o al suo
avvento futuro»97.
95
CFF, 408.
Sulla cristologia che cerca vedi ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della
salvezza», cit., 339-345; CFF, 379-383. CFF, 380: «Questi tre “appelli” sono d’accordo sul fatto che l’uomo nella sua esistenza, quando l’accetta decisamente, esercita già
sempre qualcosa come una “cristologia che cerca” e non mira ad altro che a chiarificare
un po’ questa cristologia anonima».
96
97
CFF, 383. Su questi tre appelli vedi anche K. RAHNER, «Alla ricerca di vie d’accesso
per comprendere il mistero umano-divino di Gesù», in Nuovi Saggi V, Paoline, Roma
1975, 277-285.
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Rahner pone così in una visione relazionale la presenza efficace di
Gesù nei non cristiani – ma in fondo tutto questo può benissimo essere
applicato anche ai cristiani espliciti –: se dall’alto c’è la causalità quasisacramentale della redemptio obiectiva operata dall’evento Cristo, dal
basso troviamo il tendere di ogni uomo al suo compimento che trova
l’unica risposta possibile in Cristo Gesù.
5
LE RELIGIONI NON CRISTIANE
Nei paragrafi precedenti abbiamo cercato di mostrare come per Rahner sia possibile, anzi necessario, ammettere l’esistenza in un non cristiano, anche ateo, di una fede soprannaturale che raggiunga anonimamente Cristo e che, in quanto tale, sia giustificante e salvifica. A questo
punto della riflessione non possiamo esimerci dal domandarci se le concrete religioni, cui i non cristiani appartengono, svolgano o meno un
ruolo positivo nella nascita di un simile atto di fede; se cioè, in fondo,
questi possano salvarsi nonostante l’appartenenza alla loro religione, o
proprio attraverso di essa. Dobbiamo perciò vedere la valutazione teologica che Rahner dà delle religioni non cristiane sulla scia della sua
teoria del cristianesimo anonimo98.
In questo campo di ricerca la dichiarazione Nostra Aetate del Vaticano II rappresenta per la teologia un punto di arrivo, ma anche un
punto di partenza. Il Concilio riconosce che esiste un rapporto tra la
Chiesa e le altre religioni in quanto tali (e non solamente verso i singoli non cristiani), che c’è in esse qualcosa di “vero” e di “santo” e che
«non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti
gli uomini»99, ma lascia aperta la questione più decisiva per il teologo,
Rahner affronta esplicitamente questa tematica soprattutto nei seguenti articoli:
«Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 533-571; «La Chiesa, le chiese e le religioni», cit., 427-452; «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 453-469; «Sul
significato salvifico delle religioni non cristiane», cit., 423-434; «Religione assoluta?»,
cit., 95-106. Per H.R. Schlette è proprio con il primo di questi articoli che K. Rahner
«ha promosso in considerevole misura all’interno della teologia cattolica l’interpretazione dogmatico-sistematica delle religioni come tali e l’ha tirata fuori dalla sua situazione stagnante» (H.R. SCHLETTE, «Tesi sui rapporti tra teologia e religioni», cit., 357).
Per una trattazione complessiva del pensiero di Rahner circa la funzione mediatrice
delle religioni vedi S. PRIVITERA, «K. Rahner: dimensione trascendentale e categoriale
della mediazione», in M. CROCIATA (ed.), Gesù Cristo e l’unicità della mediazione, Ed.
Paoline, Milano 2000, 158-184.
98
99
NA 2. Indubbiamente il Concilio Vaticano II ha prodotto un grande cambiamento
nell’atteggiamento della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane, vedi ad esempio
cosa afferma K. Rahner in «Istanze teologiche disattese del Concilio Vaticano II», 8.1112: «Il Concilio rappresenta una cesura nella storia dei rapporti della Chiesa cattolica
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non traendo le dovute conseguenze dalle affermazioni di LG 16, GS
22 e AG 7 sulla possibilità di salvezza dei non cristiani, poiché non si
pronuncia su una valutazione propriamente teologica delle altre tradizioni religiose.
Senza voler mettere tutte le religioni sullo stesso piano, possiamo
tranquillamente riconoscere la legittimità di alcune di esse prima della
venuta di Cristo, poiché la Prima Alleanza con Israele non era, per principio, destinata a tutti gli uomini, ma al tempo stesso tutti dovevano
avere la possibilità di conseguire la loro salvezza. Ma cosa si intende
per religione legittima? Ecco cosa afferma Rahner:
«per religione legittima si deve intendere una religione istituzionale, la cui
“utilizzazione” da parte dell’uomo può essere considerata, nel suo complesso e per un certo lasso di tempo, come un mezzo positivo atto a metterci in contatto con Dio e quindi a conseguire la salvezza, sì da potersi dire
positivamente inclusa nel disegno salvifico di Dio»100.
La venuta di Cristo però abroga e supera di per sé tutte queste religioni con la sua pretesa di assolutezza, ma dobbiamo chiederci se questa radicale abrogazione scatta per tutti gli uomini in un identico momento cronologico, o se invece dobbiamo ammettere un criterio di
diversificazione. Per la teologia classica è la promulgazione del Vangelo
a segnare lo spartiacque che divide il periodo della legittimità della
legge mosaica (e quindi a maggior ragione la legittimità delle altre religioni) da quello in cui il non accoglimento di Cristo è visto come colpa
sia con le altre confessioni cristiane sia con le grandi religioni non cristiane. [...] Il fatto
che le religioni non cristiane, precisamente anche nelle loro istituzioni, possano di fatto
esercitare una funzione salvifica positiva nei confronti dell’umanità non cristiana, sono
tutti fatti che non appartenevano in modo esplicito alla coscienza concreta della Chiesa, mentre le appartengono adesso né potranno più esserle sottratti; perché si è chiarito
che non sono frutti della mentalità liberale dell’epoca contemporanea, bensì elementi
del modo di pensare cristiano in quanto tale».
K. RAHNER, «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 553. ID., «Religione:
III. Il concetto teologico (normativo) di religione», in Sacramentum Mundi, vol. 6,
Queriniana, Brescia 1976, 795: «Per i più grandi gruppi unitari presenti nella storia (di
popoli e di culture) e in forma storicamente individuale, per i singoli, prima del loro
confronto storicamente concreto con il messaggio cristiano, sono religioni legittime
quelle che oggettivamente hanno una natura religioso-sociale, e che nella loro concreta
situazione equivalgono alla chance migliore di natura obbligante rispetto a un’altra
religione, anche se quest’ultima si presenta nello stesso spazio d’esistenza, per l’accettazione esistentiva dell’interiore offerta della grazia e della rivelazione nei singoli uomini,
proprio perché esse stesse, nell’ambito esistenziale dei suddetti uomini, oggettivano, in
maggior misura e in modo relativamente più puro, la grazia e la Rivelazione rispetto
alle altre religioni». Purtroppo non troviamo in K. Rahner una chiara definizione di
religione “illegittima”. Il suo scopo è di mostrare come le religioni dell’umanità, nonostante siano inficiate da errori teorici e pratici, non possano essere considerate illegittime per principio, ma portatrici, fino a prova contraria, di un significato positivo per la
salvezza dei loro membri.
100
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personale del singolo101, promulgazione che è ritenuta avvenuta per
tutti gli uomini e per tutto il mondo nell’età apostolica. Rahner, al
contrario, ne propone un’interpretazione più larga ed esistenziale: il
terminus ad quem della validità e legittimità delle religioni non cristiane non è dato una volta per tutte, ma scocca per i singoli popoli e le
singole religioni nel momento in cui il cristianesimo entra in reale contatto con essi come entità storica reale «capace di dare un tono alla
storia e di imporre le sue esigenze»102. Successivamente, in La Chiesa,
le Chiese e le religioni, accanto a questo livello collettivo, ne affianca
uno più individuale centrato sulla situazione concreta di ogni persona,
per la quale non si potrà considerare promulgato il vangelo, fino a che
questa non senta come un’esigenza di coscienza l’obbligo di aderire a
Gesù Cristo Salvatore103. Va da sé che quando questo momento scocchi
con certezza nella vita di un uomo concreto rimarrà sempre un segreto
tra questo uomo e Dio e che, di conseguenza, non potremmo mai sapere con sicurezza se un non cristiano che non si fa cristiano, stia percorrendo una via di salvezza o di perdizione.
È dunque pensabile che, anche dopo la venuta di Cristo, le altre
religioni, nei limiti delle condizioni appena espresse, conservino un
valore positivo e legittimo in ordine alla salvezza dei loro membri. Questo
ci porta inevitabilmente a riconoscere in esse la presenza di momenti di
grazia soprannaturale, anche se mescolati a elementi di conoscenza naturale di Dio e a depravazioni religiose ed etiche dovute alla colpa dell’uomo, e a non considerarle solamente come un tentativo meramente
101
Vedi ad esempio la bolla Cantate Domino del Concilio di Firenze del 4 febbraio
1441 in DH 1348: «La chiesa crede fermamente, professa e insegna che le prescrizioni
legali dell’Antico Testamento, cioè della legge mosaica [...], dal momento che è venuto
il nostro signore Gesù Cristo, da esse prefigurato, sono cessate e sono cominciati i
sacramenti della nuova alleanza. [...]. La chiesa non nega tuttavia che nel tempo che
intercorre tra la passione del Cristo e la promulgazione dell’Evangelo, esse potessero
osservarsi, anche se non fossero ritenute necessarie per la salvezza. Ma dopo l’annuncio
del Vangelo non possono più essere osservate, pena la perdita della salvezza eterna».
K. RAHNER, «La Chiesa, le chiese e le religioni», cit., 449. Cf ID., «Cristianesimo e
religioni non cristiane», cit., 542. 546.
102
ID., «La Chiesa, le chiese e le religioni», cit., 450: «Rispetto all’individuo infatti,
la religione extra-cristiana storicamente da lui ereditata e divenuta tradizionale nel suo
ambiente viene per lui abrogata, come legittima via di salvezza, solo quando il messaggio di Cristo è penetrato nella sua coscienza individuale tanto a fondo, da far sì che
egli possa rifiutarla soltanto sotto pena di colpa grave, come via di salvezza additatagli
da Dio e come più perfetto adempimento della religione sino a quel momento da lui
praticata». Questo principio più esistenziale era ancora assente nell’articolo «Cristianesimo e religioni non cristiane». Possiamo forse interpretare su questa linea anche
l’attenzione che il Nuovo Codice di Diritto Canonico raccomanda ai missionari: CJC
can. 787 §2: «[Missionarii] curent ut quos ad evangelicum nuntium recipiendum aestiment paratos».
103
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umano di innalzarsi verso l’Assoluto104. In fondo tutto l’Antico Testamento ci testimonia come possono coesistere in una religione istituzionalizzata una vera rivelazione divina (che non possiamo non riconoscere nella Prima Alleanza!) con elementi falsi, erronei e depravati105. Solo
in Gesù e nella sua Chiesa abbiamo il criterio stabile di distinzione tra il
vero e il falso in campo religioso. Non possiamo dunque porre le religioni non cristiane di fronte all’aut-aut di essere o totalmente derivanti
dalla grazia divina o di essere soltanto una costruzione umana; il concetto di religione legittima non può quindi comprendere la pretesa che
la sua forma fenomenica sia libera da errori teologici e morali. Se ogni
uomo, per il suo esistenziale soprannaturale, sta sempre e dovunque
sotto la grazia di Dio, non si può escludere che questa
«si renda visibile e si trasformi in un momento formativo della vita concreta anche e precisamente là (sia pure per la verità non solo là) dove questa
vita instaura espressamente la sua relazione con l’Assoluto, vale a dire nella
religione»106.
E tutto questo diventa ancor più necessario affermarlo se si pensa
alla natura essenzialmente sociale dell’uomo nella quale è chiamato a
vivere il suo rapporto con Dio; per cui secondo Rahner
«non possiamo pensare che le religioni non cristiane, nel processo di acquisizione della salvezza e della giustificazione attraverso la fede, la speranza e
l’amore da parte di un non cristiano, non svolgano alcun ruolo oppure
svolgano solo un ruolo negativo. [...] Se una religione non cristiana in partenza non potesse o non dovesse avere alcun significato positivo sul farsi
della salvezza soprannaturale nel singolo uomo non cristiano, ciò equivarrebbe a pensare che il farsi della salvezza in tale uomo è completamente
asociale e astorico. Ora ciò contraddice al fondamentale carattere storico e
sociale (ecclesiale) del cristianesimo stesso»107.
104
G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», cit., 136: «Se
noi riconosciamo la possibile accettazione libera della grazia nella vita dei non-cristiani, e quindi, per induzione, nelle religioni non-cristiane (a causa della natura storicosociale dell’uomo), allora la vecchia distinzione tra religione naturale – le religioni noncristiane – e la religione soprannaturale della cristianità deve essere rigettata».
105
K. RAHNER, «Sul significato salvifico delle religioni non cristiane», cit., 429: «Per
la teologia cristiana la tesi dell’imperfezione e della stessa possibilità del fallimento di
una storia genuina della rivelazione è semplicemente confermata già dalla dottrina del
fallimento dell’antica alleanza e del rifiuto del Messia da parte della religione istituzionale dell’antico Israele».
106
ID., «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 557.
K. RAHNER, «Gesù Cristo nelle religioni non cristiane», cit., 456-457. ID., «Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 559: «Se l’uomo poté e dovette essere sempre
e dovunque un “homo religiosus” per poter salvarsi, egli doveva essere “homo religiosus” nella religione effettivamente ed obbligatoriamente vissuta dalla gente del suo tempo». Vedi anche il commento a LG 16 di G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, cit., 188:
«Dovremmo ricordarci di questa dichiarazione solenne – Dio vuole che tutti gli uomini
siano salvi (1Tm 2,4-5) – per cercare, con buon fondamento, di reperire nelle altre
107
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Per Karl Rahner dunque, il cristianesimo anonimo è vissuto dai membri delle religioni non cristiane nella pratica sincera delle loro tradizioni
religiose108, le quali svolgono così per essi il ruolo di mediazione categoriale del rapporto con Dio, tanto da poter essere chiamate «vie salvifiche,
su cui gli uomini vanno incontro a Dio e al suo Cristo»109, unico fine di
tutte le vie del Padre. La mediazione perfetta e completa è solamente
quella ecclesiale, ma questo non esclude delle mediazioni incomplete attraverso le quali, i credenti non cristiani, possono raggiungere la salvezza.
C’è pertanto un unico ordine di salvezza in Cristo Gesù, nel quale anche
le religioni non cristiane hanno un senso positivo di mediazione: non
riconoscerlo sarebbe un separare indebitamente la vita religiosa personale e soggettiva dei non cristiani dalla loro tradizione religiosa oggettiva110.
religioni elementi di verità e di grazia, non senza un aspetto comunitario» (il corsivo è
nostro). M. DHAVAMONY, «Religione e rivelazione», cit., 79: «È irreale credere che nei
non cristiani in possesso della fede salvifica, questa nasca e si nutra indipendentemente
dai valori religiosi che ad essi vengono inculcati nelle rispettive società religiose». Anche P. ROSSANO, «Religione: III. Teologia delle religioni», cit., 1257, seguendo le premesse di Rahner afferma che «le religioni non cristiane appaiono come l’obiettivazione
storica dell’esistenziale soprannaturale, e la loro funzione sociale diventa non soltanto
legittima ma necessaria per l’elevazione e la guida degli uomini».
S. Weil affermava questo già nel 1942 scrivendo al padre domenicano MarieAlain Couturier: S. WEIL, Lettera a un religioso, Adelphi, Milano 1996, 32: «Ogni qualvolta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Krisna, Buddha, il Tao,
ecc., il figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla
sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli la
luce – e nel migliore dei casi la pienezza della luce – all’interno di tale tradizione».
108
K. RAHNER, «Sul significato salvifico delle religioni non cristiane», cit., 434. P.
KNITTER, Nessun altro nome?, cit., 71: «Le religioni del mondo, conclude Rahner, vanno certamente annoverate tra i veicoli socio-culturali primari, attraverso cui Dio offre
la rivelazione e la salvezza divine a quanti vivono al di fuori dell’area cristiana. E formula tale conclusione in termini che, negli anni ’60, erano rivoluzionari: le religioni del
mondo sono perciò positivamente volute da Dio e sono, con il cristianesimo, “Heilswege”, vie di salvezza». Invece B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les “chrétiens anonymes”», cit.,
526, nota 12 afferma che Rahner «non impiega mai l’espressione “diverse vie di salvezza”, né cade in un relativismo che misconosce il carattere unico, assoluto e finale della
rivelazione in Gesù Cristo», ma si riferisce al fatto che per Rahner l’unico salvatore è
Gesù Cristo, anche se può essere incontrato anonimamente attraverso altre tradizioni
religiose: «È infatti sempre lui, l’Innominato che vanno ansiosamente cercando anche
gli uomini di buona volontà, i quali non sono ancora in grado d’invocarlo col suo nome
terreno» (K. RAHNER, «La Chiesa, le chiese e le religioni», cit., 452). Anche G. D’COSTA,
«Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», cit., 139, nota che «Rahner non
concede un vero pluralismo in quanto afferma sempre che ogni salvezza è salvezza,
implicitamente o esplicitamente, attraverso la grazia di Dio in Cristo. Esiste pluralismo
solamente entro questo unico piano provvidenziale della grazia». Su tutto questo vedi
J. DUPUIS, Gesù Cristo incontro alle religioni, cit., 193-209.
109
110
Anche il documento della COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, «Il cristianesimo e le religioni», in La Civiltà Cattolica 148 (1997) I, 171, al numero 84 afferma che,
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CHIESA E MISSIONE
La tesi dei cristiani anonimi, così come l’abbiamo vista sviluppata nella teologia di Karl Rahner, va a toccare inevitabilmente la riflessione teologica sulla Chiesa e sulla missione. Nostro intento in questo breve paragrafo, non è quello di presentare l’ecclesiologia o la teologia della missione di Rahner tout-court ma, ben più semplicemente, quello di vedere le
conseguenze che una teoria del cristianesimo anonimo comporta per l’elaborazione di una dottrina sulla Chiesa e sulla missione nel contesto del
pluralismo religioso, così come emerge dai suoi scritti su questo tema.
a) Chiesa
«Nei confronti con le religioni la teologia è costretta a rendersi ragione della posizione della Chiesa nella storia della salvezza»111. Nella
sua riflessione sulla Chiesa, nell’ambito di una teologia cristiana della
religioni, Rahner dà la preferenza alla categoria di sacramento, così
com’è usata dalla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium del Vaticano II, per la quale la Chiesa è costituita da Cristo quale «universale
salutis sacramentum», «signum et instrumentum intimae cum Deo unionis totiusque generis humani unitatis»112. Questa concezione della Chiesa
sarà, per lui, accolta con gioia dal cristiano del futuro che si troverà a
vivere in situazione di diaspora in mezzo ai non cristiani, e potrà guarriconoscendo la presenza dello Spirito di Cristo nelle altre religioni (cosa che fa appoggiandosi a RM 28-29.55-56) «non si può escludere la possibilità che queste, come tali,
esercitino una certa funzione salvifica, aiutino cioè gli uomini a raggiungere il fine ultimo, nonostante la loro ambiguità. Nelle religioni viene messo in rilievo esplicitamente
il rapporto dell’uomo con l’Assoluto, la sua dimensione trascendente. Sarebbe difficile
pensare che abbia valore salvifico quanto lo Spirito Santo opera nel cuore degli uomini
presi come individui e non lo abbia quanto lo stesso Spirito opera nelle religioni e nelle
culture: il recente magistero non sembra autorizzare una differenza così drastica».
111
H.R. SCHLETTE, «Tesi sui rapporti tra teologia e religioni», cit., 351.
Rispettivamente LG 9 e LG 1. Cf anche CCC 774-776. Anche il documento del
SEGRETARIATO PER I NON CRISTIANI, L’atteggiamento della Chiesa di fronte ai seguaci di
altre religioni, in EV 9, 928-943, al punto numero 2 riconosce che la riflessione sulla
Chiesa come sacramento universale di salvezza, ha favorito un nuovo atteggiamento di
dialogo con le altre religioni. Sulla stessa linea si pone anche la COMMISSIONE TEOLOGICA
INTERNAZIONALE, «Il cristianesimo e le religioni», 165: «La valutazione teologica delle
religioni fu impedita per molto tempo a causa del principio extra Ecclesiam nulla salus,
inteso in senso esclusivista. Con la dottrina della Chiesa come sacramento universale di
salvezza o sacramento del Regno di Dio, la teologia cerca di rispondere alla nuova
impostazione del problema».
112
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dare alla sua comunità ecclesiale, non come alla detentrice unica della
salvezza e della grazia, contrapposta a un’umanità non salvata, ma come
al sacramento della salvezza per tutto il mondo, anche per quanti non
le appartengono113. Non possiamo quindi vedere la Chiesa come la comunità esclusiva dei predestinati alla salvezza, quasi uno snobbish salvation-club114 escludente tutto il resto dell’umanità, ma come «l’avanguardia dell’immensa schiera di quanti sulle strade della storia sono in
marcia verso la salvezza e l’eternità di Dio»115.
Rahner cerca di esprimere questo status della Chiesa in molti modi,
definendola ad esempio come «la percettibilità storica della grazia»,
«l’estrinsecazione di quella grazia che agisce dappertutto», «la più limpida rappresentazione della natura umana quale è stata abbozzata da
Dio», «il lievito», «la terra promessa al mondo non ecclesiale»116. Nella
Chiesa si rende visibile, storicamente tangibile e manifesta, la vittoria
irreversibile della grazia di Dio sul mondo, questo fa di essa il sacramentum salutis totius mundi, il segno della promessa di salvezza per il
mondo intero, la testimonianza della doxa escatologica di Dio, e l’unico luogo in cui gli uomini possono vedere affermato con certezza che il
mondo sta sotto lo sguardo misericordioso e benevolo di Dio e non
sotto la sua ira. Questa è a un tempo l’identità e la missione della Chiesa che deriva direttamente dall’identità e dalla missione di Cristo di cui
è il prolungamento, la permanenza visibile nella storia117.
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 665-666: «“Sacramentum salutis totius mundi”: segno di salvezza per tutto il mondo. Prima di allora, per la cristianità, la Chiesa era la tavola di salvezza nel
naufragio del mondo, la scialuppa unica su cui c’era modo di salvarsi, la piccola schiera
degli scampati dalla “massa dannata” per puro miracolo della grazia di Dio. Il principio
“extra Ecclesiam nulla salus” veniva interpretato in senso quanto mai esclusivo e pessimistico. Ora invece, la Chiesa non è più unicamente la comunità di quanti vengono
salvati, bensì il segno di salvezza anche per quanti non le appartengono nella dimensione della storicità e della socialità». Vedi G. WASSILOWSKY, «K. Rahner. Teologia della
grazia ed ecclesiologia sacramentale», in Il Regno 49 (2004) 213-220.
113
114
K. RIESENHUBER, «Rahner’s “anonymous Christian”», cit., 170: «La Chiesa visibile
assume la configurazione non di uno snobbish salvation-club, ma di una truppa d’assalto che cavalca alla testa di tutti i cristiani del mondo».
115
K. RAHNER, «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 668. Cf ID., «Cristianesimo e religioni non cristiane»: «Tesi IV: La Chiesa è
l’avanguardia dell’esercito di Dio», cit., 568-571.
Vedi: ID., «Insegnamento conciliare della Chiesa e futura realtà della vita cristiana», cit., 666-673.
116
117
È significativo a questo riguardo notare come Rahner parli, sia per Cristo Salvatore assoluto che per la Chiesa, di manifestazione dell’irreversibilità vittoriosa dell’autocomunicazione di Dio al mondo: il mysterium Ecclesiae è un prolungamento del
mysterium Christi.
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Il legame con la Chiesa, «signum levatum in nationes»118, è perciò
per i cristiani anonimi, un effetto del loro legame a Cristo; di conseguenza tutti gli uomini, sotto un certo aspetto, devono poter appartenere ad essa. Nella lettera all’arcivescovo di Boston dell’8 agosto 1949,
il S. Uffizio dichiara che l’adesione alla Chiesa può avvenire anche con
il voto o il desiderio implicito di essa119; il Vaticano II afferma nella
Lumen Gentium che tutti gli uomini sono ordinati all’unico popolo di
Dio120; sulla scia di queste asserzioni magisteriali Rahner parla dell’esistenza di vari gradi di appartenenza alla Chiesa, sia in senso ascendente
(dal battesimo fino alla santità), sia in senso discendente (dal battesimo
al cristianesimo anonimo)121. L’adesione esplicita alla comunità istituzionalmente strutturata della Chiesa, non è l’inizio, ma il fine della grazia, il termine ultimo cui tutti tendono. Forte di questa consapevolezza
la Chiesa nel tempo sa di non esser grande quanto il Regno di Dio e,
pur lavorando instancabilmente per riunire in lei tutta l’umanità, può
guardare con simpatia gli uomini che si trovano ancora fuori delle sue
mura e sperare per la loro salvezza122.
118
CONCILIO VATICANO I, Costitutio Dogmatica Dei Filius de fide catholica, DH 3014.
Cf Is 11,12.
DH 3870: «Poiché non si richiede sempre, affinché uno ottenga l’eterna salvezza,
che sia realmente incorporato come un membro nella Chiesa, ma questo almeno è
richiesto, che egli aderisca alla stessa con il voto e il desiderio. Questo voto, poi, non è
necessario che sia sempre esplicito, come accade per i catecumeni, ma dove l’uomo
soffre di ignoranza invincibile, Dio accetta pure un voto implicito, chiamato con tale
nome, perché è contenuto in quella buona disposizione dell’animo, con la quale l’uomo vuole la sua volontà conforme alla volontà di Dio».
119
120
LG 13: «A questa unità cattolica del popolo di Dio che prefigura e promuove la
pace universale, sono dunque chiamati tutti gli uomini; ad essa in vari modi appartengono, oppure ad essa sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, e
sia infine tutti gli uomini che la grazia di Dio chiama alla salvezza».
121
Cf K. RAHNER, «I cristiani anonimi», cit., 761.
La COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, «Il cristianesimo e le religioni», cit.,
169, riconosce che «alla missione della Chiesa come sacramento universale di salvezza
appartiene pure “che quanto di buono si trova seminato nel cuore e nella mente degli
uomini, o nei riti e culture proprie dei popoli, non solo non vada perduto, ma sia
purificato, elevato e perfezionato” (LG 17)»; e, subito dopo, afferma sorprendentemente che «nella misura in cui la Chiesa riconosce, discerne e fa proprio quanto di vero
e di buono lo Spirito Santo ha operato nelle parole e nelle azioni dei non cristiani,
diventa sempre più la vera Chiesa cattolica, “che in tutte le lingue si esprime e tutte le
lingue nell’amore intende e comprende, superando così la dispersione babelica” (AG
4)». Il corsivo è nostro.
122
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b) Missione
«Il periodo del dopo-concilio ha veicolato delle messe in discussione
ambigue, come quella della missione d’evangelizzazione della Chiesa»123.
Questa affermazione di Sesboüé ci fa intravvedere il clima che si viene a
creare in questo campo con il passaggio dalla visione tradizionale della
Chiesa a quella conciliare di sacramento di salvezza del mondo, che porta
inevitabilmente a ripensare in modo nuovo e più approfondito la teologia
della missione apostolica. Ci si domanda se la missione abbia ancora senso e, come era già stato fatto anche prima del Concilio, alcuni accusano
Karl Rahner e la sua tesi dei cristiani anonimi di questo relativismo124.
È per rispondere a queste accuse che egli scrive nel 1970 un articolo
sulla missione in rapporto al cristianesimo anonimo125; il problema è di
vedere se cristianesimo anonimo e compito missionario della Chiesa
siano conciliabili o meno, se cioè questa sua tesi paralizzi realmente,
come alcuni sostengono, la missio ad gentes. Passando, potremmo dire,
dalla difesa all’attacco, il teologo di Friburgo afferma paradossalmente
che non si può pensare a un successo dell’azione missionaria, se non si
presuppone un cristianesimo anonimo come condizione di possibilità
dell’accettazione del messaggio annunziato, in quanto l’ascolto e l’accettazione dell’Evangelo sono possibili solo in forza della grazia soprannaturale, la quale non possiamo supporre che venga data solo nel
123
B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les “chrétiens anonymes”», cit., 531.
Circa la discussione post conciliare sulla missione vedi ad esempio G. PHILIPS, La
Chiesa e il suo mistero, cit., 192-193; ID., «La mission a-t-elle encore un sense?», in
Eglise et Mission, Paris 1965, 132-137; G. DELCUVE, «Faut-il encore annoncer l’Evangile?», in Lumen Vitae 20 (1965) 504-516. Le accuse a Rahner ci sono testimoniate anche
da G. COFFELE, «Missione», in R. LATOURELLE - R. FISICHELLA (edd.), Dizionario di Teologia Fondamentale, Cittadella, Assisi 1990, 782: «Gli studiosi credono che alla radice
dell’attuale diffusa confusione di idee in materia di teologia delle religioni, dialogo
interreligioso, valore sacramentale universale e ordinario della chiesa cristiano-cattolica per la salvezza, ecc. sia la teoria del “cristiano anonimo” o implicito qual è stata
formulata particolarmente da K. Rahner». Vedi anche «Una concezione moderna sulla
salvezza degli infedeli che pregiudica lo slancio missionario. Alcuni missionari esprimono la loro inquietudine su un’opera del P. Karl Rahner», in Cristo al mondo 8 (1963)
440-448. In realtà questa interpretazione, come afferma B. SESBOÜÉ, «Karl Rahner et les
“chrétiens anonymes”», cit., 529, è contraria a tutto il pensiero di Rahner: «una tale
interpretazione contraddice formalmente tutto il pensiero di Rahner concernente l’articolazione necessaria del trascendentale e del categoriale». Vedi anche I. SANNA, «Cristianesimo anonimo e attività missionaria della Chiesa secondo Karl Rahner», in Vangelo Religioni Cultura. Miscellanea di studi in memoria di Mons. Pietro Rossano, Ed.
Paoline, Cinisello Balsamo 1993, 129-149.
124
K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 619-642. Sul tema vedi anche E.
HILLMAN, «Anonymous Christianity and the Mission», in Downside Review 85 (1966)
361-380.
125
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momento stesso dell’annuncio (se non pensando in termini miracolistici e mitologici), ma va invece vista come un esistenziale permanente
dell’uomo, che diviene attuale ed efficace nell’incontro con la parola di
Dio. Il predicatore dell’Evangelo si rivolge sempre, dunque, a persone
che posseggono già la grazia (almeno come offerta) e il suo lavoro missionario presuppone il cristiano anonimo come «l’unico ascoltatore
possibile del messaggio evangelico»126. Inoltre, come abbiamo già dimostrato, il cristianesimo anonimo non è una realtà piena in sé, ma
reclama sempre il suo compimento in un cristianesimo esplicito. Perciò
Rahner afferma chiaramente e senza possibilità di fraintendimento che
«sarebbe pazzesco pensare che l’argomento del “cristianesimo anonimo”
debba sminuire l’importanza della missione, dell’evangelizzazione, della
parola di Dio, del battesimo e via dicendo. Chi pretendesse interpretare
così la segnalazione di un cristianesimo anonimo, non solo l’avrebbe fraintesa, ma dimostrerebbe di non aver nemmeno letto con sufficiente attenzione la sua esposizione»127.
Certamente l’accogliere queste stimolazioni richiede di non pensare
più la missione, come si faceva in passato, in ordine alla salvezza individuale del singolo; ci impedisce di partire dal presupposto che la gran
parte dell’umanità non raggiunta da essa vada perduta e ci spinge invece a vedere il missionario al servizio della grazia nascosta in ogni uomo
che, per la sua dinamica “incarnatoria”, tende alla visibilità, alla piena
manifestazione nella storicità e socialità ecclesiali. Il compito missionario diventa così una mistagogia128 dove il non credente è condotto alla
scoperta e alla presa di coscienza del suo rapporto trascendentale con
Dio e con Cristo, presa di coscienza che non è senza significato per la
sua ricerca della salvezza che diventa così maggiormente libera e responsabile. L’atteggiamento della Chiesa verso i non cristiani dovrà allora essere quello di Paolo all’Areòpago: «Quello che voi adorate senza
conoscere, io ve l’annunzio»129.
126
K. RAHNER, «Cristianesimo anonimo...», cit., 632. Ancora più esplicitamente ID.,
«Cristianesimo e religioni non cristiane», cit., 565: «Il cristianesimo non va incontro
all’uomo delle religioni extra-cristiane quasi egli fosse solo un puro e semplice non cristiano; lo accosta invece come una creatura che sotto un aspetto o sotto un altro può e
deve già virtualmente esser considerato un cristiano anonimo». Esempio emblematico di
questa dinamica dell’evangelizzazione ci sembra il caso del centurione Cornelio in At 10.
127
ID., «I cristiani anonimi», cit., 770. Similmente in ID., «Missione: III. Missione e
“carattere cristiano implicito”», in Sacramentum Mundi, vol. 5, Queriniana, Brescia
1976, 382: «Sarebbe quindi stolto credere che il discorso sul “carattere cristiano implicito” debba sminuire l’importanza della missione, la proclamazione della parola di Dio,
del battesimo, ecc. Al contrario, esso rende il cristiano libero al loro servizio, salvaguardandolo dal panico e autorizzandolo a quella pazienza sia attiva che passiva che – secondo la parola del Signore – salva la vita, quella del cristiano come quella dei suoi fratelli».
128
ID., «Religiosità ecclesiale e religiosità extraecclesiale», in ID., Teologia dell’espe129
rienza dello Spirito. Nuovi Saggi VI, Paoline, Roma 1978, 726.
At 17,23.
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PER NON CONCLUDERE
La tesi dei cristiani anonimi, che abbiamo seguito nel suo snodarsi
all’interno di vari articoli e che abbiamo cercato di presentare in modo
sistematico, ha al suo centro il riconoscimento della possibilità di una
fede soprannaturale e di una presenza misteriosa di Cristo anche fuori
di una cristianità esplicita. È l’invito a riconoscere che ogni qualvolta
un uomo dice di sì, anche solo implicitamente, alla sua vocazione soprannaturale, accoglie la grazia di Cristo e dice di sì a Dio in un vero
atto di fede. Abbiamo poi visto come l’affermazione dell’esistenza di un
cristianesimo anonimo conduca inevitabilmente Rahner a una visione
rinnovata della Chiesa, della sua missione evangelizzatrice nel mondo e
del suo rapporto con le altre tradizioni religiose dell’umanità.
Due, in sintesi, sono le fondamenta sulle quali questo acuto teologo
gesuita poggia le basi della sua proposta teologica: il primo è l’amore
con il quale Dio guarda ogni essere umano che, in termini teologici si
traduce nell’affermazione della sua volontà salvifica universale. Dio crea
le persone umane per abbracciarle, per donargli pienezza di vita nella
comunione con sé, nessuno è preventivamente escluso da questo sguardo d’amore, nessuno nasce predestinato al fallimento della propria esistenza. Ma ciò che Dio vuole – la salvezza per tutti – opera anche perché ciò avvenga; la sua volontà salvifica è una volontà realmente efficace, che cioè pone le condizioni perché giunga al suo scopo. Se non
crediamo questo, chiosa Knitter, non crediamo veramente che Dio sia
amore130. Dio offre questa possibilità autocomunicandosi a ognuno in
modo così radicale e intimo da far negare a Rahner l’esistenza di una
natura umana pura: la natura propria dell’uomo non è mai puramente
naturale, è sempre impastata dalla grazia, ha sempre a che fare con la
volontà d’amore di Dio per lui tanto da portarne inscritta in sé l’impronta. L’uomo vive sempre in un esistenziale soprannaturale che attende da Dio la sua indebita pienezza131.
Il secondo fondamento è la natura sociale e storica dell’uomo. Il
dinamismo storico, la vita di relazione, rapporto e comunione con gli
altri, la necessità per gli esseri umani di concretizzazioni materiali, fisiche, visibili e tangibili, fanno guardare anche alla salvezza come a una
realtà sociale e storica, che raggiunge gli uomini non solamente e direttamente nel sacrario della loro coscienza, ma attraverso una grazia incorporata, una presenza di Dio a loro stessi che assume una qualche
130
P.F. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, cit., 145.
CFF, 161: «l’uomo è l’evento di una libera, assoluta autocomunicazione indebita
e perdonante da parte di Dio».
131
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forma visibile e concreta. Uno dei modi certamente più importanti ed
efficaci con i quali Dio raggiunge ogni persona nella storia è dato dalle
religioni del mondo, in esse e non nonostante esse la grazia è attiva per
la salvezza132, e quindi esse andranno considerate positivamente come
«vie di rivelazione categoriale non ufficiale»133. Non è pensabile un Dio
presente in Cristo in tutta la storia e assente proprio là dove gli uomini
e le donne vivono la loro esperienza religiosa!
La tesi della cristianità anonima, benché sia per alcuni teologi uno
dei principi ispiratori dei pronunciamenti del Vaticano II sulle religioni
non cristiane, non ha mancato di sollevare diverse discussioni e di attirare critiche da tutti i lati dello spettro della riflessione teologica odierna. Se in ambienti più “conservatori” la si è accusata di relativizzare la
fede cristiana minandone il suo carattere assoluto con il riconoscere la
possibilità di un’autentica rivelazione – e conseguentemente di una vera
fede – nelle altre tradizioni religiose, da parte “progressista” si è visto
invece in essa un rigurgito, più o meno camuffato, di trionfalismo ecclesiale e di imperialismo religioso134.
Pensiamo che molte di queste obiezioni siano dovute soprattutto a
un fraintendimento delle idee di Rahner, dovuto forse in parte anche
dalla non sistematicità della sua esposizione, ma non possiamo però
nemmeno sottacere una certa lettura pregiudiziale degli scritti rahneriani che ha di mira più la riflessione trascendentale su cui poggia tutta
la sua teologia, che la teoria dei cristiani anonimi in sé, del resto difficilmente negabile nel suo nucleo fondamentale affermante la possibilità
della salvezza in Cristo anche per chi si trova incolpevolmente fuori
della Chiesa135.
P.F. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, cit., 149: «In fin dei conti, è
proprio nelle religioni che gli esseri umani portano avanti la loro ricerca di un significato profondo, i loro sforzi per raggiungere, attraverso i rituali, i simboli e i racconti, ciò
che è “di più”. Se crediamo che Dio agisca e soffi attraverso la storia umana, e se crediamo che tale soffio debba assumere una forma visibile, materiale, le religioni saranno le
prime aree che dovremo esplorare alla ricerca degli indizi di tale soffio divino o Spirito».
132
133
I. SANNA, Teologia come esperienza di Dio, cit., 222.
Bisogna ricordare con P.F. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, cit.,
155: «che Rahner propose questa visione dei cristiani anonimi soltanto per i suoi fratelli e sorelle cristiani. Egli non scriveva per i buddisti e gli induisti. Il suo intento era
quello di liberare i cristiani dalle loro opinioni negative su quelli che sono fuori della
Chiesa e di metterli in grado di rendersi conto che Dio è molto più grande di loro».
134
135
Anche A. MARRANZINI, «Il “Cristianesimo Anonimo” di K. Rahner, oggi», cit.,
208, riconosce che molti dei rilievi mossi alla teoria di Karl Rahner dipendono dall’essersi limitati nell’analizzarla a «brani estrapolati e interpretati a base di preconcetti». È
lo stesso Rahner a farci conoscere i teologi che più significativamente hanno mosso
critiche ai suoi lavori e a denunciare anche la presenza in esse di un possibile fraintendimento, tanto da affermare che «il contenuto sostanziale di questa dottrina viene sostenuto anche da coloro che (come ad es. De Lubac, H.U. v. Balthasar, ecc.) protestano
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Per Rahner il cristiano di oggi non vuole un paradiso dove l’altro sia
in partenza escluso ma, nello stesso tempo, non può rinunciare a vedere nel suo Signore Gesù Cristo il Salvatore unico e universale. Sono
passati più di vent’anni dalla sua morte e la riflessione su questo tema
cruciale per la teologia attuale si è progressivamente spostata da un
sempre più scontato riconoscimento della possibilità di salvezza fuori
da un’adesione esplicita a Cristo e alla Chiesa, a interrogarsi su se, e in
che modo, le diverse tradizioni religiose operino positivamente in ordine a questa salvezza136. Il percorso del teologo di Friburgo ci sembra
conservi ancora oggi tutto il suo interesse per una teologia delle religioni, per il suo essere radicato in un pensiero trascendentale, teso a interrogarsi sulle condizioni di possibilità. È, come riconosce I. Sanna, «una
le parole e la formulazione dell’espressione stessa» (K. RAHNER, «Cristiano anonimo»,
cit., 190). Oltre a de Lubac e Balthasar, Rahner fa riferimento anche alle critiche di L.
Elders, H. van Straelen, H. Cruse e E. Biser; cf soprattutto K. RAHNER, «Teologia del
dialogo ecumenico», in ID., Nuovi Saggi IV, Paoline, Roma 1973, 61, nota 15; ID.,
«Cristianesimo anonimo...», cit., 620-621; ID., «Osservazioni sul problema del “cristianesimo anonimo”», cit., 677-679. Circa il fraintendimento presente nelle critiche mosse alla sua tesi: ID., «L’unico Gesù Cristo e l’universalità della salvezza», cit., 336: «Ultimamente contro questa affermazione teologica – i cristiani anonimi – sono state avanzate alcune obiezioni grossolane, che però in parte tradiscono fraintendimenti altrettanto grossolani». Anche G. D’COSTA, «Karl Rahner’s Anonymous Christian - a Reappraisal», cit., 131, sottolinea questo: «Molti teologi continentali e di lingua inglese
intorno alla questione delle relazioni tra cristianità e religioni non cristiane hanno tristemente frainteso o interamente ignorato, il lavoro di Karl Rahner». Cf anche K.H.
WEGER, Karl Rahner. An introduction to his theology, Seabury, New York 1980, 114115. Per un bilancio recente intorno alla teoria dei cristiani anonimi vedi S. Hübner,
«Die nichtchristliche Menschheit im Licht christlichen Glaubens: Karl Rahner Überlegungen zum Thema “anonyme Christen», in ZKT 126 (2004) 47-64; E. CONWAY, «“So
as not to despise God’s Grace”: Re-assessing Rahner’s Idea of the “Anonymous Christian”», in Louvain Studies 29 (2004) 107ss.
136
Possiamo riconoscere come passo più avanzato del riconoscimento da parte del
magistero cattolico del ruolo positivo delle tradizioni religiose il n. 29 del documento
del PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO – CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, «Dialogo e annuncio: riflessioni e orientamenti sull’annuncio del
vangelo e il dialogo interreligioso», 19 maggio 1991, EV 13,319: «tutti gli uomini e le
donne che sono salvati partecipano, anche se in modo differente, allo stesso mistero di
salvezza in Gesù Cristo per mezzo del suo Spirito. I cristiani ne sono consapevoli,
grazie alla loro fede, mentre gli altri sono ignari che Gesù Cristo è la fonte della loro
salvezza. Il mistero di salvezza li raggiunge, per vie conosciute da Dio, grazie all’azione
invisibile dello Spirito di Cristo. È attraverso la pratica di ciò che è buono nelle loro
proprie tradizioni religiose e seguendo i dettami della loro coscienza, che i membri
delle altre religioni rispondono positivamente all’invito di Dio e ricevono la salvezza in
Gesù Cristo, anche se non lo riconoscono come il loro Salvatore». Molto interessante è
poi l’invito fatto ai teologi al n. 14 del documento della CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA
DELLA FEDE, «Dominus Iesus. Circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e
della Chiesa», 6 agosto 2000, EV 19, 1177, di approfondire il ruolo delle religioni nella
salvezza dei loro membri, attraverso la categoria della «mediazione partecipata».
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riflessione dogmatica basata su considerazioni a priori, contrariamente
agli storici delle religioni, che partono da considerazioni a posteriori»137, e come tale capace di riportare in ogni momento al fondamento
più autentico e cristallino del dialogo interreligioso. Con la sua riflessione, che abbiamo cercato di presentare in queste pagine, egli tenta di
dare una risposta iniziale, apriorica, al problema di come poter spiegare oggi in maniera positiva la persistenza di un pluralismo religioso e
quindi il ruolo delle diverse religioni mondiali nella storia della salvezza in ordine all’unica e universale volontà salvifica di Dio:
«occorre una teoria cristiana a tale scopo, secondo cui ognuno, che in fondo non resiste alla propria coscienza, può dire e dice a Dio «Abba» nel suo
Spirito, credendo, sperando e amando, ed è quindi in tutta verità fratello
dei cristiani davanti a lui. Questo vuol dire la teoria del cristiano anonimo
e, per quanto ci riesce, spiegarlo»138.
137
I. SANNA, Teologia come esperienza di Dio, cit., 215.
138
K. RAHNER, «Osservazioni sul problema del “cristiano anonimo”», cit., 697.
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